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[Nonviolenza] Telegrammi. 5345
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 5345
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Sat, 5 Oct 2024 15:02:28 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5345 del 6 ottobre 2024
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Enrico Peyretti: "Campo di battaglia" di Gianni Amelio e "Vermiglio" di Maura Delpero: due film sulla guerra, per non disperare
2. Movimento Nonviolento: Obiezione alla guerra, scriviamolo su tutti i muri
3. Scriviamo al presidente statunitense Biden per chiedere la grazia per Leonard Peltier
4. Aldo Capitini: La mia opposizione al fascismo
5. Omero Dellistorti: Nella savana
6. Omero Dellistorti: La trattativa di pace
7. Omero Dellistorti: Scamorza
8. Omero Dellistorti: Il governo della provvidenza
9. Segnalazioni librarie
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'
1. L'ORA. ENRICO PEYRETTI: "CAMPO DI BATTAGLIA" DI GIANNI AMELIO E "VERMIGLIO" DI MAURA DELPERO: DUE FILM SULLA GUERRA, PER NON DISPERARE
[Ringraziamo Enrico Peyretti per averci segnalato questo suo articolo nel sito https://ilfoglio.info/]
Oggi che le guerre sono condannate ma accettate, e alimentate, e vincono solo l'industria militare e le statistiche dei morti, ci voleva un nuovo film sulla guerra come Campo di battaglia di Gianni Amelio. L'importante e' che a raccontarla, come diceva Erasmo, sia chi la conosce direttamente, sul proprio corpo, e dentro l'anima. Nel film c'e' una grande parata di giudici vincitori, non del tipo che ti aspetti: sono vincitori feriti e morenti, anche feriti volontari, pur di non tornare a morire al fronte, fuori ospedale. La vittoria che cercano e' tornare a casa. C'e' forse una vittoria piu' grande? Non ci riescono, ma sono i vincitori morali. La guerra gli ha preso un occhio, o una gamba che lui, un contadino, non vuole farsi amputare: "Meglio morto che zoppo", dice. L'altro accetta di perdere un braccio, tanto e' il sinistro. C'e' anche lo "scemo di guerra", una categoria che in quel tempo fu presente anche nel manicomio di Collegno. E la cattedra di questi giudici e' uno stanzone d'ospedale di guerra. La sentenza che proclamano e' nei vari dialetti (molti meridionali) dei soldati, che la Patria uso' in quella guerra a loro estranea. Vogliono spedire a casa sentenze dialettali che sono sapiente condanna della guerra. C'e' il dottore che diventa famoso tra loro, perche', grazie alle altre malattie, cura solo la piu' grave di tutte. Poi compare anche il covid di allora, la spagnola, con le mascherine e la fila di camion, che noi conosciamo. Poi c'e' la vittoria del tipo solito, quella sui giornali. Ma una mano di donna, cara al medico sabotatore, stacca il disco dell'inno strombazzato. Ora, dopo il film, parliamo delle guerre che stiamo facendo, con la schiettezza di quei giudici.
Ho voluto vedere il film una seconda volta. Un film non e' come un libro che puoi rileggere indietro. Si spera di capirlo meglio e ricordare meglio il parlato, che qui e' importante: brevi sentenze storiche, piu' dei trattati di pace, e delle frasi famose. Questo film non e' sulla guerra, ma dopo la guerra. Ricordate la prima solenne scena, con la mano tesa che salvera' un uomo dalla massa dei morti. Comincia con Caporetto e finisce con la Vittoria del 1918. E' incisivo come I disastri della guerra, le incisioni di Francisco Goya, 1810-20.
Cosa c'e' dopo la guerra? Ci sono i morti, e i quasi morti. C'e' anche l'ospedale militare, che qui e' davvero un campo di battaglia, da dove si esce per essere rispediti al fronte, o per restare malati, mutilati, o morti: un continuo morire. Ma ci sono disertori e obiettori di coscienza e di scienza: prolungare la malattia tiene lontani dal fronte. C'e' una eutanasia di guerra: quelli che preferiscono morire in ospedale che in trincea. E c'e' anche la pena capitale per gli autolesi: quando il sistema ti fa scegliere di stare peggio, fino a morire, piuttosto che essere abile alla guerra. Ecco: c'e' il male preferibile al male della guerra. Allora, come dice l'inno: "Dov'e' la vittoria?".
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Esco dal cinema dove si proiettava Vermiglio di Maura Delpero insieme a un signore, meno vecchio di me, che dice: "Le guerre le pagano sempre i piu' poveri. E noi non siamo capaci di uscirne, oggi. C'e' da disperare della nostra umanita'".
C'e' da disperare di noi, nuovamente, piu' che mai, nelle orrende guerre di oggi? E' tanto mite e dolce il linguaggio cinematografico di questo film, quanto dura e amara la realta' raccontata, quanto la guerra divide l'umanita' e quanto e' il bisogno di unita'. Siamo sul finire della prima guerra mondiale. Vermiglio e' il paese d'origine, nel Trentino, della brava regista Maura Delpero, ed e' anche il nome di un colore rosso intenso acceso, che viene evocato dalla citazione del Pianto antico, di Carducci.
La vicenda segue la vita di una famiglia contadina, che accoglie e nasconde un soldato siciliano ferito, di fatto un disertore. Il padre, tradizionalista, e' il maestro elementare del paese. Le donne sono le protagoniste. Il paese e la casa sono pieni di bambini svegli. Nella vita che riprende si insinua un tragico effetto della guerra, che taglia l'umanita'. Dolore sconvolgente, ma rifiorisce una vita sulla tragedia, e un incontro di sorti opposte, al di sopra della disperazione. Possiamo non disperare, oggi 2024, della nostra umanita'. Dobbiamo, per il dovere di vivere.
2. REPETITA IUVANT. MOVIMENTO NONVIOLENTO: OBIEZIONE ALLA GUERRA, SCRIVIAMOLO SU TUTTI I MURI
[Riceviamo e diffondiamo]
La Campagna di Obiezione alla guerra presenta un nuovo strumento operativo: un poster diffuso a livello nazionale.
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La Campagna di Obiezione alla guerra presenta un nuovo strumento operativo:
un poster diffuso a livello nazionale con il simbolo del fucile spezzato e la scritta "Con la nonviolenza: per cessare il fuoco bisogna non sparare, per fermare la guerra bisogna non farla".
Il volantone, inviato a tutti gli iscritti e ai Centri del Movimento Nonviolento, agli abbonati alla rivista Azione nonviolenta e a tutti coloro che ne faranno richiesta, rilancia la Dichiarazione di obiezione di coscienza rivolta a chi rifiuta la chiamata alle armi e contiene tutte le informazioni su quanto realizzato finora a sostegno degli obiettori di coscienza di Russia, Ucraina, Bielorussia, Israele e Palestina, e i prossimi obiettivi che la Campagna vuole raggiungere.
Sono ormai centinaia di migliaia gli obiettori, disertori, renitenti alla leva che nei luoghi di guerra, rifiutano le armi e la divisa, negandosi al reclutamento militare, ripudiando il proprio esercito senza passare a quello avverso. Alcuni affrontano processo e carcere, altri espatriano, altri ancora scappano o si nascondono. Il Movimento Nonviolento ha scelto di stare dalla loro parte, di sostenerli concretamente, di difendere il loro diritto umano alla vita e alla pace, e di chiedere all'Unione Europea e al Governo italiano di riconoscere, per loro e per chi firma la Dichiarazione, lo "status" di obiettori di coscienza.
La Campagna si sviluppa su due direttrici:
- la raccolta fondi per sostenere nelle loro attivita' i movimenti nonviolenti di Russia, Bielorussia, Ucraina, Israele e Palestina, le spese legali per i processi che obiettori e nonviolenti di quei paesi subiscono, per aiutare chi espatria per non farsi arruolare, per gli strumenti di informazione necessari a diffondere la scelta dell'obiezione;
- la diffusione della Dichiarazione di Obiezione di coscienza alla guerra e alla sua preparazione, il rifiuto della chiamata alle armi e fin da ora della futura mobilitazione militare. La procedura e' semplice: si compila e si sottoscrive la Dichiarazione (per tutti, giovani o adulti, donne e uomini ) rivolta ai Presidenti della Repubblica e del Consiglio.
Sul sito del Movimento Nonviolento azionenonviolenta.it alla voce Obiezione alla guerra si trovano tutti gli aggiornamenti e la possibilita' di adesione e contribuzione.
Movimento Nonviolento
Settembre 2024
*
Movimento Nonviolento
via Spagna, 8, 37123 Verona
Tel 045 8009803
Cell. 348 2863190
www.nonviolenti.org
www.azionenonviolenta.it
per sostegno e donazioni
Iban IT35 U 07601 11700 0000 18745455
3. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO AL PRESIDENTE STATUNITENSE BIDEN PER CHIEDERE LA GRAZIA PER LEONARD PELTIER
Scriviamo al presidente statunitense Biden per chiedere la grazia per Leonard Peltier.
E' consuetudine dei presidenti statunitensi giunti a fine mandato di concedere la grazia ad alcuni detenuti.
Leonard Peltier e' un illustre attivista nativo americano, difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e della Madre Terra.
Leonard Peltier, che a settembre compira' 80 anni, da 48 anni e' detenuto per un crimine che non ha commesso.
Leonard Peltier e' gravemente malato, e le sue malattie non possono essere curate adeguatamente in carcere.
Affinche' non muoia in carcere un uomo innocente, affinche' Leonard Peltier possa tornare libero e trascorrere con i suoi familiari questo poco tempo che gli resta da vivere, la cosa piu' importante ed urgente da fare adesso e' scrivere a Biden per chiedere che conceda la grazia a Leonard Peltier.
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Per scrivere a Biden la procedura e' la seguente.
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: scrivere un breve testo (di seguito una traccia utilizzabile):
Egregio Presidente degli Stati Uniti d'America,
le scriviamo per chiederle di concedere la grazia al signor Leonard Peltier.
Leonard Peltier ha quasi 80 anni ed e' affetto da plurime gravi patologie che non possono essere adeguatamente curate in carcere: gli resta poco da vivere.
Leonard Peltier ha subito gia' 48 anni di carcere per un delitto che non ha commesso: la sua liberazione e' stata chiesta da Nelson Mandela e da madre Teresa di Calcutta, dal Dalai Lama e da papa Francesco, da Amnesty International, dal Parlamento Europeo, dall'Onu, da milioni di esseri umani.
Egregio Presidente degli Stati Uniti d'America,
restituisca la liberta' a Leonard Peltier; non lasci che muoia in carcere un uomo innocente.
Distinti saluti.
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Sollecitiamo chi legge questo comunicato ad aderire all'iniziativa e a diffondere l'informazione.
Free Leonard Peltier.
Mitakuye Oyasin.
4. REPETITA IUVANT. ALDO CAPITINI: LA MIA OPPOSIZIONE AL FASCISMO
[Nuovamente riproponiamo il seguente articolo di Aldo Capitini originariamente apparso su "Il ponte", anno XVI, n. 1, gennaio 1960, disponibile anche nel sito www.nonviolenti.org]
Non e' facile elevarsi su quel patriottismo scolastico che ci coglie proprio nel momento, dai dieci ai quindici anni, in cui cerchiamo un impiego esaltante delle nostre energie, una tensione attiva e appoggiata a miti ed eroi.
Quaranta anni successivi di esperienza in mezzo ad una storia movimentatissima ci hanno ben insegnato due cose: che la devozione alla patria deve essere messa in rapporto e mediata con ideali piu' alti e universali; che la nazione e' una vera societa' solo in quanto risolve i problemi delle moltitudini lavoratrici nei diritti e nei doveri, nel potere, nella cultura, in tutte le liberta' concretamente e responsabilmente utilizzabili.
Quella "patria" che la scuola ci insegno', che era del Foscolo e del Carducci, e diventava del D'Annunzio e del Marinetti, non poteva essere il centro di tutti gli interessi; e percio' potei essere nazionalista tra i dieci e i quindici anni, ma non poi restarlo quando vidi la guerra in rapporto, meno con la nazione, e piu' con l'umanita' sofferente e divisa; quando dalla letteratura vociana e di avaguardia salii (da autodidatta e piu' tardi che i coetanei) alla piu' strenua, vigorosa, e anche filologica classicita', vista nei testi latini, greci e biblici, come valori originali; quando portai la riflessione politica, precoce ma intorbidata dall'attivismo nazionalistico, ad apprezzare i diritti della liberta' e l'apertura al socialismo come cose fondamentali, insopprimibili per qualsiasi motivo.
Umanitario e moralista, tutto preso dalla ricostruzione della mia cultura (eseguita tardi ma con consapevolezza) e anche dal dolore fisico, il dopoguerra 1918-'22 mi trovo' del tutto estraneo al fascismo, anche se avevo coetanei che vi erano attivissimi: non sentii affatto l'impulso ad accompagnarmi con loro. Anzi, mi permettevo nella mia indipendenza, di leggere la "Rivoluzione liberale", di offrire lieto il mio letto ad un assessore socialista cercato dagli squadristi, e la mattina della "Marcia su Roma" sentii bene che non dovevo andarci, perche' era contro la liberta'.
Certo, per chi e' stato, purtroppo (e purtroppo dura ancora), educato a quel tal patriottismo scolastico, per chi non ha potuto nell'adolescenza non assorbire del dannunzianesimo e del marinettismo, qualche volta il fascismo poteva sembrare un qualche cosa di energico, di impegnato a far qualche cosa; e comprendo percio' le esitazioni e le cadute di tanti miei coetanei, che hanno come me press'a poco gli anni del secolo.
Se io fui preservato e salvato per opera di quell'evangelismo umanitario-moralistico e indipendente, per cui non ero diventato ne' cattolico (pur essendo teista) ne' fascista, e preferii rinunciare alla politica attiva, a cui pur da ragazzo tendevo, scegliendo un lavoro di studio, di poesia, di filosofia, di ricerca religiosa; tanti altri, anche per il fatto di essere stati in guerra (io ero stato escluso perche' riformato), lungo il binario del patriottismo, del combattentismo, dello squadrismo, videro nel fascismo la realizzazione di tutto.
Queste mie parole sono percio' un invito a diffidare del patriottismo scolastico, che puo' portare a tanto e a giustificare tanti delitti, e un proposito di lavorare per un'educazione ben diversa. Questa e' dunque la prima esperienza che ho vissuto in pieno: ho potuto contrastare al fascismo fin dal principio perche' mi ero venuto liberando (se non perfettamente) dal patriottismo scolastico; esso fu uno degli elementi principalmente responsabili dell'adesione di tanti al fascismo.
*
Ed ora vengo alla seconda esperienza fondamentale. Si capisce che mentre il fascismo si svolgeva, quasi insensibile com'ero alla soddisfazione "patriottica", mi trovavo contrario alla politica estera ed interna. Per l'estero io ero press'a poco un federalista, e mi pareva che un'unione dell'Italia, Francia, Germania (circa centocinquanta milioni di persone) avrebbe costituito una forza viva e civile, anche se l'Inghilterra fosse voluta rimanere per suo conto; ma ci voleva uno spirito comune, che, invece, il nazionalismo fece rovinare. Ebbi sempre un certo rispetto per la Societa' delle Nazioni; e mi pareva che l'Italia avesse avuto molto col Trattato di Versailles, malgrado le strida dei nazionalisti. Approvavo il lavoro di Amendola e degli altri per un patto con gli Jugoslavi, che ci avrebbe risparmiato tante tragedie e tante vergogne.
Per la politica interna la Milizia in mano a Mussolini, il delitto Matteotti, la dittatura e il fastidio, a me lettore e raccoglitore di vari giornali, che dava la lettura di giornali eguali, l'avversione che sentivo per il saccheggio e la distruzione e l'abolizione di tutto cio' che era stata la vita politica di una volta, le Camere del lavoro, le varie sedi dei partiti, le logge massoniche; mi tenevano staccato dal fascismo.
Sapevo degli arresti, delle persecuzioni. Dov'era piu' quel bel fermento di idee, quella vivacita' di spirito di riforme che avevo vissuto dal '18 al '24? Quanti libri liberi, riviste ("Conscientia" per esempio, che conservavo come preziosa), erano finiti! L'Italia che avrebbe dovuto riformarsi in tutto, era ora affidata ad un governo reazionario e militarista! E io ricordavo il mio entusiasmo per le amministrazioni socialiste: come seguivo quella di Milano, quella di Perugia, mia citta'!
Non ero iscritto a nessun partito, non partecipavo nemmeno, preso da altro, alla dialettica politica, ma le amministrazioni socialiste mi parevano una cosa preziosa, con quegli uomini presi da un ideale, umili di condizione, e "diversi", la' impegnati ad amministrare per tutti.
Sicche' ero contrario al regime, e la seconda esperienza fondamentale lo confermo': fu la Conciliazione del febbraio del '29.
Non ero piu' cattolico dall'eta' di tredici anni, ma ero tornato ad un sentimento religioso sul finire della guerra, e lo studio successivo, anche filosofico e storico sulle origini del cristianesimo, di la' dalle leggende e dai dogmi mi aveva concretato un teismo di tipo morale.
Guardando il fascismo, vedevo che lo avevano sostenuto in modo decisivo due forze: la monarchia che aveva portato con se' (piu' o meno) l'esercito e la burocrazia; l'alta cultura (quella parte vittima del patriottismo scolastico) che aveva portato con se' molto della scuola. C'era una terza forza: la Chiesa di Roma. Se essa avesse voluto, avrebbe fatto cadere, dispiegando una ferma non collaborazione, il fascismo in una settimana. Invece aveva dato aiuti continui. Si venne alla Conciliazione tra il governo fascista e il Vaticano.
La religione tradizionale istituzionale cattolica, che aveva educato gli italiani per secoli, non li aveva affatto preparati a capire, dal '19 al '24, quanto male fosse nel fascismo; ed ora si alleava in un modo profondo, visibile, perfino con frasi grottesche, con prestazione di favori disgustose, con reciproci omaggi di potenti, che deridevano alla " scuola liberale " e ai "conati socialisti", come cose oramai vinte! Se c'e' una cosa che noi dobbiamo al periodo fascista, e' di aver chiarito per sempre che la religione e' una cosa diversa dall'istituzione romana.
Perche' noi abbiamo avuto da fanciulli un certo imbevimento di idee e di riti cattolici, che sono rimasti la', nel fondo nostro; ed anche se si e' studiato, e si sanno bene le ragioni storiche, filosofiche, sociali, anche religiose, per cui non si puo' essere cattolici, tuttavia ascoltando suonare le campane, vedendo l'edificio chiesa, incontrando il sacerdote, uno potrebbe sempre sentire un certo fascino.
Ebbene, se si pensa che quelle campane, quell'edificio, quell'uomo possono significare una cerimonia, un'espressione di adesione al fascismo, basta questo per insegnare che bisogna controllare le proprie emozioni, non farsi prendere da quei fatti che sono "esteriori" rispetto alla doverosita' e purezza della coscienza.
