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cosa fanno i pacifisti americani?
- Subject: cosa fanno i pacifisti americani?
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>
- Date: Mon, 17 Sep 2001 07:43:39 +0200
Ciao a tutti,inserisco questo scambio di e-mail fra me e Sabrina Fusari, traduttrice di PeaceLink (nonche' di libri di Chomsky) e buona conoscitrice del panorama sociale e culturale americano. In coda trovate un messaggio di Francesco Iannuzzelli sulla manipolazione dei sondaggi negli Usa.
A.M. MESSAGGIO DI ALESSANDRO MARESCOTTIMostruoso: l'85% degli americani e' favorevole ad azioni militari e di essi il 75% ritiene che le ritorsioni vadano intraprese anche se implicano vittime innocenti.
E' apparso oggi su Televideo.Il primo moto che ho provato e' stato di disgusto, al pari di quelli che ballavano dopo l'attentato. Poi ho pensato che la fetta di americani che ha ancora la testa sulle spalle deve essere aiutata. Dobbiamo far sentire la loro voce. Ti invito Sabrina a dare un'occhiata su www.peacenet.org e su www.igc.org per vedere se vi sono voci di pace e di ragionevolezza che si levano - via Internet - dagli Usa. I nostri cugini pacifisti che dicono?
RISPOSTA DI SABRINA FUSARI (safusar at tin.it)Mi poni un quesito difficilissimo, e la risposta, me ne rendo conto, potrebbe prestarsi a molti fraintendimenti.... Perdonatemi la lunghezza della mail ma vorrei cercare di spiegare questo fenomeno in un modo almeno decente (esauriente non posso essere: forse non basterebbe neanche un libro e di sicuro non basterebbero le conoscenze che ho. Tenete poi conto che io stessa sono stata piuttosto sconvolta dall'evento, e anche se non mi è bastato per abbandonare o attenuare il mio credo pacifista, ho passato alcuni giorni di dolore e rabbia veramente forti. Conosco alcune persone che sono negli USA - per fortuna non erano sul luogo degli attentati, ma ci sono amici di amici di cui ancora non si sa nulla. Una mia amica è tornata in Italia giusto pochi giorni prima. Quindi è una cosa che mi ha toccato molto, ma cerco di risponderti lo stesso in modo obiettivo). Nel leggere l'imbarazzo dei pacifisti statunitensi, noi europei sembriamo non capire un dettaglio non trascurabile: contrariamente a noi europei, gli USA la guerra e la distruzione l'hanno sempre vista solo al TG o sui giornali. Anche noi che siamo relativamente giovani non abbiamo mai visto la guerra dal vivo, grazie al Cielo, ma in Europa è una realtà vicina sia nella memoria (tutti abbiamo un papà o un nonno che a vario titolo ha partecipato alla seconda guerra mondiale) sia nella geografia (la Serbia, la Croazia e la Bosnia sono subito lì girato l'angolo). Molti americani hanno fatto la seconda guerra mondiale o la guerra del Vietnam o la guerra di Corea, ma sapevano che a casa tutto era tranquillo. Quindi il loro concetto di "war" è diverso dal nostro concetto di "guerra" (spero di essere stata chiara: non vorrei che suonasse come la solita ovvietà alla Bruno Vespa. Intendo dire che c'è proprio un clash culturale nell'intendere questo concetto). E in un certo senso è diverso anche per i pacifisti statunitensi, che pure hanno una maggiore empatia in relazione a queste cose: ma, malgrado la prospettiva più ampia che possono avere nell'analisi individuale del fatto, vivono in una società che ha subito un attacco diretto per la primissima volta. Non possono, temo, non esserne condizionati. Penso che nessuno si aspettasse che da un momento all'altro arrivasse uno scenario di guerra a Downtown-Manhattan, e men che meno al Pentagono (ma forse lo shock è dovuto più a Manhattan che al Pentagono, questa almeno è la mia impressione. Le Twin Towers sono un orgoglio nazionale come per gli italiani il Colosseo, con la differenza che al Colosseo non ci lavorano decine di migliaia di persone). Forse sembra sociologia da strapazzo, ma nessun italiano si sognerebbe di fare un film dove il Colosseo viene disintegrato da un attacco extraterrestre: invece in Independence Day, questa scena della distruzione di Manhattan c'era. Fare un film come Independence Day è un modo per esorcizzare le paure, ma anche un modo per dire "tranquilli, è un film, tanto a noi non può succedere e cmq, anche nel film, abbiamo vinto nel giro di un giorno". Gli europei dei film del genere non li fanno perché purtroppo, nella loro memoria storica, il bombardamento di Roma o di Londra è esistito, e quindi non è "fiction", e non sarebbe così interpretato dal pubblico: non è solo perché non avremmo i soldi per pagare gli effetti speciali. Per gli americani, è come se un incubo, il peggiore, si fosse trasformato in realtà. Per capire come si sente questa gente, bisogna