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[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 402
- Subject: [Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 402
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Tue, 6 Feb 2024 05:34:20 +0100
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 402 del 6 febbraio 2024
In questo numero:
1. Marica Tolomelli: Danilo Dolci
2. Movimento Nonviolento: Congresso del Movimento Nonviolento a Roma il 23-25 febbraio 2024 "Obiezione alla guerra, oggi!"
3. One Billion Rising 2024: Rise for Freedom!
4. Sosteniamo Narges Mohammadi e la lotta delle donne in Iran. Chiediamo la liberazione dell'attivista Premio Nobel per la Pace e che siano accolte le sue richieste di rispetto dei diritti umani
5. Perche' occorre scrivere ora a Biden per chiedere la liberazione di Leonard Peltier
6. Alcuni riferimenti utili
7. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
8. Solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani
1. MAESTRI. MARICA TOLOMELLI: DANILO DOLCI
[Dal sito www.treccani.it riproponiamo la seguente voce estratta dal Dizionario biografico degli italiani (2017)]
Danilo Dolci, poeta e intellettuale-attivista, impegnato su diversi fronti, nacque a Sesana (Trieste) il 28 giugno 1924. Da alcune biografie (Capitini, 1958; Fontanelli, 1976; Barone, 2000) si ricava l'immagine di un'infanzia e una gioventu' sostanzialmente ordinarie per un ragazzo di estrazione sociale medio-borghese, nato sul confine orientale da una madre slovena, Meli Kondely, donna relativamente colta, amante della musica e animata da una profonda fede religiosa, e un padre italiano (Enrico, per la verita' italo-tedesco), ferroviere. Ebbe una sorella minore, Miriam Lippolis, scrittrice, impegnata ancora in tempi recenti a mantenere viva la memoria del fratello (Bisconti, 2013). A causa del lavoro del padre la famiglia dovette presto trasferirsi in Lombardia, dove Danilo frequento' la scuola fino al conseguimento del diploma tecnico (geometra) a Pavia e poi della maturita' artistica a Milano.
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Gli anni della formazione
Tra gli spostamenti lavorativi del padre occorre ricordare quello, breve ma decisivo, a Trappeto, in provincia di Palermo, nei primi anni Quaranta. Per il ragazzo le visite al seguito del padre furono occasione di un primo incontro con mondi molto lontani da quello in cui viveva, compresa una poverta' a lui sconosciuta.
Le esperienze maggiormente incisive per la biografia del giovane furono due: il rifiuto di arruolarsi nell'esercito della Repubblica sociale italiana (RSI), ragione per cui nel 1943 fuggi' in Abruzzo maturando una profonda avversione per la violenza e il militarismo; l'incontro con la comunita' cattolica di Nomadelfia (presso l'ex campo di concentramento di Fossoli, vicino Modena) e il suo animatore, don Zeno Saltini. Quest'ultimo avvenimento segno' una svolta nella vita di Dolci: nel 1950, all'eta' di 26 anni, abbandono' gli studi in architettura quasi completati a Milano, la fidanzata e il lavoro come insegnante presso una scuola serale di Sesto S. Giovanni (dove aveva conosciuto Franco Alasia, suo futuro strettissimo collaboratore) per prendere parte alla vita comunitaria di Nomadelfia. L'esperienza fu profondamente formativa, Dolci visse con grande fervore quel periodo e partecipo' anche alla fondazione di un secondo centro comunitario nella provincia di Grosseto. Li' si era "come ripulito ed essenzializzato", poi pero' se ne distacco', sentiva il bisogno di uscire da una comunita' che era "come un'isola, un nido caldo", per entrare in contatto con "il resto del mondo" (Dolci, 1968, p. 15). Trappeto, "il paese piu' misero che ave[esse] mai visto", gli parve pertanto la destinazione ideale.
Nonostante la centralita' del rapporto con don Saltini, questo passaggio segno' una ormai definitiva presa di distanza dalle forme di dedizione umanitaria e sociale tipiche dell'impegno cattolico, per approdare a una prassi piu' apertamente laica e dettata dalla necessita' di intervenire su realta' inaccettabili per modificarle. Questo atteggiamento avvicinava Dolci ad altre figure animate da una profonda spiritualita' 'metaconfessionale', mentre lo allontanava, necessariamente, dal cattolicesimo istituzionale.
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La Sicilia, punto di incontro tra Nord e Sud e "il bisogno di collaborare alla vita"
L'arrivo in Sicilia, nel gennaio 1952, segno' la fase piu' intensa della sua vita. Nei primi anni Cinquanta la Sicilia era una sorta di metafora della condizione di indigenza, arretratezza e noncuranza che ampi strati di popolazione dell'ex Regno delle due Sicilie erano ancora costretti a sopportare senza che le classi dirigenti italiane - in sostanziale continuita' tra il periodo liberale, quello fascista e quello repubblicano - fossero riuscite o si fossero preoccupate di affrontare in maniera risolutiva. Trappeto e Partinico erano luoghi al contempo concreti, caratterizzati da una miseria indicibile e da un bisogno improrogabile di intervento, ma anche simboli del malessere profondo che attraversava diffusamente l'intero Mezzogiorno. L'esistenza di gravissime condizioni di arretratezza e deprivazione - connesse al problema della squilibrata distribuzione fondiaria - non era ignota alla classe dirigente italiana. Nello stesso periodo in cui Dolci decise di recarsi presso i piu' poveri e di denunciare, attraverso la pubblicazione dei suoi studi - tra i primi e più noti Fare presto (e bene) perche' si muore (Torino 1954); Banditi a Partinico (Bari 1955); Inchiesta a Palermo (Torino 1956) -, una Commissione parlamentare incaricata di condurre un'inchiesta "sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla", condusse le proprie ricerche, tra il maggio 1952 e il giugno 1953, mettendo in luce una realta' di arretratezza che strideva dolorosamente con l'orizzonte di sviluppo e benessere che si stava preannunciando (Braghin, 1978; Fiocco, 2004).
Il fatto che la questione della poverta' fosse oggetto di iniziative politiche, nonche' di una certa attenzione pubblica, contribui' probabilmente ad amplificare la risonanza del dramma di Trappeto, dove nell'ottobre 1952 un bambino poco piu' che neonato mori' di stenti. La vicenda avrebbe potuto essere letta semplicemente come una triste conferma della gravita' del problema della miseria, ma assunse un significato ben piu' ampio nel momento in cui il giovane Danilo Dolci, da poco arrivato, intraprese uno sciopero della fame per esprimere pubblicamente la sua indignazione e necessita' di ribellione. Come avrebbe piu' tardi spiegato, la sua iniziativa non si baso' su presupposti teorici, essa fu piuttosto una istintiva, umana reazione di fronte a una realta' inaccettabile: "Allora cominciai a digiunare. Non c'era un ragionamento preciso, non avevo letto Gandhi, sapevo solo che non potevo accettare che esistesse un paese senza fognature, senza strade. Anzi le fognature erano le strade stesse. Volevo manifestare istintivamente la mia solidarieta'. Avevo la vaga intuizione [...] che nella zona le cose potessero cambiare" (Intervista, Tarozzi, 1995).
La sua intuizione che "le cose potessero cambiare" nascondeva la determinazione, costante nella sua vita, a intervenire sulla realta' per infrangere forme di dominio 'naturalizzate'. Si trattava di un'ambizione niente affatto infondata: quando si trasferi' in Sicilia le regioni meridionali della neonata Repubblica italiana avevano gia' alle spalle una intensa stagione di lotte per la riforma agraria. Dai decreti Gullo del 1944 al lodo De Gasperi del 1946, passando per gli eccidi di Portella delle Ginestre (1947), di Melissa, di Montescaglioso e di Torremaggiore (1949), le terre del Sud erano state oggetto di una conflittualita' sociale e politica asperrima, in cui la posta in gioco piu' immediata risiedeva nella riforma della proprieta' fondiaria, quella a piu' lunga scadenza nell'emancipazione sostanziale della maggior parte della popolazione meridionale.
La Sicilia era in quegli anni parte importante dell'orizzonte spaziale, sociale e politico in cui si adoperavano le sinistre italiane per cercare di intercettare, sostenere e guidare il riscatto sociale cui aspirava la popolazione contadina (Rochefort, 2005). Figure come Girolamo Li Causi (primo segretario regionale del Partito comunista), Raniero Panzieri (dal 1949 in Sicilia, dal 1951 segretario regionale del Partito socialista), per non parlare di Giuseppe Di Vittorio e della sua CGIL, ma anche di intellettuali e attivisti come Carlo Levi o Rocco Scotellaro, furono tra i protagonisti piu' impegnati nello spirito di emancipazione e rinnovamento che animo' profondamente le popolazioni meridionali negli anni della ricostruzione - economica, ma anche e soprattutto politica, nel senso di costruzione della democrazia.
Dolci non era dunque solo nel suo anelito a cambiare le cose - in Italia, nel Mezzogiorno, in Sicilia - ma lo espresse, anzi lo agi', in maniera diversa dalla sinistra istituzionale, non solo in merito alla pronunciata connotazione spirituale (ma mai confessionale) che caratterizzo' soprattutto i primi anni della sua esperienza, ma anche rispetto al metodo. Dopo i primi mesi a Trappeto si impegno' nella realizzazione di un progetto comunitario ed educativo, il Borgo di Dio. Si trattava di una forma di intervento di ispirazione umanitaria-religiosa che rifletteva, ma solo in parte, l'esperienza di Nomadelfia. Anche il Borgo, come Nomadelfia, fu creato per accogliere in primo luogo bambini abbandonati a se stessi e destinati a un futuro sventurato. A differenza del progetto di don Saltini, aspirante a una comunita' esemplare, quello di Dolci mirava tuttavia a innescare sinergie virtuose tra le risorse, le energie e i valori gia' presenti all'interno della comunita'. Il suo intento era infatti quello di "collaborare alla vita", non guidarla - cosi' come il suo amico Aldo Capitini ricordava, citando le stesse parole di Dolci, nella biografia che gli dedico' gia' pochi anni dopo averlo conosciuto (Capitini, 1958, p. 33).
