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[Nonviolenza] Telegrammi. 5432
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 5432
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Tue, 31 Dec 2024 13:26:00 +0100
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5432 del primo gennaio 2025
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Contro tutte le guerre, le stragi, le uccisioni
2. Israele, Italia, Palestina: Dichiarazione congiunta di obiezione alla guerra di tre movimenti pacifisti e nonviolenti
3. Movimento Nonviolento: Obiezione alla guerra, scriviamolo su tutti i muri
4. Raniero La Valle: Ai firmatari della lettera agli Ebrei. Una lettera del 30 novembre 2024
5. Raniero La Valle: Ai firmatari e interlocutori della lettera agli Ebrei. Una lettera del 5 dicembre 2024
6. Raniero La Valle: Ai firmatari e interlocutori della lettera agli Ebrei della Diaspora. Una lettera del 12 dicembre 2024
7. Raniero La Valle: Ai firmatari e agli interlocutori della lettera agli Ebrei della Diaspora. Una lettera del 19 dicembre 2024
8. Raniero La Valle: A 30 miglia la salvezza. Una lettera del 28 dicembre 2024
9. Segnalazioni librarie
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'
1. L'ORA. CONTRO TUTTE LE GUERRE, LE STRAGI, LE UCCISIONI
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
2. REPETITA IUVANT. ISRAELE, ITALIA, PALESTINA: DICHIARAZIONE CONGIUNTA DI OBIEZIONE ALLA GUERRA DI TRE MOVIMENTI PACIFISTI E NONVIOLENTI
[Dal Movimento Nonviolento riceviamo e diffondiamo]
Israele, Palestina e Italia, uniti contro la guerra. Mesarvot, Community Peacemaker Teams e Movimento Nonviolento. E' scritta in arabo, ebraico, italiano, la Dichiarazione congiunta dei tre movimenti pacifisti che lavorano come "gruppo misto" di obiezione alla guerra. Il documento, che a livello internazionale viene diffuso in inglese, non e' il solito appello, ma un'assunzione di responsabilita' e impegno a sostenere azioni concrete nei prossimi mesi in Italia, in Israele e Palestina, chiedendo il sostegno (morale, economico, operativo) di tutti coloro che vogliono favorire un processo di pace. Il testo e' uno dei frutti del lavoro di solidarieta' internazionale che un recente tour in Italia di obiettori israeliani e resistenti nonviolenti palestinesi, sostenuto dalla Campagna di Obiezione alla Guerra e promosso dal Movimento Nonviolento con le associazioni israelo-palestinesi Mesarvot e Community Peacemaker Teams, ha generato. L'obiezione di coscienza, con il rifiuto del servizio militare, della violenza terroristica e di stato, e' il cuore della scelta nonviolenta per trovare una via d'uscita dalla guerra.
*
Israele, Italia, Palestina: Dichiarazione congiunta per un comune lavoro di pace a partire dall'obiezione alla guerra
La violenza genera violenza, il sangue chiama altro sangue, e noi siamo determinati a spezzare questo ciclo che altrimenti conduce alla morte e alla distruzione reciproca di tutti. Siamo obiettori di coscienza e resistenti nonviolenti che hanno scelto la nonviolenza, convinti che sia per noi la forma migliore di resistenza al male, a difesa della vita, della giustizia e dei diritti di tutti.
Attraverso l'obiezione di coscienza e la resistenza nonviolenta, lavoriamo per ripristinare la giustizia per tutti, dalla quale puo' sorgere la pace. E la pace, a sua volta, promuovera' la giustizia e il rispetto del diritto. "Giustizia e pace si baceranno", e' scritto nei testi sacri per ebrei, cristiani e musulmani.
Gia' lavoriamo insieme - israeliani, palestinesi, italiani - per difendere il diritto umano fondamentale all'obiezione di coscienza e il diritto di tutti a vivere in pace e liberta'. Le armi e le voci dell'odio devono tacere per lasciare spazio alla verita' e alla riconciliazione. Chiediamo un immediato cessate il fuoco, che noi stessi abbiamo gia' attuato, lavorando insieme come gruppi misti per dimostrare che la collaborazione, anche in mezzo a una radicata oppressione, puo' piantare i semi di un futuro piu' giusto e pacifico.
Conosciamo la forza della nonviolenza come stile di vita e come potenza capace di contrastare l'ingiustizia, la violenza e la guerra. Lavoriamo sia per resistere nonviolentemente alla guerra sia per favorire trasformazioni sociali, promuovendo una cultura di pace. Crediamo nella liberta', nella democrazia e nei diritti umani, e ci impegniamo per un rispetto reciproco tra i nostri popoli.
La coscienza individuale e' una difesa contro la propaganda di guerra e puo' proteggere i civili dal coinvolgimento in guerre di conquista e oppressione. Faremo tutto cio' che e' in nostro potere per proteggere il diritto umano all'obiezione di coscienza al servizio militare nelle nostre comunita'.
L'occupazione militare israeliana della terra destinata al popolo palestinese e' da lungo tempo fonte di oppressione, una violazione del diritto internazionale e dei diritti fondamentali dei palestinesi: il diritto di esistere come persone libere e sovrane. Questa occupazione, che ha causato profonde ingiustizie e sofferenze insostenibili, e' aggravata da altre forme di violenza contro civili inermi, a cui si risponde con la brutalita' delle stragi di civili innocenti a Gaza, alimentando la spirale di odio e vendetta: finche' esiste l'oppressione, la resistenza persistera'. Per interrompere questo ciclo vizioso, e' necessario abolire il sistema di occupazione e apartheid che lo genera.
Tutto questo deve finire. Ci sentiamo uniti e siamo solidali con chi soffre per qualsiasi guerra nel mondo oggi.
Community Peacemaker Teams – Palestine
Mesarvot – Israel
Movimento Nonviolento – Italia
3. REPETITA IUVANT. MOVIMENTO NONVIOLENTO: OBIEZIONE ALLA GUERRA, SCRIVIAMOLO SU TUTTI I MURI
[Riceviamo e diffondiamo]
La Campagna di Obiezione alla guerra presenta un nuovo strumento operativo: un poster diffuso a livello nazionale.
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La Campagna di Obiezione alla guerra presenta un nuovo strumento operativo:
un poster diffuso a livello nazionale con il simbolo del fucile spezzato e la scritta "Con la nonviolenza: per cessare il fuoco bisogna non sparare, per fermare la guerra bisogna non farla".
Il volantone, inviato a tutti gli iscritti e ai Centri del Movimento Nonviolento, agli abbonati alla rivista Azione nonviolenta e a tutti coloro che ne faranno richiesta, rilancia la Dichiarazione di obiezione di coscienza rivolta a chi rifiuta la chiamata alle armi e contiene tutte le informazioni su quanto realizzato finora a sostegno degli obiettori di coscienza di Russia, Ucraina, Bielorussia, Israele e Palestina, e i prossimi obiettivi che la Campagna vuole raggiungere.
Sono ormai centinaia di migliaia gli obiettori, disertori, renitenti alla leva che nei luoghi di guerra, rifiutano le armi e la divisa, negandosi al reclutamento militare, ripudiando il proprio esercito senza passare a quello avverso. Alcuni affrontano processo e carcere, altri espatriano, altri ancora scappano o si nascondono. Il Movimento Nonviolento ha scelto di stare dalla loro parte, di sostenerli concretamente, di difendere il loro diritto umano alla vita e alla pace, e di chiedere all'Unione Europea e al Governo italiano di riconoscere, per loro e per chi firma la Dichiarazione, lo "status" di obiettori di coscienza.
La Campagna si sviluppa su due direttrici:
- la raccolta fondi per sostenere nelle loro attivita' i movimenti nonviolenti di Russia, Bielorussia, Ucraina, Israele e Palestina, le spese legali per i processi che obiettori e nonviolenti di quei paesi subiscono, per aiutare chi espatria per non farsi arruolare, per gli strumenti di informazione necessari a diffondere la scelta dell'obiezione;
- la diffusione della Dichiarazione di Obiezione di coscienza alla guerra e alla sua preparazione, il rifiuto della chiamata alle armi e fin da ora della futura mobilitazione militare. La procedura e' semplice: si compila e si sottoscrive la Dichiarazione (per tutti, giovani o adulti, donne e uomini ) rivolta ai Presidenti della Repubblica e del Consiglio.
Sul sito del Movimento Nonviolento azionenonviolenta.it alla voce Obiezione alla guerra si trovano tutti gli aggiornamenti e la possibilita' di adesione e contribuzione.
Movimento Nonviolento
Settembre 2024
*
Movimento Nonviolento
via Spagna, 8, 37123 Verona
Tel 045 8009803
Cell. 348 2863190
www.nonviolenti.org
www.azionenonviolenta.it
per sostegno e donazioni
Iban IT35 U 07601 11700 0000 18745455
4. RIFLESSIONE. RANIERO LA VALLE: AI FIRMATARI DELLA LETTERA AGLI EBREI. UNA LETTERA DEL 30 NOVEMBRE 2024
[Da Raniero La Valle (per contatti: notizieda at chiesadituttichiesadeipoveri.it) riceviamo e diffondiamo]
Ai firmatari della lettera agli Ebrei
Roma, 30 novembre 2024.
Cari amici,
la lettera agli Ebrei della Diaspora che insieme abbiamo predisposto e firmato e' stata inviata in data 29 novembre 2024 a tutte le comunita' e le sezione dell'ebraismo italiano, alla presidente dell'Unione delle comunita' Ebraiche, e al Rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni. Essa e' stata pubblicata dai siti del Fatto Quotidiano, del Manifesto, di Adista; altri siti l'hanno pubblicata nella versione circolata in precedenza nella fase di gestazione. Le ultime firme sono state quelle del premio Nobel per la Pace Adolfo Perez Esquivel e del Presidente dell'Agora' degli Abitanti della Terra Riccardo Petrella.
