LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DELLE ACLI



Da, clicca: ADISTA N. 61 (8 settembre 2001) - http://www.adista.it
L'AVENTINO DELLE ACLI:
LETTERA APERTA AL PRESIDENTE LUIGI BOBBA
di Angelo Levati*

Da quando il mio circolo ACLI si è dotato di posta elettronica, ricevo i
testi delle tue prese di posizione. Tra le altre ho letto anche la tua
dichiarazione del 20 luglio sul G8. Ho saputo del tuo intervento durante la
manifestazione a Genova quando qualcuno ci disse "come, non seguite
l'invito del vostro presidente?". Il tuo testo l'ho qui davanti a me e ti
confesso tutto il mio stupore, in quanto non si è mai visto nelle ACLI che
un presidente invitasse non solo a non aderire ufficialmente ma anche a non
partecipare ad una manifestazione a titolo personale!
Ho aspettato qualche tempo a scrivere questa lettera, pensando che gli
animi (ed anche il mio) si acquietassero, ma vedo che, ogni giorno che
passa, le cose si complicano sempre di più: ogni giorno vengono alla
ribalta notizie sempre più inquietanti!
Mi chiedo se la decisione delle ACLI centrali sia in linea con il motto del
Congresso di Bruxelles "osare". L'attuale è un momento molto delicato in
cui il governo Berlusconi, impegnato a ricompensare le forze che, più o
meno esplicitamente, gli hanno dato una mano in campagna elettorale, sembra
anche impegnato ad aprire una commedia già vista decenni or sono quando il
tipografo Achille Grandi fu costretto a chiudere l'esperienza della CIL
(Confederazione Italiana Lavoratori) e Luigi Sturzo dovette rifugiarsi
all'estero.
E' di quegli anni l'abbandono del Parlamento da parte dei rappresentanti
dell'opposizione che si ritirarono sull'Aventino: operazione che avrebbe
poi facilitato l'avvento del "Regime".
Ora non sono i partiti a lasciare il Parlamento, ma alcune forze vive a
lasciare la piazza (Il Sindacato nel suo complesso per questioni di
equilibrio tra CGIL e CISL, i DS perché hanno i loro problemi e... anche le
ACLI!).
Con questa operazione le ACLI rinunciano al diritto di intervenire e ad una
autonoma valutazione, coraggiosa, pur difficilissima, da laici nella Chiesa
e da cristiani sul territorio: il rischio di essere strumentalizzati c'era,
ma ne valeva la pena!
E' stato molto importante partecipare con i movimenti cattolici il 7 luglio
scorso ad un momento di riflessione, e sarebbe stato altrettanto importante
partecipare anche il 21 luglio, invece abbiamo fatto la figura dei soliti
cattolici che dicono le loro ragioni, importanti e interessanti ma
distinguendosi dagli altri, quasi abitassimo in un altro pianeta.
Pare sia stato Padre Boschini a pensare le ACLI sulla porta della chiesa
perché con un occhio dovevano guardare dentro e con l'altro guardare fuori;
gli faceva eco il Presidente Penazzato con la coniugazione delle tre
fedeltà, molto diverse tra loro, che davano al nostro movimento un
equilibrio tra le cose temporali e quelle ecclesiali. Oggi, nelle ACLI,
sembra che quell'equilibrio sia saltato: si va dal nulla o quasi nei
confronti della fedeltà alla democrazia, dall'affrontare in modo parziale
alcuni servizi del lavoro e non "il lavoro"e le conseguenze del lavoro
attuale sulla vita dell'uomo e della famiglia; nel terzo ambito, fedeltà
alla Chiesa, pare che le ACLI stiano giocando il ruolo di quei giovani,
ormai adulti, ma che non hanno voglia di sposarsi e preferiscono stare con
i genitori, ripetendo quello che i genitori dicono e non vogliono saperne
di quelle responsabilità che il Concilio Vaticano II ci ha proposto e cioè
che, "in prima persona e sotto la propria responsabilità, a noi laici
spetta la gestione delle cose temporali".
A Genova potevamo esserci con tutte le nostre pregnanti motivazioni e
saremmo stati credibili perché siamo le ACLI e molti si ricordano di noi
perché, anni addietro, abbiamo fatto scelte che, più tardi, si sono
rivelate azzeccate. Invece non c'eravamo! C'erano religiose, sacerdoti e
missionari!
Caro Bobba, io ho fatto l'esperienza della fabbrica e del sindacato
unitario (un'esperienza affascinante!) e questo mi ha aiutato a rischiare
in tante situazioni, anche nelle ACLI, magari con un po'di ingenuità; la
stessa ingenuità che oggi mi spinge a scriverti questa lettera dicendoti
che attualmente le ACLI rischiano di trasformarsi in una fontana destinata
a prosciugarsi perché hanno rinunciato ad essere come i gufi che scrutano
nella nebbia del futuro, cioè a sentire prima i cambiamenti che stanno
arrivando. Forse, sui fatti di Genova, avremmo potuto ipotizzare che siamo
all'inizio di una nuova era (ogni parto ha anche delle componenti di
violenza) in cui i giovani, la componente più debole della società,
attenti, seppure in forma embrionale, alle novità del futuro, forse stanno
scegliendo, seppure in modo imperfetto, di rientrare in politica allettati
dal sogno dell'economia internazionale, come anni addietro il sogno
dell'America Latina aveva mosso molte esperienze giovanili, per evidenziare
le contraddizioni della nostra società.
Invece oggi le ACLI stanno avviandosi verso il vicolo cieco del terzo
settore, gestendo l'esistente, che ci fa perdere ogni ampia prospettiva sia
nazionale che internazionale e ci allontana dalla nostra tradizionale
presenza.
Oggi è necessario riaprire percorsi più mirati per il lavoro, che è una
delle componenti fondamentali della vita dell'uomo e delle famiglie,
collaborando con i tre sindacati confederali, aiutandoli in un percorso
comune verso la loro riforma a difesa sì dei tutelati, ma anche dei non
tutelati (vedi immigrati) e stimolandoli verso la internazionalizzazione
della loro opera come risposta alla globalizzazione dell'economia.
Oggi è necessario anche aprire percorsi ecumenici e interreligiosi con
associazioni cattoliche, evangeliche e laiche di tutto il mondo, chiedendo
l'ausilio delle nostre ACLI all'estero che, in questo, hanno molte più
conoscenze e più competenze di noi, per aiutare il nostro Paese ad aprirsi,
nonostante gli attuali chiari di luna, verso una società multietnica,
multiculturale e multireligiosa.

* L'autore è socio del circolo Acli di Cernusco sul Naviglio (Milano).