Il suo originale modo di porsi dalla parte degli e con gli oppressi esercito' una straordinaria attrazione su alcuni ambienti sia della sinistra che del cristianesimo sociale. Numerosi giovani intellettuali inseriti in contesti culturali e politici agli antipodi di Trappeto o Partinico furono talmente incuriositi da cio' che stava accadendo nella lontana Sicilia, che vi si recarono di persona, trattenendosi per un certo periodo. Scrive Gabriele Corsani: "In particolare intorno alla Trappeto di Dolci ruotano numerosi gruppi di persone, di Milano, Genova, Bologna, Firenze, Siena e Roma [...]; attraverso loro sono collegati i mondi [...] di Ernesto Bonaiuti, Zeno Saltini, Aldo Capitini, Lamberto Borghi, David Maria Turoldo" (Corsani, 2012, p. 168). Accanto a questi luoghi e a questi nomi occorre ricordare anche una vivace rete di giovani donne, soprattutto insegnanti, pedagogiste e scrittrici che si sentirono fortemente attratte dagli innovativi progetti pedagogici prima di Borgo di Dio e poi, dal 1975, del Centro educativo di Mirto. Tra queste ricordiamo Grazia Fresco, Maria Fermi Sacchetti, Margherita Pieracci, Cristina Vittoria Guerrini (poi nota col nome di Cristina Campo), Maria Chiappelli, Anna Bonetti, Ida Sacchetti (Pieracci Harwell, 2012). E, ancora, la pedagogista svedese Elena Norman, futura seconda moglie di Dolci (con cui ebbe i figli Sereno ed En) dopo la rottura del ventennale matrimonio con Vincenzina Mangano, colei che di fatto medio' l'integrazione di Dolci a Trappeto accogliendolo nella sua famiglia - era vedova con cinque figli - per ampliarla e aggiungervi gli altri cinque avuti con lui (Libera, Amico, Cielo, Chiara, Daniela). Occorre inoltre ricordare anche i legami con Torino, da dove presero le mosse giovani sociologi e intellettuali come Vittorio Rieser e Giovanni Mottura e, per altre ragioni, Goffredo Fofi, per andare a conoscere da vicino l'esperienza dolciana. Nonostante la relativa breve durata del loro soggiorno e alcune rilevanti divergenze, politiche e personali - la collaborazione con una personalita' cosi' forte come Dolci non fu sempre facile - questa esperienza fu fondamentale per coloro che, come Raniero Panzieri che aveva seguito da vicino l'attivita' di Dolci (Rizzo, 2001), pochi anni piu' tardi avrebbero dato vita all'esperienza dei Quaderni Rossi, divenendo un nucleo estremamente fecondo della sinistra eterodossa italiana.
Ecco perche' si ritiene che la Sicilia, la Sicilia di Danilo Dolci in particolare, fu uno snodo cruciale per lo formazione politica di un certo ambiente intellettuale su scala nazionale. Alla meta' degli anni Cinquanta le idee della democrazia di base, dell'intervento non al di sopra ma all'interno delle e con le masse, idee che avrebbero caratterizzato profondamente la 'nuova sinistra' transnazionale negli anni a venire, avevano gia' trovato una prima significativa esperienza nel particolare ambiente politico, culturale e umano da lui creato. In particolare la pratica della 'autoanalisi popolare' - un laborioso processo preliminare alla presa di decisioni collettive cosi' come alla costruzione di volonta' politiche condivise - e 'l'inchiesta', volta a trasformare l'oggetto dell'intervento conoscitivo in soggetto consapevole della propria condizione e artefice del cambiamento, furono esperienze cruciali che avrebbero segnato in maniera determinante il lavoro politico del futuro gruppo torinese, il metodo della 'conricerca' (Rieser, 2008; Mottura, 2014) e nuove inchieste sociali, come quella sugli immigrati meridionali a Torino (Fofi, 1964). L'esperienza con Dolci fu sotto questo punto di vista uno snodo cruciale per la circolazione di idee e pratiche di 'vita associata democratica', che per vie e reti relazionali multidirezionali attraversarono l'intero Paese.
L'interesse e il riconoscimento della particolare rilevanza dell'impegno dolciano esorbito' inoltre dai confini nazionali: ne sono prova non solo le numerose traduzioni dei suoi scritti in diverse lingue, ma anche l'attribuzione di una serie di importanti premi e titoli onorari. Tra questi ricordiamo il premio Lenin per la pace (1958), grazie al quale fondo' il Centro studi e iniziative per la piena occupazione a Partinico, e il premio Sonning per il contributo alla civilizzazione europea (1971), ma l'elenco e' ben piu' ricco - ne riporta dettagliate informazioni la nota biografica di Ragone (Ragone, 2011, pp. 13-50) - e comprende anche prestigiosi premi letterari, come il premio internazionale Viareggio per la raccolta di poesie Creatura di creature (Milano 1979).
Cosa contraddistingueva l'impegno di Dolci al punto di farne una figura di riferimento cosi' significativa e influente in Italia come all'estero? Due ci paiono i tratti piu' essenziali della sua ricca biografia.
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La centralita' del lavoro, premessa di liberta' e democrazia
Scriveva Aldo Capitini nel 1958: "Chi puo' negare che ci sia una linea dal Danilo Dolci che nel gennaio 1952 arrivo' a Trappeto per aiutare quelli 'che non ce la facevano' a vivere, al Danilo Dolci di oggi, tutto impegnato a stimolare tutti a fare dell'Italia una Repubblica veramente fondata sul lavoro?" (Capitini, 1958, p. 29). Dolci colse il senso del lavoro come dimensione cruciale per il riscatto sociale e il superamento di rapporti di prevaricazione sin dai primi mesi del suo arrivo a Trappeto e su tale consapevolezza continuo' a lungo a orientare gran parte del suo impegno. Nel particolare tessuto politico e sociale siciliano il lavoro si caricava infatti di un valore particolare di liberazione da un dominio di matrice feudale che continuava a condannare vasti strati di popolazione all'indigenza, all'ignoranza e alla subordinazione passiva su basi di violenza intimidatrice. Tutto cio' era in buona parte riconducibile al fenomeno mafioso, un problema enorme di fronte al quale Dolci, in stretta collaborazione con Franco Alasia, non si sottrasse, intraprendendo inchieste in grado di rendere noti nomi e modalita' di un sistema che lui defini' clientelare-mafioso (Dolci, 1966; Id., 1968), e che gli costo', come pure ad Alasia, un processo per diffamazione e una condanna poi condonata.
Tornando alla questione del lavoro, emerge quanto le azioni di Dolci fossero in sintonia, nonostante le diverse modalita', con le lotte portate avanti dalla sinistra italiana in quello stesso periodo. Negli anni Cinquanta la questione del lavoro riguardava infatti l'intero Paese, basti ricordare la mobilitazione della CGIL di Di Vittorio, che con il suo Piano del lavoro (1949-50) aveva contribuito non poco a caricare di istanze concrete l'art. 1 della neonata Repubblica italiana (Loreto - Musso, 2014). Un raccordo particolarmente significativo tra l'intervento di Dolci in Sicilia e l'impegno civile e politico della sinistra italiana si ebbe in occasione dello 'sciopero a rovescia', organizzato da Dolci nei primi mesi del 1956 per richiamare l'attenzione sull'assenza di infrastrutture elementari, come le strade, e le effettive possibilita' occupazionali nella provincia palermitana. Non si trattava di una forma di lotta inedita nell'Italia di quel periodo, inedita fu tuttavia la rete di solidarieta' nazionale che si sviluppo' a seguito dell'arresto di Dolci e di quattro sindacalisti coinvolti nello sciopero (Schirripa, 2010, p. 73 sgg.). Il processo a Dolci fu tramutato dal suo illustre difensore Piero Calamandrei in un atto d'accusa contro una classe dirigente che non si premurava di onorare il diritto costituzionale al lavoro sancito dall'art. 4. Grazie alla vasta solidarieta' sviluppatasi numerosi intellettuali, politici, e scrittori si presentarono al processo per deporre in favore degli accusati, testimonianze che l'editore Einaudi pubblico' prontamente nel volume Processo all'art. 4 (Torino 1956) e che a distanza di sessant'anni testimoniano della centralita' ascritta a una certa concezione del lavoro per la costruzione della democrazia nell'Italia postfascista (Fofi, 2006). Una concezione che Dolci e i suoi compagni di lotta espressero come segue in una lettera indirizzata alle piu' alte cariche istituzionali per spiegare le ragioni dello 'sciopero a rovescia' e il relativo digiuno intrapreso: "Non per disperazione oggi digiuniamo, ma nella speranza di contribuire perche' l'Italia diventi un paese civile. Sappiamo che lavorando generosamente siamo la vita. Chi ci impedisce e' assassino: non paghiamo le tasse perche' il nostro paese [...] sia una mala galera in mano ai prepotenti. Firmato: mille cittadini che credono nell'articolo 4 della Costituzione" (Dolci in Spagnoletti, 1977, p. 83).
Il lavoro espressione di vita: questa l'idea che avrebbe guidato lunghe e difficili lotte, ma coronate dal successo, per interventi sul territorio atti a favorire l'occupazione e una vita dignitosa alla popolazione. Dolci alterno' progetti concreti, come la realizzazione delle dighe dello Jato e di Roccamena (Barbera, 1964), a iniziative di ricerca, approfondimento e raccolta di fondi per promuovere il lavoro. Rientravano tra queste sia l'organizzazione di importanti convegni che con la partecipazione di studiosi autorevoli contribuirono a fare della piena occupazione una istanza di respiro nazionale, sia la realizzazione di centri permanenti di studio, come il Centro studi e iniziative per la piena occupazione nel 1958 (poi Centro per lo sviluppo creativo) e il Centro di formazione per la pianificazione organica, dal 1968, volto alla formazione di quadri competenti per l'intervento sul territorio a partire da un confronto costante con la popolazione locale.
Tutti i diversi ambiti di azione erano di pari importanza nell'approccio dolciano alla questione del lavoro. Sul piano economico-produttivo egli mirava a promuovere lo sviluppo di un'agricoltura svincolata dal controllo mafioso e capace di garantire il benessere della popolazione; su quello politico e pedagogico si adoperava invece affinche' gli obiettivi perseguiti si realizzassero attraverso pratiche politiche autenticamente democratiche e nonviolente, contribuendo di conseguenza ad alimentare costantemente la cultura politica della partecipazione.
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La nonviolenza e la partecipazione come pratiche di democrazia
La nonviolenza e' stata a lungo, e giustamente, identificata come la cifra peculiare dell'agire dolciano. Per Dolci stesso la nonviolenza costituiva un valore imprescindibile, su di essa scrisse e fu spesso chiamato a esprimersi esplicitamente. Praticare la nonviolenza significava per lui aprirsi al mondo e lottare per il suo cambiamento con mezzi tali da prevenire il riprodursi della violenza. Il rifiuto di uccidere, l'importanza di sottrarsi a schieramenti ideologici e chiusure pregiudiziali, credere nella possibilita' di infrangere consolidate forme di dominio e sopruso furono i principi cardine che orientarono con estrema coerenza la sua vita e le sue numerosissime iniziative. Il digiuno - a partire da quello dell'ottobre 1952 - divenne con lui una pratica originale ed efficace nel panorama politico degli anni Cinquanta, segnato soprattutto da scioperi e proteste di piazza, oltre che repressioni da parte delle forze dell'ordine, troppo spesso degenerate in omicidi di manifestanti.
