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Dossetti sulla guerra del Golfo
- Subject: Dossetti sulla guerra del Golfo
- From: "Scalabrini" <n.b.scalabrini at libero.it>
- Date: Mon, 22 Oct 2001 08:34:51 +0200
Credo che possa essere un contributo importante, Nicola Scalabrini, Monteveglio-BO INTERVISTA CON IL MONACO CHE VIVE IN GIORDANIA STUDIANDO E MEDITANDO IN UNA CELLA Dossetti: "E' una guerra di bugie". II religioso, che fu deputato alla Costituente e amico di La Pira, dice dal suo ritiro mediorientale: < Non si persegue la pace dicendo tante parole bugiarde: io vorrei diffonderla col silenzio e con i fatti; i più umili e puri" DAL NOSTRO INVIATO MA'IN (Giordania) -Giuseppe Dossetti parla della guerra e sono parole dure. Erano ormai trent'anni che questo prete dalla strana storia non sfiorava giudizi politici. E fin dai primi tempi della sua rinuncia, mai un silenzio ha suscitato tanto imbarazzo. Una volta, al funerale di Giuseppe Lazzati, rettore della Cattolica, il monaco che ha lasciato nel 1958 la Democrazia cristiana, e tutto il resto, per chiudersi (o aprirsi, secondo i punti di vista) in una meditazione senza vanità; quella volta, si è incontrato con De Mila, allora stella dei partito. Magari per discrezione, ma De Mita non ha fatto un passo verso il vecchio un po' curvo, padre-mediatore di scelte importanti della nostra Costituzione. Un vecchio che si era illuso con La Pira e aveva inquietato De Gasperi nell'inseguire un movimento di cattolici dove morale e cultura fossero la base della politica. Hanno vinto "gli altri". Dossetti se ne è andato rinunciando a un modo di vivere fra la gente che non rientra nel disegno severo della sua utopia. Quel giorno, alla fine delle esequie, il passo lo ha fatto Dossetti, con la solita umiltà. Ha allungato la mano, imbarazzando De Mila. "E adesso possiamo dire di esserci conosciuti...". Non aspetta la risposta. Subito volta le spalle per ripartire verso la cella di Monte Sole, sopra Marzabotto, o per la cella di Gerusalemme, o di Ma'in, dall'altra parte, in Giordania. Proprio qui, dopo tre settimane di guerra nel Golfo, ma guerra nell'intero mondo arabo per i riflessi devastanti che inquinano la nostra vita; qui, in una cella uguale a tutte le altre della comunità, la stessa pulizia disadorna, quasi lo stesso tavolo di formica dove posa il libro in arabo che sta studiando; insomma, qui, rompe il silenzio con una precisione polemica al solito destinata ad allargare la divisione nel mondo cattolico. Le Scritture Leggiamo assieme la risposta alla mia prima domanda. Assieme, nel senso che Dossetti mi guarda mentre scopro nei fogli che mi ha allungato cosa pensa dei dubbi, ovvi e terribili, che gli ho fatto arrivare. Sono arrivati attraverso un medico di Amman, e il vecchio sacerdote ha "lavorato tutto il mattino" per scegliere le parole col rigore di chi ogni giorno confronta in arabo, in aramaico e nell'ebreo antico, il testo delle Scritture. Non vuole essere frainteso. Non desidera che a nessuna considerazione venga attribuita una sfumatura diversa da quella che intende. "Se poi lo desidera possiamo parlare, ma il pensiero resta questo...". Mi sono rivolto a Dossetti perché confuso dal clamore della guerra fredda e lontana come i cristalli degli schermi di un terminale. La passione con la quale se ne sfogliano le puntate sembra disumana. Nel nostro mondo manca perfino la suspense sui vincitore. Devo dire che succede anche nell'altro mondo, naturalmente il pronostico rovesciato. E allora voglio sapere da quest'uomo che ha scelto il silenzio e lo studio delle radici di una cultura religiosa che ritiene comune, proprio nei posti dove questa cultura si è affacciata; voglio capire come sia possibile giudicare una guerra, da una parte definita "santa", dall'altra "giusta". "Dal momento che questa guerra, contro ogni speranza di ragionevolezza, è deplorevolmente scoppiata, credo di, dover osservare ancora più rigorosamente il mio solito silenzio - osserva Dossetti -. Mi è imposto, oltre dai principi e dallo stile cui ispiro la mia vita, anche dalia necessaria delicatezza verso i Paesi nei quali le nostre quattro comunità, di qua e di là dal Giordano, sono ospiti. La nostra presenza in quest'area non si propone altro fine che l'incoraggiare i cristiani a restare. Oltre, se mai, al voler attestare un nostro ascolto e una nostra attenzione verso non poche rivendicazioni islamiche di questa congiuntura. Ecco perché il nostro essere qui non può non essere rispettoso, umile e pacifico, non solo nelle intenzioni ma anche nei comportamenti e nei fatti. Deve guardarsi, perciò, dalle parole che, sempre, ma particolarmente in circostanze