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[Nonviolenza] Telegrammi. 5540
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 5540
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Fri, 18 Apr 2025 19:03:45 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5540 del 19 aprile 2025
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Martin Luther King: Sono stato sulla cima della montagna
2. Una proposta alle organizzazioni sindacali dei lavoratori: il primo maggio a Viterbo si ricordi anche Alfio Pannega, proletario e militante della classe operaia, poeta e antifascista, uomo di pace e amico della nonviolenza
3. Ripetiamo ancora una volta...
4. Tre minime descrizioni della nonviolenza e cinque perorazioni per il disarmo
5. Segnalazioni librarie
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'
1. MAESTRI. MARTIN LUTHER KING: SONO STATO SULLA CIMA DELLA MONTAGNA
[Nuovamente riproduciamo il seguente testo e nuovamente ringraziamo l'indimenticabile amico Fulvio Cesare Manara. Il testo seguente e' quello dell'intervento tenuto nel tempio del vescovo Charles J. Mason, a Memphis, Tennessee, il 3 aprile 1968; Martin Luther King fu assassinato il giorno dopo]
E sapete, se mi trovassi al principio dei tempi, e avessi la possibilita' di godere della visione generale e panoramica di tutta la storia umana fino a oggi, e l'Onnipotente mi dicesse: "Martin Luther King, in quale epoca ti piacerebbe vivere?", io con la mente volerei sull'Egitto, e guarderei i figli di Dio compiere il loro meraviglioso tragitto dalle buie carceri dell'Egitto attraverso il Mar Rosso, nel deserto, e avanti verso la terra promessa. E nonostante la magnificenza della visione, non mi fermerei.
Proseguirei verso la Grecia, e con la mente mi rivolgerei al monte Olimpo. E vedrei Platone, Aristotele, Socrate, Euripide e Aristofane riuniti intorno al Partenone, e li guarderei passeggiare mentre dibattono gli eterni e grandi problemi della realta'. Ma non mi fermerei.
Andrei ancora avanti, fino all'epoca della massima fioritura dell'impero romano, e vedrei come si svolgono gli eventi, da un imperatore all'altro, da un condottiero all'altro. Ma non mi fermerei.
Passerei all'epoca del Rinascimento, per avere un rapido quadro di cio' che quel periodo ha fatto per la vita culturale ed estetica dell'uomo. Ma non mi fermerei.
Vorrei anche percorrere i luoghi dove ha vissuto l'uomo di cui porto il nome, e osserverei Martin Lutero affiggere le sue novantacinque tesi sul portale del duomo di Wittenberg. Ma non mi fermerei.
Poi arriverei al 1863, vedrei un presidente titubante di nome Abraham Lincoln arrivare finalmente alla conclusione di dover firmare il Proclama dell'emancipazione. Ma non mi fermerei.
Tornerei ai primi anni Trenta, e vedrei un uomo lottare per risolvere i problemi provocati dallo stato di bancarotta della nazione, e uscirsene con una eloquente esclamazione: "Non abbiamo da temere nient'altro che la nostra stessa paura". Ma non mi fermerei.
Cosa strana, mi rivolgerei all'Onnipotente e gli direi: "Se mi permetterai soltanto di vivere qualche anno nella seconda meta' del Ventesimo secolo, saro' contento".
*
Ebbene, e' un'affermazione strana, questa, perche' il mondo e' tutto sottosopra. Il paese e' malato; la terra e' in pena, c'e' grande confusione. E' un'affermazione strana. Ma in qualche modo io so che le stelle si possono vedere soltanto se e' abbastanza buio. E in questo periodo del XX secolo io vedo l'azione di Dio. Nel nostro mondo accade qualcosa; le masse si stanno sollevando; e oggi, dovunque si radunino, che sia a Johannesburg in Sudafrica; a Nairobi in Kenya; ad Accra nel Ghana; a New York; ad Atlanta in Georgia; a Jackson nel Mississippi; o a Memphis nel Tennessee, il grido e' sempre uguale: "Vogliamo essere liberi".
E c'e' un'altra ragione per cui sono contento di vivere nel nostro tempo: siamo stati costretti ad arrivare a un punto in cui dovremo affrontare i problemi che gli uomini hanno cercato di risolvere lungo tutta la storia. La sopravvivenza esige che li affrontiamo. Da anni ormai gli uomini parlano di guerra e di pace; ma ormai non possono piu' limitarsi a parlarne. A questo mondo non e' piu' questione di scegliere tra violenza e nonviolenza; si tratta di scegliere: o nonviolenza o nonesistenza. Ecco a che punto siamo oggi.
E anche nella rivoluzione dei diritti umani, se non si fa qualcosa, e in fretta, per far uscire i popoli di colore del mondo dai loro lunghi anni di poverta', dai lunghi anni in cui sono stati feriti e messi da parte, il mondo intero e' destinato alla rovina. Ebbene, io sono proprio contento che Dio mi abbia concesso di vivere in quest'epoca, di vedere lo svolgersi degli eventi. E sono contento che mi abbia concesso di essere qui a Memphis.
*
Ricordo, ricordo bene quando i neri si limitavano ad andare in giro, come ha detto tante volte Ralph, grattandosi dove non prudeva e ridendo quando nessuno faceva loro il solletico. Ma quei tempi sono finiti. Adesso facciamo sul serio, e siamo determinati a ottenere il posto che ci spetta di diritto nel mondo che Dio ha creato. E proprio qui sta il punto. Non abbiamo intrapreso una campagna di protesta negativa, non abbiamo intrapreso discussioni negative con nessuno; diciamo che siamo determinati a essere uomini; siamo determinati a essere popolo. Diciamo che siamo figli di Dio. E se siamo figli di Dio, non dobbiamo vivere come siamo costretti a vivere.
E dunque, che cosa significa tutto questo nella grande epoca storica che stiamo vivendo? Significa che dobbiamo restare uniti. Dobbiamo restare uniti e conservare l'unita'. Sapete, ogni volta che il faraone voleva prolungare il tempo della schiavitu' in Egitto, per riuscirci ricorreva al suo espediente prediletto. Quale era? Faceva in modo che gli schiavi combattessero fra loro. Ma ogni volta che gli schiavi sono uniti, nella corte del faraone succede qualcosa, e lui non riesce piu' a tenere schiavi gli schiavi. Quando gli schiavi si mettono insieme, comincia l'uscita dalla schiavitu'. Allora, conserviamo l'unita'.
Non permetteremo ai manganelli di fermarci. Nel nostro movimento nonviolento siamo maestri nel disarmare le forze di polizia; loro non sanno piu' che cosa fare. L'ho visto succedere tante volte. Mi ricordo a Birmingham, in Alabama, durante quella magnifica lotta, quando tutti i giorni partivamo dalla chiesa battista della sedicesima strada. Uscivamo dalla chiesa a centinaia, e Bull Connor ordinava di sguinzagliare i cani, e i cani arrivavano. Ma noi andavamo incontro ai cani cantando: "Non permettero' a nessuno di farmi tornare indietro". Poi Bull Connor diceva: "Aprite gli idranti". E, come vi dicevo l'altra sera, Bull Connor non conosceva la storia. Conosceva una specie di fisica che non so perche' non aveva nessun rapporto con la metafisica che conoscevamo noi. Si trattava del fatto che esiste un genere di fuoco che nessun'acqua riesce a spegnere. E noi andavamo incontro agli idranti. Noi conoscevamo l'acqua. Se eravamo battisti, o appartenevamo a qualche altra confessione cristiana, eravamo stati battezzati per immersione. Se eravamo metodisti, o di qualche altra confessione, eravamo stati spruzzati: ma in ogni modo, conoscevamo l'acqua. Non poteva fermarci.
Cosi', continuavamo a camminare incontro ai cani, e li guardavamo; e andavamo avanti, incontro agli idranti, e li guardavamo. E non facevamo altro che continuare a cantare: "Sopra la mia testa, nell'aria, vedo la liberta'".
E poi ci prendevano e ci mettevano nei cellulari, e a volte ci stavamo pigiati come sardine. E ci buttavano dentro, e il vecchio Bull diceva: "Portateli via". Loro lo facevano, e noi salivamo nel cellulare cantando "We Shall Overcome". E di tanto in tanto finivamo in prigione, e vedevamo i carcerieri guardare attraverso gli spioncini e commuoversi per le nostre preghiere e per le nostre parole e le nostre canzoni. C'era un potere in questo, al quale Bull Connor non riusciva ad abituarsi, e cosi' abbiamo finito col trasformare Bull [toro] in un vitello, e abbiamo vinto la nostra lotta di Birmingham.
Dobbiamo dedicarci a questa lotta fino alla fine. Non ci sarebbe tragedia peggiore che fermarsi a questo punto, a Memphis. Dobbiamo andare fino in fondo. Quando faremo la nostra marcia, dovete partecipare. Anche se vuol dire lasciare il lavoro, anche se vuol dire lasciare la scuola, venite lo stesso. Forse voi non siete in sciopero, ma o andremo su' insieme, o finiremo giu' insieme. Cerchiamo di sviluppare una specie pericolosa di altruismo.
*
Un giorno un uomo ando' a trovare Gesu', perche' voleva discutere con lui su argomenti riguardanti le questioni fondamentali della vita. Voleva tendere un trabocchetto a Gesu', e dimostrargli che lui sapeva qualcosa di piu' di Gesu', per riuscire a confonderlo. La questione sarebbe potuta senz'altro finire in una disputa filosofica e teologica. Invece Gesu' la fece subito scendere dalle nuvole, e la colloco' nella situazione di una curva pericolosa della strada fra Gerusalemme e Gerico. E si mise a parlare di un uomo che si era imbattuto nei briganti. Ricorderete che un levita e un sacerdote passarono sull'altro lato della strada: non si fermarono per aiutarlo. Alla fine, passo' un uomo di un'altra razza. Smonto' dalla cavalcatura, e decise di non essere compassionevole per procura. Si chino' su di lui, invece, gli presto' i primi soccorsi, aiuto' quell'uomo nel bisogno. Gesu' conclude dicendo che era lui l'uomo buono, era lui il grande uomo, perche' era capace di proiettare l'"io" nel "tu", e di prendersi cura del proprio fratello.