Come gia' ricordato, il suo primo sciopero della fame non si rifaceva a presupposti teorici di alcun tipo. La notizia dell'atipica protesta dolciana colpi' invece immediatamente l'attenzione di un precursore della nonviolenza nell'Italia repubblicana, il filosofo Aldo Capitini, il quale da Perugia gli fece pervenire parole di piena approvazione e sostegno. Questa presa di contatto fu non solo il primo passo di una nuova e importante amicizia; l'intenso confronto con Capitini, durato fino alla morte di questi (1968), rappresento' anche l'occasione per avviare l'approfondimento teorico dei presupposti della nonviolenza. Sotto questo profilo Capitini fu un vero e proprio maestro per Dolci e questi, dal canto suo, fu indubbiamente uno dei migliori 'allievi' del filosofo. Come emerge dalla corrispondenza tra i due (Barone - Mazzi, 2008), Capitini vedeva nell'agire di Dolci la migliore concretizzazione dei suoi ideali e della sua concezione di azione nonviolenta. La nonviolenza fu per certi versi la base piu' solida di convergenza tra i due, il nucleo valoriale a cui entrambi attinsero nell'alimentare la loro crescente stima reciproca e profonda amicizia.
Ci pare tuttavia che se si sposta il punto di osservazione dall'iniziale afflato spirituale alle attitudini mostrate nei decenni successivi, e' possibile sostituire progressivamente la cifra della nonviolenza con quella di una radicale consapevolezza democratica. Che si considerino la pratica dell'autoanalisi popolare, le sperimentazioni in ambito educativo, la concezione del metodo maieutico, o ancora, la trasformazione del Centro studi sull'occupazione in Centro per lo sviluppo creativo, si puo' constatare la costante presenza di un elemento profondamente qualificante il suo agire: la ricerca, la promozione, l'alimentazione della partecipazione, del coinvolgimento attivo e della presa della parola da parte di tutti i cittadini - non "paesani", come scriveva nella raccolta Il limone lunare (Bari 1970) - di una comunita'. In questo suo procedere Dolci alimentava circuiti comunicativi circolari e processi decisionali il piu' possibile condivisi, e promuoveva di fatto la cultura della democrazia diretta o democrazia di base, quella stessa che in altri contesti ma nello stesso periodo veniva teorizzata in termini di partecipatory democracy.
In questo aspetto, piu' ancora che nella nonviolenza, si distinse dalle pratiche degli altri attori impegnati in progetti di emancipazione di soggetti subalterni, tra cui, in primis, la sinistra istituzionale. Anche questa, nonostante un rapporto difficile con il tema della violenza rivoluzionaria, mai si fece promotrice di pratiche esaltanti la violenza. Se tra i digiuni di Dolci e le manifestazioni sindacali di piazza vi era insomma una sostanziale condivisione di pratiche nonviolente, la differenza risiedeva invece nell'importanza che egli attribuiva alla partecipazione di base. In questo Dolci si distanziava profondamente dalle modalita' verticistiche tipiche dei partiti dell'Italia repubblicana, necessariamente ancorati ai principi della democrazia rappresentativa, cui pero' spesso aggiungevano un di piu' di centralismo che certamente non stimolava la cultura della partecipazione democratica.
Sotto questo profilo Dolci puo' essere piu' adeguatamente collocato vicino all'orientamento della nuova sinistra, pur se egli mai vi si riconobbe esplicitamente. La sua sensibilita' per la democrazia sostanziale, per la cultura politica della partecipazione e della condivisione, cosi' come emerge anche nello scritto indirizzato Ai piu' giovani (Milano 1967), sempre piu' insofferenti all'ordine sociale esistente, attestano una implicita affinita' con l'orizzonte politico e culturale che nel corso degli anni Sessanta ando' strutturandosi attorno al pensiero della nuova sinistra transnazionale. Una certa affinita' puo' essere riscontrata non solo sul piano astratto dell'orizzonte valoriale, ma anche, e forse in misura ancora maggiore, rispetto alle pratiche della politica dolciana. Pratiche definite significativamente 'antiautoritarie' dal gruppo tedesco di solidarieta' terzomondista Brot fur die Welt (Ragone, 2012, p. 41), implicando un nesso, seppur indiretto, con l'antiautoritarismo caro alla nuova sinistra tedesca. L'antiautoritarismo dolciano si esprimeva particolarmente nell'importanza che egli attribuiva alla comunicazione, intesa come processo necessariamente creativo ed educativo, perche' fondato sullo scambio, confronto e sviluppo continuo di idee e saperi (Dolci, 1985). La crescente attenzione sui molteplici potenziali della comunicazione lo porto' peraltro a farsi involontariamente pioniere dell'uso democratico di un mezzo convenzionale quale la radio. Con la creazione di Radio libera Partinico nella primavera del 1970, per denunciare le condizioni in cui ancora viveva la popolazione colpita dal terremoto del Belice due anni prima, si inaugurava un impiego di questo mezzo come strumento di comunicazione dal basso e multidirezionale, in contrapposizione all'uso monodirezionale e controllato dai poteri pubblici fino ad allora praticato (Lorrai, 2015). Sotto questo profilo Dolci ci appare perfettamente in sintonia con le istanze su cui si sviluppo' la nuova sinistra, nonche' un anticipatore di alcune pratiche che l'avrebbero caratterizzata.
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La parabola di un percorso dedicato alla vita (civile)
Tra il Dolci che nel 1952 abbandono' il "caldo nido" di Nomadelfia per aprirsi al "resto del mondo" a quello dedito, negli anni Settanta, al Centro educativo di Mirto - su cui in piu' occasioni fece convenire i piu' competenti pedagogisti di fama internazionale -, al Dolci che nel 1985 trasformo' il Centro studi per la piena occupazione in Centro per lo sviluppo creativo, si puo' riconoscere il percorso di una vita condotta con estrema coerenza. La volonta' di partecipare alla vita per contribuire a cambiarne le condizioni piu' inaccettabili rappresentano un punto fermo nella biografia di Dolci, anche dopo gli anni Cinquanta, il periodo di maggior incisivita' della sua azione. La motivazione che lo porto' a intraprendere il suo primo digiuno fu la stessa che lo porto' a concentrarsi sui metodi educativi negli ultimi decenni della sua vita. Partendo da problemi concreti e circoscritti - l'indigenza, il dominio mafioso, il governo delle acque e l'organizzazione del territorio - focalizzo' progressivamente il suo intervento sull'educazione, intravedendovi le premesse fondamentali da cui partire per infrangere i meccanismi di riproduzione di ignoranza, dominio, violenza. Anche in questo ambito - incentrato sul concetto a lui caro di maieutica (Dolci, 1996; Ragone, 2011, pp. 177-82; Mangano, 1992) - egli non opero' individualmente, bensi' coinvolse pedagogisti, centri di ricerca, scuole, insegnanti, giovani, istituzioni nazionali e internazionali (gia' nel 1980 fu invitato a prendere parte a un simposio sull'educazione organizzato dall'UNESCO). La laurea honoris causa in scienze dell'educazione conferitagli dall'Universita' di Bologna nel 1996 attesta il riconoscimento istituzionale di cui fu coronato questo percorso.
L'evoluzione di Dolci non rifletteva tuttavia unicamente la sua maturazione interiore. Nel frattempo anche la Sicilia era cambiata, numerosi problemi erano rimasti, ma l'indigenza non era piu' causa di morte, la popolazione si era urbanizzata e integrata, soprattutto emigrando al Nord, nei circuiti dell'economia fordista e dei consumi di massa. I 'banditi' di Partinico si erano in qualche modo emancipati, altri erano forse diventati potenti mafiosi, ma la rudezza del tessuto sociale si era indubbiamente mitigata in virtu' di un processo di mobilita' sociale che aveva attraversato anche la Sicilia. Inoltre, le idee della democrazia di base avevano trovato una potente cassa di risonanza nelle culture giovanili, benche' caricate di connotazioni politiche diverse da quelle dolciane.
Va aggiunto, per concludere, che Dolci non coincise mai pienamente coi ruoli che ricopri' nelle diverse fasi della sua vita. La sua figura presentava punti di incontro e convergenza con mondi tra loro molto distanti - la spiritualita' cristiana, la sinistra marxista ortodossa ed eterodossa, il mondo della cultura e della scienza, la povera gente - senza mai aderire, tuttavia, esclusivamente ad alcuno di questi, all'insegna di una soggettivita' eccezionalmente ricca, che rifiutava appartenenze entro rigidi confini identitari. Ancora alla fine degli anni Novanta, quando lo si poteva ormai identificare come un pedagogista, benche' non smise mai di scrivere poesie, il suo impegno debordante si sposto' sulle attivita' della NATO in Sardegna, mettendone in discussione sia la legalita', sia il grave impatto ambientale. Il Dolci pedagogista si ricongiungeva cosi', secondo un moto circolare in continua espansione, col Dolci antimilitarista e pacifista gia' emerso in gioventu'.
La sua vita fu in effetti un moto intenso e continuo che si concluse nella sua amata Partinico il 30 dicembre 1997.
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Opere
Tra i testi selezionati per la stesura di questa voce biografica si vedano Chi gioca solo, Torino 1966; Ai piu' giovani, Milano 1967; Inventare il futuro, Bari 1968; Palpitare di nessi. Ricerca di educare creativo a un mondo nonviolento, Roma 1985; La struttura maieutica e l'evolverci, Scandicci 1996.
