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(Fwd) Documento del Gruppo Pace e Disarmo del Venezia Social Forum
- Subject: (Fwd) Documento del Gruppo Pace e Disarmo del Venezia Social Forum
- From: "francesco iannuzzelli" <francesco at href.org>
- Date: Sat, 13 Oct 2001 00:27:50 +0100
- Organization: peacelink
- Priority: normal
------- Forwarded message follows ------- From: "Michela Vitturi" <michela.vitturi at tin.it> Subject: Documento del Gruppo Pace e Disarmo del Venezia Social Forum Date sent: Fri, 12 Oct 2001 18:06:18 +0200 Condanna dell’Atto Terroristico dell’11 settembre 2001 Noi del Venezia Social Forum condanniamo fermamente i terroristi che hanno ideato, organizzato, finanziato e messo in atto il feroce gesto dell’11 settembre 2001. Esprimiamo solidarietà alle migliaia di vittime statunitensi perché riconosciamo come nostro valore condiviso la distinzione tra i governi e i popoli, e tra le responsabilità degli uni e degli altri. Sulle Twin Towers vivevano e lavoravano esseri umani di tutti i continenti, pare di 62 nazionalità diverse, fra i quali anche immigrati che facevano i lavori più umili. Sotto il crollo delle Twin Towers sono sepolti cittadini statunitensi di ogni colore. I morti statunitensi, quindi, sono ‘nostri’ morti, perché sono anch’essi vittime delle ripercussioni di decisioni di cui non possono in alcun modo essere ritenuti individualmente responsabili. L’azione terroristica dell’11 settembre scorso è un atto criminale che non può essere letto come la risposta del Sud sfruttato allo strapotere del Nord del Mondo. I terroristi non sono mai amici e non rappresentano affatto i popoli che dicono di rappresentare perché quei popoli vengono sempre enormemente danneggiati dalle azioni terroristiche e dalle conseguenze - militari, politiche e sociali - che tali azioni provocano. Non sono i poveri del mondo che hanno pianificato e gestito il massacro statunitense, ma altri che, arrogandosi il diritto di agire in nome loro, in realtà parlano la stessa lingua dei potenti. Il capitalista saudita Bin Laden si è mosso, in collaborazione con altre persone di potere, in modo del tutto indifferente alla vita e al destino dei contadini palestinesi, dei bambini iracheni o delle madri afghane; anzi, probabilmente mettendo in conto, perché così ragionano i terroristi, un bel po’ di morti palestinesi, iracheni e afghani in seguito ad una prevedibile reazione degli USA, come prezzo da pagare per una radicalizzazione del conflitto (“guerra santa”) e la destabilizzazione degli stati islamici non fondamentalisti (ciò che sta puntualmente avvenendo). I terroristi, dunque, sono altro da noi, nostri antagonisti, nostri nemici verrebbe da dire, se non fosse meglio lasciare ad altri le metafore guerresche; e sono tali non soltanto per ciniche ragioni tattico-strategiche, in base alle quali i loro atti sono “controproducenti”, ma soprattutto per le ragioni etiche e politiche che sottendono il nostro lavoro quotidiano nella società civile. 2. Come disarmare il terrorismo. Siamo convinti che il terreno su cui può diffondersi, se non la connivenza, almeno la simpatia ai terroristi è quello delle grandi ingiustizie economiche, sociali e politiche. Se vogliamo qui ricordare tali ingiustizie non è per una conta delle vittime che alla fine faccia come somma zero e, condannando tutto, di fatto finisca per giustificare tutto, o per oscurare l’orrore dell’11 settembre, ma per ribadire che in un mondo senza giustizia non ci sarà mai pace, tanto meno la pace armata che vogliono imporci i governi degli Stati Uniti e dei loro alleati. Portare alla luce le radici dell’odio contro il ricco occidente serve per evidenziare come una risposta all’attacco terroristico che ricorre all’uso degli eserciti dei paesi ricchi non solo non risolve i conflitti ma li perpetua. Non possiamo quindi