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[Nonviolenza] Telegrammi. 5302
- Subject: [Nonviolenza] Telegrammi. 5302
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Fri, 23 Aug 2024 13:51:51 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5302 del 24 agosto 2024
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Tre minime descrizioni della nonviolenza e cinque perorazioni per il disarmo
2. Donne in Nero di Padova: Appunti per il convegno internazionale delle Donne in Nero del 31 agosto - 8 settembre 2024
3. Scriviamo al presidente statunitense Biden per chiedere la grazia per Leonard Peltier
4. Jean-Marie Muller: Premessa a "Il principio nonviolenza. Una filosofia della pace"
5. Segnalazioni librarie
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'
1. REPETITA IUVANT. TRE MINIME DESCRIZIONI DELLA NONVIOLENZA E CINQUE PERORAZIONI PER IL DISARMO
I. Tre minime descrizioni della nonviolenza
1. La nonviolenza non indossa il frac
La nonviolenza non la trovi al ristorante.
Non la incontri al circolo dei nobili.
Non frequenta la scuola di buone maniere.
E' sempre fuori dall'inquadratura delle telecamere delle televisioni.
La nonviolenza non fa spettacolo.
La nonviolenza non vende consolazioni.
La nonviolenza non guarda la partita.
E' nel conflitto che la nonviolenza agisce.
Dove vi e' chi soffre, li' interviene la nonviolenza.
Dove vi e' ingiustizia, li' interviene la nonviolenza.
Non la trovi nei salotti e nelle aule.
Non la trovi tra chi veste buoni panni.
Non la trovi dove e' lustra l'epidermide e non brontola giammai lo stomaco.
La nonviolenza e' dove c'e' la lotta per far cessare tutte le violenze.
La nonviolenza e' l'umanita' in cammino per abolire ogni sopraffazione.
Non siede nel consiglio di amministrazione.
Non si abbuffa coi signori eccellentissimi.
Non ha l'automobile, non ha gli occhiali da sole, non ha il costume da bagno.
Condivide la sorte delle oppresse e degli oppressi.
Quando vince rinuncia a ogni potere.
Non esiste nella solitudine.
Sempre pensa alla liberta' del prossimo, sempre pensa al riscatto del vinto,
sempre pensa ad abbattere i regimi e di poi a riconciliare gli animi.
Sa che il male e' nella ricchezza, sa che il bene e' la condivisione;
sa che si puo' e si deve liberare ogni persona e quindi questo vuole:
la liberta' di tutte, la giustizia, la misericordia.
La nonviolenza e' l'antibarbarie.
La nonviolenza e' il riconoscimento della dignita' di ogni essere vivente.
La nonviolenza e' questa compassione: sentire insieme, voler essere insieme,
dialogo infinito, colloquio corale, miracolo dell'incontro e della nascita;
l'intera umanita' unita contro il male e la morte;
si', se possiamo dirlo in un soffio e in un sorriso: tutti per uno, uno per tutti.
La nonviolenza e' la lotta che salva.
Ha volto e voce di donna, sa mettere al mondo il mondo,
il suo tocco risana le ferite, i suoi gesti sono limpida acqua, i suoi atti recano luce;
sempre lotta per la verita' ed il bene, usa solo mezzi coerenti
con il fine della verita' e del bene.
Sa che il mondo e' gremito di persone, cosi' fragili, smarrite e sofferenti.
Sa che la sua lotta deve esser la piu' ferma; e deve essere la piu' delicata.
Quando la plebe all'opra china si rialza: li' e' la nonviolenza.
Quando lo schiavo dice adesso basta, li' e' la nonviolenza.
Quando le oppresse e gli oppressi cominciano a lottare
per un'umanita' di persone tutte libere ed eguali in diritti,
li', li' e' la nonviolenza.
Quando ti svegli ed entri nella lotta, la nonviolenza gia' ti viene incontro.
La nonviolenza e' una buona cosa.
E' questa buona cosa che fai tu quando fai la cosa giusta e necessaria.
*
2. Breve litania della nonviolenza
La nonviolenza non e' la luna nel pozzo.
La nonviolenza non e' la pappa nel piatto.
La nonviolenza non e' il galateo del pappagallo.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' la ciancia dei rassegnati.
La nonviolenza non e' il bignami degli ignoranti.
La nonviolenza non e' il giocattolo degli intellettuali.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il cappotto di Gogol.
La nonviolenza non e' il cavallo a dondolo dei generali falliti.
La nonviolenza non e' la Danimarca senza il marcio.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' l'ascensore senza bottoni.
La nonviolenza non e' il colpo di carambola.
La nonviolenza non e' l'applauso alla fine dell'atto terzo.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il museo dell'esotismo.
La nonviolenza non e' il salotto dei perdigiorno.
La nonviolenza non e' il barbiere di Siviglia.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' la spiritosaggine degli impotenti.
La nonviolenza non e' la sala dei professori.
La nonviolenza non e' il capello senza diavoli.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il ricettario di Mamma Oca.
La nonviolenza non e' l'albero senza serpente.
La nonviolenza non e' il piagnisteo di chi si e' arreso.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' la quiete dopo la tempesta.
La nonviolenza non e' il bicchiere della staffa.
La nonviolenza non e' il vestito di gala.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il sapone con gli gnocchi.
La nonviolenza non e' il film al rallentatore.
La nonviolenza non e' il semaforo sempre verde.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il jolly pescato nel mazzo.
La nonviolenza non e' il buco senza la rete.
La nonviolenza non e' il fiume dove ti bagni due volte.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' l'abracadabra degli stenterelli.
La nonviolenza non e' il cilindro estratto dal coniglio.
La nonviolenza non e' il coro delle mummie del gabinetto.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' niente che si veda in televisione.
La nonviolenza non e' niente che si insegni dalle cattedre.
La nonviolenza non e' niente che si serva al bar.
La nonviolenza e' solo la lotta contro la violenza.
*
3. Della nonviolenza dispiegata al sole ad asciugare
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza la politica necessaria.
Chiamiamo nonviolenza l'occhio che vede e piange.
Chiamiamo nonviolenza la lotta per l'abolizione di tutte le guerre.
Chiamiamo nonviolenza la lotta che abroga ogni servitu'.
Chiamiamo nonviolenza questo accampamento notturno nel deserto.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza l'amicizia che non tradisce.
Chiamiamo nonviolenza il ponte di corda teso sull'abisso.
Chiamiamo nonviolenza la fine della paura della morte.
Chiamiamo nonviolenza la fine della minaccia della morte.
Chiamiamo nonviolenza aver visto e alba e tramonto con limpido cuore.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il tappeto volante.
Chiamiamo nonviolenza il voto unanime per la salvezza degli assenti.
Chiamiamo nonviolenza il cielo stellato.
Chiamiamo nonviolenza il rispetto della vita altrui.
Chiamiamo nonviolenza il sonno dei giusti e dei giusti la veglia.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il silenzio che non spaventa.
Chiamiamo nonviolenza la telefonata che ferma l'esecuzione.
Chiamiamo nonviolenza il libro che ti fa ridere e piangere.
Chiamiamo nonviolenza il viaggio senza bagagli.
Chiamiamo nonviolenza il suono dell'arcobaleno.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il pasto in comune.
Chiamiamo nonviolenza il miracolo della nascita.
Chiamiamo nonviolenza la voce che risponde.
Chiamiamo nonviolenza la porta che si apre allo straniero.
Chiamiamo nonviolenza la lotta contro la violenza.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il dono e la rinuncia.
Chiamiamo nonviolenza la leggerezza sui corpi.
Chiamiamo nonviolenza la parola che suscita le praterie.
Chiamiamo nonviolenza il soffio che estingue gli incendi.
Chiamiamo nonviolenza l'infinito respiro del mare.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza l'umanita' come dovrebbe essere.
Chiamiamo nonviolenza la coscienza del limite.
Chiamiamo nonviolenza il ritrovamento dell'anello di Salomone.
Chiamiamo nonviolenza gl'immortali principi dell'Ottantanove.
Chiamiamo nonviolenza l'ironia e la pazienza.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il riconoscimento della pluralita' delle persone e dei mondi.
Chiamiamo nonviolenza la distruzione di tutte le armi assassine.
Chiamiamo nonviolenza non nascondere la nostra ignoranza.
Chiamiamo nonviolenza rifiutarsi di mentire.
Chiamiamo nonviolenza la scelta di fare la cosa che salva le vite.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza una giornata di sole sulla strada.
Chiamiamo nonviolenza la scuola di Spartaco e della Rosa Rossa.
Chiamiamo nonviolenza la certezza morale del figlio della levatrice.
Chiamiamo nonviolenza la legge nuova del figlio del falegname.
Chiamiamo nonviolenza le tre ghinee di Virginia.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza questo atto di riconoscimento e di riconoscenza.
Chiamiamo nonviolenza il giro della borraccia.
Chiamiamo nonviolenza questo colloquio corale.
Chiamiamo nonviolenza la Resistenza antifascista.
Chiamiamo nonviolenza l'uscita dallo stato di minorita'.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza parlare e ascoltare.
Chiamiamo nonviolenza la stazione sempre aperta.
Chiamiamo nonviolenza lo specchio e la sorgente.
Chiamiamo nonviolenza sentire il dolore degli altri.
Chiamiamo nonviolenza prendersi cura del mondo.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
* * *
II. Cinque perorazioni per il disarmo
1. La prima politica e' il disarmo
La prima politica e' il disarmo
sostituire all'arte dell'uccidere
quella severa di salvare le vite
Senza disarmo il mondo tutto muore
senza disarmo le nuvole si ghiacciano
le lacrime diventano veleno
si crepano i marmi ne escono draghi
Senza disarmo ogni parola mente
senza disarmo ogni albero si secca
l'aria non porta piu' i suoni
la polvere colma i polmoni
Senza disarmo piovono scorpioni
senza disarmo in ogni piatto e' vomito
dal rubinetto esce sale e vetro
le scarpe stritolano le ossa dei piedi
Solo il disarmo frena le valanghe
solo il disarmo risana le ferite
solo il disarmo salva le vite
Salvare le vite e' il primo dovere
salvare le vite
il primo dovere
*
2. Piccolo dittico delle armi e del disarmo
I.
