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per conoscenza: Riflessioni su terrorismo internazionale
- Subject: per conoscenza: Riflessioni su terrorismo internazionale
- From: "Arianna Editrice" <arianed at tin.it>
- Date: Fri, 14 Sep 2001 12:39:19 +0200
Riceviamo e rilanciamo, per conoscenza, scritto di Alessandro Michelucci, rappresentante italiano della Associazione per i Popoli Minacciati e già direttore della rivista Pogrom ----- Original Message ----- From: alessandro michelucci <a.michelucci at facile.it> Sent: Friday, September 14, 2001 7:17 AM Subject: Riflessioni Cari amici, vi invio alcune riflessioni sui recenti attacchi terroristici che hanno colpiti gli Stati Uniti. Grazie per l'attenzione. Cordialmente Alessandro Micheluccu ---------------------------------------------------------------------------- ---- RIFLESSIONI DOPO GLI ATTENTATI CONTRO GLI STATI UNITI La tragedia è sotto gli occhi di tutti: gli attentati che per la prima volta hanno costretto gli Stati Uniti a vivere la parte di paese aggredito non possono che suscitare orrore, sde-gno, rabbia. Al tempo stesso, comunque, è necessaria una riflessione. Da una parte, è impos-sibile non provare dolore e solidarietà per il tragico destino di migliaia di vittime inno-centi. Dall'altra, però, è altrettanto impossibile sottoscrivere le servili affermazioni di tanti giornalisti e uomini politici, secondo i quali vittima degli attentati non sarebbero solo gli Stati Uniti, ma un intero concetto di civiltà che sarebbe anche la nostra. Questo è inaccettabile, perché a ben vedere la civiltà europea non ha nulla a che vedere con quella americana, che trova proprio nel rifiuto della prima uno dei propri fondamenti. E' proprio per imbrogliare le carte che si fa spesso uso del termine "Occidente", quasi che l'Europa e gli Stati Uniti fossero una cosa sola. Marcello Sorgi, direttore della "Stampa", si lascia trasportare dall'americanofilia più delirante e arriva a definire gli Stati Uniti "...guardiani dei diritti violati, [di] avversari delle sopraffazioni, [di] combattenti delle cause perdute (sic)". (La Stampa, 12 settembre). Parole talmente false che si commentano da sole. Evidentemente Sorgi dovrebbe chiedersi come mai i "guardiani dei diritti violati" sono i primi a violare i diritti degli Indiani, cittadini che invece dovrebbero proteggere; come mai in un paese go-vernato dagli "avversari delle sopraffazioni" venga tollerata l'esistenza del Ku Klux Klan; come mai i "combattenti delle cause perdute" non si impegnino a favore dei palestinesi, ma preferiscano schierarsi dalla parte di Israele. Alle parole di Sorgi fanno eco quelle di Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della sera, il quale scrive che "è tutta la civiltà sotto attacco" (Corriere, 12 settembre). Ma quale civiltà? Quella fondata sul primato del profitto, sulla devastazione dell'ambiente, sulla sistematica riduzione di qualunque rapporto sociale a rapporto commerciale? Sul con-sumo egoista e irresponsabile che minaccia di portare il pianeta al collasso? Sul ricatto economico e commerciale? In altre parole, sul diritto del più forte? No, caro De Bortoli, noi con questa civiltà non abbiamo né vogliamo avere nienete a che fare; se a lei piace, va bene, ma non per questo può pretendere che questa diventi ipso facto la nostra civiltà. Da tutto questo deriva un'altra considerazione. Sorgi e Bortoli sono due giornalisti, e per giunta i direttori dei più autorevoli quotidiani italiani. Nel loro caso, quindi, la disinformazione non può certo costituire un alibi. E' chiaro che sono al corrente delle tante iniziative minerarie, petrolifere e idroelettriche che minacciano vari popoli indigeni, e nelle quali il governo di Washington è coin-volto in modo evidente. Senza parlare delle migliaia di persone che soffrono ancor oggi le mostruose conseguenze degli esperimenti nucleari che gli Stati Uniti hanno effettuato nel Pacifico a partire dal 1946. O loro non contano? Erano solo carne da macello, da immolare sull'altare del "progresso" e dello "sviluppo"? Se è questi sono i valori della "civiltà" di cui Sorgi e De Bortoli cantano le lodi, questo significa che sono indirettamente complici dei crimini suddetti. Cosa che non solo non li turba, ma li rende orgogliosi. Un'altra riflessione necessaria è quella che riguarda le reazioni di certi palestinesi e libanesi, che hanno accolto con espressioni di giubilo la notizia della tragedia americana. Inutile dire che si tratta di reazioni inaccettabili. Però è bene ricordare che anche da noi, nella "civile" Europa bianca e filoamericana, molte persone hanno plaudito nel 1999 ai bombardamenti di Belgrado. Sono le stesse persone che non hanno mai avuto la benchè minima reazione davanti ai disastri ambientali che minacciano la sopravvivenza di tante comunità amerindiane; che trovano giusto costringere alla morte migliaia di bambini irakeni per effetto delle sanzioni americane; che nel 1986, quando Reagan bombardò Tripoli, non solo non fecero una piega, ma affermarono che si trattava di un'azione giusta. E allora: sono tanto diversi dai plaestinesi che applaudono gli attentati contro le torri gemelle di New York? Oppure il terrorismo è tale se viene attuato da gruppi politici, mentre quello degli stati si chiama sempre e comunque "autodifesa"? In sostanza: piangere le migliaia di civili morti nei giorni scorsi è giusto, doveroso, ma piangerli come americani più che come morti significherebbe offenderli e applicare il razzismo anche fra i morti. Per ora quello fra vivi, purtroppo, è più che sufficiente. Alessandro Michelucci
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