Peace Now sugli attentati negli Stati Uniti



LO SCRITTORE ISRAELIANO

«Non è uno scontro tra religioni. Evitiamo il contagio del fanatismo»

di AMOS OZ *

Guardando con orrore e con dolore le choccanti immagini provenienti da New York e Washington, ci ricordiamo che l’ondata di fanatismo religioso e nazionalistico è in aumento in tutto il mondo islamico, dalle Filippine a Gaza, dalla Libia all’Algeria, dall’Afghanistan all’Iran, dall’Iraq al Libano e al Sudan. Qui in Israele ci siamo trovati particolarmente esposti a questa letale ondata di fanatismo: quasi ogni giorno siamo testimoni del legame esistente tra l’incitazione all’odio e le stragi, tra i sermoni religiosi che inneggiano alla Jihad e la loro realizzazione negli attentati suicidi e nelle auto bomba contro civili innocenti. Il fatto di essere vittime del fondamentalismo arabo e musulmano spesso ci rende ciechi e ci porta a ignorare la crescita di un estremismo sciovinistico e religioso non solo nell’area dell’Islam, ma in diverse parti del mondo cristiano e in realtà anche tra il popolo ebraico. Se dovesse risultare che questa terribile prova a cui l’America è stata sottoposta deriva dal fatto che fanatici mullah e ayatollah la dipingono, con insistenza, come «Il Grande Satana» - allora l’America, così come Israele, «Il Piccolo Satana», dovrà prepararsi ad affrontare una lunga e dura lotta.
Forse è solo umano che sotto choc e in preda al dolore alcuni di noi qui in Israele sentano una voce interiore che dice «adesso perlomeno tutti capiranno quello che stiamo passando» o «adesso finalmente tutti saranno dalla nostra parte».
Ma questa esile voce è estremamente pericolosa per noi: essa potrebbe facilmente indurci a dimenticare che con o senza il fondamentalismo islamico, con o senza il terrorismo arabo, non vi è alcuna giustificazione per l’occupazione e la repressione del popolo palestinese da anni attuata da Israele. Non abbiamo alcun diritto di negare ai palestinesi il loro diritto naturale alla autodeterminazione. Due immensi oceani non hanno potuto proteggere l’America dal terrorismo; la Cisgiordania e Gaza, territori occupati da Israele, certamente non rappresentano una difesa per Israele. Al contrario, rendono la nostra stessa autodifesa molto più difficile e complessa. Prima questa occupazione terminerà, meglio sarà per gli occupati e gli occupanti.
In questo momento è troppo facile e allettante cadere in uno dei tanti cliché razzisti sulla «mentalità musulmana» o sul «carattere arabo» e altre sciocchezze simili. L’orrendo crimine commesso contro New York e Washington ci ricorda chiaramente che questa non è né una guerra tra religioni, né una lotta tra nazioni. Si tratta, ancora una volta, di uno scontro tra fanatici per i quali il fine - qualunque fine, religioso, nazionalistico o ideologico - giustifica i mezzi e il resto di noi che attribuisce inviolabilità alla vita stessa.
Nonostante i deplorevoli festeggiamenti e le manifestazioni di gioia a Gaza e Ramallah mentre la gente a New York stava ancora bruciando viva, nessun rispettabile essere umano deve dimenticare che la grande maggioranza di arabi e degli altri musulmani non è né complice di questo crimine né si sta rallegrando per gli avvenimenti. Quasi tutti sono choccati e addolorati come il resto del genere umano. Forse hanno addirittura qualche motivo speciale per preoccuparsi dal momento che già si sentono circolare alcune inquietanti voci anti-islamiche. Tali manifestazioni non sono una giusta risposta a questo crimine. Al contrario, in questo modo fanno proprio il gioco dei loro esecutori.
Ricordiamoci: né l’Occidente, né l’Islam o gli arabi rappresentano «Il Grande Satana». «Il Grande Satana» è personificato dall’odio e dal fanatismo. Queste due vecchie malattie mentali ancora ci tormentano. Stiamo attenti a non farci contagiare.

* scrittore israeliano, fondatore del gruppo «Pace adesso», autore tra gli altri di «Michael mio», «Fima», «Lo stesso mare»

(fonte: Corriere della Sera 14/9/01)


«Noi nel terrore. Ma in Palestina...»

Scarabocchiato in fretta, col gesso rosso: «Ammazziamo i bastardi». E sotto, un’altra mano, in minuscolo, con un pennarello viola: «Mentre noi siamo qui sconvolti dal terrore che abbiamo visto oggi, donne e bambini danzano per le strade della West Bank, Palestina». Sono le parole dure di un odio che monta. Ma se l’America saprà distinguere tra vendetta e giustizia, l’enorme simpatia del mondo diventerà stima per sempre.

«Non linciamo i mediorientali»

Un girasole, una candela nella stagnola, un foglio di carta da pacchi incollato col nastro adesivo. La scritta dice: «Ricordate: atti isolati di pazzia non rappresentano una popolazione. Rispettate la gente del Medio Oriente come rispettereste chiunque». Viene spontaneo chiedersi chi lo avrà scritto, e quanto coraggio gli sia costato. Le rovine del World Trade Center, ridotte a una tomba comune, sono a poche fermate di metropolitana.

(fonte: Corriere della Sera 14/9/01)