Ebbene, sapete, noi esercitiamo molta immaginazione nel tentativo di stabilire come mai il sacerdote e il levita non si sono fermati. A volte diciamo che avevano fretta di arrivare a un'assemblea ecclesiale, a un raduno di religiosi, e dovevano affrettarsi verso Gerusalemme per non arrivare in ritardo alla riunione. In altri casi possiamo ipotizzare che ci fosse una legge religiosa, per cui chi doveva svolgere una cerimonia religiosa non doveva toccare il corpo di un essere umano nelle ventiquattro ore precedenti la cerimonia stessa. E in qualche caso cominciamo a chiederci se forse per caso non stessero andando a Gerusalemme, o piuttosto a Gerico, per fondare un'Associazione per il perfezionamento della strada di Gerico. Potrebbe anche darsi. Magari pensavano che fosse meglio affrontare il problema partendo dalle radici, dalle cause, invece che lasciarsi impantanare in un risultato su scala individuale.
Ma io voglio raccontarvi che cosa mi suggerisce la mia immaginazione. Potrebbe darsi che quei due uomini abbiano avuto paura. Vedete, la strada di Gerico e' una strada pericolosa. Ricordo quando sono andato per la prima volta a Gerusalemme, insieme alla signora King. Avevamo noleggiato una macchina e viaggiavamo da Gerusalemme a Gerico. E appena arrivammo su quella strada io dissi a mia moglie: "Ora capisco perche' Gesu' ha scelto questo posto per ambientare la sua parabola". E' una strada tutta curve; proprio l'ideale per un agguato. E' una strada pericolosa. All'epoca di Gesu' aveva preso il nome di "Passo del sangue'. E allora, capite, puo' darsi che il sacerdote e il levita abbiano gettato un'occhiata a quell'uomo steso in terra e si siano chiesti se i briganti fossero ancora nei paraggi. Oppure, magari hanno pensato che l'uomo steso a terra facesse finta; che fingesse di essere stato derubato e ferito, per saltar loro addosso, che volesse attirarli per un assalto veloce e facile. Ah, si'. E quindi, la prima domanda che il sacerdote si fa, la prima domanda che il levita si fa, e' questa: "Se mi fermo a soccorrere quest'uomo, che cosa mi capitera'?".
Ma poi e' passato il buon samaritano, e ha rovesciato la domanda: "Se non mi fermo a soccorrere quest'uomo, che cosa gli succedera'?".
Ecco la domanda che avete di fronte stasera. Non e' "se mi fermo a dare una mano agli operai della nettezza urbana, che cosa succedera' al mio lavoro?". Non e' "se mi fermo a dare una mano agli operai della nettezza urbana, che cosa ne sara' delle ore che di solito passo nel mio studio di pastore tutti i giorni e tutte le settimane?". La domanda non e' "se mi fermo per soccorrere quest'uomo nel bisogno, che cosa mi accadra'?". La domanda e': "se non mi fermo per aiutare gli operai della nettezza urbana, che cosa accadra' a loro?". Questa e' la domanda.
Questa sera alziamoci con maggiore disponibilita'. Prendiamo posizione con maggiore determinazione. E continuiamo ad avanzare in queste giornate di grande potenza, in queste giornate di sfida, per far si' che l'America diventi come dovrebbe essere. Abbiamo l'occasione di rendere l'America migliore. E io voglio ringraziare Dio, ancora una volta, per avermi concesso di esser qui con voi.
*
Sapete, parecchi anni fa mi trovavo a New York per firmare le copie del mio primo libro. E mentre stavo seduto tutto preso da dediche e autografi, si avvicino' una donna nera, un'alienata. L'unica cosa che le sentii dire fu: "E' lei Martin Luther King?". Io guardavo in basso, perche' stavo scrivendo, e risposi: "Si'".
E un attimo dopo sentii qualcosa che mi dava un colpo sul petto. Prima che me ne rendessi conto, quella donna pazza mi aveva pugnalato. Mi portarono di corsa allo Harlem Hospital. Era un sabato pomeriggio, era gia' buio. La lama era andata in profondita', e dalla radiografia si vide che la punta sfiorava l'aorta, l'arteria principale. Se ti perforano l'aorta, anneghi nel tuo stesso sangue; sei finito. La mattina dopo, sul "New York Times" scrissero che se avessi anche solo starnutito, sarei morto.
Ebbene, a tre o quattro giorni dall'operazione, dopo che mi avevano aperto il torace e avevano estratto la lama, mi permisero di andare in giro per l'ospedale sulla sedia a rotelle. Mi lasciarono leggere un po' della posta che era arrivata per me: da tutti gli stati e dall'estero erano arrivate lettere gentili. Ne lessi qualcuna, ma ce n'e' una che non dimentichero' mai. Mi avevano scritto anche il presidente e il vicepresidente, ma ho dimenticato che cosa dicevano i loro telegrammi. Il governatore dello stato di New York era venuto a trovarmi e mi aveva scritto una lettera, ma ho dimenticato che cosa diceva la sua lettera.
C'era invece un'altra lettera, scritta da una bambina, una ragazzina che studiava al liceo di White Plains. Io guardai la sua lettera e non la dimentichero' mai. Diceva semplicemente: "Gentile professor King, frequento la quarta ginnasio nel liceo di White Plains". E continuava: "Non dovrebbe avere importanza, ma vorrei dire che sono bianca. Ho letto sul giornale della sua disgrazia e delle sue sofferenze. E ho letto anche che se avesse starnutito, sarebbe morto. E le scrivo semplicemente per dirle che sono tanto contenta che non abbia starnutito".
Vorrei dire che anch'io sono contento di non avere starnutito. Perche', se avessi starnutito, non mi sarei trovato da queste parti nel 1960, quando in tutto il Sud gli studenti cominciarono a prendere posto ai banchi delle caffetterie. E io sapevo che proprio mettendosi a sedere in realta' si stavano schierando a favore della parte migliore del sogno americano, e riportavano il paese a quelle grandi sorgenti della democrazia scavate dai padri fondatori nella Dichiarazione di indipendenza e nella Costituzione.
Se avessi starnutito, non mi sarei trovato da queste parti nel 1961, quando decidemmo di cominciare un viaggio per la liberta' e per mettere fine al segregazionismo sui mezzi di trasporto da uno stato all'altro.
Se avessi starnutito, non sarei stato da queste parti nel 1962, quando i neri di Albany, in Georgia, decisero di drizzare la schiena: e ogni volta che uomini e donne drizzano la schiena, riescono ad arrivare da qualche parte, perche' se stai diritto e non pieghi la schiena nessuno ti puo' montare addosso.
Se avessi starnutito, non sarei stato da queste parti nel 1963, quando la popolazione nera di Birmingham, nell'Alabama, e' riuscita a risvegliare la coscienza di questo paese e ottenere l'approvazione della legge sui diritti civili.
Se avessi starnutito, un po' piu' tardi in quello stesso anno, in agosto, non avrei avuto l'occasione di raccontare all'America di un sogno che avevo avuto.
Se avessi starnutito, non sarei stato a Selma, nell'Alabama, e non avrei assistito al grande movimento che si e' avuto in quella citta'.
Se avessi starnutito, non sarei venuto a Memphis per vedere una comunita' che si stringe intorno ai fratelli e alle sorelle che soffrono. Sono proprio contento di non avere starnutito.
*
Ho lasciato Atlanta stamani, e mentre stavamo per partire - sull'aereo eravamo in sei - il pilota ci ha detto, attraverso l'interfono: "Scusate il ritardo, ma abbiamo sull'aereo il professor Martin Luther King. E per assicurarci che tutte le valigie fossero state controllate, e per essere sicuri che sull'aeroplano fosse tutto in ordine, abbiamo dovuto verificare con cura tutto quanto. E abbiamo tenuto l'aereo sotto protezione e sorvegliato per tutta la notte".
Poi sono arrivato a Memphis. E alcuni hanno cominciato a riferire le minacce, o a parlare delle minacce che erano state fatte, o a dire quel che mi sarebbe potuto accadere a causa di qualche nostro fratello bianco malato.
Ebbene, non so che cosa accadro' d'ora in poi; ci aspettano giornate difficili. Ma davvero, per me non ha importanza, perche' sono stato sulla cima della montagna. E non m'importa. Come chiunque, mi piacerebbe vivere a lungo: la longevita' ha i suoi lati buoni. Ma adesso non mi curo di questo. Voglio fare soltanto la volonta' di Dio. E Lui mi ha concesso di salire fino alla vetta. Ho guardato al di la', e ho visto la terra promessa. Forse non ci arrivero' insieme a voi. Ma stasera voglio che sappiate che noi, come popolo, arriveremo alla terra promessa. E stasera sono felice. Non c'e' niente che mi preoccupi, non temo nessun uomo. I miei occhi hanno visto la gloria dell'avvento del Signore.
2. LETTERE. UNA PROPOSTA ALLE ORGANIZZAZIONI SINDACALI DEI LAVORATORI: IL PRIMO MAGGIO A VITERBO SI RICORDI ANCHE ALFIO PANNEGA, PROLETARIO E MILITANTE DELLA CLASSE OPERAIA, POETA E ANTIFASCISTA, UOMO DI PACE E AMICO DELLA NONVIOLENZA
Alle segreterie provinciali di Viterbo delle organizzazioni sindacali dei lavoratori
a tutte le iscritte e tutti gli iscritti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori
a tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori
Il primo maggio a Viterbo si ricordi Alfio Pannega
Carissime e carissimi,
come sicuramente ricorderete, in questo 2025 ricorre il centenario della nascita di Alfio Pannega, che in questa citta' e' stato testimone coraggioso e luminoso della lotta della classe lavoratrice per la giustizia e la solidarieta', per la dignita' e la liberazione di tutti gli esseri umani, per la difesa dell'intero mondo vivente, quest'unica casa comune che abbiamo e di cui tutte e tutti siamo insieme parte e custodi.
Proletario e militante della classe operaia, poeta e antifascista, uomo di pace e amico della nonviolenza, generoso nel condividere con tutte e tutti tutto il bene e tutti i beni, Alfio Pannega ci convoca ancora a proseguire la lotta per la liberta', l'eguaglianza, la fraternita' e la sorellanza di tutti gli esseri umani, per il bene comune dell'umanita' intera.