Le armi sanno a cosa servono
le armi non sbagliano la mira
le armi odiano le persone
quando le ammazzano poi vanno all'osteria
a ubriacarsi e a cantare fino all'alba
Le armi bevono il sangue
le armi mettono briglie e sella alle persone
poi le cavalcano fino a sfiancarle
affondano gli speroni per godere dei sussulti
della carne che soffre
Le armi non sentono ragione
una sola cosa desiderano: uccidere
e poi ancora uccidere
uccidere le persone
tutte le persone
Le armi la sanno lunga
fanno bella figura in televisione
sorridono sempre
parlano di cose belle
promettono miliardi di posti di lavoro
e latte e miele gratis per tutti
Le armi hanno la loro religione
hanno la scienza esatta degli orologi
hanno l'arte sottile del pennello
e del bulino e la sapienza grande
di trasformare tutto in pietra e vento
e della loro religione l'unico
articolo di fede dice: nulla
e nulla e nulla e nulla e nulla e nulla
e tutto ha da tornare ad esser nulla
Le armi ci guardano dal balcone
mentre ci affaccendiamo per le strade
ci fischiano e poi fanno finta di niente
ci gettano qualche spicciolo qualche caramella
cerini accesi mozziconi scampoli
di tela e schizzi di vernice e polpette
con dentro minuscole schegge di vetro
Sanno il francese hanno tutti i dischi
raccontano di quando in mongolfiera
e delle proprieta' nelle colonie d'oltremare
e delle ville tutte marmi e stucchi
t'invitano nel loro palco all'opera
ti portano al campo dei miracoli
Sanno le armi come farsi amare
e passo dopo passo addurti dove
hanno allestito la sala del banchetto
II.
Senza disarmo i panni stesi non si asciugano
senza disarmo la pizza diventa carbone
senza disarmo hai freddo anche con tre cappotti
Senza disarmo il fazzoletto ti strappa la mano
senza disarmo la maniglia della porta ti da' la scossa
senza disarmo le scarpe ti mangiano i piedi
Senza disarmo l'aria t'avvelena
senza disarmo il caffe' diventa sterco
senza disarmo dallo specchio uno ti spara
Senza disarmo il letto e' tutto spine
senza disarmo scordi tutte le parole
senza disarmo e' buio anche di giorno
Senza disarmo ogni casa brucia
senza disarmo quel che tocchi ghiaccia
senza disarmo tutto e' aceto e grandine
Senza disarmo la guerra non finisce
Senza disarmo finisce l'umanita'
*
3. In quanto le armi
In quanto le armi servono a uccidere
le persone, l'esistenza delle armi
e' gia' una violazione dei diritti umani.
Solo il disarmo salva le vite
solo il disarmo rispetta e difende gli esseri umani
solo il disarmo riconosce e restituisce
umanita' all'umanita'.
Solo con il disarmo
la civilta' rinasce
il sole sorge ancora
fioriscono i meli
tornano umani gli esseri umani.
*
4. Del non uccidere argomento primo
Si assomigliano come due fratelli
Abele e Caino, nessuno dei due
sa chi sara' la vittima, chi l'assassino.
Non c'e' netto un confine
tra bene e male
e l'occhio non distingue
zucchero e sale.
In questo laborioso labirinto
che non ha uscita
non esser tu del novero di quelli
che ad altri strappano la breve vita.
Mantieni l'unica vera sapienza:
come vorresti esser trattato tu
le altre persone tratta.
Da te l'umanita' non sia disfatta.
Sull'orlo dell'abisso scegli sempre
di non uccidere, di opporti a ogni uccisione,
ad ogni guerra, ogni arma, ogni divisa:
ogni plotone e' di esecuzione.
Non c'e' netto un confine
tra bene e male
e l'occhio non distingue
zucchero e sale.
Si assomigliano come due fratelli
Abele e Caino, nessuno dei due
sa chi sara' la vittima, chi l'assassino.
*
5. Poiche' vi e' una sola umanita'
Poiche' vi e' una sola umanita'
noi dichiariamo che ogni essere umano
abbia rispetto e solidarieta'
da chiunque altro sia essere umano.
Nessun confine puo' la dignita'
diminuire umana, o il volto umano
sfregiare, o denegar la qualita'
umana propria di ogni essere umano.
Se l'edificio della civilta'
umana ha un senso, ed esso non e' vano,
nessuno allora osi levar la mano
contro chi chiede ospitalita'.
Se la giustizia e se la liberta'
non ciancia, bensi' pane quotidiano
hanno da essere, cosi' il lontano
come il vicino merita pieta'.
Nel condividere e' la verita'
ogni volto rispecchia il volto umano
nel mutuo aiuto e' la felicita'
ogni diritto e' un diritto umano.
Se vero e' che tutto finira'
non prevarra' la morte sull'umano
soltanto se la generosita'
sara' la legge di ogni essere umano.
La nonviolenza e' questa gaia scienza
che lotta per salvar tutte le vite
la nonviolenza e' questa lotta mite
e intransigente contro ogni violenza.
2. DOCUMENTAZIONE. DONNE IN NERO DI PADOVA: APPUNTI PER IL CONVEGNO INTERNAZIONALE DELLE DONNE IN NERO DEL 31 AGOSTO - 8 SETTEMBRE 2024
[Attraverso la mailing list delle Donne in Nero riceviamo e diffondiamo]
Negli ultimi anni le nostre attivita', portate avanti da noi sole o assieme ad altre associazioni, sono state sit-in, con cadenza almeno mensile, incontri pubblici, dibattiti, presentazione di libri, mostre aventi come temi l'opposizione alle guerre, il netto rifiuto delle armi nucleari, la ricerca della pace, la follia degli armamenti con spese militari sempre in crescita, i rischi ecologici del nostro pianeta. In particolare dal settembre 2022 ci siamo impegnate in iniziative (incontri con agricoltori palestinesi, cene palestinesi, presentazione di libri, film, mostre) aventi come focus la cultura palestinese, convinte della necessita' di valorizzarne i vari aspetti che cooperano a formare l'identita' palestinese, in un tempo in cui Israele cerca di eliminare l'esistenza dei palestinesi nella loro terra, minandone innanzi tutto l'identita' (vedi la distruzione degli archivi storici, ultimo quello di Gaza).
Da febbraio 2022, con lo scoppio della guerra in Ucraina, periodicamente, da sole o con altre associazioni, abbiamo chiesto di cessare il fuoco e di aprire le trattative fra Ucraina e Russia e abbiamo dato voce ogni volta possibile alle donne e agli uomini di entrambi i paesi che fin dall'inizio si sono opposti alla guerra rischiando di persona.
Dall'inizio di quest'anno i nostri sit-in si sono fatti piu' frequenti, con cadenza almeno settimanale, e avevano come costante la richiesta di CESSARE IL FUOCO in tutte le guerre e di STOP GENOCIDIO a Gaza.
L'interesse del gruppo DiN di Padova verso l'ecopacifismo, i cambiamenti climatici e, in particolare, il loro legame con le guerre risale almeno al 2019.
E' stata innanzitutto Rosalie Bertell con il suo Pianeta Terra, l'ultima arma di guerra, a farci intravedere i pericoli di nuove tecnologie applicate al militare, sia nel presente che in una prospettiva futura, partendo dagli effetti delle armi atomiche utilizzate o sperimentate.
La pandemia ci ha reso ancora piu' consapevoli della fragilita' dei viventi e dei nostri limiti. Donna Haraway, nel suo fondamentale testo Chtulucene, sottolinea come tutto e' interconnesso, tutto e' contaminato, tutto ci riguarda. Restare a contatto con i problemi richiede la capacita' di essere veramente nel presente in quanto creature mortali interconnesse in una miriade di configurazioni; richiede la capacita' di generare parentele di natura imprevista attraverso collaborazioni e combinazioni inventive: pratica necessaria per imparare a vivere e a morire bene, l'uno con l'altro, in un presente cosi' denso. Anche Isabelle Stengers (Al tempo delle catastrofi) ci ricorda che Gaia, il nostro pianeta vivente, e' il concatenarsi di relazioni strettamente connesse tra i viventi, gli oceani, l'atmosfera, il clima, i suoli piu' o meno fertili, ed e' il prodotto di una storia di coevoluzione, i cui primi artigiani, nonche' i veri, perpetui autori, furono innumerevoli popoli di microrganismi. Gaia deve essere riconosciuta come un essere e non assimilata ad una somma di processi, e' un essere: dotata non soltanto di una storia, ma anche di un regime proprio di attivita' e sensibilita', i cui processi costitutivi si legano l'uno all'altro in modi molteplici e aggrovigliati, tali che la variazione di uno ha ripercussioni differenti sugli altri.
Le guerre degli ultimi anni, con le profonde devastazioni dei territori sede dei conflitti, con l'elevato contributo delle armi usate al cambiamento climatico, gia' causa dei numerosi fenomeni estremi in tutto il mondo, hanno confermato la necessita' impellente di riconoscere la nostra comune partecipazione alla vita del pianeta.
Molto preoccupante e' per noi l'aumento delle spese per gli armamenti, cresciuto costantemente negli ultimi dieci anni. Nel 2023 la spesa militare globale totale ha raggiunto il nuovo record di 2.443 miliardi di dollari, con un aumento del 6,8% in termini reali rispetto al 2022 (dati SIPRI). Tra le aree che hanno registrato il maggior aumento ci sono i Paesi europei della NATO. Nel 2022, la spesa militare dell'UE e dei Paesi europei della NATO ha raggiunto i 346 miliardi di dollari, con un aumento di quasi il 2% in termini reali rispetto al 2021 e di quasi il 30% rispetto al punto di minimo del 2014: quasi quattro volte la spesa della Russia. Oltre alle spese militari nazionali, l'Unione Europea ha aumentato esponenzialmente il proprio bilancio in armamenti in pochi anni. Mentre i Trattati europei per lungo tempo hanno escluso l'uso del bilancio comunitario per attivita' di questo tipo, oggi l'UE destina almeno il 2% del suo bilancio a scopi militari. Francia, Italia, Spagna e Germania sono i Paesi ricevono quasi i 2/3 del budget stanziato finora dal Fondo europeo per la Difesa, ovvero le quattro principali potenze militari dell'UE e tra i maggiori esportatori di armi al mondo. In Italia, l'aumento della spesa militare del 2024 e' trainato dal bilancio del Ministero della Difesa, che quest'anno superera' per la prima volta i 29 miliardi di euro, con una crescita del 5,1% rispetto al 2023 e del 12,5% in due anni.