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Fonti e bibliografia
A. Capitini, D. D., Manduria 1958; L. Barbera, La diga di Roccamena, Bari 1964 (nuova ed. Porretta - Bologna 2016); G. Fofi, L'immigrazione meridionale a Torino, Milano 1964; Conversazioni con D. D., a cura di G. Spagnoletti, Milano 1977; Inchiesta sulla miseria in Italia, a cura di P. Braghin, Torino 1978; G. Fontanelli, D. D., Firenze 1984; A. Mangano, D. D. educatore. Un nuovo modo di pensare e di essere nell'era atomica, Fiesole 1992; Intervista di M. Tarozzi a D.D., Come l'ape che si posa su un fiore, in DuemilaUno, X (1995), 49, http://www.centrostudialeph.it/archivio/dolci/web_site/dda/tarozzi.html (6 sett. 2016); G. Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo biografico di D. D., Napoli 2000; D. Rizzo, Il Partito socialista e Raniero Panzieri in Sicilia (1949-1955), Soveria Mannelli 2001; Raccontare D. D. L'immaginazione sociologica, il sottosviluppo, la costruzione della societa' civile, a cura di S. Costantino, Roma 2003; G. Fiocco, L'Italia prima del miracolo economico: l'inchiesta parlamentare sulla miseria, 1951-1954, Manduria 2004; G. Fofi, L'inchiesta sociale in Italia e le sue diramazioni, in Lo straniero, 2005, n. 62-63, pp. 46-50; R. Rochefort, Sicilia anni Cinquanta. Lavoro cultura societa', Palermo 2005 [Paris 1961]; Perche' l'Italia diventi un paese civile. Palermo 1956: il processo a D. D., a cura di G. Fofi, Napoli 2006; Aldo Capitini - Danilo Dolci. Lettere 1952-1968, a cura di G. Barone - S. Mazzi, Roma 2008; V. Rieser, L'inchiesta nella fabbrica e nella societa', in L'inchiesta sociale in Italia, a cura di E. Pugliese, Roma 2008, pp. 55-59; V. Schirripa, Borgo di Dio. La Sicilia di D. D. (1952-1956), Milano 2010; M. Ragone, Le parole di D. D.. Anatomia lessicale-concettuale, Foggia 2011; Verso la citta' territorio. L'esperienza di D. D., a cura di G. Corsani - L. Guidi - G. Pizziolo, Firenze 2012 (in partic. G. Corsani, La nascita del Borgo di Dio. Presentazione dell'opuscolo, pp. 167-70; M. Pieracci Harwell, D. D. nei primi anni '50, pp. 123-37); P. Bisconti, Il ricordo di D. D. attraverso le parole della sorella, 2013, http://www.linkiesta.it/it/blog-post/2013/02/10/il-ricordo-di-danilo-dolci-attraverso-le-parole-della-sorella-miriam/14496/ (15 agosto 2016); Il Piano del Lavoro del 1949: contesto storico internazionale e problemi interpretativi, a cura di F. Loreto - S. Musso, Roma 2014; G. Mottura, Vittorio Rieser e l'inchiesta, in Inchiesta, 2014, n. 184, pp. 19-20; M. Lorrai, La breve primavera della radio locale, in L'Italia e le sue regioni, a cura di M. Salvati - L. Sciolla, vol. 4, Societa', Roma 2015, pp. 425-42.
Principale sito di riferimento e' quello del Centro sviluppo creativo Danilo Dolci: http://danilodolci.org/
2. INCONTRI. MOVIMENTO NONVIOLENTO: CONGRESSO DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO A ROMA IL 23-25 FEBBRAIO 2024 "OBIEZIONE ALLA GUERRA, OGGI!"
[Riceviamo e diffondiamo]
Congresso del Movimento Nonviolento
Roma, 23 - 24 - 25 febbraio 2024.
Il titolo del Congresso e': “Obiezione alla guerra, oggi! Priorita' della nonviolenza", una formula che indica gia' obiettivi e strumenti, mezzi e fini. "Priorita' della nonviolenza" ha un doppio significato:
- indicare quali sono le priorita' che la nonviolenza chiede per la realta' di oggi;
- assumere la nonviolenza come priorita' per la nostra vita personale e politica.
Il XXVII Congresso nazionale del Movimento Nonviolento si svolgera' a Roma (Spazio Pubblico – FP Cgil, via di Porta Maggiore 52, zona Termini) nei giorni 23, 24, 25 febbraio 2024.
Il Congresso si aprira' il venerdi' 23 febbraio alle ore 17 con la registrazione dei partecipanti (aperto a tutti, ma votano solo gli iscritti), cui seguira' alle 18 il dibattito pubblico "Elezioni Europee e l'aggiunta nonviolenta", su Europa disarmata, l'Europa e la Nato, i Corpi civili europei di pace, le guerre ai confini d'Europa, Europa dei ponti o dei muri?
Il sabato 24 febbraio, dopo la relazione di apertura sulle attivita' svolte e le prospettive di lavoro, gli interventi dei Centri territoriali, i saluti degli ospiti, seguira' il dibattito che si concludera' con la votazione della Mozione e degli organi statutari.
Al Congresso parteciperanno anche i rappresentanti delle Reti di cui il Movimento Nonviolento fa parte (Rete italiana Pace e Disarmo, Conferenza nazionale Enti di Servizio Civile, Beoc - Ufficio Europeo Obiezione di Coscienza, War Resisters International, ecc.), delle Campagna "Obiezione alla guerra", "Un'altra difesa e' possibile", "La via Maestra per la Costituzione", e delle Associazioni con cui collabora (da Un Ponte per ad Archivio Disarmo, da Cgil a Fondazione Langer, da Acli a Fondazione Capitini, ecc.).
Sara' questa la nostra partecipazione attiva alla giornata di mobilitazione nazionale del 24 febbraio "Fermiamo la criminale follia della guerra" lanciata da Europe for Peace e AssisiPaceGiusta.
Tra gli ospiti del nostro Congresso ci sara' anche Olga Karatch (premio Langer 2023), testimone bielorussa della Campagna di Obiezione alla guerra a difesa dei diritti umani di chi rifiuta la mobilitazione militare e la coscrizione obbligatoria. Ci saranno anche collegamenti con obiettori di coscienza alla guerra in Ucraina e in Palestina.
Il Congresso si concludera' domenica 25 febbraio con la partecipazione collettiva all'Angelus in Piazza San Pietro, nell'ambito della campagna contro tutte le guerra e contro le armi che le rendono possibili di Papa Francesco.
I giornalisti sono invitati.
Mao Valpiana, Presidente
*
Per contatti stampa:
Segreteria Congresso tel. 045 8009803
Presidente (M. Valpiana) cell. 348 2863190
Contatti su Roma (D. Taurino) cell. 328 3736667
3. INIZIATIVE. ONE BILLION RISING 2024: RISE FOR FREEDOM!
[Da One Billion Rising Italia (per contatti: obritalia at gmail.com riceviamo e diffondiamo]
Carissim*,
ci avviciniamo al 14 febbraio e vogliamo, con questa mail, spronare tutt* voi ad essere partecipi ad OBR 2024.
Sono tante le scuole, le associazioni e i gruppi informali che stanno aderendo anche quest'anno, e saremmo particolarmente felici di avervi ancora con noi in questa edizione.
Per chi aderira' e' gia' disponibile il format della locandina che potrete personalizzare con i dati del vostro evento e n. 2 t-shirt ufficiali One Billion Rising.
Siamo a disposizione e vi salutiamo con affetto e gratitudine.
Nicoletta Billi 3332432777
Luisa Rizzitelli 3454767246
Margherita Santicchia 3280199958
One Billion Rising Italy
https://www.onebillionrising.org/
4. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO NARGES MOHAMMADI E LA LOTTA DELLE DONNE IN IRAN. CHIEDIAMO LA LIBERAZIONE DELL'ATTIVISTA PREMIO NOBEL PER LA PACE E CHE SIANO ACCOLTE LE SUE RICHIESTE DI RISPETTO DEI DIRITTI UMANI
Sosteniamo Narges Mohammadi, Premio Nobel per la pace, detenuta in Iran per la sua lotta nonviolenta in difesa dei diritti umani e per l'abolizione della pena di morte.
Sosteniamo la lotta nonviolenta delle donne in Iran per la dignita' umana di tutti gli esseri umani.
Sia liberata Narges Mohammadi e tutte le prigioniere e tutti i prigionieri di coscienza, tutte le detenute e tutti i detenuti politici, tutte le persone innocenti perseguitate e sequestrate, in Iran come ovunque.
Cessi l'oppressione delle donne in Iran come ovunque nel mondo, siano rispettati i diritti umani di tutti gli esseri umani.
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Chiediamo al Parlamento e al governo italiano di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
Chiediamo al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo e alla Commissione Europea di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
Chiediamo al Segretario Generale e all'Assemblea Generale dell'Onu di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
*
Chiediamo a tutte le persone di volonta' buona, a tutti i movimenti democratici, a tutte le istituzioni sollecite del bene comune e della dignita' umana, a tutti i mezzi d'informazione impegnati per la verita' e la giustizia, d'impegnarsi a sostegno di Narges Mohammadi e delle donne iraniane.
*
Donna, vita, liberta'.
5. REPETITA IUVANT. PERCHE' OCCORRE SCRIVERE ORA A BIDEN PER CHIEDERE LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER
Perche' tra un anno negli Stati Uniti d'America ci saranno le elezioni presidenziali.
Ed e' abitudine dei presidenti al termine del mandato di concedere la grazia ad alcune persone detenute.
Quindi e' in questi mesi che Biden decidera' in merito.
E quindi e' adesso che occorre persuaderlo a restituire la liberta' a Leonard Peltier.
*
Di seguito le indicazioni dettagliate per scrivere alla Casa Bianca e una proposta di testo in inglese
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: copiare e incollare il messaggio seguente:
Mr. President,
Although I reside far from your country, I am aware of the injustice that has persisted for 47 years against Leonard Peltier, who was denied a review of his trial even after exculpatory evidence emerged for the events of June 26, 1975 on the Pine Ridge (SD) reservation where two federal agents and a Native American lost their lives.
I therefore appeal to your supreme authority to pardon this man, now elderly and ill, after nearly half a century of imprisonment.
I thank you in advance for your positive decision, with best regards.
Traduzione italiana del testo che precede:
Signor Presidente,
sebbene io risieda lontano dal Suo Paese, sono consapevole dell'ingiustizia che persiste da 47 anni nei confronti di Leonard Peltier, al quale e' stata negata la revisione del processo anche dopo che sono emerse prove a discarico per gli eventi del 26 giugno 1975 nella riserva di Pine Ridge (South Dakota) in cui persero la vita due agenti federali e un nativo americano.
Mi appello quindi alla Sua suprema autorita' affinche' conceda la grazia a questo uomo, ormai anziano e malato, dopo quasi mezzo secolo di detenzione.
La ringrazio fin d'ora per la Sua decisione positiva, con i migliori saluti.
6. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
7. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE
Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it
8. REPETITA IUVANT. SOLIDALI CON LE DONNE IRANIANE NELLA LOTTA NONVIOLENTA PER I DIRITTI UMANI DI TUTTI GLI ESSERI UMANI
Siamo solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessi la repressione del movimento democratico e nonviolento delle donne - e degli uomini postisi alla loro sequela - che si riconosce nel motto "Donna, vita, liberta'", che siano liberate e liberati tutte le prigioniere e tutti i prigionieri politici, che cessi la violenza maschilista di stato, e che siano riconosciuti, rispettati e difesi tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Nessuna autorita' e' legittima se non rispetta la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 402 del 6 febbraio 2024
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che negli anni Ottanta ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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Informativa sulla privacy
E' possibile consultare l'informativa sulla privacy a questo indirizzo: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e' centropacevt at gmail.com
DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 402 del 6 febbraio 2024
In questo numero:
1. Marica Tolomelli: Danilo Dolci
2. Movimento Nonviolento: Congresso del Movimento Nonviolento a Roma il 23-25 febbraio 2024 "Obiezione alla guerra, oggi!"
3. One Billion Rising 2024: Rise for Freedom!
4. Sosteniamo Narges Mohammadi e la lotta delle donne in Iran. Chiediamo la liberazione dell'attivista Premio Nobel per la Pace e che siano accolte le sue richieste di rispetto dei diritti umani
5. Perche' occorre scrivere ora a Biden per chiedere la liberazione di Leonard Peltier
6. Alcuni riferimenti utili
7. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
8. Solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani
1. MAESTRI. MARICA TOLOMELLI: DANILO DOLCI
[Dal sito www.treccani.it riproponiamo la seguente voce estratta dal Dizionario biografico degli italiani (2017)]
Danilo Dolci, poeta e intellettuale-attivista, impegnato su diversi fronti, nacque a Sesana (Trieste) il 28 giugno 1924. Da alcune biografie (Capitini, 1958; Fontanelli, 1976; Barone, 2000) si ricava l'immagine di un'infanzia e una gioventu' sostanzialmente ordinarie per un ragazzo di estrazione sociale medio-borghese, nato sul confine orientale da una madre slovena, Meli Kondely, donna relativamente colta, amante della musica e animata da una profonda fede religiosa, e un padre italiano (Enrico, per la verita' italo-tedesco), ferroviere. Ebbe una sorella minore, Miriam Lippolis, scrittrice, impegnata ancora in tempi recenti a mantenere viva la memoria del fratello (Bisconti, 2013). A causa del lavoro del padre la famiglia dovette presto trasferirsi in Lombardia, dove Danilo frequento' la scuola fino al conseguimento del diploma tecnico (geometra) a Pavia e poi della maturita' artistica a Milano.
*
Gli anni della formazione
Tra gli spostamenti lavorativi del padre occorre ricordare quello, breve ma decisivo, a Trappeto, in provincia di Palermo, nei primi anni Quaranta. Per il ragazzo le visite al seguito del padre furono occasione di un primo incontro con mondi molto lontani da quello in cui viveva, compresa una poverta' a lui sconosciuta.
Le esperienze maggiormente incisive per la biografia del giovane furono due: il rifiuto di arruolarsi nell'esercito della Repubblica sociale italiana (RSI), ragione per cui nel 1943 fuggi' in Abruzzo maturando una profonda avversione per la violenza e il militarismo; l'incontro con la comunita' cattolica di Nomadelfia (presso l'ex campo di concentramento di Fossoli, vicino Modena) e il suo animatore, don Zeno Saltini. Quest'ultimo avvenimento segno' una svolta nella vita di Dolci: nel 1950, all'eta' di 26 anni, abbandono' gli studi in architettura quasi completati a Milano, la fidanzata e il lavoro come insegnante presso una scuola serale di Sesto S. Giovanni (dove aveva conosciuto Franco Alasia, suo futuro strettissimo collaboratore) per prendere parte alla vita comunitaria di Nomadelfia. L'esperienza fu profondamente formativa, Dolci visse con grande fervore quel periodo e partecipo' anche alla fondazione di un secondo centro comunitario nella provincia di Grosseto. Li' si era "come ripulito ed essenzializzato", poi pero' se ne distacco', sentiva il bisogno di uscire da una comunita' che era "come un'isola, un nido caldo", per entrare in contatto con "il resto del mondo" (Dolci, 1968, p. 15). Trappeto, "il paese piu' misero che ave[esse] mai visto", gli parve pertanto la destinazione ideale.
Nonostante la centralita' del rapporto con don Saltini, questo passaggio segno' una ormai definitiva presa di distanza dalle forme di dedizione umanitaria e sociale tipiche dell'impegno cattolico, per approdare a una prassi piu' apertamente laica e dettata dalla necessita' di intervenire su realta' inaccettabili per modificarle. Questo atteggiamento avvicinava Dolci ad altre figure animate da una profonda spiritualita' 'metaconfessionale', mentre lo allontanava, necessariamente, dal cattolicesimo istituzionale.
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La Sicilia, punto di incontro tra Nord e Sud e "il bisogno di collaborare alla vita"
L'arrivo in Sicilia, nel gennaio 1952, segno' la fase piu' intensa della sua vita. Nei primi anni Cinquanta la Sicilia era una sorta di metafora della condizione di indigenza, arretratezza e noncuranza che ampi strati di popolazione dell'ex Regno delle due Sicilie erano ancora costretti a sopportare senza che le classi dirigenti italiane - in sostanziale continuita' tra il periodo liberale, quello fascista e quello repubblicano - fossero riuscite o si fossero preoccupate di affrontare in maniera risolutiva. Trappeto e Partinico erano luoghi al contempo concreti, caratterizzati da una miseria indicibile e da un bisogno improrogabile di intervento, ma anche simboli del malessere profondo che attraversava diffusamente l'intero Mezzogiorno. L'esistenza di gravissime condizioni di arretratezza e deprivazione - connesse al problema della squilibrata distribuzione fondiaria - non era ignota alla classe dirigente italiana. Nello stesso periodo in cui Dolci decise di recarsi presso i piu' poveri e di denunciare, attraverso la pubblicazione dei suoi studi - tra i primi e più noti Fare presto (e bene) perche' si muore (Torino 1954); Banditi a Partinico (Bari 1955); Inchiesta a Palermo (Torino 1956) -, una Commissione parlamentare incaricata di condurre un'inchiesta "sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla", condusse le proprie ricerche, tra il maggio 1952 e il giugno 1953, mettendo in luce una realta' di arretratezza che strideva dolorosamente con l'orizzonte di sviluppo e benessere che si stava preannunciando (Braghin, 1978; Fiocco, 2004).
Il fatto che la questione della poverta' fosse oggetto di iniziative politiche, nonche' di una certa attenzione pubblica, contribui' probabilmente ad amplificare la risonanza del dramma di Trappeto, dove nell'ottobre 1952 un bambino poco piu' che neonato mori' di stenti. La vicenda avrebbe potuto essere letta semplicemente come una triste conferma della gravita' del problema della miseria, ma assunse un significato ben piu' ampio nel momento in cui il giovane Danilo Dolci, da poco arrivato, intraprese uno sciopero della fame per esprimere pubblicamente la sua indignazione e necessita' di ribellione. Come avrebbe piu' tardi spiegato, la sua iniziativa non si baso' su presupposti teorici, essa fu piuttosto una istintiva, umana reazione di fronte a una realta' inaccettabile: "Allora cominciai a digiunare. Non c'era un ragionamento preciso, non avevo letto Gandhi, sapevo solo che non potevo accettare che esistesse un paese senza fognature, senza strade. Anzi le fognature erano le strade stesse. Volevo manifestare istintivamente la mia solidarieta'. Avevo la vaga intuizione [...] che nella zona le cose potessero cambiare" (Intervista, Tarozzi, 1995).
La sua intuizione che "le cose potessero cambiare" nascondeva la determinazione, costante nella sua vita, a intervenire sulla realta' per infrangere forme di dominio 'naturalizzate'. Si trattava di un'ambizione niente affatto infondata: quando si trasferi' in Sicilia le regioni meridionali della neonata Repubblica italiana avevano gia' alle spalle una intensa stagione di lotte per la riforma agraria. Dai decreti Gullo del 1944 al lodo De Gasperi del 1946, passando per gli eccidi di Portella delle Ginestre (1947), di Melissa, di Montescaglioso e di Torremaggiore (1949), le terre del Sud erano state oggetto di una conflittualita' sociale e politica asperrima, in cui la posta in gioco piu' immediata risiedeva nella riforma della proprieta' fondiaria, quella a piu' lunga scadenza nell'emancipazione sostanziale della maggior parte della popolazione meridionale.
La Sicilia era in quegli anni parte importante dell'orizzonte spaziale, sociale e politico in cui si adoperavano le sinistre italiane per cercare di intercettare, sostenere e guidare il riscatto sociale cui aspirava la popolazione contadina (Rochefort, 2005). Figure come Girolamo Li Causi (primo segretario regionale del Partito comunista), Raniero Panzieri (dal 1949 in Sicilia, dal 1951 segretario regionale del Partito socialista), per non parlare di Giuseppe Di Vittorio e della sua CGIL, ma anche di intellettuali e attivisti come Carlo Levi o Rocco Scotellaro, furono tra i protagonisti piu' impegnati nello spirito di emancipazione e rinnovamento che animo' profondamente le popolazioni meridionali negli anni della ricostruzione - economica, ma anche e soprattutto politica, nel senso di costruzione della democrazia.
Dolci non era dunque solo nel suo anelito a cambiare le cose - in Italia, nel Mezzogiorno, in Sicilia - ma lo espresse, anzi lo agi', in maniera diversa dalla sinistra istituzionale, non solo in merito alla pronunciata connotazione spirituale (ma mai confessionale) che caratterizzo' soprattutto i primi anni della sua esperienza, ma anche rispetto al metodo. Dopo i primi mesi a Trappeto si impegno' nella realizzazione di un progetto comunitario ed educativo, il Borgo di Dio. Si trattava di una forma di intervento di ispirazione umanitaria-religiosa che rifletteva, ma solo in parte, l'esperienza di Nomadelfia. Anche il Borgo, come Nomadelfia, fu creato per accogliere in primo luogo bambini abbandonati a se stessi e destinati a un futuro sventurato. A differenza del progetto di don Saltini, aspirante a una comunita' esemplare, quello di Dolci mirava tuttavia a innescare sinergie virtuose tra le risorse, le energie e i valori gia' presenti all'interno della comunita'. Il suo intento era infatti quello di "collaborare alla vita", non guidarla - cosi' come il suo amico Aldo Capitini ricordava, citando le stesse parole di Dolci, nella biografia che gli dedico' gia' pochi anni dopo averlo conosciuto (Capitini, 1958, p. 33).
