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documento dei vescovi brasiliani sulla guerra
- Subject: documento dei vescovi brasiliani sulla guerra
- From: "sabrina" <sabrina.marco at tin.it>
- Date: Mon, 29 Oct 2001 20:36:55 +0100
ciao a tutti! ho avuto dei problemi nell'invio, scusate se vi sono arrivati dei messaggi vuoti.... Provo di nuovo ad inviarvi questo documento dei vescovi brasiliani riguardo alla guerra e alla situazione internazionale, confidando nella vostra comprensione per la traduzione "casalinga". Sabrina Fausto Documento elaborato da vari vescovi come conclusione della loro settimana di studi a Ibiuna. IL CLAMORE DEI POPOLI PER LA GIUSTIZIA, LA SOLIDARIETA' E LA PACE. Noi sottoscritti vescovi e pastori evangelici e cattolici, del Brasile e di altri paesi dell'America Latina, riuniti per giornate di studio, riflessione e preghiera a Ibiuna (SP), dal 15 al 22 ottobre 2001, abbiamo deciso di esprimere la nostra angustia e preoccupazione davanti all'attuale situazione internazionale. Condanniamo ogni e qualsiasi atto terrorista, come quello dell'11 settembre scorso che ha suscitato universale ripudio e costernazione, per la sua follia e per le migliaia di vittime che ha provocato, anche fra le squadre di soccorso. Si è udito da ogni parte un forte grido per la giustizia seguito da gesti di compassione e di solidarietà verso le vittime e i loro familiari. D'altro lato l'indebita trasformazione del grido di giustizia in atti di vendetta e rappresaglia, con i bombardamenti aerei contro l'Afganistan, è terrorismo praticato, ora, da governi che si presentano come democratici, civilizzati e cristiani. I bombardamenti stanno provocando innumerevoli vittime innocenti, comprese donne, bambini e anziani, distruzione delle infrastrutture, aumento della fame e della disperazione, aggravamento della situazione sanitaria, gettando sulla strada milioni di rifugiati. Si è incentivata deliberatamente una recrudescenza della guerra civile fra fazioni politiche rivali, con nuove sofferenze per la popolazione. Oggi il grido per la giustizia è accompagnato da un crescente grido per la pace che si esprime in raddoppiate proteste e marce contro la guerra, in manifestazioni e celebrazioni ecumeniche e interreligiose a favore della pace. Ci uniamo a tutte queste persone e istituzioni religiose e civili e alle nostre comunità per proporre, alla luce della Parola di Dio e di di questo anelito profondo dei nostri popoli, un rinnovato impegno per la giustizia e il dialogo, la solidarietà e la pace. "Il frutto della giustizia è la pace" (Is. 32,7) La prolungata indifferena internazionale davanti alle situazioni di inumana miseria che affliggono una parte maggioritaria e crescente della popolazione mondiale sta lasciando un seguito di sofferenza e morte per tutto il mondo e generando risentimenti e rivolte contro i pochi paesi che impongono questo nuovo ordine internazionale e di esso approfittano, con l'appoggio di organismi internazionali e delle loro politiche di aggiustamento economico. Queste politiche neoliberiste stanno provocando disastri economici e finanziari in molti paesi piegati sotto il peso di debiti esteri impagabili o sconvolti da bruschi movimenti e attacchi alle monete locali da parte del capitale speculativo. Si assiste al ritorno nei paesi poveri di malattie e epidemie come il colera, la tubercolosi, la febbre gialla, la malaria, che sembravano controllate e il sorgere di pandemie, come quella dell'Aids, che devastano continenti interi. Dietro a quasi tutte le guerre attuali si muovono gli interessi delle industrie belliche e la disputa per il dominio dei mercati e il controllo di risorse naturali strategiche, come il petrolio e il gas. Senza il superamento delle tensioni provocate dall'esclusione e dalla marginalizzazione di grandi maggioranze; senza l'impegno concertato e sincero per diminuire le diseguaglianze internazionali, per eliminare la fame, il