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Appello ai gruppi nonviolenti e antimilitaristi
- Subject: Appello ai gruppi nonviolenti e antimilitaristi
- From: "locvr" <locvr at sis.it>
- Date: Tue, 13 Nov 2001 18:11:15 +0100
Carissimi, nei giorni scorsi vi avevo inviato un appello (che ora rimando ad un indirizzario più allargato) per chiedervi se non riteneste che fosse il caso di trovarci intorno ad un tavolo per ragionare insieme sulla possibilità che l'area "nonviolenta ed antimilitarista", presente a vario titolo nel movimento, facesse una proposta unitaria, sintetica e chiara. Una proposta che diventi la piattaforma operativa del movimento sul tema pace e disarmo. Se non viene da noi, da chi ci dobbiamo aspettare proposte su questi argomenti? Emergency ha fatto la proposta dello straccio di pace e mi sembra che sia stata subito accolta da una ampia fetta di persone che, credo, aspettano solo che vengano date loro indicazioni chiare, attendibili e da soggetti autorevoli. E' proprio impossibile sperare che l'area "nonviolenta ed antimilitarista" possa proporsi come un soggetto autorevole e unitario? Finora il mio appello ha avuto risposta solo da Mao Valpiana (forse perché mi vede tutti i giorni), Alfonso Navarra e un paio di sedi LOC. Mao propone di ripartire dalla piattaforma della Marcia Perugia Assisi del 2000 (quella indetta da MN e MIR). Potrebbe essere un buon punto di partenza; possiamo anche proporre altro, ma credo sia indispensabile partire. Scusate se rompo ma la cosa che mi "ferisce" di più è l'indifferenza. Piuttosto che il silenzio, preferirei che mi diceste: sono tutte idiozie, abbiamo altri progetti. Pensateci. Un abbraccio Stefano Guffanti ----------------------------------------------- Appello ai gruppi nonviolenti e antimilitaristi "Contaminiamo il movimento" Premessa Il movimento per una diversa / anti globalizzazione (Rete Lilliput e Social Forum), è nato sulla centralità dei problemi economici ed ambientali. Anche nella Rete Lilliput, dove si è operata la scelta nonviolenta, il tema "pace - disarmo" è stato collocato in una posizione secondaria rispetto ad altri aspetti e tematiche (debito del terzo mondo, impronta ecologica, boicottaggi vari, etc). Nel tavolo intercampagne non è rappresentata nessuna delle campagne antimilitariste e/o nonviolente. Durante l'assemblea della Rete, tenutasi a Marina di Massa nell'ottobre 2000, il tema Pace venne relegato in un gruppo di lavoro insieme al tema "Migranti". Evidentemente i più pensavano che il problema del militarismo fosse un problema ormai superato; i rischi di guerra, in una situazione di pace, si potevano scongiurare semplicemente lottando per una società (nazionale ed internazionale) più giusta. Lo specifico della lotta al militarismo rimase una questione per pochi addetti ai lavori. Poche attenzioni in più ottenne la tematica "Pace" nel corso della mobilitazione di Genova. La presenza di Bush, promotore dell'idea di Scudo stellare, richiamò la necessità del disarmo, principalmente per evitare che ingenti risorse venissero spostate da politiche di sviluppo a politiche di guerra. L'enormità delle spese militari è denunciata principalmente per sottolineare la pochezza di risorse destinate allo sviluppo, più che per condannare l'espansione del settore bellico. Anche il primo appello di convocazione per la Marcia Perugia Assisi (iniziativa storicamente legata al tema pace e nonviolenza), ha focalizzato l'attenzione su cibo, acqua e lavoro per tutti, come se la necessità di disarmare il mondo e smilitarizzare le coscienze fosse ormai superata e il conflitto si giocasse tutto ed esclusivamente sul piano economico. Oggi, alla vigilia della prima entrata in guerra ufficiale dello Stato italiano, dalla fine della II Guerra Mondiale, diviene ancora più urgente hanno riportare il tema pace / disarmo al centro dell'agenda politica del movimento italiano, dimostratosi finora abbastanza impreparato sul piano della proposta. Da un lato il movimento non ha ancora sviluppato grandi elaborazioni su come avviare politiche di disarmo e di opposizione concreta alla guerra, rimanendo ancora legato alla logica del "corteo" contro la guerra. Dall'altro i gruppi dell'area nonviolenta ed antimilitarista non sono stati in grado, almeno fino ad ora, di fare proposte a tutto il movimento, affinché le esperienze specifiche maturate in questi anni, diventino patrimonio comune. Antimilitaristi e nonviolenti: in ordine sparso La responsabilità di questo ritardo ad elaborare una strategia pacifista non è completamente ed esclusivamente attribuibile a chi ha dato vita al movimento. Possiamo pretendere che chi proviene da un impegno centrato su temi economici o ecologici ponga come centrale il tema del disarmo e le pratiche di disobbedienza civile nonviolente? E' evidente che la responsabilità politica di rappresentare queste istanze spetterebbe ai "militanti" dell'area antimilitarista nonviolenta, i quali, in realtà, o sdegnano di impegnarsi nel movimento o, sebbene coinvolti in esso, partecipano a livello personale, finendo così per perdere di vista la specificità di provenienza e disperdendo il loro bagaglio esperienziale. Altre aree del movimento hanno una propria vitalità, una propria elaborazione politica, una autonomia organizzativa che arricchiscono il movimento e che questo assume come proprie. Questo