Dossetti sulla guerra del Golfo



Credo che possa essere un contributo importante,
Nicola Scalabrini, Monteveglio-BO




INTERVISTA CON IL MONACO CHE VIVE IN GIORDANIA STUDIANDO E MEDITANDO IN UNA
CELLA

Dossetti: "E' una guerra di bugie".

II religioso, che fu deputato alla Costituente e amico di La Pira, dice dal
suo ritiro mediorientale: < Non si persegue la pace dicendo tante parole
bugiarde: io vorrei diffonderla col silenzio e con i fatti; i più umili e
puri"

DAL NOSTRO INVIATO
MA'IN (Giordania) -Giuseppe Dossetti parla della guerra e sono parole dure.
Erano ormai trent'anni che questo prete dalla strana storia non sfiorava
giudizi politici. E fin dai primi tempi della sua rinuncia, mai un silenzio
ha suscitato tanto imbarazzo. Una volta, al funerale di Giuseppe Lazzati,
rettore della Cattolica, il monaco che ha lasciato nel 1958 la Democrazia
cristiana, e tutto il resto, per chiudersi (o aprirsi, secondo i punti di
vista) in una meditazione senza vanità; quella volta, si è incontrato con
De Mila, allora stella dei partito. Magari per discrezione, ma De Mita non
ha fatto un passo verso il vecchio un po' curvo, padre-mediatore di scelte
importanti della nostra Costituzione. Un vecchio che si era illuso con La
Pira e aveva inquietato De Gasperi nell'inseguire un movimento di cattolici
dove morale e cultura fossero la base della politica. Hanno vinto "gli
altri".
Dossetti se ne è andato rinunciando a un modo di vivere fra la gente che
non rientra nel disegno severo della sua utopia. Quel giorno, alla fine
delle esequie, il passo lo ha fatto Dossetti, con la solita umiltà. Ha
allungato la mano, imbarazzando De Mila. "E adesso possiamo dire di esserci
conosciuti...". Non aspetta la risposta. Subito volta le spalle per
ripartire verso la cella di Monte Sole, sopra Marzabotto, o per la cella di
Gerusalemme, o di Ma'in, dall'altra parte, in Giordania.
Proprio qui, dopo tre settimane di guerra nel Golfo, ma guerra nell'intero
mondo arabo per i riflessi devastanti che inquinano la nostra vita; qui, in
una cella uguale a tutte le altre della comunità, la stessa pulizia
disadorna, quasi lo stesso tavolo di formica dove posa il libro in arabo
che sta studiando; insomma, qui, rompe il silenzio con una precisione
polemica al solito destinata ad allargare la divisione nel mondo cattolico.

Le Scritture

Leggiamo assieme la risposta alla mia prima domanda. Assieme, nel senso che
Dossetti mi guarda mentre scopro nei fogli che mi ha allungato cosa pensa
dei dubbi, ovvi e terribili, che gli ho fatto arrivare. Sono arrivati
attraverso un medico di Amman, e il vecchio sacerdote ha "lavorato tutto il
mattino" per scegliere le parole col rigore di chi ogni giorno confronta in
arabo, in aramaico e nell'ebreo antico, il testo delle Scritture. Non vuole
essere frainteso. Non desidera che a nessuna considerazione venga
attribuita una sfumatura diversa da quella che intende. "Se poi lo desidera
possiamo parlare, ma il pensiero resta questo...".
Mi sono rivolto a Dossetti perché confuso dal clamore della guerra fredda e
lontana come i cristalli degli schermi di un terminale. La passione con la
quale se ne sfogliano le puntate sembra disumana. Nel nostro mondo manca
perfino la suspense sui vincitore. Devo dire che succede anche nell'altro
mondo, naturalmente il pronostico rovesciato. E allora voglio sapere da
quest'uomo che ha scelto il silenzio e lo studio delle radici di una
cultura religiosa che ritiene comune, proprio nei posti dove questa cultura
si è affacciata; voglio capire come sia possibile giudicare una guerra, da
una parte definita "santa", dall'altra "giusta".
"Dal momento che questa guerra, contro ogni speranza di ragionevolezza, è
deplorevolmente scoppiata, credo di, dover osservare ancora più
rigorosamente il mio solito silenzio - osserva Dossetti -. Mi è imposto,
oltre dai principi e dallo stile cui ispiro la mia vita, anche dalia
necessaria delicatezza verso i Paesi nei quali le nostre quattro comunità,
di qua e di là dal Giordano, sono ospiti. La nostra presenza in quest'area
non si propone altro fine che l'incoraggiare i cristiani a restare. Oltre,
se mai, al voler attestare un nostro ascolto e una nostra attenzione verso
non poche rivendicazioni islamiche di questa congiuntura. Ecco perché il
nostro essere qui non può non essere rispettoso, umile e pacifico, non solo
nelle intenzioni ma anche nei comportamenti e nei fatti. Deve guardarsi,
perciò, dalle parole che, sempre, ma particolarmente in circostanze come
queste, possono essere equivocate.
"Dice il salmo 33,14-15: "Preserva la lingua dal male, le labbra da parole
bugiarde. Sta' lontano dai male e fa' il bene, cerca la pace e perseguila".
Ho l'impressione che non si persegua la pace quando non solo si dicono
parole equivoche; ma si dicono tante "parole bugiarde".