Una prima risposta da parte dei destinatari e' giunta dalla comunita' ebraica di Napoli e dalle sezioni del Sud e delle Isole; e' una replica in forte dissenso ma articolata e indizio del fatto che un dialogo puo' essere istituito e dunque e' un riconoscimento dell'utilita' di questa iniziativa. In particolare la comunita' ebraica di Napoli sostiene "che l'antisemitismo non e' stato determinato dalla guerra a Gaza ma semplicemente si e' manifestato in modo plateale e pubblico nel momento in cui Israele e' apparso vulnerabile. E questo perche', piaccia o meno, nell'immaginario collettivo Israele viene identificato con gli Ebrei, con tutti gli Ebrei, e gli Ebrei vengono identificati con Israele". Il nostro intento e' appunto quello di contrastare questo antisemitismo anche mediante il riconoscimento della distinzione tra Ebrei e Israeliani. Altro tema assai discutibile riguarda la storia che ha portato alla situazione attuale su cui sara' bene continuare la riflessione e l'indagine. La comunita' di Napoli afferma "l'evidenza storica e demografica di uno Stato creato in una ex provincia dei vari regni e imperi che si sono succeduti in quella regione dove c'era spazio a sufficienza per creare due Stati, ma che invece, per il rifiuto della parte araba ad accettare uno Stato non musulmano in quei luoghi ha portato paradossalmente alla nascita dello Stato non accettato (Israele) e alla mancata indipendenza di quello per il quale tutto il mondo arabo diceva e dice di battersi": sono appunto queste tormentate origini che occorre rivisitare, perché e' a partire da una corretta lettura della storia passata che si puo' trovare una soluzione alle tragedie del presente.
Questi primi riscontri alla lettera ci incoraggiano a proseguire in questa ricerca e in questo dialogo e con una empatia per tutte le vittime che gli amici ebrei di Napoli ci contestano di non avere espresso abbastanza nel nostro documento.
La lettera agli Ebrei, come e' detto in calce alle firme, puo' essere liberamente riprodotta e scambiata cosi' da promuovere e incentivare il necessario dialogo. Noi continueremo a tenervi informati; speriamo di poterlo fare anche con i firmatari della lettera che non abbiamo potuto raggiungere perche' non ne conosciamo l'indirizzo mail, che speriamo ci venga trasmesso.
In allegato vi trasmettiamo la lettera nella sua forma definitiva e con le firme finora raccolte e quella con cui l'abbiamo accompagnata.
Con i piu' cordiali saluti,
Raniero La Valle
5. RIFLESSIONE. RANIERO LA VALLE: AI FIRMATARI E INTERLOCUTORI DELLA LETTERA AGLI EBREI. UNA LETTERA DEL 5 DICEMBRE 2024
[Da Raniero La Valle (per contatti: notizieda at chiesadituttichiesadeipoveri.it) riceviamo e diffondiamo]
Ai firmatari e interlocutori della lettera agli Ebrei
Roma, 5 dicembre 2024.
Cari amici,
abbiamo ricevuto una lettera dalla Comunita' Ebraica di Casale Monferrato, con le sezioni di Moncalvo e Valenza, che dice: "vi ringraziamo del materiale inviatoci, che abbiamo visionato con attenzione, sara' nostra cura ragionare con le altre comunita'". In attesa di questa e di altre risposte, abbiamo pensato di estendere questa lettera indirizzata ai firmatari della lettera agli ebrei, anche agli interlocutori del dibattito cosi' avviato. Se credete tale lettera potra' chiamarsi "Peaceletter", e potra' essere scritta non solamente dal primo firmatario della lettera agli Ebrei della Diaspora, ma anche da altri redattori.
Intanto possiamo riflettere sulla sentenza con cui la nostra Corte Costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalita' di gran parte della eversiva legge sulle autonomie, che viene cosi' sostanzialmente a cadere. In tale sentenza ci sembrano pero' particolarmente interessanti i motivi che fondano questa pronunzia, perche' sulla scorta della nostra Costituzione, la Corte enuncia i principi di uno Stato binazionale, multinazionale e pluralistico, quale e' quello italiano nel quale convivono le identita' di due o piu' popoli (l'italiano e il tedesco del Sudtirolo o Alto Adige, ma anche comunita' di altri popoli).
Questo modello cosi' preconizzato dalla nostra Costituzione potrebbe ispirare una rifondazione dello Stato di Israele, nella forma dei "due popoli e uno Stato", quale abbiamo ipotizzato nella nostra lettera agli Ebrei, dato il tramonto della soluzione a due Stati. In particolare la Corte ricorda che il nostro Stato "e' connotato dall'attribuzione alle regioni dell'autonomia politica, che si specifica in autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria", cio' che nel caso di Israele potrebbe configurare il dualismo tra l'ordinamento del territorio dello Stato quale risulterebbe dagli accordi di Oslo e la Cisgiordania. Al tempo stesso, dice la Corte, "fin dai principi fondamentali, la Costituzione definisce la Repubblica come "una e indivisibile"", caratteri che "si fondano sul riconoscimento dell'unita' del popolo", a cui la Carta "attribuisce la titolarita' della sovranita'". Si tratta percio' di uno Stato che "riconosce e garantisce pienamente il pluralismo politico, sociale, religioso, scolastico, della sfera economica". Tuttavia, "tale accentuato pluralismo, che si riflette anche sul piano istituzionale – precisa la Corte - non porta alla evaporazione della nozione unitaria di popolo". E' una "compresenza e dialettica di pluralismo e unita' che puo' essere mantenuta solamente se le molteplici formazioni politiche e sociali e le singole persone, in cui si articola il "popolo come molteplicita'", convergono su un nucleo di valori condivisi che fanno dell'Italia una comunita' politica con una sua identita' collettiva. In essa confluiscono la storia e l'appartenenza a una comune civilta'", cio' a cui "si riferisce la stessa Costituzione quando richiama il concetto di "Nazione"".
In questo quadro, a coronamento di una riconciliazione tra Israeliani e Palestinesi, si puo' pensare a un Patto tra lo Stato e la confessione ebraica, che introduca un ordinamento di laicita', pluralismo e liberta' religiosa, col riconoscimento giuridico dell'identita' e della professione individuale e collettiva della fede, come fa, agli art. 7 e 8, la nostra Costituzione.
Si dira' che questo invidiabile disegno costituzionale non si e' veramente realizzato, ma per colpa nostra, che non si puo' parlare, per Israeliani e Palestinesi (dentro e fuori la Diaspora), di un solo popolo, di una sola nazione, di una comune identita'. Ma si puo' rispondere che una cosa e' un ordinamento giuridico, e altra cosa sono le realta' umane e sociali che corrono nella storia e che il trapasso d'epoca che stiamo vivendo puo' essere superato solo se concepiamo un'altra forma di identita' che non sia ripiegata su se stessa ma si apra all'altro, che si tratti del migrante, dell'altro popolo, dell'altra lingua, dell'altro colore, dell'altra cultura.
Questo modello e' quello che potrebbe salvare lo Stato di Israele, che a causa dello sgomento suscitato dalla spietata guerra di Gaza, e' a rischio di perdere lo scudo protettivo della Diaspora ebraica, e di rimanere isolato precipitando in una guerra perpetua con gli odiati Palestinesi e gli Stati del Vicino Oriente. Un inedito concordato si stabilirebbe cosi' tra lo Stato di Israele e la sua anima ebraica: "Gerusalemme nostra giustizia" come e' chiamata con Geremia in questa prima settimana d'Avvento.
Con i piu' cordiali saluti,
Raniero La Valle
6. RIFLESSIONE. RANIERO LA VALLE: AI FIRMATARI E INTERLOCUTORI DELLA LETTERA AGLI EBREI DELLA DIASPORA. UNA LETTERA DEL 12 DICEMBRE 2024
[Da Raniero La Valle (per contatti: notizieda at chiesadituttichiesadeipoveri.it) riceviamo e diffondiamo]
Ai firmatari e interlocutori della lettera agli Ebrei della Diaspora
Roma, 12 dicembre 2024.
Cari amici,
il Consiglio della Comunita' Ebraica di Bologna ha dato riscontro alla nostra Lettera agli Ebrei della Diaspora, con la mail che vi mandiamo in allegato. Come prima risposta, con riserva di ulteriori approfondimenti nel dialogo che si e' cosi' avviato, abbiamo scritto alla Comunita' di Bologna questa lettera:
ALLA COMUNITA' EBRAICA DI BOLOGNA
Cari amici,
vi ringraziamo della vostra risposta alla nostra lettera, che indica un'apertura al dialogo tra noi, che resta possibile purche' nessuno pensi che l'altro voglia "pontificare" con i suoi argomenti.
Vogliamo subito ribadire che, non "a differenza di voi", siamo profondamente sensibili ai patimenti degli Ebrei di Israele, sommati a quelli dei Palestinesi di Gaza, ma pensiamo che se si scompone questa somma non considerando i pluriennali patimenti vicendevolmente inflitti come causa scatenante delle rispettive violenze, nessun discorso attendibile si puo' fare ne' per l'oggi ne' per il futuro. Non si puo' nemmeno dire che e' questione di proporzione, che fino a un certo punto la devastazione e la strage sono la misura giusta che la popolazione di Gaza si e' meritata. A cio' si puo' aggiungere, sul piano dei sentimenti e della comunicazione di massa, che purtroppo l'entita', la durata e le intenzioni dichiarate della offensiva israeliana a Gaza, hanno funzionato come un colpo di maglio sul manifestarsi e perdurare dello sdegno per la efferata azione terroristica del 7 ottobre.
