[Nonviolenza] Telegrammi. 5357



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5357 del 18 ottobre 2024
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Movimento Nonviolento: Obiezione alla guerra. Testimoni di nonviolenza da Israele e Palestina
2. Movimento Nonviolento: Obiezione alla guerra, scriviamolo su tutti i muri
3. Scriviamo al presidente statunitense Biden per chiedere la grazia per Leonard Peltier
4. Guenther Anders: Comandamenti dell'era atomica
5. Segnalazioni librarie
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. MOVIMENTO NONVIOLENTO: OBIEZIONE ALLA GUERRA. TESTIMONI DI NONVIOLENZA DA ISRAELE E PALESTINA
[Riceviamo e diffondiamo]

Obiezione alla guerra
Testimoni di nonviolenza da Israele e Palestina
insieme per dare voce a chi rifiuta la violenza e progetta la pace
Un tour in Italia dal 16 al 26 ottobre
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Vengono da Israele e Palestina, dove il diritto internazionale viene calpestato, per rivendicare il diritto all'obiezione di coscienza! Lavorano insieme e rifiutano la guerra, l'esercito, le armi, l'odio.
Sofia Orr e Daniel Mizrahi (israeliani, hanno rifiutato armi e divisa, sono obiettori di coscienza e per questo reduci dal carcere), Tarteel Yasser Al Junaidi e Aisha Amer (palestinesi, sono attiviste nonviolente e difendono i diritti umani, contro l'occupazione) sono quattro testimoni di pace che credono nel dialogo e lavorano insieme, come "gruppo misto" israelo-palestinese, e rappresentano due importanti movimenti: Mesarvot (una rete di giovani attivisti israeliani che rifiutano di prestare il servizio militare obbligatorio), e Community Peacemaker Teams - Palestina (CPT) (sostiene la resistenza di base nonviolenta guidata dai palestinesi contro l'occupazione israeliana).
Invitati in Italia dalla Campagna di Obiezione alla guerra, su iniziativa del Movimento Nonviolento, saranno ospiti, con conferenze stampa e iniziative pubbliche, dal 16 al 26 ottobre: un tour di 10 giorni, da Milano a Bari, per far conoscere all'opinione pubblica italiana i volti e la voce di chi, dentro alla follia della guerra, gia' realizza progetti di pace, a partire dal rifiuto della violenza e delle armi. Lo scopo del tour e' di sostenere concretamente e politicamente i movimenti nonviolenti, gli obiettori di coscienza, i pacifisti che lavorano per la convivenza dei due popoli. La richiesta di pace che si alza dalle popolazioni civili, e' l'unica alternativa alla violenza cieca dell'esercito e dei gruppi armati che a Gaza, in Cisgiordania, in Libano e in Israele stanno seminando odio e vendetta. La spirale che ci sta portando al terzo conflitto mondiale puo' essere spezzata: l'obiezione alla guerra e' il primo passo. Per questo chiediamo alle istituzioni, all'Unione Europea, al nostro governo, di riconoscere lo status di rifugiati politici a tutti gli obiettori di coscienza, disertori, renitenti alla leva, che fuggono dalle guerre e chiedono asilo e protezione.
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Questo il programma del tour:
martedi' 15, arrivo a Milano Malpensa
mercoledi' 16, a Milano, conferenza stampa (ore 11, Cascina nascosta di Parco Sempione) e un incontro pubblico (ore 17:30 sede Acli, via della Signora 3);
giovedi' 17, Verona: conferenza stampa (ore 12:40, Palazzo Barbieri, Sala Arazzi), incontri istituzionali con Sindaco e Vescovo, e proiezione del docu-film "Light" (ore 21, Teatro Modus);
venerdi' 18, Verona: incontro con gli studenti (ore 8:30, Liceo Classico Maffei), partecipazione al Festival "Poeti Sociali" della Diocesi di Verona (ore 15, Piazza dei Signori);
sabato 19, Bologna: incontro con gli studenti e proiezione docu-film (ore 10:30, Cinema Perla) e incontro pubblico (ore 15 al Parco storico di Monte Sole, Marzabotto);
domenica 20, Parma: incontro istituzionale con il Sindaco e con le realta' giovanili (ore 11, Il Punto Parma in Piazza Garibaldi);
domenica 20, Reggio Emilia: incontro pubblico (ore 15:30, Casa di quartiere Orti-Spallanzani);
lunedi' 21, Firenze: incontro con gli studenti (ore 9, Auditorium Istituto Comprensivo Rosai, via dell'Arcovata 4/6); incontro con le associazioni e proiezione docu-film (ore 21, circolo Arci le Vie Nuove, via Giannotti 13);
martedi' 22, Firenze: incontri istituzionali, incontro pubblico (ore 21, Circolo Arci 25 aprile, via Bronzino);
mercoledi' 23, Roma: incontro con gli studenti universitari (ore 10, Aula Blu 5, Universita' Sapienza), incontro con il Servizio Civile (ore 15, sede Engim via Etruschi 7, San Lorenzo);
giovedi' 24, Roma: Audizione Commissione permanente per i Diritti Umani (ore 8:30, Camera dei Deputati), incontro pubblico (ore 11, Europa Experience – David Sassoli, piazza Venezia 6, in dialogo con Donatella Di Cesare e Luigi Manconi), conferenza stampa a Montecitorio (ore 16, Sala stampa, con on. Laura Boldrini, on. Nicola Fratoianni, on. Stefania Ascari e rappresentanti Rete Pace Disarmo);
venerdi' 25, Roma: giornata libera;
sabato 26, Bari: partecipazione alla Giornata di mobilitazione "Fermiamo le guerre. Il tempo della pace e' ora";
domenica 27: partenza da Bari Palese.
