[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
NO GLOBAL: Agnoletto, siamo il doppio del previsto
- Subject: NO GLOBAL: Agnoletto, siamo il doppio del previsto
- From: "Sondagenova" <sondage at ge.itline.it>
- Date: Sat, 10 Nov 2001 20:36:35 +0100
da www.ansa.it ROMA - ''Siamo il doppio di quanto ci aspettavamo, siamo centomila persone''. Lo ha detto il leader del movimento No Global, Vittorio Agnoletto, nel momento in cui la testa del corteo arrivava davanti al palco montato nei pressi della Bocca della verita'. Agnoletto ha criticato il servizio pubblico radiotelevisivo, in particolare Raiuno, sostenendo che ''Raiuno continua a dire che siamo in settemila, allora o sono ciechi o sono in malafede. Chiunque, puo' vedere quanti siamo. E' la terza volta che si superano le previsioni''. (ANSA). 10/11/2001 17:34 ROMA - I militari italiani che saranno impegnati nella guerra in Afghanistan sono stati invitati a disertare o a obiettare. L'appello e' stato lanciato loro, nel corso della manifestazione a Roma, dal leader delle 'tute bianche' Luca Casarini e dal portavoce dei No Global, Vittorio Agnoletto. Gli italiani, dovrebbero fare 'obiezione fiscale contro le spese militari', secondo quanto ha aggiunto Agnoletto. 'No alla guerra ilitare economica sociale', recitava lo striscione di testa del lungo corteo nel centro di Roma. La manifestazione si e' conclusa a piazza della Bocca della Verita'. (ANSA). 10/11/2001 19:49 da www.repubblica.it Un corteo festoso e senza incidenti per il "popolo di Genova" che rivendica la vittoria. Non ci hanno cancellato", dice Casarini Centomila contro la guerra "E adesso sciopero generale" di ANDREA DI NICOLA ---------------------------------------------------------------------------- ---- ROMA - Scelgono la lingua del "nemico" per lanciare lo slogan che li raccoglie tutti: "Not in my name", mai la guerra in nome mio. Scritto sulla stoffa, sugli adesivi cantato a ripetizione come un mantra. "Not in my name" cantano i centomila che hanno sfilato sotto le mille bandiere del popolo di Genova per dire no alla guerra. C'erano tutti quelli che c'erano nei tragici giorni di Genova: i centri sociali, gli emigranti, i curdi, l'Arci, Legambiente, Rifondazione e i Verdi, i giovani dei Ds in polemica con il loro partito. E il ricordo di quelle giornate girava nel corteo, la prima volta dopo luglio era un appuntamento delicato ma non è successo nulla. Qualche grido di "assassini" contro i carabinieri e la sensazione della vittoria, questa vera, non come quella rivendicata a Genova con i morti ed i feriti. Una sensazione che pervade la marea e che si materializza intorno alle 18 sotto al Colosseo quando si fa il raffronto con Piazza del Popolo e Casarini, che nel cordone dei Disobbedienti, tira un sospiro di sollievo: "Non ci hanno cancellato. E adesso dobbiamo lavorare con la Fiom per un obbiettivo ambizioso ma possibile: se continuano con le bombe blocchiamo il paese con uno sciopero generale". Vittoria dunque, nei numeri ma anche nel modo in cui si è svolto il corteo. La lezione dei giorni di luglio è chiara a tutti, a Casarini e ai disobbedienti ma anche alle forze dell'ordine, defilate, lontane, nascoste discrete, per non fornire alibi ai pochi incappucciati che comunque giravano nel corteo come anime perse (sei anarchici erano stati fermati dalla polizia nel pomeriggio) sconfitti dalla marea di manifestanti che inneggiavano contro la guerra e che nell'unico momento di confronto con i carabinieri si sono limitati a lanciare quattro fumogeni e aeroplanini di carta, subito richiamati indietro dal resto dei manifestanti. Unica "azione" una bandiera americana bruciata nell'indifferenza generale. E se per quanto riguarda la tranquillità l'avevano garantita sondando e convincendo anche le parti più dure del movimento, una riuscita tale della manifestazione non se l'aspettavano nemmeno loro. "Veramente abbiamo vinto, non ci credevo", dice il napoletano Francesco Caruso che finalmente dopo un corteo può gioire e non raccogliere cocci. Ma prima della sensazione della vittoria ci sono i mille striscioni, quello di apertura: "No alla guerra, economica, sociale e militare" tenuto dalle donne in nero, poi i contadini, gli emigrati, i curdi e il loro incitamento ad Ocalan e dietro, a seguire, i disobbedienti, i centri sociali, i Social forum di mezza Italia, i giovani dei Ds, dei grandi c'era Cesare Salvi, i rifondatori con il gruppo dirigente al gran completo. Pochi gli slogan molte le musiche, quelle del movimento, i rap con il motivo "not in my name", ma anche "uno di noi" in ricordo di Carlo Giuliani, del "fratello" Carlo Giuliani, e lo ska di Donatella Rettore. Il Wto è diventato il "War trade organization" un altro striscione assicura: "Il cavaliere porta male" con tanto di corno rosso gigante attaccato sopra. Ma in molti portavano al braccio una fascetta bianca, il simbolo di Emergency, lo "straccio per la pace". Mentre tutti, da Casarini ai Verdi chiedevano ai soldati di disertare. Si arriva al circo Massimo e nella notte si staglia la scritta "No War" formata con le fiaccole. Il corteo cerca di entrare nella piccola piazza della bocca della verità ("Glielo avevo detto io ai romani che ci serviva il circo Massimo, non si sono fidati", borbotta Caruso), e i disobbedienti cantano parodiando lo sglogan dei tifosi romanisti: "Che ce frega di Rutelli noi c'avemo Casarin, Casarin...". Mentre gli altri cantano: "Andiamo al Parlamento". Momenti di panico, vuoi vedere che vogliono sfondare? Poi si capisce: "Nel senso che noi rappresentiamo il Paese reale". E mentre un partigiano porta il suo saluto ai giovani del movimento Caruso chiede: "Si mettano una mano sulla coscienza e i deputati della sinistra che hanno votato per la guerra, si dimettano". Adesso Genova è davvero passata. (10 novembre 2001)
- Prev by Date: un bell'articolo
- Next by Date: Fw: Women in Afghanistan
- Previous by thread: a Natale regaliamo una bandiera della pace
- Next by thread: Fw: Women in Afghanistan
- Indice: