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articolo sulla pace
- Subject: articolo sulla pace
- From: "Rocco D'Ambrosio" <rocda at libero.it>
- Date: Thu, 27 Sep 2001 12:10:38 +0200
Cari amici, vi allego qualche spunto di riflessione sui venti di guerra, pubblicato come editoriale della Repubblica- Bari del 22.9.2001 http://www.repubblica.it/quotidiano/repubblica/20010922/bari/01spalla.html Pace e bene! GIUSTIZIA INFINITA NON E' VENDETTA ROCCO D'AMBROSIO* C'è troppa voglia di guerra. Sconvolti, impauriti, addolorati per quanto è successo l'undici settembre scorso, siamo ad un passo dalla guerra vera e propria. C'è poca riflessione e ponderatezza, stiamo ancora una volta testimoniando la debolezza della cultura della pace, sia dal punto di vista teorico che educativo. E' Norberto Bobbio ad ammonirci: "esiste una grande filosofia della guerra, in quanto fenomeno positivo, ma non esiste una grande filosofia della pace". Così in questo ritardo culturale cresce anche l'ipocrisia. A livello ufficiale si parla di "operazione di polizia internazionale", cioè si ripresenta quella interpretazione non del tutto legittima, dal punto di vista del diritto internazionale, già proposta per l'intervento nel Golfo e poi nel Kossovo. Sono diversi i motivi per affermare che un intervento militare non trova nessuna giustificazione morale: non sono stati sperimentati tutti gli altri mezzi per debellare il terrorismo, né tanto meno questi si sono rivelati impraticabili o inefficaci; non ci sono fondate condizioni di successo dell'operazione; ci sono valide ragioni per ritenere che l'operazione militare provocherà mali e disordini più gravi del male da eliminare; i mezzi in stato di allerta hanno un potenziale di distruzione incontenibile che non può garantire nessuna "operazione chirurgica". Con ciò non voglio dire che gli USA (e gli altri Stati) devono assistere inermi al dilagare del terrorismo, ma ha giustamente ricordato Andreotti che il "terrorismo si combatte con la polizia e non con l'esercito". E c'è una bella differenza! Anche se qualcuno ritiene la distinzione una questione di lana caprina. Siamo un popolo che ha conosciuto la piaga del terrorismo e l'abbiamo risolto non dichiarando guerra agli ambienti o Stati dove i terroristi presumibilmente erano addestrati o rifugiati. Giustizia sì, non quella "infinita", dal terribile sapore di "vendetta infinita". Giustizia sì, ma senza quell'arroganza statunitense che continua a sentirsi, comunque e dovunque, "poliziotto del mondo". Giustizia sì, ma facendo ammenda della debolezza dell'attività investigativa e di tutela dell'ordine pubblico, come delle responsabilità politiche ed economiche in termini di aiuti ai paesi in via di sviluppo, come della propaganda del liberismo sfrenato che umilia le ricchezze e le differenze sociali e culturali. Giustizia sì, ma coscienti che il terrorismo islamico ha più connotazioni ideologiche anticapitalistiche che religiose. Indubbiamente dobbiamo condannarlo e combatterlo, punire i colpevoli con fermezza nella legalità, unire le forze di intelligence e spionaggio, senza però scatenare una guerra che rischia di aumentare il fanatismo ideologico, di provocare una catena infinita di odio e violenza, in cui è altissima la probabilità che a pagare siano più gli innocenti che i colpevoli. Parlare di guerra troppo, e spesso a cuor leggero, dimostra che stiamo perdendo quelle radici di vivere democratico fondato sui principi forti della giustizia e della pace, quelli per cui l'Europa ha già pagato alti costi e oggi gioca la sua credibilità. Parla di guerra la destra e ciò non sorprende più di tanto. Parla di guerra anche una parte della sinistra, come D'Alema a Reggio Emilia. Mi chiedo: dov'è finita la tradizione pacifista della sinistra? Cosa ne pensa il maggior partito della sinistra dell'articolo 11 della Carta Costituzionale? Parlano di guerra anche molti cattolici. Mi chiedo: le sagge parole del Papa perché sono ritenute poco spendibili dal punto di vista politico e pratico? E' credibile, dal punto di vista evangelico, chi parla di pace, a mo' di pia intenzione, e poi appoggia la guerra culturalmente e praticamente? Sono domande che hanno il peso del sangue di tutte le vittime e non hanno ancora la forza della pace. *docente di Etica Politica presso la facoltà di Scienze Sociali della Pontificia Università Gregoriana - Roma e dell'Istituto Teologico Pugliese - Molfetta
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