[Nonviolenza] Telegrammi. 5307



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5307 del 29 agosto 2024
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Della necessita' di un'insurrezione nonviolenta dei popoli per far cessare tutte le guerre
2. Aldo Capitini: Il manuale di Charles C. Walker sull'azione diretta nonviolenta
3. Scriviamo al presidente statunitense Biden per chiedere la grazia per Leonard Peltier
4. Jean-Marie Muller: La nonviolenza come esigenza filosofica (parte seconda e conclusiva)
5. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
6. Segnalazioni librarie
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. L'ORA. DELLA NECESSITA' DI UN'INSURREZIONE NONVIOLENTA DEI POPOLI PER FAR CESSARE TUTTE LE GUERRE

Questa e' la cosa piu' urgente
un'insurrezione nonviolenta dei popoli per far cessare tutte le guerre

E' piu' urgente che lavarsi i denti e le mutande (per chi denti e mutande ancora ha)
un'insurrezione nonviolenta dei popoli per far cessare tutte le guerre

E' piu' urgente che soffiare via gli spiriti maligni nei porci
un'insurrezione nonviolenta dei popoli per far cessare tutte le guerre

E' piu' urgente che tornare finalmente a Itaca
un'insurrezione nonviolenta dei popoli per far cessare tutte le guerre

E' piu' urgente che il cambio degli abiti di Rosalinda di Viola d'Imogene
un'insurrezione nonviolenta dei popoli per far cessare tutte le guerre

E' piu' urgente che arrivare all'El Dorado ad Atlantide all'Isola di Pasqua
un'insurrezione nonviolenta dei popoli per far cessare tutte le guerre

E' piu' urgente che imparare a memoria le tabelline
un'insurrezione nonviolenta dei popoli per far cessare tutte le guerre

E' piu' urgente che trovare l'elitropia nel Mugnone
un'insurrezione nonviolenta dei popoli per far cessare tutte le guerre

E' piu' urgente che il filotto di garuffa
un'insurrezione nonviolenta dei popoli per far cessare tutte le guerre

E' piu' urgente che uscire a riveder le stelle
un'insurrezione nonviolenta dei popoli per far cessare tutte le guerre

E' piu' urgente che fare un terno al lotto
un'insurrezione nonviolenta dei popoli per far cessare tutte le guerre

E' piu' urgente che studiare ancora il sanscrito
un'insurrezione nonviolenta dei popoli per far cessare tutte le guerre

E' piu' urgente che il chiaretto e i maccheroni
un'insurrezione nonviolenta dei popoli per far cessare tutte le guerre

E' piu' urgente che imbucarsi in un portone quando piove
un'insurrezione nonviolenta dei popoli per far cessare tutte le guerre

E' piu' urgente che decidersi a farla 'sta dichiarazione d'amore
un'insurrezione nonviolenta dei popoli per far cessare tutte le guerre

E' piu' urgente che l'assalto alla Bastiglia o al Palazzo d'Inverno
un'insurrezione nonviolenta dei popoli per far cessare tutte le guerre

E' piu' urgente di tutto quello che sai dire e sai pensare
un'insurrezione nonviolenta dei popoli per far cessare tutte le guerre

Questa e' la cosa piu' urgente
un'insurrezione nonviolenta dei popoli per far cessare tutte le guerre

2. TESTI. ALDO CAPITINI: IL MANUALE DI CHARLES C. WALKER SULL'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA
[Riproponiamo ancora una volta il testo del capitolo dodicesimo, "Il Manuale di Charles C. Walker (1961)", del libro di Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Libreria Feltrinelli, 1967 (poi ristampato da Linea d'ombra, Milano 1989; e successivamente ripreso anche in Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992). L'opuscolo di Walker, Manuale per l'azione diretta nonviolenta, arricchito da ulteriori materiali, e' stato successivamente pubblicato dalle Edizioni del Movimento Nonviolento nei "Quaderni di azione nonviolenta", cui puo' essere richiesto; e' un materiale di lavoro utilissimo (per richieste: tel. 0458009803, e-mail: azionenonviolenta at sis.it); il solo testo dell'opuscolo di Walker abbiamo anche piu' volte riprodotto sul nostro foglio.
Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Tra le opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' ancora quella a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori, Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); ma notevole ed oggi imprescindibile e' anche la recente antologia degli scritti a cura di Mario Martini, Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004, 2007; delle singole opere capitiniane sono state recentemente ripubblicate: Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989, Edizioni dell'asino, Roma 2009; Elementi di un'esperienza religiosa, Cappelli, Bologna 1990; Colloquio corale, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2005; L'atto di educare, Armando Editore, Roma 2010; cfr. inoltre la raccolta di scritti autobiografici Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; La religione dell'educazione, La Meridiana, Molfetta 2008; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Piu' recente e' la pubblicazione di alcuni carteggi particolarmente rilevanti: Aldo Capitini, Walter Binni, Lettere 1931-1968, Carocci, Roma 2007; Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008; Aldo Capitini, Guido Calogero, Lettere 1936-1968, Carocci, Roma 2009. Tra le opere su Aldo Capitini: a) per la bibliografia: Fondazione Centro studi Aldo Capitini, Bibliografia di scritti su Aldo Capitini, a cura di Laura Zazzerini, Volumnia Editrice, Perugia 2007; Caterina Foppa Pedretti, Bibliografia primaria e secondaria di Aldo Capitini, Vita e Pensiero, Milano 2007; segnaliamo anche che la gia' citata bibliografia essenziale degli scritti di Aldo Capitini pubblicati dal 1926 al 1973, a cura di Aldo Stella, pubblicata in Il messaggio di Aldo Capitini, cit., abbiamo recentemente ripubblicato in "Coi piedi per terra" n. 298 del 20 luglio 2010; b) per la critica e la documentazione: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Mario Martini (a cura di), Aldo Capitini libero religioso rivoluzionario nonviolento. Atti del Convegno, Comune di Perugia - Fondazione Aldo Capitini, Perugia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Gian Biagio Furiozzi (a cura di), Aldo Capitini tra socialismo e liberalismo, Franco Angeli, Milano 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; Maurizio Cavicchi, Aldo Capitini. Un itinerario di vita e di pensiero, Lacaita, Manduria 2005; Marco Catarci, Il pensiero disarmato. La pedagogia della nonviolenza di Aldo Capitini, Ega, Torino 2007; Alarico Mariani Marini, Eligio Resta, Marciare per la pace. Il mondo nonviolento di Aldo Capitini, Plus, Pisa 2007; Maura Caracciolo, Aldo Capitini e Giorgio La Pira. Profeti di pace sul sentiero di Isaia, Milella, Lecce 2008; Mario Martini, Franca Bolotti (a cura di), Capitini incontra i giovani, Morlacchi, Perugia 2009; Giuseppe Moscati (a cura di), Il pensiero e le opere di Aldo Capitini nella coscienza delle giovani generazioni, Levante, Bari 2010; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; e Amoreno Martellini, Fiori nei cannoni. Nonviolenza e antimilitarismo nell'Italia del Novecento, Donzelli, Roma 2006; c) per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato ed i volumi bibliografici segnalati sopra]

Nel 1961 e' uscito il Manuale dell'organizzatore dell'azione diretta nonviolenta, redatto da Charles C. Walker, direttore del Laboratorio della nonviolenza (Cheney, Pa, USA). Jean Fremont lo ha tradotto in francese. L'opuscolo e' edito dalla War Resisters' International, 88 Park Avenue, Enfield, Middlesex, Inghilterra. E' un ampio e organico lavoro, e il confronto con il Piano De Ligt mostra quanto l'esperienza dell'azione nonviolenta si sia accresciuta negli anni, specialmente per le grandi campagne gandhiane e per quelle degli Stati Uniti d'America e di altrove. Del resto, il manuale integra spesso i suoi suggerimenti con indicazioni bibliografiche. Metteremo in luce la struttura del lavoro, e i punti piu' rilevanti e utilizzabili.
Il Manuale e' diviso in quindici sezioni.
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1. Preparazione
Bisogna scegliere e presentare chiaramente gli scopi da raggiungere, dando rilievo ad una situazione ingiusta e cercando di ottenere l'appoggio del pubblico. La volonta' di resistenza viene sviluppata diffondendo continuamente notizie, commentandole e facendo appello all'azione immediata, indicando alle vittime anche una situazione migliore. Inoltre: assicurarsi il nome e l'indirizzo di persone che possono cooperare, e consultare gruppi e associazioni che possono simpatizzare.
Gia' in questa prima sezione si trovano i suggerimenti sempre dati per le azioni nonviolente: cercare le piu' larghe solidarieta', diffondere apertamente notizie sulla situazione e sulle prospettive di mutamento. Se ne deduce: prima di un'azione impiantare un bollettino apposito da diffondere largamente.
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2. Lancio di un programma costruttivo
Il programma deve colpire un male alla radice, venire in aiuto alle vittime, stimolare gli atteggiamenti nonviolenti. Reagire, quindi, attivamente all'apatia, con pieno altruismo e ispirando fiducia. L'azione puo' essere preparata da un lavoro costruttivo come campi di lavoro, cooperative, assistenza alle vittime di ingiustizie, lavoro caritatevole, lavoro in comunita'. Utile anche un lavoro fisico dopo un'estrema tensione nervosa.
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3. Apprendimento del metodo
Anzitutto una ricerca sui fatti, sulle forze sociali, politiche, economiche, implicate nella situazione (come abbiamo gia' visto), sull'atteggiamento dei vari gruppi.
Impostare la possibilita' di negoziati (uno stadio molto importante prima di ogni azione nonviolenta).
Appello vastissimo all'opinione pubblica, con tutti i mezzi possibili.
Giorni di digiuno e (oppure) di preghiera, rinuncia a distinzioni onorifiche date dagli autori dell'ingiustizia; dirsi disposti ad una concessione importante, purche' non leda il principio.
Presentare un "ultimatum" che espone le lagnanze, i tentativi fatti per rimediare, le concessioni proposte, e fissare una data limite. Informare tutti gli implicati nella cosa.
Infine, dopo aver tutto tentato, intraprendere l'azione diretta, senza rompere definitivamente la possibilita' di riprendere i negoziati.
L'azione diretta ha questi aspetti:
- Veglia in un luogo simbolico;
- Picchetti di militanti;
- Digiuno o sciopero della fame;
- Noncooperazione;
- Boicottaggio;
- Arresto del lavoro per un certo periodo;
- Sciopero;
- Sciopero a rovescio (lavorando dove e quando non permesso);
- Intervento p. es. in un luogo proibito;
- Disobbedienza civile;
- Migrazione;
- Manifestazioni: riunioni, sfilate, proteste.
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4. L'addestramento
Studiare la teoria e la messa in pratica della nonviolenza, le campagne nonviolente; organizzare un laboratorio della nonviolenza, proiettare film, fare riunioni e discussioni pubbliche e anche "scene drammatiche" di realizzazione di iniziative nonviolente; meditare, cantare in coro, raccontare fatti eroici, prendere pasti in comune, formare bene gli individui per i compiti che saranno a loro affidati; distinguere tra l'addestramento generale e quello per determinate azioni.
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5. Il piano di campagna dell'azione diretta nonviolenta
L'organizzazione realizzatrice deve avere delle infrastrutture con un comitato d'insieme e un comitato amministrativo, un direttore del progetto e comitati speciali (per la pubblicita', per i mezzi di trasporto, per stampare, per l'alloggio, il cibo ecc.), e deve fare un bilancio preliminare.
Mettere a punto il piano di esecuzione (utilizzando anche un consiglio giuridico).
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6. La preparazione dell'azione
Scegliere un quartiere generale delle operazioni, esponendo materiale pubblicitario, inaugurandolo con una conferenza stampa. Lettere e visite ai funzionari interessati; avvisi ai giornali. Raccogliere fondi. Fare riunioni pubbliche. Tener pronto materiale indispensabile: macchina da scrivere, anche per fare molte copie, letti e sacchi per dormire, materiale per affissioni, automobili ecc. (e vedere quali servizi di trasporto sono nella zona). Stabilire un indirizzo postale. Sviluppare i mezzi di comunicazione: telefono, altoparlanti, bollettini giornalieri. Preparare istruzioni appropriate per i capi di gruppi, fare l'elenco dei partecipanti, preparare manifesti e volantini (da apprestare molto per tempo).
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7. Studio preliminare della situazione dal punto di vista legale
Conoscere le disposizioni legali del luogo e cercar di avere assistenza legale.
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8. Messa a punto di una disciplina collettiva
Il comitato d'azione deve concretare i termini di questa disciplina.
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9. Sviluppo di una campagna di propaganda
Esporre con grande chiarezza. Fare un "memorandum" generale, e brevi biografie dei capi e dei partecipanti importanti, frequenti comunicati alla stampa e alla radio, registrare sul nastro magnetico importanti discorsi, visitare (o scrivere a) persone influenti della stampa, raccogliere ritagli di giornali.
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10. La riunione dei partecipanti all'azione
Farne l'elenco; tenere una riunione degli aderenti, esponendo il piano dell'azione e discutendolo; scegliere un presidente adatto per le riunioni (alcune questioni possono esser trattate non dalle riunioni generali, ma dai comitati).
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11. L'avvio dell'azione
Scegliere il gruppo che comincera' l'azione; e formare anche il secondo gruppo d'urto. Recarsi sul luogo (sfilare o star seduti, sempre a testa alta e tranquillamente). Esser pronti a rispondere ai giornalisti, alle guardie. Seguire le istruzioni dei capi e non lasciare il proprio posto senza averli avvisati. Distribuire i fogli (non disturbare mai il passaggio dei pedoni), e se piove, tenere i fogli in un sacco di materia plastica. Conservare, in quanto possibile, un silenzio assoluto.
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12. Fronteggiare le rappresaglie
L'avversario puo' provocare a condursi in modo agitato, a farsi prendere dal disordine, a lanciare insulti, a fare recriminazioni di un capo verso l'altro, a far sorgere defezioni nelle file dei nonviolenti, a reagire con la violenza. Percio' bisogna restare calmi e affabili, stare al proprio posto disciplinati. Se ci sono urti, il capo fa allontanare i feriti.
In caso di arresto, non opporre resistenza, e accettare i regolamenti della prigione in cio' che non siano contro la propria coscienza.
Le rappresaglie possono essere molto gravi (colpi, tortura, presa di ostaggi, linciaggio, cacciata dal posto, proibizioni di assemblee ecc.), e in tale caso insistere presso i responsabili della societa' perche' agiscano e reprimano la violenza, chiedere un'inchiesta, aiutare le vittime (le sofferenze redentrici possono liberare dal veleno della violenza accumulatosi da tanto tempo).
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13. Mantenere la vitalita' del movimento
Valersi di nuovi simboli (azioni eroiche, gli eroi di esse, le vittime delle rappresaglie, gl'imprigionati, anniversari, saluti, vesti, insegne, ecc.).
Sforzi costanti di persuasione anche presso gli avversari, tenere al corrente gli aderenti.
Incoraggiare e organizzare azioni di sostegno (dichiarazioni di personalita' eminenti, di gruppi di simpatizzanti ecc.).
Trattare i dissidenti in modo paziente e leale; educare e allenare gli aderenti, formare nuovi capi, incoraggiare il lavoro teorico e pratico; far agire il maggior numero di volontari che sia possibile.
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14. I capi
Sono dei primi tra eguali, sono dei coordinatori, abituati a lavorare in gruppo.
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15. Quando la lotta si fa lunga
Secondo Gandhi una campagna nonviolenta provoca cinque reazioni: l'indifferenza, il ridicolo, l'insulto, la repressione, il rispetto. Per arrivare al quinto punto talvolta ci vuole molto tempo.
Non si deve tendere alla "sconfitta" dell'avversario, ma ad una trasformazione dei rapporti tra le parti interessate (una vittoria della giustizia e dell'onesta' umana).

3. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO AL PRESIDENTE STATUNITENSE BIDEN PER CHIEDERE LA GRAZIA PER LEONARD PELTIER

Scriviamo al presidente statunitense Biden per chiedere la grazia per Leonard Peltier.
E' consuetudine dei presidenti statunitensi giunti a fine mandato di concedere la grazia ad alcuni detenuti.
Leonard Peltier e' un illustre attivista nativo americano, difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e della Madre Terra.
Leonard Peltier, che a settembre compira' 80 anni, da 48 anni e' detenuto per un crimine che non ha commesso.
Leonard Peltier e' gravemente malato, e le sue malattie non possono essere curate adeguatamente in carcere.
Affinche' non muoia in carcere un uomo innocente, affinche' Leonard Peltier possa tornare libero e trascorrere con i suoi familiari questo poco tempo che gli resta da vivere, la cosa piu' importante ed urgente da fare adesso e' scrivere a Biden per chiedere che conceda la grazia a Leonard Peltier.
*
Per scrivere a Biden la procedura e' la seguente.
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: scrivere un breve testo (di seguito una traccia utilizzabile):
Egregio Presidente degli Stati Uniti d'America,
le scriviamo per chiederle di concedere la grazia al signor Leonard Peltier.
Leonard Peltier ha quasi 80 anni ed e' affetto da plurime gravi patologie che non possono essere adeguatamente curate in carcere: gli resta poco da vivere.
Leonard Peltier ha subito gia' 48 anni di carcere per un delitto che non ha commesso: la sua liberazione e' stata chiesta da Nelson Mandela e da madre Teresa di Calcutta, dal Dalai Lama e da papa Francesco, da Amnesty International, dal Parlamento Europeo, dall'Onu, da milioni di esseri umani.
Egregio Presidente degli Stati Uniti d'America,
restituisca la liberta' a Leonard Peltier; non lasci che muoia in carcere un uomo innocente.
Distinti saluti.
*
Sollecitiamo chi legge questo comunicato ad aderire all'iniziativa e a diffondere l'informazione.
Free Leonard Peltier.
Mitakuye Oyasin.

4. TESTI. JEAN-MARIE MULLER: LA NONVIOLENZA COME ESIGENZA FILOSOFICA (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA)
[Da Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza. Una filosofia della pace, Plus - Pisa University Press, Pisa 2004 (traduzione italiana di Enrico Peyretti dell'edizione originale Le principe de non-violence. Parcours philosophique, Desclee de Brouwer, Paris 1995), riproponiamo il capitolo terzo: "La nonviolenza come esigenza filosofica" (pp. 67-89). Ringraziamo di cuore Enrico Peyretti per averci messo a disposizione la sua traduzione e la casa editrice Plus - Pisa University Press per il suo consenso]

Emmanuel Levinas: l'umanesimo dell'altro uomo
Emmanuel Levinas contesta il primato dato all'ontologia nella tradizione filosofica occidentale. L'ontologia intende l'esistenza come una persistenza nell'essere: "Essere e' lo sforzo di essere, il fatto di perseverare nel proprio essere" (31). L'essere si accontentata allora di una ri-flessione sull'esistenza che diventa un ripiegamento su di se', un egoismo. L'essere non si preoccupa che di soddisfare i suoi bisogni, cerca di affermarsi nella possessione e nel dominio. "In tutto il mio lavoro - afferma Emmanuel Levinas - c'e' come una svalutazione della nozione di essere che, nella sua ostinazione ad essere, nasconde violenza e male, ego ed egoismo" (32).
La liberta' dell'uomo che non si cura che di se stesso si smarrisce nell'arbitrario: tutto gli e' permesso, anche l'omicidio. Una tale concezione dell'esistenza mantiene l'essere in una compiacenza di se' e in un disconoscimento dell'altro. L'ontologia cosi' concepita e' una filosofia della potenza, della dominazione, della conquista, della violenza e della guerra. Se la sola cura dell'uomo e' di conservarsi nell'essere, egli si oppone inevitabilmente all'altro uomo che compare in faccia a lui come un avversario. Per Emmanuel Levinas, "essere o non essere, non e' probabilmente la questione giusta" (33). Poiche' "l'essere non e' mai - contrariamente a cio' che dicono tante tradizioni rassicuranti - la propria ragion d'essere" (34).
L'incontro dell'altro uomo interrompe la solitudine e l'egoismo dell'uomo; il riconoscimento dell'altro uomo e' l'avvenimento decisivo che segna l'inizio dell'esistenza umana dell'uomo. Avvicinandomi, l'altro uomo sollecita la mia assistenza (dal latino ad-sistere: tenersi presso a qualcuno) e mi rivolge una domanda: con cio', egli disturba la mia tranquillita', mette in questione la mia liberta' e sregola la mia buona coscienza.
L'incontro dell'altro uomo mi fa scoprire il suo volto, perche' "il volto e' l'identita' stessa di un essere" (35). Attraverso il volto dell'altro uomo appare nello stesso momento la vulnerabilita' dell'essere e la sua trascendenza: la sua vulnerabilita', perche' "il volto nella sua nudita' di volto mi presenta il denudamento del povero e dello straniero" (36); la sua trascendenza, perche' "l'Infinito mi viene all'idea nella significanza del volto" (37) e "l'idea dell'Infinito designa una altezza e una nobilta', una trascendenza" (38).
La scoperta del volto dell'altro uomo nella sua vulnerabilita' e nella sua trascendenza mi fa prendere coscienza nello stesso momento della possibilita' e dell'impossibilita' dell'omicidio; questa presa di coscienza e' l'affermazione della mia coscienza morale. "La relazione al volto, afferma Emmanuel Levinas, e' immediatamente etica. Il volto e' cio' che non si puo' uccidere, o almeno cio' il cui senso consiste nel dire: "non uccidere". L'omicidio, e' vero, e' un fatto banale: si puo' uccidere un altro; l'esigenza etica non e' una necessita' ontologica. La proibizione di uccidere non rende affatto l'omicidio impossibile, anche se l'autorita' della proibizione si mantiene nella buona coscienza del male compiuto - malignita' del male" (39). Nello stesso momento in cui Altri "si offre alla punta della spada o alla palla del revolver", egli oppone alla forza che minaccia di colpirlo "non una forza piu' grande [...], ma la trascendenza stessa del suo essere. [...] Questo infinito, piu' forte dell'omicidio, ci resiste gia' nel suo volto, e' il suo volto, e' l'espressione originale, e' la prima parola: tu non commetterai omicidio" (40). Lo sguardo dell'altro, per la resistenza all'omicidio che esprime, paralizza il mio potere, disarma la mia volonta'. Cosi', "l'idea dell'infinito, lungi dal violare lo spirito, condiziona la nonviolenza stessa, cioe' instaura l'etica" (41). Per Emmanuel Levinas la filosofia non comincia affatto con l'ontologia, ma con l'etica. L'etica non e' una branca della filosofia, ma "la filosofia prima" (42).
L'affermazione essenziale dell'etica e' l'esigenza di nonviolenza, che deve prevalere nella relazione tra un uomo e un altro uomo. "Alla nozione del "non uccidere", afferma Emmanuel Levinas, io do un significato che non e' una semplice proibizione dell'omicidio vero e proprio; essa diventa una definizione o una descrizione fondamentale dell'evento umano dell'essere, che e' un permanente discernimento riguardo all'atto violento e omicida verso l'altro" (43). ""Non uccidere", precisa ancora Levinas, non e' dunque una semplice regola di condotta. Esso appare come il principio del discorso stesso e della vita spirituale" (44).
Io non posso incontrare l'altro senza che, in qualche modo, io entri in conversazione con lui. Incontrare l'altro e' parlargli: "Palare e' nello stesso tempo conoscere l'altro e farsi conoscere da lui. [...] Questo commercio che la parola implica, e' precisamente l'azione senza violenza" (45). Il linguaggio e' l'atto dell'uomo ragionevole, che rinuncia alla violenza per entrare in relazione con l'altro. "Ragione e linguaggio sono esterni alla violenza. L'ordine spirituale consiste in essi! E se la morale deve davvero escludere la violenza, bisogna che un legame profondo colleghi ragione, linguaggio e morale" (46).
Avvicinandomi e venendo incontro a me, l'altro uomo mi interpella e mi sollecita: egli fa appello alla mia responsabilita'. Rispondergli e' rispondere di lui. Scoprendo il volto di altri io divento responsabile di lui. Certo, io potrei distogliermi da lui, ma umanamente non lo posso: "Il volto si impone a me senza che io possa restare sordo al suo appello, ne' dimenticarlo, senza che io possa cessare di essere responsabile della sua miseria" (47). Incontrando l'altro uomo, io divento il suo ob-ligato (dal latino ob-ligare, essere legato); io ho l'obbligo di non lasciarlo solo. Diventando responsabile dell'altro, io accedo alla dignita' di un essere unico e insostituibile: la mia responsabilita' e' una elezione. "Essere io significa, da questo momento, non potersi sottrarre alla responsabilita'. [...] Ma la responsabilita' che vuota l'io della sua indipendenza e del suo egoismo [...] conferma l'unicita' dell'io. E' un fatto che nessuno puo' rispondere al mio posto" (48). Cosi' l'uomo diventa lui stesso, non ri-flettendo su di se', ma diventando responsabile dell'altro: "Si tratta di dire l'identita' stessa dell'io umano a partire dalla responsabilita'" (49). Cio' che fonda e struttura l'umanita' dell'uomo e' la responsabilita' per l'altro uomo. E' questa responsabilita' che da' senso, dignita' e  grandezza all'esistenza umana. Emmanuel Levinas non cessa di sostenere l'inversione, il rovesciamento che sostituisce al per-se' dell'ontologia, il per-l'altro dell'etica.
Questa presenza dell'altro uomo ai miei fianchi viene a disturbarmi, a importunarmi; essa mi strappa al mio comodo e mi obbliga ad abbandonare ogni riparo. Incontrando l'altro, io mi espongo a lui, io corro dei rischi, io divento vulnerabile. Tenendomi di fronte all'altro, io mi espongo alle ferite e agli oltraggi: "L'uno si espone all'altro come una pelle si espone a cio' che la ferisce, come una guancia offerta a colui che colpisce" (50). Ma l'uomo deve avere il coraggio di affrontare questi pericoli: "La comunicazione con altri non puo' essere trascendente se non come vita pericolosa, come un bel rischio da correre" (51).
La mia responsabilita' verso l'altro s'impone a me qualunque sia il suo atteggiamento verso di me. La relazione all'altro e' "non simmetrica", perche' "io sono responsabile dell'altro senza attendere il reciproco, dovesse costarmi la vita. Il reciproco e' affare suo" (52). Io non sono mai sciolto verso l'altro ed arrivo sempre in ritardo all'appuntamento che ho con lui. La mia responsabilita' verso altri consiste "nell'andare all'altro senza curarmi del suo movimento verso di me, o, piu' esattamente, nell'avvicinarlo in maniera che, al di la' di tutte le relazioni reciproche che non mancheranno di stabilirsi tra me e il mio prossimo, io abbia sempre compiuto un passo di piu' verso di lui" (53). Emmanuel Levinas non si stanca di citare una frase pronunciata da uno dei personaggi dei Fratelli Karamazov di Dostoevskij, Marcello, il fratello dello starec Zosima: "Ciascuno di noi e' colpevole davanti a tutti, per tutti e per tutto, e io piu' degli altri" (54).