dimenticare che: da 34 anni i palestinesi attendono l’applicazione delle risoluzioni dell’ONU che sanciscono che il popolo palestinese ha diritto ad uno Stato proprio; da 10 anni, dopo i bombardamenti sull’Iraq, sono morti 500.000 bambini a causa dell’embargo (dati OMS) e ancora oggi USA e Gran Bretagna bombardano quasi quotidianamente il paese di Saddam Hussein (il quale a suo tempo, come Osama bin Laden, Noriega e tanti altri, fu come tutti sanno finanziato e armato dagli USA ); il Fondo Monetario Internazionale afferma che 1 miliardo e 300 milioni di persone vivono (sarebbe più giusto dire muoiono) con meno di 1 dollaro al giorno, e altre 2 miliardi e 800 milioni di persone con meno di 2 dollari al giorno; secondo i dati dell’UNICEF ogni anno muoiono per denutrizione 11.000.000 di bambini; ciò significa che ogni giorno muoiono in silenzio, per fame, senza alcuna voce mediatica, circa 30.000 bambini. Tutto ciò avviene a fronte dei 900 miliardi di dollari che annualmente vengono spesi per gli armamenti mentre i 22 paesi più ricchi del mondo spendono in aiuti allo ‘sviluppo’ dei paesi poveri appena un decimo di quanto sborsano per le armi. L’economia speculativa e del profitto prevale su qualunque etica; non è un caso se davanti agli omicidi degli aerei bomba tutto il mondo si è fermato attonito tranne le Borse. L’odio per l’Occidente, diffuso in larghe fasce sociali del cosiddetto Terzo Mondo, è figlio della globalizzazione neoliberista, cioè di un sistema economico basato su una violenza strutturale esercitata mediante l’oppressione politica, lo sfruttamento indiscriminato del lavoro di uomini, donne, bambini e della stessa Terra, l’affamare e il far morire di fame miliardi di persone. Proprio perché il mondo è globalizzato ha bisogno più che mai di istituzioni mondiali garanti del diritto internazionale. L’aver reso le Nazioni Unite - che nonostante gli evidenti limiti potevano rappresentare l’unica casa comune di tutti i popoli - un guscio vuoto, l’aver ridato legittimità alla guerra come valido strumento per risolvere i conflitti internazionali, è stata la più sciagurata riaffermazione del diritto della forza sulla forza del diritto, il trionfo di un disordine mondiale fondato sull’omicidio; ciò che ci rimane sono la ‘polizia internazionale’ dell’esercito statunitense e la mostruosità della NATO. Per tutto quanto detto fin qui, la nostra azione dovrà svolgersi in funzione di questi intenti: Riaffermare che bisogna scacciare la guerra dalla storia, opporsi all’applicazione dell’articolo 5 del patto NATO e lavorare per ridiscutere l’appartenenza stessa dell’Italia alla NATO. Qualora, di fronte all’escalation militare in atto, si profilasse un intervento diretto del nostro paese, esser pronti, con mezzi pacifici, a opporsi e disobbedire. Denunciare l’economia e la finanza di guerra, l’industria delle armi e quel capitale finanziario così prontamente in grado di approfittare dell’11 settembre per realizzare utili speculativi senza precedenti. Chiedere che cessi, da parte del governo degli USA, il pluriennale boicottaggio dell’ONU e del Tribunale Internazionale. Richiedere ad ogni soggetto avente voce in materia (ONU,UE) di adoperarsi per una gestione della crisi che metta al bando lo speculare terrorismo dei bombardamenti. Se è vero che questi organismi hanno avuto fin qui ben poco potere e scarsa autonomia, è anche vero infatti che non si vede chi altro potrebbe subentrare al loro posto: solo attraverso coraggiose prese di posizione ONU e UE potranno uscire dall’attuale posizione subalterna. Chiedere che i colpevoli della morte di seimila persone vadano cercati (ovunque siano), arrestati e processati dal Tribunale Internazionale come rei di un crimine contro l’umanità e non contro l’”Occidente”. Appare probabile che i terroristi delle Twin Towers abbiano potuto disporre