Il suo originale modo di porsi dalla parte degli e con gli oppressi esercito' una straordinaria attrazione su alcuni ambienti sia della sinistra che del cristianesimo sociale. Numerosi giovani intellettuali inseriti in contesti culturali e politici agli antipodi di Trappeto o Partinico furono talmente incuriositi da cio' che stava accadendo nella lontana Sicilia, che vi si recarono di persona, trattenendosi per un certo periodo. Scrive Gabriele Corsani: "In particolare intorno alla Trappeto di Dolci ruotano numerosi gruppi di persone, di Milano, Genova, Bologna, Firenze, Siena e Roma [...]; attraverso loro sono collegati i mondi [...] di Ernesto Bonaiuti, Zeno Saltini, Aldo Capitini, Lamberto Borghi, David Maria Turoldo" (Corsani, 2012, p. 168). Accanto a questi luoghi e a questi nomi occorre ricordare anche una vivace rete di giovani donne, soprattutto insegnanti, pedagogiste e scrittrici che si sentirono fortemente attratte dagli innovativi progetti pedagogici prima di Borgo di Dio e poi, dal 1975, del Centro educativo di Mirto. Tra queste ricordiamo Grazia Fresco, Maria Fermi Sacchetti, Margherita Pieracci, Cristina Vittoria Guerrini (poi nota col nome di Cristina Campo), Maria Chiappelli, Anna Bonetti, Ida Sacchetti (Pieracci Harwell, 2012). E, ancora, la pedagogista svedese Elena Norman, futura seconda moglie di Dolci (con cui ebbe i figli Sereno ed En) dopo la rottura del ventennale matrimonio con Vincenzina Mangano, colei che di fatto medio' l'integrazione di Dolci a Trappeto accogliendolo nella sua famiglia - era vedova con cinque figli - per ampliarla e aggiungervi gli altri cinque avuti con lui (Libera, Amico, Cielo, Chiara, Daniela). Occorre inoltre ricordare anche i legami con Torino, da dove presero le mosse giovani sociologi e intellettuali come Vittorio Rieser e Giovanni Mottura e, per altre ragioni, Goffredo Fofi, per andare a conoscere da vicino l'esperienza dolciana. Nonostante la relativa breve durata del loro soggiorno e alcune rilevanti divergenze, politiche e personali - la collaborazione con una personalita' cosi' forte come Dolci non fu sempre facile - questa esperienza fu fondamentale per coloro che, come Raniero Panzieri che aveva seguito da vicino l'attivita' di Dolci (Rizzo, 2001), pochi anni piu' tardi avrebbero dato vita all'esperienza dei Quaderni Rossi, divenendo un nucleo estremamente fecondo della sinistra eterodossa italiana.
Ecco perche' si ritiene che la Sicilia, la Sicilia di Danilo Dolci in particolare, fu uno snodo cruciale per lo formazione politica di un certo ambiente intellettuale su scala nazionale. Alla meta' degli anni Cinquanta le idee della democrazia di base, dell'intervento non al di sopra ma all'interno delle e con le masse, idee che avrebbero caratterizzato profondamente la 'nuova sinistra' transnazionale negli anni a venire, avevano gia' trovato una prima significativa esperienza nel particolare ambiente politico, culturale e umano da lui creato. In particolare la pratica della 'autoanalisi popolare' - un laborioso processo preliminare alla presa di decisioni collettive cosi' come alla costruzione di volonta' politiche condivise - e 'l'inchiesta', volta a trasformare l'oggetto dell'intervento conoscitivo in soggetto consapevole della propria condizione e artefice del cambiamento, furono esperienze cruciali che avrebbero segnato in maniera determinante il lavoro politico del futuro gruppo torinese, il metodo della 'conricerca' (Rieser, 2008; Mottura, 2014) e nuove inchieste sociali, come quella sugli immigrati meridionali a Torino (Fofi, 1964). L'esperienza con Dolci fu sotto questo punto di vista uno snodo cruciale per la circolazione di idee e pratiche di 'vita associata democratica', che per vie e reti relazionali multidirezionali attraversarono l'intero Paese.
L'interesse e il riconoscimento della particolare rilevanza dell'impegno dolciano esorbito' inoltre dai confini nazionali: ne sono prova non solo le numerose traduzioni dei suoi scritti in diverse lingue, ma anche l'attribuzione di una serie di importanti premi e titoli onorari. Tra questi ricordiamo il premio Lenin per la pace (1958), grazie al quale fondo' il Centro studi e iniziative per la piena occupazione a Partinico, e il premio Sonning per il contributo alla civilizzazione europea (1971), ma l'elenco e' ben piu' ricco - ne riporta dettagliate informazioni la nota biografica di Ragone (Ragone, 2011, pp. 13-50) - e comprende anche prestigiosi premi letterari, come il premio internazionale Viareggio per la raccolta di poesie Creatura di creature (Milano 1979).
Cosa contraddistingueva l'impegno di Dolci al punto di farne una figura di riferimento cosi' significativa e influente in Italia come all'estero? Due ci paiono i tratti piu' essenziali della sua ricca biografia.
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La centralita' del lavoro, premessa di liberta' e democrazia
Scriveva Aldo Capitini nel 1958: "Chi puo' negare che ci sia una linea dal Danilo Dolci che nel gennaio 1952 arrivo' a Trappeto per aiutare quelli 'che non ce la facevano' a vivere, al Danilo Dolci di oggi, tutto impegnato a stimolare tutti a fare dell'Italia una Repubblica veramente fondata sul lavoro?" (Capitini, 1958, p. 29). Dolci colse il senso del lavoro come dimensione cruciale per il riscatto sociale e il superamento di rapporti di prevaricazione sin dai primi mesi del suo arrivo a Trappeto e su tale consapevolezza continuo' a lungo a orientare gran parte del suo impegno. Nel particolare tessuto politico e sociale siciliano il lavoro si caricava infatti di un valore particolare di liberazione da un dominio di matrice feudale che continuava a condannare vasti strati di popolazione all'indigenza, all'ignoranza e alla subordinazione passiva su basi di violenza intimidatrice. Tutto cio' era in buona parte riconducibile al fenomeno mafioso, un problema enorme di fronte al quale Dolci, in stretta collaborazione con Franco Alasia, non si sottrasse, intraprendendo inchieste in grado di rendere noti nomi e modalita' di un sistema che lui defini' clientelare-mafioso (Dolci, 1966; Id., 1968), e che gli costo', come pure ad Alasia, un processo per diffamazione e una condanna poi condonata.
Tornando alla questione del lavoro, emerge quanto le azioni di Dolci fossero in sintonia, nonostante le diverse modalita', con le lotte portate avanti dalla sinistra italiana in quello stesso periodo. Negli anni Cinquanta la questione del lavoro riguardava infatti l'intero Paese, basti ricordare la mobilitazione della CGIL di Di Vittorio, che con il suo Piano del lavoro (1949-50) aveva contribuito non poco a caricare di istanze concrete l'art. 1 della neonata Repubblica italiana (Loreto - Musso, 2014). Un raccordo particolarmente significativo tra l'intervento di Dolci in Sicilia e l'impegno civile e politico della sinistra italiana si ebbe in occasione dello 'sciopero a rovescia', organizzato da Dolci nei primi mesi del 1956 per richiamare l'attenzione sull'assenza di infrastrutture elementari, come le strade, e le effettive possibilita' occupazionali nella provincia palermitana. Non si trattava di una forma di lotta inedita nell'Italia di quel periodo, inedita fu tuttavia la rete di solidarieta' nazionale che si sviluppo' a seguito dell'arresto di Dolci e di quattro sindacalisti coinvolti nello sciopero (Schirripa, 2010, p. 73 sgg.). Il processo a Dolci fu tramutato dal suo illustre difensore Piero Calamandrei in un atto d'accusa contro una classe dirigente che non si premurava di onorare il diritto costituzionale al lavoro sancito dall'art. 4. Grazie alla vasta solidarieta' sviluppatasi numerosi intellettuali, politici, e scrittori si presentarono al processo per deporre in favore degli accusati, testimonianze che l'editore Einaudi pubblico' prontamente nel volume Processo all'art. 4 (Torino 1956) e che a distanza di sessant'anni testimoniano della centralita' ascritta a una certa concezione del lavoro per la costruzione della democrazia nell'Italia postfascista (Fofi, 2006). Una concezione che Dolci e i suoi compagni di lotta espressero come segue in una lettera indirizzata alle piu' alte cariche istituzionali per spiegare le ragioni dello 'sciopero a rovescia' e il relativo digiuno intrapreso: "Non per disperazione oggi digiuniamo, ma nella speranza di contribuire perche' l'Italia diventi un paese civile. Sappiamo che lavorando generosamente siamo la vita. Chi ci impedisce e' assassino: non paghiamo le tasse perche' il nostro paese [...] sia una mala galera in mano ai prepotenti. Firmato: mille cittadini che credono nell'articolo 4 della Costituzione" (Dolci in Spagnoletti, 1977, p. 83).
Il lavoro espressione di vita: questa l'idea che avrebbe guidato lunghe e difficili lotte, ma coronate dal successo, per interventi sul territorio atti a favorire l'occupazione e una vita dignitosa alla popolazione. Dolci alterno' progetti concreti, come la realizzazione delle dighe dello Jato e di Roccamena (Barbera, 1964), a iniziative di ricerca, approfondimento e raccolta di fondi per promuovere il lavoro. Rientravano tra queste sia l'organizzazione di importanti convegni che con la partecipazione di studiosi autorevoli contribuirono a fare della piena occupazione una istanza di respiro nazionale, sia la realizzazione di centri permanenti di studio, come il Centro studi e iniziative per la piena occupazione nel 1958 (poi Centro per lo sviluppo creativo) e il Centro di formazione per la pianificazione organica, dal 1968, volto alla formazione di quadri competenti per l'intervento sul territorio a partire da un confronto costante con la popolazione locale.
Tutti i diversi ambiti di azione erano di pari importanza nell'approccio dolciano alla questione del lavoro. Sul piano economico-produttivo egli mirava a promuovere lo sviluppo di un'agricoltura svincolata dal controllo mafioso e capace di garantire il benessere della popolazione; su quello politico e pedagogico si adoperava invece affinche' gli obiettivi perseguiti si realizzassero attraverso pratiche politiche autenticamente democratiche e nonviolente, contribuendo di conseguenza ad alimentare costantemente la cultura politica della partecipazione.
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La nonviolenza e la partecipazione come pratiche di democrazia
La nonviolenza e' stata a lungo, e giustamente, identificata come la cifra peculiare dell'agire dolciano. Per Dolci stesso la nonviolenza costituiva un valore imprescindibile, su di essa scrisse e fu spesso chiamato a esprimersi esplicitamente. Praticare la nonviolenza significava per lui aprirsi al mondo e lottare per il suo cambiamento con mezzi tali da prevenire il riprodursi della violenza. Il rifiuto di uccidere, l'importanza di sottrarsi a schieramenti ideologici e chiusure pregiudiziali, credere nella possibilita' di infrangere consolidate forme di dominio e sopruso furono i principi cardine che orientarono con estrema coerenza la sua vita e le sue numerosissime iniziative. Il digiuno - a partire da quello dell'ottobre 1952 - divenne con lui una pratica originale ed efficace nel panorama politico degli anni Cinquanta, segnato soprattutto da scioperi e proteste di piazza, oltre che repressioni da parte delle forze dell'ordine, troppo spesso degenerate in omicidi di manifestanti.