Le donne in Nero chiedono pace con giustizia. Cosa significa in questo momento per l'Ucraina, per la Palestina, per tutti gli altri paesi, come il Sudan, il Nagorno-Karabah, in cui il conflitto armato non e' sotto i riflettori dei media? Vediamo come esempio la Palestina. Nel corso di quest'anno le istituzioni del Diritto Internazionale si sono espresse chiaramente:
- In gennaio la Corte internazionale di Giustizia (nota anche come Tribunale internazionale dell'Aia) ha riconosciuto che l'accusa di genocidio portata avanti dal Sud Africa nei confronti di Israele per le azioni belliche e per il blocco degli aiuti umanitari a Gaza e' quantomeno plausibile.
- In questo mese di luglio sempre la Corte internazionale di Giustizia ha dichiarato illegale la politica di occupazione di Israele in Cisgiordania e a Gerusalemme Est con la creazione degli insediamenti israeliani e ha ordinato a Israele di pagare "risarcimenti completi".
- In maggio alla Corte Penale Internazionale il Procuratore Capo ha ipotizzato l'esistenza di "crimini di guerra" e di "crimini contro l'umanita'" nei confronti di Israele e di Hamas e ha chiesto l'emissione di mandati di cattura per Netanyahu, per il ministro della Difesa Gallant e per quattro esponenti di Hamas.
Apprezziamo queste decisioni, ma non bastano per realizzare una pace con giustizia. Israele deve riconoscere le ingiustizie perpetrate sui palestinesi dal '48, come fanno anche alcune realtA' israeliane-palestinesi, come ad esempio i Parent's Circle o i Combattenti per la pace.
Ci chiediamo, pero', che peso hanno queste realta'? Sono ancora presenti realta' di donne israeliane e palestinesi che ricercano la pace con giustizia? Non abbiamo sufficienti informazioni e non riusciamo a stabilire qualche contatto che non sia sporadico.
E ancora. Quali azioni possono avere efficacia o, quanto meno, risonanza? Le Donne in Nero in tutto il mondo si muovono, ma non ci sono collegamenti stabili e manca la spinta ad azioni comuni che potrebbero avere maggiore effetto. Le azioni sono spesso frammentate e risultano quindi poco incisive. Avvertiamo la necessita' di un coordinamento comune.
Il mancato rispetto dei fondamentali diritti umani, del diritto internazionale e il ricorso alla guerra per la soluzione dei conflitti internazionali rischia di far precipitare verso il baratro l'umanitA' intera, verso la terza guerra mondiale. Ecco perche' e' fondamentale agire congiuntamente per fermare questa follia.
3. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO AL PRESIDENTE STATUNITENSE BIDEN PER CHIEDERE LA GRAZIA PER LEONARD PELTIER
Scriviamo al presidente statunitense Biden per chiedere la grazia per Leonard Peltier.
E' consuetudine dei presidenti statunitensi giunti a fine mandato di concedere la grazia ad alcuni detenuti.
Leonard Peltier e' un illustre attivista nativo americano, difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e della Madre Terra.
Leonard Peltier, che a settembre compira' 80 anni, da 48 anni e' detenuto per un crimine che non ha commesso.
Leonard Peltier e' gravemente malato, e le sue malattie non possono essere curate adeguatamente in carcere.
Affinche' non muoia in carcere un uomo innocente, affinche' Leonard Peltier possa tornare libero e trascorrere con i suoi familiari questo poco tempo che gli resta da vivere, la cosa piu' importante ed urgente da fare adesso e' scrivere a Biden per chiedere che conceda la grazia a Leonard Peltier.
*
Per scrivere a Biden la procedura e' la seguente.
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: scrivere un breve testo (di seguito una traccia utilizzabile):
Egregio Presidente degli Stati Uniti d'America,
le scriviamo per chiederle di concedere la grazia al signor Leonard Peltier.
Leonard Peltier ha quasi 80 anni ed e' affetto da plurime gravi patologie che non possono essere adeguatamente curate in carcere: gli resta poco da vivere.
Leonard Peltier ha subito gia' 48 anni di carcere per un delitto che non ha commesso: la sua liberazione e' stata chiesta da Nelson Mandela e da madre Teresa di Calcutta, dal Dalai Lama e da papa Francesco, da Amnesty International, dal Parlamento Europeo, dall'Onu, da milioni di esseri umani.
Egregio Presidente degli Stati Uniti d'America,
restituisca la liberta' a Leonard Peltier; non lasci che muoia in carcere un uomo innocente.
Distinti saluti.
*
Sollecitiamo chi legge questo comunicato ad aderire all'iniziativa e a diffondere l'informazione.
Free Leonard Peltier.
Mitakuye Oyasin.
4. TESTI. JEAN-MARIE MULLER: PREMESSA A "IL PRINCIPIO NONVIOLENZA. UNA FILOSOFIA DELLA PACE"
[Da Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza. Una filosofia della pace, Plus - Pisa University Press, Pisa 2004 (traduzione italiana di Enrico Peyretti dell'edizione originale Le principe de non-violence. Parcours philosophique, Desclee de Brouwer, Paris 1995) riproponiamo la Premessa alle pp. 21-27. Ringraziamo di cuore Enrico Peyretti per averci messo a disposizione la sua traduzione]
La violenza e' la materia prima dell'attualita'. Essa e' il migliore ingrediente del sensazionale. Ogni giorno noi siamo informati delle violenze che qui o la' nel mondo brutalizzano e assassinano i nostri simili.
L'informazione alla quale noi siamo sottomessi fa di noi dei voyeurs, dei guardoni che guardano gli altri morire e soffrire. Noi non abbiamo piu' molta distanza dall'avvenimento che si svolge sotto i nostri occhi in tempo reale. Ma senza questa presa di distanza non c'e' piu' posto per il pensiero. I mezzi di comunicazione di massa non ci informano sulle ragioni e sui rischi della violenza, ma sulla violenza stessa. Essi non suscitano un'opinione pubblica ma un'emozione pubblica.
Le violenze che fanno l'attualita' hanno delle spiegazioni circostanziate relative alle situazioni economiche e politiche nelle quali esse avvengono, ma tutte si radicano in cio' che si puo' chiamare una "cultura della violenza". Nel confronto tra le culture che ha luogo dappertutto nel mondo e in ogni societa', e' usuale fare appello alla mutua tolleranza. Si fa notare che se noi facciamo lo sforzo di conoscerci meglio e di comprendere meglio la cultura degli altri, noi scopriremo cio' che ciascuna cultura racchiude di grandezza e di nobilta'. E si afferma che per vivere in pace gli uni con gli altri noi dobbiamo accettare le nostre differenze. Tutto questo e' vero, ma soltanto in parte, poiche' non sono forse piuttosto le nostre somiglianze che generano i nostri conflitti, le nostre questioni e le nostre lotte? Non e' forse per il fatto che noi ci imitiamo gli uni gli altri che ci ritroviamo continuamente in guerra gli uni contro gli altri? Non e' forse perche' le nostre culture sono ugualmente impregnate dalla "ideologia della violenza" che noi siamo in permanenza sul punto di ucciderci gli uni gli altri? In realta', l'ideologia della violenza necessaria legittima e onorevole tende a cancellare le differenze tra le diverse culture e fa venire in luce delle somiglianze spaventose. Le nostre culture si assomigliano perche' esse sono tutte culture della violenza. E' per questo, per vivere in pace le une con le altre, che non si tratta tanto di accettare le nostre differenze, quanto di rifiutare le nostre somiglianze.
Una delle insistenze prioritarie di questo libro sara' di analizzare e fare la critica radicale di cio' che noi chiamiamo la "cultura della violenza" e "l'ideologia della violenza". Poi noi apriremo le prospettive di una "filosofia della nonviolenza" e di una "cultura della nonviolenza" di cui ci sforzeremo di precisare i fondamenti e gli elementi.
A guardare la storia, puo' sembrare che la violenza pesi sull'umanita' come una fatalita'. Se l'uomo fosse un animale sarebbe il piu' crudele degli animali. Ma l'uomo e' un essere dotato di ragione ed e' precisamente per questo che egli e' il piu' crudele degli esseri viventi. Se l'uomo non fosse dotato di ragione, non sarebbe stato capace di programmare scientemente e scientificamente le tragedie di Auschwitz, di Hiroshima e dell'arcipelago Gulag. E tante altre tragedie sono avvenute attraverso il mondo prima e dopo queste che possono tutte ugualmente essere simbolo dell'orrore e della violenza organizzata dell'uomo contro l'uomo. Come puo' la coscienza umana non rivoltarsi al ricordo di tutte queste violenze e di tutte le persone il cui volto attraverso il corso dei secoli è stato sfigurato dal ferro e dal fuoco? E' lo scandalo di questa violenza esercitata da uomini su altri uomini che mette in movimento il pensiero filosofico; e' la certezza che questo male non deve essere che provoca la riflessione. Noi vogliamo sostenere che la rivolta del pensiero davanti alla violenza che fa soffrire gli uomini e' l'atto fondatore della filosofia. Noi vogliamo affermare che il rifiuto di ogni legittimazione di questa violenza fonda il principio di nonviolenza.
La cultura e', secondo la definizione che ne ha dato Marcel Mauss "l'insieme delle forme acquisite di comportamento nelle societa' umane" (1). E' per questo che noi parliamo di "cultura della violenza" per dire che gli individui, sotto l'effetto dell'influenza sociale, orientano il loro comportamento privilegiando la violenza come mezzo normale per difendere la loro comunita' di fronte alle minacce che pesano su di essa. La cultura coltiva la violenza (coltivare viene dal latino colere che significa nello stesso tempo coltivare ed onorare) inculcando negli individui l'idea che essa e' la virtu' dell'uomo forte, dell'uomo coraggioso, dell'uomo d'onore che assume il rischio di morire per difendere i valori che danno un senso alla sua vita. Nell'immaginario dei popoli, l'eroe e' colui che ha preso le armi per difendere la patria contro i barbari. E la societa' innalza statue e rende un culto ai suoi eroi. La cultura circonda la violenza di prestigio, ma, precisamente, dire che la violenza e' prestigiosa e' riconoscere (secondo il significato etimologico di questa parola che viene dal latino praestigiosus, "che fa illusione") che essa e' illusoria, cioe' che essa inganna coloro che cedono alla sua tentazione. Ma da quando degli uomini hanno cominciato a versare il loro sangue per una causa, questa, qualunque essa sia, diventa sacra. Sara' per loro necessario continuare sempre a versare il loro sangue affinche' non si possa dire che le prime vittime hanno versato il loro invano. E' la violenza in definitiva che sacralizza la causa e non il contrario. Cosi' Zarathustra proclama ai suoi "fratelli" nella guerra: "Voi dite che la buona causa santifica persino la guerra? Io vi dico: e' la buona guerra che santifica ogni causa" (2). Se la violenza e' sacralizzata, la nonviolenza non puo' essere che sacrilegio e colui che vi si appella merita l'anatema.