Durante tutto il tour, i quattro testimoni saranno accompagnati e tradotti da Daniele Taurino, presidente di EBCO/BEOC (Ufficio Europeo Obiezione di Coscienza).
Molte le associazioni, nazionali e locali, che hanno aderito e collaborato attivamente per la migliore riuscita del tour: Rete italiana Pace e Disarmo, Un Ponte Per, Europe for Peace, Acli Milanesi, Legambiente Lombardia, Caritas Ambrosiana, Fondazione Toniolo, Festival Poeti Sociali della Chiesa di Verona, Portico della Pace di Bologna, Spi Cgil di Bologna, Scuola di Pace di Monte Sole, Parma candidate European Youth Capital 2027, Il Punto hub creativo, Giro del Cielo di Reggio Emilia, Cgil Firenze, Donne insieme per la pace, Arci Firenze, Anpi Firenze, Cospe, Cristiani insieme per la Pace, Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale Universita' Sapienza di Roma, RuniPace, Le vie della Nonviolenza, Servizio Civile, Cnesc (Conferenza nazionale Enti Servizio Civile), Comitato per la Pace di Terra di Bari.
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Movimento Nonviolento
Mao Valpiana Presidente
Caterina Del Torto Segreteria
Info aggiornate su: azionenonviolenta.it
Segreteria nazionale: via Spagna, 8 - Verona
per info stampa: cell. 3482863190
per info logistiche: tel. 0458009803

2. REPETITA IUVANT. MOVIMENTO NONVIOLENTO: OBIEZIONE ALLA GUERRA, SCRIVIAMOLO SU TUTTI I MURI
[Riceviamo e diffondiamo]

La Campagna di Obiezione alla guerra presenta un nuovo strumento operativo: un poster diffuso a livello nazionale.
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La Campagna di Obiezione alla guerra presenta un nuovo strumento operativo:
un poster diffuso a livello nazionale con il simbolo del fucile spezzato e la scritta "Con la nonviolenza: per cessare il fuoco bisogna non sparare, per fermare la guerra bisogna non farla".
Il volantone, inviato a tutti gli iscritti e ai Centri del Movimento Nonviolento, agli abbonati alla rivista Azione nonviolenta e a tutti coloro che ne faranno richiesta, rilancia la Dichiarazione di obiezione di coscienza rivolta a chi rifiuta la chiamata alle armi e contiene tutte le informazioni su quanto realizzato finora a sostegno degli obiettori di coscienza di Russia, Ucraina, Bielorussia, Israele e Palestina, e i prossimi obiettivi che la Campagna vuole raggiungere.
Sono ormai centinaia di migliaia gli obiettori, disertori, renitenti alla leva che nei luoghi di guerra, rifiutano le armi e la divisa, negandosi al reclutamento militare, ripudiando il proprio esercito senza passare a quello avverso. Alcuni affrontano processo e carcere, altri espatriano, altri ancora scappano o si nascondono. Il Movimento Nonviolento ha scelto di stare dalla loro parte, di sostenerli concretamente, di difendere il loro diritto umano alla vita e alla pace, e di chiedere all'Unione Europea e al Governo italiano di riconoscere, per loro e per chi firma la Dichiarazione, lo "status" di obiettori di coscienza.
La Campagna si sviluppa su due direttrici:
- la raccolta fondi per sostenere nelle loro attivita' i movimenti nonviolenti di Russia, Bielorussia, Ucraina, Israele e Palestina, le spese legali per i processi che obiettori e nonviolenti di quei paesi subiscono, per aiutare chi espatria per non farsi arruolare, per gli strumenti di informazione necessari a diffondere la scelta dell'obiezione;
- la diffusione della Dichiarazione di Obiezione di coscienza alla guerra e alla sua preparazione, il rifiuto della chiamata alle armi e fin da ora della futura mobilitazione militare. La procedura e' semplice: si compila e si sottoscrive la Dichiarazione (per tutti, giovani o adulti, donne e uomini ) rivolta ai Presidenti della Repubblica e del Consiglio.
Sul sito del Movimento Nonviolento azionenonviolenta.it alla voce Obiezione alla guerra si trovano tutti gli aggiornamenti e la possibilita' di adesione e contribuzione.
Movimento Nonviolento
Settembre 2024
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Movimento Nonviolento
via Spagna, 8, 37123 Verona
Tel 045 8009803
Cell. 348 2863190
www.nonviolenti.org
www.azionenonviolenta.it
per sostegno e donazioni
Iban IT35 U 07601 11700 0000 18745455

3. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO AL PRESIDENTE STATUNITENSE BIDEN PER CHIEDERE LA GRAZIA PER LEONARD PELTIER

Scriviamo al presidente statunitense Biden per chiedere la grazia per Leonard Peltier.
E' consuetudine dei presidenti statunitensi giunti a fine mandato di concedere la grazia ad alcuni detenuti.
Leonard Peltier e' un illustre attivista nativo americano, difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e della Madre Terra.
Leonard Peltier, che a settembre compira' 80 anni, da 48 anni e' detenuto per un crimine che non ha commesso.