Come gia' ricordato, il suo primo sciopero della fame non si rifaceva a presupposti teorici di alcun tipo. La notizia dell'atipica protesta dolciana colpi' invece immediatamente l'attenzione di un precursore della nonviolenza nell'Italia repubblicana, il filosofo Aldo Capitini, il quale da Perugia gli fece pervenire parole di piena approvazione e sostegno. Questa presa di contatto fu non solo il primo passo di una nuova e importante amicizia; l'intenso confronto con Capitini, durato fino alla morte di questi (1968), rappresento' anche l'occasione per avviare l'approfondimento teorico dei presupposti della nonviolenza. Sotto questo profilo Capitini fu un vero e proprio maestro per Dolci e questi, dal canto suo, fu indubbiamente uno dei migliori 'allievi' del filosofo. Come emerge dalla corrispondenza tra i due (Barone - Mazzi, 2008), Capitini vedeva nell'agire di Dolci la migliore concretizzazione dei suoi ideali e della sua concezione di azione nonviolenta. La nonviolenza fu per certi versi la base piu' solida di convergenza tra i due, il nucleo valoriale a cui entrambi attinsero nell'alimentare la loro crescente stima reciproca e profonda amicizia.
Ci pare tuttavia che se si sposta il punto di osservazione dall'iniziale afflato spirituale alle attitudini mostrate nei decenni successivi, e' possibile sostituire progressivamente la cifra della nonviolenza con quella di una radicale consapevolezza democratica. Che si considerino la pratica dell'autoanalisi popolare, le sperimentazioni in ambito educativo, la concezione del metodo maieutico, o ancora, la trasformazione del Centro studi sull'occupazione in Centro per lo sviluppo creativo, si puo' constatare la costante presenza di un elemento profondamente qualificante il suo agire: la ricerca, la promozione, l'alimentazione della partecipazione, del coinvolgimento attivo e della presa della parola da parte di tutti i cittadini - non "paesani", come scriveva nella raccolta Il limone lunare (Bari 1970) - di una comunita'. In questo suo procedere Dolci alimentava circuiti comunicativi circolari e processi decisionali il piu' possibile condivisi, e promuoveva di fatto la cultura della democrazia diretta o democrazia di base, quella stessa che in altri contesti ma nello stesso periodo veniva teorizzata in termini di partecipatory democracy.
In questo aspetto, piu' ancora che nella nonviolenza, si distinse dalle pratiche degli altri attori impegnati in progetti di emancipazione di soggetti subalterni, tra cui, in primis, la sinistra istituzionale. Anche questa, nonostante un rapporto difficile con il tema della violenza rivoluzionaria, mai si fece promotrice di pratiche esaltanti la violenza. Se tra i digiuni di Dolci e le manifestazioni sindacali di piazza vi era insomma una sostanziale condivisione di pratiche nonviolente, la differenza risiedeva invece nell'importanza che egli attribuiva alla partecipazione di base. In questo Dolci si distanziava profondamente dalle modalita' verticistiche tipiche dei partiti dell'Italia repubblicana, necessariamente ancorati ai principi della democrazia rappresentativa, cui pero' spesso aggiungevano un di piu' di centralismo che certamente non stimolava la cultura della partecipazione democratica.
Sotto questo profilo Dolci puo' essere piu' adeguatamente collocato vicino all'orientamento della nuova sinistra, pur se egli mai vi si riconobbe esplicitamente. La sua sensibilita' per la democrazia sostanziale, per la cultura politica della partecipazione e della condivisione, cosi' come emerge anche nello scritto indirizzato Ai piu' giovani (Milano 1967), sempre piu' insofferenti all'ordine sociale esistente, attestano una implicita affinita' con l'orizzonte politico e culturale che nel corso degli anni Sessanta ando' strutturandosi attorno al pensiero della nuova sinistra transnazionale. Una certa affinita' puo' essere riscontrata non solo sul piano astratto dell'orizzonte valoriale, ma anche, e forse in misura ancora maggiore, rispetto alle pratiche della politica dolciana. Pratiche definite significativamente 'antiautoritarie' dal gruppo tedesco di solidarieta' terzomondista Brot fur die Welt (Ragone, 2012, p. 41), implicando un nesso, seppur indiretto, con l'antiautoritarismo caro alla nuova sinistra tedesca. L'antiautoritarismo dolciano si esprimeva particolarmente nell'importanza che egli attribuiva alla comunicazione, intesa come processo necessariamente creativo ed educativo, perche' fondato sullo scambio, confronto e sviluppo continuo di idee e saperi (Dolci, 1985). La crescente attenzione sui molteplici potenziali della comunicazione lo porto' peraltro a farsi involontariamente pioniere dell'uso democratico di un mezzo convenzionale quale la radio. Con la creazione di Radio libera Partinico nella primavera del 1970, per denunciare le condizioni in cui ancora viveva la popolazione colpita dal terremoto del Belice due anni prima, si inaugurava un impiego di questo mezzo come strumento di comunicazione dal basso e multidirezionale, in contrapposizione all'uso monodirezionale e controllato dai poteri pubblici fino ad allora praticato (Lorrai, 2015). Sotto questo profilo Dolci ci appare perfettamente in sintonia con le istanze su cui si sviluppo' la nuova sinistra, nonche' un anticipatore di alcune pratiche che l'avrebbero caratterizzata.
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La parabola di un percorso dedicato alla vita (civile)
Tra il Dolci che nel 1952 abbandono' il "caldo nido" di Nomadelfia per aprirsi al "resto del mondo" a quello dedito, negli anni Settanta, al Centro educativo di Mirto - su cui in piu' occasioni fece convenire i piu' competenti pedagogisti di fama internazionale -, al Dolci che nel 1985 trasformo' il Centro studi per la piena occupazione in Centro per lo sviluppo creativo, si puo' riconoscere il percorso di una vita condotta con estrema coerenza. La volonta' di partecipare alla vita per contribuire a cambiarne le condizioni piu' inaccettabili rappresentano un punto fermo nella biografia di Dolci, anche dopo gli anni Cinquanta, il periodo di maggior incisivita' della sua azione. La motivazione che lo porto' a intraprendere il suo primo digiuno fu la stessa che lo porto' a concentrarsi sui metodi educativi negli ultimi decenni della sua vita. Partendo da problemi concreti e circoscritti - l'indigenza, il dominio mafioso, il governo delle acque e l'organizzazione del territorio - focalizzo' progressivamente il suo intervento sull'educazione, intravedendovi le premesse fondamentali da cui partire per infrangere i meccanismi di riproduzione di ignoranza, dominio, violenza. Anche in questo ambito - incentrato sul concetto a lui caro di maieutica (Dolci, 1996; Ragone, 2011, pp. 177-82; Mangano, 1992) - egli non opero' individualmente, bensi' coinvolse pedagogisti, centri di ricerca, scuole, insegnanti, giovani, istituzioni nazionali e internazionali (gia' nel 1980 fu invitato a prendere parte a un simposio sull'educazione organizzato dall'UNESCO). La laurea honoris causa in scienze dell'educazione conferitagli dall'Universita' di Bologna nel 1996 attesta il riconoscimento istituzionale di cui fu coronato questo percorso.
L'evoluzione di Dolci non rifletteva tuttavia unicamente la sua maturazione interiore. Nel frattempo anche la Sicilia era cambiata, numerosi problemi erano rimasti, ma l'indigenza non era piu' causa di morte, la popolazione si era urbanizzata e integrata, soprattutto emigrando al Nord, nei circuiti dell'economia fordista e dei consumi di massa. I 'banditi' di Partinico si erano in qualche modo emancipati, altri erano forse diventati potenti mafiosi, ma la rudezza del tessuto sociale si era indubbiamente mitigata in virtu' di un processo di mobilita' sociale che aveva attraversato anche la Sicilia. Inoltre, le idee della democrazia di base avevano trovato una potente cassa di risonanza nelle culture giovanili, benche' caricate di connotazioni politiche diverse da quelle dolciane.
Va aggiunto, per concludere, che Dolci non coincise mai pienamente coi ruoli che ricopri' nelle diverse fasi della sua vita. La sua figura presentava punti di incontro e convergenza con mondi tra loro molto distanti - la spiritualita' cristiana, la sinistra marxista ortodossa ed eterodossa, il mondo della cultura e della scienza, la povera gente - senza mai aderire, tuttavia, esclusivamente ad alcuno di questi, all'insegna di una soggettivita' eccezionalmente ricca, che rifiutava appartenenze entro rigidi confini identitari. Ancora alla fine degli anni Novanta, quando lo si poteva ormai identificare come un pedagogista, benche' non smise mai di scrivere poesie, il suo impegno debordante si sposto' sulle attivita' della NATO in Sardegna, mettendone in discussione sia la legalita', sia il grave impatto ambientale. Il Dolci pedagogista si ricongiungeva cosi', secondo un moto circolare in continua espansione, col Dolci antimilitarista e pacifista gia' emerso in gioventu'.
La sua vita fu in effetti un moto intenso e continuo che si concluse nella sua amata Partinico il 30 dicembre 1997.
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Opere
Tra i testi selezionati per la stesura di questa voce biografica si vedano Chi gioca solo, Torino 1966; Ai piu' giovani, Milano 1967; Inventare il futuro, Bari 1968; Palpitare di nessi. Ricerca di educare creativo a un mondo nonviolento, Roma 1985; La struttura maieutica e l'evolverci, Scandicci 1996.
