Dalla strage negli USA a una nuova convivenza mondiale



Dalla strage negli USA a una nuova convivenza mondiale

Di fronte alla strage disumana compiuta negli Stati Uniti l'orrore e
l'indignazione sono i sentimenti che immediatamente prevalgono in ognuno di
noi, accanto alla più ferma condanna per atti che non possono trovare
alcuna giustificazione. Questi crimini colpiscono l'umanità intera perché
lacerano e feriscono la natura umana che c'è in ciascuno di noi.
Ora, a qualche giorno di distanza da avvenimenti tanto tragici, occorre
saper riflettere sulle cause che possono portare a gesti tanto disperati e
gravi, perché poi le risposte che la comunità internazionale dovrà porre in
essere dipenderanno proprio dall'analisi che sapremo fare.
Se, come purtroppo la maggiorparte dei politici, dei giornalisti e delle
persone di potere hanno affermato in questi giorni, si cercherà di spiegare
tutto col fanatismo religioso, con la lotta fra il bene e il male, con lo
scontro fra la civiltà da una parte e la barbarie dall'altra, allora
sembrerà normale una risposta militare e violenta, sembrerà normale
restringere le libertà individuali in nome della sicurezza, sembrerà
normale vedere in ogni mediorientale un possibile terrorista, sembrerà
normale reprimere ogni forma di dissenso e di critica al sistema
occidentale in nome della necessità di far fronte comune contro il nemico
esterno. In questa logica si spiega l'irresponsabile e ridicola proposta,
avanzata da un personaggio inquietante come Cossiga, di celebrare subito un
nuovo incontro dei G8 in Italia, proposta purtroppo fatta propria dal
presidente Berlusconi ma per fortuna accantonata subito dagli stessi Stati
Uniti.
L'analisi di quanto avvenuto in questi giorni mi pare debba essere molto
più profonda.
È certamente giusto cercare di individuare i colpevoli di questa tremenda
strage e renderli incapaci di nuocere ancora: questo deve essere fatto,e
con urgenza. Ma occorre anche cercare di capire il loro scopo e la molla
che li ha spinti ad agire così. Capire non significa giustificare: non c'è
giustificazione alcuna per la violenza omicida e premeditata. Ma non basta
annientare chi l'ha progettata e messa in atto, se non si estirpa del tutto
il seme dell'odio. Che qualcuno abbia potuto far festa per questa strage è
un pensiero che ci fa inorridire, ma è l'inquietante segnale di un mondo
diviso: perciò occorre cercar di capire, ascoltando tutti, soprattutto
coloro che sono o si sentono vittime dello strapotere simboleggiato dagli
obiettivi che sono stati colpiti, Manhattan e quindi il potere economico,
il Pentagono e quindi il potere militare, la Casa Bianca, scampata dalla
strage, il potere politico.
Occorre dare all'Occidente un volto amichevole e solidale verso il resto
del mondo: una nuova e reale sicurezza non nascerà dal rafforzamento
militare della cittadella assediata, né dalla ferocia delle ritorsioni, ma
da un ritrovato senso della giustizia, e dall'acquisizione di strumenti non
distruttivi per la gestione dei conflitti, anche i più gravi, anche i più
tragici.
Chi compie azioni di questo genere in nome dell'Islam bestemmia Allah
esattamente come bestemmiavano i cristiani che si lanciavano in tante
"guerre sante", anche in tempi recenti.
Perchè meravigliarsi che qualcuno cerchi di guadagnarsi il paradiso
nell'aldilà con azioni terroristiche, quando il paradiso in terra promesso
dal capitalismo neoliberista è, per oltre i quattro quinti dell'umanità, un
miraggio che si allontana, lasciando il posto ad un inferno fatto di
sfruttamento economico, disastri ambientali, collasso sociale, violenza
endemica? Perchè stupirsi se c'è chi si addestra alla guerra santa, quando
gli anni novanta sono stati utilizzati dalle potenze occidentali per ridare
legittimità e dignità alla guerra come valido strumento di risoluzione
delle controversie internazionali? Queste sono le domande che dovremmo
porci, questi i temi su cui chiedere al popolo degli Stati Uniti di
riflettere, se veramente ci consideriamo loro amici. Gli Usa, e con loro
l'intero Occidente, devono imparare a guardarsi allo specchio se vogliono
veramente capire come si è arrivati alla tragedia di questi giorni. Il
"brodo di cultura" in cui il terrorismo si è sviluppato è il loro stesso
sistema economico, non il movimento "anti-global" come gli ideologi di
regime stanno già cominciando a dire.
È la disperazione che genera la massa critica sufficiente per una follia di
così grande portata. E la disperazione è la condizione di milioni di
poveri, di diseredati, di oppressi. Popoli devastati e depredati dal
colonialismo del Primo Mondo che forniscono braccia e consenso al
terrorismo. Popoli che hanno visto milioni di loro fratelli morire, essere
trattati come bestie. Popoli spogliati di tutto, dalle loro materie prime
alla loro cultura.
Non è vero che di qua c'è la civiltà e di là c'è la barbarie.
Quando gli Stati Uniti bruciavano vivi col Napalm migliaia di bambini
vietnamiti colpevoli solo di vivere in un paese comunista, dove era la
civiltà e dove la barbarie?
Quando gli Stati Uniti organizzavano le scuole di tortura e repressione per
i militari golpisti Latino-americani, che poi puntualmente mettevano in
pratica gli insegnamenti ricevuti uccidendo, facendo sparire e torturando
centinaia di migliaia di donne, bambini, anziani, dove era la civiltà e
dove la barbarie?
Quando i bombardamenti della NATO, Italia compresa, uccidevano 100-200 mila
iracheni colpevoli solamente di avere come capo un dittatore che solo pochi
anni prima era sostenuto politicamente, economicamente e militarmente dalla
NATO stessa perché difendeva gli interessi occidentali contro il fanatismo
musulmano di Komeini, dove era la civiltà e dove la barbarie?
Quando più di mezzo milione di bambini iracheni venivano uccisi in 10 anni
dall'embargo proclamato dai paesi occidentali, dove era la civiltà e dove
la barbarie?
Quando la NATO giocava al tiro al bersaglio da 10 mila metri di altezza
uccidendo a migliaia serbi e kossovari e spegnendo la speranza che dieci
anni di resistenza nonviolenta aveva alimentato, dove era la civiltà e dove
la barbarie?
Quando da più di 50 anni 4 milioni di Palestinesi sono costretti a vivere
nei campi profughi perché cacciati dalla loro terra senza che nessuno muova
un dito, mentre per molto meno (Kuwait, Kossovo) si è messo a disposizione
l'intero apparato bellico delle potenze occidentali, dov'è la civiltà e
dove la barbarie?
Quando decine di migliaia di Kurdi sono uccisi, torturati, imprigionati
senza che la NATO muova un dito solo perché il governo che uccide, tortura,
imprigiona, quello turco, fa parte della NATO stessa, dov'è la civiltà e
dove la barbarie?
Quando ogni giorno 100 mila persone muoiono di fame, malattie, guerre
spesso causate dalle politiche neoliberiste occidentali che la
globalizzazione vorrebbe estendere all'intero pianeta, quando con il
consenso dei governi occidentali gli aggiustamenti strutturali del Fondo
Monetario Internazionale e le politiche monetarie e commerciali della Banca
Mondiale e dell'Organizzazione Mondiale del Commercio costringono alla
miseria e alla disperazione milioni di persone, dov'è la civiltà e dove la
barbarie?
Quando 8 paesi al mondo pretendono di decidere le sorti del resto
dell'umanità e con il loro braccio armato, la NATO, si arrogano il diritto
di decidere quando e contro chi è giusto bombardare, togliendo forza e
legittimità all'unico organismo internazionale che ce l'ha, l'ONU, dov'è la
civiltà e dove la barbarie?

