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Contro la follia: mobilitazione, disarmo militare e disarmo economico.
- Subject: Contro la follia: mobilitazione, disarmo militare e disarmo economico.
- From: "Pasquale Pugliese" <puglipas at interfree.it>
- Date: Mon, 17 Sep 2001 23:00:23 +0200
CONTRO LA FOLLIA:
MOBILITAZIONE, DISARMO MILITARE E DISARMO ECONOMICO
Dopo il silenzio e il
raccoglimento - uniche azioni immediatamente possibili di
fronte ad una tragedia dalle proporzioni, reali e simboliche, di
dimensioni bibliche - per le migliaia di inermi cittadini statunitensi
vittime del terrorismo, è giunto il tempo di avviare una
riflessione profonda sulle cause di tanto odio e di tanta disperazione
e sulle risposte che tutti noi oggi possiamo dare. E le
risposte si situano, a mio parere, almeno a tre diversi livelli di
profondità: la mobilitazione contro la guerra, il disarmo militare e il
disarmo economico.
Mobilitazione
Di fronte alla folle azione terroristica,
l'unica reazione che l'Occidente sembra contemplare - e già sta preparando
- è la guerra: una doppia follia. Follia in se stessa, perché anch'essa
azione terroristica che colpisce - ormai quasi esclusivamente - innocenti
vittime civili, compiuta da chi detiene il monopolio "legittimo" della forza;
follia nelle conseguenze, perchè - se non è totale e
sterminatrice (hanno fatto un deserto e l'hanno chiamato pace) -
alimenta nelle vittime l'odio, la disperazione ed ulteriori e più feroci azioni
di terrore.
Di fronte alla follia del terrorismo ed alla
doppia follia della guerra l'unica risposta possibile è la
mobilitazione: una grande e determinata mobilitazione pacifista e
nonviolenta. La mia proposta è di sospendere da parte del movimento per la
pace e la giustizia globale - gandhianamente - tutte le iniziative di
contestazione in programma per i prossimi mesi e di concentrare tutti gli
sforzi in un nostro grande appuntamento di massa: la Marcia per la pace
Perugia-Assisi del 14 ottobre prossimo.
Se ciò non basterà a fermare la
follia, bisognerà passare all'obiezione di coscienza, alla disobbedienza civile
ed all'azione diretta nonviolenta, attive e diffuse.
E questo è il compito di tutte le donne
e gli uomini costruttori di pace.
Disarmo
militare
In questi cinquanta anni "di
pace" decine e decine di guerre hanno insanguinato tutti gli angoli del globo,
causando milioni di morti. Gli Stati Uniti sono stati coinvolti,
direttamente o indirettamente, nella maggior parte di
esse: popolazioni civili in tutte le parti del mondo - dalla Corea al
Vietnam, dall'Irak alla Yugoslavia - hanno visto le bombe americane cadere sulle
loro teste, distruggere le loro città, annientare le loro economie. O sparare le
armi occidentali vendute indiscriminatamente a tutti i paesi in guerra.
La difesa degli interessi economici e
strategici dell'Occidente ha visto sempre di più - con
un'accelerazione dopo la fine della guerra fredda - l'uso della guerra calda per
conseguire e mantenere il dominio ed il privilegio. Ciò è causa di
disperazione, odio, desiderio di vendetta di molte genti verso l'Occidente in
generale e gli Stati Uniti in particolare. E l'odio genera odio, la vendetta
genera vendetta in una spirale senza uscita fino all'uso, folle ma
possibile, - e già sperimentato proprio dagli americani - da parte di qualcuno
della bomba atomica.
Ed allora solo il disarmo ci può salvare,
solo la ripresa di una lotta antica ("disarmo, vocabolo d'un tempo" dice
Pietro Ingrao su il manifesto del 16 settembre), contro tutti
gli eserciti e tutte le guerre. E' quanto hanno proclamato, ignorati dai
più, i 3.000 marciatori della Marcia nonviolenta del 24
settembre 2000; è quanto va recuperato oggi più che mai in questo momento
di follia.
E questo è il compito di tutti gli
amici della nonviolenza.
Disarmo
economico
Noi che viviamo "sicuri
nelle nostre tiepide case" (E.Levi Se questo è un uomo), come potevamo
pensare di poter continuare ancora a lungo nella nostra sicurezza, quando
sperperiamo avidamente, da soli, le risorse naturali, energetiche ed economiche
dell'umanità intera? Quale sicurezza ci siamo illusi essere possibile
continuando a spartirci, nell'opulento Occidente, l'86 % delle risorse di
tutti; costringendo alla morte, nel silenzio e nel buio delle televisioni,
30.000 bambini al giorno per fame? Quali misure di sucurezza possiamo
innalzare, quali armi possiamo inventare, a difesa di un mondo nel quale 220
persone possiedono una ricchezza pari al prodotto globale lordo della metà più
povera dell'umanità? I peggiori regimi tirannici della storia sono stati
spazzati via per molto meno.
Ed allora ecco, di fronte a questa follia, la
giusta ribellione dei popoli di Seattle e di Porto Alegre, che si salda
alla ribellione dei contadini indiani, dei sem terra brasiliani e degli
indios messicani. Ecco la lotta per resistere alla violenza strutturale,
della quale la violenza diretta della guerra è la difesa, e per costruire
un'economia sobria, giusta e sostenibile. E realizzare per questa via,
finalmente, un mondo in cui tutti abbiano diritto ad una vita
dignitosa e libera dalla fame, dalla guerra e dallo
sfruttamento.
Ma, attenzione, i fatti di questi giorni ci
ammoniscono, ancora una volta, che solo la nonviolenza dei fini e dei
mezzi - alternativa radicale alla violenza strutturale dell'ingiustizia e
alla violenza diretta della guerra - è la strada da percorrere. Ogni
altra strada, si sa dove inizia ma non si sa dove
conduce.
E percorre questa strada, oggi, è il
compito dei lillipuziani.
Pasquale Pugliese
Reggio Emilia
17 settembre 2001
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La nonviolenza è il punto della tensione più profonda del sovvertimento di una società inadeguata. Aldo Capitini ***************************************************************************************************
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