La Chiesa romana credette di ottenere cose positive nel sostenere il fascismo, realmente le ottenne. Ma per me quello fu un insegnamento intimo che vale piu' di ogni altra cosa. Non aver visto il male che c'era nel fascismo, non aver capito a quale tragedia conduceva l'Italia e l'Europa, aver ottenuto da un potere brigantesco sorto uccidendo la liberta', la giustizia, il controllo civico, la correttezza internazionale; non sono errori che ad individui si possono perdonare, come si deve perdonare tutto, ma sono segni precisi di inadeguatezza di un'istituzione, ancora una volta alleata di tiranni.
Fu li', su questa esperienza che l'opposizione al fascismo si fece piu' profonda, e divenne in me religiosa; sia nel senso che cercai piu' radicale forza per l'opposizione negli spiriti religiosi-puri, in Cristo, Buddha, S. Francesco, Gandhi, di la' dall'istituzionalismo tradizionale che tradiva quell'autenticita'; sia nel senso che mi apparve chiarissimo che la liberazione vera dal fascismo stesse in una riforma religiosa, riprendendo e portando al culmine i tentativi che erano stati spenti dall'autoritarismo ecclesiastico congiunto con l'indifferenza generale italiana per tali cose.
Vidi chiaro che tutto era collegato nel negativo, e tutto poteva essere collegato nel positivo. Mi approfondii nella nonviolenza. Imparai il valore della noncollaborazione (anzi lo acquistai pagandolo, perche' rifiutai l'iscrizione al partito, e persi il posto che avevo); feci il sogno che gli italiani si liberassero dal fascismo noncollaborando, senza odio e strage dei fascisti, secondo il metodo di Gandhi, rivoluzione di sacrificio che li avrebbe purificati di tante scorie, e li avrebbe rinnovati, resi degni d'essere, cosi' si', tra i primi popoli nel nuovo orizzonte del secolo ventesimo.
Divenni vegetariano, perche' vedevo che Mussolini portava gli italiani alla guerra, e pensai che se si imparava a non uccidere nemmeno gli animali, si sarebbe sentita maggiore avversione nell'uccidere gli uomini.
*
Nel lavoro di suscitamento e collegamento antifascista, svolto da me dal 1932 al 1942, sta la terza esperienza fondamentale: il ritrovamento del popolo e la saldatura con lui per la lotta contro il fascismo. Figlio di persone del popolo, vissuto in poverta' e in disagi, con parenti tutti operai o contadini, i miei studi (vincendo un posto gratuito universitario nella Scuola normale superiore di Pisa) ed anche i primi amici non mi avevano veramente messo a contatto con la classe lavoratrice nella sua qualita' sociale e politica.
Anche se da ragazzo ascoltavo con commozione le musiche di campagna che il primo maggio sonavano di lontano l'Inno dei lavoratori, di la' dal velo della pioggia primaverile, non conoscevo bene il socialismo. Avevo visto dal mio libraio le edizione delle opere di Marx e di Engels annerite dagli incendi devastatori dei fascisti milanesi alla redazione dell'"Avanti!", ma, preso da altro lavoro, non le avevo studiate.
Accertai veramente la profondita' e l'ampiezza del mondo socialista nel periodo fascista, quando le possibilita' di trovare documentazioni e libri (lo sappiano i giovani di ora, che se vogliono possono andare da un libraio e acquistare cio' che cercano) erano di tanto diminuite, ma c'era, insieme, il modo di ritrovare i vecchi socialisti e comunisti, che erano rimasti saldi nella loro fede, veramente "fede" "sostanza di cose sperate ed argomento delle non parventi", malgrado le botte, gli sfregi, la poverta', le prigioni, le derisioni degli ideali e dei loro rappresentanti uccisi ("con Matteotti faremo i salsicciotti") e sebbene vedessero che le persone "dotte" erano per Mussolini e il regime.
Ritrovare queste persone, unirsi con loro di la' dalle differenze su un punto o l'altro dell'ideologia, festeggiare insieme il primo maggio magari in una soffitta o in un magazzino di legname, andare insieme in campagna una domenica (che per il popolo e' sempre qualche cosa di bello), e talvolta anche in prigione: nella lotta contro il fascismo si formo' questa unione, che non fu soltanto di persone e di aiuto reciproco, ma fu studio, approfondimento, constatazione degli interessi comuni dei lavoratori e degli intellettuali contro i padroni del denaro e del potere: si apriva cosi l'orizzonte del mondo, l'incontro di Occidente e Oriente in nome di una civilta' nuova, non piu' individualistica ne' totalitaria.
*
Questo io debbo al fascismo, ma in quanto ebbi, direi la Grazia, o interni scrupoli o ideali che mi portarono all'opposizione. Opponendomi al fascismo, non per cose di superficie o di persone o di barzellette, ma pensando seriamente nelle sue ragioni, nella sua sostanza, nel suo esperimento e impegno, non solo me ne purificavo completamente per cio' che potesse essercene in me, ma accertavo le direzioni di un lavoro positivo e di una persuasione interiore che dovevo continuare a svolgere anche dopo.
Il fascismo aveva unito in un insieme tutto cio' contro cui dovevo lottare per profonda convinzione, e non per caso, per un un male che mi avesse fatto, per un'avversione o invidia verso persone, o perche' avessi trovato in casa o presso maestri autorevoli un impulso antifascista. Nulla di questo ebbi, ed anche percio' ad un'attiva opposizione con propaganda non passai che lentamente e dopo circa un decennio.
Posso assicurare i giovani di oggi che il mio rifiuto fu dopo aver sentito le premesse del fascismo proprio nell'animo adolescente, e dopo averle consumate; sicche' i fascisti mi apparvero dei ritardatari. Ero arrivato al punto in cui non potevo accettare:
1, il nazionalismo che esasperava un riferimento nazionale e guerriero a tutti i valori, proprio quando ero convinto che la guerra avrebbe indebolito l'Europa, e che la nazione dovesse trovare precisi nessi con le altre;
2, l'imperialismo colonialistico, che, oltre a portare l'Italia fuori dalla sua influenza in Europa, nei Balcani e a freno della Germania, era un metodo arretrato, per la fine del colonialismo nel mondo;
3, il centralismo assolutistico e burocratico con quel far discendere tutto dall'alto (per giunta corrotto), mentre io ero decentralista, regionalista, per l'educazione democratica di tutti all'amministrazione e al controllo;
4, il totalitarismo, con la soppressione di ogni apporto di idee e di correnti diverse, si' che quando parlavo ai giovanissimi della vecchia possibilita' di scegliersi a vent'anni un partito, che aveva sue sedi e sua stampa, sembrava che parlassi di un sogno, di un regno felice sconosciuto;
5, il prepotere poliziesco, per cui uno doveva sempre temere parlando ad alta voce, conversando con ignoti, scrivendo una lettera, facendo un telefonata;
6, quel gusto dannunziano e quell'esaltazione della violenza, del manganello come argomento, dello spaccare le teste, del pugnale, delle bombe a mano, e, infine, l'orribile persecuzione contro gli ebrei;
7, quel finto rivoluzionarismo attivista e irrazionale sopra un sostanziale conservatorismo, difesa dei proprietari, di cio' che era vecchio e perfino anteriore alla rivoluzione francese;
8, quell'alleanza con il conservatorismo della chiesa, della parrocchia, delle gerarchie ecclesiastiche, prendendo della religione i riti e il lato reazionario, affratellandosi con i gesuiti, perseguitando gli ex-sacerdoti;
9, quel corporativismo con una insostenibile parita' tra capitale e lavoro che si risolveva in una prigione per moltitudini lavoratrici alla merce' dei padroni in gambali ed orbace;
10, quel rilievo forzato e malsano di un solo tipo di cultura e di educazione, quella fascista, e il traviamento degli adolescenti, mentre ero convinto che della libera produzione e circolazione delle varie forme di cultura una societa' nazionale ha bisogno come del pane;
11, quell'ostentazione di Littoria e altre poche cose fatte, dilapidando immensi capitali, invece di affrontare il rinnovamento del Mezzogiorno e delle Isole;
12, l'onnipotenza di un uomo, di cui era facile vedere quotidianamente la grossolanita', la mutevolezza, l'egotismo, l'iniziativa brigantesca, la leggerezza nell'affrontare cose serie, gli errori e la irragionevolezza impersuadibile, mentre ero convinto che il governo di un paese deve il piu' possibile lasciare operare le altre forze e trarne consigli e collaborazione, ed essere anonimo, grigio anche, perche' lo splendore stia nei valori puri della liberta', della giustizia, dell'onesta', della produzione culturale e religiosa, non nelle persone, che in uniforme o no, nel governo o a capo dello Stato, sono semplicemente al servizio di quei valori.
*
Percio' il fascismo, nel problema dell'Italia di educarsi a popolo onesto, libero, competente, corretto, collaborante, mi parve un potenziamento del peggio e del fondo della nostra storia infelice, una malattia latente nell'organismo e venuta fuori, l'ostacolo che doveva, per il bene comune, essere rimosso, non in un modo semplicemente materiale, ma prendendo precisa e attiva coscienza delle ragioni per cui era sbagliato, e trasformando in questo lavoro se' e persuadendo gli altri italiani.
5. NUOVE STORIE DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: NELLA SAVANA
- Salve.
- Salve a lei.
- Guardi un po' qua.
- Ma e' vero?
- Vero, vero, fulminato con le mie mani, cioe', con la mia carabina da safari.
- Da safari?
- Per certe cose non c'e' niente di meglio che una carabina da safari.
- E dove lo avrebbe preso?
- Per strada, no? Le sembra una preda che si trova nella savana?
- Veramente non lo so, non me ne intendo. Potrebbe anche essere.
- Vestito cosi'? Lei ci andrebbe vestito cosi' nella savana?
- No, non credo.
- Certo che no, un completo sportivo come questo sono un sacco di svanziche.
- Adesso pero' e' tutto sforacchiato.
- Certo che lo e', i pallini. I pallini, no?
- Gia', i pallini.
- Una bella rosa, guardi qua che roba.
- Si'.
- Sa che le cartucce me le faccio da me?
- Ah si'?
- Si', e le confesso che quasi quasi c'e' piu' gusto a preparare l'attrezzatura che a tirare. Tirare, certo, ha il suo valore. Ma sono talmente tanti i bersagli giu' per la strada che qualche cosa colpisci comunque, no?
- Penso di si'.
- Certo che si'. Vuole provare?
- No, non occorre, grazie.
- Forza, faccia un tiro, che ci vuole?
- No, grazie. Grazie davvero, come se avessi accettato.
- Come vuole lei.
- E adesso che ne fa?
- Di cosa.
- Del coso, del cadavere, insomma.
- Ah, questo? Beh, adesso gli taglio la testa e poi me la faccio impagliare. Per il salotto, sa.
- Ah. la mette nel salotto.
- Certo, nel salotto, insieme agli altri trofei.
- Ecco, con gli altri trofei. E il resto del corpo?
- Eh, il resto del corpo va in discarica. Ed e' un peccato, sa? Dipendesse da me io farei macinare tutto, lo farei inscatolare e lo manderei laggiu' in Africa dove muoiono di fame, poverini.
- Gia', poverini.
- Eh, poverini. Mi fanno tanta pena.
- Anche a me, anche a me.
- Non come questi clandestini che piu' ne fai fuori e piu' ricicciano.
- Gia'.
- Quando penso a quei bambini in Africa, lo sa? mi sento una stretta al cuore.
- Si vede che lei e' un animo nobile.
- Bisognerebbe aiutarli. A casa loro, s'intende.
- A casa loro, certo.
- Col Piano Mattei.
- Io mica l'ho capito bene 'sto Piano Mattei.
- E' semplice, paghiamo i governi dei baluba per ammazzarli loro al posto nostro direttamente laggiu'.
- Ah, ecco.
- Il Piano Mattei, mica ceci.
- Eh no, mica ceci.
- E adesso, se permette, vado a staccare il trofeo dal rifiuto organico, e poi a darmi una lavata. Con tutto questo sangue…
- Certo, l'igiene e' importante.
- E' importante si'. La saluto, eh.
- Buona giornata, buona giornata anche a lei.
6. NUOVE STORIE DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: LA TRATTATIVA DI PACE
- Allora, prima gli spezziamo le reni, cosi' s'imparano, e poi gli diciamo che e' tutta colpa loro che non vogliono la pace.
- No, no, io dico prima due o tre bombette atomiche sulla capitale che passa la paura, poi in mezzo a tutto quel concime gli facciamo fare un governicchio cosi', tanto per ridere.
- Allora e' meglio bombardargli le centrali nucleari, che l'effetto e' lo stesso e noi risparmiamo le atomiche nostre che ci possono sempre servire un'altra volta.
- Io dico: diamogli a credito tutte le armi che vogliono, a loro e a quegli altri, cosi' ce li teniamo amici tutti. Certo, prima devono firmare un bel po' di cambialette.
- Secondo me lasciamogliene far fuori un paio di milioni, poi dopo se ne riparla.
- E se quegli altri fessi non si regolano?
- E che ce ne frega a noi? Meglio, meglio. Piu' buttano giu' e piu' appalti ci saranno dopo per la ricostruzione, no? E intanto un po' di gentaglia di meno, che si sa che sono tutti piantagrane, a partire da quel quacquaracqua' del capoccia che ogni volta che lo vedo in televisione me la faccio sotto dalle risate.
- Io dico che dovremmo metterci d'accordo sulle forniture delle armi a questi e a quelli, diciamo un cinquanta per cento noi, un trenta voi, e un venti al libero mercato, che ne dite?
- Eh no, eh! Facciamo le cose giuste: quarantacinque voi, quarantacinque noi, e se proprio ci tenete il dieci per cento al libero mercato, che tanto lo sanno tutti che dietro ci siete voi.
- Ma neanche per sogno, se mai dietro al libero mercato c'e' la mafia vostra.
- Ah si', eh? Che voi non ne sapete niente, eh?
- Signori, signori, questa e' una trattativa tra gentiluomini, una trattativa di pace.
- Si', ma loro ci guadagnano sempre piu' di tutti.
- Sara' perché siamo i piu' bravi?
- Infatti si e' visto, si e' visto. Vi devo fare un riassuntino?
- Signori, signori, parliamo di affari, lasciamo fuori i risentimenti.
- Certo, parliamo di affari.
- D'accordo, d'accordo, parliamo di affari. Ma io l'industria armiera nostra la tutelo, eh? Niente trucchi.
- Niente trucchi e niente fregature, parola.
- Allora andiamo avanti.
7. NUOVE STORIE DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: SCAMORZA
Gli avevano messo nome Scamorza, con tutto che era maschio. Vi potete immaginare a scuola. Una volta chiese al padre perché, e quello gli rispose per le tradizioni popolari. Secondo me lo avrebbe ammazzato lo stesso, pero' penso che per via di quella risposta ci ebbe un gusto particolare a decapitarlo, cavargli gli occhi e mangiarseli. Solo gli occhi, mica era un cannibale.
Io lo conobbi alla sezione del partito. Aveva sempre le taniche pronte sulla cinquecento, casomai la riunione si concludesse con la decisione di andare a dare fuoco a qualche zingaro, negro, comunista o barbone. Era uno di compagnia, ci si divertiva insieme, eravamo sempre ciucchi. L'unica cosa non si doveva mai chiedergli perche' si chiamava Scamorza. Non lo so perché, ma era una cosa che lo faceva infuriare di brutto, infuriare proprio con tutti i sentimenti, e poi finiva male, perché si sa che quando sei ciucco e t'infuri e ci hai in saccoccia la lama e il ferro, insomma, poi li usi, mica e' che li porti per bellezza, no?
L'ho votato pur'io alle elezioni, che un amico nella stanza dei bottoni fa sempre comodo. Adesso e' ministro di non mi ricordo che. Ma e' restato uno del popolo, posta su youtube un sacco di video gagliardi in cui canta Giovinezza, gioca a freccette ma al posto delle freccette con lo sputo o con l'orina (avete capito, no?), mena i clandestini con la mazza ferrata, spiega come si fa la matriciana e la carbonara, un nodo scorsoio, le barchette con la carta stagnola del pacchetto delle sigarette, cose cosi', alcuni video sono solo buffi, ma altri sono pure utili e istruttivi. Si e' fatto pure la Ferrari, che pero' la tira fuori dal garage solo la domenica, visto che gli altri giorni va in giro in elicottero con la scorta e tutto. E' sempre pieno di femmine, ragazzette che vogliono fare le attrici e che lui se le lavora dicendo che poi le presenta a questo e quello della televisione che invece neppure li conosce.
Mi e' dispiaciuto doverlo fare fuori, eravamo pure amici. Pero' lui diceva sempre che in galera non ci voleva andare e che piuttosto se la cantava e ci beveva tutti. Sono cose da non dirsi.
8. NUOVE STORIE DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: IL GOVERNO DELLA PROVVIDENZA
Allora, cominciamo 'sto consiglio dei ministri. Quanti di quei vermi abbiamo fatto fuori ieri? Possibile che non si riesce a fare di meglio, con tutti i soldi che ci buttiamo sopra? Ne dovremmo aver scannati almeno il doppio, il triplo. La verita' e che non sa fare un cavolo nessuno. Certe volte penso che 'sta guerra sarebbe meglio che la facessi io da solo, visto che nessuno qui ci mette l'impegno necessario. Sveglia, ragazzi.
9. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- AA. VV., Mirai. Futuro, Gedi, Torino 2024, pp. 144, euro 8,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").
- Arianna Arisi Rota, Pace, Il Mulino, Bologna 2024, pp. 112, euro 12.
- Massimo De Giuseppe, Il fantasma di Toro Seduto. Il mito dei nativi americani nell'Italia degli anni Settanta, Il Mulino, Bologna 2024, pp. 176, euro 16.
*
Riletture
- Winona LaDuke, Recovering the Sacred: the Power of Naming and Claiming, South End Press, Cambridge, Massachusetts, 1999, Haymarket Books, Chicago, Illinois, 2005, pp. 296.
- Stanley David Lyman, Wounded Knee 1973: A Personal Account, University of Nebraska Press, Lincoln & London 1991, pp. XL + 180 (+ un inserto fotografico di 16 pp.).
- John William Sayer, Ghost Dancing the Law: The Wounded Knee Trials, Harvard University Press, Cambridge, Massachusetts, London, England 1997, pp. X + 310.
