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Dopo le stragi
- Subject: Dopo le stragi
- From: Piero Pagliani <p.pagliani at agora.stm.it>
- Date: Wed, 19 Sep 2001 11:54:51 +0200
Solo ora sono riuscito ad estrarre qualche capacita' di riflessione da sotto le macerie delle Twin Towers. Dato pero' che non e' ancora in quantita' sufficiente per imbastire un ragionamento organico, saro' molto schematico per cercare di sopperire a questa carenza (per inciso: a parte il "Tractatus" di Wittgenstein e pochi altri esempi, il più delle volte la schematicita' e' sintomo di pura mancanza di organicita'; così, spesso, si tenta di nascondere il difetto dietro una virtù, cosa che io non intendo fare). 1) L'attacco a New York e a Washington non e' un "atto di guerra" ma un atto di terrorismo. Come tale ha una matrice politica e la risposta deve essere innanzitutto politica oltre che di (doverosa) repressione selettiva guidata dai principio del diritto occidentale (e non quindi della legge del taglione). E' ripugnante che siano spesso i giornalisti ex di sinistra a difendere la tesi della "nuova guerra mondiale". 2) L'attacco terroristico dell'11 settembre non e' un atto di guerra contro l'Occidente cristiano. E' evidente che e' proprio nei piani dei terroristi essere riconosciuti come "forza armata musulmana" in guerra con l'Occidente. E' quindi elementare che il riconoscimento di questo status "concettuale" prima ancora che "fattuale" e' proprio cio' che deve essere evitato, a tutti i costi. Purtroppo siamo assaliti dai commenti contrari dei nostri ondivaghi opinion makers: dopo averci detto ancora durante l'ultima guerra balcanica che la tesi sullo "scontro delle civilta' " di Samuel P. Huntington era tutta sbagliata (perché in quel caso l'Occidente combatteva a fianco dei musulmani contro i residui del "socialismo reale" - una situazione, si potrebbe dire, "semi-afgana"), ora la riscoprono e la ripropongono acriticamente, dimostrando che, a dispetto del mestiere e delle esperienze internazionali che ci dicono di aver fatto, non sanno assolutamente di che cosa stiano parlando (tant'e' che usano il lato mediatico, rozzo ed emozionale di quella tesi senza cercare di analizzare l'ipotesi dei "cicli politici" che e' alla sua base, e senza accorgersi che di per se' e' in netto contrasto con quella della "fine della storia" di Francis Fukuyama, così cara al pensiero unico global-liberista e vezzeggiata, spesso, da quegli stessi opinion makers). 3) L'attacco terroristico dell'11 settembre e' un "crimine contro l'umanita' ". Questa e' sicuramente una categoria più corretta per classificare quanto e' accaduto. Ma, ovviamente, e' una categoria più problematica. Molto meno comoda di quella di "guerra contro l'Occidente cristiano". Infatti, mentre quest'ultima interpretazione permette di far quadrato, autolodare il proprio grado insuperabile di civilta', ribadire che, ancorché pieno di difetti (e magari di "inconvenienti"), il nostro modello e' superiore a tutti gli altri (quasi per definizione, ma addirittura in modo palmare dopo gli attentati in America), mentre questa interpretazione, insomma, permette la solita ginnastica mentale del pensiero unico, la categoria di "crimine contro l'umanita'", al contrario, obbliga a fare i conti con la storia e con il resto del mondo. Obbliga a fare i conti con tutti (ma proprio tutti) gli altri crimini contro l'umanita'. 4) Nel pensiero dominante il concetto di "umanita' " e' una categoria geopolitica. Ma una volta individuata questa interpretazione più corretta, dobbiamo fare i conti con la sua "implementazione" nella realta', perché e' molto problematica. Un esempio per tutti: qualche anno fa Lesley Stahl, durante il programma televisivo "60 Minutes", chiese a Madeleine Albright, allora Segretaria di Stato, cosa ne pensava del mezzo milione di bambini iracheni morti a causa dell'embargo. La risposta fu (cito): "Penso che sia una scelta difficilissima, ma il prezzo -- pensiamo che il prezzo sia giusto" ("I think this is a very hard choice, but the price -- we think the price is worth it."). A parte il fatto, sia detto incidentalmente, che se la morte di un bambino ha un valore di scambio non si capisce allora perché protestare tanto contro la prostituzione minorile; a parte dunque questa palese contraddizione morale, che e' solo una delle tante del pensiero unico liberista, e' difficile trovare una testimonianza più cristallina di come non solo la categoria di "crimine contro l'umanita'", ma quella stessa di "umanita'" sia molto lontana da essere universalmente condivisa. Bisogna riconoscere che, ahime', per il pensiero global-liberista "umanita' " e' solo una delle tante categorie geopolitiche. 5) Che fare? Bisogna riprendere l'iniziativa politica. E' la cosa più urgente. Metabolizzare al più presto lo shock per riavere la forza (e la voglia) di riproporre una visione politica alternativa alle spirali di violenza e miseria che ormai sono sotto gli occhi di tutti. E il fatto stesso che si incominci a parlare solo adesso di queste spirali in modo preoccupato - e non solo estraniato, commiserevole e paternalistico - questo fatto, dicevo, e' gia' una vittoria dei terroristi, piaccia o meno. Vogliamo dar loro altri vantaggi? 