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[Nonviolenza] Telegrammi. 5463
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 5463
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Fri, 31 Jan 2025 15:34:04 +0100
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5463 del primo febbraio 2025
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Hannah Arendt: La Resistenza nonviolenta in Danimarca
2. Alcune pubblicazioni di e su Hannah Arendt
3. "Amazon Watch": Un momento per celebrare la liberta' di Leonard Peltier
4. Associazione per i Popoli Minacciati: L'attivista indigeno per i diritti civili Leonard Peltier viene rilasciato dal carcere: un importante gesto di giustizia
5. Andrea De Lotto: Leonard Peltier sta per tornare a casa
6. One Billion Rising Italia: Appello alla partecipazione a "One Billion Rising" 2025
7. Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'
1. TESTI. HANNAH ARENDT: LA RESISTENZA NONVIOLENTA IN DANIMARCA
[Da Hannah Arendt, La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme, Feltrinelli, Milano 1964, 1993, alle pp. 177-182. E' un brano che abbiamo gia' altre volte riprodotto su questo foglio.
Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975]
La storia degli ebrei danesi e' una storia sui generis, e il comportamento della popolazione e del governo danese non trova riscontro in nessun altro paese d'Europa, occupato o alleato dell'Asse o neutrale e indipendente che fosse. Su questa storia si dovrebbero tenere lezioni obbligatorie in tutte le universita' ove vi sia una facolta' di scienze politiche, per dare un'idea della potenza enorme della nonviolenza e della resistenza passiva, anche se l'avversario e' violento e dispone di mezzi infinitamente superiori. Certo, anche altri paesi d'Europa difettavano di "comprensione per la questione ebraica", e anzi si puo' dire che la maggioranza dei paesi europei fossero contrari alle soluzioni "radicali" e "finali". Come la Danimarca, anche la Svezia, l'Italia e la Bulgaria si rivelarono quasi immuni dall'antisemitismo, ma delle tre di queste nazioni che si trovavano sotto il tallone tedesco soltanto la danese oso' esprimere apertamente cio' che pensava. L'Italia e la Bulgaria sabotarono gli ordini della Germania e svolsero un complicato doppio gioco, salvando i loro ebrei con un tour de force d'ingegnosita', ma non contestarono mai la politica antisemita in quanto tale. Era esattamente l'opposto di quello che fecero i danesi. Quando i tedeschi, con una certa cautela, li invitarono a introdurre il distintivo giallo, essi risposero che il re sarebbe stato il primo a portarlo, e i ministri danesi fecero presente che qualsiasi provvedimento antisemita avrebbe provocato le loro immediate dimissioni. Decisivo fu poi il fatto che i tedeschi non riuscirono nemmeno a imporre che si facesse una distinzione tra gli ebrei di origine danese (che erano circa seimilaquattrocento) e i millequattrocento ebrei di origine tedesca che erano riparati in Danimarca prima della guerra e che ora il governo del Reich aveva dichiarato apolidi. Il rifiuto opposto dai danesi dovette stupire enormemente i tedeschi, poiche' ai loro occhi era quanto mai "illogico" che un governo proteggesse gente a cui pure aveva negato categoricamente la cittadinanza e anche il permesso di lavorare. (Dal punto di vista giuridico, prima della guerra la situazione dei profughi in Danimarca non era diversa da quella che c'era in Francia, con la sola differenza che la corruzione dilagante nella vita amministrativa della Terza Repubblica permetteva ad alcuni di farsi naturalizzare, grazie a mance o "aderenze", e a molti di lavorare anche senza un permesso; la Danimarca invece, come la Svizzera, non era un paese pour se debrouiller). I danesi spiegarono ai capi tedeschi che siccome i profughi, in quanto apolidi, non erano piu' cittadini tedeschi, i nazisti non potevano pretendere la loro consegna senza il consenso danese. Fu uno dei pochi casi in cui la condizione di apolide si rivelo' un buon pretesto, anche se naturalmente non fu per il fatto in se' di essere apolidi che gli ebrei si salvarono, ma perche' il governo danese aveva deciso di difenderli. Cosi' i nazisti non poterono compiere nessuno di quei passi preliminari che erano tanto importanti nella burocrazia dello sterminio, e le operazioni furono rinviate all'autunno del 1943.
Quello che accadde allora fu veramente stupefacente; per i tedeschi, in confronto a cio' che avveniva in altri paesi d'Europa, fu un grande scompiglio. Nell'agosto del 1943 (quando ormai l'offensiva tedesca in Russia era fallita, l'Afrika Korps si era arreso in Tunisia e gli Alleati erano sbarcati in Italia) il governo svedese annullo' l'accordo concluso con la Germania nel 1940, in base al quale le truppe tedesche avevano il diritto di attraversare la Svezia. A questo punto i danesi decisero di accelerare un po' le cose: nei cantieri della Danimarca ci furono sommosse, gli operai si rifiutarono di riparare le navi tedesche e scesero in sciopero. Il comandante militare tedesco proclamo' lo stato d'emergenza e impose la legge marziale, e Himmler penso' che fosse il momento buono per affrontare il problema ebraico, la cui "soluzione" si era fatta attendere fin troppo. Ma un fatto che Himmler trascuro' fu che (a parte la resistenza danese) i capi tedeschi che ormai da anni vivevano in Danimarca non erano piu' quelli di un tempo. Non solo il generale von Hannecken, il comandante militare, si rifiuto' di mettere truppe a disposizione del dott. Werner Best, plenipotenziario del Reich; ma anche le unita' speciali delle SS (gli Einsatzkommandos) che lavoravano in Danimarca trovarono molto da ridire sui "provvedimenti ordinati dagli uffici centrali", come disse Best nella deposizione che rese poi a Norimberga. E lo stesso Best, che veniva dalla Gestapo ed era stato consigliere di Heydrich e aveva scritto un famoso libro sulla polizia e aveva lavorato per il governo militare di Parigi con piena soddisfazione dei suoi superiori, non era piu' una persona fidata, anche se non e' certo che a Berlino se ne rendessero perfettamente conto. Comunque, fin dall'inizio era chiaro che le cose non sarebbero andate bene, e l'ufficio di Eichmann mando' allora in Danimarca uno dei suoi uomini migliori, Rolf Guenther, che sicuramente nessuno poteva accusare di non avere la necessaria "durezza". Ma Guenther non fece nessuna impressione ai suoi colleghi di Copenhagen, e von Hannecken si rifiuto' addirittura di emanare un decreto che imponesse a tutti gli ebrei di presentarsi per essere mandati a lavorare.
Best ando' a Berlino e ottenne la promessa che tutti gli ebrei danesi sarebbero stati inviati a Theresienstadt, a qualunque categoria appartenessero - una concessione molto importante, dal punto di vista dei nazisti. Come data del loro arresto e della loro immediata deportazione (le navi erano gia' pronte nei porti) fu fissata la notte del primo ottobre, e non potendosi fare affidamento ne' sui danesi ne' sugli ebrei ne' sulle truppe tedesche di stanza in Danimarca, arrivarono dalla Germania unita' della polizia tedesca, per effettuare una perquisizione casa per casa. Ma all'ultimo momento Best proibi' a queste unita' di entrare negli alloggi, perche' c'era il rischio che la polizia danese intervenisse e, se la popolazione danese si fosse scatenata, era probabile che i tedeschi avessero la peggio. Cosi' poterono essere catturati soltanto quegli ebrei che aprivano volontariamente la porta. I tedeschi trovarono esattamente 477 persone (su piu' di 7.800) in casa e disposte a lasciarli entrare. Pochi giorni prima della data fatale un agente marittimo tedesco, certo Georg F. Duckwitz, probabilmente istruito dallo stesso Best, aveva rivelato tutto il piano al governo danese, che a sua volta si era affrettato a informare i capi della comunita' ebraica. E questi, all'opposto dei capi ebraici di altri paesi, avevano comunicato apertamente la notizia ai fedeli, nelle sinagoghe, in occasione delle funzioni religiose del capodanno ebraico. Gli ebrei ebbero appena il tempo di lasciare le loro case e di nascondersi, cosa che fu molto facile perche', come si espresse la sentenza, "tutto il popolo danese, dal re al piu' umile cittadino", era pronto a ospitarli.
Probabilmente sarebbero dovuti rimanere nascosti per tutta la durata della guerra se la Danimarca non avesse avuto la fortuna di essere vicina alla Svezia. Si ritenne opportuno trasportare tutti gli ebrei in Svezia, e cosi' si fece con l'aiuto della flotta da pesca danese. Le spese di trasporto per i non abbienti (circa cento dollari a persona) furono pagate in gran parte da ricchi cittadini danesi, e questa fu forse la cosa piu' stupefacente di tutte, perche' negli altri paesi gli ebrei pagavano da se' le spese della propria deportazione, gli ebrei ricchi spendevano tesori per comprarsi permessi di uscita (in Olanda, Slovacchia e piu' tardi Ungheria), o corrompendo le autorita' locali o trattando "legalmente" con le SS, le quali accettavano soltanto valuta pregiata e, per esempio in Olanda, volevano dai cinquemila ai diecimila dollari per persona. Anche dove la popolazione simpatizzava per loro e cercava sinceramente di aiutarli, gli ebrei dovevano pagare se volevano andar via, e quindi le possibilita' di fuggire, per i poveri, erano nulle.
Occorse quasi tutto ottobre per traghettare gli ebrei attraverso le cinque-quindici miglia di mare che separano la Danimarca dalla Svezia. Gli svedesi accolsero 5.919 profughi, di cui almeno 1.000 erano di origine tedesca, 1.310 erano mezzi ebrei e 686 erano non ebrei sposati ad ebrei. (Quasi la meta' degli ebrei di origine danese rimase invece in Danimarca, e si salvo' tenendosi nascosta). Gli ebrei non danesi si trovarono bene come non mai, giacche' tutti ottennero il permesso di lavorare. Le poche centinaia di persone che la polizia tedesca era riuscita ad arrestare furono trasportate a Theresienstadt: erano persone anziane o povere, che o non erano state avvertite in tempo o non avevano capito la gravita' della situazione. Nel ghetto godettero di privilegi come nessun altro gruppo, grazie all'incessante campagna che in Danimarca fecero su di loro le autorita' e privati cittadini. Ne perirono quarantotto, una percentuale non molto alta, se si pensa alla loro eta' media. Quando tutto fu finito, Eichmann si senti' in dovere di riconoscere che "per varie ragioni" l'azione contro gli ebrei danesi era stata un "fallimento"; invece quel singolare individuo che era il dott. Best dichiaro': "Obiettivo dell'operazione non era arrestare un gran numero di ebrei, ma ripulire la Danimarca dagli ebrei: ed ora questo obiettivo e' stato raggiunto".
