(Fwd) Documento del Gruppo Pace e Disarmo del Venezia Social Forum



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From:           	"Michela Vitturi" <michela.vitturi at tin.it>
Subject:        	Documento del Gruppo Pace e Disarmo  del Venezia Social Forum
Date sent:      	Fri, 12 Oct 2001 18:06:18 +0200

Condanna dell’Atto Terroristico dell’11 settembre 2001

Noi del Venezia Social Forum condanniamo fermamente i terroristi 
che hanno ideato, organizzato, finanziato e messo in atto il feroce 
gesto dell’11 settembre 2001.  

Esprimiamo solidarietà alle migliaia di vittime statunitensi perché 
riconosciamo come nostro  valore condiviso la distinzione tra i 
governi e i popoli, e tra le responsabilità degli uni e degli altri.  

Sulle Twin Towers vivevano e lavoravano esseri umani di tutti i 
continenti, pare di 62 nazionalità diverse, fra i quali anche immigrati 
che facevano i lavori più umili. Sotto il crollo delle Twin Towers 
sono sepolti cittadini statunitensi di ogni colore. I morti 
statunitensi, quindi, sono ‘nostri’ morti, perché sono anch’essi 
vittime delle ripercussioni di decisioni di cui non possono in alcun 
modo essere ritenuti individualmente responsabili.  

L’azione terroristica dell’11 settembre scorso è un atto criminale 
che non può essere letto come la risposta del Sud sfruttato allo 
strapotere del Nord del Mondo. I terroristi non sono mai amici e 
non rappresentano affatto i popoli che dicono di rappresentare 
perché quei popoli vengono sempre enormemente danneggiati dalle 
azioni terroristiche e dalle conseguenze - militari, politiche e sociali 
- che tali azioni provocano. Non sono i poveri del mondo che hanno 
pianificato e gestito il massacro statunitense, ma altri che, 
arrogandosi il diritto di agire in nome loro, in realtà parlano la 
stessa lingua dei potenti.  

Il capitalista saudita Bin Laden si è mosso, in collaborazione con 
altre persone di potere, in modo del tutto indifferente alla vita e al 
destino dei contadini palestinesi, dei bambini iracheni o delle madri 
afghane; anzi, probabilmente mettendo in conto, perché così 
ragionano i terroristi, un bel po’ di morti palestinesi, iracheni e 
afghani in seguito ad una prevedibile reazione degli USA, come 
prezzo da pagare per una radicalizzazione del conflitto (“guerra 
santa”) e la destabilizzazione degli stati islamici non 
fondamentalisti (ciò che sta puntualmente avvenendo).  

I terroristi, dunque, sono altro da noi, nostri antagonisti, nostri 
nemici verrebbe da dire, se non fosse meglio lasciare ad altri le 
metafore guerresche; e sono tali non soltanto per ciniche ragioni 
tattico-strategiche, in base alle quali i loro atti sono 
“controproducenti”, ma soprattutto per le ragioni etiche e politiche 
che sottendono il nostro lavoro quotidiano nella società civile.  


2. Come disarmare il terrorismo.

Siamo convinti che il terreno su cui può diffondersi, se non la 
connivenza, almeno la simpatia ai terroristi è quello delle grandi 
ingiustizie economiche, sociali e politiche. Se vogliamo qui 
ricordare tali ingiustizie non è per una conta delle vittime che alla 
fine faccia come somma zero e, condannando tutto, di fatto finisca 
per giustificare tutto, o per oscurare l’orrore dell’11 settembre, ma 
per ribadire che in un mondo senza giustizia non ci sarà mai pace, 
tanto meno la pace armata che vogliono imporci i governi degli 
Stati Uniti e dei loro alleati.  

Portare alla luce le radici dell’odio contro il ricco occidente serve 
per evidenziare come una risposta all’attacco terroristico che 
ricorre all’uso degli eserciti dei paesi ricchi non solo non risolve i 
conflitti ma li perpetua.  