*
Riedizioni
- George Packer, L'ultima speranza. Ascesa e declino dell'America, Mondadori, Milano 2023, Rcs, Milano 2024, pp. VI + 214, euro 9,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Massimo Teodori, Ossessioni americane, Marsilio, Venezia 2017, Rcs, Milano 2024, pp. VIII + 168, euro 9,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Bob Woodward, Robert Costa, Pericolo, Rcs, Milano 2022, 2024, pp. X + 518, euro 9,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
11. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5345 del 6 ottobre 2024
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Numero 5345 del 6 ottobre 2024
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Enrico Peyretti: "Campo di battaglia" di Gianni Amelio e "Vermiglio" di Maura Delpero: due film sulla guerra, per non disperare
2. Movimento Nonviolento: Obiezione alla guerra, scriviamolo su tutti i muri
3. Scriviamo al presidente statunitense Biden per chiedere la grazia per Leonard Peltier
4. Aldo Capitini: La mia opposizione al fascismo
5. Omero Dellistorti: Nella savana
6. Omero Dellistorti: La trattativa di pace
7. Omero Dellistorti: Scamorza
8. Omero Dellistorti: Il governo della provvidenza
9. Segnalazioni librarie
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'
1. L'ORA. ENRICO PEYRETTI: "CAMPO DI BATTAGLIA" DI GIANNI AMELIO E "VERMIGLIO" DI MAURA DELPERO: DUE FILM SULLA GUERRA, PER NON DISPERARE
[Ringraziamo Enrico Peyretti per averci segnalato questo suo articolo nel sito https://ilfoglio.info/]
Oggi che le guerre sono condannate ma accettate, e alimentate, e vincono solo l'industria militare e le statistiche dei morti, ci voleva un nuovo film sulla guerra come Campo di battaglia di Gianni Amelio. L'importante e' che a raccontarla, come diceva Erasmo, sia chi la conosce direttamente, sul proprio corpo, e dentro l'anima. Nel film c'e' una grande parata di giudici vincitori, non del tipo che ti aspetti: sono vincitori feriti e morenti, anche feriti volontari, pur di non tornare a morire al fronte, fuori ospedale. La vittoria che cercano e' tornare a casa. C'e' forse una vittoria piu' grande? Non ci riescono, ma sono i vincitori morali. La guerra gli ha preso un occhio, o una gamba che lui, un contadino, non vuole farsi amputare: "Meglio morto che zoppo", dice. L'altro accetta di perdere un braccio, tanto e' il sinistro. C'e' anche lo "scemo di guerra", una categoria che in quel tempo fu presente anche nel manicomio di Collegno. E la cattedra di questi giudici e' uno stanzone d'ospedale di guerra. La sentenza che proclamano e' nei vari dialetti (molti meridionali) dei soldati, che la Patria uso' in quella guerra a loro estranea. Vogliono spedire a casa sentenze dialettali che sono sapiente condanna della guerra. C'e' il dottore che diventa famoso tra loro, perche', grazie alle altre malattie, cura solo la piu' grave di tutte. Poi compare anche il covid di allora, la spagnola, con le mascherine e la fila di camion, che noi conosciamo. Poi c'e' la vittoria del tipo solito, quella sui giornali. Ma una mano di donna, cara al medico sabotatore, stacca il disco dell'inno strombazzato. Ora, dopo il film, parliamo delle guerre che stiamo facendo, con la schiettezza di quei giudici.
Ho voluto vedere il film una seconda volta. Un film non e' come un libro che puoi rileggere indietro. Si spera di capirlo meglio e ricordare meglio il parlato, che qui e' importante: brevi sentenze storiche, piu' dei trattati di pace, e delle frasi famose. Questo film non e' sulla guerra, ma dopo la guerra. Ricordate la prima solenne scena, con la mano tesa che salvera' un uomo dalla massa dei morti. Comincia con Caporetto e finisce con la Vittoria del 1918. E' incisivo come I disastri della guerra, le incisioni di Francisco Goya, 1810-20.
Cosa c'e' dopo la guerra? Ci sono i morti, e i quasi morti. C'e' anche l'ospedale militare, che qui e' davvero un campo di battaglia, da dove si esce per essere rispediti al fronte, o per restare malati, mutilati, o morti: un continuo morire. Ma ci sono disertori e obiettori di coscienza e di scienza: prolungare la malattia tiene lontani dal fronte. C'e' una eutanasia di guerra: quelli che preferiscono morire in ospedale che in trincea. E c'e' anche la pena capitale per gli autolesi: quando il sistema ti fa scegliere di stare peggio, fino a morire, piuttosto che essere abile alla guerra. Ecco: c'e' il male preferibile al male della guerra. Allora, come dice l'inno: "Dov'e' la vittoria?".
*
Esco dal cinema dove si proiettava Vermiglio di Maura Delpero insieme a un signore, meno vecchio di me, che dice: "Le guerre le pagano sempre i piu' poveri. E noi non siamo capaci di uscirne, oggi. C'e' da disperare della nostra umanita'".
C'e' da disperare di noi, nuovamente, piu' che mai, nelle orrende guerre di oggi? E' tanto mite e dolce il linguaggio cinematografico di questo film, quanto dura e amara la realta' raccontata, quanto la guerra divide l'umanita' e quanto e' il bisogno di unita'. Siamo sul finire della prima guerra mondiale. Vermiglio e' il paese d'origine, nel Trentino, della brava regista Maura Delpero, ed e' anche il nome di un colore rosso intenso acceso, che viene evocato dalla citazione del Pianto antico, di Carducci.
La vicenda segue la vita di una famiglia contadina, che accoglie e nasconde un soldato siciliano ferito, di fatto un disertore. Il padre, tradizionalista, e' il maestro elementare del paese. Le donne sono le protagoniste. Il paese e la casa sono pieni di bambini svegli. Nella vita che riprende si insinua un tragico effetto della guerra, che taglia l'umanita'. Dolore sconvolgente, ma rifiorisce una vita sulla tragedia, e un incontro di sorti opposte, al di sopra della disperazione. Possiamo non disperare, oggi 2024, della nostra umanita'. Dobbiamo, per il dovere di vivere.
2. REPETITA IUVANT. MOVIMENTO NONVIOLENTO: OBIEZIONE ALLA GUERRA, SCRIVIAMOLO SU TUTTI I MURI
[Riceviamo e diffondiamo]
La Campagna di Obiezione alla guerra presenta un nuovo strumento operativo: un poster diffuso a livello nazionale.
*
La Campagna di Obiezione alla guerra presenta un nuovo strumento operativo:
un poster diffuso a livello nazionale con il simbolo del fucile spezzato e la scritta "Con la nonviolenza: per cessare il fuoco bisogna non sparare, per fermare la guerra bisogna non farla".
Il volantone, inviato a tutti gli iscritti e ai Centri del Movimento Nonviolento, agli abbonati alla rivista Azione nonviolenta e a tutti coloro che ne faranno richiesta, rilancia la Dichiarazione di obiezione di coscienza rivolta a chi rifiuta la chiamata alle armi e contiene tutte le informazioni su quanto realizzato finora a sostegno degli obiettori di coscienza di Russia, Ucraina, Bielorussia, Israele e Palestina, e i prossimi obiettivi che la Campagna vuole raggiungere.
Sono ormai centinaia di migliaia gli obiettori, disertori, renitenti alla leva che nei luoghi di guerra, rifiutano le armi e la divisa, negandosi al reclutamento militare, ripudiando il proprio esercito senza passare a quello avverso. Alcuni affrontano processo e carcere, altri espatriano, altri ancora scappano o si nascondono. Il Movimento Nonviolento ha scelto di stare dalla loro parte, di sostenerli concretamente, di difendere il loro diritto umano alla vita e alla pace, e di chiedere all'Unione Europea e al Governo italiano di riconoscere, per loro e per chi firma la Dichiarazione, lo "status" di obiettori di coscienza.
La Campagna si sviluppa su due direttrici:
- la raccolta fondi per sostenere nelle loro attivita' i movimenti nonviolenti di Russia, Bielorussia, Ucraina, Israele e Palestina, le spese legali per i processi che obiettori e nonviolenti di quei paesi subiscono, per aiutare chi espatria per non farsi arruolare, per gli strumenti di informazione necessari a diffondere la scelta dell'obiezione;
- la diffusione della Dichiarazione di Obiezione di coscienza alla guerra e alla sua preparazione, il rifiuto della chiamata alle armi e fin da ora della futura mobilitazione militare. La procedura e' semplice: si compila e si sottoscrive la Dichiarazione (per tutti, giovani o adulti, donne e uomini ) rivolta ai Presidenti della Repubblica e del Consiglio.
Sul sito del Movimento Nonviolento azionenonviolenta.it alla voce Obiezione alla guerra si trovano tutti gli aggiornamenti e la possibilita' di adesione e contribuzione.
Movimento Nonviolento
Settembre 2024
*
Movimento Nonviolento
via Spagna, 8, 37123 Verona
Tel 045 8009803
Cell. 348 2863190
www.nonviolenti.org
www.azionenonviolenta.it
per sostegno e donazioni
Iban IT35 U 07601 11700 0000 18745455
3. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO AL PRESIDENTE STATUNITENSE BIDEN PER CHIEDERE LA GRAZIA PER LEONARD PELTIER
Scriviamo al presidente statunitense Biden per chiedere la grazia per Leonard Peltier.
E' consuetudine dei presidenti statunitensi giunti a fine mandato di concedere la grazia ad alcuni detenuti.
Leonard Peltier e' un illustre attivista nativo americano, difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e della Madre Terra.
Leonard Peltier, che a settembre compira' 80 anni, da 48 anni e' detenuto per un crimine che non ha commesso.
Leonard Peltier e' gravemente malato, e le sue malattie non possono essere curate adeguatamente in carcere.
Affinche' non muoia in carcere un uomo innocente, affinche' Leonard Peltier possa tornare libero e trascorrere con i suoi familiari questo poco tempo che gli resta da vivere, la cosa piu' importante ed urgente da fare adesso e' scrivere a Biden per chiedere che conceda la grazia a Leonard Peltier.