L'aspetto politicamente e psicologicamente piu' interessante di tutta questa vicenda e' forse costituito dal comportamento delle autorita' tedesche insediate in Danimarca, dal loro evidente sabotaggio degli ordini che giungevano da Berlino. A quel che si sa, fu questa l'unica volta che i nazisti incontrarono una resistenza aperta, e il risultato fu a quanto pare che quelli di loro che vi si trovarono coinvolti cambiarono mentalita'. Non vedevano piu' lo sterminio di un intero popolo come una cosa ovvia. Avevano urtato in una resistenza basata su saldi principi, e la loro "durezza" si era sciolta come ghiaccio al sole permettendo il riaffiorare, sia pur timido, di un po' di vero coraggio. Del resto, che l'ideale della "durezza", eccezion fatta forse per qualche bruto, fosse soltanto un mito creato apposta per autoingannarsi, un mito che nascondeva uno sfrenato desiderio di irreggimentarsi a qualunque prezzo, lo si vide chiaramente al processo di Norimberga, dove gli imputati si accusarono e si tradirono a vicenda giurando e spergiurando di essere sempre stati "contrari" o sostenendo, come fece piu' tardi anche Eichmann, che i loro superiori avevano abusato delle loro migliori qualita'. (A Gerusalemme Eichmann accuso' "quelli al potere" di avere abusato della sua "obbedienza": "il suddito di un governo buono e' fortunato, il suddito di un governo cattivo e' sfortunato: io non ho avuto fortuna"). Ora avevano perduto l'altezzosita' d'un tempo, e benche' i piu' di loro dovessero ben sapere che non sarebbero sfuggiti alla condanna, nessuno ebbe il fegato di difendere l'ideologia nazista.
2. REPETITA IUVANT. ALCUNE PUBBLICAZIONI DI E SU HANNAH ARENDT
- Hannah Arendt, Il concetto d'amore in Agostino, Se, Milano 1992, pp. 168.
- Hannah Arendt, La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme, Feltrinelli, Milano 1964, 1993, pp. 318.
- Hannah Arendt, La vita della mente, Il Mulino, Bologna 1987, 1993, pp. 630.
- Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, Comunita', Milano 1967, 1999, Einaudi, Torino 2004, Mondadori, Milano 2010, pp. LXXXIV + 710.
- Hannah Arendt, Rahel Varnhagen, Il Saggiatore, Milano 1988, 2004, pp. XLVI + 292 (+ un inserto fotografico di 16 pp.).
- Hannah Arendt, Sulla rivoluzione, Comunita', Milano 1983, 1996, pp. LXXVIII + 342.
- Hannah Arendt, Tra passato e futuro, Garzanti, Milano 1991, pp. 312.
- Hannah Arendt, Vita Activa. La condizione umana, Bompiani, Milano 1964, 1994, pp. XXXIV + 286.
- Hannah Arendt, Antologia, Feltrinelli, Milano 2006, pp. XXXVIII + 246.
- Hannah Arendt, Il pensiero secondo. Pagine scelte, Rcs, Milano 1999, pp. II + 238.
- Hannah Arendt, Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001, pp. 272.
- Hannah Arendt, Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003, pp. XXVI + 230.
- Hannah Arendt, Alcune questioni di filosofia morale, trad. it., Einaudi, Torino 2003, pp. X + 116.
- Hannah Arendt, Che cos'e' la politica, Comunita', Milano 1995, 1997, Einaudi, Torino 2001, 2006, pp. XIV + 194.
- Hannah Arendt, Disobbedienza civile, Chiarelettere, Milano 2017, 2019, pp. XXIV + 72.
- Hannah Arendt, Ebraismo e modernita', Unicopli, Milano 1986, Feltrinelli, Milano 1993, pp. 232.
- Hannah Arendt, Humanitas mundi. Scritti su Karl Jaspers, Mimesis, Milano-Udine 2015, pp. 102.
- Hannah Arendt, Il futuro alle spalle, Il Mulino, Bologna 1981, 1995, pp. X + 166.
- Hannah Arendt, Illuminismo e questione ebraica, Cronopio, Napoli 2009, pp. 48.
- Hannah Arendt, Il pescatore di perle. Walter Benjamin 1892-1940, Mondadori, Milano 1993, pp. VI + 106.
- Hannah Arendt, Il razzismo prima del razzismo, Castelvecchi, Roma 2018, pp. 80.
- Hannah Arendt, La lingua materna, Mimesis, Milano-Udine 1993, 2005, 2019, pp. 114.
- Hannah Arendt, La menzogna in politica, Marietti 1820, Bologna 2006, 2018, 2019, pp. XXXVIII + 88.
- Hannah Arendt, L'ebreo come paria. Una tradizione nascosta, Giuntina, Firenze 2017, pp. 68.
- Hannah Arendt, L'umanita' in tempi bui, Cortina, Milano 2006, 2019, pp. 90.
- Hannah Arendt, Marx e la tradizione del pensiero politico occidentale, Raffaello Cortina Editore, Milano 2016, pp. 168.
- Hannah Arendt, Per un'etica della repsonsabilita'. Lezioni di teoria politica, Mimesis, Milano-Udine 2017, pp. 152.
- Hannah Arendt, Politica ebraica, Cronopio, Napoli 2013, pp. 312.
- Hannah Arendt, Politica e menzogna, Sugarco, Milano 1985, pp. 288.
- Hannah Arendt, Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004, pp. XXXII + 238.
- Hannah Arendt, Ritorno in Germania, Donzelli, Roma 1996, pp. 64.
- Hannah Arendt, Socrate, Raffaello Cortina Editore, Milano 2015, pp. 126.
- Hannah Arendt, Sulla violenza, Guanda, Parma 1996, pp. 96.
- Hannah Arendt, Verita' e politica, Bollati Boringhieri, Torino 1995, pp. 98.
- Hannah Arendt, Verita' e umanita', Mimesis, Milano-Udine 2014, pp. 76.
- Hannah Arendt, Quaderni e diari, Neri Pozza, 2007, pp. 656.
- Hannah Arendt - Karl Jaspers, Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989, pp. XXIV + 248.
- Hannah Arendt - Mary McCarthy, Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999, pp. 720.
- Hannah Arendt - Kurt Blumenfeld, Carteggio 1933-1963, Ombre corte, Verona 2015, pp. 280.
- Hannah Arendt - Martin Heidegger, Lettere 1925-1975, Einaudi, Torino 2000, 2007, pp. VI + 320 (+ un inserto fotografico di 16 pp.).
- Hannah Arendt - Joachim Fest, Eichmann o la banalita' del male. Interviste, lettere, documenti, Giuntina, Firenze 2013, 2014, pp. 222.
- Hannah Arendt - Walter Benjamin, L'angelo della storia. Testi, lettere, documenti, Giuntina, Firenze 2017, 2018, pp. 270.
- Hannah Arendt - Guenther Anders, Scrivimi qualcosa di te. Lettere e documenti, Carocci, Roma 2017, pp. XII + 194.
- Hannah Arendt, L'amicizia e la Shoah. Corrispondenza con Leni Yahil, Edb, Bologna 2017, pp. 112.
- Hannah Arendt, Guenther Stern-Anders, Le Elegie duinesi di R. M. Rilke, Asterios, Trieste 2014, 2019, pp. 80.
- AA. VV., Hannah Arendt e la questione sociale, a cura di Ilaria Possenti, volume monografico di "aut aut", n. 386, giugno 2020, Il Saggiatore, Milano 2020.
- Guenther Anders, La battaglia delle ciliege, Donzelli, Roma 2015.
- Laura Boella, Hannah Arendt. Agire politicamente. Pensare politicamente, Feltrinelli, Milano 1995.
- Laura Boella, Hannah Arendt. Un umanesimo difficile, Feltrinelli, Milano 2020.
- Adriana Cavarero, Arendt e la banalita' del male, Gedi, Roma 2019.
- Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996.
- Elzbieta Ettinger, Hannah Arendt e Martin Heidegger. Una storia d'amore, Garzanti, Milano 2000.
- Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995.
- Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999.
- Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994.
- Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001.
- Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000.
- Olivia Guaraldo, Arendt, Rcs, Milano 2014.
- Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999.
- Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005.
- Ana Nuno, Hannah Arendt, Rba, Milano 2019.
- Alois Prinz, Io, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1999, 2009.
- Paul Ricoeur, Hannah Arendt, Morcelliana, Brescia 2017.
- Cristina Sanchez, Arendt. La politica in tempi bui, Hachette, Milano 2015.
- Agustin Serrano de Haro, Hannah Arendt, Rba, Milano 2018.
- Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994.
3. DOCUMENTAZIONE. "AMAZON WATCH": UN MOMENTO PER CELEBRARE LA LIBERTA' DI LEONARD PELTIER
[Dal sito www.amazonwatch.org riprendiamo e diffondiamo]
"Vinceremo perche' l'arco dell'universo morale e' lungo, ma si piega alla giustizia"
(Martin Luther King Jr.)
Ieri abbiamo appreso la monumentale notizia che Leonard Peltier, membro della Turtle Mountain Band of Chippewa e il piu' longevo prigioniero politico nativo americano nella storia degli Stati Uniti, ha ottenuto la clemenza presidenziale dal presidente Joe Biden.
Mentre restiamo vigili nell'opporci alle azioni pericolose dell'amministrazione Trump, ci fermiamo anche a celebrare questo momento profondo. Leonard Peltier, ora 80enne, si riunira' finalmente alla sua famiglia nelle terre dei suoi antenati dopo quasi cinque decenni di ingiusta prigionia.
La storia di Peltier e' una storia di resilienza e ingiustizia. Nel 1973, lui e altri attivisti dell'American Indian Movement (AIM) si schierarono al fianco del popolo Oglala Lakota nella storica rioccupazione di Wounded Knee, nel Dakota del Sud, il luogo del massacro del 1890. Sebbene l'occupazione si fosse conclusa tramite trattative, i membri dell'AIM sopportarono anni di molestie da parte dell'FBI, culminate nei tragici eventi del 1975 nella riserva indiana di Pine Ridge, che causarono la morte di due agenti dell'FBI e di un giovane nativo. Nonostante i difetti evidenti nel suo processo, tra cui prove soppresse e testimonianze ritrattate, Peltier fu dichiarato colpevole e condannato a due ergastoli consecutivi.