L'articolo 11

Le bugie le avevo previste. Nelle bugie, il testimone di una guerra è
immerso ogni momento. Bollettini che negano ciò che gli altri spergiurano.
Ma non sono queste le .bugie" che fanno arrabbiare Dossetti.
"Come italiano e antico costituente potrei solo aggiungere che molte
menzogne si sono dette al Parlamento italiano, quando per giustificare la
partecipazione di nostre forze aeronavali si è fatto dire all'articolo
undici della nostra Costituzione ciò che non corrisponde né alla sua
lettera né al suo spirito. Né nella prima parte, né nella seconda, che non
attenua ma conferma il ripudio allo guerra come mezzo di soluzione delle
controversie internazionali".
Ma della decisione delle Nazioni Unite non va tenuto conto?, è il dubbio
facile, che viene dopo.
"Si è preteso ricollegare questa interpretazione a una finzione verbale, e
al ristabilimento di una legalità internazionale nel quadro della Carta
dell'ONU. Questa Carta in passato, come tutti sanno è stata troppe volte
non strumento di legalità, ma di sopraffazione e di puro arbitrio
egemonico. Con l'aggravante che in questa congiuntura, mentre formalmente
nel nome dell'ONU si è scatenata una guerra avviata a divenire sempre più
non circoscritta ma illimitata nel fine, come negli sviluppi, l'ONU sembra
aver abbandonato la guerra a se stessa. E forse ancora di più, ha
abbandonato la pace del tutto indefinita che dovrebbe seguire. Ha insomma
affidato il conflitto all'arbitrio, per così dire "tecnico", di una delle
due parti in contesa".
Non è stato facile trovare Dossetti. L'autista ha sbagliato strada
trascinandomi tra le postazioni militari sepolte sotto reti gialle come il
deserto e soldati che si scaldano attorno al fuoco nel sagrato deva chiesa
del Monte Nebo. Il vento è freddo. Questa è la sporgenza dove si é
affacciato Mosè. Finalmente ho guardato, solo guardato, la terra promessa.
Lo stesso orizzonte mi sta addolcendo mentre il mio accompagnatore fa
marcia indietro girando le ruote in mezzo a divise sospettose. Sotto e
dirimpetto, il Mar Morto, la riga del Giordano, le palme di Gerico e la
strada che sale verso Gerusalemme. Ma Dossetti non abita qui.
La guida si è confusa con altri preti che ripuliscono i mosaici
paleocristiani scoperti da poco.
Un americano e un italiano, scappati ad Amman perché le carraie che girano
sulla cresta dei calanchi, come in Appennino, sono diventate la trincea
dove re Hussein vuole resistere all'attacco improbabile di Israele, nel
caso succedesse. Dossetti e altri tre monaci vivono poco lontano: un
giardino e un cancello all'ingresso del paese. Attorno spuntano i campanili
delle chiese. Un'isola cristiana: i ragazzi tornano da scuola dandosi
spintoni. Respiro la serenità di qualsiasi portone di campagna anche se sul
futuro è steso un manifesto immenso: il piccolo re di Giordania sta
porgendo una spada a Saddam Hussein. "Saremo uniti in ogni battaglia".
Parole di guerra continuano, dunque, ad avvolgere l'orto di questi uomini
che hanno scelto la pace.
"Non so se, come dice lei, sono un vero "uomo di pace" - osserva Dossetti
-. Desidero la pace per tutti e tra tutti. Ma sento che è ben altra cosa
essere in veste di "facitori di pace" nel senso reale del Discorso della
Montagna... Spero solo di potermi avvicinare a diffondere quella pace che è
un bene universale: il diffonderla non a parole. ma col silenzio e con i
fatti, quelli più profondi, più duraturi e più umili, più puri di ogni
clamore".
Quali possono essere questi fatti? Forse continuare a riunire, con maggior
intensità, le culture araba, ebraica e occidentale mai cosa drammaticamente
separale da razzismo e paura come in questi giorni? Dossetti e i suoi
monaci lavorano qui, studiano i testi che rimescolano le tre culture. Vanno
e vengono attraverso il Giordano, una delle frontiere di guerra. E' dunque
l'impegno che si propone di far uscire dalle celle e dalle meditazioni
notturne? Dossetti non risponde. Incrocia le mani sulla Bibbia in arabo e
si dimentica di me. Io vorrei sapere come persona, non come giornalista.
Adesso si sgela in un sorriso. "Ma quando racconterà dei nostro incontro
sarà inevitabile che la persona e il giornalista finiscano per
confondersi...". Torna Il silenzio.

Maurizio Chierici

(Il Corriere della Sera, Lunedì 11 febbraio 1991, p. 7)