La cosa che piu' ci preoccupa nella risposta ricevuta e' la vostra reiezione dell'ONU. Se essa ha reiterato le sue pronunzie lo ha fatto in rapporto alle ripetute condotte dello Stato di Israele, e di certo ha manifestato in questa e in altre occasioni i limiti gravi della sua possibilita' d'intervento, dominata com'e' dalle grandi Potenze; ma se si liquida l'ONU viene meno anche il virgulto di un ordinamento pacifico mondiale, che e' un inderogabile obiettivo se si vuole un futuro, e sarebbero anche per sempre smentite le visioni universalistiche dei profeti d'Israele. Siamo anche sconcertati per l'avallo. che forse vi e' sfuggito nella vostra lettera, all'uccisione degli operatori dell'ONU, ritenuti collusi con Hamas e percio' "entrati nel mirino dell'IDF": avallo che implicitamente si estende a tutte le uccisioni dei membri di Hamas e di quelli che sono considerati collusi con essa, come Israele considera l'intera popolazione di Gaza e molti dei cooperanti stranieri.
Riguardo alla ricostruzione degli eventi passati, non e' nostra l'accusa di colonialismo, che e' un fenomeno moderno, mentre sappiamo bene che il rinnovato stabilimento in quella Terra e' la secolare aspirazione della storia ebraica, e oggetto della triplice preghiera quotidiana degli osservanti. Tuttavia non si puo' dimenticare che fin dall'inizio l'insediamento ebraico in Palestina e' stato concepito come realizzabile solo attraverso la violenza contro i "nativi", come allora venivano chiamati i Palestinesi; lo stesso Ben Gurion, uno dei padri fondatori, nel 1936 diceva all'Agenzia ebraica che era "assolutamente fuori questione" che quel progetto si potesse realizzare attraverso un accordo: "Gli Arabi non potranno mai accettare uno Stato di Israele se non dopo essere arrivati alla completa disperazione", e il fondatore dell'Irgun, Jabotinsky, scriveva nel 1923 che "qualsiasi popolazione indigena si opporra' ai nuovi arrivati finche' avra' la speranza di liberarsi dal pericolo di insediamento di stranieri". La sola strada, quindi, passava "dal muro di ferro, ossia dall'istituzione in Palestina di una forza che non possa in alcun modo essere modificata dalla pressione araba... O sospendiamo la nostra attivita' insediativa o andiamo avanti senza prestare attenzione allo stato d'animo dei nativi. Gli insediamenti dovranno cosi' svilupparsi sotto la protezione di una forza che non dipende dalla popolazione locale, dietro un muro di ferro che essi non possono infrangere".
Ci si puo' chiedere peraltro se tale nuovo radicamento ebraico in Israele possa avvenire solo nella forma di uno Stato, concepito secondo la violenta ideologia moderna, e in ogni caso fino a quanti morti, a quante distruzioni, a quanti dolori, anche secondo il punto di vista ebraico, e' lecito perseguire la definitiva sicurezza di questa realizzazione; né si puo' pensare che quella che viene considerata la missione ebraica nel mondo, si possa onorare solo nello Stato di Israele e non anche nella condizione della Diaspora, a cui ci siamo rivolti nella nostra lettera. Altrimenti anche questo sarebbe "un sogno irenico"; E anche noi ci chiediamo, con Gershom Sholem, se questa realizzazione storica del "ritorno a Sion" "potra' mantenersi senza precipitare nella crisi dell'istanza messianica".
Infine ci teniamo a precisare che il nostro riferimento alla problematica delle migrazioni in Italia e negli altri Stati, non si riferiva affatto ai profughi palestinesi che, se scacciati da Israele, avrebbero comunque il diritto d'asilo quale che sia il loro numero, ma si riferiva al problema strutturale delle migrazioni e dello scambio tra i popoli che e' ormai un problema ineludibile del nostro tempo, oggi criminalizzato da cattivi governanti.
Con rinnovati cordiali saluti,
per i firmatari della Lettera ai nostri contemporanei del popolo ebraico della diaspora
Raniero La Valle
7. RIFLESSIONE. RANIERO LA VALLE: AI FIRMATARI E AGLI INTERLOCUTORI DELLA LETTERA AGLI EBREI DELLA DIASPORA. UNA LETTERA DEL 19 DICEMBRE 2024
[Da Raniero La Valle (per contatti: notizieda at chiesadituttichiesadeipoveri.it) riceviamo e diffondiamo]
Ai firmatari e agli interlocutori della lettera agli Ebrei della Diaspora
Roma, 19 dicembre 2024.
Carissimi,
il nostro dialogo con le comunita' ebraiche per il momento ristagna, non essendoci altre risposte alla nostra lettera dopo quelle di Napoli e Bologna; nel frattempo pero' c'e' stato l'annuale colloquio ebraico-cristiano di Camaldoli. Qui da parte cristiana c'e' stato un atteggiamento prudentissimo, senza alcun riferimento o critica all'attualita', data la delicatissima posizione della Chiesa che non vuole mettere a rischio i nuovi fecondi rapporti con la confessione ebraica avviati addirittura dall'ultimo Concilio, mentre da parte ebraica il trasporto verso la rivendicazione delle posizioni dello Stato di Israele non ha risparmiato appassionate incursioni nell'attualita'. Comunque sia e' necessario che il dialogo continui, al fine di alleggerire la Terra, oggi a rischio di distruzione, a cominciare dal suo cuore, Gerusalemme.
E' molto interessante pero' notare che nel colloquio di Camaldoli da parte ebraica sono venute autorevoli conferme di cruciali istanze avanzate nella nostra lettera. Una di queste e' venuta da un apprezzato storico israeliano, Alexander Rofe', da quarant'anni professore di studi biblici alla Hebrew University di Gerusalemme, che ha parlato, in collegamento da Israele, delle origini del profetismo biblico e della promessa della terra. Qui l'idea espressa nella nostra lettera era quella di una lettura non pedissequa della Bibbia, che non consideri storici tutti gli avvenimenti "storici" dell'Antico Testamento, che soprattutto quando parlano di conquiste e stermini non possono riferirsi a fatti effettivamente accaduti su commissione di un improbabile Dio violento, e quindi non possono essere assunti come fonte e legittimazione di scelte politiche di oggi, come pure e' stato fatto anche dinanzi all'Assemblea dell'ONU. Il professor Rofe' ha chiarito che l'evento del Sinai, ossia l'alleanza esclusiva di Dio con Mose', non e' unico: l'altro e' l'assemblea di Sichem, del libro di Giosue', cioe' l'alleanza del popolo con Dio, che non menziona alcun evento precedente: cioe' Israele ha piu' tradizioni indipendenti l'una dall'altra su come era cominciata l'alleanza a partire da Mose' o Giosue': c'e' un susseguirsi di figure profetiche che porta Israele a convertirsi dalla fede politeistica alla fede nel Signore. L'idea del Patto, che e' un patto tra parti diseguali, una divina che promette di proteggere, l'altra umana che promette di servire, nascerebbe sull'esempio di Patti politici diseguali tra re e vassalli dell'Antico Oriente, come tra l'Imperatore ittita e il re di Ugarit; questi si impegnava a servire unicamente quell'Imperatore, ma non negava che ce ne fossero altri; nel passaggio dalla sfera politica a quella religiosa non e' facile a dirsi come dalla monolatria – la fedelta' al proprio Dio - si e' arrivati al monoteismo, tra il settimo e il sesto secolo, col Deuteronomio e poi il Deutero Isaia.
Dunque dal politico al religioso, ma non col ritorno, secoli dopo, dal religioso al politico, c'e' un processo di demitizzazione delle Scritture Sacre senza il bisogno di passare per Marcione.
Un altro spunto interessante e' stato fornito da un convegnista ebreo che pur esprimendo un'identificazione totale con l'ebraismo ha detto di non dichiararsi sionista, perche' in questo caso dovrebbe fare i bagagli e andare in Israele, cosa che non vuole fare; e a cio' ha risposto il rabbino Alessandro Meloni che ha detto come il sionismo implichi l'aspirazione alla terra, l'avere una terra, ma non necessariamente di fare i bagagli e andarci a vivere: personalmente, come ha detto, egli sta bene in Italia. Ci sono diverse declinazioni del sionismo. Cio' a cui non si puo' venir meno e' il diritto di Israele di esistere e di essere un Paese ebraico in quella terra (anche se in passato si era pensato anche a diverse terre), ma nella versione attuale si tratta di una questione religiosa sviluppata politicamente in modo sbagliato; si puo' parlare di un'Eretz Israel, che e' la terra sognata nel suo splendore, dove la Torah e' applicata, dove c'e' il tempio, dove gli Ebrei si comportano come si deve, e c'e' la Medinat Israel, che e' un'altra cosa, e' uno Stato in cui gli Ebrei hanno la responsabilita' della gestione e cercano di imprimergli una identita' ebraica; e qui nasce il problema del rapporto con la diaspora ebraica, che potrebbe trovarsi in conflitto con il modo di concepire l'ebraicita' di questo Stato.
Dunque ci sono diversi sionismi, e incarnazioni dell'ebraismo, ragione di piu' per ritenere che quello di Netanyahu puo' essere fieramente combattuto, senza che cio' sia fatto passare per antisemitismo.
Con rinnovati cordiali saluti,
Per i Firmatari della lettera agli ebrei della diaspora
Raniero La Valle
8. RIFLESSIONE. RANIERO LA VALLE: A 30 MIGLIA LA SALVEZZA. UNA LETTERA DEL 28 DICEMBRE 2024
[Da Raniero La Valle (per contatti: notizieda at chiesadituttichiesadeipoveri.it) riceviamo e diffondiamo]
Ai firmatari e interlocutori della Lettera ai nostri contemporanei Ebrei
A 30 miglia la salvezza
Roma, 28 dicembre 2024.
