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Dalla strage negli USA a una nuova convivenza mondiale
- Subject: Dalla strage negli USA a una nuova convivenza mondiale
- From: "Luciano Benini" <lucben at libero.it>
- Date: Mon, 17 Sep 2001 00:08:35 +0200
Dalla strage negli USA a una nuova convivenza mondiale Di fronte alla strage disumana compiuta negli Stati Uniti l'orrore e l'indignazione sono i sentimenti che immediatamente prevalgono in ognuno di noi, accanto alla più ferma condanna per atti che non possono trovare alcuna giustificazione. Questi crimini colpiscono l'umanità intera perché lacerano e feriscono la natura umana che c'è in ciascuno di noi. Ora, a qualche giorno di distanza da avvenimenti tanto tragici, occorre saper riflettere sulle cause che possono portare a gesti tanto disperati e gravi, perché poi le risposte che la comunità internazionale dovrà porre in essere dipenderanno proprio dall'analisi che sapremo fare. Se, come purtroppo la maggiorparte dei politici, dei giornalisti e delle persone di potere hanno affermato in questi giorni, si cercherà di spiegare tutto col fanatismo religioso, con la lotta fra il bene e il male, con lo scontro fra la civiltà da una parte e la barbarie dall'altra, allora sembrerà normale una risposta militare e violenta, sembrerà normale restringere le libertà individuali in nome della sicurezza, sembrerà normale vedere in ogni mediorientale un possibile terrorista, sembrerà normale reprimere ogni forma di dissenso e di critica al sistema occidentale in nome della necessità di far fronte comune contro il nemico esterno. In questa logica si spiega l'irresponsabile e ridicola proposta, avanzata da un personaggio inquietante come Cossiga, di celebrare subito un nuovo incontro dei G8 in Italia, proposta purtroppo fatta propria dal presidente Berlusconi ma per fortuna accantonata subito dagli stessi Stati Uniti. L'analisi di quanto avvenuto in questi giorni mi pare debba essere molto più profonda. È certamente giusto cercare di individuare i colpevoli di questa tremenda strage e renderli incapaci di nuocere ancora: questo deve essere fatto,e con urgenza. Ma occorre anche cercare di capire il loro scopo e la molla che li ha spinti ad agire così. Capire non significa giustificare: non c'è giustificazione alcuna per la violenza omicida e premeditata. Ma non basta annientare chi l'ha progettata e messa in atto, se non si estirpa del tutto il seme dell'odio. Che qualcuno abbia potuto far festa per questa strage è un pensiero che ci fa inorridire, ma è l'inquietante segnale di un mondo diviso: perciò occorre cercar di capire, ascoltando tutti, soprattutto coloro che sono o si sentono vittime dello strapotere simboleggiato dagli obiettivi che sono stati colpiti, Manhattan e quindi il potere economico, il Pentagono e quindi il potere militare, la Casa Bianca, scampata dalla strage, il potere politico. Occorre dare all'Occidente un volto amichevole e solidale verso il resto del mondo: una nuova e reale sicurezza non nascerà dal rafforzamento militare della cittadella assediata, né dalla ferocia delle ritorsioni, ma da un ritrovato senso della giustizia, e dall'acquisizione di strumenti non distruttivi per la gestione dei conflitti, anche i più gravi, anche i più tragici. Chi compie azioni di questo genere in nome dell'Islam bestemmia Allah esattamente come bestemmiavano i cristiani che si lanciavano in tante "guerre sante", anche in tempi recenti. Perchè meravigliarsi che qualcuno cerchi di guadagnarsi il paradiso nell'aldilà con azioni terroristiche, quando il paradiso in terra promesso dal capitalismo neoliberista è, per oltre i quattro quinti dell'umanità, un miraggio che si allontana, lasciando il posto ad un inferno fatto di sfruttamento economico, disastri ambientali, collasso sociale, violenza endemica? Perchè stupirsi se c'è chi si addestra alla guerra santa, quando gli anni novanta sono stati utilizzati dalle potenze occidentali per ridare legittimità e dignità alla guerra come valido strumento di risoluzione delle controversie internazionali? Queste sono le domande che dovremmo porci, questi i temi su cui chiedere al popolo degli Stati Uniti di riflettere, se veramente ci consideriamo loro amici. Gli Usa, e con loro l'intero Occidente, devono imparare a guardarsi allo specchio se vogliono veramente capire come si è arrivati alla tragedia di questi giorni. Il "brodo di cultura" in cui il terrorismo si è sviluppato è il loro stesso sistema economico, non il movimento "anti-global" come gli ideologi di regime stanno già cominciando a dire. È la disperazione che genera la massa critica sufficiente per una follia di così grande portata. E la disperazione è la condizione di milioni di poveri, di diseredati, di oppressi. Popoli devastati e depredati dal colonialismo del Primo Mondo che forniscono braccia e consenso al terrorismo. Popoli che hanno visto milioni di loro fratelli morire, essere trattati come bestie. Popoli spogliati di tutto, dalle loro materie prime alla loro cultura. Non è vero che di qua c'è la civiltà e di là c'è la barbarie. Quando gli Stati Uniti bruciavano vivi col Napalm migliaia di bambini vietnamiti colpevoli solo di vivere in un paese comunista, dove era la civiltà e dove la barbarie? Quando gli Stati Uniti organizzavano le scuole di tortura e repressione per i militari golpisti Latino-americani, che poi puntualmente mettevano in pratica gli insegnamenti ricevuti uccidendo, facendo sparire e torturando centinaia di migliaia di donne, bambini, anziani, dove era la civiltà e dove la barbarie? Quando i bombardamenti della