Per decenni, Leonard ha sostenuto la sua innocenza, mentre i suoi sostenitori in tutto il mondo hanno combattuto instancabilmente per la sua liberazione. A tutti coloro che hanno agito online, hanno chiesto la sua liberta' e hanno amplificato la sua storia: grazie. I vostri sforzi hanno reso possibile questa vittoria.
Di fronte alle immense sfide odierne, prendiamoci un momento per riconoscere questo trionfo atteso da tempo. Il ritorno a casa di Leonard Peltier e' un promemoria del potere della solidarieta' e della duratura lotta per la giustizia. E' importante ricordare che insieme possiamo continuare a piegare l'arco della storia verso un futuro piu' luminoso e piu' giusto per tutti.
4. DOCUMENTAZIONE. ASSOCIAZIONE PER I POPOLI MINACCIATI: L'ATTIVISTA INDIGENO PER I DIRITTI CIVILI LEONARD PELTIER VIENE RILASCIATO DAL CARCERE: UN IMPORTANTE GESTO DI GIUSTIZIA
[Dal sito www.popoli-min.it riprendiamo e diffondiamo il seguente comunicato del 21 gennaio 2025]
L'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) accoglie con favore la decisione di Joe Biden di commutare la condanna all'ergastolo dell'attivista indigeno per i diritti civili Leonard Peltier in arresti domiciliari, come uno dei suoi ultimi atti ufficiali da Presidente degli Stati Uniti. Leonard Peltier e' stato imprigionato per decenni, anche se la sua colpevolezza per la morte di due agenti dell'FBI non e' mai stata provata. La tardiva decisione di Joe Biden di rilasciarlo almeno agli arresti domiciliari da' ora all'attivista indigeno, gravemente malato, l'opportunita' di trascorrere dignitosamente i suoi ultimi anni di vita.
L'ingiustizia sistematica dello Stato americano nei confronti dei nativi americani ha lasciato ferite profonde. La scarcerazione di Peltier e' un segno importante di giustizia e riconciliazione. Ci auguriamo che il ritorno nella sua comunita' abbia un impatto positivo sulla salute dell'ottantenne, che ora potra' ricevere cure mediche adeguate. Peltier e' stato sottoposto a condizioni disumane nel carcere di massima sicurezza. Soffre di diabete e di problemi cardiaci e sta diventando sempre piu' cieco. A febbraio, l'avvocato di Peltier ha denunciato l'inadeguatezza delle cure mediche di base; ad esempio, Peltier non ha ricevuto cure dentistiche per dieci anni e ha perso tutti i denti.
Leonard Peltier e' un noto attivista dell'American Indian Movement (AIM), che si batte per i diritti degli indigeni. Nel 1977 e' stato condannato a due ergastoli per il suo presunto ruolo in una sparatoria nella riserva di Pine Ridge. Nella sparatoria del 26 giugno 1975 rimasero uccisi due agenti dell'FBI e un giovane membro dell'American Indian Movement. Ancora oggi non e' stata fatta piena luce su quanto accadde all'epoca. Peltier, che fu condannato per omicidio, ha sempre sostenuto la sua innocenza. Il processo contro di lui fu caratterizzato da prove discutibili e pregiudizi razzisti. Gli esami balistici rivelarono che i colpi fatali non erano stati sparati dalla sua arma. In seguito si e' saputo che l'FBI aveva estorto le dichiarazioni dei testimoni. Non c'erano e non ci sono prove della sua colpevolezza. Non gli e' mai stata concessa una revisione della sentenza o un nuovo processo.
Sostenitori illustri come il defunto premio Nobel per la pace Desmond Tutu, artisti come Harry Belafonte e Robert Redford, numerosi politici del Bundestag tedesco, del Parlamento europeo e del Congresso degli Stati Uniti chiedono da decenni il rilascio di Peltier. Anche James H. Reynolds, ex pubblico ministero coinvolto nelle indagini contro Peltier, si e' espresso a favore della grazia. L'APM si batte per la liberazione di Peltier sin dal mandato di Jimmy Carter (1977-1981) e recentemente aveva lanciato un appello a Joe Biden affinche' concedesse la grazia a Peltier prima della fine del suo mandato di Presidente degli Stati Uniti.
5. DOCUMENTAZIONE. ANDREA DE LOTTO: LEONARD PELTIER STA PER TORNARE A CASA
[Dalla mailing list di "Utopia rossa" riprendiamo e diffondiamo]
Joe Biden alla fine ha firmato. Il prossimo 6 febbraio saranno 49 anni che Peltier avra' trascorso in carcere. Se Biden ha firmato il 20 gennaio, ci vorranno diverse settimane perche' quest'uomo esca definitivamente di galera. Lo aspettiamo a braccia aperte.
Ma perche' vi era entrato quel 6 febbraio del 1976?
Il 26 giugno precedente vi era stato un violentissimo scontro a fuoco nella riserva di Pine Ridge in South Dakota. Alla fine della giornata rimanevano a terra, morti, due agenti dell'FBI (i due che avevano provocato il tutto) e uno dei nativi dell'American Indian Movement (movimento che in quegli anni vedeva molti nativi americani impegnati in un'ennesima lotta per i diritti dei loro popoli). Del nativo, come sempre, non interesso' mai nulla, ma alla morte dei due agenti dell'FBI doveva seguire invece una pesantissima vendetta. I ricercati furono tre. I primi due che vennero arrestati, Bob Robideau e Dino Butler, ebbero un processo giusto, vennero assolti, il giudice disse che non vi erano prove contro di loro, ma, anche fossero stati loro, sarebbe stata legittima difesa. Quel giorno erano stati sparati 35mila colpi, in gran parte dagli agenti pervenuti subito dopo sul posto.
L'arresto di Leonard Peltier avvenne appunto il 6 febbraio seguente in Canada. Gli Usa ottennero l'estradizione con prove false e, subito dopo, montarono un processo in altra citta' (Fargo) con altro giudice (di fama razzista) e con una giuria tutta di bianchi. In poco tempo ebbero quello che pretendevano: due ergastoli per Peltier.
Avevano trovato il capro espiatorio che, entrato in carcere a 31 anni, vi e' rimasto fino agli 80 suonati.
Le campagne per la sua liberazione iniziarono subito. Che il processo fosse stato una farsa era chiaro a tutti, che le prove non fossero attendibili e soprattutto che nuove prove a sua difesa non fossero state accettate in seguito. Ma fu l'FBI che tenne chiusa quella porta per tutti questi anni.
Per la sua liberazione si spesero tempo, energie, forze, di centinaia di persone che in diversi luoghi del pianeta, spesso avvicendandosi, hanno continuato a tener viva l'attenzione su una vicenda che lentamente rischiava di finire nel dimenticatoio.
Centinaia di migliaia di firme raccolte, molte di nomi autorevoli (che non stiamo ad elencare), decine, centinaia di presidi, marce, manifestazioni, sit-in, e poi murales, articoli, canzoni, appelli; migliaia di cartoline inviate, di messaggi online inviati alla Casa Bianca. Ogni volta era un crescendo in prossimita' della fine del mandato del presidente di turno, con qualche speranza in piu' con i democratici.
Clinton ci ando' vicino, ma fu fermato da una vera e propria marcia di 500 persone tra agenti dell'FBI e familiari che fecero sentire la loro voce proprio sul caso Peltier. Obama fu la delusione piu' feroce, e se lo fu per noi che ci battevamo per la sua liberazione, non riusciamo ad immaginarci cosa fu per Leonard.
E cosi' e' rimasto per 49 anni, rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, mentre la salute andava sempre peggio, ma lo spirito era sempre lo stesso e non smetteva di lottare, appoggiare le lotte dei suoi fratelli e delle sue sorelle, di resistere, a migliaia di chilometri dai suoi cari.
Personalmente iniziai a manifestare con regolarita' per la sua liberazione 14 anni fa. A Barcellona montammo un comitato di solidarieta' che fece decine e decine di azioni. Quando mi spostai a Milano 8 anni fa si riprese in quella citta', senza smettere e riuscendo a coinvolgere agli ultimi presidi a Milano, oltre 50 persone sotto il consolato Usa.
Nel frattempo le avevamo provate tutte, bussando a moltissime porte. Accolti solo in spazi e mezzi di informazione radicali ed alternativi.
Se tutto per me era partito dal formidabile libro autobiografico dello stesso Peltier La mia danza del sole (divenuto subito introvabile, dopo la prima edizione di 25 anni fa), ci si appoggio' all'ottimo libro di Edda Scozza Il coraggio di essere indiano pubblicato da Massari editore (3 edizioni: 1991, 1997, 2006). Infine, di recente, molto ha aiutato la proiezione in giro per l'Italia del documentario di Andrea Galafassi "Mitakuye Oyasin" ["Tutto e' connesso", preghiera tradizionale dei Lakota Sioux].
Insomma, si trattava di fare il possibile perche' "la spugna" non cadesse a terra. Non e' stato facile. Se negli Usa hanno alternato momenti di grande partecipazione, anche di recente, a problemi all'interno della stessa solidarieta', in Germania, in Italia, ma anche in Francia, in Svizzera, Belgio, si e' fatto tutto il possibile perche' i riflettori non si spegnessero. Una grande mano, qui da noi, arrivo' negli ultimi 5 anni dal Centro per la pace di Viterbo...
In breve: la speranza con Biden era veramente l'ultima e sembrava che il tutto si concludesse con l'ennesimo rifiuto. E' stato un colpo di coda dell'ultima ora che ha permesso che a Peltier fossero concessi gli arresti domiciliari, al momento non ancora attuati per la lentezza burocratica.
Rabbia e tristezza avvolgono comunque questa vicenda; come il fatto che, se spesso sono stati accoppiati i nomi di Peltier e di Mumia Abu Jamal, per quest'ultimo non si sia mossa foglia. Come il fatto che non ci sia stato il coraggio di dare una grazia definitiva.
Ma nel corso degli anni si era sempre piu' colto il fatto che il vero nodo fosse l'FBI, quindi ne' l'opinione pubblica Usa, ne' i giudici, ne' i parlamentari, ne', probabilmente, i Presidenti.