La responsabilita' verso l'altro uomo si esprime essenzialmente nella bonta' verso di lui. E' mediante la bonta' che l'uomo diventa un artigiano di pace: "La pace non puo' dunque identificarsi con la fine dei combattimenti, che finiscono per mancanza di combattenti, per la disfatta degli uni e la vittoria degli altri, cioe' con i cimiteri o gli imperi universali futuri. La pace deve essere la mia pace, in una relazione che parte da un io e va verso l'Altro, nel desiderio e nella bonta', in cui l'io nello stesso tempo si mantiene ed esiste senza egoismo" (55).
Emmanuel Levinas definisce cosi' una nuova ontologia, non piu' fondata sulla conoscenza di se stessi, ma sulla bonta' verso l'altro: essere e' essere-per-altri, cioe' essere buono. Mentre la tradizione filosofica occidentale stabilisce i diritti dell'io di fronte all'altro, la filosofia di Levinas fonda i privilegi dell'altro in rapporto a me. I diritti dell'uomo sono anzitutto i diritti dell'altro uomo: la carita' ben ordinata comincia dall'altro. E' nella bonta' verso l'altro che l'io si afferma e si costruisce come essere umano. La bonta' e' la vera risposta alla sollecitazione del volto dell'altro: "Avventura assoluta, in una imprudenza primordiale, la bonta' e' la trascendenza stessa" (56). Nel movimento della bonta' l'io si disinteressa di se stesso per curarsi innanzitutto dell'altro. La bonta' e' disinteresse: "La bonta' consiste nel porsi nell'essere in modo tale che Altri vi conti piu' di me stesso" (57). In questa prospettiva, Levinas non definisce piu' la filosofia come l'amore della saggezza, ma come "la saggezza dell'amore al servizio dell'amore" (58).
Diventando responsabile dell'altro, io divento responsabile della sua morte: "La paura della morte dell'altro e' certamente alla base della responsabilita' per l'altro" (59). Scoprendo il volto dell'altro, nella sua nudita' e vulnerabilita', io prendo coscienza che egli e' esposto alla morte e mi inquieto per lui. Questa non-indifferenza alla morte dell'altro e' una delle manifestazioni della mia bonta' verso di lui. E "questa inquietudine per la morte dell'altro passa davanti alla preoccupazione per me" (60). Esiste cosi' nell'uomo "la vocazione di un esistere per altri piu' forte che la minaccia della morte" (61). E' questa vocazione che Levinas chiama la vocazione "alla santita'". Dal momento in cui l'uomo teme di piu' la morte dell'altro che la sua propria, egli preferisce morire piuttosto che uccidere. Cosi' l'uomo compie la sua umanita' nel decidersi a "esistere per l'altro, cioe' a mettersi in questione e temere l'omicidio piu' della morte" (62). Assumendo il rischio di morire per non uccidere, l'uomo da' alla sua vita un senso che la morte stessa non puo' sopprimere. La responsabilita' per l'altro, esprimendosi nella bonta', conferisce un senso alla vita che da' un senso alla morte stessa, un "senso che non si misura con l'essere o il non essere, perche', al contrario, l'essere si determina a partire dal senso" (63).
Ci sembra che le riflessioni di Levinas sulla responsabilita' dell'uomo verso l'altro uomo e sul carattere imperativo del comandamento "tu non uccidere", costituiscano un apporto estremamente prezioso per il fondamento di una filosofia della nonviolenza. Certo, molte affermazioni di Levinas meriterebbero una discussione. E' cosi' difficile condividere il suo pensiero quando egli fissa la relazione di se stessi all'altro in una situazione di intera dissimmetria e di totale non-reciprocita'. Su questo punto Paul Ricouer ha ragione di porre a Levinas questa domanda: "Non occorre forse che la voce dell'Altro che mi dice "tu non uccidere", sia fatta mia al punto di diventare una mia convinzione?" (64). E se, in effetti, io accolgo, riconosco e interiorizzo la voce dell'altro che mi parla attraverso il suo volto, allora si stabilisce con lui una comunicazione, un dialogo e dunque una reciprocita'. Dunque, l'io non rimane in un atteggiamento di pura "passivita'", come pretende Levinas. Ma se conviene forse prendere qualche distanza da alcune delle sue formulazioni, cio', almeno a nostro avviso, non potrebbe arrivare a mettere in questione la verita' delle sue intuizioni. Queste, se noi vogliamo seguirle, ci conducono al cuore della vera filosofia, cioe' di una vera "saggezza d'amore", di una vera saggezza della bonta'. (Avremo presto l'occasione di ritornare a Levinas e di interrogarlo sulla questione dell'azione non violenta, senza che egli possa, secondo noi, darci una risposta soddisfacente).