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Fonti e bibliografia
A. Capitini, D. D., Manduria 1958; L. Barbera, La diga di Roccamena, Bari 1964 (nuova ed. Porretta - Bologna 2016); G. Fofi, L'immigrazione meridionale a Torino, Milano 1964; Conversazioni con D. D., a cura di G. Spagnoletti, Milano 1977; Inchiesta sulla miseria in Italia, a cura di P. Braghin, Torino 1978; G. Fontanelli, D. D., Firenze 1984; A. Mangano, D. D. educatore. Un nuovo modo di pensare e di essere nell'era atomica, Fiesole 1992; Intervista di M. Tarozzi a D.D., Come l'ape che si posa su un fiore, in DuemilaUno, X (1995), 49, http://www.centrostudialeph.it/archivio/dolci/web_site/dda/tarozzi.html (6 sett. 2016); G. Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo biografico di D. D., Napoli 2000; D. Rizzo, Il Partito socialista e Raniero Panzieri in Sicilia (1949-1955), Soveria Mannelli 2001; Raccontare D. D. L'immaginazione sociologica, il sottosviluppo, la costruzione della societa' civile, a cura di S. Costantino, Roma 2003; G. Fiocco, L'Italia prima del miracolo economico: l'inchiesta parlamentare sulla miseria, 1951-1954, Manduria 2004; G. Fofi, L'inchiesta sociale in Italia e le sue diramazioni, in Lo straniero, 2005, n. 62-63, pp. 46-50; R. Rochefort, Sicilia anni Cinquanta. Lavoro cultura societa', Palermo 2005 [Paris 1961]; Perche' l'Italia diventi un paese civile. Palermo 1956: il processo a D. D., a cura di G. Fofi, Napoli 2006; Aldo Capitini - Danilo Dolci. Lettere 1952-1968, a cura di G. Barone - S. Mazzi, Roma 2008; V. Rieser, L'inchiesta nella fabbrica e nella societa', in L'inchiesta sociale in Italia, a cura di E. Pugliese, Roma 2008, pp. 55-59; V. Schirripa, Borgo di Dio. La Sicilia di D. D. (1952-1956), Milano 2010; M. Ragone, Le parole di D. D.. Anatomia lessicale-concettuale, Foggia 2011; Verso la citta' territorio. L'esperienza di D. D., a cura di G. Corsani - L. Guidi - G. Pizziolo, Firenze 2012 (in partic. G. Corsani, La nascita del Borgo di Dio. Presentazione dell'opuscolo, pp. 167-70; M. Pieracci Harwell, D. D. nei primi anni '50, pp. 123-37); P. Bisconti, Il ricordo di D. D. attraverso le parole della sorella, 2013, http://www.linkiesta.it/it/blog-post/2013/02/10/il-ricordo-di-danilo-dolci-attraverso-le-parole-della-sorella-miriam/14496/ (15 agosto 2016); Il Piano del Lavoro del 1949: contesto storico internazionale e problemi interpretativi, a cura di F. Loreto - S. Musso, Roma 2014; G. Mottura, Vittorio Rieser e l'inchiesta, in Inchiesta, 2014, n. 184, pp. 19-20; M. Lorrai, La breve primavera della radio locale, in L'Italia e le sue regioni, a cura di M. Salvati - L. Sciolla, vol. 4, Societa', Roma 2015, pp. 425-42.
Principale sito di riferimento e' quello del Centro sviluppo creativo Danilo Dolci: http://danilodolci.org/
2. INCONTRI. MOVIMENTO NONVIOLENTO: CONGRESSO DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO A ROMA IL 23-25 FEBBRAIO 2024 "OBIEZIONE ALLA GUERRA, OGGI!"
[Riceviamo e diffondiamo]
Congresso del Movimento Nonviolento
Roma, 23 - 24 - 25 febbraio 2024.
Il titolo del Congresso e': “Obiezione alla guerra, oggi! Priorita' della nonviolenza", una formula che indica gia' obiettivi e strumenti, mezzi e fini. "Priorita' della nonviolenza" ha un doppio significato:
- indicare quali sono le priorita' che la nonviolenza chiede per la realta' di oggi;
- assumere la nonviolenza come priorita' per la nostra vita personale e politica.
Il XXVII Congresso nazionale del Movimento Nonviolento si svolgera' a Roma (Spazio Pubblico – FP Cgil, via di Porta Maggiore 52, zona Termini) nei giorni 23, 24, 25 febbraio 2024.
Il Congresso si aprira' il venerdi' 23 febbraio alle ore 17 con la registrazione dei partecipanti (aperto a tutti, ma votano solo gli iscritti), cui seguira' alle 18 il dibattito pubblico "Elezioni Europee e l'aggiunta nonviolenta", su Europa disarmata, l'Europa e la Nato, i Corpi civili europei di pace, le guerre ai confini d'Europa, Europa dei ponti o dei muri?
Il sabato 24 febbraio, dopo la relazione di apertura sulle attivita' svolte e le prospettive di lavoro, gli interventi dei Centri territoriali, i saluti degli ospiti, seguira' il dibattito che si concludera' con la votazione della Mozione e degli organi statutari.
Al Congresso parteciperanno anche i rappresentanti delle Reti di cui il Movimento Nonviolento fa parte (Rete italiana Pace e Disarmo, Conferenza nazionale Enti di Servizio Civile, Beoc - Ufficio Europeo Obiezione di Coscienza, War Resisters International, ecc.), delle Campagna "Obiezione alla guerra", "Un'altra difesa e' possibile", "La via Maestra per la Costituzione", e delle Associazioni con cui collabora (da Un Ponte per ad Archivio Disarmo, da Cgil a Fondazione Langer, da Acli a Fondazione Capitini, ecc.).
Sara' questa la nostra partecipazione attiva alla giornata di mobilitazione nazionale del 24 febbraio "Fermiamo la criminale follia della guerra" lanciata da Europe for Peace e AssisiPaceGiusta.
Tra gli ospiti del nostro Congresso ci sara' anche Olga Karatch (premio Langer 2023), testimone bielorussa della Campagna di Obiezione alla guerra a difesa dei diritti umani di chi rifiuta la mobilitazione militare e la coscrizione obbligatoria. Ci saranno anche collegamenti con obiettori di coscienza alla guerra in Ucraina e in Palestina.
Il Congresso si concludera' domenica 25 febbraio con la partecipazione collettiva all'Angelus in Piazza San Pietro, nell'ambito della campagna contro tutte le guerra e contro le armi che le rendono possibili di Papa Francesco.
I giornalisti sono invitati.
Mao Valpiana, Presidente
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Per contatti stampa:
Segreteria Congresso tel. 045 8009803
Presidente (M. Valpiana) cell. 348 2863190
Contatti su Roma (D. Taurino) cell. 328 3736667
3. INIZIATIVE. ONE BILLION RISING 2024: RISE FOR FREEDOM!
[Da One Billion Rising Italia (per contatti: obritalia at gmail.com riceviamo e diffondiamo]
Carissim*,
ci avviciniamo al 14 febbraio e vogliamo, con questa mail, spronare tutt* voi ad essere partecipi ad OBR 2024.
Sono tante le scuole, le associazioni e i gruppi informali che stanno aderendo anche quest'anno, e saremmo particolarmente felici di avervi ancora con noi in questa edizione.
Per chi aderira' e' gia' disponibile il format della locandina che potrete personalizzare con i dati del vostro evento e n. 2 t-shirt ufficiali One Billion Rising.
Siamo a disposizione e vi salutiamo con affetto e gratitudine.
Nicoletta Billi 3332432777
Luisa Rizzitelli 3454767246
Margherita Santicchia 3280199958
One Billion Rising Italy
https://www.onebillionrising.org/
4. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO NARGES MOHAMMADI E LA LOTTA DELLE DONNE IN IRAN. CHIEDIAMO LA LIBERAZIONE DELL'ATTIVISTA PREMIO NOBEL PER LA PACE E CHE SIANO ACCOLTE LE SUE RICHIESTE DI RISPETTO DEI DIRITTI UMANI
Sosteniamo Narges Mohammadi, Premio Nobel per la pace, detenuta in Iran per la sua lotta nonviolenta in difesa dei diritti umani e per l'abolizione della pena di morte.
Sosteniamo la lotta nonviolenta delle donne in Iran per la dignita' umana di tutti gli esseri umani.
Sia liberata Narges Mohammadi e tutte le prigioniere e tutti i prigionieri di coscienza, tutte le detenute e tutti i detenuti politici, tutte le persone innocenti perseguitate e sequestrate, in Iran come ovunque.
Cessi l'oppressione delle donne in Iran come ovunque nel mondo, siano rispettati i diritti umani di tutti gli esseri umani.
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Chiediamo al Parlamento e al governo italiano di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
Chiediamo al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo e alla Commissione Europea di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
Chiediamo al Segretario Generale e all'Assemblea Generale dell'Onu di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
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Chiediamo a tutte le persone di volonta' buona, a tutti i movimenti democratici, a tutte le istituzioni sollecite del bene comune e della dignita' umana, a tutti i mezzi d'informazione impegnati per la verita' e la giustizia, d'impegnarsi a sostegno di Narges Mohammadi e delle donne iraniane.
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Donna, vita, liberta'.
5. REPETITA IUVANT. PERCHE' OCCORRE SCRIVERE ORA A BIDEN PER CHIEDERE LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER
Perche' tra un anno negli Stati Uniti d'America ci saranno le elezioni presidenziali.
Ed e' abitudine dei presidenti al termine del mandato di concedere la grazia ad alcune persone detenute.
Quindi e' in questi mesi che Biden decidera' in merito.
E quindi e' adesso che occorre persuaderlo a restituire la liberta' a Leonard Peltier.
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Di seguito le indicazioni dettagliate per scrivere alla Casa Bianca e una proposta di testo in inglese
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: copiare e incollare il messaggio seguente:
Mr. President,
Although I reside far from your country, I am aware of the injustice that has persisted for 47 years against Leonard Peltier, who was denied a review of his trial even after exculpatory evidence emerged for the events of June 26, 1975 on the Pine Ridge (SD) reservation where two federal agents and a Native American lost their lives.
I therefore appeal to your supreme authority to pardon this man, now elderly and ill, after nearly half a century of imprisonment.
I thank you in advance for your positive decision, with best regards.
Traduzione italiana del testo che precede:
Signor Presidente,
sebbene io risieda lontano dal Suo Paese, sono consapevole dell'ingiustizia che persiste da 47 anni nei confronti di Leonard Peltier, al quale e' stata negata la revisione del processo anche dopo che sono emerse prove a discarico per gli eventi del 26 giugno 1975 nella riserva di Pine Ridge (South Dakota) in cui persero la vita due agenti federali e un nativo americano.
Mi appello quindi alla Sua suprema autorita' affinche' conceda la grazia a questo uomo, ormai anziano e malato, dopo quasi mezzo secolo di detenzione.
La ringrazio fin d'ora per la Sua decisione positiva, con i migliori saluti.
6. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
7. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE
Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it
8. REPETITA IUVANT. SOLIDALI CON LE DONNE IRANIANE NELLA LOTTA NONVIOLENTA PER I DIRITTI UMANI DI TUTTI GLI ESSERI UMANI
Siamo solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessi la repressione del movimento democratico e nonviolento delle donne - e degli uomini postisi alla loro sequela - che si riconosce nel motto "Donna, vita, liberta'", che siano liberate e liberati tutte le prigioniere e tutti i prigionieri politici, che cessi la violenza maschilista di stato, e che siano riconosciuti, rispettati e difesi tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Nessuna autorita' e' legittima se non rispetta la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 402 del 6 febbraio 2024
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che negli anni Ottanta ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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