Non possiamo quindi dimenticare che:
da 34 anni i palestinesi attendono l’applicazione delle risoluzioni 
dell’ONU che sanciscono che il popolo palestinese ha diritto ad 
uno Stato proprio;  
da 10 anni, dopo i bombardamenti sull’Iraq, sono morti 500.000 
bambini a causa dell’embargo (dati OMS) e ancora oggi USA e 
Gran Bretagna bombardano quasi quotidianamente il paese di 
Saddam Hussein (il quale a suo tempo, come Osama bin Laden, 
Noriega e tanti altri, fu come tutti sanno finanziato e armato dagli 
USA );  
il Fondo Monetario Internazionale afferma che 1 miliardo e 300 
milioni di persone vivono (sarebbe più giusto dire muoiono) con 
meno di 1 dollaro al giorno, e altre 2 miliardi e 800 milioni di 
persone con meno di 2 dollari al giorno;  
secondo i dati dell’UNICEF ogni anno muoiono per denutrizione 
11.000.000 di bambini; ciò significa che ogni giorno muoiono in 
silenzio, per fame, senza alcuna voce mediatica, circa 30.000 
bambini.  

Tutto ciò avviene a fronte dei 900 miliardi di dollari che annualmente 
vengono spesi per gli armamenti mentre i 22 paesi più ricchi del 
mondo spendono in aiuti allo ‘sviluppo’ dei paesi poveri appena un 
decimo di quanto sborsano per le armi. L’economia speculativa  e 
del profitto prevale su qualunque etica; non è un caso se davanti 
agli omicidi degli aerei bomba tutto il mondo si è fermato attonito 
tranne le Borse.  

L’odio per l’Occidente, diffuso in larghe fasce sociali del cosiddetto 
Terzo Mondo, è figlio della globalizzazione neoliberista, cioè di un 
sistema economico basato su una violenza strutturale esercitata 
mediante l’oppressione politica, lo sfruttamento indiscriminato del 
lavoro di uomini, donne, bambini e della stessa Terra, l’affamare e il 
far morire di fame miliardi di persone.  

Proprio perché il mondo è globalizzato ha bisogno più che mai di 
istituzioni mondiali garanti del diritto internazionale. L’aver reso le 
Nazioni Unite - che nonostante gli evidenti limiti potevano 
rappresentare l’unica casa comune di tutti i popoli - un guscio 
vuoto, l’aver ridato legittimità alla guerra come valido strumento per 
risolvere i conflitti internazionali, è stata la più sciagurata 
riaffermazione del diritto della forza sulla forza del diritto, il trionfo di 
un disordine mondiale fondato sull’omicidio; ciò che ci rimane sono 
la ‘polizia internazionale’ dell’esercito statunitense e la mostruosità 
della NATO.  

Per tutto quanto detto fin qui, la nostra azione dovrà svolgersi in 
funzione di questi intenti:  

Riaffermare che bisogna scacciare la guerra dalla storia, opporsi  
all’applicazione dell’articolo 5 del patto NATO e lavorare per 
ridiscutere l’appartenenza stessa dell’Italia alla NATO. Qualora, di 
fronte all’escalation militare in atto, si profilasse un intervento 
diretto del nostro paese, esser pronti, con mezzi pacifici, a opporsi 
e disobbedire.

Denunciare l’economia e la finanza di guerra, l’industria delle armi 
e quel capitale finanziario così prontamente in grado di approfittare 
dell’11 settembre per realizzare utili speculativi senza precedenti.  

Chiedere che cessi, da parte del governo degli USA, il pluriennale 
boicottaggio dell’ONU e del Tribunale Internazionale.  

Richiedere ad ogni soggetto avente voce in materia (ONU,UE) di 
adoperarsi per una gestione della crisi che metta al bando lo 
speculare terrorismo dei bombardamenti. Se è vero che questi 
organismi hanno avuto fin qui ben poco potere e scarsa autonomia, 
è anche vero infatti che non si vede chi altro potrebbe subentrare al 
loro posto: solo attraverso coraggiose prese di posizione ONU e 
UE potranno uscire dall’attuale posizione subalterna.  

Chiedere che i colpevoli della morte di seimila persone vadano 
cercati (ovunque siano), arrestati e processati dal Tribunale 
Internazionale come rei di un crimine contro l’umanità e non contro 
l’”Occidente”. Appare probabile che i terroristi delle Twin Towers 
abbiano potuto disporre di complicità interne allo stesso sistema 
capitalistico e agli stessi USA: contro questi fiancheggiatori i 
bombardamenti sull’Afghanistan sono, ovviamente, inutili.  