*
Per scrivere a Biden la procedura e' la seguente.
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: scrivere un breve testo (di seguito una traccia utilizzabile):
Egregio Presidente degli Stati Uniti d'America,
le scriviamo per chiederle di concedere la grazia al signor Leonard Peltier.
Leonard Peltier ha quasi 80 anni ed e' affetto da plurime gravi patologie che non possono essere adeguatamente curate in carcere: gli resta poco da vivere.
Leonard Peltier ha subito gia' 48 anni di carcere per un delitto che non ha commesso: la sua liberazione e' stata chiesta da Nelson Mandela e da madre Teresa di Calcutta, dal Dalai Lama e da papa Francesco, da Amnesty International, dal Parlamento Europeo, dall'Onu, da milioni di esseri umani.
Egregio Presidente degli Stati Uniti d'America,
restituisca la liberta' a Leonard Peltier; non lasci che muoia in carcere un uomo innocente.
Distinti saluti.
*
Sollecitiamo chi legge questo comunicato ad aderire all'iniziativa e a diffondere l'informazione.
Free Leonard Peltier.
Mitakuye Oyasin.
4. REPETITA IUVANT. ALDO CAPITINI: LA MIA OPPOSIZIONE AL FASCISMO
[Nuovamente riproponiamo il seguente articolo di Aldo Capitini originariamente apparso su "Il ponte", anno XVI, n. 1, gennaio 1960, disponibile anche nel sito www.nonviolenti.org]
Non e' facile elevarsi su quel patriottismo scolastico che ci coglie proprio nel momento, dai dieci ai quindici anni, in cui cerchiamo un impiego esaltante delle nostre energie, una tensione attiva e appoggiata a miti ed eroi.
Quaranta anni successivi di esperienza in mezzo ad una storia movimentatissima ci hanno ben insegnato due cose: che la devozione alla patria deve essere messa in rapporto e mediata con ideali piu' alti e universali; che la nazione e' una vera societa' solo in quanto risolve i problemi delle moltitudini lavoratrici nei diritti e nei doveri, nel potere, nella cultura, in tutte le liberta' concretamente e responsabilmente utilizzabili.
Quella "patria" che la scuola ci insegno', che era del Foscolo e del Carducci, e diventava del D'Annunzio e del Marinetti, non poteva essere il centro di tutti gli interessi; e percio' potei essere nazionalista tra i dieci e i quindici anni, ma non poi restarlo quando vidi la guerra in rapporto, meno con la nazione, e piu' con l'umanita' sofferente e divisa; quando dalla letteratura vociana e di avaguardia salii (da autodidatta e piu' tardi che i coetanei) alla piu' strenua, vigorosa, e anche filologica classicita', vista nei testi latini, greci e biblici, come valori originali; quando portai la riflessione politica, precoce ma intorbidata dall'attivismo nazionalistico, ad apprezzare i diritti della liberta' e l'apertura al socialismo come cose fondamentali, insopprimibili per qualsiasi motivo.
Umanitario e moralista, tutto preso dalla ricostruzione della mia cultura (eseguita tardi ma con consapevolezza) e anche dal dolore fisico, il dopoguerra 1918-'22 mi trovo' del tutto estraneo al fascismo, anche se avevo coetanei che vi erano attivissimi: non sentii affatto l'impulso ad accompagnarmi con loro. Anzi, mi permettevo nella mia indipendenza, di leggere la "Rivoluzione liberale", di offrire lieto il mio letto ad un assessore socialista cercato dagli squadristi, e la mattina della "Marcia su Roma" sentii bene che non dovevo andarci, perche' era contro la liberta'.
Certo, per chi e' stato, purtroppo (e purtroppo dura ancora), educato a quel tal patriottismo scolastico, per chi non ha potuto nell'adolescenza non assorbire del dannunzianesimo e del marinettismo, qualche volta il fascismo poteva sembrare un qualche cosa di energico, di impegnato a far qualche cosa; e comprendo percio' le esitazioni e le cadute di tanti miei coetanei, che hanno come me press'a poco gli anni del secolo.
Se io fui preservato e salvato per opera di quell'evangelismo umanitario-moralistico e indipendente, per cui non ero diventato ne' cattolico (pur essendo teista) ne' fascista, e preferii rinunciare alla politica attiva, a cui pur da ragazzo tendevo, scegliendo un lavoro di studio, di poesia, di filosofia, di ricerca religiosa; tanti altri, anche per il fatto di essere stati in guerra (io ero stato escluso perche' riformato), lungo il binario del patriottismo, del combattentismo, dello squadrismo, videro nel fascismo la realizzazione di tutto.
Queste mie parole sono percio' un invito a diffidare del patriottismo scolastico, che puo' portare a tanto e a giustificare tanti delitti, e un proposito di lavorare per un'educazione ben diversa. Questa e' dunque la prima esperienza che ho vissuto in pieno: ho potuto contrastare al fascismo fin dal principio perche' mi ero venuto liberando (se non perfettamente) dal patriottismo scolastico; esso fu uno degli elementi principalmente responsabili dell'adesione di tanti al fascismo.
*
Ed ora vengo alla seconda esperienza fondamentale. Si capisce che mentre il fascismo si svolgeva, quasi insensibile com'ero alla soddisfazione "patriottica", mi trovavo contrario alla politica estera ed interna. Per l'estero io ero press'a poco un federalista, e mi pareva che un'unione dell'Italia, Francia, Germania (circa centocinquanta milioni di persone) avrebbe costituito una forza viva e civile, anche se l'Inghilterra fosse voluta rimanere per suo conto; ma ci voleva uno spirito comune, che, invece, il nazionalismo fece rovinare. Ebbi sempre un certo rispetto per la Societa' delle Nazioni; e mi pareva che l'Italia avesse avuto molto col Trattato di Versailles, malgrado le strida dei nazionalisti. Approvavo il lavoro di Amendola e degli altri per un patto con gli Jugoslavi, che ci avrebbe risparmiato tante tragedie e tante vergogne.
Per la politica interna la Milizia in mano a Mussolini, il delitto Matteotti, la dittatura e il fastidio, a me lettore e raccoglitore di vari giornali, che dava la lettura di giornali eguali, l'avversione che sentivo per il saccheggio e la distruzione e l'abolizione di tutto cio' che era stata la vita politica di una volta, le Camere del lavoro, le varie sedi dei partiti, le logge massoniche; mi tenevano staccato dal fascismo.
Sapevo degli arresti, delle persecuzioni. Dov'era piu' quel bel fermento di idee, quella vivacita' di spirito di riforme che avevo vissuto dal '18 al '24? Quanti libri liberi, riviste ("Conscientia" per esempio, che conservavo come preziosa), erano finiti! L'Italia che avrebbe dovuto riformarsi in tutto, era ora affidata ad un governo reazionario e militarista! E io ricordavo il mio entusiasmo per le amministrazioni socialiste: come seguivo quella di Milano, quella di Perugia, mia citta'!
Non ero iscritto a nessun partito, non partecipavo nemmeno, preso da altro, alla dialettica politica, ma le amministrazioni socialiste mi parevano una cosa preziosa, con quegli uomini presi da un ideale, umili di condizione, e "diversi", la' impegnati ad amministrare per tutti.
Sicche' ero contrario al regime, e la seconda esperienza fondamentale lo confermo': fu la Conciliazione del febbraio del '29.
Non ero piu' cattolico dall'eta' di tredici anni, ma ero tornato ad un sentimento religioso sul finire della guerra, e lo studio successivo, anche filosofico e storico sulle origini del cristianesimo, di la' dalle leggende e dai dogmi mi aveva concretato un teismo di tipo morale.
Guardando il fascismo, vedevo che lo avevano sostenuto in modo decisivo due forze: la monarchia che aveva portato con se' (piu' o meno) l'esercito e la burocrazia; l'alta cultura (quella parte vittima del patriottismo scolastico) che aveva portato con se' molto della scuola. C'era una terza forza: la Chiesa di Roma. Se essa avesse voluto, avrebbe fatto cadere, dispiegando una ferma non collaborazione, il fascismo in una settimana. Invece aveva dato aiuti continui. Si venne alla Conciliazione tra il governo fascista e il Vaticano.
La religione tradizionale istituzionale cattolica, che aveva educato gli italiani per secoli, non li aveva affatto preparati a capire, dal '19 al '24, quanto male fosse nel fascismo; ed ora si alleava in un modo profondo, visibile, perfino con frasi grottesche, con prestazione di favori disgustose, con reciproci omaggi di potenti, che deridevano alla " scuola liberale " e ai "conati socialisti", come cose oramai vinte! Se c'e' una cosa che noi dobbiamo al periodo fascista, e' di aver chiarito per sempre che la religione e' una cosa diversa dall'istituzione romana.
Perche' noi abbiamo avuto da fanciulli un certo imbevimento di idee e di riti cattolici, che sono rimasti la', nel fondo nostro; ed anche se si e' studiato, e si sanno bene le ragioni storiche, filosofiche, sociali, anche religiose, per cui non si puo' essere cattolici, tuttavia ascoltando suonare le campane, vedendo l'edificio chiesa, incontrando il sacerdote, uno potrebbe sempre sentire un certo fascino.
Ebbene, se si pensa che quelle campane, quell'edificio, quell'uomo possono significare una cerimonia, un'espressione di adesione al fascismo, basta questo per insegnare che bisogna controllare le proprie emozioni, non farsi prendere da quei fatti che sono "esteriori" rispetto alla doverosita' e purezza della coscienza.