concentrarsi per qualche minuto e pensare come ci sentiremmo noi se, in un pomeriggio, fossero stati dirottati 3 aerei dell'Alitalia carichi di nostri concittadini e uno si fosse schiantato contro il Colosseo tirandosi dietro tutta via Cavour; uno si fosse schiantato contro il Ministero della Difesa e l'altro fosse caduto fuori Roma proprio prima di schiantarsi contro Palazzo Chigi. Solo così si può capire - e anche qui, solo in parte - come si sentono gli americani. Sono tutti sconvolti, specialmente poi l'uomo della strada che, contrariamente all'intellettuale o al pacifista convinto, di solito non occupa gran parte del suo tempo leggendo che succede ad Israele o in Bosnia o altrove (gli USA sono un paese, non dimentichiamolo, dove molta gente pensa che l'Italia sia in Sudamerica: insomma, ma conoscenza media della geopolitica è su livelli bassini). La maggior parte della gente, per quanto strano possa sembrare, non ha idea di quali possano essere le cause profonde che hanno portato ad una simile catastrofe. Non tutti fanno il collegamento con la condizione mediorientale, e non lo sentono neanche alla TV perché la CNN (la rete più seguita) ne parla poco.
At 16.07 16/09/2001 +0200, Alessandro Marescotti wrote:Mostruoso: l'85% degli americani e' favorevole ad azioni militari e di essi il 75% ritiene che le ritorsioni vadano intraprese anche se implicano vittime innocenti.
Confermo. Ma considera che il popolo americano tende ad essere molto compatto in certe circostanze. La bipartisanship è questo concetto, non quello di cui chiacchieravano tempo fa Rutelli e Berlusconi sul fattaccio di Venezia: è l'idea in base a cui, quando la Nazione è minacciata, stiamo tutti col Presidente. Non chiedermene la ragione sociologica, però davanti a quello che viene percepito come un attacco (e se ci pensi, pur non conoscendosene l'attore, è un atto di guerra), purtroppo in un contesto come quello statunitense è normale che, dal momento in cui il Presidente si è dichiarato così totalmente pro conflitto, l'opzione pacifista (cioè reagire sì, ma non con altra violenza bruta, bensì con la ragione) abbia la peggio. Cerco di non fare della realpolitik alla Luttwak, Dio me ne scampi, ma purtroppo la realtà della reazione pubblica statunitense è questa. In due frasi, è così: non si può non reagire, e se la reazione dev'essere guerra, guerra sia. Oggi il New York Post aveva un bel titolone con scritto "WAR" e la gente se lo leggeva amenamente al Central Park (ho visto le immagini alla tv), mostrando che non c'è una totale comprensione di cosa può portare una guerra su tutti i fronti come vorrebbe Bush (migliaia di morti tra i giovani occidentali, o addirittura una bomba atomica con 3 miliardi di vittime, ecc. ecc.), ma l'idea generale è che comunque bisogna farla, perché "siamo americani", ed essere americani comporta anche questo seguire il Presidente, quando la situazione è davvero grave. Questo, chiaramente, NON significa che tutti gli americani siano improvvisamente diventati dei guerrafondai, oppure che siano tutti dei pecoroni acritici che seguono in Presidente anche a costo della vita. Significa solo che gli americani in generale pensano che bisogna fare qualcosa e siccome il Presidente dice che questa cosa è la guerra, per essere fedeli all'America, bisogna farlo. Ovviamente parlo dell'uomo della strada, non di Chomsky, né di Herman né di altri grossi intellettuali e/o pacifisti che certamente si pongono il problema più in profondità. Non vorrei suonare paternalistica, visto che non mi ritengo affatto in grado di giudicare il popolo americano, così come non giudicherei nessun popolo: però gli statunitensi sono legati da sempre ad un'idea di Nazione diversa da tutte le idee di Nazione europee. Per gli statunitensi, essere "America" significa per prima cosa essere " a city upon a hill, the eyes of all people are on us", un concetto chiave che discende dai Padri Fondatori (John Winthrop, per la precisione) che sta ad indicare l'idea, insita non già negli sciovinisti più radicali, ma nell'americano medio, per cui l'America è cmq un faro al quale gli occhi di tutto il mondo guardano. Sono convinta che molta gente comune, pur essendo contro la guerra, e pur capendo benissimo a cosa può portarci il conflitto (Bush parla già di attacco di terra, e si sa bene che l'attacco di terra costerà dei morti, potenzialmente moltissimi), risponda "Sì" ai quesiti del sondaggio pensando che "the city upon a hill" non può "lasciar correre", neanche volendo. E nelle menti di molta gente, ora, qualunque opzione che non sia "war" è "lasciar correre". Penso che vada imputato al drammatico shock inflitto alla società civile USA in questi giorni.