Denunciare la chiamata alla crociata antiislamica e coloro i quali 
nel nostro paese di tale crociata approfittano per proporre leggi 
sull’immigrazione in aperto contrasto con i diritti umani e i nostri 
principi costituzionali, e per ridurre gli spazi di discussione e 
dissenso (si veda al riguardo la criminalizzazione del GSF, da più 
parti ormai indicato come alleato dei terroristi islamici).  

Denunciare coloro che, con cinismo e rapidità sospetta, hanno 
immediatamente provveduto, in base alla equazione: mio 
nemico=amico del terrorismo, ad intensificare le azioni di guerra e 
di repressione (Israele in Palestina, la Russia in Cecenia), 
sperando di ottenere la benedizione di un costituendo Nuovo 
Ordine Mondiale.  


3. Contro ogni Guerra

Riteniamo che la risposta al terrore con altro terrore è 
inaccettabile.  

La risposta al terrorismo non è la guerra, anche quando ci viene 
presentata in forma edulcorata come ‘intervento chirurgico’, 
indolore e rivolto esclusivamente a scovare e punire gli autori 
dell’attentato. La guerra è sempre violenza e disperazione; non 
attenua i rancori ma li alimenta generando nuovo odio, perché la 
guerra non punisce mai solo i colpevoli ma è sempre causa di 
vittime tra i civili inermi e innocenti.  

Rigettiamo totalmente la pretesa di fare giustizia con le armi del 
governo degli USA e dei suoi alleati. La vendetta non serve a nulla, 
e men che meno la ‘guerra santa del bene contro il male’: una 
risposta bellica dell’”Occidente” renderà ancora più radicale il 
conflitto con il mondo arabo innescando una spirale di violenza, e 
non di giustizia, infinita e una duratura insicurezza.  

Quando ci viene chiesto di schierarci in quanto occidentali, o in 
quanto amici degli USA, in realtà ci viene chiesto di schierarci in 
quanto popolo ricco in difesa del privilegio, contro tutto ciò che può 
essere letto come destabilizzazione dell’ordine iniquo esistente. 
Non ci stiamo, così come non accettiamo il passaggio illogico e 
fuorviante: “Se siete contro gli USA e la NATO, allora state dalla 
parte dei terroristi, siete loro amici, terroristi anche voi.” Non ci 
stiamo perché la critica al dominio non è un crimine. Schierarsi 
dalla parte degli sfruttati, dei poveri, degli affamati, delle vittime di 
tutte le guerre quotidiane dichiarate o meno, non è un crimine e 
non è schierarsi con Bin Laden. Lavorare con gli strumenti della 
pace, della non-violenza e della solidarietà internazionale, perché il 
mondo, la stessa terra, non ne può più di guerre, terrorismi e 
gendarmi: tutto ciò non è un crimine.  

Concludiamo con le parole di Farid Adly, presidente della 
Associazione Culturale Mediterraneo: “ Noi movimenti per la pace e 
la solidarietà internazionale possiamo avanzare una proposta ai 
signori potenti di questa terra: voi sostenete che questa è una 
guerra di civiltà tra l’Occidente (cioè il Nord ricco) e la barbarie (tutti 
quelli che non ci stanno a sottomettersi alla logica e al modo di vita 
occidentale, cioè la maggior parte dei paesi del Sud del Mondo)? 
Va benissimo, facciamo finta di credere alla vostra menzogna, ma 
c’è una sola cosa che vi chiediamo e che pensiamo sia l’unica 
cosa da fare per vincere questa guerra: smettetela di vendere ed 
esportare armi a questi paesi, a tutti i paesi del Medio Oriente 
(compresa Israele), ai paesi africani, asiatici e dell’America Latina. 
Non un solo fucile, non un solo cannone né un elicottero Apache, 
né un cacciabombardiere F16 deve essere venduto a questi 
governi, eserciti e guerriglieri. Solo così possiamo vedere uno 
spiraglio di fiducia in un futuro migliore.”  



Mestre, 8 ottobre 2001



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