La Chiesa romana credette di ottenere cose positive nel sostenere il fascismo, realmente le ottenne. Ma per me quello fu un insegnamento intimo che vale piu' di ogni altra cosa. Non aver visto il male che c'era nel fascismo, non aver capito a quale tragedia conduceva l'Italia e l'Europa, aver ottenuto da un potere brigantesco sorto uccidendo la liberta', la giustizia, il controllo civico, la correttezza internazionale; non sono errori che ad individui si possono perdonare, come si deve perdonare tutto, ma sono segni precisi di inadeguatezza di un'istituzione, ancora una volta alleata di tiranni.
Fu li', su questa esperienza che l'opposizione al fascismo si fece piu' profonda, e divenne in me religiosa; sia nel senso che cercai piu' radicale forza per l'opposizione negli spiriti religiosi-puri, in Cristo, Buddha, S. Francesco, Gandhi, di la' dall'istituzionalismo tradizionale che tradiva quell'autenticita'; sia nel senso che mi apparve chiarissimo che la liberazione vera dal fascismo stesse in una riforma religiosa, riprendendo e portando al culmine i tentativi che erano stati spenti dall'autoritarismo ecclesiastico congiunto con l'indifferenza generale italiana per tali cose.
Vidi chiaro che tutto era collegato nel negativo, e tutto poteva essere collegato nel positivo. Mi approfondii nella nonviolenza. Imparai il valore della noncollaborazione (anzi lo acquistai pagandolo, perche' rifiutai l'iscrizione al partito, e persi il posto che avevo); feci il sogno che gli italiani si liberassero dal fascismo noncollaborando, senza odio e strage dei fascisti, secondo il metodo di Gandhi, rivoluzione di sacrificio che li avrebbe purificati di tante scorie, e li avrebbe rinnovati, resi degni d'essere, cosi' si', tra i primi popoli nel nuovo orizzonte del secolo ventesimo.
Divenni vegetariano, perche' vedevo che Mussolini portava gli italiani alla guerra, e pensai che se si imparava a non uccidere nemmeno gli animali, si sarebbe sentita maggiore avversione nell'uccidere gli uomini.
*
Nel lavoro di suscitamento e collegamento antifascista, svolto da me dal 1932 al 1942, sta la terza esperienza fondamentale: il ritrovamento del popolo e la saldatura con lui per la lotta contro il fascismo. Figlio di persone del popolo, vissuto in poverta' e in disagi, con parenti tutti operai o contadini, i miei studi (vincendo un posto gratuito universitario nella Scuola normale superiore di Pisa) ed anche i primi amici non mi avevano veramente messo a contatto con la classe lavoratrice nella sua qualita' sociale e politica.
Anche se da ragazzo ascoltavo con commozione le musiche di campagna che il primo maggio sonavano di lontano l'Inno dei lavoratori, di la' dal velo della pioggia primaverile, non conoscevo bene il socialismo. Avevo visto dal mio libraio le edizione delle opere di Marx e di Engels annerite dagli incendi devastatori dei fascisti milanesi alla redazione dell'"Avanti!", ma, preso da altro lavoro, non le avevo studiate.
Accertai veramente la profondita' e l'ampiezza del mondo socialista nel periodo fascista, quando le possibilita' di trovare documentazioni e libri (lo sappiano i giovani di ora, che se vogliono possono andare da un libraio e acquistare cio' che cercano) erano di tanto diminuite, ma c'era, insieme, il modo di ritrovare i vecchi socialisti e comunisti, che erano rimasti saldi nella loro fede, veramente "fede" "sostanza di cose sperate ed argomento delle non parventi", malgrado le botte, gli sfregi, la poverta', le prigioni, le derisioni degli ideali e dei loro rappresentanti uccisi ("con Matteotti faremo i salsicciotti") e sebbene vedessero che le persone "dotte" erano per Mussolini e il regime.
Ritrovare queste persone, unirsi con loro di la' dalle differenze su un punto o l'altro dell'ideologia, festeggiare insieme il primo maggio magari in una soffitta o in un magazzino di legname, andare insieme in campagna una domenica (che per il popolo e' sempre qualche cosa di bello), e talvolta anche in prigione: nella lotta contro il fascismo si formo' questa unione, che non fu soltanto di persone e di aiuto reciproco, ma fu studio, approfondimento, constatazione degli interessi comuni dei lavoratori e degli intellettuali contro i padroni del denaro e del potere: si apriva cosi l'orizzonte del mondo, l'incontro di Occidente e Oriente in nome di una civilta' nuova, non piu' individualistica ne' totalitaria.
*
Questo io debbo al fascismo, ma in quanto ebbi, direi la Grazia, o interni scrupoli o ideali che mi portarono all'opposizione. Opponendomi al fascismo, non per cose di superficie o di persone o di barzellette, ma pensando seriamente nelle sue ragioni, nella sua sostanza, nel suo esperimento e impegno, non solo me ne purificavo completamente per cio' che potesse essercene in me, ma accertavo le direzioni di un lavoro positivo e di una persuasione interiore che dovevo continuare a svolgere anche dopo.
Il fascismo aveva unito in un insieme tutto cio' contro cui dovevo lottare per profonda convinzione, e non per caso, per un un male che mi avesse fatto, per un'avversione o invidia verso persone, o perche' avessi trovato in casa o presso maestri autorevoli un impulso antifascista. Nulla di questo ebbi, ed anche percio' ad un'attiva opposizione con propaganda non passai che lentamente e dopo circa un decennio.
Posso assicurare i giovani di oggi che il mio rifiuto fu dopo aver sentito le premesse del fascismo proprio nell'animo adolescente, e dopo averle consumate; sicche' i fascisti mi apparvero dei ritardatari. Ero arrivato al punto in cui non potevo accettare:
1, il nazionalismo che esasperava un riferimento nazionale e guerriero a tutti i valori, proprio quando ero convinto che la guerra avrebbe indebolito l'Europa, e che la nazione dovesse trovare precisi nessi con le altre;
2, l'imperialismo colonialistico, che, oltre a portare l'Italia fuori dalla sua influenza in Europa, nei Balcani e a freno della Germania, era un metodo arretrato, per la fine del colonialismo nel mondo;
3, il centralismo assolutistico e burocratico con quel far discendere tutto dall'alto (per giunta corrotto), mentre io ero decentralista, regionalista, per l'educazione democratica di tutti all'amministrazione e al controllo;
4, il totalitarismo, con la soppressione di ogni apporto di idee e di correnti diverse, si' che quando parlavo ai giovanissimi della vecchia possibilita' di scegliersi a vent'anni un partito, che aveva sue sedi e sua stampa, sembrava che parlassi di un sogno, di un regno felice sconosciuto;
5, il prepotere poliziesco, per cui uno doveva sempre temere parlando ad alta voce, conversando con ignoti, scrivendo una lettera, facendo un telefonata;
6, quel gusto dannunziano e quell'esaltazione della violenza, del manganello come argomento, dello spaccare le teste, del pugnale, delle bombe a mano, e, infine, l'orribile persecuzione contro gli ebrei;
7, quel finto rivoluzionarismo attivista e irrazionale sopra un sostanziale conservatorismo, difesa dei proprietari, di cio' che era vecchio e perfino anteriore alla rivoluzione francese;
8, quell'alleanza con il conservatorismo della chiesa, della parrocchia, delle gerarchie ecclesiastiche, prendendo della religione i riti e il lato reazionario, affratellandosi con i gesuiti, perseguitando gli ex-sacerdoti;
9, quel corporativismo con una insostenibile parita' tra capitale e lavoro che si risolveva in una prigione per moltitudini lavoratrici alla merce' dei padroni in gambali ed orbace;
10, quel rilievo forzato e malsano di un solo tipo di cultura e di educazione, quella fascista, e il traviamento degli adolescenti, mentre ero convinto che della libera produzione e circolazione delle varie forme di cultura una societa' nazionale ha bisogno come del pane;
11, quell'ostentazione di Littoria e altre poche cose fatte, dilapidando immensi capitali, invece di affrontare il rinnovamento del Mezzogiorno e delle Isole;
12, l'onnipotenza di un uomo, di cui era facile vedere quotidianamente la grossolanita', la mutevolezza, l'egotismo, l'iniziativa brigantesca, la leggerezza nell'affrontare cose serie, gli errori e la irragionevolezza impersuadibile, mentre ero convinto che il governo di un paese deve il piu' possibile lasciare operare le altre forze e trarne consigli e collaborazione, ed essere anonimo, grigio anche, perche' lo splendore stia nei valori puri della liberta', della giustizia, dell'onesta', della produzione culturale e religiosa, non nelle persone, che in uniforme o no, nel governo o a capo dello Stato, sono semplicemente al servizio di quei valori.
*
Percio' il fascismo, nel problema dell'Italia di educarsi a popolo onesto, libero, competente, corretto, collaborante, mi parve un potenziamento del peggio e del fondo della nostra storia infelice, una malattia latente nell'organismo e venuta fuori, l'ostacolo che doveva, per il bene comune, essere rimosso, non in un modo semplicemente materiale, ma prendendo precisa e attiva coscienza delle ragioni per cui era sbagliato, e trasformando in questo lavoro se' e persuadendo gli altri italiani.
5. NUOVE STORIE DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: NELLA SAVANA
- Salve.
- Salve a lei.
- Guardi un po' qua.
- Ma e' vero?
- Vero, vero, fulminato con le mie mani, cioe', con la mia carabina da safari.
- Da safari?
- Per certe cose non c'e' niente di meglio che una carabina da safari.