>Il primo moto che ho provato e' stato di disgusto, al pari di quelli che ballavano dopo >l'attentato.
Ma guarda che, vista da una prospettiva made-in-USA, anche il "Glory Glory Alleluja" della funzione solenne aveva un che di inquietante. Specie nella coreografia data dalla CNN - dal vero non lo so - sulla mestizia prevaleva un senso di patriottismo che sforava sul nazionalismo. Per non parlare di certe scene piuttosto sconvolgenti al cosiddetto "Mural of Hope" (gente che inneggia alla vendetta, e non solo gli WASPs, anche gente delle minoranze - se però ti può consolare, qualcuno cantava anche "Blowing in the Wind", non so però quanti fossero). Per non parlare poi del canto "USA-USA-USA" che viene inneggiato parecchie volte dalla folla in questi giorni. Quasi tutti si sono comprati una bandiera degli USA o anche più di una e perfino gli operai al lavoro tengono la bandierina sul caschetto (non so se hai notato alla tv). Anche qui, va fatto un distinguo: il nazionalismo americano è diverso da quello europeo. Non tutti quelli che si sono comprati la bandiera degli USA saranno per la guerra, ma è vero che in questo momento c'è una forte e pericolosa analogia tra senso della Nazione e guerra (e direi che ho pochi dubbi sul fatto che sia stata fomentata in primo luogo da Bush). In un certo senso, fanno la stessa cosa che facevano i serbi sotto le bombe: sventolano le bandiere e si stringono attorno al leader del loro popolo. Ed è tristissimo notare che tutto ciò implichi un sentimento pro-guerra di massa, ma cmq bisogna anche capire che gli USA non si sono mai trovati davanti ad uno sfacelo del genere in casa propria, e non pensavano che sarebbe stato possibile (una delle frasi più comuni di questi giorni è "these things just don't happen in America", che indica che la gente ancora non ci vuole credere): penso che sia normale, come reazione iniziale, che la gente sia sconvolta al massimo grado e non ragioni sulle tragiche conseguenze dell'azione che vuole intraprendere Bush.
>Poi ho pensato che la fetta di americani che ha ancora la testa sulle spalle deve essere >aiutata. Dobbiamo far sentire la loro voce. >Ti invito Sabrina a dare un'occhiata su www.peacenet.org e su www,igc.org per vedere se vi >sono voci di pace e di ragionevolezza che si levano - via Internet - dagli Usa.
La cosa incredibile - se vuoi guardaci anche tu - è che il sito non è stato aggiornato. Di conseguenza, non c'è nulla sul disastro, né sulle reazioni che ne sono conseguite. Quasi che questi si vergognassero di essere pacifisti. La cosa, devo ammetterlo, un po' mi sconvolge, ma va letta sul background di questa compattezza tipicamente statunitense nei casi di emergenza nazionale. Cmq ci sono siti tradizionalmente pacifisti che sono stati aggiornati, tipo www.antiwar.com, e qui si trovano articoli presi un po' dappertutto. Si parla un po' di "war hysteria", ma tutto sommato i commenti non ci sono. Insomma, noto quasi un senso di imbarazzo ad essere pacifisti, anche se non so dirti quanto questo imbarazzo sia generalizzato (parecchio, però, temo).