Quando abbiamo saputo della sua prossima scarcerazione, della firma di Biden, troppe emozioni si sono accavallate, ma cio' che ha fatto si' che dovesse prevalere la gioia sono state le parole che arrivavano dalle comunita' dei nativi negli Usa e quelle stesse di Peltier che, ascoltando la sua voce al telefono, sembrava solo gioire, pronto a fare quello che desidera, in liberta'.
Questa storia ha insegnato tanto a chi vi ha partecipato. Ha fatto sentire quanto forte e' il potere e soprattutto quanto grande il numero dei suoi servi: una vera cascata. E si e' visto come la resistenza richieda costanza, preparazione, affinare gli strumenti, determinazione.
E' certo che se noi, fuori del carcere, abbiamo resistito, e' stato grazie alla forza di Leonard che continuava a mandare messaggi di coraggio, forza, bonta' e sete di giustizia. Forse anche Peltier e' riuscito a resistere dentro, perche' da fuori non l'abbiamo mai abbandonato.
6. INIZIATIVE. ONE BILLION RISING ITALIA: APPELLO ALLA PARTECIPAZIONE A "ONE BILLION RISING" 2025
[Dal Coordinamento OBR Italia (per contatti: e-mail: obritalia at gmail.com, sito: www.onebillionrising.org) riceviamo e diffondiamo]
Cara Amica, Caro Amico, Car* Amic*,
anche quest'anno, forse piu' che in ogni altro anno, ti chiediamo di unirti a noi nell'iniziativa mondiale One Billion Rising: Un miliardo di voci contro la violenza sulle donne.
Da un'idea di Eve Ensler a questa straordinaria campagna, nata 11 anni fa negli Stati Uniti, aderiscono 128 Paesi dei cinque Continenti.
E' senza dubbio la piu' grande mobilitazione planetaria contro la violenza sulle donne e sulle bambine. In Italia OBR e' orgogliosa di confermare il patrocinio di Amnesty International Italia, Amref Italia, Differenza Donna Aps e Assist Associazione Nazionale Atlete APS.
L'adesione all'iniziativa non comporta alcun costo o vincolo. Chiede invece un momento di riflessione e confronto vero su questo tema (lettura di testi, reading, convegni, spazi di riflessione ecc.) e la preparazione di un flashmob (sarete voi attivist* a decidere dove) che consiste in un ballo chiamato "Break The Chain". Questa canzone coinvolgente e piena di vitalita' ha parole di liberta' e riscatto da ogni forma di violenza. Di seguito troverai tutte le informazioni che invieremo a tutti, Associazioni, Scuole, aziende, gruppi organizzati e a chiunque voglia con noi fa sentire la propria voce.
La data mondiale e' il 14 febbraio (trasformare il san Valentino "commerciale" in un vero atto d'amore nei confronti delle donne) ma in realta' gli eventi/flashmob si possono organizzare durante tutto il mese di febbraio e il mese di marzo.
In Italia lo scorso anno stati organizzati oltre 80 eventi, grazie ad associazioni, gruppi informali, scuole e aziende.
In questo link puoi trovare una piccola clip di alcune delle immagini dei flashmob organizzati nella scorsa edizione:
https://www.youtube.com/watch?v=d8ARcFBEZKE&t=52s
Siamo convinte che veicolare un messaggio semplice e universale "No alla violenza sulle donne e sulle bambine" sia l'occasione per una riflessione consapevole e preziosa per le generazioni che abiteranno il mondo dopo di noi.
Per ogni ulteriore informazione:
https://www.onebillionrising.org/
https://www.facebook.com/obritalia
https://www.instagram.com/onebillionrisingitalia?igsh=MXNzYm85dW5ma2toMw==
Di seguito le informazioni pratiche per aderire e le linee guida per la partecipazione.
In attesa di un tuo cortese riscontro, ti saluto con grande affetto e stima.
Coordinamento One Billion Rising Italia
Nicoletta Billi
Luisa Garribba Rizzitelli
Margherita Giuliodori Santicchia
*
ONE BILLION RISING 2025 INSIEME CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
Carissim*,
non solo per i numeri impressionanti della violenza alle donne nel nostro Paese, ma per sentirci ancora e sempre tutte e tutti uniti nella difesa dei diritti delle donne contro ogni estremismo e politica reazionaria sulla liberta' delle donne, ti chiediamo di essere con noi anche quest'anno.
Noi non restiamo indifferenti ai crimini che in ogni parte del mondo le bambine, le ragazze, le donne devono subire. Noi crediamo che la nostra voce non sia inutile e che la mobilitazione di One Billion Rising in 13 anni di impegno abbia contribuito a creare consapevolezza e forza.
In occasione del 25 Novembre 2024, Giornata Internazionale per l'Eliminazione della Violenza contro le Donne, il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha speso parole ferme ed inequivocabili: "Un'azione efficace per sradicare la violenza contro le donne deve basarsi anzitutto sulla diffusione della prevenzione delle cause strutturali del fenomeno e su una cultura del rispetto che investa sulle generazioni piu' giovani, attraverso l'educazione all'eguaglianza, al rispetto reciproco, al rifiuto di ogni forma di sopraffazione". Parole che tracciano una strada di speranza e impegno da parte di tutti.
La societa' civile tutta deve e puo' fare la sua parte, per il presente e per il futuro: per radicare nelle nuove generazioni una cultura di profondo rispetto verso tutte le donne.
One Billion Rising e' una campagna Mondiale fondata nel 2012 dalla scrittrice e attivista americana Eve Ensler con l'obiettivo di fermare la violenza contro le donne. Aderiscono a questa campagna 128 paesi nei cinque continenti, tra cui noi in Italia. Oltre 90 gli eventi che abbiamo visto realizzati nel 2024.
Puoi aderire alla Campagna Mondiale ONE BILLION RISING dando libero sfogo alla tua creativita' oppure seguendo le modalita' che seguono.
1) PRIMA DEL 14 FEBBRAIO 2025
Con l'aiuto di esperte dei centri antiviolenza del vostro territorio, potrete promuovere sensibilizzazione e riflessione e il confronto sul tema della violenza di genere. Incontri, convegni, focus group, lezioni nelle scuole, iniziative nelle gare sportive, attivita' ludico motorie, ma anche di teatro, cinema e reading.
Partendo - a titolo esemplificativo e di suggerimento - da queste domande
Se ad esempio, volete anche proporre il progetto nelle Scuole potreste suggerire queste iniziative:
- Scrivere dei temi o dei racconti brevi
- Realizzare un podcast
- Dare vita ad una mostra fotografica
- Creare un fumetto
- Disegnare dei quadri e raccoglierli in un'esposizione
- Scrivere e realizzare un cortometraggio amatoriale tutti insieme
- Comporre una canzone o un rap
- Realizzare uno spot video di max 30 secondi
- Ideare uno spettacolo teatrale
- Fare un reportage (audio, video o solo testo) documentando esperienze a loro prossime
- Creare una presentazione power point
- Realizzare una serie di interviste per approfondire l'argomento
- Condurre delle ricerche interdisciplinari sul tema coinvolgendo piu' materie
2) 14 FEBBRAIO 2025 (o altra data scelta): FLASH MOB
Il 14 Febbraio 2024 – o in giorni in prossimita' di questa data - insieme ad altre migliaia di persone nel mondo, vi chiediamo di realizzare e documentare il vostro flash mob sulle note della canzone "Break the Chain" della quale la nostra organizzazione internazionale detiene i diritti e che vengono concessi gratuitamente a chi aderisce all'iniziativa. Questa canzone e' una esplosione di energia e forza che unisce uomini e donne, ragazzi e ragazze. Qui il link della canzone e il tutorial per imparare la coreografia:
Video Break The Chain 1 con sottotitoli in italiano
https://www.youtube.com/watch?v=XQgPTA5U86o
Tutorial della coreografia curata da Debbie Allen, lo storico volto di Saranno Famosi:
https://www.youtube.com/watch?v=mRU1xmBwUeA
Chiediamo per questo di:
- organizzare un flashmob ballando la coreografia ufficiale, "Break the Chain" tutti insieme ovunque riteniate sia possibile farlo, coinvolgendo piu' persone possibile, uomini e donne;
- Precedere l'esecuzione della coreografia con brevi letture o testimonianze a tema;
- Documentare e riprendere con i cellulari le attivita' svolte, postarle sui social taggando #OBR #OBRItalia o inviandoci qualche scatto o video amatoriale alla mail obritalia at gmail.com
E' sicuramente gradita, ma non indispensabile, la capacita' di:
- Coinvolgere, la cittadinanza, i genitori, media e ogni soggetto interessato, perche' possa essere divulgato al massimo il significato della vostra iniziativa e partecipazione
- Diffondere sui propri social le informazioni utilizzando gli hashtag dell'iniziativa
Potete se volete produrre magliette o altri gadget da regalare a chi saprete coinvolgere.
OBR Italia promuovera' la vostra iniziativa su tutti i canali social.
Sempre apprezzato e' il patrocinio di Istituzioni che vogliano sostenere le vostre iniziative.
Grazie per l'attenzione preziosa
Coordinamento OBR Italia
Nicoletta Billi 3332432777
Luisa Garribba Rizzitelli 3454767246
Margherita Santicchia 3280199958
Per aderire mandate una mail a obritalia at gmail.com
One Billion Rising Italia - Via Germanico, 171 – 00184 Roma
7. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Paolo Bellingeri, Teorema della curva di Jordan, Le Scienze, Roma 2025, pp. 140.
- Maurizio Codogno, Sistemi di numerazione, Rcs, Milano 2025, pp. 160, euro 6,99.
*
Riletture
- Iring Fetscher, Il marxismo. Storia documentaria, Feltrinelli, Milano 1969, 1970, 3 voll. di pp. XII + 348 (vol. I), XII + 360 (vol. II), XIV + 402 (vol. III).
- Alfio Pannega, Allora ero giovane pure io, Davide Ghaleb Editore, Vetralla (Vt) 2010, pp. 64.
*
Riedizioni
- Isaka Kotaro, Il sicario che non voleva uccidere, Einaudi, Torino 2023, Rcs, Milano 2025, pp. 348, euro 9,99.
- Junichiro Tanizaki, La gatta, Shozo e le due donne, Neri Pozza, Vicenza, Mondadori, Milano 2025, pp. 126, euro 8,90.