- E dove lo avrebbe preso?
- Per strada, no? Le sembra una preda che si trova nella savana?
- Veramente non lo so, non me ne intendo. Potrebbe anche essere.
- Vestito cosi'? Lei ci andrebbe vestito cosi' nella savana?
- No, non credo.
- Certo che no, un completo sportivo come questo sono un sacco di svanziche.
- Adesso pero' e' tutto sforacchiato.
- Certo che lo e', i pallini. I pallini, no?
- Gia', i pallini.
- Una bella rosa, guardi qua che roba.
- Si'.
- Sa che le cartucce me le faccio da me?
- Ah si'?
- Si', e le confesso che quasi quasi c'e' piu' gusto a preparare l'attrezzatura che a tirare. Tirare, certo, ha il suo valore. Ma sono talmente tanti i bersagli giu' per la strada che qualche cosa colpisci comunque, no?
- Penso di si'.
- Certo che si'. Vuole provare?
- No, non occorre, grazie.
- Forza, faccia un tiro, che ci vuole?
- No, grazie. Grazie davvero, come se avessi accettato.
- Come vuole lei.
- E adesso che ne fa?
- Di cosa.
- Del coso, del cadavere, insomma.
- Ah, questo? Beh, adesso gli taglio la testa e poi me la faccio impagliare. Per il salotto, sa.
- Ah. la mette nel salotto.
- Certo, nel salotto, insieme agli altri trofei.
- Ecco, con gli altri trofei. E il resto del corpo?
- Eh, il resto del corpo va in discarica. Ed e' un peccato, sa? Dipendesse da me io farei macinare tutto, lo farei inscatolare e lo manderei laggiu' in Africa dove muoiono di fame, poverini.
- Gia', poverini.
- Eh, poverini. Mi fanno tanta pena.
- Anche a me, anche a me.
- Non come questi clandestini che piu' ne fai fuori e piu' ricicciano.
- Gia'.
- Quando penso a quei bambini in Africa, lo sa? mi sento una stretta al cuore.
- Si vede che lei e' un animo nobile.
- Bisognerebbe aiutarli. A casa loro, s'intende.
- A casa loro, certo.
- Col Piano Mattei.
- Io mica l'ho capito bene 'sto Piano Mattei.
- E' semplice, paghiamo i governi dei baluba per ammazzarli loro al posto nostro direttamente laggiu'.
- Ah, ecco.
- Il Piano Mattei, mica ceci.
- Eh no, mica ceci.
- E adesso, se permette, vado a staccare il trofeo dal rifiuto organico, e poi a darmi una lavata. Con tutto questo sangue…
- Certo, l'igiene e' importante.
- E' importante si'. La saluto, eh.
- Buona giornata, buona giornata anche a lei.
6. NUOVE STORIE DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: LA TRATTATIVA DI PACE
- Allora, prima gli spezziamo le reni, cosi' s'imparano, e poi gli diciamo che e' tutta colpa loro che non vogliono la pace.
- No, no, io dico prima due o tre bombette atomiche sulla capitale che passa la paura, poi in mezzo a tutto quel concime gli facciamo fare un governicchio cosi', tanto per ridere.
- Allora e' meglio bombardargli le centrali nucleari, che l'effetto e' lo stesso e noi risparmiamo le atomiche nostre che ci possono sempre servire un'altra volta.
- Io dico: diamogli a credito tutte le armi che vogliono, a loro e a quegli altri, cosi' ce li teniamo amici tutti. Certo, prima devono firmare un bel po' di cambialette.
- Secondo me lasciamogliene far fuori un paio di milioni, poi dopo se ne riparla.
- E se quegli altri fessi non si regolano?
- E che ce ne frega a noi? Meglio, meglio. Piu' buttano giu' e piu' appalti ci saranno dopo per la ricostruzione, no? E intanto un po' di gentaglia di meno, che si sa che sono tutti piantagrane, a partire da quel quacquaracqua' del capoccia che ogni volta che lo vedo in televisione me la faccio sotto dalle risate.
- Io dico che dovremmo metterci d'accordo sulle forniture delle armi a questi e a quelli, diciamo un cinquanta per cento noi, un trenta voi, e un venti al libero mercato, che ne dite?
- Eh no, eh! Facciamo le cose giuste: quarantacinque voi, quarantacinque noi, e se proprio ci tenete il dieci per cento al libero mercato, che tanto lo sanno tutti che dietro ci siete voi.
- Ma neanche per sogno, se mai dietro al libero mercato c'e' la mafia vostra.
- Ah si', eh? Che voi non ne sapete niente, eh?
- Signori, signori, questa e' una trattativa tra gentiluomini, una trattativa di pace.
- Si', ma loro ci guadagnano sempre piu' di tutti.
- Sara' perché siamo i piu' bravi?
- Infatti si e' visto, si e' visto. Vi devo fare un riassuntino?
- Signori, signori, parliamo di affari, lasciamo fuori i risentimenti.
- Certo, parliamo di affari.
- D'accordo, d'accordo, parliamo di affari. Ma io l'industria armiera nostra la tutelo, eh? Niente trucchi.
- Niente trucchi e niente fregature, parola.
- Allora andiamo avanti.
7. NUOVE STORIE DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: SCAMORZA
Gli avevano messo nome Scamorza, con tutto che era maschio. Vi potete immaginare a scuola. Una volta chiese al padre perché, e quello gli rispose per le tradizioni popolari. Secondo me lo avrebbe ammazzato lo stesso, pero' penso che per via di quella risposta ci ebbe un gusto particolare a decapitarlo, cavargli gli occhi e mangiarseli. Solo gli occhi, mica era un cannibale.
Io lo conobbi alla sezione del partito. Aveva sempre le taniche pronte sulla cinquecento, casomai la riunione si concludesse con la decisione di andare a dare fuoco a qualche zingaro, negro, comunista o barbone. Era uno di compagnia, ci si divertiva insieme, eravamo sempre ciucchi. L'unica cosa non si doveva mai chiedergli perche' si chiamava Scamorza. Non lo so perché, ma era una cosa che lo faceva infuriare di brutto, infuriare proprio con tutti i sentimenti, e poi finiva male, perché si sa che quando sei ciucco e t'infuri e ci hai in saccoccia la lama e il ferro, insomma, poi li usi, mica e' che li porti per bellezza, no?
L'ho votato pur'io alle elezioni, che un amico nella stanza dei bottoni fa sempre comodo. Adesso e' ministro di non mi ricordo che. Ma e' restato uno del popolo, posta su youtube un sacco di video gagliardi in cui canta Giovinezza, gioca a freccette ma al posto delle freccette con lo sputo o con l'orina (avete capito, no?), mena i clandestini con la mazza ferrata, spiega come si fa la matriciana e la carbonara, un nodo scorsoio, le barchette con la carta stagnola del pacchetto delle sigarette, cose cosi', alcuni video sono solo buffi, ma altri sono pure utili e istruttivi. Si e' fatto pure la Ferrari, che pero' la tira fuori dal garage solo la domenica, visto che gli altri giorni va in giro in elicottero con la scorta e tutto. E' sempre pieno di femmine, ragazzette che vogliono fare le attrici e che lui se le lavora dicendo che poi le presenta a questo e quello della televisione che invece neppure li conosce.
Mi e' dispiaciuto doverlo fare fuori, eravamo pure amici. Pero' lui diceva sempre che in galera non ci voleva andare e che piuttosto se la cantava e ci beveva tutti. Sono cose da non dirsi.
8. NUOVE STORIE DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: IL GOVERNO DELLA PROVVIDENZA
Allora, cominciamo 'sto consiglio dei ministri. Quanti di quei vermi abbiamo fatto fuori ieri? Possibile che non si riesce a fare di meglio, con tutti i soldi che ci buttiamo sopra? Ne dovremmo aver scannati almeno il doppio, il triplo. La verita' e che non sa fare un cavolo nessuno. Certe volte penso che 'sta guerra sarebbe meglio che la facessi io da solo, visto che nessuno qui ci mette l'impegno necessario. Sveglia, ragazzi.
9. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- AA. VV., Mirai. Futuro, Gedi, Torino 2024, pp. 144, euro 8,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").
- Arianna Arisi Rota, Pace, Il Mulino, Bologna 2024, pp. 112, euro 12.
- Massimo De Giuseppe, Il fantasma di Toro Seduto. Il mito dei nativi americani nell'Italia degli anni Settanta, Il Mulino, Bologna 2024, pp. 176, euro 16.
*
Riletture
- Winona LaDuke, Recovering the Sacred: the Power of Naming and Claiming, South End Press, Cambridge, Massachusetts, 1999, Haymarket Books, Chicago, Illinois, 2005, pp. 296.
- Stanley David Lyman, Wounded Knee 1973: A Personal Account, University of Nebraska Press, Lincoln & London 1991, pp. XL + 180 (+ un inserto fotografico di 16 pp.).
- John William Sayer, Ghost Dancing the Law: The Wounded Knee Trials, Harvard University Press, Cambridge, Massachusetts, London, England 1997, pp. X + 310.
*
Riedizioni
- George Packer, L'ultima speranza. Ascesa e declino dell'America, Mondadori, Milano 2023, Rcs, Milano 2024, pp. VI + 214, euro 9,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Massimo Teodori, Ossessioni americane, Marsilio, Venezia 2017, Rcs, Milano 2024, pp. VIII + 168, euro 9,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Bob Woodward, Robert Costa, Pericolo, Rcs, Milano 2022, 2024, pp. X + 518, euro 9,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
11. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5345 del 6 ottobre 2024
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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