Una delle manifestazioni piu' significative della nostra cultura della violenza e' l'importanza considerevole degli investimenti intellettuali consentiti nell'attivita' delle nostre societa' per la fabbricazione delle armi in vista di organizzare l'omicidio di massa dei nostri simili, e noi siamo a tal punto "coltivati" che questa produzione di armi non soltanto non ci scandalizza, ma nemmeno ci stupisce. Noi abbiamo d'altra parte a nostra disposizione una quantita' di argomenti per giustificare questo fatto.
La cultura della violenza ha bisogno di riferirsi a una costruzione razionale che permetta agli individui di giustificare la violenza. E' qui che interviene la "ideologia della violenza”. La sua funzione e' quella di costruire una rappresentazione della violenza che evita di vedere cio' che essa e' effettivamente: inumana e scandalosa. L'ideologia della violenza mira ad occultare cio' che la violenza ha di irrazionale ed inaccettabile e a farne prevalere una rappresentazione razionale accettabile. Si tratta di dissimulare la realta' scandalosa della violenza attraverso una rappresentazione che la valorizzi positivamente. Lo scopo ricercato - e spesso raggiunto - e' la banalizzazione della violenza. Invece di essere bandita - dichiarata fuori legge - la violenza e' banalizzata - dichiarata conforme alla legge. Da questo momento, piu' nessun freno intellettuale si opporra' all'uso della violenza.
"La morale, scrive Emmanuel Levinas, non appartiene alla cultura: essa permette di giudicarla" (3). Per poter giudicare la cultura, e' importante dunque sospendere la nostra adesione ai giudizi che la cultura ci ha inculcato. Difficile impresa, che esige di prendere una distanza dalla nostra cultura per disapprendere quello che noi abbiamo appreso, per rinnovare il nostro sguardo sull'uomo e sul mondo, per ri-pensare il nostro pensiero. Si tratta di rimettere in causa i nostri saperi per rimettere ordine nelle nostre idee. Si tratta di mettere in dubbio le nostre credenze per ri-prendere coscienza, per ri-prendere conoscenza. Ma in nome di quali criteri e di quali esigenze? In nome della filosofia? Ma dove scoprire la sorgente della filosofia se non ancora nella nostra cultura? Sarebbe illusorio pretendere di sfuggire ad ogni influenza, ma forse e' possibile prendere la misura delle influenze culturali alle quali noi siamo stati sottomessi - esse sono molteplici e contraddittorie - e di discernere quelle che sono delle aperture verso una maggiore luce, che sono portatrici di senso, e quelle al contrario che sono delle chiusure e degli accecamenti. Forse e' possibile scegliere le nostre influenze. L'uomo deve fare questa scommessa, che egli non e' un essere determinato sottomesso alla fatalita'. Egli non e' libero, egli non nasce libero, ma puo' conquistare la propria liberta'. La liberta' e' sempre un inizio, un ri-cominciamento. Come ultima risorsa, l'uomo non ha altra scelta che farsi lui stesso giudice della verita' che da' senso alla sua vita. Egli non potrebbe senza dimissionare dalla sua responsabilita' sottomettersi a una qualunque autorita' esteriore che gli detti la verita'. Per diventare responsabile ed autonomo egli non puo' far altro che affidarsi alla sua propria ragione e non alle ragioni degli altri. Poiche' e' un essere ragionevole, l'uomo ha la facolta' di liberarsi poco a poco dai condizionamenti e dalle chiusure della cultura per costruire poco a poco il suo pensiero, la sua morale, la sua filosofia.
Noi abbiamo preso l'abitudine di mettere le violenze che condanniamo sul conto degli estremismi. Ma questi estremismi che noi rifiutiamo non sono possibili che grazie alle ortodossie che noi accettiamo. Per definizione, l'estremista e' il partigiano di una dottrina spinta fino alle sue conseguenze estreme, e cio' significa che esiste un legame tra questa dottrina e le ragioni degli estremisti. L'ortodossia della dottrina alla quale questi si riferiscono non e' innocente dei misfatti e dei crimini ai quali essi si abbandonano. Gli estremismi di cui noi vediamo dappertutto gli effetti distruttivi non possono esistere che per il fatto che essi prendono dalle ortodossie gli argomenti per la loro propaganda. Certo, essi esagerano, ma precisamente cio' che essi esagerano, cioe' ingrandiscono e amplificano, sono i principi dell'ortodossia. E' l'ortodossia che offre la materia prima dell'esagerazione dell'estremismo; e' essa che gli fornisce i pretesti che servono a giustificare i suoi eccessi. Le ortodossie portano cosi' il germe e nutrono esse stesse le escrescenze degli estremismi. Giustificando "l'uso ragionevole della violenza", le ortodossie giustificano gia' l'abuso degli estremismi. Poiche' la violenza non e' ragionevole ed e' in se stessa un abuso. La violenza che si crede legata pacificamente dentro l'ortodossia si risveglia da un momento all'altro, si scatena e diventa orrenda. Ma proprio l'ortodossia e' il suo campo base da cui essa dirige le sue operazioni criminali. Per combattere la violenza degli estremismi bisogna arrivare a braccarla e stanarla nei punti precisi dove essa si ripara nel seno delle ortodossie.
L'ideologia nazionalista che insegna il disprezzo dello straniero si appoggia sul culto della patria che esalta l'identita' nazionale dei popoli. Lo stato totalitario pretende di fondare la sua legittimita' sulla dottrina della democrazia che attribuisce allo stato il monopolio della violenza legittima. La guerra totale fonda la sua giustificazione sulla dottrina della guerra giusta che legittima e onora la violenza e l'omicidio dal momento che essi sono al servizio di una causa giusta. L'integrismo religioso si radica nell'ortodossia delle religioni che professano una dottrina della violenza legittima.
Percio' non e' possibile sconfessare, ricusare e disarmare gli estremismi senza rimettere in causa le ortodossie che forniscono loro le giustificazioni. Per spezzare la logica di violenza degli estremismi, noi dobbiamo cominciare col rompere con tutto cio' che nella nostra propria cultura, legittima e onora la violenza come la virtu' dell'uomo forte. Questa rottura sara' dolorosa, perche' essa dovra' avvenire in profondita'. Noi scopriremo che per rompere con la cultura della violenza si tratta in definitiva di rompere con la nostra stessa cultura. Ed e' estremamente difficile rifiutare la tradizione che ci e' stata trasmessa come una eredita' sacra. Anche quando noi avremo acquisito la convinzione che questa rottura e' necessaria per delegittimare definitivamente la violenza, essa ci apparira' ancora, in qualche misura, come un rinnegamento, come una abiura. Soprattutto, essa sara' sentita come un sacrilegio dagli altri, da quelli che vorranno difendere la tradizione. Questo senso di sacrilegio sara' raddoppiato quando, come e' spesso il caso, l'ideologia della violenza sara' coniugata con una dottrina religiosa. Quelli che vorranno difendere la sana dottrina denunceranno ogni rottura come un'eresia e non mancheranno di gettare l'anatema sugli infedeli.
Le tradizioni di cui noi siamo gli eredi, mentre hanno dato un grande e bello spazio alla violenza, non hanno praticamente accordato alcuno spazio alla nonviolenza, fino al punto di ignorarne il nome. Tuttavia, in ciascuna delle nostre tradizioni ci sono dei punti di appoggio sui quali noi possiamo fondare una saggezza della nonviolenza. Ciascuna delle nostre tradizioni, in effetti, porta in se stessa dei "valori" che conferiscono ad ogni uomo dignita', grandezza e nobilta', e che domandano che ogni uomo sia rispettato e amato. Per se stessi, questi valori vengono a contraddire la pretesa della violenza di dominare la vita degli uomini e delle societa'. In ciascuna delle nostre culture, in un momento o in un altro, si sono trovate delle donne e degli uomini che hanno avuto la forza di entrare in dissenso dai loro contemporanei per affermare il primato di questi valori sopra le pretese della violenza. Ma, il piu' delle volte, questi valori si sono trovati largamente coperti e sopraffatti dalle scorie dell'ideologia della violenza e, per questo fatto, sono stati negati e rinnegati. E' nella fedelta' a questi valori, dal momento in cui saranno purificati da ogni mescolanza, che ciascuno di noi puo' convincersi che l'esigenza della nonviolenza fonda l'umanita' dell'uomo. E noi scopriremo che questa fedelta' ci condurra' al di la' della rottura che avremo operato, ci condurra' nel cuore stesso della nostra cultura.
Cosi', ciascuno di noi, se vuole uscire dalla logica della violenza ed entrare nella dinamica della nonviolenza, e' messo di fronte, all'interno della propria cultura, ad una doppia esigenza di rottura e di fedelta'. Proprio situandoci nella prospettiva aperta da questa doppia esigenza, facendo un doppio lavoro di riscontro attraverso alcuni dei testi che fondano la nostra cultura, noi abbiamo voluto scrivere questo libro.
*
Note
1. Citato nel Dictionnaire historique de la langue française, diretto da Alain Rey, Le Robert, Paris 1993.
2. Nietzsche, Ainsi parlait Zarathoustra, Gallimard, Paris 1989, p. 59; in trad. italiana: Cosi' parlo' Zarathustra, Adelphi, Milano 1982, pp. 51-52.
3. Emmanuel Levinas, Humanisme de l'autre homme, Le Livre de Poche, serie Biblio-Essais, Paris 1994, p. 58. Trad. italiana: Umanesimo dell'altro uomo, il melangolo, Genova 1988, p. 84.
5. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Vercors, Il silenzio del mare, Einaudi, Torino 1945, 1981, pp. 176.
