Fw: NEWROZ 2001 - SPECIALE: NELLO STESSO GIORNO UNA PESSIMA ED UN'OTTIMA NOTIZIA: NUOVO ASSALTO AD ARMUTLU, LA DIGA DI ILISU NON SI FARA'



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Sent: Wednesday, November 14, 2001 4:04 AM
Subject: NEWROZ 2001 - SPECIALE: NELLO STESSO GIORNO UNA PESSIMA ED
UN'OTTIMA NOTIZIA: NUOVO ASSALTO AD ARMUTLU, LA DIGA DI ILISU NON SI FARA'


NEWROZ 2001 - NUOVO GIORNO  n. 8/01 del 14.11.2001
News  from Kurdistan
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SOMMARIO
UN GIORNO DI DOLORE E DI RABBIA:
SECONDO ASSALTO AGLI SCIOPERANTI DELLA FAME A ISTANBUL...
... MA ANCHE UN GIORNO DI FESTA:
LA DIGA DI ILISU PER ORA NON SI FA, HASANKEYF E' SALVA!



NUOVO ASSALTO AD ARMUTLU: LA STRAGE CONTINUA
All'alba del 13 novembre, a una settimana dal primo raid che uccise quattro
persone nel quartiere di Kucuk Armutlu a Istanbul, la polizia ha attaccato
la seconda "Casa della resistenza" in cui continuava, dopo la distruzione e
l'incendio della prima, il lunghissimo sciopero della fame di solidarietà
con i detenuti politici in lotta contro l'isolamento carcerario.
Alle sei del mattino, secondo l'agenzia Anadolu, un gran numero di agenti
scortati da blindati, bulldozer, ambulanze e autopompe hanno invaso il
quartiere. Secondo il capo della polizia di Istanbul, il famigerato
torturatore Hasan Ozdemir, "l'operazione era diretta contro coloro che
erigendo barricate disturbano l'ordine pubblico con il pretesto dello
sciopero della fame". Diretti dall'alto da un elicottero, alle 8.30 del
mattino i mezzi della polizia avevano rimosso le barricate, mentre secondo
"Anadolu" ai gas lacrimogeni si contrapponevano i sassi della popolazione.
La sera precedente era morto nell'ospedale di Ankara il trentenne Muharrem
Cetinkaya, uno dei due detenuti che, già debilitati da un anno di digiuno,
si erano dati fuoco la sera del 5 novembre nel carcere di Sincan, per
protesta contro il precedente raid omicida nel quartiere di Armutlu.
La sua morte porta a 76 vite umane il tragico bilancio dell'ostinato rifiuto
dello Stato turco di trattare con i detenuti e le loro famiglie: trenta
persone morirono nell'attacco militare del 19 dicembre 2000 a ventuno
prigioni, altri 41 detenuti e parenti si sono lasciati morire di fame in
tredici mesi di digiuno dentro e fuori le carceri, quattro persone sono arse
vive (suicidio secondo le autorità, omicidio secondo tutti i testimoni)
nell'incendio appiccato alla "Casa della resistenza" il 5 novembre di
quest'anno. Quel giorno le unità speciali della polizia avevano fatto
irruzione in mille ad Armutlu, mascherati con passamontagna, facendo largo
uso di armi da fuoco, gas e bastoni.
Secondo il presidente dell'Associazione diritti umani (IHD), Husnu Ondul,
"La Turchia ritiene di avere mano libera e di essere al riparo da ogni
critica rispetto alle sue violazioni dei diritti umani, dopo aver annunciato
l'invio di novanta unità speciali nel teatro di guerra afghano".
Il capo della polizia ha annunciato l'arresto di nove persone, fra cui
quattro scioperanti della fame. L'associazione Tayad ha diffuso i nomi di
alcuni degli arrestati. Si tratta di Gamze Turan, Ferhat Erturk, Ozkan
Guzel, Huseyin Akpinar e Madimak Ozen, scioperanti della fame (cinque
dunque, non quattro come affermato dalla polizia) e di altri due militanti
solidali con loro, Selma Kubat e Vedat Celik.
Messaggi di protesta in inglese vanno indirizzati via fax con urgenza a:
President Ecevit 0090.312.4170476, President Sezer 0090.312.4271330. Il
numero di fax dell'ambasciata turca a Roma è 06.4469933.
Un possibile testo è: "Aren't 76 deaths more than enough? How many people
more must die? I (We) urge you to release immediately the hunger strikers
and their friends and relatives who were arrested during the assault in
Armutlu last Tuesday, to stop forced medical treatments and all suppression
measures both inside and outside the prisons, to suspend the project of
F-Type jails and to open a dialogue with the representatives of prisoners,
their families and human rights' defenders - if you want your country to be
considered not only an European, but even a civilian one".



