[Nonviolenza] Telegrammi. 5071



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5071 del 6 gennaio 2024
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Jean-Marie Muller: Premessa a "Il principio nonviolenza. Una filosofia della pace"
2. Vandana Shiva: Principi costitutivi di una democrazia della comunita' terrena
3. La redazione de "La nonviolenza e' in cammino" scrive alla Presidente del Parlamento Europeo: "Portiamo a compimento l'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier"
4. A costo di sembrare il solito grillo parlante... (novembre 2023)
5. Adesione popolare alla denuncia sulla presenza di armi nucleari in Italia
6. Sosteniamo Narges Mohammadi e la lotta delle donne in Iran. Chiediamo la liberazione dell'attivista Premio Nobel per la Pace e che siano accolte le sue richieste di rispetto dei diritti umani
7. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa? (aprile 2023)
8. Segnalazioni librarie
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. TESTI. JEAN-MARIE MULLER: PREMESSA A "IL PRINCIPIO NONVIOLENZA. UNA FILOSOFIA DELLA PACE"
[Da Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza. Una filosofia della pace, Plus - Pisa University Press, Pisa 2004 (traduzione italiana di Enrico Peyretti dell'edizione originale Le principe de non-violence. Parcours philosophique, Desclee de Brouwer, Paris 1995) riprendiamo la Premessa alle pp. 21-27. Ringraziamo di cuore Enrico Peyretti per averci messo a disposizione la sua traduzione]

La violenza e' la materia prima dell'attualita'. Essa e' il migliore ingrediente del sensazionale. Ogni giorno noi siamo informati delle violenze che qui o la' nel mondo brutalizzano e assassinano i nostri simili.
L'informazione alla quale noi siamo sottomessi fa di noi dei voyeurs, dei guardoni che guardano gli altri morire e soffrire. Noi non abbiamo piu' molta distanza dall'avvenimento che si svolge  sotto i nostri occhi in tempo reale. Ma senza questa presa di distanza non c'e' piu' posto per il pensiero. I mezzi di comunicazione di massa non ci informano sulle ragioni e sui rischi della violenza, ma sulla violenza stessa. Essi non  suscitano un'opinione pubblica ma un'emozione pubblica.
Le violenze che fanno l'attualita' hanno delle spiegazioni circostanziate relative alle situazioni economiche e politiche nelle quali esse avvengono, ma tutte si radicano in cio' che si puo' chiamare una "cultura della violenza". Nel confronto tra le culture che ha luogo dappertutto nel mondo e in ogni societa', e' usuale fare appello alla mutua tolleranza. Si fa notare che se  noi facciamo lo sforzo di conoscerci meglio e di comprendere meglio  la cultura degli altri, noi scopriremo cio' che ciascuna cultura racchiude di grandezza e di nobilta'. E si afferma che per vivere in pace gli uni con gli altri noi dobbiamo accettare le nostre differenze. Tutto questo e' vero, ma soltanto in parte, poiche' non sono forse piuttosto le nostre somiglianze che generano i nostri conflitti, le nostre questioni e le nostre lotte? Non e' forse per il fatto che noi ci imitiamo gli uni gli altri che ci ritroviamo continuamente in guerra gli uni contro gli altri? Non e' forse perche' le nostre culture sono ugualmente impregnate dalla "ideologia della violenza" che noi siamo in permanenza sul punto di ucciderci gli uni gli altri? In realta', l'ideologia della violenza necessaria legittima e onorevole tende a cancellare le differenze tra le diverse culture e fa venire in luce delle somiglianze spaventose. Le nostre culture si assomigliano perche' esse sono tutte culture della violenza. E' per questo, per vivere in pace le une con le altre, che non si tratta tanto di accettare le nostre differenze, quanto di rifiutare le nostre somiglianze.
Una delle insistenze prioritarie di questo libro sara' di analizzare e fare la critica radicale di cio' che noi chiamiamo la "cultura della violenza" e "l'ideologia della violenza". Poi noi apriremo le prospettive di una "filosofia della nonviolenza" e di una "cultura della nonviolenza" di cui ci sforzeremo di precisare i fondamenti e gli elementi.