Leonard Peltier e' gravemente malato, e le sue malattie non possono essere curate adeguatamente in carcere.
Affinche' non muoia in carcere un uomo innocente, affinche' Leonard Peltier possa tornare libero e trascorrere con i suoi familiari questo poco tempo che gli resta da vivere, la cosa piu' importante ed urgente da fare adesso e' scrivere a Biden per chiedere che conceda la grazia a Leonard Peltier.
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Per scrivere a Biden la procedura e' la seguente.
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: scrivere un breve testo (di seguito una traccia utilizzabile):
Egregio Presidente degli Stati Uniti d'America,
le scriviamo per chiederle di concedere la grazia al signor Leonard Peltier.
Leonard Peltier ha quasi 80 anni ed e' affetto da plurime gravi patologie che non possono essere adeguatamente curate in carcere: gli resta poco da vivere.
Leonard Peltier ha subito gia' 48 anni di carcere per un delitto che non ha commesso: la sua liberazione e' stata chiesta da Nelson Mandela e da madre Teresa di Calcutta, dal Dalai Lama e da papa Francesco, da Amnesty International, dal Parlamento Europeo, dall'Onu, da milioni di esseri umani.
Egregio Presidente degli Stati Uniti d'America,
restituisca la liberta' a Leonard Peltier; non lasci che muoia in carcere un uomo innocente.
Distinti saluti.
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Sollecitiamo chi legge questo comunicato ad aderire all'iniziativa e a diffondere l'informazione.
Free Leonard Peltier.
Mitakuye Oyasin.

4. TESTI. GUENTHER ANDERS: COMANDAMENTI DELL'ERA ATOMICA
[Nuovamente riproponiamo il seguente testo allegato alla lettera 4 (di Anders a Eatherly, del 2 luglio 1959), precedentemente apparso nella "Frankfurter Allgemeine Zeitung" del 13 luglio 1957, che estraiamo dalla corrispondenza tra Guenther Anders e Claude Eatherly, Il pilota di Hiroshima. Ovvero: la coscienza al bando, Einaudi, Torino 1962, poi Linea d'ombra, Milano 1992, ivi alle pp. 38-50, nella traduzione di Renato Solmi.
Guenther Anders (pseudonimo di Guenther Stern, "anders" significa "altro" e fu lo pseudonimo assunto quando le riviste su cui scriveva gli chiesero di non comparire col suo vero cognome) e' nato a Breslavia nel 1902, figlio dell'illustre psicologo Wilhelm Stern, fu allievo di Husserl e si laureo' in filosofia nel 1925. Costretto all'esilio dall'avvento del nazismo, trasferitosi negli Stati Uniti d'America, visse di disparati mestieri. Tornato in Europa nel 1950, si stabili' a Vienna. E' scomparso nel 1992. Strenuamente impegnato contro la violenza del potere e particolarmente contro il riarmo atomico, e' uno dei maggiori filosofi contemporanei; e' stato il pensatore che con piu' rigore e concentrazione e tenacia ha pensato la condizione dell'umanita' nell'epoca delle armi che mettono in pericolo la sopravvivenza stessa della civilta' umana; insieme a Hannah Arendt (di cui fu coniuge), ad Hans Jonas (e ad altre e altri, certo) e' tra gli ineludibili punti di riferimento del nostro riflettere e del nostro agire. Opere di Guenther Anders: Essere o non essere, Einaudi, Torino 1961; La coscienza al bando. Il carteggio del pilota di Hiroshima Claude Eatherly e di Guenther Anders, Einaudi, Torino 1962, poi Linea d'ombra, Milano 1992 (col titolo: Il pilota di Hiroshima ovvero: la coscienza al bando); L'uomo e' antiquato, vol. I (sottotitolo: Considerazioni sull'anima nell'era della seconda rivoluzione industriale), Il Saggiatore, Milano 1963, poi Bollati Boringhieri, Torino 2003; L'uomo e' antiquato, vol. II (sottotitolo: Sulla distruzione della vita nell'epoca della terza rivoluzione industriale), Bollati Boringhieri, Torino 1992, 2003; Discorso sulle tre guerre mondiali, Linea d'ombra, Milano 1990; Opinioni di un eretico, Theoria, Roma-Napoli 1991; Noi figli di Eichmann, Giuntina, Firenze 1995; Stato di necessita' e legittima difesa, Edizioni Cultura della Pace, San Domenico di Fiesole (Fi) 1997. Si vedano inoltre: Kafka. Pro e contro, Corbo, Ferrara 1989; Uomo senza mondo, Spazio Libri, Ferrara 1991; Patologia della liberta', Palomar, Bari 1993; Amare, ieri, Bollati Boringhieri, Torino 2004; L'odio e' antiquato, Bollati Boringhieri, Torino 2006; Discesa all'Ade, Bollati Boringhieri, Torino 2008. In rivista testi di Anders sono stati pubblicati negli ultimi anni su "Comunita'", "Linea d'ombra", "Micromega". Opere su Guenther Anders: cfr. ora la bella monografia di Pier Paolo Portinaro, Il principio disperazione. Tre studi su Guenther Anders, Bollati Boringhieri, Torino 2003; singoli saggi su Anders hanno scritto, tra altri, Norberto Bobbio, Goffredo Fofi, Umberto Galimberti; tra gli intellettuali italiani che sono stati in corrispondenza con lui ricordiamo Cesare Cases e Renato Solmi.