6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
7. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5302 del 24 agosto 2024
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Numero 5302 del 24 agosto 2024
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Sommario di questo numero:
1. Tre minime descrizioni della nonviolenza e cinque perorazioni per il disarmo
2. Donne in Nero di Padova: Appunti per il convegno internazionale delle Donne in Nero del 31 agosto - 8 settembre 2024
3. Scriviamo al presidente statunitense Biden per chiedere la grazia per Leonard Peltier
4. Jean-Marie Muller: Premessa a "Il principio nonviolenza. Una filosofia della pace"
5. Segnalazioni librarie
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'
1. REPETITA IUVANT. TRE MINIME DESCRIZIONI DELLA NONVIOLENZA E CINQUE PERORAZIONI PER IL DISARMO
I. Tre minime descrizioni della nonviolenza
1. La nonviolenza non indossa il frac
La nonviolenza non la trovi al ristorante.
Non la incontri al circolo dei nobili.
Non frequenta la scuola di buone maniere.
E' sempre fuori dall'inquadratura delle telecamere delle televisioni.
La nonviolenza non fa spettacolo.
La nonviolenza non vende consolazioni.
La nonviolenza non guarda la partita.
E' nel conflitto che la nonviolenza agisce.
Dove vi e' chi soffre, li' interviene la nonviolenza.
Dove vi e' ingiustizia, li' interviene la nonviolenza.
Non la trovi nei salotti e nelle aule.
Non la trovi tra chi veste buoni panni.
Non la trovi dove e' lustra l'epidermide e non brontola giammai lo stomaco.
La nonviolenza e' dove c'e' la lotta per far cessare tutte le violenze.
La nonviolenza e' l'umanita' in cammino per abolire ogni sopraffazione.
Non siede nel consiglio di amministrazione.
Non si abbuffa coi signori eccellentissimi.
Non ha l'automobile, non ha gli occhiali da sole, non ha il costume da bagno.
Condivide la sorte delle oppresse e degli oppressi.
Quando vince rinuncia a ogni potere.
Non esiste nella solitudine.
Sempre pensa alla liberta' del prossimo, sempre pensa al riscatto del vinto,
sempre pensa ad abbattere i regimi e di poi a riconciliare gli animi.
Sa che il male e' nella ricchezza, sa che il bene e' la condivisione;
sa che si puo' e si deve liberare ogni persona e quindi questo vuole:
la liberta' di tutte, la giustizia, la misericordia.
La nonviolenza e' l'antibarbarie.
La nonviolenza e' il riconoscimento della dignita' di ogni essere vivente.
La nonviolenza e' questa compassione: sentire insieme, voler essere insieme,
dialogo infinito, colloquio corale, miracolo dell'incontro e della nascita;
l'intera umanita' unita contro il male e la morte;
si', se possiamo dirlo in un soffio e in un sorriso: tutti per uno, uno per tutti.
La nonviolenza e' la lotta che salva.
Ha volto e voce di donna, sa mettere al mondo il mondo,
il suo tocco risana le ferite, i suoi gesti sono limpida acqua, i suoi atti recano luce;
sempre lotta per la verita' ed il bene, usa solo mezzi coerenti
con il fine della verita' e del bene.
Sa che il mondo e' gremito di persone, cosi' fragili, smarrite e sofferenti.
Sa che la sua lotta deve esser la piu' ferma; e deve essere la piu' delicata.
Quando la plebe all'opra china si rialza: li' e' la nonviolenza.
Quando lo schiavo dice adesso basta, li' e' la nonviolenza.
Quando le oppresse e gli oppressi cominciano a lottare
per un'umanita' di persone tutte libere ed eguali in diritti,
li', li' e' la nonviolenza.
Quando ti svegli ed entri nella lotta, la nonviolenza gia' ti viene incontro.
La nonviolenza e' una buona cosa.
E' questa buona cosa che fai tu quando fai la cosa giusta e necessaria.
*
2. Breve litania della nonviolenza
La nonviolenza non e' la luna nel pozzo.
La nonviolenza non e' la pappa nel piatto.
La nonviolenza non e' il galateo del pappagallo.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' la ciancia dei rassegnati.
La nonviolenza non e' il bignami degli ignoranti.
La nonviolenza non e' il giocattolo degli intellettuali.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il cappotto di Gogol.
La nonviolenza non e' il cavallo a dondolo dei generali falliti.
La nonviolenza non e' la Danimarca senza il marcio.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' l'ascensore senza bottoni.
La nonviolenza non e' il colpo di carambola.
La nonviolenza non e' l'applauso alla fine dell'atto terzo.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il museo dell'esotismo.
La nonviolenza non e' il salotto dei perdigiorno.
La nonviolenza non e' il barbiere di Siviglia.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' la spiritosaggine degli impotenti.
La nonviolenza non e' la sala dei professori.
La nonviolenza non e' il capello senza diavoli.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il ricettario di Mamma Oca.
La nonviolenza non e' l'albero senza serpente.
La nonviolenza non e' il piagnisteo di chi si e' arreso.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' la quiete dopo la tempesta.
La nonviolenza non e' il bicchiere della staffa.
La nonviolenza non e' il vestito di gala.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il sapone con gli gnocchi.
La nonviolenza non e' il film al rallentatore.
La nonviolenza non e' il semaforo sempre verde.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' il jolly pescato nel mazzo.
La nonviolenza non e' il buco senza la rete.
La nonviolenza non e' il fiume dove ti bagni due volte.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' l'abracadabra degli stenterelli.
La nonviolenza non e' il cilindro estratto dal coniglio.
La nonviolenza non e' il coro delle mummie del gabinetto.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
La nonviolenza non e' niente che si veda in televisione.
La nonviolenza non e' niente che si insegni dalle cattedre.
La nonviolenza non e' niente che si serva al bar.
La nonviolenza e' solo la lotta contro la violenza.
*
3. Della nonviolenza dispiegata al sole ad asciugare
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza la politica necessaria.
Chiamiamo nonviolenza l'occhio che vede e piange.
Chiamiamo nonviolenza la lotta per l'abolizione di tutte le guerre.
Chiamiamo nonviolenza la lotta che abroga ogni servitu'.
Chiamiamo nonviolenza questo accampamento notturno nel deserto.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza l'amicizia che non tradisce.
Chiamiamo nonviolenza il ponte di corda teso sull'abisso.
Chiamiamo nonviolenza la fine della paura della morte.
Chiamiamo nonviolenza la fine della minaccia della morte.
Chiamiamo nonviolenza aver visto e alba e tramonto con limpido cuore.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il tappeto volante.
Chiamiamo nonviolenza il voto unanime per la salvezza degli assenti.
Chiamiamo nonviolenza il cielo stellato.
Chiamiamo nonviolenza il rispetto della vita altrui.
Chiamiamo nonviolenza il sonno dei giusti e dei giusti la veglia.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il silenzio che non spaventa.
Chiamiamo nonviolenza la telefonata che ferma l'esecuzione.
Chiamiamo nonviolenza il libro che ti fa ridere e piangere.
Chiamiamo nonviolenza il viaggio senza bagagli.
Chiamiamo nonviolenza il suono dell'arcobaleno.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il pasto in comune.
Chiamiamo nonviolenza il miracolo della nascita.
Chiamiamo nonviolenza la voce che risponde.
Chiamiamo nonviolenza la porta che si apre allo straniero.
Chiamiamo nonviolenza la lotta contro la violenza.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il dono e la rinuncia.
Chiamiamo nonviolenza la leggerezza sui corpi.
Chiamiamo nonviolenza la parola che suscita le praterie.
Chiamiamo nonviolenza il soffio che estingue gli incendi.
Chiamiamo nonviolenza l'infinito respiro del mare.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza l'umanita' come dovrebbe essere.
Chiamiamo nonviolenza la coscienza del limite.
Chiamiamo nonviolenza il ritrovamento dell'anello di Salomone.
Chiamiamo nonviolenza gl'immortali principi dell'Ottantanove.
Chiamiamo nonviolenza l'ironia e la pazienza.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il riconoscimento della pluralita' delle persone e dei mondi.
Chiamiamo nonviolenza la distruzione di tutte le armi assassine.
Chiamiamo nonviolenza non nascondere la nostra ignoranza.
Chiamiamo nonviolenza rifiutarsi di mentire.
Chiamiamo nonviolenza la scelta di fare la cosa che salva le vite.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza una giornata di sole sulla strada.
Chiamiamo nonviolenza la scuola di Spartaco e della Rosa Rossa.
Chiamiamo nonviolenza la certezza morale del figlio della levatrice.
Chiamiamo nonviolenza la legge nuova del figlio del falegname.
Chiamiamo nonviolenza le tre ghinee di Virginia.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza questo atto di riconoscimento e di riconoscenza.
Chiamiamo nonviolenza il giro della borraccia.
Chiamiamo nonviolenza questo colloquio corale.
Chiamiamo nonviolenza la Resistenza antifascista.
Chiamiamo nonviolenza l'uscita dallo stato di minorita'.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza parlare e ascoltare.
Chiamiamo nonviolenza la stazione sempre aperta.
Chiamiamo nonviolenza lo specchio e la sorgente.
Chiamiamo nonviolenza sentire il dolore degli altri.
Chiamiamo nonviolenza prendersi cura del mondo.
Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
* * *
II. Cinque perorazioni per il disarmo
1. La prima politica e' il disarmo
La prima politica e' il disarmo
sostituire all'arte dell'uccidere
quella severa di salvare le vite
Senza disarmo il mondo tutto muore
senza disarmo le nuvole si ghiacciano
le lacrime diventano veleno
si crepano i marmi ne escono draghi
Senza disarmo ogni parola mente
senza disarmo ogni albero si secca
l'aria non porta piu' i suoni
la polvere colma i polmoni
Senza disarmo piovono scorpioni
senza disarmo in ogni piatto e' vomito
dal rubinetto esce sale e vetro
le scarpe stritolano le ossa dei piedi
Solo il disarmo frena le valanghe
solo il disarmo risana le ferite
solo il disarmo salva le vite
Salvare le vite e' il primo dovere
salvare le vite
il primo dovere
*
2. Piccolo dittico delle armi e del disarmo
I.