come queste, possono essere equivocate. "Dice il salmo 33,14-15: "Preserva la lingua dal male, le labbra da parole bugiarde. Sta' lontano dai male e fa' il bene, cerca la pace e perseguila". Ho l'impressione che non si persegua la pace quando non solo si dicono parole equivoche; ma si dicono tante "parole bugiarde". L'articolo 11 Le bugie le avevo previste. Nelle bugie, il testimone di una guerra è immerso ogni momento. Bollettini che negano ciò che gli altri spergiurano. Ma non sono queste le .bugie" che fanno arrabbiare Dossetti. "Come italiano e antico costituente potrei solo aggiungere che molte menzogne si sono dette al Parlamento italiano, quando per giustificare la partecipazione di nostre forze aeronavali si è fatto dire all'articolo undici della nostra Costituzione ciò che non corrisponde né alla sua lettera né al suo spirito. Né nella prima parte, né nella seconda, che non attenua ma conferma il ripudio allo guerra come mezzo di soluzione delle controversie internazionali". Ma della decisione delle Nazioni Unite non va tenuto conto?, è il dubbio facile, che viene dopo. "Si è preteso ricollegare questa interpretazione a una finzione verbale, e al ristabilimento di una legalità internazionale nel quadro della Carta dell'ONU. Questa Carta in passato, come tutti sanno è stata troppe volte non strumento di legalità, ma di sopraffazione e di puro arbitrio egemonico. Con l'aggravante che in questa congiuntura, mentre formalmente nel nome dell'ONU si è scatenata una guerra avviata a divenire sempre più non circoscritta ma illimitata nel fine, come negli sviluppi, l'ONU sembra aver abbandonato la guerra a se stessa. E forse ancora di più, ha abbandonato la pace del tutto indefinita che dovrebbe seguire. Ha insomma affidato il conflitto all'arbitrio, per così dire "tecnico", di una delle due parti in contesa". Non è stato facile trovare Dossetti. L'autista ha sbagliato strada trascinandomi tra le postazioni militari sepolte sotto reti gialle come il deserto e soldati che si scaldano attorno al fuoco nel sagrato deva chiesa del Monte Nebo. Il vento è freddo. Questa è la sporgenza dove si é affacciato Mosè. Finalmente ho guardato, solo guardato, la terra promessa. Lo stesso orizzonte mi sta addolcendo mentre il mio accompagnatore fa marcia indietro girando le ruote in mezzo a divise sospettose. Sotto e dirimpetto, il Mar Morto, la riga del Giordano, le palme di Gerico e la strada che sale verso Gerusalemme. Ma Dossetti non abita qui. La guida si è confusa con altri preti che ripuliscono i mosaici paleocristiani scoperti da poco. Un americano e un italiano, scappati ad Amman perché le carraie che girano sulla cresta dei calanchi, come in Appennino, sono diventate la trincea dove re Hussein vuole resistere all'attacco improbabile di Israele, nel caso succedesse. Dossetti e altri tre monaci vivono poco lontano: un giardino e un cancello all'ingresso del paese. Attorno spuntano i campanili delle chiese. Un'isola cristiana: i ragazzi tornano da scuola dandosi spintoni. Respiro la serenità di qualsiasi portone di campagna anche se sul futuro è steso un manifesto immenso: il piccolo re di Giordania sta porgendo una spada a Saddam Hussein. "Saremo uniti in ogni battaglia". Parole di guerra continuano, dunque, ad avvolgere l'orto di questi uomini che hanno scelto la pace. "Non so se, come dice lei, sono un vero "uomo di pace" - osserva Dossetti -. Desidero la pace per tutti e tra tutti. Ma sento che è ben altra cosa essere in veste di "facitori di pace" nel senso reale del Discorso della Montagna... Spero solo di potermi avvicinare a diffondere quella pace che è un bene universale: il diffonderla non a parole. ma col silenzio e con i fatti, quelli più profondi, più duraturi e più umili, più puri di ogni clamore". Quali possono essere questi fatti? Forse continuare a riunire, con maggior intensità, le culture araba, ebraica e occidentale mai cosa drammaticamente separale da razzismo e paura come in questi giorni? Dossetti e i suoi monaci lavorano qui, studiano i testi che rimescolano le tre culture. Vanno e vengono attraverso il Giordano, una delle frontiere di guerra. E' dunque l'impegno che si propone di far uscire dalle celle e dalle meditazioni notturne? Dossetti non risponde. Incrocia le mani sulla Bibbia in arabo e si dimentica di me. Io vorrei sapere come persona, non come giornalista. Adesso si sgela in un sorriso. "Ma quando racconterà dei nostro incontro sarà inevitabile che la persona e il giornalista finiscano per confondersi...". Torna Il silenzio. Maurizio Chierici (Il Corriere della Sera, Lunedì 11 febbraio 1991, p. 7)
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