Claude Eatherly, ufficiale dell'aviazione militare statunitense, il 6 agosto del 1945 prese parte al bombardamento atomico di Hiroshima. Sconvolto dal crimine cui aveva partecipato, afflitto da un senso di colpa insostenibile, considerato pazzo, conobbe il carcere e il manicomio. Si impegno' nella denuncia dell'orrore della guerra atomica e nel movimento pacifista e antinucleare. La corrispondenza che ebbe con Guenther Anders tra il 1959 e il 1961 e' raccolta nel libro Il pilota di Hiroshima. Ovvero: la coscienza al bando, Einaudi, Torino 1962, poi Linea d'ombra, Milano 1992.
Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale; impegnato nel Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta, e' deceduto il 25 marzo 2015. Dal risvolto di copertina del recente volume in cui sono raccolti taluni dei frutti maggiori del suo magistero riprendiamo la seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha studiato a Milano, dove si e' laureato in storia greca con una tesi su Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso un anno a Napoli presso l'Istituto italiano per gli studi storici di Benedetto Croce, ha lavorato dal 1951 al 1963 nella redazione della casa editrice Einaudi. A meta' degli anni '50 ha passato un periodo di studio a Francoforte per seguire i corsi e l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e tradotto in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato da tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della militanza attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e nazionali. Ha collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il pensiero critico", "Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino", "Notiziario Einaudi", "Nuovi Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Il manifesto", "L'Indice dei libri del mese" e altri). Fra le sue traduzioni - oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht (L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca, ivi, 1985), che sono in realta' edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy Lukacs, Il significato attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane Hegel e i problemi della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders, Essere o non essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max Horkheimer e Th. W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980); Seymour Melman, Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti (ivi, 1976); Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918 (Boringhieri, Torino 1976)". Opere di Renato Solmi: segnaliamo particolarmente la sua straordinaria Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007]

Il tuo primo pensiero dopo il risveglio sia: "Atomo". Poiche' non devi cominciare un solo giorno nell'illusione che quello che ti circonda sia un mondo stabile. Quello che ti circonda e' qualcosa che domani potrebbe essere gia' semplicemente "stato"; e noi, tu e io e tutti i nostri contemporanei, siamo piu' "caduchi" di tutti quelli che finora sono stati considerati tali. Poiche' la nostra caducita' non significa solo il nostro essere "mortali"; e neppure che ciascuno di noi puo' essere ucciso. Questo era vero anche in passato. Ma significa che possiamo essere uccisi in blocco, che possiamo essere uccisi come "umanita'". Dove "umanita'" non e' solo l'umanita' attuale, quella che si estende e si distribuisce attraverso le regioni terrestri; ma e' anche quella che si estende attraverso le regioni del tempo: poiche', se l'umanita' attuale sara' uccisa, si estinguera' con lei anche l'umanita' passata, e anche quella futura. La porta davanti alla quale ci troviamo reca quindi la scritta: "Nulla sara' stato", e sull'altro verso le parole: "Il tempo e' stato solo un interludio". Ma, in questo caso, il tempo non sara' stato un interludio fra due eternita' (come speravano i nostri antenati), ma un interludio fra due nulla: fra il nulla di cio' che, nessuno potendolo ricordare, "sara' stato" come se non fosse mai stato, e il nulla di cio' che non potra' mai essere. E poiche' non ci sara' nessuno per distinguere i due nulla, essi si confonderanno in un nulla unico. Ecco quindi la nuova, apocalittica forma di caducita' che e' la nostra, e accanto alla quale tutto cio' che ha avuto finora questo nome e' diventato un'inezia. - E perche' questo non ti sfugga, il tuo primo pensiero dopo il risveglio sia: "Atomo".
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La possibilita' dell'apocalisse
E questo sia il tuo secondo pensiero dopo il risveglio: "La possibilita' dell'apocalisse e' opera nostra. Ma noi non sappiamo quello che facciamo". No, non lo sappiamo; e non lo sanno nemmeno quelli che dispongono e decidono di essa; poiche' anch'essi sono come noi; anch'essi sono noi; anch'essi sono radicalmente incompetenti. E' vero che questa incompetenza non e' colpa loro, ma e' piuttosto l'effetto di una circostanza che non si puo' attribuire a nessuno di loro ne' di noi: la sproporzione continuamente crescente fra la nostra facolta' produttiva e la nostra facolta' immaginativa, fra cio' che possiamo produrre e cio' che possiamo immaginare.