DIGA DI ILISU:
BALFOUR E IMPREGILO RINUNCIANO, HASANKEYF E' SALVA!
A NATALE ANDIAMO A FESTEGGIARE SUL TIGRI...

La campagna contro la gigantesca diga di Ilisu sul Tigri, chiave di volta
dell'immenso progetto GAP di dighe e bacini sull'alto corso del Tigri e
dell'Eufrate, ha vinto! Ieri il colosso inglese Balfour Betty, capofila del
consorzio internazionale che doveva realizzare l'impresa e socia
dell'italiana Impregilo (Fiat), ha annunciato il ritiro dall'opera,
togliendo le castagne dal fuoco al suo imbarazzatissimo sponsor Tony Blair,
dopo il responso negativo della valutazione d'impatto ambientale.
Il rapporto aveva evidenziato che il governo turco non aveva e non ha alcuna
idea sulla ricollocazione della popolazione di 70mila persone da sgomberare,
sul risarcimento del danno socioeconomico, sul riequilibrio ambientale. E'
ciò che da anni denunciavano le popolazioni kurde e la loro diaspora in
Europa, è ciò che spiegammo in Italia al ministero del Commercio estero dopo
averlo simbolicamente occupato nella primavera del '99. Da allora i vari
governi italiani hanno "sospeso" la decisione sulla copertura da parte della
Sace del rischio d'impresa per la partecipazione dell'Impregilo. una
posizione pilatesca, in attesa della decisione del principale paese
interessato, la Gran Bretagna. Dove si è sviluppata un'incisiva campagna che
è giunta a spaccare lo stesso governo laburista, e infine ha vinto.
La Turchia aveva già dovuto accantonare un'altra grande e pericolosissima
opera, la centrale nucleare di Akkuyu, che si voleva collocare presso Adana,
in piena zona sismica, e dal cui reattore Candu di produzione canadese si
sospettava che la Turchia volesse estrarre plutonio per uso militare. Dopo
le cariche alla popolazione di Akkuyu ed ai militanti di Greenpeace turca,
la crisie conomica seguita al terremoto aveva costretto il governo a
rinunciare.
ORA E' NECESSARIO RILANCIARE LE CAMPAGNE CONTRO LE ALTRE DEVASTANTI DIGHE
PROGRAMMATE O IN VIA DI REALIZZAZIONE SULL'EUFRATE, NELLA VALLE DEL MUNSUR
(IL "PARADISO TERRESTRE" DELLA CITTA' MARTIRE, DERSIM), E SUL FIUME ZAP
PRESSO LA CITTA' DI HAKKARI.
L'ASSOCIAZIONE AZAD PROPONE CHE DURANTE LE FERIE NATALIZIE UNA DELEGAZIONE
VADA A VISITARE QUESTI SITI, DI IMMENSO INTERESSE STORICO-ARCHEOLOGICO,
NATURALISTICO ED UMANO, E FESTEGGI CON LA POPOLAZIONE DI HASANKEYF LO
SCAMPATO PERICOLO FRA LE ROVINE DELLA CITTA' PLURIMILLENARIA.
Questo è il comunicato stampa che, emesso ieri, ha entusiasmato la comunità
kurda e le associazioni ambientaliste e per i diritti umani in Inghilterra e
in Italia, e di riflesso in tutto il mondo:
Il gruppo internazionale di progettazione, costruzioni e servizi Balfour
Betty ha annunciato oggi l'intenzione di rinunciare al suo impegno nel
progetto della diga di Ilisu in Turchia. La decisione fa seguito a una
valutazione ampia e complessiva delle ripercussioni commerciali, ambientali
e sociali del progetto. In assenza di soluzioni definite a queste questioni,
e di prospettive di soluzione nel prossimo futuro, la Balfour Betty ha
deciso che non è nell'interesse dei suoi azionisti portare avanti il
progetto.
Il direttore esecutivo della società Mike Welton ha così commentato la
decisione: "Fin da quando ci fu proposto di impegnarci nel progetto eravamo
determinati a valutarlo in modo esaustivo e professionale. Abbiamo fatto
ricorso a tutti gli strumenti appropriati di valutazione della sua
fattibilità, restando sul terreno più appropriato e scientifico. Resta ferma
la necessità della Turchia di accrescere la sua produzione di energia per
far fronte al bisogno di sviluppo economico e sociale della regione.
Tuttavia al punto in cui siamo giunti, nessuna ulteriore attività o
investimento da parte della Balfour Betty può garantire in tempi ragionevoli
la soluzione dei problemi che si pongono. Le complesse questioni ambientali
e sociali legate al progetto sono state fatte oggetto di intensi studi.
All'inizio di quest'anno era stato diffuso un ampio rapporto sull'impatto
ambientale, al termine di diversi mesi di lavoro intenso avviato dagli
investitori stranieri e svolto da un team internazionale di esperti del
miglior livello disponibile, come richiesto dagli standard della Ex-Im Bank
statunitense e dall'OSCE: La relazione finale individua i principali
problemi sociali e ambientali connessi con la messa in opera della diga, e
fissa la richiesta di precise garanzie di provvedimenti imprescindibili da
parte del committente della diga, la Direzione generale statale turca per le
opere idrauliche (DSI), e di altre istituzioni governative ed agenzie
pubbliche turche. In proposito si è sviluppata una lunga trattativa fra la
DSI e il consorzio di cui fa parte la Balfour Betty, al termine della quale
le parti hanno constatato l'impossibilità di convenire su diversi punti e di
risolvere numerose questioni d'ordine finanziario. Dati i sostanziali
problemi rimasti aperti, fra i quali l'impossibilità di soddisfare le
quattro condizioni poste dalle Agenzie di credito all'esportazione, la
Balfour Betty ha ritenuto che il progetto possa essere portato avanti solo
attraverso sostanziosi lavori e investimenti aggiuntivi e scontando un
ulteriore considerevole ritardo. Di conseguenza ha deciso, di concerto con
l'italiana Impregilo, sua partner internazionale nell'ingegneria civile, di
revocare la sua partecipazione al progetto".