Cari amici,
facendo seguito alla corrispondenza intercorsa dopo la nostra lettera del 27 novembre scorso "ai nostri contemporanei del popolo ebraico della diaspora", vi scriviamo spinti dall'ulteriore corso degli eventi. Ci sembra che essi ci stiano ponendo una questione di massima urgenza: ci sono da salvare i rapporti di fiducia e di amore storicamente ricostruiti tra le Genti di tutto il mondo e il popolo ebraico di Israele e della Diaspora, contro le ricadute devastanti che stanno avendo sul sentimento comune le attuali condotte dello Stato di Israele, seguite al criminale attacco di Hamas del 7 ottobre a Gaza.
Non puo' continuare una guerra cosi', perfino il Papa dice "questa non e' guerra, ieri sono stati bombardati i bambini, questa e' crudelta', voglio dirlo perche' tocca il cuore". E' proprio vero, perfino la guerra si offende, abbiamo detto altra volta, se chiamiamo "guerra" cio' che oggi essa e' diventata su vari fronti di lotta. E la reazione del governo di Israele e' stata durissima, si e' detto "deluso" del Papa, ha legittimato la strage perche' nel "contesto della lotta di Israele contro il terrorismo jihadista", ha riconosciuto la crudelta', ma degli altri non la sua. E Francesco, che di amore per gli Ebrei ne ha piu' di tutta la Chiesa, ha ripetuto all'Angelus del 22 dicembre: "Con dolore penso a Gaza, a tanta crudelta', ai bambini mitragliati, ai bombardamenti di scuole e ospedali...", E, ancora una volta, ha ricordato i "bambini mitragliati" nell'omelia della Messa di Natale dopo l'apertura della Porta Santa, mentre a Gaza e' stato distrutto l'ultimo ospedale rimasto.
A sua volta il ministro della Difesa Israel Katz, commentando il bombardamento israeliano sullo Yemen, in risposta ai razzi Qassam degli Houti, aveva detto che "Chiunque alzera' la mano su Israele se la vedra' tagliare, chiunque colpira' sara' colpito sette volte piu' forte", mettendo insieme l'efferata punizione della Sharia (Corano, 5, 38) e la vendetta senza fine del Levitico (Lev. 26, 18-28); ne' Netanyahu era stato da meno, dicendo: "Stanno imparando e impareranno sulla propria pelle che chi attacca Israele paga un prezzo molto alto".
Il Primo Ministro israeliano aveva anche rivendicato a suo merito la "reazione a catena" che ha portato alla caduta del regime siriano, confermando, nonostante le proteste dei parenti degli ostaggi, che non fara' cessare il fuoco a Gaza: "Non li lasceremo al potere a Gaza, a 30 miglia da Tel Aviv. Non accadra'". Lo diceva dei terroristi, cioe' dei palestinesi, e intanto gia' a 45.227 di loro uccisi a Gaza e a 2 milioni sloggiati e in fuga sono stati tolti il potere e la vita. Trova cosi' conferma la strategia della "rottura netta" concordata fin dal 1996 da Netanyahu con i neoconservatori americani. Lo ha raccontato Jeffrey D. Sachs, un funzionario delle Nazioni Unite, stretto collaboratore di Guterres: il generale Wesley Clark, ex candidato alla Casa Bianca, si senti' dire in un incontro al Pentagono dopo l'11 settembre: "attaccheremo e distruggeremo i governi di sette Paesi in cinque anni: inizieremo dall'Iraq, e poi ci sposteremo in Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan e Iran". L'Iraq sarebbe stato il primo, poi la Siria e il resto; un piano, benche' piu' lentamente, in via di attuazione.
Ora il pericolo mortale per lo Stato di Israele, cio' che piu' temiamo per esso, e' di pensare che la propria sicurezza consista nel farsi un deserto intorno, nel vivere in mezzo a un mondo nemico contando solo sulla propria forza militare, consiste nel non considerare che in tal caso, anche se popolera' di soli Ebrei la ridente "Striscia" di Gaza, ci sara' sempre a 30 miglia piu' in la' qualcuno deciso a distruggerlo; mentre la salvezza ci sara' se a 30 miglia ci saranno popoli che si saranno fatti diventare amici. Non sarebbe contro la tradizione: si puo' ricordare il monito ricevuto da Mose' sul Sinai: "Quando incontrerai il bue del tuo nemico o il suo asino dispersi, glieli dovrai ricondurre. Quando vedrai l'asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui a scioglierlo dal carico. Non far morire l'innocente e il giusto, perche' io non assolvo il colpevole. Non opprimerai il forestiero: anche voi conoscete la vita del forestiero, perche' siete stati forestieri in terra d'Egitto" (Esodo, 23, 4-9). L'abbaglio e' invece quello di Netanyahu che parlando all'ONU aveva presentato come il realizzarsi della "benedizione" che Mose' "mise davanti al popolo di Israele migliaia di anni fa, mentre stavamo per entrare nella Terra Promessa", una mappa del mondo in cui Israele, domati gli Stati arabi, estendera' il suo potere tra l'Europa e l'Asia, contro la "maledizione" di un mondo rimasto cattivo "dall'Oceano Indiano al Mediterraneo". Un delirio.
Ma questo pericolo mortale non sta minacciando solo lo Stato di Israele, che il sionismo delle origini pensava sarebbe stato tutt'altra cosa. Sta minacciando anche il popolo ebraico della Diaspora. Lo dicono e lo soffrono anche Ebrei di Israele, che leggono in altro modo la Torah e i Profeti, o non li leggono affatto, ma non vorrebbero una "umanita' violata"; lo dicono Ebrei che amano i Paesi in cui vivono, in attesa di un'altra Geulah; lo diceva Primo Levi, che pensava a un'altra irradiazione dell'ebraismo a partire dall'Esilio; lo dice Anna Foa, che denuncia "il suicidio di Israele". E da ultimo lo ha scritto Gad Lerner che denuncia un integrismo identitario per il quale non si potrebbe essere veramente ebrei fuori di Israele, fino alla pretesa di una "eliminazione" della Diaspora e della sua attrazione nello Stato di Israele. Questo vorrebbe dire pero' l'azzardo di una crescente estensione territoriale dello Stato. Dunque davvero, come abbiamo scritto, "Israele contro Israele"?
Non parliamo del "dialogo ebraico-cristiano". Ambedue le parti asseriscono di volerlo continuare anche in questo momento di "difficolta'", ma se questa difficolta' diventasse essa stessa l'oggetto del dialogo, il contrasto sarebbe inevitabile, ragione per cui da parte cattolica se ne tace, per evitarlo, mentre dall'altra parte essa viene rimproverata di mancata condivisione ed "empatia"; ma in tal modo il dialogo, come e' accaduto a Camaldoli, acquista in virtu' ma perde in verita'. Dopo secoli di dispute teologiche, a dividere cristiani ed Ebrei sono piu' le vittime di Gaza che il dogma della Trinita' e la cristologia.
Ma perche' prendersela tanto? Uno dei nostri critici, un professore di Torino, ci ha accusato di chiedere troppo agli Ebrei quando li invitiamo a modificare la politica del governo Netanyahu, "a tener conto delle terribili condizioni della popolazione soprattutto di Gaza, e a trovare sinceramente e concretamente una prospettiva di pace duratura nell'interesse di tutta la "famiglia umana" di cui, chissa' perche' – dice - un piccolo Stato e' chiamato a farsi specialmente carico". Il perche' che ci viene chiesto sta nel fatto che all'ebraismo e alla fede di Israele, come sempre ci hanno detto, e' legata una prospettiva che in termini laici si potrebbe dire di unita' e di pace per tutti i popoli, e che nella memoria dell'Occidente c'e' una parola di Gesu' alla Samaritana, secondo la quale "la salvezza viene dai Giudei"; ed e' un grande dolore vedere come oggi questa promessa e questa attesa siano in sede politica cosi' duramente contraddette, anche se a causa dell'aggressione subita dagli Ebrei il 7 ottobre.
Anche per questo crediamo che quanto sta accadendo a Gaza, interessi non solo Israeliani e Palestinesi, ma il mondo tutto, ed e' questa la ragione per cui abbiamo auspicato che i due popoli siano riconosciuti e tutelati, in analogia con la Convenzione dell'Unesco, quali "patrimonio dell'umanita'". Sara' pure un "sogno irenico", che "nella costituzione di un 'villaggio globale' regni l'amore reciproco", come ci viene contestato dal Consiglio della Comunita' Ebraica di Bologna, ma questo illusorio sogno "irenico" non e' che la traduzione in greco della profezia di Isaia. E' chiaro che per realizzarsi ci vuole il coraggio di un'altra concezione dello Stato, in Israele e anche da noi, ma questo e' appunto il compito del futuro.
Con i piu' cordiali saluti,
Lo Scriba
per conto dei mittenti della Lettera ai nostri contemporanei Ebrei (1)
(si ringrazia il sito "chiesadituttichiesadeipoveri.it" per aver prestato ai mittenti il suo indirizzo email, per poter raggiungere piu' destinatari insieme. Pertanto per eventuali risposte e commenti si puo' inviare allo stesso indirizzo).
*
Nota
1. Ci e' stato giustamente rimproverato di aver scritto agli "Ebrei della diaspora", come se avessimo voluto dividerli dagli Ebrei di Israele. Percio' ora ci rivolgiamo idealmente a tutti, onde evitare questo errore.
9. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Rafael Alberti, Antologia poetica, Alianza Editorial, Madrid 1980, 1998, pp. 344.
- Jose' Marti', Ismaelillo. Versos libres. Versos sencillos, Catedra, Madrid 1999, pp. 224.
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Strumenti
- Walter Laqueur (a cura di), Dizionario dell'Olocausto, Einaudi, Torino 2004, 2007, pp. XXXIV + 934.
*
Classici
- Max Pohlenz, La Stoa. Storia di un movimento spirituale, La Nuova Italia, Firenze 1967, 1978, 2 voll. per pp. XXXIV + 582 (vol. I) + IV + 452 (vol. II).