*
E fu proprio un primo maggio di quindici anni fa che si tennero i suoi funerali: il primo maggio del 2010.
Cosi' quest'anno ricorre il centenario della sua nascita, e questo primo maggio ricorre anche il quindicesimo anniversario delle sue esequie. E' quindi propizia l'occasione per ricordarlo proprio questo primo maggio, nella giornata di memoria e di lotta del movimento dei lavoratori.
*
Il discorso che fu tenuto dinanzi al feretro in quel primo maggio del 2010 si concludeva con queste parole:
"Alfio Pannega non e' mai stato riducibile a un'immaginetta pittoresca di una Viterbo che fu coi suoi antichi mestieri e le sue vetuste tradizioni che vanno scomparendo, non e' mai stato un personaggio museale, da mummificare e archiviare; al contrario: fino all'ultimo dei suoi giorni Alfio e' stato un vitale, ardente, consapevolissimo militante del movimento degli oppressi in lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani; per la difesa della natura che conosceva intimamente, essere vivente per essere vivente, animale per animale, pianta per pianta; per la liberazione dell'umanita' dallo sfruttamento e dall'oppressione, per l'uscita da questa preistoria verso il regno della liberta'.
Oggi e' il primo maggio, e per il movimento dei lavoratori e delle lavoratrici, per il movimento delle oppresse e degli oppressi, e' il giorno della memoria e dell'impegno per la liberazione dell'umanita' dalla violenza dello sfruttamento; e vedete come sono strane e imprevedibili le coincidenze della vita: accingendoci proprio in questo giorno a recare l'estremo saluto ad Alfio, l'indomito combattente antifascista e il lavoratore che conosceva per averli sperimentati tutti i piu' faticosi mestieri - di pastore e di contadino, di artigiano e di operaio -, per noi da oggi il primo maggio lo sara' due volte quell'appello alla lotta solidale contro l'ingiustizia: nel ricordo dei martiri di Chicago uccisi nell'Ottocento dalla violenza del potere perche' lottavano per i diritti dei lavoratori, e nel ricordo di Alfio: e' la stessa memoria, e' la stessa lotta.
Molti anni fa, commemorando Duilio Mainella, Sauro Sorbini concluse la sua orazione funebre col canto della Marsigliese, simbolo della lotta dell'umanita' contro la tirannide; vorrei oggi almeno ricordare le parole del refrain di quel canto composto un secolo dopo a rivendicare le ragioni dell'umanita' e della lotta per la sua liberazione proprio mentre la reazione persecutrice dilagava con la caccia all'uomo e le fucilazioni dei comunardi parigini, quel canto che e' l'Internazionale, che da quasi un secolo e mezzo e' il canto di quanti si levano a contrastare ogni oppressione: "Su', lottiam, l'ideale / nostro fine sara' / l'internazionale / futura umanita'".
Ed ora che, con quelle indimenticabili parole di Paolo nella seconda lettera a Timoteo, di Alfio Pannega possiamo dire che ha concluso la sua corsa dopo aver combattuto la buona battaglia senza perdere la tenerezza, ora che Alfio ha compiuto la sua vita che e' stata fino all'ultima ora la vita di un giusto, ora sta a noi che restiamo di essere fedeli a quello che ci ha donato, che ci ha insegnato, e testimoniarlo a nostra volta, con le parole ed ancor piu' con gli atti, continuando la sua lotta, continuando a mettere in pratica i suoi insegnamenti...".
Cosi' fu detto accompagnando il feretro alla sepoltura quindici anni fa.
*
In questo primo maggio 2025 in cui anche qui nella nostra citta' di Viterbo ricordiamo ancora una volta i nostri fratelli e le nostre sorelle che lo sfruttamento e la violenza dei sopraffattori hanno ucciso e continuano a uccidere ogni giorno; in cui argomentiamo ancora una volta le ragioni della nostra lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani; in cui riaffermiamo ancora una volta la volonta' comune di costruire una societa' giusta e solidale in cui da ciascuna persona sia dato a seconda delle sue capacita' ed a ciascuna persona sia dato a seconda dei suoi bisogni; in questo giorno in cui dichiariamo ancora una volta che ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'; che occorre quindi abolire la guerra e tutte le uccisioni; che occorre abolire il razzismo e tutte le persecuzioni; che occorre abolire la schiavitu' e tutte le oppressione; che occorre abolire il maschilismo che e' la prima radice e il primo paradigma di tutte le violenze; che occorre far cessare la barbarie dello sfruttamento e della distruzione della natura; che occorre inverare l'umanità dell'umanita'; ebbene, noi ricordiamo insieme il nostro amico e compagno Alfio Pannega, la sua testimonianza, il suo insegnamento, e insieme proseguiamo la sua lotta nonviolenta per il bene comune dell'umanita'.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi unitevi nella lotta comune per il bene comune, la liberazione e la salvezza dell'umanita'.
*
Carissime e carissimi,
buon primo maggio a tutte e tutti; e a tutte e tutti un forte abbraccio dal
"Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 17 aprile 2025
3. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
4. REPETITA IUVANT. TRE MINIME DESCRIZIONI DELLA NONVIOLENZA E CINQUE PERORAZIONI PER IL DISARMO
I. Tre minime descrizioni della nonviolenza
1. La nonviolenza non indossa il frac
La nonviolenza non la trovi al ristorante.
Non la incontri al circolo dei nobili.
Non frequenta la scuola di buone maniere.
E' sempre fuori dall'inquadratura delle telecamere delle televisioni.
La nonviolenza non fa spettacolo.
La nonviolenza non vende consolazioni.
La nonviolenza non guarda la partita.
E' nel conflitto che la nonviolenza agisce.
Dove vi e' chi soffre, li' interviene la nonviolenza.
Dove vi e' ingiustizia, li' interviene la nonviolenza.
Non la trovi nei salotti e nelle aule.
Non la trovi tra chi veste buoni panni.
Non la trovi dove e' lustra l'epidermide e non brontola giammai lo stomaco.
La nonviolenza e' dove c'e' la lotta per far cessare tutte le violenze.
La nonviolenza e' l'umanita' in cammino per abolire ogni sopraffazione.
Non siede nel consiglio di amministrazione.
Non si abbuffa coi signori eccellentissimi.
Non ha l'automobile, non ha gli occhiali da sole, non ha il costume da bagno.
Condivide la sorte delle oppresse e degli oppressi.
Quando vince rinuncia a ogni potere.
Non esiste nella solitudine.
Sempre pensa alla liberta' del prossimo, sempre pensa al riscatto del vinto,
sempre pensa ad abbattere i regimi e di poi a riconciliare gli animi.
Sa che il male e' nella ricchezza, sa che il bene e' la condivisione;
sa che si puo' e si deve liberare ogni persona e quindi questo vuole:
la liberta' di tutte, la giustizia, la misericordia.
La nonviolenza e' l'antibarbarie.
La nonviolenza e' il riconoscimento della dignita' di ogni essere vivente.
La nonviolenza e' questa compassione: sentire insieme, voler essere insieme,
dialogo infinito, colloquio corale, miracolo dell'incontro e della nascita;
l'intera umanita' unita contro il male e la morte;
si', se possiamo dirlo in un soffio e in un sorriso: tutti per uno, uno per tutti.
La nonviolenza e' la lotta che salva.
Ha volto e voce di donna, sa mettere al mondo il mondo,
il suo tocco risana le ferite, i suoi gesti sono limpida acqua, i suoi atti recano luce;
sempre lotta per la verita' ed il bene, usa solo mezzi coerenti
con il fine della verita' e del bene.
Sa che il mondo e' gremito di persone, cosi' fragili, smarrite e sofferenti.
Sa che la sua lotta deve esser la piu' ferma; e deve essere la piu' delicata.
Quando la plebe all'opra china si rialza: li' e' la nonviolenza.
Quando lo schiavo dice adesso basta, li' e' la nonviolenza.
Quando le oppresse e gli oppressi cominciano a lottare
per un'umanita' di persone tutte libere ed eguali in diritti,
li', li' e' la nonviolenza.
Quando ti svegli ed entri nella lotta, la nonviolenza gia' ti viene incontro.
La nonviolenza e' una buona cosa.
E' questa buona cosa che fai tu quando fai la cosa giusta e necessaria.
*
2. Breve litania della nonviolenza
La nonviolenza non e' la luna nel pozzo.
La nonviolenza non e' la pappa nel piatto.
La nonviolenza non e' il galateo del pappagallo.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' la ciancia dei rassegnati.
La nonviolenza non e' il bignami degli ignoranti.
La nonviolenza non e' il giocattolo degli intellettuali.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il cappotto di Gogol.
La nonviolenza non e' il cavallo a dondolo dei generali falliti.
La nonviolenza non e' la Danimarca senza il marcio.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' l'ascensore senza bottoni.
La nonviolenza non e' il colpo di carambola.
La nonviolenza non e' l'applauso alla fine dell'atto terzo.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il museo dell'esotismo.
La nonviolenza non e' il salotto dei perdigiorno.
La nonviolenza non e' il barbiere di Siviglia.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' la spiritosaggine degli impotenti.
La nonviolenza non e' la sala dei professori.
La nonviolenza non e' il capello senza diavoli.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il ricettario di Mamma Oca.
La nonviolenza non e' l'albero senza serpente.
La nonviolenza non e' il piagnisteo di chi si e' arreso.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' la quiete dopo la tempesta.
La nonviolenza non e' il bicchiere della staffa.
La nonviolenza non e' il vestito di gala.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il sapone con gli gnocchi.
La nonviolenza non e' il film al rallentatore.
La nonviolenza non e' il semaforo sempre verde.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il jolly pescato nel mazzo.
La nonviolenza non e' il buco senza la rete.
La nonviolenza non e' il fiume dove ti bagni due volte.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' l'abracadabra degli stenterelli.
La nonviolenza non e' il cilindro estratto dal coniglio.
La nonviolenza non e' il coro delle mummie del gabinetto.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' niente che si veda in televisione.
La nonviolenza non e' niente che si insegni dalle cattedre.
La nonviolenza non e' niente che si serva al bar.
La nonviolenza e' solo la lotta contro la violenza.