Poiche', nel corso dell'epoca tecnica, il rapporto tradizionale tra fantasia e azione si e' rovesciato. Se era naturale, per i nostri antenati, considerare la fantasia "esorbitante", esuberante, eccessiva, e cioe' tale che superava e trascendeva l'ambito del reale, oggi i poteri della nostra fantasia (e i limiti della nostra sensibilita' e della nostra responsabilita') sono inferiori a quelli della nostra prassi; per cui si puo' dire che oggi la nostra fantasia non e' all'altezza degli effetti che possiamo produrre. Non e' solo la nostra ragione a essere kantianamente limitata e finita, ma anche la nostra immaginazione e - a maggior ragione - la nostra sensibilita'. Possiamo pentirci, tutt'al piu', dell'uccisione di un uomo: e' tutto cio' che si puo' chiedere alla nostra sensibilita'; possiamo rappresentarci, tutt'al piu', l'uccisione di dieci uomini: e' tutto cio' che si puo' chiedere alla nostra immaginazione; ma ammazzare centomila persone non presenta piu' alcuna difficolta'. E cio' non solo per ragioni tecniche; e non solo perche' l'azione si e' ridotta a semplice collaborazione e partecipazione, a un "azionare" che rende invisibile l'effetto, ma anche e proprio per una ragione di ordine morale: e cioe' perche' la strage in massa trascende di gran lunga la sfera di quelle azioni che siamo in grado di rappresentarci concretamente e a cui possiamo reagire sentimentalmente; e la cui esecuzione potrebbe essere inibita dall'immaginazione o dai sentimenti. - Le tue verita' successive dovrebbero quindi essere queste: "L'inibizione diminuisce progressivamente con l'ingrandirsi oltre misura dell'azione"; e "L'uomo e' minore (piu' piccolo) di se stesso". Questa e' la formula della nostra attuale schizofrenia, e cioe' del fatto che le nostre varie facolta' operano separatamente, come entita' isolate e prive di coordinazione che hanno perso il contatto fra loro.
Ma non e' per formulare nozioni definitive e fatalmente disfattistiche su noi stessi che devi formulare queste verita': ma, al contrario, per inorridire della finitezza e per vedere in essa uno scandalo; per sciogliere e allentare quei limiti irrigiditi e trasformarli in barriere da superare; per revocare e abolire la schizofrenia. Naturalmente, finche' ti e' concesso di sopravvivere, puoi anche metterti a sedere, rinunciare ad ogni speranza e rassegnarti alla tua schizofrenia. Ma se non sei disposto a questo, devi cercare di raggiungere te stesso, di portarti alla tua propria altezza. E cio' significa (questo e' il tuo compito) che devi cercare di colmare l'abisso fra le due facolta': la facolta' produttiva e la facolta' riproduttiva; che devi livellare la differenza di altezza che le separa; o, in altri termini, che devi sforzarti di allargare l'ambito limitato della tua immaginazione (e quello ancora piu' ristretto del tuo sentimento), finche' sentimento ed immaginazione arrivino ad apprendere e a concepire l'enormita' che sei stato in grado di produrre; finche' tu possa accettare o respingere cio' che hai inteso. Insomma, il tuo compito consiste nell'allargare la tua fantasia morale.
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Non aver paura di aver paura
Il tuo compito successivo e' quello di allargare il tuo senso del tempo. Poiche' decisivo per la nostra situazione attuale non e' solo (cio' che ormai sanno tutti) che lo spazio terrestre si e' contratto, e che tutti i luoghi che si potevano considerare lontani fino a ieri sono ormai localita' viciniori; ma che anche lo spazio temporale si e' contratto, e che tutti i punti del nostro sistema temporale si sono avvicinati; che i futuri che potevano sembrare fino a ieri a distanza irraggiungibile, confinano ormai direttamente col nostro presente; che li abbiamo trasformati in comunita' attigue. Cio' vale sia per il mondo orientale che per quello occidentale. Per il mondo orientale, poiche' il futuro vi e' pianificato in una misura senza precedenti; e il futuro pianificato non e' piu' un futuro "in grembo agli dei", ma un prodotto in fabbricazione: che, per il fatto di essere previsto, e' gia' visto come parte integrante dello spazio in cui ci si trova. In altri termini: poiche' tutto cio' che si fa, lo si fa per quel prodotto futuro, esso getta gia' la sua ombra sul presente, appartiene gia', in un senso pragmatico, al presente stesso. E cio' vale, in secondo luogo (ed e' il caso che ci riguarda), per gli uomini del mondo occidentale attuale; poiche' questo, anche senza proporselo direttamente, opera gia' sui futuri piu' remoti: decidendo, ad esempio, della salute o della degenerazione, e forse dell'esistenza o dell'inesistenza dei suoi nipoti. E non importa che esso, o, piuttosto, che noi, si miri consapevolmente a questo risultato: poiche' cio' che conta, da un punto di vista morale, e' soltanto il fatto. E dal momento che il fatto - l'"azione a distanza" non pianificata - ci e' noto, continuando ad agire come se non sapessimo quello che facciamo commettiamo un delitto colposo.