10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
11. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5432 del primo gennaio 2025
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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Numero 5432 del primo gennaio 2025
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Contro tutte le guerre, le stragi, le uccisioni
2. Israele, Italia, Palestina: Dichiarazione congiunta di obiezione alla guerra di tre movimenti pacifisti e nonviolenti
3. Movimento Nonviolento: Obiezione alla guerra, scriviamolo su tutti i muri
4. Raniero La Valle: Ai firmatari della lettera agli Ebrei. Una lettera del 30 novembre 2024
5. Raniero La Valle: Ai firmatari e interlocutori della lettera agli Ebrei. Una lettera del 5 dicembre 2024
6. Raniero La Valle: Ai firmatari e interlocutori della lettera agli Ebrei della Diaspora. Una lettera del 12 dicembre 2024
7. Raniero La Valle: Ai firmatari e agli interlocutori della lettera agli Ebrei della Diaspora. Una lettera del 19 dicembre 2024
8. Raniero La Valle: A 30 miglia la salvezza. Una lettera del 28 dicembre 2024
9. Segnalazioni librarie
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'
1. L'ORA. CONTRO TUTTE LE GUERRE, LE STRAGI, LE UCCISIONI
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
2. REPETITA IUVANT. ISRAELE, ITALIA, PALESTINA: DICHIARAZIONE CONGIUNTA DI OBIEZIONE ALLA GUERRA DI TRE MOVIMENTI PACIFISTI E NONVIOLENTI
[Dal Movimento Nonviolento riceviamo e diffondiamo]
Israele, Palestina e Italia, uniti contro la guerra. Mesarvot, Community Peacemaker Teams e Movimento Nonviolento. E' scritta in arabo, ebraico, italiano, la Dichiarazione congiunta dei tre movimenti pacifisti che lavorano come "gruppo misto" di obiezione alla guerra. Il documento, che a livello internazionale viene diffuso in inglese, non e' il solito appello, ma un'assunzione di responsabilita' e impegno a sostenere azioni concrete nei prossimi mesi in Italia, in Israele e Palestina, chiedendo il sostegno (morale, economico, operativo) di tutti coloro che vogliono favorire un processo di pace. Il testo e' uno dei frutti del lavoro di solidarieta' internazionale che un recente tour in Italia di obiettori israeliani e resistenti nonviolenti palestinesi, sostenuto dalla Campagna di Obiezione alla Guerra e promosso dal Movimento Nonviolento con le associazioni israelo-palestinesi Mesarvot e Community Peacemaker Teams, ha generato. L'obiezione di coscienza, con il rifiuto del servizio militare, della violenza terroristica e di stato, e' il cuore della scelta nonviolenta per trovare una via d'uscita dalla guerra.
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Israele, Italia, Palestina: Dichiarazione congiunta per un comune lavoro di pace a partire dall'obiezione alla guerra
La violenza genera violenza, il sangue chiama altro sangue, e noi siamo determinati a spezzare questo ciclo che altrimenti conduce alla morte e alla distruzione reciproca di tutti. Siamo obiettori di coscienza e resistenti nonviolenti che hanno scelto la nonviolenza, convinti che sia per noi la forma migliore di resistenza al male, a difesa della vita, della giustizia e dei diritti di tutti.
Attraverso l'obiezione di coscienza e la resistenza nonviolenta, lavoriamo per ripristinare la giustizia per tutti, dalla quale puo' sorgere la pace. E la pace, a sua volta, promuovera' la giustizia e il rispetto del diritto. "Giustizia e pace si baceranno", e' scritto nei testi sacri per ebrei, cristiani e musulmani.
Gia' lavoriamo insieme - israeliani, palestinesi, italiani - per difendere il diritto umano fondamentale all'obiezione di coscienza e il diritto di tutti a vivere in pace e liberta'. Le armi e le voci dell'odio devono tacere per lasciare spazio alla verita' e alla riconciliazione. Chiediamo un immediato cessate il fuoco, che noi stessi abbiamo gia' attuato, lavorando insieme come gruppi misti per dimostrare che la collaborazione, anche in mezzo a una radicata oppressione, puo' piantare i semi di un futuro piu' giusto e pacifico.
Conosciamo la forza della nonviolenza come stile di vita e come potenza capace di contrastare l'ingiustizia, la violenza e la guerra. Lavoriamo sia per resistere nonviolentemente alla guerra sia per favorire trasformazioni sociali, promuovendo una cultura di pace. Crediamo nella liberta', nella democrazia e nei diritti umani, e ci impegniamo per un rispetto reciproco tra i nostri popoli.
La coscienza individuale e' una difesa contro la propaganda di guerra e puo' proteggere i civili dal coinvolgimento in guerre di conquista e oppressione. Faremo tutto cio' che e' in nostro potere per proteggere il diritto umano all'obiezione di coscienza al servizio militare nelle nostre comunita'.
L'occupazione militare israeliana della terra destinata al popolo palestinese e' da lungo tempo fonte di oppressione, una violazione del diritto internazionale e dei diritti fondamentali dei palestinesi: il diritto di esistere come persone libere e sovrane. Questa occupazione, che ha causato profonde ingiustizie e sofferenze insostenibili, e' aggravata da altre forme di violenza contro civili inermi, a cui si risponde con la brutalita' delle stragi di civili innocenti a Gaza, alimentando la spirale di odio e vendetta: finche' esiste l'oppressione, la resistenza persistera'. Per interrompere questo ciclo vizioso, e' necessario abolire il sistema di occupazione e apartheid che lo genera.
Tutto questo deve finire. Ci sentiamo uniti e siamo solidali con chi soffre per qualsiasi guerra nel mondo oggi.
Community Peacemaker Teams – Palestine
Mesarvot – Israel
Movimento Nonviolento – Italia
3. REPETITA IUVANT. MOVIMENTO NONVIOLENTO: OBIEZIONE ALLA GUERRA, SCRIVIAMOLO SU TUTTI I MURI
[Riceviamo e diffondiamo]
La Campagna di Obiezione alla guerra presenta un nuovo strumento operativo: un poster diffuso a livello nazionale.
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La Campagna di Obiezione alla guerra presenta un nuovo strumento operativo:
un poster diffuso a livello nazionale con il simbolo del fucile spezzato e la scritta "Con la nonviolenza: per cessare il fuoco bisogna non sparare, per fermare la guerra bisogna non farla".
Il volantone, inviato a tutti gli iscritti e ai Centri del Movimento Nonviolento, agli abbonati alla rivista Azione nonviolenta e a tutti coloro che ne faranno richiesta, rilancia la Dichiarazione di obiezione di coscienza rivolta a chi rifiuta la chiamata alle armi e contiene tutte le informazioni su quanto realizzato finora a sostegno degli obiettori di coscienza di Russia, Ucraina, Bielorussia, Israele e Palestina, e i prossimi obiettivi che la Campagna vuole raggiungere.
Sono ormai centinaia di migliaia gli obiettori, disertori, renitenti alla leva che nei luoghi di guerra, rifiutano le armi e la divisa, negandosi al reclutamento militare, ripudiando il proprio esercito senza passare a quello avverso. Alcuni affrontano processo e carcere, altri espatriano, altri ancora scappano o si nascondono. Il Movimento Nonviolento ha scelto di stare dalla loro parte, di sostenerli concretamente, di difendere il loro diritto umano alla vita e alla pace, e di chiedere all'Unione Europea e al Governo italiano di riconoscere, per loro e per chi firma la Dichiarazione, lo "status" di obiettori di coscienza.
La Campagna si sviluppa su due direttrici:
- la raccolta fondi per sostenere nelle loro attivita' i movimenti nonviolenti di Russia, Bielorussia, Ucraina, Israele e Palestina, le spese legali per i processi che obiettori e nonviolenti di quei paesi subiscono, per aiutare chi espatria per non farsi arruolare, per gli strumenti di informazione necessari a diffondere la scelta dell'obiezione;
- la diffusione della Dichiarazione di Obiezione di coscienza alla guerra e alla sua preparazione, il rifiuto della chiamata alle armi e fin da ora della futura mobilitazione militare. La procedura e' semplice: si compila e si sottoscrive la Dichiarazione (per tutti, giovani o adulti, donne e uomini ) rivolta ai Presidenti della Repubblica e del Consiglio.
Sul sito del Movimento Nonviolento azionenonviolenta.it alla voce Obiezione alla guerra si trovano tutti gli aggiornamenti e la possibilita' di adesione e contribuzione.
Movimento Nonviolento
Settembre 2024
*
Movimento Nonviolento
via Spagna, 8, 37123 Verona
Tel 045 8009803
Cell. 348 2863190
www.nonviolenti.org
www.azionenonviolenta.it
per sostegno e donazioni
Iban IT35 U 07601 11700 0000 18745455
4. RIFLESSIONE. RANIERO LA VALLE: AI FIRMATARI DELLA LETTERA AGLI EBREI. UNA LETTERA DEL 30 NOVEMBRE 2024
[Da Raniero La Valle (per contatti: notizieda at chiesadituttichiesadeipoveri.it) riceviamo e diffondiamo]
Ai firmatari della lettera agli Ebrei
Roma, 30 novembre 2024.
Cari amici,
la lettera agli Ebrei della Diaspora che insieme abbiamo predisposto e firmato e' stata inviata in data 29 novembre 2024 a tutte le comunita' e le sezione dell'ebraismo italiano, alla presidente dell'Unione delle comunita' Ebraiche, e al Rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni. Essa e' stata pubblicata dai siti del Fatto Quotidiano, del Manifesto, di Adista; altri siti l'hanno pubblicata nella versione circolata in precedenza nella fase di gestazione. Le ultime firme sono state quelle del premio Nobel per la Pace Adolfo Perez Esquivel e del Presidente dell'Agora' degli Abitanti della Terra Riccardo Petrella.