*
3. Della nonviolenza dispiegata al sole ad asciugare
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza la politica necessaria.
Chiamiamo nonviolenza l'occhio che vede e piange.
Chiamiamo nonviolenza la lotta per l'abolizione di tutte le guerre.
Chiamiamo nonviolenza la lotta che abroga ogni servitu'.
Chiamiamo nonviolenza questo accampamento notturno nel deserto.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza l'amicizia che non tradisce.
Chiamiamo nonviolenza il ponte di corda teso sull'abisso.
Chiamiamo nonviolenza la fine della paura della morte.
Chiamiamo nonviolenza la fine della minaccia della morte.
Chiamiamo nonviolenza aver visto e alba e tramonto con limpido cuore.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il tappeto volante.
Chiamiamo nonviolenza il voto unanime per la salvezza degli assenti.
Chiamiamo nonviolenza il cielo stellato.
Chiamiamo nonviolenza il rispetto della vita altrui.
Chiamiamo nonviolenza il sonno dei giusti e dei giusti la veglia.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il silenzio che non spaventa.
Chiamiamo nonviolenza la telefonata che ferma l'esecuzione.
Chiamiamo nonviolenza il libro che ti fa ridere e piangere.
Chiamiamo nonviolenza il viaggio senza bagagli.
Chiamiamo nonviolenza il suono dell'arcobaleno.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il pasto in comune.
Chiamiamo nonviolenza il miracolo della nascita.
Chiamiamo nonviolenza la voce che risponde.
Chiamiamo nonviolenza la porta che si apre allo straniero.
Chiamiamo nonviolenza la lotta contro la violenza.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il dono e la rinuncia.
Chiamiamo nonviolenza la leggerezza sui corpi.
Chiamiamo nonviolenza la parola che suscita le praterie.
Chiamiamo nonviolenza il soffio che estingue gli incendi.
Chiamiamo nonviolenza l'infinito respiro del mare.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza l'umanita' come dovrebbe essere.
Chiamiamo nonviolenza la coscienza del limite.
Chiamiamo nonviolenza il ritrovamento dell'anello di Salomone.
Chiamiamo nonviolenza gl'immortali principi dell'Ottantanove.
Chiamiamo nonviolenza l'ironia e la pazienza.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il riconoscimento della pluralita' delle persone e dei mondi.
Chiamiamo nonviolenza la distruzione di tutte le armi assassine.
Chiamiamo nonviolenza non nascondere la nostra ignoranza.
Chiamiamo nonviolenza rifiutarsi di mentire.
Chiamiamo nonviolenza la scelta di fare la cosa che salva le vite.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza una giornata di sole sulla strada.
Chiamiamo nonviolenza la scuola di Spartaco e della Rosa Rossa.
Chiamiamo nonviolenza la certezza morale del figlio della levatrice.
Chiamiamo nonviolenza la legge nuova del figlio del falegname.
Chiamiamo nonviolenza le tre ghinee di Virginia.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza questo atto di riconoscimento e di riconoscenza.
Chiamiamo nonviolenza il giro della borraccia.
Chiamiamo nonviolenza questo colloquio corale.
Chiamiamo nonviolenza la Resistenza antifascista.
Chiamiamo nonviolenza l'uscita dallo stato di minorita'.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza parlare e ascoltare.
Chiamiamo nonviolenza la stazione sempre aperta.
Chiamiamo nonviolenza lo specchio e la sorgente.
Chiamiamo nonviolenza sentire il dolore degli altri.
Chiamiamo nonviolenza prendersi cura del mondo.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
* * *
II. Cinque perorazioni per il disarmo
1. La prima politica e' il disarmo
La prima politica e' il disarmo
sostituire all'arte dell'uccidere
quella severa di salvare le vite
Senza disarmo il mondo tutto muore
senza disarmo le nuvole si ghiacciano
le lacrime diventano veleno
si crepano i marmi ne escono draghi
Senza disarmo ogni parola mente
senza disarmo ogni albero si secca
l'aria non porta piu' i suoni
la polvere colma i polmoni
Senza disarmo piovono scorpioni
senza disarmo in ogni piatto e' vomito
dal rubinetto esce sale e vetro
le scarpe stritolano le ossa dei piedi
Solo il disarmo frena le valanghe
solo il disarmo risana le ferite
solo il disarmo salva le vite
Salvare le vite e' il primo dovere
salvare le vite
il primo dovere
*
2. Piccolo dittico delle armi e del disarmo
I.
Le armi sanno a cosa servono
le armi non sbagliano la mira
le armi odiano le persone
quando le ammazzano poi vanno all'osteria
a ubriacarsi e a cantare fino all'alba
Le armi bevono il sangue
le armi mettono briglie e sella alle persone
poi le cavalcano fino a sfiancarle
affondano gli speroni per godere dei sussulti
della carne che soffre
Le armi non sentono ragione
una sola cosa desiderano: uccidere
e poi ancora uccidere
uccidere le persone
tutte le persone
Le armi la sanno lunga
fanno bella figura in televisione
sorridono sempre
parlano di cose belle
promettono miliardi di posti di lavoro
e latte e miele gratis per tutti
Le armi hanno la loro religione
hanno la scienza esatta degli orologi
hanno l'arte sottile del pennello
e del bulino e la sapienza grande
di trasformare tutto in pietra e vento
e della loro religione l'unico
articolo di fede dice: nulla
e nulla e nulla e nulla e nulla e nulla
e tutto ha da tornare ad esser nulla
Le armi ci guardano dal balcone
mentre ci affaccendiamo per le strade
ci fischiano e poi fanno finta di niente
ci gettano qualche spicciolo qualche caramella
cerini accesi mozziconi scampoli
di tela e schizzi di vernice e polpette
con dentro minuscole schegge di vetro
Sanno il francese hanno tutti i dischi
raccontano di quando in mongolfiera
e delle proprieta' nelle colonie d'oltremare
e delle ville tutte marmi e stucchi
t'invitano nel loro palco all'opera
ti portano al campo dei miracoli
Sanno le armi come farsi amare
e passo dopo passo addurti dove
hanno allestito la sala del banchetto
II.
Senza disarmo i panni stesi non si asciugano
senza disarmo la pizza diventa carbone
senza disarmo hai freddo anche con tre cappotti
Senza disarmo il fazzoletto ti strappa la mano
senza disarmo la maniglia della porta ti da' la scossa
senza disarmo le scarpe ti mangiano i piedi
Senza disarmo l'aria t'avvelena
senza disarmo il caffe' diventa sterco
senza disarmo dallo specchio uno ti spara
Senza disarmo il letto e' tutto spine
senza disarmo scordi tutte le parole
senza disarmo e' buio anche di giorno
Senza disarmo ogni casa brucia
senza disarmo quel che tocchi ghiaccia
senza disarmo tutto e' aceto e grandine
Senza disarmo la guerra non finisce
Senza disarmo finisce l'umanita'
*
3. In quanto le armi
In quanto le armi servono a uccidere
le persone, l'esistenza delle armi
e' gia' una violazione dei diritti umani.
Solo il disarmo salva le vite
solo il disarmo rispetta e difende gli esseri umani
solo il disarmo riconosce e restituisce
umanita' all'umanita'.
Solo con il disarmo
la civilta' rinasce
il sole sorge ancora
fioriscono i meli
tornano umani gli esseri umani.
*
4. Del non uccidere argomento primo
Si assomigliano come due fratelli
Abele e Caino, nessuno dei due
sa chi sara' la vittima, chi l'assassino.
Non c'e' netto un confine
tra bene e male
e l'occhio non distingue
zucchero e sale.
In questo laborioso labirinto
che non ha uscita
non esser tu del novero di quelli
che ad altri strappano la breve vita.
Mantieni l'unica vera sapienza:
come vorresti esser trattato tu
le altre persone tratta.
Da te l'umanita' non sia disfatta.
Sull'orlo dell'abisso scegli sempre
di non uccidere, di opporti a ogni uccisione,
ad ogni guerra, ogni arma, ogni divisa:
ogni plotone e' di esecuzione.
Non c'e' netto un confine
tra bene e male
e l'occhio non distingue
zucchero e sale.
Si assomigliano come due fratelli
Abele e Caino, nessuno dei due
sa chi sara' la vittima, chi l'assassino.
*
5. Poiche' vi e' una sola umanita'
Poiche' vi e' una sola umanita'
noi dichiariamo che ogni essere umano
abbia rispetto e solidarieta'
da chiunque altro sia essere umano.
Nessun confine puo' la dignita'
diminuire umana, o il volto umano
sfregiare, o denegar la qualita'
umana propria di ogni essere umano.
Se l'edificio della civilta'
umana ha un senso, ed esso non e' vano,
nessuno allora osi levar la mano
contro chi chiede ospitalita'.
Se la giustizia e se la liberta'
non ciancia, bensi' pane quotidiano
hanno da essere, cosi' il lontano
come il vicino merita pieta'.
Nel condividere e' la verita'
ogni volto rispecchia il volto umano
nel mutuo aiuto e' la felicita'
ogni diritto e' un diritto umano.
Se vero e' che tutto finira'
non prevarra' la morte sull'umano
soltanto se la generosita'
sara' la legge di ogni essere umano.
La nonviolenza e' questa gaia scienza
che lotta per salvar tutte le vite
la nonviolenza e' questa lotta mite
e intransigente contro ogni violenza.
5. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Eva di Stefano, Klimt, Giunti-Rcs, Firenze-Milano 2025, pp. 128, euro 9,90.
*
Riletture
- Alessandro Martire, I leggendari guerrieri delle praterie, Altravista, Lungavilla (Pv) 2014, pp. 322.
- Nico Pitrelli, L'uomo che restitui' la parola ai matti, Editori Riuniti, Roma 2004, pp. 164.
*
Riedizioni
- Stefania Andreoli, Mio figlio e' normale?, Mondadori, Milano 2020, Rcs, Milano 2025, pp. 352, euro 9,99 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Franco Cardini, Alessandro Vanoli, La via della seta, Il Mulino, Bologna 2017, Rcs, Milano 2025, pp. XXII + 346, euro 9,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Mo Yan, I tredici passi, Einaudi, Torino 2019, Gedi, Torino 2025, pp. 368, euro 9,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").