8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
9. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5463 del primo febbraio 2025
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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Numero 5463 del primo febbraio 2025
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Hannah Arendt: La Resistenza nonviolenta in Danimarca
2. Alcune pubblicazioni di e su Hannah Arendt
3. "Amazon Watch": Un momento per celebrare la liberta' di Leonard Peltier
4. Associazione per i Popoli Minacciati: L'attivista indigeno per i diritti civili Leonard Peltier viene rilasciato dal carcere: un importante gesto di giustizia
5. Andrea De Lotto: Leonard Peltier sta per tornare a casa
6. One Billion Rising Italia: Appello alla partecipazione a "One Billion Rising" 2025
7. Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'
1. TESTI. HANNAH ARENDT: LA RESISTENZA NONVIOLENTA IN DANIMARCA
[Da Hannah Arendt, La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme, Feltrinelli, Milano 1964, 1993, alle pp. 177-182. E' un brano che abbiamo gia' altre volte riprodotto su questo foglio.
Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975]
La storia degli ebrei danesi e' una storia sui generis, e il comportamento della popolazione e del governo danese non trova riscontro in nessun altro paese d'Europa, occupato o alleato dell'Asse o neutrale e indipendente che fosse. Su questa storia si dovrebbero tenere lezioni obbligatorie in tutte le universita' ove vi sia una facolta' di scienze politiche, per dare un'idea della potenza enorme della nonviolenza e della resistenza passiva, anche se l'avversario e' violento e dispone di mezzi infinitamente superiori. Certo, anche altri paesi d'Europa difettavano di "comprensione per la questione ebraica", e anzi si puo' dire che la maggioranza dei paesi europei fossero contrari alle soluzioni "radicali" e "finali". Come la Danimarca, anche la Svezia, l'Italia e la Bulgaria si rivelarono quasi immuni dall'antisemitismo, ma delle tre di queste nazioni che si trovavano sotto il tallone tedesco soltanto la danese oso' esprimere apertamente cio' che pensava. L'Italia e la Bulgaria sabotarono gli ordini della Germania e svolsero un complicato doppio gioco, salvando i loro ebrei con un tour de force d'ingegnosita', ma non contestarono mai la politica antisemita in quanto tale. Era esattamente l'opposto di quello che fecero i danesi. Quando i tedeschi, con una certa cautela, li invitarono a introdurre il distintivo giallo, essi risposero che il re sarebbe stato il primo a portarlo, e i ministri danesi fecero presente che qualsiasi provvedimento antisemita avrebbe provocato le loro immediate dimissioni. Decisivo fu poi il fatto che i tedeschi non riuscirono nemmeno a imporre che si facesse una distinzione tra gli ebrei di origine danese (che erano circa seimilaquattrocento) e i millequattrocento ebrei di origine tedesca che erano riparati in Danimarca prima della guerra e che ora il governo del Reich aveva dichiarato apolidi. Il rifiuto opposto dai danesi dovette stupire enormemente i tedeschi, poiche' ai loro occhi era quanto mai "illogico" che un governo proteggesse gente a cui pure aveva negato categoricamente la cittadinanza e anche il permesso di lavorare. (Dal punto di vista giuridico, prima della guerra la situazione dei profughi in Danimarca non era diversa da quella che c'era in Francia, con la sola differenza che la corruzione dilagante nella vita amministrativa della Terza Repubblica permetteva ad alcuni di farsi naturalizzare, grazie a mance o "aderenze", e a molti di lavorare anche senza un permesso; la Danimarca invece, come la Svizzera, non era un paese pour se debrouiller). I danesi spiegarono ai capi tedeschi che siccome i profughi, in quanto apolidi, non erano piu' cittadini tedeschi, i nazisti non potevano pretendere la loro consegna senza il consenso danese. Fu uno dei pochi casi in cui la condizione di apolide si rivelo' un buon pretesto, anche se naturalmente non fu per il fatto in se' di essere apolidi che gli ebrei si salvarono, ma perche' il governo danese aveva deciso di difenderli. Cosi' i nazisti non poterono compiere nessuno di quei passi preliminari che erano tanto importanti nella burocrazia dello sterminio, e le operazioni furono rinviate all'autunno del 1943.
Quello che accadde allora fu veramente stupefacente; per i tedeschi, in confronto a cio' che avveniva in altri paesi d'Europa, fu un grande scompiglio. Nell'agosto del 1943 (quando ormai l'offensiva tedesca in Russia era fallita, l'Afrika Korps si era arreso in Tunisia e gli Alleati erano sbarcati in Italia) il governo svedese annullo' l'accordo concluso con la Germania nel 1940, in base al quale le truppe tedesche avevano il diritto di attraversare la Svezia. A questo punto i danesi decisero di accelerare un po' le cose: nei cantieri della Danimarca ci furono sommosse, gli operai si rifiutarono di riparare le navi tedesche e scesero in sciopero. Il comandante militare tedesco proclamo' lo stato d'emergenza e impose la legge marziale, e Himmler penso' che fosse il momento buono per affrontare il problema ebraico, la cui "soluzione" si era fatta attendere fin troppo. Ma un fatto che Himmler trascuro' fu che (a parte la resistenza danese) i capi tedeschi che ormai da anni vivevano in Danimarca non erano piu' quelli di un tempo. Non solo il generale von Hannecken, il comandante militare, si rifiuto' di mettere truppe a disposizione del dott. Werner Best, plenipotenziario del Reich; ma anche le unita' speciali delle SS (gli Einsatzkommandos) che lavoravano in Danimarca trovarono molto da ridire sui "provvedimenti ordinati dagli uffici centrali", come disse Best nella deposizione che rese poi a Norimberga. E lo stesso Best, che veniva dalla Gestapo ed era stato consigliere di Heydrich e aveva scritto un famoso libro sulla polizia e aveva lavorato per il governo militare di Parigi con piena soddisfazione dei suoi superiori, non era piu' una persona fidata, anche se non e' certo che a Berlino se ne rendessero perfettamente conto. Comunque, fin dall'inizio era chiaro che le cose non sarebbero andate bene, e l'ufficio di Eichmann mando' allora in Danimarca uno dei suoi uomini migliori, Rolf Guenther, che sicuramente nessuno poteva accusare di non avere la necessaria "durezza". Ma Guenther non fece nessuna impressione ai suoi colleghi di Copenhagen, e von Hannecken si rifiuto' addirittura di emanare un decreto che imponesse a tutti gli ebrei di presentarsi per essere mandati a lavorare.
Best ando' a Berlino e ottenne la promessa che tutti gli ebrei danesi sarebbero stati inviati a Theresienstadt, a qualunque categoria appartenessero - una concessione molto importante, dal punto di vista dei nazisti. Come data del loro arresto e della loro immediata deportazione (le navi erano gia' pronte nei porti) fu fissata la notte del primo ottobre, e non potendosi fare affidamento ne' sui danesi ne' sugli ebrei ne' sulle truppe tedesche di stanza in Danimarca, arrivarono dalla Germania unita' della polizia tedesca, per effettuare una perquisizione casa per casa. Ma all'ultimo momento Best proibi' a queste unita' di entrare negli alloggi, perche' c'era il rischio che la polizia danese intervenisse e, se la popolazione danese si fosse scatenata, era probabile che i tedeschi avessero la peggio. Cosi' poterono essere catturati soltanto quegli ebrei che aprivano volontariamente la porta. I tedeschi trovarono esattamente 477 persone (su piu' di 7.800) in casa e disposte a lasciarli entrare. Pochi giorni prima della data fatale un agente marittimo tedesco, certo Georg F. Duckwitz, probabilmente istruito dallo stesso Best, aveva rivelato tutto il piano al governo danese, che a sua volta si era affrettato a informare i capi della comunita' ebraica. E questi, all'opposto dei capi ebraici di altri paesi, avevano comunicato apertamente la notizia ai fedeli, nelle sinagoghe, in occasione delle funzioni religiose del capodanno ebraico. Gli ebrei ebbero appena il tempo di lasciare le loro case e di nascondersi, cosa che fu molto facile perche', come si espresse la sentenza, "tutto il popolo danese, dal re al piu' umile cittadino", era pronto a ospitarli.
Probabilmente sarebbero dovuti rimanere nascosti per tutta la durata della guerra se la Danimarca non avesse avuto la fortuna di essere vicina alla Svezia. Si ritenne opportuno trasportare tutti gli ebrei in Svezia, e cosi' si fece con l'aiuto della flotta da pesca danese. Le spese di trasporto per i non abbienti (circa cento dollari a persona) furono pagate in gran parte da ricchi cittadini danesi, e questa fu forse la cosa piu' stupefacente di tutte, perche' negli altri paesi gli ebrei pagavano da se' le spese della propria deportazione, gli ebrei ricchi spendevano tesori per comprarsi permessi di uscita (in Olanda, Slovacchia e piu' tardi Ungheria), o corrompendo le autorita' locali o trattando "legalmente" con le SS, le quali accettavano soltanto valuta pregiata e, per esempio in Olanda, volevano dai cinquemila ai diecimila dollari per persona. Anche dove la popolazione simpatizzava per loro e cercava sinceramente di aiutarli, gli ebrei dovevano pagare se volevano andar via, e quindi le possibilita' di fuggire, per i poveri, erano nulle.
Occorse quasi tutto ottobre per traghettare gli ebrei attraverso le cinque-quindici miglia di mare che separano la Danimarca dalla Svezia. Gli svedesi accolsero 5.919 profughi, di cui almeno 1.000 erano di origine tedesca, 1.310 erano mezzi ebrei e 686 erano non ebrei sposati ad ebrei. (Quasi la meta' degli ebrei di origine danese rimase invece in Danimarca, e si salvo' tenendosi nascosta). Gli ebrei non danesi si trovarono bene come non mai, giacche' tutti ottennero il permesso di lavorare. Le poche centinaia di persone che la polizia tedesca era riuscita ad arrestare furono trasportate a Theresienstadt: erano persone anziane o povere, che o non erano state avvertite in tempo o non avevano capito la gravita' della situazione. Nel ghetto godettero di privilegi come nessun altro gruppo, grazie all'incessante campagna che in Danimarca fecero su di loro le autorita' e privati cittadini. Ne perirono quarantotto, una percentuale non molto alta, se si pensa alla loro eta' media. Quando tutto fu finito, Eichmann si senti' in dovere di riconoscere che "per varie ragioni" l'azione contro gli ebrei danesi era stata un "fallimento"; invece quel singolare individuo che era il dott. Best dichiaro': "Obiettivo dell'operazione non era arrestare un gran numero di ebrei, ma ripulire la Danimarca dagli ebrei: ed ora questo obiettivo e' stato raggiunto".