è possibile solo perché le associazioni presenti in queste altre aree (p.e. quella antirazzista) hanno sviluppato da tempo la capacità di dialogare in rete tra loro. Il ritardo dell'area pacifista, da questo punto di vista, è spaventoso: molte microassociazioni incapaci di relazionarsi non solo tra di loro, ma nemmeno al loro interno. Il rischio è che così facendo si disperdano anni di riflessioni, di esperienze e di pratiche politiche nonviolente ed antimilitariste, che il movimento si trovi a dover ripartire da zero, come se in tutti questi anni non vi fosse stato nulla, nessun tipo di elaborazione, nessuna proposta concreta, nessuna campagna. Non è così! Il movimento antimilitarista e nonviolento, in questi ultimi decenni, ha prodotto molto e, in considerazione delle piccole forze a sua disposizione, ottenuto anche dei risultati interessanti (si pensi alla legge sull'obiezione di coscienza oppure alla legge che mette al bando delle mine). E' da questa esperienza che dobbiamo ripartire. Confrontarsi e organizzarsi Negli anni scorsi MIR e MN parlavano di una federazione nonviolenta Š l'idea, per quanto interessante, non ha avuto seguito; credo che prima di arrivare effettivamente ad una federazione (con tutti i cavilli burocratici ad essa legati) sarebbe opportuno avviare un percorso di collaborazione pratica su alcuni punti condivisi, per esempio un documento dell'area pacifista da proporre a tutto il movimento. Sono rimasto abbastanza stupito che non sia stato ancora tentato un tentativo serio di riunire intorno ad un tavolo tutta l'area antimilitarista e nonviolenta italiana, per cercare di produrre un documento di tal genere. Credo però che non si possa più rinviare. La situazione esterno ce lo impone. Cosa proporre? Credo che si dovrebbe riuscire a stilare una piattaforma il cui obiettivo sia quello di indicare una percorso pratico e comune di opposizione alla guerra. In questi anni ognuno ha sviluppato metodologie importanti, ma che sono sempre state praticate da un numero di persone minimo, non si è riusciti ad andare al di là della pura testimonianza. Oggi ci troviamo in una situazione in cui (almeno sul piano teorico) potremmo coinvolgere decine di migliaia di persone nelle nostre iniziative. La nostra piattaforma dovrebbe raccogliere le proposte maturate grazie all'esperienza di ogni gruppo e presentare una quadro abbastanza ampio di possibilità, da cui ogni gruppo locale (dei Social Forum e/o della Rete Lilliput e/o altri soggetti), potrebbe trarre suggerimento per attuare iniziative, sulla base delle competenze, specificità, affinità di ogni realtà locale. Di seguito propongo un ipotetico testo dell'appello al movimento, ovviamente si tratta solo di uno spunto ed è completamente emendabile. Appello al movimento - Per opporsi concretamente alla guerra Carissimi, la voglia di opporsi alla guerra è sempre più diffusa, i dubbi sulla efficacia di questo strumento assurdo si vanno sempre più diffondendo nell'opinione pubblica. Il movimento deve superare una impostazione completamente centrata sugli aspetti economici e accogliere il tema del disarmo e della smilitarizzazione delle coscienze e del territorio come uno degli elementi prioritari della propria esistenza. Sia ora, che siamo in guerra, sia domani (si spera) quando i soldati avranno cessato di scagliare le loro bombe suoi villaggi afgani, irakeni e palestinesi. Per questo il movimento deve proporre a tutti i propri aderenti, militanti e simpatizzanti di diventare operatori di pace, collaborando con le associazioni nonviolente ed antimilitariste nella diffusione di pratiche tese a contrastare la prosecuzione della guerra. Non vogliamo dilungarci in analisi economico / politiche / sociali; ognuno avrà la sua lettura dei fatti di questi mesi; ognuna con la sua parte di verità legittima. Vogliamo invece proporre al movimento di assumere una prassi, frutto dell'esperienza maturata in questi ultimi decenni dalle associazioni dell'area nonviolenta ed antimilitariste. Cosa proponiamo? Di informare e chiedere a tutti di aderire ai seguenti punti: - l'obiezione di coscienza al servizio militare, insistendo sulla consapevolezza e sul senso politico di questa scelta, quale opposizione alla collaborazione attiva all'apparato bellico; - l'obiezione di coscienza alle spese militari, quale opposizione al sostegno finanziario (estorto mediante le tasse), alle forze armate; - azioni dirette nonviolente per intralciare l'operatività delle caserme e delle FFAA; - iniziative dei Caschi bianchi, quale forma di prevenzione e risoluzione nonviolenta dei conflitti, la cui finalità è la costituzione di un Corpo civile di pace; - sostegno ai gruppi antimilitaristi e nonviolenti locali, nonché agli obiettori di coscienza e disertori degli eserciti coinvolti nel conflitto; - sostegno alle iniziative di solidarietà alle vittime della guerra; - di opporsi, nei luoghi di lavoro, alle produzioni belliche e chiedere la riconversione dell'industria bellica; - di sostenere le campagne di monitoraggio e denuncia sulla spesa bellica dello stato italiano; - di sviluppare forme creative per manifestare pubblicamente il dissenso diffuso alla guerra. Ovviamente questa lista è espandibile e ogni gruppo pacifista è invitato ad arricchirla con le proprie esperienze e pratiche politiche.
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