6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
7. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5540 del 19 aprile 2025
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e' centropacevt at gmail.com
Numero 5540 del 19 aprile 2025
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Martin Luther King: Sono stato sulla cima della montagna
2. Una proposta alle organizzazioni sindacali dei lavoratori: il primo maggio a Viterbo si ricordi anche Alfio Pannega, proletario e militante della classe operaia, poeta e antifascista, uomo di pace e amico della nonviolenza
3. Ripetiamo ancora una volta...
4. Tre minime descrizioni della nonviolenza e cinque perorazioni per il disarmo
5. Segnalazioni librarie
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'
1. MAESTRI. MARTIN LUTHER KING: SONO STATO SULLA CIMA DELLA MONTAGNA
[Nuovamente riproduciamo il seguente testo e nuovamente ringraziamo l'indimenticabile amico Fulvio Cesare Manara. Il testo seguente e' quello dell'intervento tenuto nel tempio del vescovo Charles J. Mason, a Memphis, Tennessee, il 3 aprile 1968; Martin Luther King fu assassinato il giorno dopo]
E sapete, se mi trovassi al principio dei tempi, e avessi la possibilita' di godere della visione generale e panoramica di tutta la storia umana fino a oggi, e l'Onnipotente mi dicesse: "Martin Luther King, in quale epoca ti piacerebbe vivere?", io con la mente volerei sull'Egitto, e guarderei i figli di Dio compiere il loro meraviglioso tragitto dalle buie carceri dell'Egitto attraverso il Mar Rosso, nel deserto, e avanti verso la terra promessa. E nonostante la magnificenza della visione, non mi fermerei.
Proseguirei verso la Grecia, e con la mente mi rivolgerei al monte Olimpo. E vedrei Platone, Aristotele, Socrate, Euripide e Aristofane riuniti intorno al Partenone, e li guarderei passeggiare mentre dibattono gli eterni e grandi problemi della realta'. Ma non mi fermerei.
Andrei ancora avanti, fino all'epoca della massima fioritura dell'impero romano, e vedrei come si svolgono gli eventi, da un imperatore all'altro, da un condottiero all'altro. Ma non mi fermerei.
Passerei all'epoca del Rinascimento, per avere un rapido quadro di cio' che quel periodo ha fatto per la vita culturale ed estetica dell'uomo. Ma non mi fermerei.
Vorrei anche percorrere i luoghi dove ha vissuto l'uomo di cui porto il nome, e osserverei Martin Lutero affiggere le sue novantacinque tesi sul portale del duomo di Wittenberg. Ma non mi fermerei.
Poi arriverei al 1863, vedrei un presidente titubante di nome Abraham Lincoln arrivare finalmente alla conclusione di dover firmare il Proclama dell'emancipazione. Ma non mi fermerei.
Tornerei ai primi anni Trenta, e vedrei un uomo lottare per risolvere i problemi provocati dallo stato di bancarotta della nazione, e uscirsene con una eloquente esclamazione: "Non abbiamo da temere nient'altro che la nostra stessa paura". Ma non mi fermerei.
Cosa strana, mi rivolgerei all'Onnipotente e gli direi: "Se mi permetterai soltanto di vivere qualche anno nella seconda meta' del Ventesimo secolo, saro' contento".
*
Ebbene, e' un'affermazione strana, questa, perche' il mondo e' tutto sottosopra. Il paese e' malato; la terra e' in pena, c'e' grande confusione. E' un'affermazione strana. Ma in qualche modo io so che le stelle si possono vedere soltanto se e' abbastanza buio. E in questo periodo del XX secolo io vedo l'azione di Dio. Nel nostro mondo accade qualcosa; le masse si stanno sollevando; e oggi, dovunque si radunino, che sia a Johannesburg in Sudafrica; a Nairobi in Kenya; ad Accra nel Ghana; a New York; ad Atlanta in Georgia; a Jackson nel Mississippi; o a Memphis nel Tennessee, il grido e' sempre uguale: "Vogliamo essere liberi".
E c'e' un'altra ragione per cui sono contento di vivere nel nostro tempo: siamo stati costretti ad arrivare a un punto in cui dovremo affrontare i problemi che gli uomini hanno cercato di risolvere lungo tutta la storia. La sopravvivenza esige che li affrontiamo. Da anni ormai gli uomini parlano di guerra e di pace; ma ormai non possono piu' limitarsi a parlarne. A questo mondo non e' piu' questione di scegliere tra violenza e nonviolenza; si tratta di scegliere: o nonviolenza o nonesistenza. Ecco a che punto siamo oggi.
E anche nella rivoluzione dei diritti umani, se non si fa qualcosa, e in fretta, per far uscire i popoli di colore del mondo dai loro lunghi anni di poverta', dai lunghi anni in cui sono stati feriti e messi da parte, il mondo intero e' destinato alla rovina. Ebbene, io sono proprio contento che Dio mi abbia concesso di vivere in quest'epoca, di vedere lo svolgersi degli eventi. E sono contento che mi abbia concesso di essere qui a Memphis.
*
Ricordo, ricordo bene quando i neri si limitavano ad andare in giro, come ha detto tante volte Ralph, grattandosi dove non prudeva e ridendo quando nessuno faceva loro il solletico. Ma quei tempi sono finiti. Adesso facciamo sul serio, e siamo determinati a ottenere il posto che ci spetta di diritto nel mondo che Dio ha creato. E proprio qui sta il punto. Non abbiamo intrapreso una campagna di protesta negativa, non abbiamo intrapreso discussioni negative con nessuno; diciamo che siamo determinati a essere uomini; siamo determinati a essere popolo. Diciamo che siamo figli di Dio. E se siamo figli di Dio, non dobbiamo vivere come siamo costretti a vivere.
E dunque, che cosa significa tutto questo nella grande epoca storica che stiamo vivendo? Significa che dobbiamo restare uniti. Dobbiamo restare uniti e conservare l'unita'. Sapete, ogni volta che il faraone voleva prolungare il tempo della schiavitu' in Egitto, per riuscirci ricorreva al suo espediente prediletto. Quale era? Faceva in modo che gli schiavi combattessero fra loro. Ma ogni volta che gli schiavi sono uniti, nella corte del faraone succede qualcosa, e lui non riesce piu' a tenere schiavi gli schiavi. Quando gli schiavi si mettono insieme, comincia l'uscita dalla schiavitu'. Allora, conserviamo l'unita'.
Non permetteremo ai manganelli di fermarci. Nel nostro movimento nonviolento siamo maestri nel disarmare le forze di polizia; loro non sanno piu' che cosa fare. L'ho visto succedere tante volte. Mi ricordo a Birmingham, in Alabama, durante quella magnifica lotta, quando tutti i giorni partivamo dalla chiesa battista della sedicesima strada. Uscivamo dalla chiesa a centinaia, e Bull Connor ordinava di sguinzagliare i cani, e i cani arrivavano. Ma noi andavamo incontro ai cani cantando: "Non permettero' a nessuno di farmi tornare indietro". Poi Bull Connor diceva: "Aprite gli idranti". E, come vi dicevo l'altra sera, Bull Connor non conosceva la storia. Conosceva una specie di fisica che non so perche' non aveva nessun rapporto con la metafisica che conoscevamo noi. Si trattava del fatto che esiste un genere di fuoco che nessun'acqua riesce a spegnere. E noi andavamo incontro agli idranti. Noi conoscevamo l'acqua. Se eravamo battisti, o appartenevamo a qualche altra confessione cristiana, eravamo stati battezzati per immersione. Se eravamo metodisti, o di qualche altra confessione, eravamo stati spruzzati: ma in ogni modo, conoscevamo l'acqua. Non poteva fermarci.
Cosi', continuavamo a camminare incontro ai cani, e li guardavamo; e andavamo avanti, incontro agli idranti, e li guardavamo. E non facevamo altro che continuare a cantare: "Sopra la mia testa, nell'aria, vedo la liberta'".
E poi ci prendevano e ci mettevano nei cellulari, e a volte ci stavamo pigiati come sardine. E ci buttavano dentro, e il vecchio Bull diceva: "Portateli via". Loro lo facevano, e noi salivamo nel cellulare cantando "We Shall Overcome". E di tanto in tanto finivamo in prigione, e vedevamo i carcerieri guardare attraverso gli spioncini e commuoversi per le nostre preghiere e per le nostre parole e le nostre canzoni. C'era un potere in questo, al quale Bull Connor non riusciva ad abituarsi, e cosi' abbiamo finito col trasformare Bull [toro] in un vitello, e abbiamo vinto la nostra lotta di Birmingham.
Dobbiamo dedicarci a questa lotta fino alla fine. Non ci sarebbe tragedia peggiore che fermarsi a questo punto, a Memphis. Dobbiamo andare fino in fondo. Quando faremo la nostra marcia, dovete partecipare. Anche se vuol dire lasciare il lavoro, anche se vuol dire lasciare la scuola, venite lo stesso. Forse voi non siete in sciopero, ma o andremo su' insieme, o finiremo giu' insieme. Cerchiamo di sviluppare una specie pericolosa di altruismo.
*
Un giorno un uomo ando' a trovare Gesu', perche' voleva discutere con lui su argomenti riguardanti le questioni fondamentali della vita. Voleva tendere un trabocchetto a Gesu', e dimostrargli che lui sapeva qualcosa di piu' di Gesu', per riuscire a confonderlo. La questione sarebbe potuta senz'altro finire in una disputa filosofica e teologica. Invece Gesu' la fece subito scendere dalle nuvole, e la colloco' nella situazione di una curva pericolosa della strada fra Gerusalemme e Gerico. E si mise a parlare di un uomo che si era imbattuto nei briganti. Ricorderete che un levita e un sacerdote passarono sull'altro lato della strada: non si fermarono per aiutarlo. Alla fine, passo' un uomo di un'altra razza. Smonto' dalla cavalcatura, e decise di non essere compassionevole per procura. Si chino' su di lui, invece, gli presto' i primi soccorsi, aiuto' quell'uomo nel bisogno. Gesu' conclude dicendo che era lui l'uomo buono, era lui il grande uomo, perche' era capace di proiettare l'"io" nel "tu", e di prendersi cura del proprio fratello.