DAL NOTIZIARIO DELLA BBC:
LA BALFOUR ABBANDONA IL PROGETTO DI DIGA IN TURCHIA
La ditta inglese di costruzioni Balfour Betty ha deciso di ritirarsi dal
controverso progetto della diga di Ilisuin Turchia, che secondo un rapporto
andrebbe a coinvolgere una popolazione di 60mila persone.
La Balfour era il contraente principale dell'appalto da 1,5 miliardi di
dollari per la costruzione di un bacino artificiale sull'alto corso del
Tigri, all'interno della regione sudorientale della Turchia densamente
popolata dai kurdi.
La rinuncia della Balfour, insieme all'italiana Impregilo, sua partner
nell'ingegneria civile, pregiudica il futuro stesso del progetto.
L'annuncio da parte della Balfour previene la decisione governativa sulla
copertura dei rischi d'impresa, che era assai in forse dopo la verifica
negativa, in luglio, dell'impatto ambientale del progetto.
Questa è solo l'ultima di una serie di cattive notizie per i progettisti che
fin dall'approvazione del piano della diga, nel 1982, si battono per
garantirsi i supporti necessari.
Un anno fa si era già ritirata dal progetto la ditta svedese Skanska, a
causa della complessità dei negoziati con le diverse parti coinvolte. Con la
rinuncia della Balfour, l'unico partner internazionale del consorzio rimane
l'austriaca VA Tech, specializzata in tecnologia ideoelettrica.
Il Dipartimento per la garanzia dei crediti all'esportazione del governo
britannico ha confermato che con la rinuncia da parte della Balfour viene a
cessare ogni suo coinvolgimento nel progetto.
Il contratto della Balfour Betty ammontava a circa 200 milioni di sterline.
Il coinvolgimento britannico nel progetto aveva dato luogo a una lunga
contesa con i gruppi ambientalisti, secondo i quali la diga avrebbe
comportato la deportazione di 60.000 persone residenti nel bacino del Tigri.
A questo si aggiungevano le preoccupazioni delle agenzie internazionali per
lo sviluppo, per il fatto che l'opera avrebbe perturbato gravemente
l'approvvigionamento idrico nel Medio oriente: una questione rivelatasi di
prima grandezza negli ultimi anni. Inoltre l'inondazione dell'area avrebbe
potuto cancellare alcuni dei più importanti siti archeologici della Turchia,
fra cui specialmente l'antica città mesopotamica di Hasankeyf.
In precedenza il governo inglese aveva sostenuto il progetto con tutte le
sue forze, in nome delle buone relazioni con la Turchia. Ora non è chiaro se
il ritiro della Balfour comporterà il rinvio o addirittura la cancellazione
del progetto, anche se in ogni caso gli esperti valutano improbabile che la
VA Tech possa portarlo avanti da sola.
"Ora è tempo di mettere pesantemente in dubbio il progetto", ha dichiarato
alle News On-line della BBC Kerim Yildiz, direttore del Kurdish Human Rights
Project: "Per noi è una notizia fantastica".
Mentre gli ambientalisti e i promotori di analoghe campagne festeggeranno,
questa decisione sarà vissuta come un oltraggio dalla Turchia, che si era
battuta negli ultimi anni per attirare maggiori investimenti internazionali.
L'ambasciata turca a Londra afferma di attendere una decisione dal suo
governo circa il futuro del progetto.