A guardare la storia, puo' sembrare che la violenza pesi sull'umanita' come una fatalita'. Se l'uomo fosse un animale sarebbe il piu' crudele degli animali. Ma l'uomo e' un essere dotato di ragione ed e' precisamente per questo che egli e' il piu' crudele degli esseri viventi. Se l'uomo non fosse dotato di ragione, non sarebbe stato capace di programmare scientemente e scientificamente le tragedie di Auschwitz, di Hiroshima e dell'arcipelago Gulag. E tante altre tragedie sono avvenute attraverso il mondo prima e dopo queste che possono tutte ugualmente essere simbolo dell'orrore e della violenza organizzata dell'uomo contro l'uomo. Come puo' la coscienza umana non rivoltarsi al ricordo di tutte queste violenze e di tutte le persone il cui volto attraverso il corso dei secoli è stato sfigurato dal ferro e dal fuoco? E' lo scandalo di questa violenza esercitata da uomini su altri uomini che mette in movimento il pensiero filosofico; e' la certezza che questo male non deve essere che provoca la riflessione. Noi vogliamo sostenere che la rivolta del pensiero davanti alla violenza che fa soffrire gli uomini e' l'atto fondatore della filosofia. Noi vogliamo affermare che il rifiuto di ogni legittimazione di questa violenza fonda il principio di nonviolenza.
La cultura e', secondo la definizione che ne ha dato Marcel Mauss "l'insieme delle forme acquisite di comportamento nelle societa' umane" (1). E' per questo che noi parliamo di "cultura della violenza" per dire che gli individui, sotto l'effetto dell'influenza sociale, orientano il loro comportamento privilegiando la violenza come mezzo normale per difendere la loro comunita' di fronte alle minacce che pesano su di essa. La cultura coltiva la violenza (coltivare viene dal latino colere che significa nello stesso tempo coltivare ed onorare) inculcando negli individui l'idea che essa e' la virtu' dell'uomo forte, dell'uomo coraggioso, dell'uomo d'onore che assume il rischio di morire per difendere i valori che danno un senso alla sua vita. Nell'immaginario dei popoli, l'eroe e' colui che ha preso le armi per difendere la patria contro i barbari. E la societa' innalza statue e rende un culto ai suoi eroi. La cultura circonda la violenza di prestigio, ma, precisamente, dire che la violenza e' prestigiosa e' riconoscere (secondo il significato etimologico di questa parola che viene dal latino praestigiosus, "che fa illusione") che essa e' illusoria, cioe' che essa inganna coloro che cedono alla sua tentazione. Ma da quando degli uomini hanno cominciato a versare il loro sangue per una causa, questa, qualunque essa sia, diventa sacra. Sara' per loro necessario continuare sempre a versare il loro sangue affinche' non si possa dire che le prime vittime hanno versato il loro invano. E' la violenza in definitiva che sacralizza la causa e non il contrario. Cosi' Zarathustra proclama ai suoi "fratelli" nella guerra: "Voi dite che la buona causa santifica persino la guerra? Io vi dico: e' la buona guerra che santifica ogni causa" (2). Se la violenza e' sacralizzata, la nonviolenza non puo' essere che sacrilegio e colui che vi si appella merita l'anatema.
Una delle manifestazioni piu' significative della nostra cultura della violenza e' l'importanza considerevole degli investimenti intellettuali consentiti nell'attivita' delle nostre societa' per la fabbricazione delle armi in vista di organizzare l'omicidio di massa dei nostri simili, e noi siamo a tal punto "coltivati" che questa produzione di armi non soltanto non ci scandalizza, ma nemmeno ci stupisce. Noi abbiamo d'altra parte a nostra disposizione una quantita' di argomenti per giustificare questo fatto.
La cultura della violenza ha bisogno di riferirsi a una costruzione razionale che permetta agli individui di giustificare la violenza. E' qui che interviene la "ideologia della violenza”. La sua funzione e' quella di costruire una rappresentazione della violenza che evita di vedere cio' che essa e' effettivamente: inumana e scandalosa. L'ideologia della violenza mira ad occultare cio' che la violenza ha di irrazionale ed inaccettabile e a farne prevalere una rappresentazione razionale accettabile. Si tratta di dissimulare la realta' scandalosa della violenza attraverso una rappresentazione che la valorizzi positivamente. Lo scopo ricercato - e spesso raggiunto - e' la banalizzazione della violenza. Invece di essere bandita - dichiarata fuori legge - la violenza e' banalizzata - dichiarata conforme alla legge. Da questo momento, piu' nessun freno intellettuale si opporra' all'uso della violenza.