Ebbene, sapete, noi esercitiamo molta immaginazione nel tentativo di stabilire come mai il sacerdote e il levita non si sono fermati. A volte diciamo che avevano fretta di arrivare a un'assemblea ecclesiale, a un raduno di religiosi, e dovevano affrettarsi verso Gerusalemme per non arrivare in ritardo alla riunione. In altri casi possiamo ipotizzare che ci fosse una legge religiosa, per cui chi doveva svolgere una cerimonia religiosa non doveva toccare il corpo di un essere umano nelle ventiquattro ore precedenti la cerimonia stessa. E in qualche caso cominciamo a chiederci se forse per caso non stessero andando a Gerusalemme, o piuttosto a Gerico, per fondare un'Associazione per il perfezionamento della strada di Gerico. Potrebbe anche darsi. Magari pensavano che fosse meglio affrontare il problema partendo dalle radici, dalle cause, invece che lasciarsi impantanare in un risultato su scala individuale.
Ma io voglio raccontarvi che cosa mi suggerisce la mia immaginazione. Potrebbe darsi che quei due uomini abbiano avuto paura. Vedete, la strada di Gerico e' una strada pericolosa. Ricordo quando sono andato per la prima volta a Gerusalemme, insieme alla signora King. Avevamo noleggiato una macchina e viaggiavamo da Gerusalemme a Gerico. E appena arrivammo su quella strada io dissi a mia moglie: "Ora capisco perche' Gesu' ha scelto questo posto per ambientare la sua parabola". E' una strada tutta curve; proprio l'ideale per un agguato. E' una strada pericolosa. All'epoca di Gesu' aveva preso il nome di "Passo del sangue'. E allora, capite, puo' darsi che il sacerdote e il levita abbiano gettato un'occhiata a quell'uomo steso in terra e si siano chiesti se i briganti fossero ancora nei paraggi. Oppure, magari hanno pensato che l'uomo steso a terra facesse finta; che fingesse di essere stato derubato e ferito, per saltar loro addosso, che volesse attirarli per un assalto veloce e facile. Ah, si'. E quindi, la prima domanda che il sacerdote si fa, la prima domanda che il levita si fa, e' questa: "Se mi fermo a soccorrere quest'uomo, che cosa mi capitera'?".
Ma poi e' passato il buon samaritano, e ha rovesciato la domanda: "Se non mi fermo a soccorrere quest'uomo, che cosa gli succedera'?".
Ecco la domanda che avete di fronte stasera. Non e' "se mi fermo a dare una mano agli operai della nettezza urbana, che cosa succedera' al mio lavoro?". Non e' "se mi fermo a dare una mano agli operai della nettezza urbana, che cosa ne sara' delle ore che di solito passo nel mio studio di pastore tutti i giorni e tutte le settimane?". La domanda non e' "se mi fermo per soccorrere quest'uomo nel bisogno, che cosa mi accadra'?". La domanda e': "se non mi fermo per aiutare gli operai della nettezza urbana, che cosa accadra' a loro?". Questa e' la domanda.
Questa sera alziamoci con maggiore disponibilita'. Prendiamo posizione con maggiore determinazione. E continuiamo ad avanzare in queste giornate di grande potenza, in queste giornate di sfida, per far si' che l'America diventi come dovrebbe essere. Abbiamo l'occasione di rendere l'America migliore. E io voglio ringraziare Dio, ancora una volta, per avermi concesso di esser qui con voi.
*
Sapete, parecchi anni fa mi trovavo a New York per firmare le copie del mio primo libro. E mentre stavo seduto tutto preso da dediche e autografi, si avvicino' una donna nera, un'alienata. L'unica cosa che le sentii dire fu: "E' lei Martin Luther King?". Io guardavo in basso, perche' stavo scrivendo, e risposi: "Si'".
E un attimo dopo sentii qualcosa che mi dava un colpo sul petto. Prima che me ne rendessi conto, quella donna pazza mi aveva pugnalato. Mi portarono di corsa allo Harlem Hospital. Era un sabato pomeriggio, era gia' buio. La lama era andata in profondita', e dalla radiografia si vide che la punta sfiorava l'aorta, l'arteria principale. Se ti perforano l'aorta, anneghi nel tuo stesso sangue; sei finito. La mattina dopo, sul "New York Times" scrissero che se avessi anche solo starnutito, sarei morto.
Ebbene, a tre o quattro giorni dall'operazione, dopo che mi avevano aperto il torace e avevano estratto la lama, mi permisero di andare in giro per l'ospedale sulla sedia a rotelle. Mi lasciarono leggere un po' della posta che era arrivata per me: da tutti gli stati e dall'estero erano arrivate lettere gentili. Ne lessi qualcuna, ma ce n'e' una che non dimentichero' mai. Mi avevano scritto anche il presidente e il vicepresidente, ma ho dimenticato che cosa dicevano i loro telegrammi. Il governatore dello stato di New York era venuto a trovarmi e mi aveva scritto una lettera, ma ho dimenticato che cosa diceva la sua lettera.
C'era invece un'altra lettera, scritta da una bambina, una ragazzina che studiava al liceo di White Plains. Io guardai la sua lettera e non la dimentichero' mai. Diceva semplicemente: "Gentile professor King, frequento la quarta ginnasio nel liceo di White Plains". E continuava: "Non dovrebbe avere importanza, ma vorrei dire che sono bianca. Ho letto sul giornale della sua disgrazia e delle sue sofferenze. E ho letto anche che se avesse starnutito, sarebbe morto. E le scrivo semplicemente per dirle che sono tanto contenta che non abbia starnutito".
Vorrei dire che anch'io sono contento di non avere starnutito. Perche', se avessi starnutito, non mi sarei trovato da queste parti nel 1960, quando in tutto il Sud gli studenti cominciarono a prendere posto ai banchi delle caffetterie. E io sapevo che proprio mettendosi a sedere in realta' si stavano schierando a favore della parte migliore del sogno americano, e riportavano il paese a quelle grandi sorgenti della democrazia scavate dai padri fondatori nella Dichiarazione di indipendenza e nella Costituzione.
Se avessi starnutito, non mi sarei trovato da queste parti nel 1961, quando decidemmo di cominciare un viaggio per la liberta' e per mettere fine al segregazionismo sui mezzi di trasporto da uno stato all'altro.
Se avessi starnutito, non sarei stato da queste parti nel 1962, quando i neri di Albany, in Georgia, decisero di drizzare la schiena: e ogni volta che uomini e donne drizzano la schiena, riescono ad arrivare da qualche parte, perche' se stai diritto e non pieghi la schiena nessuno ti puo' montare addosso.
Se avessi starnutito, non sarei stato da queste parti nel 1963, quando la popolazione nera di Birmingham, nell'Alabama, e' riuscita a risvegliare la coscienza di questo paese e ottenere l'approvazione della legge sui diritti civili.
Se avessi starnutito, un po' piu' tardi in quello stesso anno, in agosto, non avrei avuto l'occasione di raccontare all'America di un sogno che avevo avuto.
Se avessi starnutito, non sarei stato a Selma, nell'Alabama, e non avrei assistito al grande movimento che si e' avuto in quella citta'.
Se avessi starnutito, non sarei venuto a Memphis per vedere una comunita' che si stringe intorno ai fratelli e alle sorelle che soffrono. Sono proprio contento di non avere starnutito.
*
Ho lasciato Atlanta stamani, e mentre stavamo per partire - sull'aereo eravamo in sei - il pilota ci ha detto, attraverso l'interfono: "Scusate il ritardo, ma abbiamo sull'aereo il professor Martin Luther King. E per assicurarci che tutte le valigie fossero state controllate, e per essere sicuri che sull'aeroplano fosse tutto in ordine, abbiamo dovuto verificare con cura tutto quanto. E abbiamo tenuto l'aereo sotto protezione e sorvegliato per tutta la notte".
Poi sono arrivato a Memphis. E alcuni hanno cominciato a riferire le minacce, o a parlare delle minacce che erano state fatte, o a dire quel che mi sarebbe potuto accadere a causa di qualche nostro fratello bianco malato.
Ebbene, non so che cosa accadro' d'ora in poi; ci aspettano giornate difficili. Ma davvero, per me non ha importanza, perche' sono stato sulla cima della montagna. E non m'importa. Come chiunque, mi piacerebbe vivere a lungo: la longevita' ha i suoi lati buoni. Ma adesso non mi curo di questo. Voglio fare soltanto la volonta' di Dio. E Lui mi ha concesso di salire fino alla vetta. Ho guardato al di la', e ho visto la terra promessa. Forse non ci arrivero' insieme a voi. Ma stasera voglio che sappiate che noi, come popolo, arriveremo alla terra promessa. E stasera sono felice. Non c'e' niente che mi preoccupi, non temo nessun uomo. I miei occhi hanno visto la gloria dell'avvento del Signore.
2. LETTERE. UNA PROPOSTA ALLE ORGANIZZAZIONI SINDACALI DEI LAVORATORI: IL PRIMO MAGGIO A VITERBO SI RICORDI ANCHE ALFIO PANNEGA, PROLETARIO E MILITANTE DELLA CLASSE OPERAIA, POETA E ANTIFASCISTA, UOMO DI PACE E AMICO DELLA NONVIOLENZA
Alle segreterie provinciali di Viterbo delle organizzazioni sindacali dei lavoratori
a tutte le iscritte e tutti gli iscritti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori
a tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori
Il primo maggio a Viterbo si ricordi Alfio Pannega
Carissime e carissimi,
come sicuramente ricorderete, in questo 2025 ricorre il centenario della nascita di Alfio Pannega, che in questa citta' e' stato testimone coraggioso e luminoso della lotta della classe lavoratrice per la giustizia e la solidarieta', per la dignita' e la liberazione di tutti gli esseri umani, per la difesa dell'intero mondo vivente, quest'unica casa comune che abbiamo e di cui tutte e tutti siamo insieme parte e custodi.
Proletario e militante della classe operaia, poeta e antifascista, uomo di pace e amico della nonviolenza, generoso nel condividere con tutte e tutti tutto il bene e tutti i beni, Alfio Pannega ci convoca ancora a proseguire la lotta per la liberta', l'eguaglianza, la fraternita' e la sorellanza di tutti gli esseri umani, per il bene comune dell'umanita' intera.