Una prima risposta da parte dei destinatari e' giunta dalla comunita' ebraica di Napoli e dalle sezioni del Sud e delle Isole; e' una replica in forte dissenso ma articolata e indizio del fatto che un dialogo puo' essere istituito e dunque e' un riconoscimento dell'utilita' di questa iniziativa. In particolare la comunita' ebraica di Napoli sostiene "che l'antisemitismo non e' stato determinato dalla guerra a Gaza ma semplicemente si e' manifestato in modo plateale e pubblico nel momento in cui Israele e' apparso vulnerabile. E questo perche', piaccia o meno, nell'immaginario collettivo Israele viene identificato con gli Ebrei, con tutti gli Ebrei, e gli Ebrei vengono identificati con Israele". Il nostro intento e' appunto quello di contrastare questo antisemitismo anche mediante il riconoscimento della distinzione tra Ebrei e Israeliani. Altro tema assai discutibile riguarda la storia che ha portato alla situazione attuale su cui sara' bene continuare la riflessione e l'indagine. La comunita' di Napoli afferma "l'evidenza storica e demografica di uno Stato creato in una ex provincia dei vari regni e imperi che si sono succeduti in quella regione dove c'era spazio a sufficienza per creare due Stati, ma che invece, per il rifiuto della parte araba ad accettare uno Stato non musulmano in quei luoghi ha portato paradossalmente alla nascita dello Stato non accettato (Israele) e alla mancata indipendenza di quello per il quale tutto il mondo arabo diceva e dice di battersi": sono appunto queste tormentate origini che occorre rivisitare, perché e' a partire da una corretta lettura della storia passata che si puo' trovare una soluzione alle tragedie del presente.
Questi primi riscontri alla lettera ci incoraggiano a proseguire in questa ricerca e in questo dialogo e con una empatia per tutte le vittime che gli amici ebrei di Napoli ci contestano di non avere espresso abbastanza nel nostro documento.
La lettera agli Ebrei, come e' detto in calce alle firme, puo' essere liberamente riprodotta e scambiata cosi' da promuovere e incentivare il necessario dialogo. Noi continueremo a tenervi informati; speriamo di poterlo fare anche con i firmatari della lettera che non abbiamo potuto raggiungere perche' non ne conosciamo l'indirizzo mail, che speriamo ci venga trasmesso.
In allegato vi trasmettiamo la lettera nella sua forma definitiva e con le firme finora raccolte e quella con cui l'abbiamo accompagnata.
Con i piu' cordiali saluti,
Raniero La Valle
5. RIFLESSIONE. RANIERO LA VALLE: AI FIRMATARI E INTERLOCUTORI DELLA LETTERA AGLI EBREI. UNA LETTERA DEL 5 DICEMBRE 2024
[Da Raniero La Valle (per contatti: notizieda at chiesadituttichiesadeipoveri.it) riceviamo e diffondiamo]
Ai firmatari e interlocutori della lettera agli Ebrei
Roma, 5 dicembre 2024.
Cari amici,
abbiamo ricevuto una lettera dalla Comunita' Ebraica di Casale Monferrato, con le sezioni di Moncalvo e Valenza, che dice: "vi ringraziamo del materiale inviatoci, che abbiamo visionato con attenzione, sara' nostra cura ragionare con le altre comunita'". In attesa di questa e di altre risposte, abbiamo pensato di estendere questa lettera indirizzata ai firmatari della lettera agli ebrei, anche agli interlocutori del dibattito cosi' avviato. Se credete tale lettera potra' chiamarsi "Peaceletter", e potra' essere scritta non solamente dal primo firmatario della lettera agli Ebrei della Diaspora, ma anche da altri redattori.
Intanto possiamo riflettere sulla sentenza con cui la nostra Corte Costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalita' di gran parte della eversiva legge sulle autonomie, che viene cosi' sostanzialmente a cadere. In tale sentenza ci sembrano pero' particolarmente interessanti i motivi che fondano questa pronunzia, perche' sulla scorta della nostra Costituzione, la Corte enuncia i principi di uno Stato binazionale, multinazionale e pluralistico, quale e' quello italiano nel quale convivono le identita' di due o piu' popoli (l'italiano e il tedesco del Sudtirolo o Alto Adige, ma anche comunita' di altri popoli).
Questo modello cosi' preconizzato dalla nostra Costituzione potrebbe ispirare una rifondazione dello Stato di Israele, nella forma dei "due popoli e uno Stato", quale abbiamo ipotizzato nella nostra lettera agli Ebrei, dato il tramonto della soluzione a due Stati. In particolare la Corte ricorda che il nostro Stato "e' connotato dall'attribuzione alle regioni dell'autonomia politica, che si specifica in autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria", cio' che nel caso di Israele potrebbe configurare il dualismo tra l'ordinamento del territorio dello Stato quale risulterebbe dagli accordi di Oslo e la Cisgiordania. Al tempo stesso, dice la Corte, "fin dai principi fondamentali, la Costituzione definisce la Repubblica come "una e indivisibile"", caratteri che "si fondano sul riconoscimento dell'unita' del popolo", a cui la Carta "attribuisce la titolarita' della sovranita'". Si tratta percio' di uno Stato che "riconosce e garantisce pienamente il pluralismo politico, sociale, religioso, scolastico, della sfera economica". Tuttavia, "tale accentuato pluralismo, che si riflette anche sul piano istituzionale – precisa la Corte - non porta alla evaporazione della nozione unitaria di popolo". E' una "compresenza e dialettica di pluralismo e unita' che puo' essere mantenuta solamente se le molteplici formazioni politiche e sociali e le singole persone, in cui si articola il "popolo come molteplicita'", convergono su un nucleo di valori condivisi che fanno dell'Italia una comunita' politica con una sua identita' collettiva. In essa confluiscono la storia e l'appartenenza a una comune civilta'", cio' a cui "si riferisce la stessa Costituzione quando richiama il concetto di "Nazione"".
In questo quadro, a coronamento di una riconciliazione tra Israeliani e Palestinesi, si puo' pensare a un Patto tra lo Stato e la confessione ebraica, che introduca un ordinamento di laicita', pluralismo e liberta' religiosa, col riconoscimento giuridico dell'identita' e della professione individuale e collettiva della fede, come fa, agli art. 7 e 8, la nostra Costituzione.
Si dira' che questo invidiabile disegno costituzionale non si e' veramente realizzato, ma per colpa nostra, che non si puo' parlare, per Israeliani e Palestinesi (dentro e fuori la Diaspora), di un solo popolo, di una sola nazione, di una comune identita'. Ma si puo' rispondere che una cosa e' un ordinamento giuridico, e altra cosa sono le realta' umane e sociali che corrono nella storia e che il trapasso d'epoca che stiamo vivendo puo' essere superato solo se concepiamo un'altra forma di identita' che non sia ripiegata su se stessa ma si apra all'altro, che si tratti del migrante, dell'altro popolo, dell'altra lingua, dell'altro colore, dell'altra cultura.
Questo modello e' quello che potrebbe salvare lo Stato di Israele, che a causa dello sgomento suscitato dalla spietata guerra di Gaza, e' a rischio di perdere lo scudo protettivo della Diaspora ebraica, e di rimanere isolato precipitando in una guerra perpetua con gli odiati Palestinesi e gli Stati del Vicino Oriente. Un inedito concordato si stabilirebbe cosi' tra lo Stato di Israele e la sua anima ebraica: "Gerusalemme nostra giustizia" come e' chiamata con Geremia in questa prima settimana d'Avvento.
Con i piu' cordiali saluti,
Raniero La Valle
6. RIFLESSIONE. RANIERO LA VALLE: AI FIRMATARI E INTERLOCUTORI DELLA LETTERA AGLI EBREI DELLA DIASPORA. UNA LETTERA DEL 12 DICEMBRE 2024
[Da Raniero La Valle (per contatti: notizieda at chiesadituttichiesadeipoveri.it) riceviamo e diffondiamo]
Ai firmatari e interlocutori della lettera agli Ebrei della Diaspora
Roma, 12 dicembre 2024.
Cari amici,
il Consiglio della Comunita' Ebraica di Bologna ha dato riscontro alla nostra Lettera agli Ebrei della Diaspora, con la mail che vi mandiamo in allegato. Come prima risposta, con riserva di ulteriori approfondimenti nel dialogo che si e' cosi' avviato, abbiamo scritto alla Comunita' di Bologna questa lettera:
ALLA COMUNITA' EBRAICA DI BOLOGNA
Cari amici,
vi ringraziamo della vostra risposta alla nostra lettera, che indica un'apertura al dialogo tra noi, che resta possibile purche' nessuno pensi che l'altro voglia "pontificare" con i suoi argomenti.
Vogliamo subito ribadire che, non "a differenza di voi", siamo profondamente sensibili ai patimenti degli Ebrei di Israele, sommati a quelli dei Palestinesi di Gaza, ma pensiamo che se si scompone questa somma non considerando i pluriennali patimenti vicendevolmente inflitti come causa scatenante delle rispettive violenze, nessun discorso attendibile si puo' fare ne' per l'oggi ne' per il futuro. Non si puo' nemmeno dire che e' questione di proporzione, che fino a un certo punto la devastazione e la strage sono la misura giusta che la popolazione di Gaza si e' meritata. A cio' si puo' aggiungere, sul piano dei sentimenti e della comunicazione di massa, che purtroppo l'entita', la durata e le intenzioni dichiarate della offensiva israeliana a Gaza, hanno funzionato come un colpo di maglio sul manifestarsi e perdurare dello sdegno per la efferata azione terroristica del 7 ottobre.