6) Bisogna stare accanto all'America oggi? Certo che bisogna! Ora più che mai. Nonostante io possa essere tranquillamente chiamato "anti-americano" secondo i giudizi da paccottiglia che vanno per la maggiore anche a sinistra (vedi D'Alema), sono convinto che pensare "Beh, se la sono voluti loro; che se la cavino da soli" sia puramente e semplicimente una carognata (tanto per essere chiari). Ma come stare vicini all'America? Ritagliandosi un ruolo da barboncino di compagnia del cane da guardia? Per fargli vedere che gli scodinzoliamo attorno uggiolando? O con amore e razocinio? Si', io sono anti-americano. Ma lo sono perché ho dei legami viscerali con l'America (intesa come nazione) e, piu' in generale, con il mondo anglosassone. Gli stessi legami viscerali che posso avere con mio fratello (e io avro' i miei motivi per possederli, ma qualche motivo, sono convinto, ce lo ha chiunque in Europa). E mio fratello lo posso criticare, insultare e magari picchiare, ma solo io! Gli altri non si azzardino a farlo! E se sono convinto che gli hanno teso una trappola, lo incitero' a infilarcisi dentro con tutta la famiglia? O cerchero' di evitarlo, in tutti i modi? Nonostante la pochezza intellettuale degli odierni governanti occidentali e dei loro consiglieri (con qualche rarissima eccezione), io sono convinto che essi sappiano benissimo che una reazione indiscriminata (ovvero una rappresaglia) non fara' altro che aggravare il problema, per tutti. Siate quindi pur sicuri che se ci saranno azioni di guerra e' perché qualcuno ci avra' visto dietro lauti profitti a breve o medio termine (cosi' come il sistema finanziario Occidentale ricicla i soldi di bin Laden senza porsi troppi problemi. E non e' la prima volta che fa una cosa simile: vi ricordate l'Atlanta Connection e i soldi a Saddam? Un giorno vi raccontero' di come uno dei maggiori implicati ce lo siamo ritrovati come Presidente della societa' per cui lavoravo. Messo li' dalle lobby democristiane e scacciato da quegli estremisti di sinistra del Consiglio di Fabbrica. E qualcuno vi ha detto che negli anni '30 i Bush continuavano ad intrattenere rapporti d'affari con la I. G. Farben anche sotto il nazismo, cosa per cui sono stati messi sotto inchiesta?). Un bel modo di stare vicini all'America. 6) Spigolature a) Sciacalletti. Sergio Romano, intervistato a "Porta Aperta", ricordando i tre minuti di silenzio osservati in molti paesi del mondo, ha terminato il suo commento (non prima di aver assunto l'espressione del caso, cioe' da tronfio becchino) dicendo: "E anche questa e' una forma di globalizzazione. Spero proprio che nessuno la voglia contestare come ha fatto a Genova". Cosa c'entrino i sentimenti di solidarieta' e di pieta' con la globalizzazione liberista contestata a Genova lo puo' sapere solo chi utilizza tragedie di enorme gravita' per togliersi dalla scarpa i suoi micragnosi sassolini. Messaggio, comunque, più che chiaro: "tutti zitti", "stringiamci a coorte", "alto la', chi va la'". Purtroppo, e' una propensione vista più volte in questa e altre circostanze (e specie nel nostro Paese dove "bipartisan" vuol dire, evidentemente, dover star tutti dalla parte del Potere). b) "Il Manifesto" e il Protestantesimo. Purtroppo da qualchetempo sul "Manifesto" compaiono articoli e fondi che tirano in ballo il Protestantesimo in un'ottica da vulgata di Max Weber o da sacrestia preconciliare. Ricompaiono termini come "sette protestanti" (sic!) riferite, tra gli altri, ai Battisti (ma se lo sono scordati Martin Luther King?) e in un articolo di Enrico Pugliese del 18 settembre si afferma che Bush sta chiamando alla guerra santa "l'America protestante". E' vero che gli Stati Uniti hanno un'anima protestante ed e' anche vero che Bush e Cheney sono metodisti. Ma e' pur vero che la maggior parte dei dibattiti sulla globalizzazione a Seattle sono avvenuti nelle sale della Comunita' Metodista locale, così come e' un dato di fatto che in Italia la Federazione delle Chiese Evangeliche ha aderito al Genoa Social Forum (tant'e' vero che quando la polizia ha caricato il corteo del 21 luglio io ero proprio con loro). Quindi, amici del "Manifesto", meno superficialita' (si dice "denominazione protestante", non "setta") e prudenza con gli aggettivi troppo generalizzanti da una parte (e' metodista ad esempio anche Nelson Mandela) e troppo specificanti dall'altra (e quindi inutili a tutti gli effetti). c) Il conto del Novecento. "By the way", domenica scorsa dopo il culto (si dice "culto protestante" non "messa", cari giornalisti italiani; i Clinton "vanno al culto" non "alla messa" come pretende, e non solo lui, il Corriere della Sera), dopo il culto, dicevo, un pastore (non un "prete", ibidem) mi ha detto: "Questo attentato fa parte del conto salato che ci sta presentando il Novecento. Speriamo di non doverlo pagare tutto in una volta." Purtroppo io temo proprio che se passa l'idea della guerra santa antiterrorista lo pagheremo anche con gli interessi. P. P.
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