E il tuo pensiero successivo dopo il risveglio sia: "Non esser vile, abbi il coraggio di aver paura! Astringiti a fornire quel tanto di paura che corrisponde alla grandezza del pericolo apocalittico!" Anche e proprio la paura fa parte dei sentimenti che siamo incapaci o riluttanti a fornire; e dire che abbiamo gia' paura, che ne abbiamo anche troppa, e che viviamo, anzi, nell'"epoca della paura", e' una frase priva di senso, che, se non e' diffusa ad arte col preciso intento di ingannare, e' pur sempre uno strumento ideale per impedire l'avvento di una paura veramente adeguata all'enormita' del pericolo, e per renderci indolenti e passivi. - E' vero piuttosto il contrario: che viviamo in un'epoca refrattaria all'angoscia e assistiamo quindi passivamente all'evoluzione in corso. Percio' vi e' tutta una serie di ragioni (a prescindere dai limiti della nostra capacita' di sentire), che non e' possibile enumerare qui (1). Ma non possiamo fare a meno di menzionarne una, a cui gli eventi del recente passato conferiscono un'attualita' e un'importanza particolare. Si tratta della mania delle competenze, e cioe' della persuasione, inculcata in noi dalla divisione del lavoro, che ogni problema rientri in un determinato ambito giuridico in cui non abbiamo il diritto di interferire e di dire la nostra. Cosi', per esempio, il problema atomico rientra nella competenza dei politici e dei militari. E questo "non aver diritto" si trasforma subito e automaticamente in "non aver bisogno". In altri termini: non c'e' bisogno che mi occupi dei problemi di cui non sono tenuto e autorizzato ad occuparmi. E posso fare a meno di aver paura, poiche' la paura stessa viene "sbrigata" in un altro ressort. Percio' ripeti dopo il tuo risveglio: "Res nostra agitur". Il che significa due cose: 1) che la cosa ci riguarda perche' ci puo' colpire; e 2) che la pretesa di alcuni a una competenza di carattere esclusivo e' infondata, perche' siamo tutti, in quanto uomini, ugualmente incompetenti. Credere che in puncto "fine del mondo" possa aver luogo una competenza maggiore o minore, e che quelli che (in seguito a una divisione casuale del lavoro, delle responsabilita' e dei compiti) sono diventati politici o militari, e che si occupano della fabbricazione e dell'"impiego" della bomba piu' attivamente o piu' direttamente di noi, siano percio' piu' "competenti" di noi, e' una follia pura e semplice. Chi cerca di farcelo credere (che si tratti di questi pretesi competenti o di altri) dimostra solo la sua incompetenza morale. Ma la nostra situazione morale finisce per diventare intollerabile quando quei pretesi competenti (che sono incapaci di vedere i problemi se non in termini tattici) pretendono di insegnarci che non abbiamo nemmeno il diritto di aver paura, e tanto meno di porci problemi morali: dal momento che la coscienza morale implica una responsabilita', e la responsabilita' e' affar loro, affare dei competenti; con la nostra paura, con la nostra angoscia morale, invaderemmo - secondo loro - un campo di loro competenza. In conclusione: devi rifiutarti di riconoscere un ceto privilegiato, un "clero dell'apocalisse": un gruppo che si arroghi una competenza esclusiva per la catastrofe che sarebbe la catastrofe di tutti. Se ci e' lecito variare il detto rankiano ("ugualmente vicini a Dio"), potremmo dire che "ognuno di noi e' ugualmente vicino alla fine possibile". E percio' ognuno di noi ha lo stesso diritto, e lo stesso dovere, di elevare ad alta voce il suo monito. A cominciare da te.
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Contro la discussione di carattere tattico
Non solo la nostra immaginazione, la nostra sensibilita' e la nostra responsabilita' vengono meno di fronte alla "cosa": ma non siamo neppure in grado di pensarla. Poiche' sotto qualunque categoria cercassimo di sussumerla, la penseremmo in modo sbagliato: per il semplice fatto di ridurla sotto una determinata categoria o classe di concetti, ne faremmo un oggetto fra gli altri e la minimizzeremmo. Anche se puo' esistere in molti esemplari, e' unica nel suo genere, non appartiene a nessuna specie: e', quindi, un monstrum. Disgraziatamente e' proprio questa ("mostruosa") inclassificabilita' a portarci a trascurare la cosa, o a dimenticarla addirittura. Tendiamo a considerare come inesistente tutto cio' che non siamo in grado di classificare. Ma nella misura in cui si parla della cosa (cio' che peraltro non avviene ancora nella conversazione quotidiana fra gli uomini), tendiamo a classificarla (poiche' e' la soluzione piu' comoda e meno inquietante) come un'arma, o piu' in generale come un mezzo. Ma essa non e' un mezzo, poiche' e' essenziale alla natura del mezzo risolversi nello scopo raggiunto e scomparire, come la via nella meta. Il che non accade in questo caso. Poiche' anzi l'effetto inevitabile (e perfino l'effetto consapevolmente ricercato) della cosa e' maggiore di ogni scopo pensabile; poiche' questo, per forza di cose, scompare e si annulla nell'effetto. Scompare e si annulla insieme al mondo in cui c'erano ancora "fini e mezzi". Ed e' chiaro che una cosa che distrugge, con la sua sola esistenza, lo schema "fini e mezzi", non puo' essere un mezzo. Percio' la tua massima successiva sia: "Nessuno mi fara' credere che la bomba sia un mezzo". E dal momento che non e' un mezzo come i milioni di mezzi che compongono il nostro mondo, non puoi tollerare che sia prodotta come se si trattasse di un frigorifero, di un dentifricio e nemmeno di una pistola, per costruire la quale nessuno ci interpella. - E come non devi credere a quelli che la chiamano un "mezzo", non devi credere nemmeno ai persuasori piu' sottili che sostengono che la cosa serve esclusivamente alla "dissuasione", ed e' prodotta, cioe', solo allo scopo di non essere usata. Poiche' non si sono mai visti oggetti il cui impiego si esaurisse nel loro non essere usati; o, tutt'al piu', vi sono stati oggetti che, in determinati casi, non furono usati (e cioe' quando la minaccia del loro uso, spesso gia' avvenuto, si era gia' rivelata sufficiente). Del resto, non dobbiamo mai dimenticare che la cosa e' gia' stata "usata" realmente (e senza giustificazione adeguata) a Hiroshima e Nagasaki. Infine, non dovresti permettere che l'oggetto il cui effetto supera ogni immaginazione sia classificato in modo falso con un'etichetta sciocca e minimizzante. Quando l'esplosione di una bomba H e' definita ufficialmente "azione Opa" o "azione nonnino", non e' solo una manifestazione di cattivo gusto, ma anche un inganno consapevole.