La cosa che piu' ci preoccupa nella risposta ricevuta e' la vostra reiezione dell'ONU. Se essa ha reiterato le sue pronunzie lo ha fatto in rapporto alle ripetute condotte dello Stato di Israele, e di certo ha manifestato in questa e in altre occasioni i limiti gravi della sua possibilita' d'intervento, dominata com'e' dalle grandi Potenze; ma se si liquida l'ONU viene meno anche il virgulto di un ordinamento pacifico mondiale, che e' un inderogabile obiettivo se si vuole un futuro, e sarebbero anche per sempre smentite le visioni universalistiche dei profeti d'Israele. Siamo anche sconcertati per l'avallo. che forse vi e' sfuggito nella vostra lettera, all'uccisione degli operatori dell'ONU, ritenuti collusi con Hamas e percio' "entrati nel mirino dell'IDF": avallo che implicitamente si estende a tutte le uccisioni dei membri di Hamas e di quelli che sono considerati collusi con essa, come Israele considera l'intera popolazione di Gaza e molti dei cooperanti stranieri.
Riguardo alla ricostruzione degli eventi passati, non e' nostra l'accusa di colonialismo, che e' un fenomeno moderno, mentre sappiamo bene che il rinnovato stabilimento in quella Terra e' la secolare aspirazione della storia ebraica, e oggetto della triplice preghiera quotidiana degli osservanti. Tuttavia non si puo' dimenticare che fin dall'inizio l'insediamento ebraico in Palestina e' stato concepito come realizzabile solo attraverso la violenza contro i "nativi", come allora venivano chiamati i Palestinesi; lo stesso Ben Gurion, uno dei padri fondatori, nel 1936 diceva all'Agenzia ebraica che era "assolutamente fuori questione" che quel progetto si potesse realizzare attraverso un accordo: "Gli Arabi non potranno mai accettare uno Stato di Israele se non dopo essere arrivati alla completa disperazione", e il fondatore dell'Irgun, Jabotinsky, scriveva nel 1923 che "qualsiasi popolazione indigena si opporra' ai nuovi arrivati finche' avra' la speranza di liberarsi dal pericolo di insediamento di stranieri". La sola strada, quindi, passava "dal muro di ferro, ossia dall'istituzione in Palestina di una forza che non possa in alcun modo essere modificata dalla pressione araba... O sospendiamo la nostra attivita' insediativa o andiamo avanti senza prestare attenzione allo stato d'animo dei nativi. Gli insediamenti dovranno cosi' svilupparsi sotto la protezione di una forza che non dipende dalla popolazione locale, dietro un muro di ferro che essi non possono infrangere".
Ci si puo' chiedere peraltro se tale nuovo radicamento ebraico in Israele possa avvenire solo nella forma di uno Stato, concepito secondo la violenta ideologia moderna, e in ogni caso fino a quanti morti, a quante distruzioni, a quanti dolori, anche secondo il punto di vista ebraico, e' lecito perseguire la definitiva sicurezza di questa realizzazione; né si puo' pensare che quella che viene considerata la missione ebraica nel mondo, si possa onorare solo nello Stato di Israele e non anche nella condizione della Diaspora, a cui ci siamo rivolti nella nostra lettera. Altrimenti anche questo sarebbe "un sogno irenico"; E anche noi ci chiediamo, con Gershom Sholem, se questa realizzazione storica del "ritorno a Sion" "potra' mantenersi senza precipitare nella crisi dell'istanza messianica".
Infine ci teniamo a precisare che il nostro riferimento alla problematica delle migrazioni in Italia e negli altri Stati, non si riferiva affatto ai profughi palestinesi che, se scacciati da Israele, avrebbero comunque il diritto d'asilo quale che sia il loro numero, ma si riferiva al problema strutturale delle migrazioni e dello scambio tra i popoli che e' ormai un problema ineludibile del nostro tempo, oggi criminalizzato da cattivi governanti.
Con rinnovati cordiali saluti,
per i firmatari della Lettera ai nostri contemporanei del popolo ebraico della diaspora
Raniero La Valle
7. RIFLESSIONE. RANIERO LA VALLE: AI FIRMATARI E AGLI INTERLOCUTORI DELLA LETTERA AGLI EBREI DELLA DIASPORA. UNA LETTERA DEL 19 DICEMBRE 2024
[Da Raniero La Valle (per contatti: notizieda at chiesadituttichiesadeipoveri.it) riceviamo e diffondiamo]
Ai firmatari e agli interlocutori della lettera agli Ebrei della Diaspora
Roma, 19 dicembre 2024.
Carissimi,
il nostro dialogo con le comunita' ebraiche per il momento ristagna, non essendoci altre risposte alla nostra lettera dopo quelle di Napoli e Bologna; nel frattempo pero' c'e' stato l'annuale colloquio ebraico-cristiano di Camaldoli. Qui da parte cristiana c'e' stato un atteggiamento prudentissimo, senza alcun riferimento o critica all'attualita', data la delicatissima posizione della Chiesa che non vuole mettere a rischio i nuovi fecondi rapporti con la confessione ebraica avviati addirittura dall'ultimo Concilio, mentre da parte ebraica il trasporto verso la rivendicazione delle posizioni dello Stato di Israele non ha risparmiato appassionate incursioni nell'attualita'. Comunque sia e' necessario che il dialogo continui, al fine di alleggerire la Terra, oggi a rischio di distruzione, a cominciare dal suo cuore, Gerusalemme.
E' molto interessante pero' notare che nel colloquio di Camaldoli da parte ebraica sono venute autorevoli conferme di cruciali istanze avanzate nella nostra lettera. Una di queste e' venuta da un apprezzato storico israeliano, Alexander Rofe', da quarant'anni professore di studi biblici alla Hebrew University di Gerusalemme, che ha parlato, in collegamento da Israele, delle origini del profetismo biblico e della promessa della terra. Qui l'idea espressa nella nostra lettera era quella di una lettura non pedissequa della Bibbia, che non consideri storici tutti gli avvenimenti "storici" dell'Antico Testamento, che soprattutto quando parlano di conquiste e stermini non possono riferirsi a fatti effettivamente accaduti su commissione di un improbabile Dio violento, e quindi non possono essere assunti come fonte e legittimazione di scelte politiche di oggi, come pure e' stato fatto anche dinanzi all'Assemblea dell'ONU. Il professor Rofe' ha chiarito che l'evento del Sinai, ossia l'alleanza esclusiva di Dio con Mose', non e' unico: l'altro e' l'assemblea di Sichem, del libro di Giosue', cioe' l'alleanza del popolo con Dio, che non menziona alcun evento precedente: cioe' Israele ha piu' tradizioni indipendenti l'una dall'altra su come era cominciata l'alleanza a partire da Mose' o Giosue': c'e' un susseguirsi di figure profetiche che porta Israele a convertirsi dalla fede politeistica alla fede nel Signore. L'idea del Patto, che e' un patto tra parti diseguali, una divina che promette di proteggere, l'altra umana che promette di servire, nascerebbe sull'esempio di Patti politici diseguali tra re e vassalli dell'Antico Oriente, come tra l'Imperatore ittita e il re di Ugarit; questi si impegnava a servire unicamente quell'Imperatore, ma non negava che ce ne fossero altri; nel passaggio dalla sfera politica a quella religiosa non e' facile a dirsi come dalla monolatria – la fedelta' al proprio Dio - si e' arrivati al monoteismo, tra il settimo e il sesto secolo, col Deuteronomio e poi il Deutero Isaia.
Dunque dal politico al religioso, ma non col ritorno, secoli dopo, dal religioso al politico, c'e' un processo di demitizzazione delle Scritture Sacre senza il bisogno di passare per Marcione.
Un altro spunto interessante e' stato fornito da un convegnista ebreo che pur esprimendo un'identificazione totale con l'ebraismo ha detto di non dichiararsi sionista, perche' in questo caso dovrebbe fare i bagagli e andare in Israele, cosa che non vuole fare; e a cio' ha risposto il rabbino Alessandro Meloni che ha detto come il sionismo implichi l'aspirazione alla terra, l'avere una terra, ma non necessariamente di fare i bagagli e andarci a vivere: personalmente, come ha detto, egli sta bene in Italia. Ci sono diverse declinazioni del sionismo. Cio' a cui non si puo' venir meno e' il diritto di Israele di esistere e di essere un Paese ebraico in quella terra (anche se in passato si era pensato anche a diverse terre), ma nella versione attuale si tratta di una questione religiosa sviluppata politicamente in modo sbagliato; si puo' parlare di un'Eretz Israel, che e' la terra sognata nel suo splendore, dove la Torah e' applicata, dove c'e' il tempio, dove gli Ebrei si comportano come si deve, e c'e' la Medinat Israel, che e' un'altra cosa, e' uno Stato in cui gli Ebrei hanno la responsabilita' della gestione e cercano di imprimergli una identita' ebraica; e qui nasce il problema del rapporto con la diaspora ebraica, che potrebbe trovarsi in conflitto con il modo di concepire l'ebraicita' di questo Stato.
Dunque ci sono diversi sionismi, e incarnazioni dell'ebraismo, ragione di piu' per ritenere che quello di Netanyahu puo' essere fieramente combattuto, senza che cio' sia fatto passare per antisemitismo.
Con rinnovati cordiali saluti,
Per i Firmatari della lettera agli ebrei della diaspora
Raniero La Valle
8. RIFLESSIONE. RANIERO LA VALLE: A 30 MIGLIA LA SALVEZZA. UNA LETTERA DEL 28 DICEMBRE 2024
[Da Raniero La Valle (per contatti: notizieda at chiesadituttichiesadeipoveri.it) riceviamo e diffondiamo]
Ai firmatari e interlocutori della Lettera ai nostri contemporanei Ebrei
A 30 miglia la salvezza
Roma, 28 dicembre 2024.