"La morale, scrive Emmanuel Levinas, non appartiene alla cultura: essa permette di giudicarla" (3). Per poter giudicare la cultura, e' importante dunque sospendere la nostra adesione ai giudizi che la cultura ci ha inculcato. Difficile impresa, che esige di prendere una distanza dalla nostra cultura per disapprendere quello che noi abbiamo appreso, per rinnovare il nostro sguardo sull'uomo e sul mondo, per ri-pensare il nostro pensiero. Si tratta di rimettere in causa i nostri saperi per rimettere ordine nelle nostre idee. Si tratta di mettere in dubbio le nostre credenze per ri-prendere coscienza, per ri-prendere conoscenza. Ma in nome di quali criteri e di quali esigenze? In nome della filosofia? Ma dove scoprire la sorgente della filosofia se non ancora nella nostra cultura? Sarebbe illusorio pretendere di sfuggire ad ogni influenza, ma forse e' possibile prendere la misura delle influenze culturali alle quali noi siamo stati sottomessi - esse sono molteplici e contraddittorie - e di discernere quelle che sono delle aperture verso una maggiore luce, che sono portatrici di senso, e quelle al contrario che sono delle chiusure e degli accecamenti. Forse e' possibile scegliere le nostre influenze. L'uomo deve fare questa scommessa, che egli non e' un essere determinato sottomesso alla fatalita'. Egli non e' libero, egli non nasce libero, ma puo' conquistare la propria liberta'. La liberta' e' sempre un inizio, un ri-cominciamento. Come ultima risorsa, l'uomo non ha altra scelta che farsi lui stesso giudice della verita' che da' senso alla sua vita. Egli non potrebbe senza dimissionare dalla sua responsabilita' sottomettersi a una qualunque autorita' esteriore che gli detti la verita'. Per diventare responsabile ed autonomo egli non puo' far altro che affidarsi alla sua propria ragione e non alle ragioni degli altri. Poiche' e' un essere ragionevole, l'uomo ha la facolta' di liberarsi poco a poco dai condizionamenti e dalle chiusure della cultura per costruire poco a poco il suo pensiero, la sua morale, la sua filosofia.
Noi abbiamo preso l'abitudine di mettere le violenze che condanniamo sul conto degli estremismi. Ma questi estremismi che noi rifiutiamo non sono possibili che grazie alle ortodossie che noi accettiamo. Per definizione, l'estremista e' il partigiano di una dottrina spinta fino alle sue conseguenze estreme, e cio' significa che esiste un legame tra questa dottrina e le ragioni degli estremisti. L'ortodossia della dottrina alla quale questi si riferiscono non e' innocente dei misfatti e dei crimini ai quali essi si abbandonano. Gli estremismi di cui noi vediamo dappertutto gli effetti distruttivi non possono esistere che per il fatto che essi prendono dalle ortodossie gli argomenti per la loro propaganda. Certo, essi esagerano, ma precisamente cio' che essi esagerano, cioe' ingrandiscono e amplificano, sono i principi dell'ortodossia. E' l'ortodossia che offre la materia prima dell'esagerazione dell'estremismo; e' essa che gli fornisce i pretesti che servono a giustificare i suoi eccessi. Le ortodossie portano cosi' il germe e nutrono esse stesse le escrescenze degli estremismi. Giustificando "l'uso ragionevole della violenza", le ortodossie giustificano gia' l'abuso degli estremismi. Poiche' la violenza non e' ragionevole ed e' in se stessa un abuso. La violenza che si crede legata pacificamente dentro l'ortodossia si risveglia da un momento all'altro, si scatena e diventa orrenda. Ma proprio l'ortodossia e' il suo campo base da cui essa dirige le sue operazioni criminali. Per combattere la violenza degli estremismi bisogna arrivare a braccarla e stanarla nei punti precisi dove essa si ripara nel seno delle ortodossie.
L'ideologia nazionalista che insegna il disprezzo dello straniero si appoggia sul culto della patria che esalta l'identita' nazionale dei popoli. Lo stato totalitario pretende di fondare la sua legittimita' sulla dottrina della democrazia che attribuisce allo stato il monopolio della violenza legittima. La guerra totale fonda la sua giustificazione sulla dottrina della guerra giusta che legittima e onora la violenza e l'omicidio dal momento che essi sono al servizio di una causa giusta. L'integrismo religioso si radica nell'ortodossia delle religioni che professano una dottrina della violenza legittima.