razzismo, la discriminazione contro le donne e le minoranze etniche e religiose, per cancellare o ridurre il debito dei paesi poveri e per limitare la distruzione e i danni ambientali, difficilmente saranno generate le condizioni per una pace duratura. "Mai più la guerra! Mai più la guerra! E' la pace che deve guidare il destino di tutta l'umanità. Se volete essere fratelli lasciate cadere le armi dalle vostre mani!" fu il grido di Paolo VI il 4 ottobre 1965 davanti all'Assemblea dell'ONU, nella città di New York, oggi ferita dagli attentati. Persone e paesi che hanno sofferto gli orrori e la pazzia della guerra senza limiti di qualsiasi ordine e che si è consumata nell'olocausto nucleare di Hiroshima e Nagasaki, possono solo unirsi alla voce e alla testimonianza di saggi e pastori, come il Mahatma Gandhi, Martin Luther King, Oscar Romero, martiri della giustizia e della pace, che hanno vissuto la nonviolenza attiva, come attitudine spirituale e politica. Davanti alle moderne armi di distruzione di massa e della guerra nucleare, chimica o biologica, che mettono a rischio la sopravvivenza del pianeta terra e della stessa umanità, è opportuna la condanna etica, senza giri di parole, pronunciata da Giovanni XXIII nella Pacem in Terris: "...non è più possibile pensare che in questa nostra era atomica la guerra sia un mezzo adatto a ristabilire i diritti violati" (n° 127). A coloro che oggi pretendono di giustificare la guerra, ricordiamo la parola ferma del Concilio: "Qualsiasi azione bellica che mira alla distruzione indiscriminata di città intere o di vaste regioni con i suoi abitanti è un crimine contro Dio e l'uomo stesso, da condannare con fermezza e senza esitazioni" (GS n°479). Ciò che si sta sprecando nell'attuale operazione militare contro l'Afganistan sarebbe sufficiente per far uscire questa nazione e molte altre dalla fame, dalla miseria e dalla distruzione a cui sono sottoposte, inaugurando relazioni di rispetto e cooperazione, di aiuto e solidarietà e non aggravando le sofferenze e piantando nuovi semi di odio e incomprensione. L'unico cammino per la pace è quello del superamento delle ingiustizie e delle divergenze, nel quadro di un dialogo supervisionato da istanze politiche e giuridiche internazionali legittime, che dovrebbero esser più rispettate e rinforzate, come l'ONU e il Tibunale Internazionale dell'Aja, dove i sospetti di crimini di guerra e terrorismo devono essere condotti, giudicati e puniti, se saranno trovati colpevoli. Guerra e vendetta condotte contro un'altra nazione sovrana, praticamente indifesa, in modo unilaterale e imperialista, da parte di uno o più paesi che sono allo stesso tempo parte in causa e giudice, distruggono le basi della convivenza internazionale e instaurano la legge della giungla e del più forte, distruggendo la salvaguardia del diritto. Una delle prime vittime della guerra è la verità. Le guerre moderne sono ingaggiate nei campi di battaglia, ma anche e soprattutto nei mezzi di comunicazione sociale. La menzogna e la manipolazione della verità, la demonizzazione dell'avversario e l'intossicazione della popolazione con desideri di vendetta e odio rendono difficile il negoziato, il dialogo e la restaurazione della concordia e della pace. Denunciamo e condanniamo, con ogni veemenza, la caricatura che si sta diffondendo della fede islamica e del mondo arabo e che trasforma in sospetti persone, popoli e religioni. A essi chiediamo perdono per l'ingiusta offesa che viene loro dall'occidente cristiano. Questo non fa che aggravare i fraintedimenti, fomenta preconcetti e aumenta le tensioni internazionali. Uno sguardo sopra noi stessi e sulla situazione che viviamo, ci invita ad un atteggiamento di ascolto, di preghiera, ma anche di impegno deciso nella ricostruzione della giustizia e della pace che comincia nel nostro quotidiano, tramite gesti contro ingiustizie e diseguaglianze, preconcetti e discriminazioni, tramite atteggiamenti