Cari amici,
facendo seguito alla corrispondenza intercorsa dopo la nostra lettera del 27 novembre scorso "ai nostri contemporanei del popolo ebraico della diaspora", vi scriviamo spinti dall'ulteriore corso degli eventi. Ci sembra che essi ci stiano ponendo una questione di massima urgenza: ci sono da salvare i rapporti di fiducia e di amore storicamente ricostruiti tra le Genti di tutto il mondo e il popolo ebraico di Israele e della Diaspora, contro le ricadute devastanti che stanno avendo sul sentimento comune le attuali condotte dello Stato di Israele, seguite al criminale attacco di Hamas del 7 ottobre a Gaza.
Non puo' continuare una guerra cosi', perfino il Papa dice "questa non e' guerra, ieri sono stati bombardati i bambini, questa e' crudelta', voglio dirlo perche' tocca il cuore". E' proprio vero, perfino la guerra si offende, abbiamo detto altra volta, se chiamiamo "guerra" cio' che oggi essa e' diventata su vari fronti di lotta. E la reazione del governo di Israele e' stata durissima, si e' detto "deluso" del Papa, ha legittimato la strage perche' nel "contesto della lotta di Israele contro il terrorismo jihadista", ha riconosciuto la crudelta', ma degli altri non la sua. E Francesco, che di amore per gli Ebrei ne ha piu' di tutta la Chiesa, ha ripetuto all'Angelus del 22 dicembre: "Con dolore penso a Gaza, a tanta crudelta', ai bambini mitragliati, ai bombardamenti di scuole e ospedali...", E, ancora una volta, ha ricordato i "bambini mitragliati" nell'omelia della Messa di Natale dopo l'apertura della Porta Santa, mentre a Gaza e' stato distrutto l'ultimo ospedale rimasto.
A sua volta il ministro della Difesa Israel Katz, commentando il bombardamento israeliano sullo Yemen, in risposta ai razzi Qassam degli Houti, aveva detto che "Chiunque alzera' la mano su Israele se la vedra' tagliare, chiunque colpira' sara' colpito sette volte piu' forte", mettendo insieme l'efferata punizione della Sharia (Corano, 5, 38) e la vendetta senza fine del Levitico (Lev. 26, 18-28); ne' Netanyahu era stato da meno, dicendo: "Stanno imparando e impareranno sulla propria pelle che chi attacca Israele paga un prezzo molto alto".
Il Primo Ministro israeliano aveva anche rivendicato a suo merito la "reazione a catena" che ha portato alla caduta del regime siriano, confermando, nonostante le proteste dei parenti degli ostaggi, che non fara' cessare il fuoco a Gaza: "Non li lasceremo al potere a Gaza, a 30 miglia da Tel Aviv. Non accadra'". Lo diceva dei terroristi, cioe' dei palestinesi, e intanto gia' a 45.227 di loro uccisi a Gaza e a 2 milioni sloggiati e in fuga sono stati tolti il potere e la vita. Trova cosi' conferma la strategia della "rottura netta" concordata fin dal 1996 da Netanyahu con i neoconservatori americani. Lo ha raccontato Jeffrey D. Sachs, un funzionario delle Nazioni Unite, stretto collaboratore di Guterres: il generale Wesley Clark, ex candidato alla Casa Bianca, si senti' dire in un incontro al Pentagono dopo l'11 settembre: "attaccheremo e distruggeremo i governi di sette Paesi in cinque anni: inizieremo dall'Iraq, e poi ci sposteremo in Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan e Iran". L'Iraq sarebbe stato il primo, poi la Siria e il resto; un piano, benche' piu' lentamente, in via di attuazione.
Ora il pericolo mortale per lo Stato di Israele, cio' che piu' temiamo per esso, e' di pensare che la propria sicurezza consista nel farsi un deserto intorno, nel vivere in mezzo a un mondo nemico contando solo sulla propria forza militare, consiste nel non considerare che in tal caso, anche se popolera' di soli Ebrei la ridente "Striscia" di Gaza, ci sara' sempre a 30 miglia piu' in la' qualcuno deciso a distruggerlo; mentre la salvezza ci sara' se a 30 miglia ci saranno popoli che si saranno fatti diventare amici. Non sarebbe contro la tradizione: si puo' ricordare il monito ricevuto da Mose' sul Sinai: "Quando incontrerai il bue del tuo nemico o il suo asino dispersi, glieli dovrai ricondurre. Quando vedrai l'asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui a scioglierlo dal carico. Non far morire l'innocente e il giusto, perche' io non assolvo il colpevole. Non opprimerai il forestiero: anche voi conoscete la vita del forestiero, perche' siete stati forestieri in terra d'Egitto" (Esodo, 23, 4-9). L'abbaglio e' invece quello di Netanyahu che parlando all'ONU aveva presentato come il realizzarsi della "benedizione" che Mose' "mise davanti al popolo di Israele migliaia di anni fa, mentre stavamo per entrare nella Terra Promessa", una mappa del mondo in cui Israele, domati gli Stati arabi, estendera' il suo potere tra l'Europa e l'Asia, contro la "maledizione" di un mondo rimasto cattivo "dall'Oceano Indiano al Mediterraneo". Un delirio.
Ma questo pericolo mortale non sta minacciando solo lo Stato di Israele, che il sionismo delle origini pensava sarebbe stato tutt'altra cosa. Sta minacciando anche il popolo ebraico della Diaspora. Lo dicono e lo soffrono anche Ebrei di Israele, che leggono in altro modo la Torah e i Profeti, o non li leggono affatto, ma non vorrebbero una "umanita' violata"; lo dicono Ebrei che amano i Paesi in cui vivono, in attesa di un'altra Geulah; lo diceva Primo Levi, che pensava a un'altra irradiazione dell'ebraismo a partire dall'Esilio; lo dice Anna Foa, che denuncia "il suicidio di Israele". E da ultimo lo ha scritto Gad Lerner che denuncia un integrismo identitario per il quale non si potrebbe essere veramente ebrei fuori di Israele, fino alla pretesa di una "eliminazione" della Diaspora e della sua attrazione nello Stato di Israele. Questo vorrebbe dire pero' l'azzardo di una crescente estensione territoriale dello Stato. Dunque davvero, come abbiamo scritto, "Israele contro Israele"?
Non parliamo del "dialogo ebraico-cristiano". Ambedue le parti asseriscono di volerlo continuare anche in questo momento di "difficolta'", ma se questa difficolta' diventasse essa stessa l'oggetto del dialogo, il contrasto sarebbe inevitabile, ragione per cui da parte cattolica se ne tace, per evitarlo, mentre dall'altra parte essa viene rimproverata di mancata condivisione ed "empatia"; ma in tal modo il dialogo, come e' accaduto a Camaldoli, acquista in virtu' ma perde in verita'. Dopo secoli di dispute teologiche, a dividere cristiani ed Ebrei sono piu' le vittime di Gaza che il dogma della Trinita' e la cristologia.
Ma perche' prendersela tanto? Uno dei nostri critici, un professore di Torino, ci ha accusato di chiedere troppo agli Ebrei quando li invitiamo a modificare la politica del governo Netanyahu, "a tener conto delle terribili condizioni della popolazione soprattutto di Gaza, e a trovare sinceramente e concretamente una prospettiva di pace duratura nell'interesse di tutta la "famiglia umana" di cui, chissa' perche' – dice - un piccolo Stato e' chiamato a farsi specialmente carico". Il perche' che ci viene chiesto sta nel fatto che all'ebraismo e alla fede di Israele, come sempre ci hanno detto, e' legata una prospettiva che in termini laici si potrebbe dire di unita' e di pace per tutti i popoli, e che nella memoria dell'Occidente c'e' una parola di Gesu' alla Samaritana, secondo la quale "la salvezza viene dai Giudei"; ed e' un grande dolore vedere come oggi questa promessa e questa attesa siano in sede politica cosi' duramente contraddette, anche se a causa dell'aggressione subita dagli Ebrei il 7 ottobre.
Anche per questo crediamo che quanto sta accadendo a Gaza, interessi non solo Israeliani e Palestinesi, ma il mondo tutto, ed e' questa la ragione per cui abbiamo auspicato che i due popoli siano riconosciuti e tutelati, in analogia con la Convenzione dell'Unesco, quali "patrimonio dell'umanita'". Sara' pure un "sogno irenico", che "nella costituzione di un 'villaggio globale' regni l'amore reciproco", come ci viene contestato dal Consiglio della Comunita' Ebraica di Bologna, ma questo illusorio sogno "irenico" non e' che la traduzione in greco della profezia di Isaia. E' chiaro che per realizzarsi ci vuole il coraggio di un'altra concezione dello Stato, in Israele e anche da noi, ma questo e' appunto il compito del futuro.
Con i piu' cordiali saluti,
Lo Scriba
per conto dei mittenti della Lettera ai nostri contemporanei Ebrei (1)
(si ringrazia il sito "chiesadituttichiesadeipoveri.it" per aver prestato ai mittenti il suo indirizzo email, per poter raggiungere piu' destinatari insieme. Pertanto per eventuali risposte e commenti si puo' inviare allo stesso indirizzo).
*
Nota
1. Ci e' stato giustamente rimproverato di aver scritto agli "Ebrei della diaspora", come se avessimo voluto dividerli dagli Ebrei di Israele. Percio' ora ci rivolgiamo idealmente a tutti, onde evitare questo errore.
9. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Rafael Alberti, Antologia poetica, Alianza Editorial, Madrid 1980, 1998, pp. 344.
- Jose' Marti', Ismaelillo. Versos libres. Versos sencillos, Catedra, Madrid 1999, pp. 224.
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Strumenti
- Walter Laqueur (a cura di), Dizionario dell'Olocausto, Einaudi, Torino 2004, 2007, pp. XXXIV + 934.
*
Classici
- Max Pohlenz, La Stoa. Storia di un movimento spirituale, La Nuova Italia, Firenze 1967, 1978, 2 voll. per pp. XXXIV + 582 (vol. I) + IV + 452 (vol. II).
10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
11. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5432 del primo gennaio 2025
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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