*
E fu proprio un primo maggio di quindici anni fa che si tennero i suoi funerali: il primo maggio del 2010.
Cosi' quest'anno ricorre il centenario della sua nascita, e questo primo maggio ricorre anche il quindicesimo anniversario delle sue esequie. E' quindi propizia l'occasione per ricordarlo proprio questo primo maggio, nella giornata di memoria e di lotta del movimento dei lavoratori.
*
Il discorso che fu tenuto dinanzi al feretro in quel primo maggio del 2010 si concludeva con queste parole:
"Alfio Pannega non e' mai stato riducibile a un'immaginetta pittoresca di una Viterbo che fu coi suoi antichi mestieri e le sue vetuste tradizioni che vanno scomparendo, non e' mai stato un personaggio museale, da mummificare e archiviare; al contrario: fino all'ultimo dei suoi giorni Alfio e' stato un vitale, ardente, consapevolissimo militante del movimento degli oppressi in lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani; per la difesa della natura che conosceva intimamente, essere vivente per essere vivente, animale per animale, pianta per pianta; per la liberazione dell'umanita' dallo sfruttamento e dall'oppressione, per l'uscita da questa preistoria verso il regno della liberta'.
Oggi e' il primo maggio, e per il movimento dei lavoratori e delle lavoratrici, per il movimento delle oppresse e degli oppressi, e' il giorno della memoria e dell'impegno per la liberazione dell'umanita' dalla violenza dello sfruttamento; e vedete come sono strane e imprevedibili le coincidenze della vita: accingendoci proprio in questo giorno a recare l'estremo saluto ad Alfio, l'indomito combattente antifascista e il lavoratore che conosceva per averli sperimentati tutti i piu' faticosi mestieri - di pastore e di contadino, di artigiano e di operaio -, per noi da oggi il primo maggio lo sara' due volte quell'appello alla lotta solidale contro l'ingiustizia: nel ricordo dei martiri di Chicago uccisi nell'Ottocento dalla violenza del potere perche' lottavano per i diritti dei lavoratori, e nel ricordo di Alfio: e' la stessa memoria, e' la stessa lotta.
Molti anni fa, commemorando Duilio Mainella, Sauro Sorbini concluse la sua orazione funebre col canto della Marsigliese, simbolo della lotta dell'umanita' contro la tirannide; vorrei oggi almeno ricordare le parole del refrain di quel canto composto un secolo dopo a rivendicare le ragioni dell'umanita' e della lotta per la sua liberazione proprio mentre la reazione persecutrice dilagava con la caccia all'uomo e le fucilazioni dei comunardi parigini, quel canto che e' l'Internazionale, che da quasi un secolo e mezzo e' il canto di quanti si levano a contrastare ogni oppressione: "Su', lottiam, l'ideale / nostro fine sara' / l'internazionale / futura umanita'".
Ed ora che, con quelle indimenticabili parole di Paolo nella seconda lettera a Timoteo, di Alfio Pannega possiamo dire che ha concluso la sua corsa dopo aver combattuto la buona battaglia senza perdere la tenerezza, ora che Alfio ha compiuto la sua vita che e' stata fino all'ultima ora la vita di un giusto, ora sta a noi che restiamo di essere fedeli a quello che ci ha donato, che ci ha insegnato, e testimoniarlo a nostra volta, con le parole ed ancor piu' con gli atti, continuando la sua lotta, continuando a mettere in pratica i suoi insegnamenti...".
Cosi' fu detto accompagnando il feretro alla sepoltura quindici anni fa.
*
In questo primo maggio 2025 in cui anche qui nella nostra citta' di Viterbo ricordiamo ancora una volta i nostri fratelli e le nostre sorelle che lo sfruttamento e la violenza dei sopraffattori hanno ucciso e continuano a uccidere ogni giorno; in cui argomentiamo ancora una volta le ragioni della nostra lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani; in cui riaffermiamo ancora una volta la volonta' comune di costruire una societa' giusta e solidale in cui da ciascuna persona sia dato a seconda delle sue capacita' ed a ciascuna persona sia dato a seconda dei suoi bisogni; in questo giorno in cui dichiariamo ancora una volta che ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'; che occorre quindi abolire la guerra e tutte le uccisioni; che occorre abolire il razzismo e tutte le persecuzioni; che occorre abolire la schiavitu' e tutte le oppressione; che occorre abolire il maschilismo che e' la prima radice e il primo paradigma di tutte le violenze; che occorre far cessare la barbarie dello sfruttamento e della distruzione della natura; che occorre inverare l'umanità dell'umanita'; ebbene, noi ricordiamo insieme il nostro amico e compagno Alfio Pannega, la sua testimonianza, il suo insegnamento, e insieme proseguiamo la sua lotta nonviolenta per il bene comune dell'umanita'.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi unitevi nella lotta comune per il bene comune, la liberazione e la salvezza dell'umanita'.
*
Carissime e carissimi,
buon primo maggio a tutte e tutti; e a tutte e tutti un forte abbraccio dal
"Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 17 aprile 2025
3. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
4. REPETITA IUVANT. TRE MINIME DESCRIZIONI DELLA NONVIOLENZA E CINQUE PERORAZIONI PER IL DISARMO
I. Tre minime descrizioni della nonviolenza
1. La nonviolenza non indossa il frac
La nonviolenza non la trovi al ristorante.
Non la incontri al circolo dei nobili.
Non frequenta la scuola di buone maniere.
E' sempre fuori dall'inquadratura delle telecamere delle televisioni.
La nonviolenza non fa spettacolo.
La nonviolenza non vende consolazioni.
La nonviolenza non guarda la partita.
E' nel conflitto che la nonviolenza agisce.
Dove vi e' chi soffre, li' interviene la nonviolenza.
Dove vi e' ingiustizia, li' interviene la nonviolenza.
Non la trovi nei salotti e nelle aule.
Non la trovi tra chi veste buoni panni.
Non la trovi dove e' lustra l'epidermide e non brontola giammai lo stomaco.
La nonviolenza e' dove c'e' la lotta per far cessare tutte le violenze.
La nonviolenza e' l'umanita' in cammino per abolire ogni sopraffazione.
Non siede nel consiglio di amministrazione.
Non si abbuffa coi signori eccellentissimi.
Non ha l'automobile, non ha gli occhiali da sole, non ha il costume da bagno.
Condivide la sorte delle oppresse e degli oppressi.
Quando vince rinuncia a ogni potere.
Non esiste nella solitudine.
Sempre pensa alla liberta' del prossimo, sempre pensa al riscatto del vinto,
sempre pensa ad abbattere i regimi e di poi a riconciliare gli animi.
Sa che il male e' nella ricchezza, sa che il bene e' la condivisione;
sa che si puo' e si deve liberare ogni persona e quindi questo vuole:
la liberta' di tutte, la giustizia, la misericordia.
La nonviolenza e' l'antibarbarie.
La nonviolenza e' il riconoscimento della dignita' di ogni essere vivente.
La nonviolenza e' questa compassione: sentire insieme, voler essere insieme,
dialogo infinito, colloquio corale, miracolo dell'incontro e della nascita;
l'intera umanita' unita contro il male e la morte;
si', se possiamo dirlo in un soffio e in un sorriso: tutti per uno, uno per tutti.
La nonviolenza e' la lotta che salva.
Ha volto e voce di donna, sa mettere al mondo il mondo,
il suo tocco risana le ferite, i suoi gesti sono limpida acqua, i suoi atti recano luce;
sempre lotta per la verita' ed il bene, usa solo mezzi coerenti
con il fine della verita' e del bene.
Sa che il mondo e' gremito di persone, cosi' fragili, smarrite e sofferenti.
Sa che la sua lotta deve esser la piu' ferma; e deve essere la piu' delicata.
Quando la plebe all'opra china si rialza: li' e' la nonviolenza.
Quando lo schiavo dice adesso basta, li' e' la nonviolenza.
Quando le oppresse e gli oppressi cominciano a lottare
per un'umanita' di persone tutte libere ed eguali in diritti,
li', li' e' la nonviolenza.
Quando ti svegli ed entri nella lotta, la nonviolenza gia' ti viene incontro.
La nonviolenza e' una buona cosa.
E' questa buona cosa che fai tu quando fai la cosa giusta e necessaria.
*
2. Breve litania della nonviolenza
La nonviolenza non e' la luna nel pozzo.
La nonviolenza non e' la pappa nel piatto.
La nonviolenza non e' il galateo del pappagallo.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' la ciancia dei rassegnati.
La nonviolenza non e' il bignami degli ignoranti.
La nonviolenza non e' il giocattolo degli intellettuali.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il cappotto di Gogol.
La nonviolenza non e' il cavallo a dondolo dei generali falliti.
La nonviolenza non e' la Danimarca senza il marcio.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' l'ascensore senza bottoni.
La nonviolenza non e' il colpo di carambola.
La nonviolenza non e' l'applauso alla fine dell'atto terzo.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il museo dell'esotismo.
La nonviolenza non e' il salotto dei perdigiorno.
La nonviolenza non e' il barbiere di Siviglia.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' la spiritosaggine degli impotenti.
La nonviolenza non e' la sala dei professori.
La nonviolenza non e' il capello senza diavoli.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il ricettario di Mamma Oca.
La nonviolenza non e' l'albero senza serpente.
La nonviolenza non e' il piagnisteo di chi si e' arreso.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' la quiete dopo la tempesta.
La nonviolenza non e' il bicchiere della staffa.
La nonviolenza non e' il vestito di gala.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il sapone con gli gnocchi.
La nonviolenza non e' il film al rallentatore.
La nonviolenza non e' il semaforo sempre verde.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il jolly pescato nel mazzo.
La nonviolenza non e' il buco senza la rete.
La nonviolenza non e' il fiume dove ti bagni due volte.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' l'abracadabra degli stenterelli.
La nonviolenza non e' il cilindro estratto dal coniglio.
La nonviolenza non e' il coro delle mummie del gabinetto.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' niente che si veda in televisione.
La nonviolenza non e' niente che si insegni dalle cattedre.
La nonviolenza non e' niente che si serva al bar.
La nonviolenza e' solo la lotta contro la violenza.
*
3. Della nonviolenza dispiegata al sole ad asciugare
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza la politica necessaria.