di compassione verso i poveri e i piccoli, di lotta per politiche sociali inclusive e per un nuovo ordine internazionale. La giustificazione della guerra non è nè umana nè evangelica e Gesù colloca fra le beatitudini quella che siamo chiamati a vivere in questo momento, quella dei costruttori di pace: "Beati coloro che promuovono la pace, perchè saranno chiamati figli di Dio" (Mt. 5,9) Documento elaborado por bispos de várias igrejas como conclusão da sua semana de estudos em Ibiuna... CLAMOR DOS POVOS POR JUSTIÇA, SOLIDARIEDADE E PAZ Nós abaixo assinados, bispos e pastores evangélicos e católicos, do Brasil e de outros países da América Latina, reunidos para jornada de estudos, reflexão e oração, em Ibiúna SP, de 15 a 22 de outubro de 2001, decidimos expressar nossa angústia e preocupação diante da atual situação internacional. Condenamos todo e qualquer ato terrorista, como os de 11 de setembro último que suscitaram universal repúdio e consternação, por sua insanidade e pelos milhares de vítimas que provocaram, inclusive entre as equipes de socorro. Ouviu-se, por toda parte, um grande clamor por justiça seguido de gestos de compaixão e solidariedade para com as vítimas e seus familiares. Por outro lado, a indevida transformação do clamor por justiça em atos de vingança e retaliação, com bombardeios aéreos contra o Afeganistão, é igual terrorismo praticado, agora, por governos que se apresentam como democráticos, civilizados e cristãos. Os bombardeios vêm provocando incontáveis vítimas inocentes, incluindo mulheres, crianças e anciãos, destruição da infra-estrutura, aumento da fome e do desespero, agravamento da situação sanitária, jogando, nas estradas, milhões de refugiados. Incentivou-se, deliberadamente, um recrudescimento da guerra civil entre facções políticas rivais, com renovados sofrimentos para a população. Hoje o clamor por justiça vem acompanhado por um crescente grito pela paz que se exprime em redobrados protestos e marchas contra a guerra, em manifestos e celebrações ecumênicas e inter-religiosas em favor da paz. Juntamo-nos a todas estas pessoas e instituições religiosas e civis e às nossas comunidades, para propor, à luz da Palavra de Deus e deste anelo profundo de nossos povos, um renovado empenho pela justiça e o diálogo, a solidariedade e a paz. "O fruto da justiça é a paz" (Is. 32.7). A prolongada indiferença internacional diante das situações de inumana miséria que afetam uma parte majoritária e crescente da população mundial vem deixando um rastro de sofrimento e morte por todo o mundo e gerando ressentimentos e revoltas contra os poucos países que impõem esta nova ordem internacional e dela desfrutam, com o apoio de organismos internacionais e de suas políticas de ajuste econômico. Estas políticas neo-liberais vêm provocando desastres econômicos e financeiros em muitos países vergados sob o peso de dívidas externas impagáveis ou atingidos por bruscos movimentos e ataques às moedas locais por parte do capital especulativo. Assiste-se o retorno, nos países pobres, de enfermidades e epidemias tais como o cólera, tuberculose, febre amarela, malária, que pareciam controladas e o surgimento de pandemias, como a da AIDs, que devastam continentes inteiros. Por detrás de quase todas as guerras atuais, movimentam-se os interesses das indústrias bélicas e a disputa pelo domínio dos mercados e controle de recursos naturais estratégicos, como o petróleo e o gás. Sem a superação das tensões provocadas pela exclusão e marginalização de grandes maiorias; sem o engajamento concertado e sincero para diminuir as desigualdades internacionais, para eliminar a fome, o racismo, a discriminação contra as mulheres e minorias étnicas e religiosas, para cancelar ou reduzir a dívida dos países pobres e para limitar a destruição e os danos ambientais, dificilmente serão gestadas as condições para uma paz duradoura. "Nunca mais a guerra! Nunca mais a guerra! É a paz que