L'aspetto politicamente e psicologicamente piu' interessante di tutta questa vicenda e' forse costituito dal comportamento delle autorita' tedesche insediate in Danimarca, dal loro evidente sabotaggio degli ordini che giungevano da Berlino. A quel che si sa, fu questa l'unica volta che i nazisti incontrarono una resistenza aperta, e il risultato fu a quanto pare che quelli di loro che vi si trovarono coinvolti cambiarono mentalita'. Non vedevano piu' lo sterminio di un intero popolo come una cosa ovvia. Avevano urtato in una resistenza basata su saldi principi, e la loro "durezza" si era sciolta come ghiaccio al sole permettendo il riaffiorare, sia pur timido, di un po' di vero coraggio. Del resto, che l'ideale della "durezza", eccezion fatta forse per qualche bruto, fosse soltanto un mito creato apposta per autoingannarsi, un mito che nascondeva uno sfrenato desiderio di irreggimentarsi a qualunque prezzo, lo si vide chiaramente al processo di Norimberga, dove gli imputati si accusarono e si tradirono a vicenda giurando e spergiurando di essere sempre stati "contrari" o sostenendo, come fece piu' tardi anche Eichmann, che i loro superiori avevano abusato delle loro migliori qualita'. (A Gerusalemme Eichmann accuso' "quelli al potere" di avere abusato della sua "obbedienza": "il suddito di un governo buono e' fortunato, il suddito di un governo cattivo e' sfortunato: io non ho avuto fortuna"). Ora avevano perduto l'altezzosita' d'un tempo, e benche' i piu' di loro dovessero ben sapere che non sarebbero sfuggiti alla condanna, nessuno ebbe il fegato di difendere l'ideologia nazista.
2. REPETITA IUVANT. ALCUNE PUBBLICAZIONI DI E SU HANNAH ARENDT
- Hannah Arendt, Il concetto d'amore in Agostino, Se, Milano 1992, pp. 168.
- Hannah Arendt, La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme, Feltrinelli, Milano 1964, 1993, pp. 318.
- Hannah Arendt, La vita della mente, Il Mulino, Bologna 1987, 1993, pp. 630.
- Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, Comunita', Milano 1967, 1999, Einaudi, Torino 2004, Mondadori, Milano 2010, pp. LXXXIV + 710.
- Hannah Arendt, Rahel Varnhagen, Il Saggiatore, Milano 1988, 2004, pp. XLVI + 292 (+ un inserto fotografico di 16 pp.).
- Hannah Arendt, Sulla rivoluzione, Comunita', Milano 1983, 1996, pp. LXXVIII + 342.
- Hannah Arendt, Tra passato e futuro, Garzanti, Milano 1991, pp. 312.
- Hannah Arendt, Vita Activa. La condizione umana, Bompiani, Milano 1964, 1994, pp. XXXIV + 286.
- Hannah Arendt, Antologia, Feltrinelli, Milano 2006, pp. XXXVIII + 246.
- Hannah Arendt, Il pensiero secondo. Pagine scelte, Rcs, Milano 1999, pp. II + 238.
- Hannah Arendt, Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001, pp. 272.
- Hannah Arendt, Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003, pp. XXVI + 230.
- Hannah Arendt, Alcune questioni di filosofia morale, trad. it., Einaudi, Torino 2003, pp. X + 116.
- Hannah Arendt, Che cos'e' la politica, Comunita', Milano 1995, 1997, Einaudi, Torino 2001, 2006, pp. XIV + 194.
- Hannah Arendt, Disobbedienza civile, Chiarelettere, Milano 2017, 2019, pp. XXIV + 72.
- Hannah Arendt, Ebraismo e modernita', Unicopli, Milano 1986, Feltrinelli, Milano 1993, pp. 232.
- Hannah Arendt, Humanitas mundi. Scritti su Karl Jaspers, Mimesis, Milano-Udine 2015, pp. 102.
- Hannah Arendt, Il futuro alle spalle, Il Mulino, Bologna 1981, 1995, pp. X + 166.
- Hannah Arendt, Illuminismo e questione ebraica, Cronopio, Napoli 2009, pp. 48.
- Hannah Arendt, Il pescatore di perle. Walter Benjamin 1892-1940, Mondadori, Milano 1993, pp. VI + 106.
- Hannah Arendt, Il razzismo prima del razzismo, Castelvecchi, Roma 2018, pp. 80.
- Hannah Arendt, La lingua materna, Mimesis, Milano-Udine 1993, 2005, 2019, pp. 114.
- Hannah Arendt, La menzogna in politica, Marietti 1820, Bologna 2006, 2018, 2019, pp. XXXVIII + 88.
- Hannah Arendt, L'ebreo come paria. Una tradizione nascosta, Giuntina, Firenze 2017, pp. 68.
- Hannah Arendt, L'umanita' in tempi bui, Cortina, Milano 2006, 2019, pp. 90.
- Hannah Arendt, Marx e la tradizione del pensiero politico occidentale, Raffaello Cortina Editore, Milano 2016, pp. 168.
- Hannah Arendt, Per un'etica della repsonsabilita'. Lezioni di teoria politica, Mimesis, Milano-Udine 2017, pp. 152.
- Hannah Arendt, Politica ebraica, Cronopio, Napoli 2013, pp. 312.
- Hannah Arendt, Politica e menzogna, Sugarco, Milano 1985, pp. 288.
- Hannah Arendt, Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004, pp. XXXII + 238.
- Hannah Arendt, Ritorno in Germania, Donzelli, Roma 1996, pp. 64.
- Hannah Arendt, Socrate, Raffaello Cortina Editore, Milano 2015, pp. 126.
- Hannah Arendt, Sulla violenza, Guanda, Parma 1996, pp. 96.
- Hannah Arendt, Verita' e politica, Bollati Boringhieri, Torino 1995, pp. 98.
- Hannah Arendt, Verita' e umanita', Mimesis, Milano-Udine 2014, pp. 76.
- Hannah Arendt, Quaderni e diari, Neri Pozza, 2007, pp. 656.
- Hannah Arendt - Karl Jaspers, Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989, pp. XXIV + 248.
- Hannah Arendt - Mary McCarthy, Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999, pp. 720.
- Hannah Arendt - Kurt Blumenfeld, Carteggio 1933-1963, Ombre corte, Verona 2015, pp. 280.
- Hannah Arendt - Martin Heidegger, Lettere 1925-1975, Einaudi, Torino 2000, 2007, pp. VI + 320 (+ un inserto fotografico di 16 pp.).
- Hannah Arendt - Joachim Fest, Eichmann o la banalita' del male. Interviste, lettere, documenti, Giuntina, Firenze 2013, 2014, pp. 222.
- Hannah Arendt - Walter Benjamin, L'angelo della storia. Testi, lettere, documenti, Giuntina, Firenze 2017, 2018, pp. 270.
- Hannah Arendt - Guenther Anders, Scrivimi qualcosa di te. Lettere e documenti, Carocci, Roma 2017, pp. XII + 194.
- Hannah Arendt, L'amicizia e la Shoah. Corrispondenza con Leni Yahil, Edb, Bologna 2017, pp. 112.
- Hannah Arendt, Guenther Stern-Anders, Le Elegie duinesi di R. M. Rilke, Asterios, Trieste 2014, 2019, pp. 80.
- AA. VV., Hannah Arendt e la questione sociale, a cura di Ilaria Possenti, volume monografico di "aut aut", n. 386, giugno 2020, Il Saggiatore, Milano 2020.
- Guenther Anders, La battaglia delle ciliege, Donzelli, Roma 2015.
- Laura Boella, Hannah Arendt. Agire politicamente. Pensare politicamente, Feltrinelli, Milano 1995.
- Laura Boella, Hannah Arendt. Un umanesimo difficile, Feltrinelli, Milano 2020.
- Adriana Cavarero, Arendt e la banalita' del male, Gedi, Roma 2019.
- Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996.
- Elzbieta Ettinger, Hannah Arendt e Martin Heidegger. Una storia d'amore, Garzanti, Milano 2000.
- Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995.
- Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999.
- Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994.
- Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001.
- Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000.
- Olivia Guaraldo, Arendt, Rcs, Milano 2014.
- Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999.
- Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005.
- Ana Nuno, Hannah Arendt, Rba, Milano 2019.
- Alois Prinz, Io, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1999, 2009.
- Paul Ricoeur, Hannah Arendt, Morcelliana, Brescia 2017.
- Cristina Sanchez, Arendt. La politica in tempi bui, Hachette, Milano 2015.
- Agustin Serrano de Haro, Hannah Arendt, Rba, Milano 2018.
- Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994.
3. DOCUMENTAZIONE. "AMAZON WATCH": UN MOMENTO PER CELEBRARE LA LIBERTA' DI LEONARD PELTIER
[Dal sito www.amazonwatch.org riprendiamo e diffondiamo]
"Vinceremo perche' l'arco dell'universo morale e' lungo, ma si piega alla giustizia"
(Martin Luther King Jr.)
Ieri abbiamo appreso la monumentale notizia che Leonard Peltier, membro della Turtle Mountain Band of Chippewa e il piu' longevo prigioniero politico nativo americano nella storia degli Stati Uniti, ha ottenuto la clemenza presidenziale dal presidente Joe Biden.
Mentre restiamo vigili nell'opporci alle azioni pericolose dell'amministrazione Trump, ci fermiamo anche a celebrare questo momento profondo. Leonard Peltier, ora 80enne, si riunira' finalmente alla sua famiglia nelle terre dei suoi antenati dopo quasi cinque decenni di ingiusta prigionia.
La storia di Peltier e' una storia di resilienza e ingiustizia. Nel 1973, lui e altri attivisti dell'American Indian Movement (AIM) si schierarono al fianco del popolo Oglala Lakota nella storica rioccupazione di Wounded Knee, nel Dakota del Sud, il luogo del massacro del 1890. Sebbene l'occupazione si fosse conclusa tramite trattative, i membri dell'AIM sopportarono anni di molestie da parte dell'FBI, culminate nei tragici eventi del 1975 nella riserva indiana di Pine Ridge, che causarono la morte di due agenti dell'FBI e di un giovane nativo. Nonostante i difetti evidenti nel suo processo, tra cui prove soppresse e testimonianze ritrattate, Peltier fu dichiarato colpevole e condannato a due ergastoli consecutivi.