Percio' non e' possibile sconfessare, ricusare e disarmare gli estremismi senza rimettere in causa le ortodossie che forniscono loro le giustificazioni. Per spezzare la logica di violenza degli estremismi, noi dobbiamo cominciare col rompere con tutto cio' che nella nostra propria cultura, legittima e onora la violenza come la virtu' dell'uomo forte. Questa rottura sara' dolorosa, perche' essa dovra' avvenire in profondita'. Noi scopriremo che per rompere con la cultura della violenza si tratta in definitiva di rompere con la nostra stessa cultura. Ed e' estremamente difficile rifiutare la tradizione che ci e' stata trasmessa come una eredita' sacra. Anche quando noi avremo acquisito la convinzione che questa rottura e' necessaria per delegittimare definitivamente la violenza, essa ci apparira' ancora, in qualche misura, come un rinnegamento, come una abiura. Soprattutto, essa sara' sentita come un sacrilegio dagli altri, da quelli che vorranno difendere la tradizione. Questo senso di sacrilegio sara' raddoppiato quando, come e' spesso il caso, l'ideologia della violenza sara' coniugata con una dottrina religiosa. Quelli che vorranno difendere la sana dottrina denunceranno ogni rottura come un'eresia e non mancheranno di gettare l'anatema sugli infedeli.
Le tradizioni di cui noi siamo gli eredi, mentre hanno dato un grande e bello spazio alla violenza, non hanno praticamente accordato alcuno spazio alla nonviolenza, fino al punto di ignorarne il nome. Tuttavia, in ciascuna delle nostre tradizioni ci sono dei punti di appoggio sui quali noi possiamo fondare una saggezza della nonviolenza. Ciascuna delle nostre tradizioni, in effetti, porta in se stessa dei "valori" che conferiscono ad ogni uomo dignita', grandezza e nobilta', e che domandano che ogni uomo sia rispettato e amato. Per se stessi, questi valori vengono a contraddire la pretesa della violenza di dominare la vita degli uomini e delle societa'. In ciascuna delle nostre culture, in un momento o in un altro, si sono trovate delle donne e degli uomini che hanno avuto la forza di entrare in dissenso dai loro contemporanei per affermare il primato di questi valori sopra le pretese della violenza. Ma, il piu' delle volte, questi valori si sono trovati largamente coperti e sopraffatti dalle scorie dell'ideologia della violenza e, per questo fatto, sono stati negati e rinnegati. E' nella fedelta' a questi valori, dal momento in cui saranno purificati da ogni mescolanza, che ciascuno di noi puo' convincersi che l'esigenza della nonviolenza fonda l'umanita' dell'uomo. E noi scopriremo che questa fedelta' ci condurra' al di la' della rottura che avremo operato, ci condurra' nel cuore stesso della nostra cultura.
Cosi', ciascuno di noi, se vuole uscire dalla logica della violenza ed entrare nella dinamica della nonviolenza, e' messo di fronte, all'interno della propria cultura, ad una doppia esigenza di rottura e di fedelta'. Proprio situandoci nella prospettiva aperta da questa doppia esigenza, facendo un doppio lavoro di riscontro attraverso alcuni dei testi che fondano la nostra cultura, noi abbiamo voluto scrivere questo libro.
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Note
1. Citato nel Dictionnaire historique de la langue française, diretto da Alain Rey, Le Robert, Paris 1993.
2. Nietzsche, Ainsi parlait Zarathoustra, Gallimard, Paris 1989, p. 59; in trad. italiana: Cosi' parlo' Zarathustra, Adelphi, Milano 1982, pp. 51-52.
3. Emmanuel Levinas, Humanisme de l'autre homme, Le Livre de Poche, serie Biblio-Essais, Paris 1994, p. 58. Trad. italiana: Umanesimo dell'altro uomo, il melangolo, Genova 1988, p. 84.

2. REPETITA IUVANT. VANDANA SHIVA: PRINCIPI COSTITUTIVI DI UNA DEMOCRAZIA DELLA COMUNITA' TERRENA
[Riproponiamo ancora una volta il seguente testo estratto dall'introduzione del libro di Vandana Shiva, Il bene comune della Terra, Feltrinelli, Milano 2006, alle pp. 16-19]

1. Tutte le specie, tutti gli esseri umani e tutte le culture possiedono un valore intrinseco.
Tutti gli esseri viventi sono soggetti dotati di intelligenza, integrita' e di un'identita' individuale. Non possono essere ridotti al ruolo di proprieta' privata, di oggetti manipolabili, di materie prime da sfruttare o di rifiuti eliminabili. Nessun essere umano ha il diritto di possedere altre specie, altri individui, o di impadronirsi dei saperi di altre culture attraverso brevetti o altri diritti sulla proprieta' intellettuale.
2. La comunita' terrena promuove la convivenza democratica di tutte le forme di vita.
Siamo membri di un'unica famiglia terrena, uniti gli uni agli altri dalla fragile ragnatela della vita del pianeta. Pertanto e' nostro dovere assumere dei comportamenti che non compromettano l'equilibrio ecologico della Terra, nonche' i diritti fondamentali e la sopravvivenza delle altre specie e di tutta l'umanita'. Nessun essere umano ha il diritto di invadere lo spazio ecologico di altre specie o di altri individui, ne' di trattarli con crudelta' e violenza.
