Contro la follia: mobilitazione, disarmo militare e disarmo economico.



   CONTRO LA FOLLIA: MOBILITAZIONE, DISARMO MILITARE E DISARMO ECONOMICO
 
   Dopo il silenzio e il raccoglimento - uniche azioni immediatamente possibili di fronte ad una tragedia dalle proporzioni, reali e simboliche, di dimensioni bibliche - per le migliaia di inermi cittadini statunitensi vittime del terrorismo, è giunto il tempo di avviare una riflessione profonda sulle cause di tanto odio e di tanta disperazione e sulle risposte che tutti noi oggi possiamo dare. E le risposte si situano, a mio parere, almeno a tre diversi livelli di profondità: la mobilitazione contro la guerra, il disarmo militare e il disarmo economico.
   
   Mobilitazione  
   Di fronte alla folle azione terroristica, l'unica reazione che l'Occidente sembra contemplare - e già sta preparando - è la guerra: una doppia follia. Follia in se stessa, perché anch'essa azione terroristica che colpisce - ormai quasi esclusivamente - innocenti vittime civili, compiuta da chi detiene il monopolio "legittimo" della forza; follia nelle conseguenze, perchè - se non è totale e sterminatrice (hanno fatto un deserto e l'hanno chiamato pace) - alimenta nelle vittime l'odio, la disperazione ed ulteriori e più feroci azioni di terrore. 
   Di fronte alla follia del terrorismo ed alla doppia follia della guerra l'unica risposta possibile è la mobilitazione: una grande e determinata mobilitazione pacifista e nonviolenta. La mia proposta è di sospendere da parte del movimento per la pace e la giustizia globale - gandhianamente - tutte le iniziative di contestazione in programma per i prossimi mesi e di concentrare tutti gli sforzi in un nostro grande appuntamento di massa: la Marcia per la pace Perugia-Assisi del 14 ottobre prossimo. 
   Se ciò non basterà a fermare la follia, bisognerà passare all'obiezione di coscienza, alla disobbedienza civile ed all'azione diretta nonviolenta, attive e diffuse.
   E questo è il compito di tutte le donne e gli uomini costruttori di pace.
 
   Disarmo militare
   In questi cinquanta anni "di pace" decine e decine di guerre hanno insanguinato tutti gli angoli del globo, causando milioni di morti. Gli Stati Uniti sono stati coinvolti, direttamente o indirettamente, nella maggior parte di esse: popolazioni civili in tutte le parti del mondo - dalla Corea al Vietnam, dall'Irak alla Yugoslavia - hanno visto le bombe americane cadere sulle loro teste, distruggere le loro città, annientare le loro economie. O sparare le armi occidentali vendute indiscriminatamente a tutti i paesi in guerra.
   La difesa degli interessi economici e strategici dell'Occidente ha visto sempre di più - con un'accelerazione dopo la fine della guerra fredda - l'uso della guerra calda per conseguire e mantenere il dominio ed il privilegio. Ciò è causa di disperazione, odio, desiderio di vendetta di molte genti verso l'Occidente in generale e gli Stati Uniti in particolare. E l'odio genera odio, la vendetta genera vendetta in una spirale senza uscita fino all'uso, folle ma possibile, - e già sperimentato proprio dagli americani - da parte di qualcuno della bomba atomica.
   Ed allora solo il disarmo ci può salvare, solo la ripresa di una lotta antica ("disarmo, vocabolo d'un tempo" dice Pietro Ingrao su il manifesto del 16 settembre), contro tutti gli eserciti e tutte le guerre. E' quanto hanno proclamato, ignorati dai più, i 3.000 marciatori della Marcia nonviolenta del 24 settembre 2000; è quanto va recuperato oggi più che mai in questo momento di follia.    
    E questo è il compito di tutti gli amici della nonviolenza.
 
   Disarmo economico
   Noi che viviamo "sicuri nelle nostre tiepide case" (E.Levi Se questo è un uomo), come potevamo pensare di poter continuare ancora a lungo nella nostra sicurezza, quando sperperiamo avidamente, da soli, le risorse naturali, energetiche ed economiche dell'umanità intera? Quale sicurezza ci siamo illusi essere possibile continuando a spartirci, nell'opulento Occidente, l'86 % delle risorse di tutti; costringendo alla morte, nel silenzio e nel buio delle televisioni, 30.000 bambini al giorno per fame?  Quali misure di sucurezza possiamo innalzare, quali armi possiamo inventare, a difesa di un mondo nel quale 220 persone possiedono una ricchezza pari al prodotto globale lordo della metà più povera dell'umanità? I peggiori regimi tirannici della storia sono stati spazzati via per molto meno.
   Ed allora ecco, di fronte a questa follia, la giusta ribellione dei popoli di Seattle e di Porto Alegre, che si salda alla ribellione dei contadini indiani, dei sem terra brasiliani e degli indios messicani. Ecco la lotta per resistere alla violenza strutturale, della quale la violenza diretta della guerra è la difesa, e per costruire un'economia sobria, giusta e sostenibile. E realizzare per questa via, finalmente, un mondo in cui tutti abbiano diritto ad una vita dignitosa e libera dalla fame, dalla guerra e dallo sfruttamento. 
   Ma, attenzione, i fatti di questi giorni ci ammoniscono, ancora una volta, che solo la nonviolenza dei fini  e dei mezzi - alternativa radicale alla violenza strutturale dell'ingiustizia e alla violenza diretta della guerra - è la strada da percorrere. Ogni altra strada, si sa dove inizia ma non si sa dove conduce.  
   E percorre questa strada, oggi, è il compito dei lillipuziani.
 
   Pasquale Pugliese
   Reggio Emilia
17 settembre 2001
  
 
 
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La nonviolenza è il punto della tensione più profonda del sovvertimento di una società inadeguata.
  
Aldo Capitini
 
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