di complicità interne allo stesso sistema capitalistico e agli stessi USA: contro questi fiancheggiatori i bombardamenti sull’Afghanistan sono, ovviamente, inutili. Denunciare la chiamata alla crociata antiislamica e coloro i quali nel nostro paese di tale crociata approfittano per proporre leggi sull’immigrazione in aperto contrasto con i diritti umani e i nostri principi costituzionali, e per ridurre gli spazi di discussione e dissenso (si veda al riguardo la criminalizzazione del GSF, da più parti ormai indicato come alleato dei terroristi islamici). Denunciare coloro che, con cinismo e rapidità sospetta, hanno immediatamente provveduto, in base alla equazione: mio nemico=amico del terrorismo, ad intensificare le azioni di guerra e di repressione (Israele in Palestina, la Russia in Cecenia), sperando di ottenere la benedizione di un costituendo Nuovo Ordine Mondiale. 3. Contro ogni Guerra Riteniamo che la risposta al terrore con altro terrore è inaccettabile. La risposta al terrorismo non è la guerra, anche quando ci viene presentata in forma edulcorata come ‘intervento chirurgico’, indolore e rivolto esclusivamente a scovare e punire gli autori dell’attentato. La guerra è sempre violenza e disperazione; non attenua i rancori ma li alimenta generando nuovo odio, perché la guerra non punisce mai solo i colpevoli ma è sempre causa di vittime tra i civili inermi e innocenti. Rigettiamo totalmente la pretesa di fare giustizia con le armi del governo degli USA e dei suoi alleati. La vendetta non serve a nulla, e men che meno la ‘guerra santa del bene contro il male’: una risposta bellica dell’”Occidente” renderà ancora più radicale il conflitto con il mondo arabo innescando una spirale di violenza, e non di giustizia, infinita e una duratura insicurezza. Quando ci viene chiesto di schierarci in quanto occidentali, o in quanto amici degli USA, in realtà ci viene chiesto di schierarci in quanto popolo ricco in difesa del privilegio, contro tutto ciò che può essere letto come destabilizzazione dell’ordine iniquo esistente. Non ci stiamo, così come non accettiamo il passaggio illogico e fuorviante: “Se siete contro gli USA e la NATO, allora state dalla parte dei terroristi, siete loro amici, terroristi anche voi.” Non ci stiamo perché la critica al dominio non è un crimine. Schierarsi dalla parte degli sfruttati, dei poveri, degli affamati, delle vittime di tutte le guerre quotidiane dichiarate o meno, non è un crimine e non è schierarsi con Bin Laden. Lavorare con gli strumenti della pace, della non-violenza e della solidarietà internazionale, perché il mondo, la stessa terra, non ne può più di guerre, terrorismi e gendarmi: tutto ciò non è un crimine. Concludiamo con le parole di Farid Adly, presidente della Associazione Culturale Mediterraneo: “ Noi movimenti per la pace e la solidarietà internazionale possiamo avanzare una proposta ai signori potenti di questa terra: voi sostenete che questa è una guerra di civiltà tra l’Occidente (cioè il Nord ricco) e la barbarie (tutti quelli che non ci stanno a sottomettersi alla logica e al modo di vita occidentale, cioè la maggior parte dei paesi del Sud del Mondo)? Va benissimo, facciamo finta di credere alla vostra menzogna, ma c’è una sola cosa che vi chiediamo e che pensiamo sia l’unica cosa da fare per vincere questa guerra: smettetela di vendere ed esportare armi a questi paesi, a tutti i paesi del Medio Oriente (compresa Israele), ai paesi africani, asiatici e dell’America Latina. Non un solo fucile, non un solo cannone né un elicottero Apache, né un cacciabombardiere F16 deve essere venduto a questi governi, eserciti e guerriglieri. Solo così possiamo vedere uno spiraglio di fiducia in un futuro migliore.” Mestre, 8 ottobre 2001 ------- End of forwarded message -------
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