>I nostri cugini pacifisti che dicono?Posso mandarti questa e-mail di Richard Walton, ex giornalista ed amico di Djordje:
From: "Richard Walton" Date: Wed, 12 Sep 2001 09:16:33 -0400 To: safusar at tin.it Subject: War on Terrorism As Successful as War on Drugs X-Mailer: MR/2 Internet Cruiser Edition for Windows v2.22w/22 (Unregistered) Hi, Sabrina: Thanks for your note. I'm sure Italian TV is keeping you up to date. What follows is my view. Hope all is well with you. Peace. Richard. Hi: I think the War on Terrorism will be just about as successful as the War on Drugs if it, too, concentrates on symptoms rather than causes. In the many hours of coverage I watched yesterday, I don't think I ever heard anyone ask WHY men are willing to give up their lives and commit acts that they must know are terrible. If the leader of these brutes is indeed Bin Laden, or someone like him, it seems obvious that one basis for this terrorism is their perception that the United States is taking the side of Israel in the struggle between Israel and the Palestinians. Why that was never discussed I cannot say. Until peace comes to the Israel-Palestine region, there will be, as yesterday's horror demonstrated, no peace anywhere ... and I don't think that there can be peace in that area if the U.S. takes the part of one side. The main responsibility for peace of course rests with the Israelis and Palestinians, and both sides have done terrible things. But both must realize that their only security is peace. And there and here, violence begets violence. Peace. Richard Walton. P.S. Now, as many times in the past 24 hours, tears are running down my cheeks at the lives lost, those of passengers on those planes, people in those buildings and those of the brave men and women in the fire and police departments who put themselves in harm's way. "When they come for the innocent without crossing over your body, cursed be your religion and your life." Anon. But often quoted by Dorothy Day. ----------------------------------------------------------- "Richard Walton" -----------------------------------------------------------Se vuoi posso chiedergli ulteriori informazioni. Ho tolto l'indirizzo per motivi di privacy, casomai tu mettessi l'e-mail in Lista, ma cmq Richard è anche mio amico e chi lo vuole può avere privatamente il suo indirizzo (siccome ultimamente non so più chi siamo dentro la Lista, non perché ci sia qualcuno che voglio escludere). Cmq la sua idea è la stessa che ho io: se si vuole davvero fare "una guerra al terrorismo", bisognerebbe concentrarsi sulle cause piuttosto che sui sintomi. E penso che sia questo che, come pacifisti, dobbiamo chiedere.
Ciao, Sabrina MESSAGGIO DI FRANCESCO IANNUZZELLI Potrebbe benissimo essere che i sondaggi siano falsi e pilotati i sondaggi del new york times (e' questa la fonte http://www.nytimes.com/2001/09/16/national/16POLL.html) sono notoriamente "pilotati"; il campione (circa un migliaio di persone) viene si' scelto a caso, ma il trucco consiste nel modo e nella sequenza in cui vengono fatte le domande, che infatti nonviene riportata facendo una semplice ricerca su internet si scopre come in molti in
piu' occasioni abbiano criticato il nytimes per la palese strumentalizzazione dei sondaggi effettuati ad arte non e' certo una cosa nuova, succede anche dalle nostre parti, pero' pare che quelli del nytimes siano maestri Le immagini dei palestinesi in festa? Che siano d'archivio? C'e' chi dice che siano immagini del 91 ai tempi dell'invasione del kuwait. Da piu' parti cnn e reuters sono state accusate di aver intenzionalmente montato le immagini per far vedere i palestinesi in festa, usando filmati di archivio relativi al 91; questa pero' e' solo una congettura di un docente brasiliano, diffusa in rete da un suo studente, che pero' non e' in grado di provare quanto sostiene (cioe' che i video fossero del 91); vi segnalo pero' un articolo interessante che spiega in maniera piu' articolata la vicenda http://www.electronicintifada.org/coveragetrends/rejoicing.html e dal quale e' possibile capire un po' meglio come vanno le cose in palestina in questi giorni ciao francesco francesco iannuzzelli francesco at href.org associazione peacelink - sez. disarmo http://www.peacelink.it/tematiche/disarmo
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