Per decenni, Leonard ha sostenuto la sua innocenza, mentre i suoi sostenitori in tutto il mondo hanno combattuto instancabilmente per la sua liberazione. A tutti coloro che hanno agito online, hanno chiesto la sua liberta' e hanno amplificato la sua storia: grazie. I vostri sforzi hanno reso possibile questa vittoria.
Di fronte alle immense sfide odierne, prendiamoci un momento per riconoscere questo trionfo atteso da tempo. Il ritorno a casa di Leonard Peltier e' un promemoria del potere della solidarieta' e della duratura lotta per la giustizia. E' importante ricordare che insieme possiamo continuare a piegare l'arco della storia verso un futuro piu' luminoso e piu' giusto per tutti.
4. DOCUMENTAZIONE. ASSOCIAZIONE PER I POPOLI MINACCIATI: L'ATTIVISTA INDIGENO PER I DIRITTI CIVILI LEONARD PELTIER VIENE RILASCIATO DAL CARCERE: UN IMPORTANTE GESTO DI GIUSTIZIA
[Dal sito www.popoli-min.it riprendiamo e diffondiamo il seguente comunicato del 21 gennaio 2025]
L'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) accoglie con favore la decisione di Joe Biden di commutare la condanna all'ergastolo dell'attivista indigeno per i diritti civili Leonard Peltier in arresti domiciliari, come uno dei suoi ultimi atti ufficiali da Presidente degli Stati Uniti. Leonard Peltier e' stato imprigionato per decenni, anche se la sua colpevolezza per la morte di due agenti dell'FBI non e' mai stata provata. La tardiva decisione di Joe Biden di rilasciarlo almeno agli arresti domiciliari da' ora all'attivista indigeno, gravemente malato, l'opportunita' di trascorrere dignitosamente i suoi ultimi anni di vita.
L'ingiustizia sistematica dello Stato americano nei confronti dei nativi americani ha lasciato ferite profonde. La scarcerazione di Peltier e' un segno importante di giustizia e riconciliazione. Ci auguriamo che il ritorno nella sua comunita' abbia un impatto positivo sulla salute dell'ottantenne, che ora potra' ricevere cure mediche adeguate. Peltier e' stato sottoposto a condizioni disumane nel carcere di massima sicurezza. Soffre di diabete e di problemi cardiaci e sta diventando sempre piu' cieco. A febbraio, l'avvocato di Peltier ha denunciato l'inadeguatezza delle cure mediche di base; ad esempio, Peltier non ha ricevuto cure dentistiche per dieci anni e ha perso tutti i denti.
Leonard Peltier e' un noto attivista dell'American Indian Movement (AIM), che si batte per i diritti degli indigeni. Nel 1977 e' stato condannato a due ergastoli per il suo presunto ruolo in una sparatoria nella riserva di Pine Ridge. Nella sparatoria del 26 giugno 1975 rimasero uccisi due agenti dell'FBI e un giovane membro dell'American Indian Movement. Ancora oggi non e' stata fatta piena luce su quanto accadde all'epoca. Peltier, che fu condannato per omicidio, ha sempre sostenuto la sua innocenza. Il processo contro di lui fu caratterizzato da prove discutibili e pregiudizi razzisti. Gli esami balistici rivelarono che i colpi fatali non erano stati sparati dalla sua arma. In seguito si e' saputo che l'FBI aveva estorto le dichiarazioni dei testimoni. Non c'erano e non ci sono prove della sua colpevolezza. Non gli e' mai stata concessa una revisione della sentenza o un nuovo processo.
Sostenitori illustri come il defunto premio Nobel per la pace Desmond Tutu, artisti come Harry Belafonte e Robert Redford, numerosi politici del Bundestag tedesco, del Parlamento europeo e del Congresso degli Stati Uniti chiedono da decenni il rilascio di Peltier. Anche James H. Reynolds, ex pubblico ministero coinvolto nelle indagini contro Peltier, si e' espresso a favore della grazia. L'APM si batte per la liberazione di Peltier sin dal mandato di Jimmy Carter (1977-1981) e recentemente aveva lanciato un appello a Joe Biden affinche' concedesse la grazia a Peltier prima della fine del suo mandato di Presidente degli Stati Uniti.
5. DOCUMENTAZIONE. ANDREA DE LOTTO: LEONARD PELTIER STA PER TORNARE A CASA
[Dalla mailing list di "Utopia rossa" riprendiamo e diffondiamo]
Joe Biden alla fine ha firmato. Il prossimo 6 febbraio saranno 49 anni che Peltier avra' trascorso in carcere. Se Biden ha firmato il 20 gennaio, ci vorranno diverse settimane perche' quest'uomo esca definitivamente di galera. Lo aspettiamo a braccia aperte.
Ma perche' vi era entrato quel 6 febbraio del 1976?
Il 26 giugno precedente vi era stato un violentissimo scontro a fuoco nella riserva di Pine Ridge in South Dakota. Alla fine della giornata rimanevano a terra, morti, due agenti dell'FBI (i due che avevano provocato il tutto) e uno dei nativi dell'American Indian Movement (movimento che in quegli anni vedeva molti nativi americani impegnati in un'ennesima lotta per i diritti dei loro popoli). Del nativo, come sempre, non interesso' mai nulla, ma alla morte dei due agenti dell'FBI doveva seguire invece una pesantissima vendetta. I ricercati furono tre. I primi due che vennero arrestati, Bob Robideau e Dino Butler, ebbero un processo giusto, vennero assolti, il giudice disse che non vi erano prove contro di loro, ma, anche fossero stati loro, sarebbe stata legittima difesa. Quel giorno erano stati sparati 35mila colpi, in gran parte dagli agenti pervenuti subito dopo sul posto.
L'arresto di Leonard Peltier avvenne appunto il 6 febbraio seguente in Canada. Gli Usa ottennero l'estradizione con prove false e, subito dopo, montarono un processo in altra citta' (Fargo) con altro giudice (di fama razzista) e con una giuria tutta di bianchi. In poco tempo ebbero quello che pretendevano: due ergastoli per Peltier.
Avevano trovato il capro espiatorio che, entrato in carcere a 31 anni, vi e' rimasto fino agli 80 suonati.
Le campagne per la sua liberazione iniziarono subito. Che il processo fosse stato una farsa era chiaro a tutti, che le prove non fossero attendibili e soprattutto che nuove prove a sua difesa non fossero state accettate in seguito. Ma fu l'FBI che tenne chiusa quella porta per tutti questi anni.
Per la sua liberazione si spesero tempo, energie, forze, di centinaia di persone che in diversi luoghi del pianeta, spesso avvicendandosi, hanno continuato a tener viva l'attenzione su una vicenda che lentamente rischiava di finire nel dimenticatoio.
Centinaia di migliaia di firme raccolte, molte di nomi autorevoli (che non stiamo ad elencare), decine, centinaia di presidi, marce, manifestazioni, sit-in, e poi murales, articoli, canzoni, appelli; migliaia di cartoline inviate, di messaggi online inviati alla Casa Bianca. Ogni volta era un crescendo in prossimita' della fine del mandato del presidente di turno, con qualche speranza in piu' con i democratici.
Clinton ci ando' vicino, ma fu fermato da una vera e propria marcia di 500 persone tra agenti dell'FBI e familiari che fecero sentire la loro voce proprio sul caso Peltier. Obama fu la delusione piu' feroce, e se lo fu per noi che ci battevamo per la sua liberazione, non riusciamo ad immaginarci cosa fu per Leonard.
E cosi' e' rimasto per 49 anni, rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, mentre la salute andava sempre peggio, ma lo spirito era sempre lo stesso e non smetteva di lottare, appoggiare le lotte dei suoi fratelli e delle sue sorelle, di resistere, a migliaia di chilometri dai suoi cari.
Personalmente iniziai a manifestare con regolarita' per la sua liberazione 14 anni fa. A Barcellona montammo un comitato di solidarieta' che fece decine e decine di azioni. Quando mi spostai a Milano 8 anni fa si riprese in quella citta', senza smettere e riuscendo a coinvolgere agli ultimi presidi a Milano, oltre 50 persone sotto il consolato Usa.
Nel frattempo le avevamo provate tutte, bussando a moltissime porte. Accolti solo in spazi e mezzi di informazione radicali ed alternativi.
Se tutto per me era partito dal formidabile libro autobiografico dello stesso Peltier La mia danza del sole (divenuto subito introvabile, dopo la prima edizione di 25 anni fa), ci si appoggio' all'ottimo libro di Edda Scozza Il coraggio di essere indiano pubblicato da Massari editore (3 edizioni: 1991, 1997, 2006). Infine, di recente, molto ha aiutato la proiezione in giro per l'Italia del documentario di Andrea Galafassi "Mitakuye Oyasin" ["Tutto e' connesso", preghiera tradizionale dei Lakota Sioux].
Insomma, si trattava di fare il possibile perche' "la spugna" non cadesse a terra. Non e' stato facile. Se negli Usa hanno alternato momenti di grande partecipazione, anche di recente, a problemi all'interno della stessa solidarieta', in Germania, in Italia, ma anche in Francia, in Svizzera, Belgio, si e' fatto tutto il possibile perche' i riflettori non si spegnessero. Una grande mano, qui da noi, arrivo' negli ultimi 5 anni dal Centro per la pace di Viterbo...
In breve: la speranza con Biden era veramente l'ultima e sembrava che il tutto si concludesse con l'ennesimo rifiuto. E' stato un colpo di coda dell'ultima ora che ha permesso che a Peltier fossero concessi gli arresti domiciliari, al momento non ancora attuati per la lentezza burocratica.
Rabbia e tristezza avvolgono comunque questa vicenda; come il fatto che, se spesso sono stati accoppiati i nomi di Peltier e di Mumia Abu Jamal, per quest'ultimo non si sia mossa foglia. Come il fatto che non ci sia stato il coraggio di dare una grazia definitiva.
Ma nel corso degli anni si era sempre piu' colto il fatto che il vero nodo fosse l'FBI, quindi ne' l'opinione pubblica Usa, ne' i giudici, ne' i parlamentari, ne', probabilmente, i Presidenti.