Chiamiamo nonviolenza l'occhio che vede e piange.
Chiamiamo nonviolenza la lotta per l'abolizione di tutte le guerre.
Chiamiamo nonviolenza la lotta che abroga ogni servitu'.
Chiamiamo nonviolenza questo accampamento notturno nel deserto.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza l'amicizia che non tradisce.
Chiamiamo nonviolenza il ponte di corda teso sull'abisso.
Chiamiamo nonviolenza la fine della paura della morte.
Chiamiamo nonviolenza la fine della minaccia della morte.
Chiamiamo nonviolenza aver visto e alba e tramonto con limpido cuore.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il tappeto volante.
Chiamiamo nonviolenza il voto unanime per la salvezza degli assenti.
Chiamiamo nonviolenza il cielo stellato.
Chiamiamo nonviolenza il rispetto della vita altrui.
Chiamiamo nonviolenza il sonno dei giusti e dei giusti la veglia.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il silenzio che non spaventa.
Chiamiamo nonviolenza la telefonata che ferma l'esecuzione.
Chiamiamo nonviolenza il libro che ti fa ridere e piangere.
Chiamiamo nonviolenza il viaggio senza bagagli.
Chiamiamo nonviolenza il suono dell'arcobaleno.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il pasto in comune.
Chiamiamo nonviolenza il miracolo della nascita.
Chiamiamo nonviolenza la voce che risponde.
Chiamiamo nonviolenza la porta che si apre allo straniero.
Chiamiamo nonviolenza la lotta contro la violenza.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il dono e la rinuncia.
Chiamiamo nonviolenza la leggerezza sui corpi.
Chiamiamo nonviolenza la parola che suscita le praterie.
Chiamiamo nonviolenza il soffio che estingue gli incendi.
Chiamiamo nonviolenza l'infinito respiro del mare.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza l'umanita' come dovrebbe essere.
Chiamiamo nonviolenza la coscienza del limite.
Chiamiamo nonviolenza il ritrovamento dell'anello di Salomone.
Chiamiamo nonviolenza gl'immortali principi dell'Ottantanove.
Chiamiamo nonviolenza l'ironia e la pazienza.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il riconoscimento della pluralita' delle persone e dei mondi.
Chiamiamo nonviolenza la distruzione di tutte le armi assassine.
Chiamiamo nonviolenza non nascondere la nostra ignoranza.
Chiamiamo nonviolenza rifiutarsi di mentire.
Chiamiamo nonviolenza la scelta di fare la cosa che salva le vite.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza una giornata di sole sulla strada.
Chiamiamo nonviolenza la scuola di Spartaco e della Rosa Rossa.
Chiamiamo nonviolenza la certezza morale del figlio della levatrice.
Chiamiamo nonviolenza la legge nuova del figlio del falegname.
Chiamiamo nonviolenza le tre ghinee di Virginia.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza questo atto di riconoscimento e di riconoscenza.
Chiamiamo nonviolenza il giro della borraccia.
Chiamiamo nonviolenza questo colloquio corale.
Chiamiamo nonviolenza la Resistenza antifascista.
Chiamiamo nonviolenza l'uscita dallo stato di minorita'.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza parlare e ascoltare.
Chiamiamo nonviolenza la stazione sempre aperta.
Chiamiamo nonviolenza lo specchio e la sorgente.
Chiamiamo nonviolenza sentire il dolore degli altri.
Chiamiamo nonviolenza prendersi cura del mondo.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
* * *
II. Cinque perorazioni per il disarmo
1. La prima politica e' il disarmo
La prima politica e' il disarmo
sostituire all'arte dell'uccidere
quella severa di salvare le vite
Senza disarmo il mondo tutto muore
senza disarmo le nuvole si ghiacciano
le lacrime diventano veleno
si crepano i marmi ne escono draghi
Senza disarmo ogni parola mente
senza disarmo ogni albero si secca
l'aria non porta piu' i suoni
la polvere colma i polmoni
Senza disarmo piovono scorpioni
senza disarmo in ogni piatto e' vomito
dal rubinetto esce sale e vetro
le scarpe stritolano le ossa dei piedi
Solo il disarmo frena le valanghe
solo il disarmo risana le ferite
solo il disarmo salva le vite
Salvare le vite e' il primo dovere
salvare le vite
il primo dovere
*
2. Piccolo dittico delle armi e del disarmo
I.
Le armi sanno a cosa servono
le armi non sbagliano la mira
le armi odiano le persone
quando le ammazzano poi vanno all'osteria
a ubriacarsi e a cantare fino all'alba
Le armi bevono il sangue
le armi mettono briglie e sella alle persone
poi le cavalcano fino a sfiancarle
affondano gli speroni per godere dei sussulti
della carne che soffre
Le armi non sentono ragione
una sola cosa desiderano: uccidere
e poi ancora uccidere
uccidere le persone
tutte le persone
Le armi la sanno lunga
fanno bella figura in televisione
sorridono sempre
parlano di cose belle
promettono miliardi di posti di lavoro
e latte e miele gratis per tutti
Le armi hanno la loro religione
hanno la scienza esatta degli orologi
hanno l'arte sottile del pennello
e del bulino e la sapienza grande
di trasformare tutto in pietra e vento
e della loro religione l'unico
articolo di fede dice: nulla
e nulla e nulla e nulla e nulla e nulla
e tutto ha da tornare ad esser nulla
Le armi ci guardano dal balcone
mentre ci affaccendiamo per le strade
ci fischiano e poi fanno finta di niente
ci gettano qualche spicciolo qualche caramella
cerini accesi mozziconi scampoli
di tela e schizzi di vernice e polpette
con dentro minuscole schegge di vetro
Sanno il francese hanno tutti i dischi
raccontano di quando in mongolfiera
e delle proprieta' nelle colonie d'oltremare
e delle ville tutte marmi e stucchi
t'invitano nel loro palco all'opera
ti portano al campo dei miracoli
Sanno le armi come farsi amare
e passo dopo passo addurti dove
hanno allestito la sala del banchetto
II.
Senza disarmo i panni stesi non si asciugano
senza disarmo la pizza diventa carbone
senza disarmo hai freddo anche con tre cappotti
Senza disarmo il fazzoletto ti strappa la mano
senza disarmo la maniglia della porta ti da' la scossa
senza disarmo le scarpe ti mangiano i piedi
Senza disarmo l'aria t'avvelena
senza disarmo il caffe' diventa sterco
senza disarmo dallo specchio uno ti spara
Senza disarmo il letto e' tutto spine
senza disarmo scordi tutte le parole
senza disarmo e' buio anche di giorno
Senza disarmo ogni casa brucia
senza disarmo quel che tocchi ghiaccia
senza disarmo tutto e' aceto e grandine
Senza disarmo la guerra non finisce
Senza disarmo finisce l'umanita'
*
3. In quanto le armi
In quanto le armi servono a uccidere
le persone, l'esistenza delle armi
e' gia' una violazione dei diritti umani.
Solo il disarmo salva le vite
solo il disarmo rispetta e difende gli esseri umani
solo il disarmo riconosce e restituisce
umanita' all'umanita'.
Solo con il disarmo
la civilta' rinasce
il sole sorge ancora
fioriscono i meli
tornano umani gli esseri umani.
*
4. Del non uccidere argomento primo
Si assomigliano come due fratelli
Abele e Caino, nessuno dei due
sa chi sara' la vittima, chi l'assassino.
Non c'e' netto un confine
tra bene e male
e l'occhio non distingue
zucchero e sale.
In questo laborioso labirinto
che non ha uscita
non esser tu del novero di quelli
che ad altri strappano la breve vita.
Mantieni l'unica vera sapienza:
come vorresti esser trattato tu
le altre persone tratta.
Da te l'umanita' non sia disfatta.
Sull'orlo dell'abisso scegli sempre
di non uccidere, di opporti a ogni uccisione,
ad ogni guerra, ogni arma, ogni divisa:
ogni plotone e' di esecuzione.
Non c'e' netto un confine
tra bene e male
e l'occhio non distingue
zucchero e sale.
Si assomigliano come due fratelli
Abele e Caino, nessuno dei due
sa chi sara' la vittima, chi l'assassino.
*
5. Poiche' vi e' una sola umanita'
Poiche' vi e' una sola umanita'
noi dichiariamo che ogni essere umano
abbia rispetto e solidarieta'
da chiunque altro sia essere umano.
Nessun confine puo' la dignita'
diminuire umana, o il volto umano
sfregiare, o denegar la qualita'
umana propria di ogni essere umano.
Se l'edificio della civilta'
umana ha un senso, ed esso non e' vano,
nessuno allora osi levar la mano
contro chi chiede ospitalita'.
Se la giustizia e se la liberta'
non ciancia, bensi' pane quotidiano
hanno da essere, cosi' il lontano
come il vicino merita pieta'.
Nel condividere e' la verita'
ogni volto rispecchia il volto umano
nel mutuo aiuto e' la felicita'
ogni diritto e' un diritto umano.
Se vero e' che tutto finira'
non prevarra' la morte sull'umano
soltanto se la generosita'
sara' la legge di ogni essere umano.
La nonviolenza e' questa gaia scienza
che lotta per salvar tutte le vite
la nonviolenza e' questa lotta mite
e intransigente contro ogni violenza.
5. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Eva di Stefano, Klimt, Giunti-Rcs, Firenze-Milano 2025, pp. 128, euro 9,90.
*
Riletture
- Alessandro Martire, I leggendari guerrieri delle praterie, Altravista, Lungavilla (Pv) 2014, pp. 322.
- Nico Pitrelli, L'uomo che restitui' la parola ai matti, Editori Riuniti, Roma 2004, pp. 164.
*
Riedizioni
- Stefania Andreoli, Mio figlio e' normale?, Mondadori, Milano 2020, Rcs, Milano 2025, pp. 352, euro 9,99 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Franco Cardini, Alessandro Vanoli, La via della seta, Il Mulino, Bologna 2017, Rcs, Milano 2025, pp. XXII + 346, euro 9,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Mo Yan, I tredici passi, Einaudi, Torino 2019, Gedi, Torino 2025, pp. 368, euro 9,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").
6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
7. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5540 del 19 aprile 2025
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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