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Note
31. Emmanuel Levinas, in François Poirie', Emmanuel Levinas, Besançon, Editions La Manufacture, 1992, p. 96.
32. Idem, ibidem, p. 90.
33. Idem, ibidem, p. 140.
34. Emmanuel Levinas, Ethique et Infini, Paris, Le Livre de Poche, 1992, Biblio-Essais, p. 121; trad. ital. a cura di E. Baccarini, Roma, Citta' Nuova 1984.
35. Emmanuel Levinas, Entre nous, Essais sur le penser-a'-l'autre, Paris, Grasset, 1991, p. 46.
36. Emmanuel Levinas, Totalite' et Infini, Essai sur l'exteriorite', Paris, Le Livre de Poche 1992, Biblio-Essais, p. 234.
37. Emmanuel Levinas, Ethique et Infini, op. cit., p. 101.
38. Emmanuel Levinas, Totalite' et Infini, op. cit., 31.
39. Emmanuel Levinas, Ethique et Infini, op. cit., p. 81.
40. Emmanuel Levinas, Totalite' et Infini, op. cit., p. 217.
41. Idem, ibidem, p. 223.
42. Emmanuel Levinas, Ethique et Infini, op. cit., p. 71.
43. Emmanuel Levinas, in François Poirie', Emmanuel Levinas, op. cit., p. 100.
44. Emmanuel Levinas, Difficile liberte', Paris, Le Livre de Poche, 1990, Biblio-Essais,  p. 21; tard. ital. parziale a cura di G. Penati, Difficile liberta'. Saggi sul giudaismo, La Scuola, Brescia 1986.
45. Idem, ibidem, p. 20.
46. Idem, ibidem, p. 19.
47. Emmanuel Levinas, Humanisme de l'autre homme,  Paris, Le Livre de Poche, 1994, Biblio-Essais, p. 52-53; trad. ital. Umanesimo dell'altro uomo, a cura di A. Moscato, il melangolo, Genova 1985.
48. Idem, ibidem, pp. 53-54.
49. Emmanuel Levinas, Ethique et Infini, op. cit., p. 97.
50. Emmanuel Levinas, Autrement qu'etre ou au-dela' de l'essence, Paris, Le Livre de Poche 1990, Biblio-Essais, p. 83; trad. ital. Altrimenti che essere o al di la' dell'essenza, a cura di S. Petrosino e M. T. Aiello, Jaca Book, Milano 1983.
51. Idem, ibidem, p. 190.
52. Emmanuel Levinas, Ethique et Infini, op. cit., p. 94-95.
53. Emmanuel Levinas, Autrement qu'etre ou au-dela' de l'essence, op. cit., p. 134.
54. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, trad. ital. di Pina Maiani, Sansoni, Firenze 1966, p. 415.
55. Emmanuel Levinas, Totalite' et Infini, op. cit., p. 342.
56. Idem, ibidem, p. 341.
57. Idem, ibidem, p. 277.
58. Emmanuel Levinas, Autrement qu'etre ou au-dela' de l'essence, op. cit., p. 253.
59. Emmanuel Levinas, Ethique et Infini, op. cit., p. 117-118.
60. Emmanuel Levinas, Entre nous, op. cit. p. 228.
61. Idem, ibidem, p. 10.
62. Emmanuel Levinas, Totalite' et Infini, op. cit., p. 275.
63. Emmanuel Levinas, Autrement qu'etre ou au-dela' de l'essence, op. cit., p. 205.
64. Paul Ricoeur, Soi-meme comme un autre, op. cit., p. 391.

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6. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Ingeborg Bachmann, Diario di guerra, Adelphi, Milano 2011, pp. 140.
- Ingeborg Bachmann, Il buon dio di Manhattan. Un negozio di sogni. Le cicale, Adelphi, Milano 1991, pp. 204.
- Ingeborg Bachmann, Il dicibile e l'indicibile. Saggi radiofonici, Adelphi, Milano 1998, pp. 158.
- Ingeborg Bachmann, Il trentesimo anno, Adelphi, Milano, Feltrinelli, Milano 1999, pp. 168.
- Ingeborg Bachmann, Invocazione all'Orsa Maggiore, SE, Milano 1994, Mondadori, Milano 1999, pp. XLII + 246.
- Ingeborg Bachmann, Letteratura come utopia. Lezioni di Francoforte, Adelphi, Milano 1993. pp. 136.
- Ingeborg Bachmann, Poesie, Guanda, Parma, Tea, Milano 1996, pp. 166.
- Ingeborg Bachmann, Tre sentieri per il lago, Adelphi, Milano 1980, Bompiani, Milano 1989, pp. 240.

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5307 del 29 agosto 2024
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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