Quando abbiamo saputo della sua prossima scarcerazione, della firma di Biden, troppe emozioni si sono accavallate, ma cio' che ha fatto si' che dovesse prevalere la gioia sono state le parole che arrivavano dalle comunita' dei nativi negli Usa e quelle stesse di Peltier che, ascoltando la sua voce al telefono, sembrava solo gioire, pronto a fare quello che desidera, in liberta'.
Questa storia ha insegnato tanto a chi vi ha partecipato. Ha fatto sentire quanto forte e' il potere e soprattutto quanto grande il numero dei suoi servi: una vera cascata. E si e' visto come la resistenza richieda costanza, preparazione, affinare gli strumenti, determinazione.
E' certo che se noi, fuori del carcere, abbiamo resistito, e' stato grazie alla forza di Leonard che continuava a mandare messaggi di coraggio, forza, bonta' e sete di giustizia. Forse anche Peltier e' riuscito a resistere dentro, perche' da fuori non l'abbiamo mai abbandonato.
6. INIZIATIVE. ONE BILLION RISING ITALIA: APPELLO ALLA PARTECIPAZIONE A "ONE BILLION RISING" 2025
[Dal Coordinamento OBR Italia (per contatti: e-mail: obritalia at gmail.com, sito: www.onebillionrising.org) riceviamo e diffondiamo]
Cara Amica, Caro Amico, Car* Amic*,
anche quest'anno, forse piu' che in ogni altro anno, ti chiediamo di unirti a noi nell'iniziativa mondiale One Billion Rising: Un miliardo di voci contro la violenza sulle donne.
Da un'idea di Eve Ensler a questa straordinaria campagna, nata 11 anni fa negli Stati Uniti, aderiscono 128 Paesi dei cinque Continenti.
E' senza dubbio la piu' grande mobilitazione planetaria contro la violenza sulle donne e sulle bambine. In Italia OBR e' orgogliosa di confermare il patrocinio di Amnesty International Italia, Amref Italia, Differenza Donna Aps e Assist Associazione Nazionale Atlete APS.
L'adesione all'iniziativa non comporta alcun costo o vincolo. Chiede invece un momento di riflessione e confronto vero su questo tema (lettura di testi, reading, convegni, spazi di riflessione ecc.) e la preparazione di un flashmob (sarete voi attivist* a decidere dove) che consiste in un ballo chiamato "Break The Chain". Questa canzone coinvolgente e piena di vitalita' ha parole di liberta' e riscatto da ogni forma di violenza. Di seguito troverai tutte le informazioni che invieremo a tutti, Associazioni, Scuole, aziende, gruppi organizzati e a chiunque voglia con noi fa sentire la propria voce.
La data mondiale e' il 14 febbraio (trasformare il san Valentino "commerciale" in un vero atto d'amore nei confronti delle donne) ma in realta' gli eventi/flashmob si possono organizzare durante tutto il mese di febbraio e il mese di marzo.
In Italia lo scorso anno stati organizzati oltre 80 eventi, grazie ad associazioni, gruppi informali, scuole e aziende.
In questo link puoi trovare una piccola clip di alcune delle immagini dei flashmob organizzati nella scorsa edizione:
https://www.youtube.com/watch?v=d8ARcFBEZKE&t=52s
Siamo convinte che veicolare un messaggio semplice e universale "No alla violenza sulle donne e sulle bambine" sia l'occasione per una riflessione consapevole e preziosa per le generazioni che abiteranno il mondo dopo di noi.
Per ogni ulteriore informazione:
https://www.onebillionrising.org/
https://www.facebook.com/obritalia
https://www.instagram.com/onebillionrisingitalia?igsh=MXNzYm85dW5ma2toMw==
Di seguito le informazioni pratiche per aderire e le linee guida per la partecipazione.
In attesa di un tuo cortese riscontro, ti saluto con grande affetto e stima.
Coordinamento One Billion Rising Italia
Nicoletta Billi
Luisa Garribba Rizzitelli
Margherita Giuliodori Santicchia
*
ONE BILLION RISING 2025 INSIEME CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
Carissim*,
non solo per i numeri impressionanti della violenza alle donne nel nostro Paese, ma per sentirci ancora e sempre tutte e tutti uniti nella difesa dei diritti delle donne contro ogni estremismo e politica reazionaria sulla liberta' delle donne, ti chiediamo di essere con noi anche quest'anno.
Noi non restiamo indifferenti ai crimini che in ogni parte del mondo le bambine, le ragazze, le donne devono subire. Noi crediamo che la nostra voce non sia inutile e che la mobilitazione di One Billion Rising in 13 anni di impegno abbia contribuito a creare consapevolezza e forza.
In occasione del 25 Novembre 2024, Giornata Internazionale per l'Eliminazione della Violenza contro le Donne, il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha speso parole ferme ed inequivocabili: "Un'azione efficace per sradicare la violenza contro le donne deve basarsi anzitutto sulla diffusione della prevenzione delle cause strutturali del fenomeno e su una cultura del rispetto che investa sulle generazioni piu' giovani, attraverso l'educazione all'eguaglianza, al rispetto reciproco, al rifiuto di ogni forma di sopraffazione". Parole che tracciano una strada di speranza e impegno da parte di tutti.
La societa' civile tutta deve e puo' fare la sua parte, per il presente e per il futuro: per radicare nelle nuove generazioni una cultura di profondo rispetto verso tutte le donne.
One Billion Rising e' una campagna Mondiale fondata nel 2012 dalla scrittrice e attivista americana Eve Ensler con l'obiettivo di fermare la violenza contro le donne. Aderiscono a questa campagna 128 paesi nei cinque continenti, tra cui noi in Italia. Oltre 90 gli eventi che abbiamo visto realizzati nel 2024.
Puoi aderire alla Campagna Mondiale ONE BILLION RISING dando libero sfogo alla tua creativita' oppure seguendo le modalita' che seguono.
1) PRIMA DEL 14 FEBBRAIO 2025
Con l'aiuto di esperte dei centri antiviolenza del vostro territorio, potrete promuovere sensibilizzazione e riflessione e il confronto sul tema della violenza di genere. Incontri, convegni, focus group, lezioni nelle scuole, iniziative nelle gare sportive, attivita' ludico motorie, ma anche di teatro, cinema e reading.
Partendo - a titolo esemplificativo e di suggerimento - da queste domande
Se ad esempio, volete anche proporre il progetto nelle Scuole potreste suggerire queste iniziative:
- Scrivere dei temi o dei racconti brevi
- Realizzare un podcast
- Dare vita ad una mostra fotografica
- Creare un fumetto
- Disegnare dei quadri e raccoglierli in un'esposizione
- Scrivere e realizzare un cortometraggio amatoriale tutti insieme
- Comporre una canzone o un rap
- Realizzare uno spot video di max 30 secondi
- Ideare uno spettacolo teatrale
- Fare un reportage (audio, video o solo testo) documentando esperienze a loro prossime
- Creare una presentazione power point
- Realizzare una serie di interviste per approfondire l'argomento
- Condurre delle ricerche interdisciplinari sul tema coinvolgendo piu' materie
2) 14 FEBBRAIO 2025 (o altra data scelta): FLASH MOB
Il 14 Febbraio 2024 – o in giorni in prossimita' di questa data - insieme ad altre migliaia di persone nel mondo, vi chiediamo di realizzare e documentare il vostro flash mob sulle note della canzone "Break the Chain" della quale la nostra organizzazione internazionale detiene i diritti e che vengono concessi gratuitamente a chi aderisce all'iniziativa. Questa canzone e' una esplosione di energia e forza che unisce uomini e donne, ragazzi e ragazze. Qui il link della canzone e il tutorial per imparare la coreografia:
Video Break The Chain 1 con sottotitoli in italiano
https://www.youtube.com/watch?v=XQgPTA5U86o
Tutorial della coreografia curata da Debbie Allen, lo storico volto di Saranno Famosi:
https://www.youtube.com/watch?v=mRU1xmBwUeA
Chiediamo per questo di:
- organizzare un flashmob ballando la coreografia ufficiale, "Break the Chain" tutti insieme ovunque riteniate sia possibile farlo, coinvolgendo piu' persone possibile, uomini e donne;
- Precedere l'esecuzione della coreografia con brevi letture o testimonianze a tema;
- Documentare e riprendere con i cellulari le attivita' svolte, postarle sui social taggando #OBR #OBRItalia o inviandoci qualche scatto o video amatoriale alla mail obritalia at gmail.com
E' sicuramente gradita, ma non indispensabile, la capacita' di:
- Coinvolgere, la cittadinanza, i genitori, media e ogni soggetto interessato, perche' possa essere divulgato al massimo il significato della vostra iniziativa e partecipazione
- Diffondere sui propri social le informazioni utilizzando gli hashtag dell'iniziativa
Potete se volete produrre magliette o altri gadget da regalare a chi saprete coinvolgere.
OBR Italia promuovera' la vostra iniziativa su tutti i canali social.
Sempre apprezzato e' il patrocinio di Istituzioni che vogliano sostenere le vostre iniziative.
Grazie per l'attenzione preziosa
Coordinamento OBR Italia
Nicoletta Billi 3332432777
Luisa Garribba Rizzitelli 3454767246
Margherita Santicchia 3280199958
Per aderire mandate una mail a obritalia at gmail.com
One Billion Rising Italia - Via Germanico, 171 – 00184 Roma
7. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Paolo Bellingeri, Teorema della curva di Jordan, Le Scienze, Roma 2025, pp. 140.
- Maurizio Codogno, Sistemi di numerazione, Rcs, Milano 2025, pp. 160, euro 6,99.
*
Riletture
- Iring Fetscher, Il marxismo. Storia documentaria, Feltrinelli, Milano 1969, 1970, 3 voll. di pp. XII + 348 (vol. I), XII + 360 (vol. II), XIV + 402 (vol. III).
- Alfio Pannega, Allora ero giovane pure io, Davide Ghaleb Editore, Vetralla (Vt) 2010, pp. 64.
*
Riedizioni
- Isaka Kotaro, Il sicario che non voleva uccidere, Einaudi, Torino 2023, Rcs, Milano 2025, pp. 348, euro 9,99.
- Junichiro Tanizaki, La gatta, Shozo e le due donne, Neri Pozza, Vicenza, Mondadori, Milano 2025, pp. 126, euro 8,90.
8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
9. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5463 del primo febbraio 2025
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
*
Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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