deve guiar o destino de toda a humanidade. Se quereis ser irmãos, deixai cair as armas de vossas mãos!", foi o grito de Paulo VI, em 4 de outubro de 1965, perante a Assembléia da ONU, na cidade de Nova Iorque, hoje ferida pelos atentados[1] . Pessoas e países que sofreram os horrores e a insanidade de guerra sem limites de qualquer ordem e que se consumou no holocausto nuclear de Hiroshima e Nagasaki, só podem juntar-se à voz e testemunho de sábios e pastores, como Mahatama Ghandi, Martin Luther King, Oscar Romero, mártires da justiça e da paz, que viveram a não-violência ativa, como atitude espiritual e política. Diante das modernas armas de destruição massiva e da guerra nuclear, química ou biológica, que colocam em risco a sobrevivência do planeta terra e da própria humanidade, cabe apenas a condenação ética, sem rodeios, pronunciada por João XXIII na Pacem in Terris: "... Não é mais possível pensar que nesta nossa era atômica, a guerra seja um meio apto para ressarcir direitos violados". (n º 127) Aos que hoje pretendem justificar a guerra, recordamos a palavra firme do Concílio: "Qualquer ação bélica que visa à destruição indiscriminada de cidades inteiras ou de vastas regiões com seus habitantes, é um crime contra Deus e o próprio homem, a ser condenado com firmeza e sem hesitações" (GS n º 479). O que está sendo gasto na atual operação militar contra o Afeganistão, seria suficiente para tirar esta nação e muitas outras da fome, miséria e destruição a que estão submetidas, inaugurando relações de respeito e cooperação, de ajuda e solidariedade e não agravando os sofrimentos e plantando novas sementes de ódio e incompreensões. O único caminho para a paz é o da superação das injustiças e das divergências, no quadro de um diálogo supervisionado por instâncias políticas e jurídicas internacionais legítimas, que deveriam ser mais respeitadas e fortalecidas, como a ONU e o Tribunal Internacional de Haia, para onde, suspeitos de crimes de guerra ou terrorismo devem ser conduzidos, julgados e punidos, se forem encontrados culpados. Guerra e vingança conduzidas contra outra nação soberana, praticamente indefesa, de maneira unilateral e imperialista, por um ou mais países, que são ao mesmo tempo parte e juiz, destroem as bases da convivência internacional e instauram a lei da selva e do mais forte, destruindo as salvaguardas do direito. Uma das primeiras vítimas da guerra é a verdade. As guerras modernas são travadas nos campos de batalha, mas também e sobretudo nos meios de comunicação social. A mentira e manipulação da verdade, a demonização do adversário e a intoxicação da população com desejos de vingança e ódio dificultam a negociação, o diálogo e a restauração da concórdia e da paz. Denunciamos e condenamos, com toda veemência, a caricatura que se vem difundindo da fé islâmica e do mundo árabe e que transforma, em suspeitos, pessoas, povos, e religiões. A eles pedimos perdão pela injusta ofensa que lhes vem do ocidente cristão. Isto apenas agrava os desentendimentos, fomenta preconceitos e aumenta as tensões internacionais. Um olhar sobre nós mesmos e sobre a situação que vivemos, convida-nos a uma atitude de escuta, de oração mas também de decidido empenho na reconstrução da justiça e da paz que começa em nosso quotidiano, por gestos contra as injustiças e desigualdades, preconceitos e discriminações, por atitudes de compaixão para com os pobres e pequenos, de luta por políticas sociais inclusivas e por uma nova ordem internacional. A justificação da guerra não é nem humana e nem evangélica e Jesus coloca entre as bem-aventuranças aquela a que somos chamados a implementar, neste momento, a dos construtores de paz: "Felizes os que promovem a paz, porque serão chamados filhos de Deus" (Mt. 5, 9). Ibiúna, 20 de outubro de 2001. [1] Paulo VI, Discurso perante a Assembléia das Nações Unidas. Nova Iorque, 04-10-1965.
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