Inoltre devi opporti e ribellarti tutte le volte che la cosa (la cui semplice presenza e' gia' una forma di uso) e' discussa da un punto di vista puramente "tattico". Questo tipo di discussione e' assolutamente inadeguato, poiche' l'idea di potersi servire tatticamente delle armi atomiche presuppone l'esistenza di una situazione politica indipendente dal fatto stesso della loro esistenza. Ma questa e' una supposizione affatto irreale, poiche' la situazione politica (l'espressione "era atomica" e' perfettamente giustificata) e' definita dal fatto delle armi atomiche. Non sono le armi atomiche a presentarsi, fra le altre cose, sulla scena politica, ma sono gli avvenimenti politici a svolgersi all'interno della situazione atomica; e la maggior parte delle azioni politiche sono passi intrapresi all'interno di questa situazione. I tentativi di utilizzare la possibilita' della fine del mondo come una pedina sullo scacchiere della politica internazionale, indipendentemente o meno dalla loro astuzia, sono segni di accecamento. L'epoca delle astuzie e' finita. Percio' devi farti un principio di sabotare tutte le analisi in cui i tuoi contemporanei cercano di esaminare il fatto del pericolo atomico da un punto di vista puramente tattico, e di portare la discussione sul punto essenziale: sulla minaccia che pesa sull'umanita' di un'apocalisse provocata da lei stessa; e fallo anche a costo di essere deriso come persona priva di realismo politico. In realta', ad essere poco realisti, sono proprio i puri tattici, che vedono le armi atomiche solo come mezzi, e che non capiscono che i fini che cercano o pretendono di raggiungere mediante la loro tattica, sono completamente svuotati di significato dall'uso (anzi, dalla semplice possibilita' dell'uso) di questi mezzi.
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La decisione e' gia' stata presa
Non lasciarti ingannare da chi sostiene che ci troveremmo ancora (e ci troveremo forse sempre) nello stadio sperimentale, nello stadio delle esperienze di laboratorio. Poiche' questa e' solo una frase. E non solo perche' abbiamo gia' gettato delle bombe (cio' che molti stranamente dimenticano), e l'epoca "in cui si fa sul serio" e' quindi gia' cominciata da un pezzo; ma anche perche' (ed e' la ragione piu' importante) non e' possibile parlare, in questo caso, di esperimenti. La tua ultima massima sara', quindi, questa: "Per quanto felice possa essere l'esito degli esperimenti, e' lo sperimentare stesso che fallisce". E fallisce perche' si puo' parlare di esperimenti solo dove l'evento sperimentale non esce e non spezza l'ambito isolato e circoscritto del laboratorio; condizione che non si ritrova in questo caso. Poiche' fa proprio parte dell'essenza della cosa, e dell'effetto ricercato della maggior parte degli esperimenti attuali, accrescere il piu' possibile la forza esplosiva e il fall-out radioattivo dell'arma; e cioe', per quanto contraddittoria possa essere la formula, provare fino a che punto si possa superare ogni limite sperimentale. Cio' che e' prodotto dai cosiddetti "esperimenti" non rientra piu', quindi, nella classe degli effetti sperimentali, ma nello spazio reale, nell'ambito della storia (dove si trovano, ad esempio, i pescatori giapponesi contagiati dal fall-out) e perfino della storia futura, poiche' e' il futuro stesso ad essere investito (ad esempio la salute delle prossime generazioni), e si puo' quindi dire che il futuro, secondo la formula filosofica del libro di Jungk, "e' gia' cominciato". E' quindi del tutto illusoria e ingannevole l'affermazione a cui si ricorre cosi' volentieri, che l'impiego della cosa non e' stato ancora deciso. - E' vero, invece, che la decisione e' gia' avvenuta attraverso i cosiddetti esperimenti. Fa quindi parte dei tuoi doveri denunciare e distruggere l'apparenza che noi si viva ancora nella "preistoria" atomica: e chiamare per nome cio' che e'.
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Siamo manipolati dai nostri apparecchi
Ma tutti questi postulati e questi divieti si possono condensare in un solo comandamento: "Abbi solo quelle cose le cui massime potrebbero diventare le tue massime e quindi le massime di una legislazione universale".
E' un postulato che puo' lasciare interdetti: l'espressione "massime delle cose" puo' sembrare, a tutta prima, paradossale. Ma solo perche' strano e paradossale e' il fatto stesso designato dall'espressione. Cio' che vogliamo dire e' solo che, vivendo in un mondo di apparecchi, siamo soggetti al trattamento dei nostri apparecchi (e sempre in un modo determinato dalla natura degli apparecchi). Ma poiche', d'altra parte, siamo gli utenti di questi apparecchi, e trattiamo il nostro prossimo per mezzo di essi, finiamo per trattare il nostro prossimo, anziche' secondo i nostri principi, secondo i modi di operare degli apparecchi, e cioe', in certo qual modo, secondo le loro massime. Il postulato esige che ci rendiamo conto di queste massime come se fossero le nostre (dal momento che lo sono effettivamente e di fatto); che la nostra coscienza morale, anziche' dedicarsi all'esame di se stessa (che e' ormai un lusso privo di conseguenze), si dedichi a quello degli "impulsi nascosti" e dei "principi" dei nostri apparecchi. Esaminando scrupolosamente la propria anima alla maniera tradizionale, un ministro atomico non vi troverebbe, probabilmente, nulla di particolarmente peccaminoso; ma esaminando la "vita intima" dei suoi aggeggi, vi troverebbe niente meno che l'erostratismo, e un erostratismo su scala cosmica; poiche' erostratico e' il modo in cui le armi atomiche trattano l'umanita'. Solo quando ci saremo abituati a questa nuova forma di azione morale ("l'analisi del cuore degli apparecchi"), avremo qualche motivo di sperare che, dovendo decidere del nostro essere o non-essere, sapremo decidere per la conservazione del nostro essere.