Le armi sanno a cosa servono
le armi non sbagliano la mira
le armi odiano le persone
quando le ammazzano poi vanno all'osteria
a ubriacarsi e a cantare fino all'alba
Le armi bevono il sangue
le armi mettono briglie e sella alle persone
poi le cavalcano fino a sfiancarle
affondano gli speroni per godere dei sussulti
della carne che soffre
Le armi non sentono ragione
una sola cosa desiderano: uccidere
e poi ancora uccidere
uccidere le persone
tutte le persone
Le armi la sanno lunga
fanno bella figura in televisione
sorridono sempre
parlano di cose belle
promettono miliardi di posti di lavoro
e latte e miele gratis per tutti
Le armi hanno la loro religione
hanno la scienza esatta degli orologi
hanno l'arte sottile del pennello
e del bulino e la sapienza grande
di trasformare tutto in pietra e vento
e della loro religione l'unico
articolo di fede dice: nulla
e nulla e nulla e nulla e nulla e nulla
e tutto ha da tornare ad esser nulla
Le armi ci guardano dal balcone
mentre ci affaccendiamo per le strade
ci fischiano e poi fanno finta di niente
ci gettano qualche spicciolo qualche caramella
cerini accesi mozziconi scampoli
di tela e schizzi di vernice e polpette
con dentro minuscole schegge di vetro
Sanno il francese hanno tutti i dischi
raccontano di quando in mongolfiera
e delle proprieta' nelle colonie d'oltremare
e delle ville tutte marmi e stucchi
t'invitano nel loro palco all'opera
ti portano al campo dei miracoli
Sanno le armi come farsi amare
e passo dopo passo addurti dove
hanno allestito la sala del banchetto
II.
Senza disarmo i panni stesi non si asciugano
senza disarmo la pizza diventa carbone
senza disarmo hai freddo anche con tre cappotti
Senza disarmo il fazzoletto ti strappa la mano
senza disarmo la maniglia della porta ti da' la scossa
senza disarmo le scarpe ti mangiano i piedi
Senza disarmo l'aria t'avvelena
senza disarmo il caffe' diventa sterco
senza disarmo dallo specchio uno ti spara
Senza disarmo il letto e' tutto spine
senza disarmo scordi tutte le parole
senza disarmo e' buio anche di giorno
Senza disarmo ogni casa brucia
senza disarmo quel che tocchi ghiaccia
senza disarmo tutto e' aceto e grandine
Senza disarmo la guerra non finisce
Senza disarmo finisce l'umanita'
*
3. In quanto le armi
In quanto le armi servono a uccidere
le persone, l'esistenza delle armi
e' gia' una violazione dei diritti umani.
Solo il disarmo salva le vite
solo il disarmo rispetta e difende gli esseri umani
solo il disarmo riconosce e restituisce
umanita' all'umanita'.
Solo con il disarmo
la civilta' rinasce
il sole sorge ancora
fioriscono i meli
tornano umani gli esseri umani.
*
4. Del non uccidere argomento primo
Si assomigliano come due fratelli
Abele e Caino, nessuno dei due
sa chi sara' la vittima, chi l'assassino.
Non c'e' netto un confine
tra bene e male
e l'occhio non distingue
zucchero e sale.
In questo laborioso labirinto
che non ha uscita
non esser tu del novero di quelli
che ad altri strappano la breve vita.
Mantieni l'unica vera sapienza:
come vorresti esser trattato tu
le altre persone tratta.
Da te l'umanita' non sia disfatta.
Sull'orlo dell'abisso scegli sempre
di non uccidere, di opporti a ogni uccisione,
ad ogni guerra, ogni arma, ogni divisa:
ogni plotone e' di esecuzione.
Non c'e' netto un confine
tra bene e male
e l'occhio non distingue
zucchero e sale.
Si assomigliano come due fratelli
Abele e Caino, nessuno dei due
sa chi sara' la vittima, chi l'assassino.
*
5. Poiche' vi e' una sola umanita'
Poiche' vi e' una sola umanita'
noi dichiariamo che ogni essere umano
abbia rispetto e solidarieta'
da chiunque altro sia essere umano.
Nessun confine puo' la dignita'
diminuire umana, o il volto umano
sfregiare, o denegar la qualita'
umana propria di ogni essere umano.
Se l'edificio della civilta'
umana ha un senso, ed esso non e' vano,
nessuno allora osi levar la mano
contro chi chiede ospitalita'.
Se la giustizia e se la liberta'
non ciancia, bensi' pane quotidiano
hanno da essere, cosi' il lontano
come il vicino merita pieta'.
Nel condividere e' la verita'
ogni volto rispecchia il volto umano
nel mutuo aiuto e' la felicita'
ogni diritto e' un diritto umano.
Se vero e' che tutto finira'
non prevarra' la morte sull'umano
soltanto se la generosita'
sara' la legge di ogni essere umano.
La nonviolenza e' questa gaia scienza
che lotta per salvar tutte le vite
la nonviolenza e' questa lotta mite
e intransigente contro ogni violenza.
2. DOCUMENTAZIONE. DONNE IN NERO DI PADOVA: APPUNTI PER IL CONVEGNO INTERNAZIONALE DELLE DONNE IN NERO DEL 31 AGOSTO - 8 SETTEMBRE 2024
[Attraverso la mailing list delle Donne in Nero riceviamo e diffondiamo]
Negli ultimi anni le nostre attivita', portate avanti da noi sole o assieme ad altre associazioni, sono state sit-in, con cadenza almeno mensile, incontri pubblici, dibattiti, presentazione di libri, mostre aventi come temi l'opposizione alle guerre, il netto rifiuto delle armi nucleari, la ricerca della pace, la follia degli armamenti con spese militari sempre in crescita, i rischi ecologici del nostro pianeta. In particolare dal settembre 2022 ci siamo impegnate in iniziative (incontri con agricoltori palestinesi, cene palestinesi, presentazione di libri, film, mostre) aventi come focus la cultura palestinese, convinte della necessita' di valorizzarne i vari aspetti che cooperano a formare l'identita' palestinese, in un tempo in cui Israele cerca di eliminare l'esistenza dei palestinesi nella loro terra, minandone innanzi tutto l'identita' (vedi la distruzione degli archivi storici, ultimo quello di Gaza).
Da febbraio 2022, con lo scoppio della guerra in Ucraina, periodicamente, da sole o con altre associazioni, abbiamo chiesto di cessare il fuoco e di aprire le trattative fra Ucraina e Russia e abbiamo dato voce ogni volta possibile alle donne e agli uomini di entrambi i paesi che fin dall'inizio si sono opposti alla guerra rischiando di persona.
Dall'inizio di quest'anno i nostri sit-in si sono fatti piu' frequenti, con cadenza almeno settimanale, e avevano come costante la richiesta di CESSARE IL FUOCO in tutte le guerre e di STOP GENOCIDIO a Gaza.
L'interesse del gruppo DiN di Padova verso l'ecopacifismo, i cambiamenti climatici e, in particolare, il loro legame con le guerre risale almeno al 2019.
E' stata innanzitutto Rosalie Bertell con il suo Pianeta Terra, l'ultima arma di guerra, a farci intravedere i pericoli di nuove tecnologie applicate al militare, sia nel presente che in una prospettiva futura, partendo dagli effetti delle armi atomiche utilizzate o sperimentate.
La pandemia ci ha reso ancora piu' consapevoli della fragilita' dei viventi e dei nostri limiti. Donna Haraway, nel suo fondamentale testo Chtulucene, sottolinea come tutto e' interconnesso, tutto e' contaminato, tutto ci riguarda. Restare a contatto con i problemi richiede la capacita' di essere veramente nel presente in quanto creature mortali interconnesse in una miriade di configurazioni; richiede la capacita' di generare parentele di natura imprevista attraverso collaborazioni e combinazioni inventive: pratica necessaria per imparare a vivere e a morire bene, l'uno con l'altro, in un presente cosi' denso. Anche Isabelle Stengers (Al tempo delle catastrofi) ci ricorda che Gaia, il nostro pianeta vivente, e' il concatenarsi di relazioni strettamente connesse tra i viventi, gli oceani, l'atmosfera, il clima, i suoli piu' o meno fertili, ed e' il prodotto di una storia di coevoluzione, i cui primi artigiani, nonche' i veri, perpetui autori, furono innumerevoli popoli di microrganismi. Gaia deve essere riconosciuta come un essere e non assimilata ad una somma di processi, e' un essere: dotata non soltanto di una storia, ma anche di un regime proprio di attivita' e sensibilita', i cui processi costitutivi si legano l'uno all'altro in modi molteplici e aggrovigliati, tali che la variazione di uno ha ripercussioni differenti sugli altri.
Le guerre degli ultimi anni, con le profonde devastazioni dei territori sede dei conflitti, con l'elevato contributo delle armi usate al cambiamento climatico, gia' causa dei numerosi fenomeni estremi in tutto il mondo, hanno confermato la necessita' impellente di riconoscere la nostra comune partecipazione alla vita del pianeta.
Molto preoccupante e' per noi l'aumento delle spese per gli armamenti, cresciuto costantemente negli ultimi dieci anni. Nel 2023 la spesa militare globale totale ha raggiunto il nuovo record di 2.443 miliardi di dollari, con un aumento del 6,8% in termini reali rispetto al 2022 (dati SIPRI). Tra le aree che hanno registrato il maggior aumento ci sono i Paesi europei della NATO. Nel 2022, la spesa militare dell'UE e dei Paesi europei della NATO ha raggiunto i 346 miliardi di dollari, con un aumento di quasi il 2% in termini reali rispetto al 2021 e di quasi il 30% rispetto al punto di minimo del 2014: quasi quattro volte la spesa della Russia. Oltre alle spese militari nazionali, l'Unione Europea ha aumentato esponenzialmente il proprio bilancio in armamenti in pochi anni. Mentre i Trattati europei per lungo tempo hanno escluso l'uso del bilancio comunitario per attivita' di questo tipo, oggi l'UE destina almeno il 2% del suo bilancio a scopi militari. Francia, Italia, Spagna e Germania sono i Paesi ricevono quasi i 2/3 del budget stanziato finora dal Fondo europeo per la Difesa, ovvero le quattro principali potenze militari dell'UE e tra i maggiori esportatori di armi al mondo. In Italia, l'aumento della spesa militare del 2024 e' trainato dal bilancio del Ministero della Difesa, che quest'anno superera' per la prima volta i 29 miliardi di euro, con una crescita del 5,1% rispetto al 2023 e del 12,5% in due anni.