Quando l'altra sera anch'io partecipavo alla fiaccolata per esprimere
l'orrore e lo sdegno per la strage, camminavo non solo per le migliaia di
vittime provocate in questi giorni dal terrorismo negli Stati Uniti ma
anche per i Palestinesi, per i Kurdi, per gli Africani, per i popoli
Latino-americani, per tutti i popoli e le persone della terra che sono
privati della dignità di esseri umani. La vita di un Palestinese, di un
Kurdo, di un Iracheno, di un Africano o di un Latino-americano ha lo stesso
valore di quella di uno Statunitense. Occorre allora avere la forza di
indignarsi sempre di fronte alla barbaria, perché civiltà e barbarie sono
in ogni popolo e in ognuno di noi. Quando prevale la nonviolenza, la
giustizia, la convivenza, la solidarietà, è la civiltà che prevale, quando
la parola è alla repressione, alle armi, alla violenza, è la barbarie che
prevale.

C'è infine un aspetto che fa riflettere in questa vicenda: il gigantesco
sistema militare che è stato messo in piedi in 50 anni dalla NATO, basato
su migliaia di testate nucleari, carriarmati, armamenti chimici e
batteriologici, bombardieri e cannoni, è stato messo in ginocchio e
ridicolizzato non da un attacco nucleare di una superpotenza ma da alcuni
coltellini da boy-scout.
Se anche solo una piccolissima parte delle risorse economiche e di persone
che sono state sprecate in questi anni fosse stata impiegata per consentire
a tutti di disporre di acqua, cibo, casa, salute e lavoro, gran parte dei
problemi dell'umanità sarebbero stati risolti e la sicurezza del mondo
sarebbe molto maggiore di quanto sia oggi. Ridicolo ci appare oggi il
progetto di "Scudo stellare": speriamo che almeno quanto avvenuto serva per
accantonarlo definitivamente.
Occorre allora affermare con chiarezza che chiunque ancora oggi propugni la
tesi che possa esistere una "violenza giusta" è esso stesso complice degli
assassini, e mette in pericolo il futuro dell'umanità, che chiunque non
abbia capito che l'uccidere anche un solo essere umano equivale ad
affermare la liceità di ucciderci tutti, costui coopera alla fine del mondo.
E mentre condanniamo senza appello la strage dell'11 settembre, condanniamo
ugualmente ogni proposito di vendetta o pretesa di fare giustizia con le
armi da parte del governo degli Stati Uniti e dei suoi alleati. L'indagine
ed il giudizio sui responsabili di un tale crimine internazionale che
offende tutta l'umanità compete all'ONU nelle sue legittime istituzioni.
Per questo motivo mi sento di fare mio l'appello che circola in questi
giorni che dice:
"Signor Presidente della Repubblica,
La supplico di agire perché alla strage disumana compiuta negli Stati Uniti
nessuno risponda con la vendetta militare. Proprio perché quel crimine
colpisce tutta l'umanità, deve essere un tribunale che rappresenta l'intera
comunità dei popoli umani a compiere le indagini ed emettere il giudizio
con tutte le garanzie giuridiche. Ad un crimine, per quanto grande, non si
risponde con la guerra. La guerra non sarebbe un giusto giudizio penale,
nella luce della ragione, della morale e della legge, ma un nuovo crimine
che spingerebbe ulteriormente il mondo nel buio mortale dell'odio e della
distruzione. In nome della vita e della civiltà, nell'ora del massimo
pericolo, La supplico di scongiurare la guerra con l'impegnativa autorità
che Le dà la nostra Costituzione pacifica. Se l'Italia sarà in guerra, io
non ci sarò."



Luciano Benini