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Impossibilita' di non-potere
Il tuo principio successivo sia: "Non credere che quando saremo riusciti a compiere il primo passo, la cessazione dei cosiddetti esperimenti, il pericolo si possa considerare passato, e che noi si possa dormire sugli allori". Poiche' la fine degli esperimenti non significa ancora quella della produzione di bombe e tanto meno la distruzione delle bombe e dei tipi che sono gia' stati sperimentati e che sono pronti per l'uso. Vi possono essere varie ragioni per una cessazione degli esperimenti: uno stato vi si puo' risolvere, ad esempio, perche' ogni ulteriore esperimento sarebbe superfluo, dal momento che la produzione dei tipi sperimentati o la riserva di bombe esistenti bastano gia' per ogni eventualita'; insomma, perche' sarebbe assurdo e antieconomico uccidere l'umanita' piu' di una volta.
Non credere nemmeno che avremmo diritto di stare tranquilli una volta che fossimo riusciti ad eseguire il secondo passo (l'arresto della produzione di bombe A e H), o che potremmo metterci a sedere dopo il terzo passo (la distruzione di tutte le riserve). Anche in un mondo completamente "pulito" (e cioe' in un mondo dove non ci fossero piu' bombe A o H, e dove quindi, apparentemente, non "avremmo" bombe), continueremmo, tuttavia, ad averle, poiche' sapremmo come fare per produrle. Nella nostra epoca contrassegnata dalla riproduzione meccanica non si puo' dire che un oggetto possibile non esista, poiche' cio' che conta non sono gli oggetti fisici reali, ma i loro tipi, i loro "modelli". Anche dopo aver eliminato tutti gli oggetti fisici che hanno a che fare con la produzione delle bombe A o H, l'umanita' potrebbe cadere vittima dei loro disegni. Si potrebbe concludere, allora, che bisogna distruggere questi ultimi. Ma anche questo e' impossibile, poiche' i modelli sono indistruttibili come le idee di Platone; in un certo senso sono addirittura la loro realizzazione diabolica. Insomma, anche se ci riuscisse di distruggere fisicamente i fatali apparecchi e i loro "modelli", e di salvare cosi' la nostra generazione: anche questa sarebbe solo una pausa, sarebbe solo una dilazione. La produzione potrebbe essere ripresa ogni giorno, il terrore rimane, e dovrebbe restare, quindi, anche la tua paura. D'ora in poi l'umanita' dovra' vivere, per tutta l'eternita', sotto l'ombra minacciosa del mostro. Il pericolo apocalittico non si lascia eliminare una volta per tutte, con un atto solo, ma solo con una serie indefinita di atti quotidiani. Dobbiamo comprendere, insomma (e questa comprensione finisce di mostrarci il carattere fatale della nostra situazione), che la nostra lotta contro la permanenza fisica degli ordigni e la loro costruzione, sperimentazione ed accumulazione rimane, in definitiva, insufficiente. Poiche' la meta che dobbiamo raggiungere non puo' consistere nel non-avere la cosa, ma solo nel non adoperarla mai, anche se non possiamo fare in modo di non averla; nel non adoperarla mai, anche se non ci sara' mai un giorno in cui non potremmo adoperarla.
Ecco quindi il tuo compito: far capire all'umanita' che nessuna misura fisica, nessuna distruzione di oggetti materiali potra' mai rappresentare una garanzia assoluta e definitiva, e che dobbiamo, invece, essere fermamente decisi a non compiere mai quel passo, anche se sara', in un certo senso, sempre possibile. Se non riusciamo - si', tu, tu ed io - a infondere questa coscienza e questa convinzione nell'umanita', siamo perduti.
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Note
1. Cfr. Guenther Anders, Die Antiquierheit des Menschen, C. H. Beksche Verlagsbuchhandlung, pp. 264 sgg.

5. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Giampiero Falasca, Questo non e' lavoro, Il sole 24 ore, Milano 2024, pp. XII + 244, euro 12,90.
- Leonardo Gariboldi, Albert Einstein, Le scienze - La Repubblica, Roma 2024, pp. 144, euro 8,90.
- Sharon Nizza, 7 ottobre 2023. Israele, il giorno piu' lungo, Gedi, Torino 2024, pp. 192, euro 12,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").
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Riletture
- Nicolas de Chamfort, Massime e pensieri. Caratteri e aneddoti, Rcs Rizzoli Libri, Milano 1993, pp. 736.
- Anna Foa, La famiglia F., Laterza, Roma-Bari 2018, 2020, pp. VIII + 176.
- Nando Minnella, Frecce spezzate, Kaos Edizioni, Milano 1990, pp. 288.

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5357 del 18 ottobre 2024
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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