Le donne in Nero chiedono pace con giustizia. Cosa significa in questo momento per l'Ucraina, per la Palestina, per tutti gli altri paesi, come il Sudan, il Nagorno-Karabah, in cui il conflitto armato non e' sotto i riflettori dei media? Vediamo come esempio la Palestina. Nel corso di quest'anno le istituzioni del Diritto Internazionale si sono espresse chiaramente:
- In gennaio la Corte internazionale di Giustizia (nota anche come Tribunale internazionale dell'Aia) ha riconosciuto che l'accusa di genocidio portata avanti dal Sud Africa nei confronti di Israele per le azioni belliche e per il blocco degli aiuti umanitari a Gaza e' quantomeno plausibile.
- In questo mese di luglio sempre la Corte internazionale di Giustizia ha dichiarato illegale la politica di occupazione di Israele in Cisgiordania e a Gerusalemme Est con la creazione degli insediamenti israeliani e ha ordinato a Israele di pagare "risarcimenti completi".
- In maggio alla Corte Penale Internazionale il Procuratore Capo ha ipotizzato l'esistenza di "crimini di guerra" e di "crimini contro l'umanita'" nei confronti di Israele e di Hamas e ha chiesto l'emissione di mandati di cattura per Netanyahu, per il ministro della Difesa Gallant e per quattro esponenti di Hamas.
Apprezziamo queste decisioni, ma non bastano per realizzare una pace con giustizia. Israele deve riconoscere le ingiustizie perpetrate sui palestinesi dal '48, come fanno anche alcune realtA' israeliane-palestinesi, come ad esempio i Parent's Circle o i Combattenti per la pace.
Ci chiediamo, pero', che peso hanno queste realta'? Sono ancora presenti realta' di donne israeliane e palestinesi che ricercano la pace con giustizia? Non abbiamo sufficienti informazioni e non riusciamo a stabilire qualche contatto che non sia sporadico.
E ancora. Quali azioni possono avere efficacia o, quanto meno, risonanza? Le Donne in Nero in tutto il mondo si muovono, ma non ci sono collegamenti stabili e manca la spinta ad azioni comuni che potrebbero avere maggiore effetto. Le azioni sono spesso frammentate e risultano quindi poco incisive. Avvertiamo la necessita' di un coordinamento comune.
Il mancato rispetto dei fondamentali diritti umani, del diritto internazionale e il ricorso alla guerra per la soluzione dei conflitti internazionali rischia di far precipitare verso il baratro l'umanitA' intera, verso la terza guerra mondiale. Ecco perche' e' fondamentale agire congiuntamente per fermare questa follia.
3. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO AL PRESIDENTE STATUNITENSE BIDEN PER CHIEDERE LA GRAZIA PER LEONARD PELTIER
Scriviamo al presidente statunitense Biden per chiedere la grazia per Leonard Peltier.
E' consuetudine dei presidenti statunitensi giunti a fine mandato di concedere la grazia ad alcuni detenuti.
Leonard Peltier e' un illustre attivista nativo americano, difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e della Madre Terra.
Leonard Peltier, che a settembre compira' 80 anni, da 48 anni e' detenuto per un crimine che non ha commesso.
Leonard Peltier e' gravemente malato, e le sue malattie non possono essere curate adeguatamente in carcere.
Affinche' non muoia in carcere un uomo innocente, affinche' Leonard Peltier possa tornare libero e trascorrere con i suoi familiari questo poco tempo che gli resta da vivere, la cosa piu' importante ed urgente da fare adesso e' scrivere a Biden per chiedere che conceda la grazia a Leonard Peltier.
*
Per scrivere a Biden la procedura e' la seguente.
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: scrivere un breve testo (di seguito una traccia utilizzabile):
Egregio Presidente degli Stati Uniti d'America,
le scriviamo per chiederle di concedere la grazia al signor Leonard Peltier.
Leonard Peltier ha quasi 80 anni ed e' affetto da plurime gravi patologie che non possono essere adeguatamente curate in carcere: gli resta poco da vivere.
Leonard Peltier ha subito gia' 48 anni di carcere per un delitto che non ha commesso: la sua liberazione e' stata chiesta da Nelson Mandela e da madre Teresa di Calcutta, dal Dalai Lama e da papa Francesco, da Amnesty International, dal Parlamento Europeo, dall'Onu, da milioni di esseri umani.
Egregio Presidente degli Stati Uniti d'America,
restituisca la liberta' a Leonard Peltier; non lasci che muoia in carcere un uomo innocente.
Distinti saluti.
*
Sollecitiamo chi legge questo comunicato ad aderire all'iniziativa e a diffondere l'informazione.
Free Leonard Peltier.
Mitakuye Oyasin.
4. TESTI. JEAN-MARIE MULLER: PREMESSA A "IL PRINCIPIO NONVIOLENZA. UNA FILOSOFIA DELLA PACE"
[Da Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza. Una filosofia della pace, Plus - Pisa University Press, Pisa 2004 (traduzione italiana di Enrico Peyretti dell'edizione originale Le principe de non-violence. Parcours philosophique, Desclee de Brouwer, Paris 1995) riproponiamo la Premessa alle pp. 21-27. Ringraziamo di cuore Enrico Peyretti per averci messo a disposizione la sua traduzione]
La violenza e' la materia prima dell'attualita'. Essa e' il migliore ingrediente del sensazionale. Ogni giorno noi siamo informati delle violenze che qui o la' nel mondo brutalizzano e assassinano i nostri simili.
L'informazione alla quale noi siamo sottomessi fa di noi dei voyeurs, dei guardoni che guardano gli altri morire e soffrire. Noi non abbiamo piu' molta distanza dall'avvenimento che si svolge sotto i nostri occhi in tempo reale. Ma senza questa presa di distanza non c'e' piu' posto per il pensiero. I mezzi di comunicazione di massa non ci informano sulle ragioni e sui rischi della violenza, ma sulla violenza stessa. Essi non suscitano un'opinione pubblica ma un'emozione pubblica.
Le violenze che fanno l'attualita' hanno delle spiegazioni circostanziate relative alle situazioni economiche e politiche nelle quali esse avvengono, ma tutte si radicano in cio' che si puo' chiamare una "cultura della violenza". Nel confronto tra le culture che ha luogo dappertutto nel mondo e in ogni societa', e' usuale fare appello alla mutua tolleranza. Si fa notare che se noi facciamo lo sforzo di conoscerci meglio e di comprendere meglio la cultura degli altri, noi scopriremo cio' che ciascuna cultura racchiude di grandezza e di nobilta'. E si afferma che per vivere in pace gli uni con gli altri noi dobbiamo accettare le nostre differenze. Tutto questo e' vero, ma soltanto in parte, poiche' non sono forse piuttosto le nostre somiglianze che generano i nostri conflitti, le nostre questioni e le nostre lotte? Non e' forse per il fatto che noi ci imitiamo gli uni gli altri che ci ritroviamo continuamente in guerra gli uni contro gli altri? Non e' forse perche' le nostre culture sono ugualmente impregnate dalla "ideologia della violenza" che noi siamo in permanenza sul punto di ucciderci gli uni gli altri? In realta', l'ideologia della violenza necessaria legittima e onorevole tende a cancellare le differenze tra le diverse culture e fa venire in luce delle somiglianze spaventose. Le nostre culture si assomigliano perche' esse sono tutte culture della violenza. E' per questo, per vivere in pace le une con le altre, che non si tratta tanto di accettare le nostre differenze, quanto di rifiutare le nostre somiglianze.
Una delle insistenze prioritarie di questo libro sara' di analizzare e fare la critica radicale di cio' che noi chiamiamo la "cultura della violenza" e "l'ideologia della violenza". Poi noi apriremo le prospettive di una "filosofia della nonviolenza" e di una "cultura della nonviolenza" di cui ci sforzeremo di precisare i fondamenti e gli elementi.
A guardare la storia, puo' sembrare che la violenza pesi sull'umanita' come una fatalita'. Se l'uomo fosse un animale sarebbe il piu' crudele degli animali. Ma l'uomo e' un essere dotato di ragione ed e' precisamente per questo che egli e' il piu' crudele degli esseri viventi. Se l'uomo non fosse dotato di ragione, non sarebbe stato capace di programmare scientemente e scientificamente le tragedie di Auschwitz, di Hiroshima e dell'arcipelago Gulag. E tante altre tragedie sono avvenute attraverso il mondo prima e dopo queste che possono tutte ugualmente essere simbolo dell'orrore e della violenza organizzata dell'uomo contro l'uomo. Come puo' la coscienza umana non rivoltarsi al ricordo di tutte queste violenze e di tutte le persone il cui volto attraverso il corso dei secoli è stato sfigurato dal ferro e dal fuoco? E' lo scandalo di questa violenza esercitata da uomini su altri uomini che mette in movimento il pensiero filosofico; e' la certezza che questo male non deve essere che provoca la riflessione. Noi vogliamo sostenere che la rivolta del pensiero davanti alla violenza che fa soffrire gli uomini e' l'atto fondatore della filosofia. Noi vogliamo affermare che il rifiuto di ogni legittimazione di questa violenza fonda il principio di nonviolenza.
La cultura e', secondo la definizione che ne ha dato Marcel Mauss "l'insieme delle forme acquisite di comportamento nelle societa' umane" (1). E' per questo che noi parliamo di "cultura della violenza" per dire che gli individui, sotto l'effetto dell'influenza sociale, orientano il loro comportamento privilegiando la violenza come mezzo normale per difendere la loro comunita' di fronte alle minacce che pesano su di essa. La cultura coltiva la violenza (coltivare viene dal latino colere che significa nello stesso tempo coltivare ed onorare) inculcando negli individui l'idea che essa e' la virtu' dell'uomo forte, dell'uomo coraggioso, dell'uomo d'onore che assume il rischio di morire per difendere i valori che danno un senso alla sua vita. Nell'immaginario dei popoli, l'eroe e' colui che ha preso le armi per difendere la patria contro i barbari. E la societa' innalza statue e rende un culto ai suoi eroi. La cultura circonda la violenza di prestigio, ma, precisamente, dire che la violenza e' prestigiosa e' riconoscere (secondo il significato etimologico di questa parola che viene dal latino praestigiosus, "che fa illusione") che essa e' illusoria, cioe' che essa inganna coloro che cedono alla sua tentazione. Ma da quando degli uomini hanno cominciato a versare il loro sangue per una causa, questa, qualunque essa sia, diventa sacra. Sara' per loro necessario continuare sempre a versare il loro sangue affinche' non si possa dire che le prime vittime hanno versato il loro invano. E' la violenza in definitiva che sacralizza la causa e non il contrario. Cosi' Zarathustra proclama ai suoi "fratelli" nella guerra: "Voi dite che la buona causa santifica persino la guerra? Io vi dico: e' la buona guerra che santifica ogni causa" (2). Se la violenza e' sacralizzata, la nonviolenza non puo' essere che sacrilegio e colui che vi si appella merita l'anatema.