NATO, Italia compresa, uccidevano 100-200 mila iracheni colpevoli solamente di avere come capo un dittatore che solo pochi anni prima era sostenuto politicamente, economicamente e militarmente dalla NATO stessa perché difendeva gli interessi occidentali contro il fanatismo musulmano di Komeini, dove era la civiltà e dove la barbarie? Quando più di mezzo milione di bambini iracheni venivano uccisi in 10 anni dall'embargo proclamato dai paesi occidentali, dove era la civiltà e dove la barbarie? Quando la NATO giocava al tiro al bersaglio da 10 mila metri di altezza uccidendo a migliaia serbi e kossovari e spegnendo la speranza che dieci anni di resistenza nonviolenta aveva alimentato, dove era la civiltà e dove la barbarie? Quando da più di 50 anni 4 milioni di Palestinesi sono costretti a vivere nei campi profughi perché cacciati dalla loro terra senza che nessuno muova un dito, mentre per molto meno (Kuwait, Kossovo) si è messo a disposizione l'intero apparato bellico delle potenze occidentali, dov'è la civiltà e dove la barbarie? Quando decine di migliaia di Kurdi sono uccisi, torturati, imprigionati senza che la NATO muova un dito solo perché il governo che uccide, tortura, imprigiona, quello turco, fa parte della NATO stessa, dov'è la civiltà e dove la barbarie? Quando ogni giorno 100 mila persone muoiono di fame, malattie, guerre spesso causate dalle politiche neoliberiste occidentali che la globalizzazione vorrebbe estendere all'intero pianeta, quando con il consenso dei governi occidentali gli aggiustamenti strutturali del Fondo Monetario Internazionale e le politiche monetarie e commerciali della Banca Mondiale e dell'Organizzazione Mondiale del Commercio costringono alla miseria e alla disperazione milioni di persone, dov'è la civiltà e dove la barbarie? Quando 8 paesi al mondo pretendono di decidere le sorti del resto dell'umanità e con il loro braccio armato, la NATO, si arrogano il diritto di decidere quando e contro chi è giusto bombardare, togliendo forza e legittimità all'unico organismo internazionale che ce l'ha, l'ONU, dov'è la civiltà e dove la barbarie? Quando l'altra sera anch'io partecipavo alla fiaccolata per esprimere l'orrore e lo sdegno per la strage, camminavo non solo per le migliaia di vittime provocate in questi giorni dal terrorismo negli Stati Uniti ma anche per i Palestinesi, per i Kurdi, per gli Africani, per i popoli Latino-americani, per tutti i popoli e le persone della terra che sono privati della dignità di esseri umani. La vita di un Palestinese, di un Kurdo, di un Iracheno, di un Africano o di un Latino-americano ha lo stesso valore di quella di uno Statunitense. Occorre allora avere la forza di indignarsi sempre di fronte alla barbaria, perché civiltà e barbarie sono in ogni popolo e in ognuno di noi. Quando prevale la nonviolenza, la giustizia, la convivenza, la solidarietà, è la civiltà che prevale, quando la parola è alla repressione, alle armi, alla violenza, è la barbarie che prevale. C'è infine un aspetto che fa riflettere in questa vicenda: il gigantesco sistema militare che è stato messo in piedi in 50 anni dalla NATO, basato su migliaia di testate nucleari, carriarmati, armamenti chimici e batteriologici, bombardieri e cannoni, è stato messo in ginocchio e ridicolizzato non da un attacco nucleare di una superpotenza ma da alcuni coltellini da boy-scout. Se anche solo una piccolissima parte delle risorse economiche e di persone che sono state sprecate in questi anni fosse stata impiegata per consentire a tutti di disporre di acqua, cibo, casa, salute e lavoro, gran parte dei problemi dell'umanità sarebbero stati risolti e la sicurezza del mondo sarebbe molto maggiore di quanto sia oggi. Ridicolo ci appare oggi il progetto di "Scudo stellare": speriamo che almeno quanto avvenuto serva per accantonarlo definitivamente. Occorre allora affermare con chiarezza che chiunque ancora oggi propugni la tesi che possa esistere una "violenza giusta" è esso stesso complice degli assassini, e mette in pericolo il futuro dell'umanità, che chiunque non abbia capito che l'uccidere anche un solo essere umano equivale ad affermare la liceità di ucciderci tutti, costui coopera alla fine del mondo. E mentre condanniamo senza appello la strage dell'11 settembre, condanniamo ugualmente ogni proposito di vendetta o pretesa di fare giustizia con le armi da parte del governo degli Stati Uniti e dei suoi alleati. L'indagine ed il giudizio sui responsabili di un tale crimine internazionale che offende tutta l'umanità compete all'ONU nelle sue legittime istituzioni. Per questo motivo mi sento di fare mio l'appello che circola in questi giorni che dice: "Signor Presidente della Repubblica, La supplico di agire perché alla strage disumana compiuta negli Stati Uniti nessuno risponda con la vendetta militare. Proprio perché quel crimine colpisce tutta l'umanità, deve essere un tribunale che rappresenta l'intera comunità dei popoli umani a compiere le indagini ed emettere il giudizio con tutte le garanzie giuridiche. Ad un crimine, per quanto grande, non si risponde con la guerra. La guerra non sarebbe un giusto giudizio penale, nella luce della ragione, della morale e della legge, ma un nuovo crimine che spingerebbe ulteriormente il mondo nel buio mortale dell'odio e della distruzione. In nome della vita e della civiltà, nell'ora del massimo pericolo, La supplico di scongiurare la guerra con l'impegnativa autorità che Le dà la nostra Costituzione pacifica. Se l'Italia sarà in guerra, io non ci sarò." Luciano Benini
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