LE ONG INTERNAZIONALI SALUTANO CON FAVORE IL RITIRO DI IMPREGILO E BALFOUR
BEATTY DALLA COSTRUZIONE DELLA DIGA DI ILISU
Roma, 13 novembre 2001 - La rete di ong internazionali che per lungo tempo
hanno fatto campagna contro la costruzione della diga di Ilisu, nel
Kurdistan turco, accolgono con enorme soddisfazione la decisione delle due
compagnie costruttrici della diga, l'italiana Impregilo e la britannica
Balfour Beatty, di ritirarsi dal progetto.
Questa decisione segue di poche settimane quella dell'agenzia di credito all
'esportazione svizzera, che aveva espresso forti preoccupazione sulla
concessione di garanzie finanziarie a copertura delle operazioni delle
compagnie svizzere nel progetto.
Le motivazioni, contenute in un comunicato ufficiale della Balfour Beatty in
cui si cita anche il ritiro dell'Impregilo, riguardano l'impossibilità di
limitare gli impatti socio ambientali del progetto, così come era stato
richiesto dalle agenzie di credito all'esportazione interessate alla
copertura assicurativa del progetto, tra cui l'italiana Sace.
La diga di Ilisu, se costruita, avrebbe causato lo spostamento forzato di
78.000 persone di etnia kurda in una regione sotto lo stato di emergenza da
più di 15 anni, per cui non era stato previsto nessun piano adeguato di
compensazione e di resinsediamento, la distruzione di numerosi villaggi e
città, tra cui l'antichissima città di Hasankeyf, millenaria culla di
civiltà e simbolo di pace tra Cristianità e Islam, ridotto drasticamente i
flussi del fiume Tigri verso gli stati confinati di Siria ed Iraq, causando
forti conflitti per le risorse idriche nell'intera regione mediorientale.
"Questo è un giorno memorabile per tutte le ong che hanno lavorato duramente
per anni per impedire la costruzione di una diga che avrebbe causato solo
danni alle popolazioni locali kurde ed all'ambiente" ha dichiarato Antonio
Tricarico della Campagna Occhio alla Sace, l'ong italiana parte della
Campagna internazionale contro la diga di Ilisu.
I governi inglese e italiano, che intendevano comunque sostenere Ilisu,
hanno evitato di prendere una chiara posizione contro il progetto lasciando
aperta la possibilità per altre compagnie di richiedere un sostegno al loro
export senza far riferimento alle implicazioni etiche, ambientali e sociali
del progetto. "La storia di Ilisu", ha aggiunto Tricarico, "ci mostra l'
urgente bisogno di chiare regole vincolanti di carattere ambientale, sociale
ed etico per le compagnie italiane che intendono beneficiare del sostegno
statale al credito all'esportazione. Sace e la Simest devono finalmente
smettere di premiare coloro che esportano distruzione sociale e ambientale e
agiscono in un ambiente di violazioni sistematiche dei diritti umani. Chi si
merita il sostegno pubblico dovrà dimostrarlo in maniera trasparente d'ora
in poi."