Una delle manifestazioni piu' significative della nostra cultura della violenza e' l'importanza considerevole degli investimenti intellettuali consentiti nell'attivita' delle nostre societa' per la fabbricazione delle armi in vista di organizzare l'omicidio di massa dei nostri simili, e noi siamo a tal punto "coltivati" che questa produzione di armi non soltanto non ci scandalizza, ma nemmeno ci stupisce. Noi abbiamo d'altra parte a nostra disposizione una quantita' di argomenti per giustificare questo fatto.
La cultura della violenza ha bisogno di riferirsi a una costruzione razionale che permetta agli individui di giustificare la violenza. E' qui che interviene la "ideologia della violenza”. La sua funzione e' quella di costruire una rappresentazione della violenza che evita di vedere cio' che essa e' effettivamente: inumana e scandalosa. L'ideologia della violenza mira ad occultare cio' che la violenza ha di irrazionale ed inaccettabile e a farne prevalere una rappresentazione razionale accettabile. Si tratta di dissimulare la realta' scandalosa della violenza attraverso una rappresentazione che la valorizzi positivamente. Lo scopo ricercato - e spesso raggiunto - e' la banalizzazione della violenza. Invece di essere bandita - dichiarata fuori legge - la violenza e' banalizzata - dichiarata conforme alla legge. Da questo momento, piu' nessun freno intellettuale si opporra' all'uso della violenza.
"La morale, scrive Emmanuel Levinas, non appartiene alla cultura: essa permette di giudicarla" (3). Per poter giudicare la cultura, e' importante dunque sospendere la nostra adesione ai giudizi che la cultura ci ha inculcato. Difficile impresa, che esige di prendere una distanza dalla nostra cultura per disapprendere quello che noi abbiamo appreso, per rinnovare il nostro sguardo sull'uomo e sul mondo, per ri-pensare il nostro pensiero. Si tratta di rimettere in causa i nostri saperi per rimettere ordine nelle nostre idee. Si tratta di mettere in dubbio le nostre credenze per ri-prendere coscienza, per ri-prendere conoscenza. Ma in nome di quali criteri e di quali esigenze? In nome della filosofia? Ma dove scoprire la sorgente della filosofia se non ancora nella nostra cultura? Sarebbe illusorio pretendere di sfuggire ad ogni influenza, ma forse e' possibile prendere la misura delle influenze culturali alle quali noi siamo stati sottomessi - esse sono molteplici e contraddittorie - e di discernere quelle che sono delle aperture verso una maggiore luce, che sono portatrici di senso, e quelle al contrario che sono delle chiusure e degli accecamenti. Forse e' possibile scegliere le nostre influenze. L'uomo deve fare questa scommessa, che egli non e' un essere determinato sottomesso alla fatalita'. Egli non e' libero, egli non nasce libero, ma puo' conquistare la propria liberta'. La liberta' e' sempre un inizio, un ri-cominciamento. Come ultima risorsa, l'uomo non ha altra scelta che farsi lui stesso giudice della verita' che da' senso alla sua vita. Egli non potrebbe senza dimissionare dalla sua responsabilita' sottomettersi a una qualunque autorita' esteriore che gli detti la verita'. Per diventare responsabile ed autonomo egli non puo' far altro che affidarsi alla sua propria ragione e non alle ragioni degli altri. Poiche' e' un essere ragionevole, l'uomo ha la facolta' di liberarsi poco a poco dai condizionamenti e dalle chiusure della cultura per costruire poco a poco il suo pensiero, la sua morale, la sua filosofia.
Noi abbiamo preso l'abitudine di mettere le violenze che condanniamo sul conto degli estremismi. Ma questi estremismi che noi rifiutiamo non sono possibili che grazie alle ortodossie che noi accettiamo. Per definizione, l'estremista e' il partigiano di una dottrina spinta fino alle sue conseguenze estreme, e cio' significa che esiste un legame tra questa dottrina e le ragioni degli estremisti. L'ortodossia della dottrina alla quale questi si riferiscono non e' innocente dei misfatti e dei crimini ai quali essi si abbandonano. Gli estremismi di cui noi vediamo dappertutto gli effetti distruttivi non possono esistere che per il fatto che essi prendono dalle ortodossie gli argomenti per la loro propaganda. Certo, essi esagerano, ma precisamente cio' che essi esagerano, cioe' ingrandiscono e amplificano, sono i principi dell'ortodossia. E' l'ortodossia che offre la materia prima dell'esagerazione dell'estremismo; e' essa che gli fornisce i pretesti che servono a giustificare i suoi eccessi. Le ortodossie portano cosi' il germe e nutrono esse stesse le escrescenze degli estremismi. Giustificando "l'uso ragionevole della violenza", le ortodossie giustificano gia' l'abuso degli estremismi. Poiche' la violenza non e' ragionevole ed e' in se stessa un abuso. La violenza che si crede legata pacificamente dentro l'ortodossia si risveglia da un momento all'altro, si scatena e diventa orrenda. Ma proprio l'ortodossia e' il suo campo base da cui essa dirige le sue operazioni criminali. Per combattere la violenza degli estremismi bisogna arrivare a braccarla e stanarla nei punti precisi dove essa si ripara nel seno delle ortodossie.
L'ideologia nazionalista che insegna il disprezzo dello straniero si appoggia sul culto della patria che esalta l'identita' nazionale dei popoli. Lo stato totalitario pretende di fondare la sua legittimita' sulla dottrina della democrazia che attribuisce allo stato il monopolio della violenza legittima. La guerra totale fonda la sua giustificazione sulla dottrina della guerra giusta che legittima e onora la violenza e l'omicidio dal momento che essi sono al servizio di una causa giusta. L'integrismo religioso si radica nell'ortodossia delle religioni che professano una dottrina della violenza legittima.
Percio' non e' possibile sconfessare, ricusare e disarmare gli estremismi senza rimettere in causa le ortodossie che forniscono loro le giustificazioni. Per spezzare la logica di violenza degli estremismi, noi dobbiamo cominciare col rompere con tutto cio' che nella nostra propria cultura, legittima e onora la violenza come la virtu' dell'uomo forte. Questa rottura sara' dolorosa, perche' essa dovra' avvenire in profondita'. Noi scopriremo che per rompere con la cultura della violenza si tratta in definitiva di rompere con la nostra stessa cultura. Ed e' estremamente difficile rifiutare la tradizione che ci e' stata trasmessa come una eredita' sacra. Anche quando noi avremo acquisito la convinzione che questa rottura e' necessaria per delegittimare definitivamente la violenza, essa ci apparira' ancora, in qualche misura, come un rinnegamento, come una abiura. Soprattutto, essa sara' sentita come un sacrilegio dagli altri, da quelli che vorranno difendere la tradizione. Questo senso di sacrilegio sara' raddoppiato quando, come e' spesso il caso, l'ideologia della violenza sara' coniugata con una dottrina religiosa. Quelli che vorranno difendere la sana dottrina denunceranno ogni rottura come un'eresia e non mancheranno di gettare l'anatema sugli infedeli.
Le tradizioni di cui noi siamo gli eredi, mentre hanno dato un grande e bello spazio alla violenza, non hanno praticamente accordato alcuno spazio alla nonviolenza, fino al punto di ignorarne il nome. Tuttavia, in ciascuna delle nostre tradizioni ci sono dei punti di appoggio sui quali noi possiamo fondare una saggezza della nonviolenza. Ciascuna delle nostre tradizioni, in effetti, porta in se stessa dei "valori" che conferiscono ad ogni uomo dignita', grandezza e nobilta', e che domandano che ogni uomo sia rispettato e amato. Per se stessi, questi valori vengono a contraddire la pretesa della violenza di dominare la vita degli uomini e delle societa'. In ciascuna delle nostre culture, in un momento o in un altro, si sono trovate delle donne e degli uomini che hanno avuto la forza di entrare in dissenso dai loro contemporanei per affermare il primato di questi valori sopra le pretese della violenza. Ma, il piu' delle volte, questi valori si sono trovati largamente coperti e sopraffatti dalle scorie dell'ideologia della violenza e, per questo fatto, sono stati negati e rinnegati. E' nella fedelta' a questi valori, dal momento in cui saranno purificati da ogni mescolanza, che ciascuno di noi puo' convincersi che l'esigenza della nonviolenza fonda l'umanita' dell'uomo. E noi scopriremo che questa fedelta' ci condurra' al di la' della rottura che avremo operato, ci condurra' nel cuore stesso della nostra cultura.
Cosi', ciascuno di noi, se vuole uscire dalla logica della violenza ed entrare nella dinamica della nonviolenza, e' messo di fronte, all'interno della propria cultura, ad una doppia esigenza di rottura e di fedelta'. Proprio situandoci nella prospettiva aperta da questa doppia esigenza, facendo un doppio lavoro di riscontro attraverso alcuni dei testi che fondano la nostra cultura, noi abbiamo voluto scrivere questo libro.
*
Note
1. Citato nel Dictionnaire historique de la langue française, diretto da Alain Rey, Le Robert, Paris 1993.
2. Nietzsche, Ainsi parlait Zarathoustra, Gallimard, Paris 1989, p. 59; in trad. italiana: Cosi' parlo' Zarathustra, Adelphi, Milano 1982, pp. 51-52.
3. Emmanuel Levinas, Humanisme de l'autre homme, Le Livre de Poche, serie Biblio-Essais, Paris 1994, p. 58. Trad. italiana: Umanesimo dell'altro uomo, il melangolo, Genova 1988, p. 84.
5. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Vercors, Il silenzio del mare, Einaudi, Torino 1945, 1981, pp. 176.
6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
7. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5302 del 24 agosto 2024
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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