3. Le diversita' biologiche e culturali devono essere difese.
Le diversita' biologiche e culturali hanno un valore intrinseco che deve essere riconosciuto. Le diversita' biologiche sono fonti di ricchezza materiale e culturale che pongono le basi per la sostenibilita'. Le differenze culturali sono portatrici di pace. Tutti gli esseri umani hanno il dovere di difendere tali diversita'.
4. Tutti gli esseri viventi hanno il diritto naturale di provvedere al loro sostentamento.
Tutti i membri della comunita' terrena, inclusi gli esseri umani, hanno il diritto di provvedere al loro sostentamento: hanno diritto al cibo e all'acqua, a un ambiente sicuro e pulito, alla conservazione del loro spazio ecologico. Le risorse vitali necessarie per il sostentamento non possono essere privatizzate. Il diritto al sostentamento e' un diritto naturale perche' equivale al diritto alla vita. E' un diritto che non puo' essere accordato o negato da una nazione o da una multinazionale. Nessun paese e nessuna multinazionale ha il diritto di vanificare o compromettere questo genere di diritto, o di privatizzare le risorse comuni necessarie alla vita.
5. La democrazia della comunita' terrena si fonda su economie che apportano la vita e su modelli di sviluppo democratici.
La realizzazione di una democrazia della comunita' terrena presuppone una gestione democratica dell'economia, dei piani di sviluppo che proteggano gli ecosistemi e la loro integrita', provvedano alle esigenze di base di tutti gli esseri umani e assicurino loro un ambiente di vita sostenibile. Una concezione democratica dell'economia non prevede l'esistenza di individui, specie o culture eliminabili. L'economia della comunita' terrena e' un'economia che apporta nutrimento alla vita. I suoi modelli sono sempre sostenibili, differenziati, pluralistici, elaborati dai membri della comunita' stessa al fine di proteggere la natura e gli esseri umani e operare per il bene comune.
6. Le economie che apportano la vita si fondano sulle economie locali.
Il miglior modo di provvedere con efficienza, attenzione e creativita' alla conservazione delle risorse terrene e alla creazione di condizioni di vita soddisfacenti e sostenibili e' quello di operare all'interno delle realta' locali. Localizzare l'economia deve diventare un imperativo ecologico e sociale. Si dovrebbero importare ed esportare soltanto i beni e i servizi che non possono essere prodotti localmente, adoperando le risorse e le conoscenze del luogo. Una democrazia della comunita' terrena si fonda su delle economie locali estremamente vitali, che sostengono le economie nazionali e globali. Un'economia globale democratica non distrugge e non danneggia le economie locali, non trasforma le persone in rifiuti eliminabili. Le economie che sostengono la vita rispettano la creativita' di tutti gli esseri umani e producono contesti in grado di valorizzare al massimo le diverse competenze e capacita'. Le economie che apportano la vita sono differenziate e decentralizzate.
7. La democrazia della comunita' terrena e' una democrazia che tutela la vita.
Una democrazia che tutela la vita si fonda sul rispetto democratico di ogni forma vivente e su un comportamento democratico da adottare gia' a partire dalla quotidianita'. Ogni soggetto coinvolto ha il diritto di partecipare alle decisioni da prendere in merito al cibo, all'acqua, alla sanita' e all'istruzione. Una democrazia che tutela la vita cresce dal basso verso l'alto, al pari di un albero. La democrazia della comunita' terrena si fonda sulle democrazie locali, lasciando che le singole comunita' costituite nel rispetto delle differenze e delle responsabilita' ecologiche e sociali abbiano pieni poteri decisionali riguardo all'ambiente, alle risorse naturali, al sostentamento e al benessere dei loro membri. Il potere viene delegato ai livelli esecutivi piu' alti applicando il principio della sussidiarieta'. La democrazia della comunita' terrena si fonda sull'autoregolamentazione e sull'autogoverno.
8. La democrazia della comunita' terrena si fonda su culture che valorizzano la vita.
Le culture che valorizzano la vita promuovono la pace e creano degli spazi di liberta' per consentire il culto di religioni diverse e l'espressione di diverse fedi e identita'. Tali culture lasciano che le differenze culturali si sviluppino proprio a partire dalla nostra umanita' e dai nostri comuni diritti in quanto membri della comunita' terrena.
9. Le culture che valorizzano la vita promuovono lo sviluppo della vita stessa.
Le culture che valorizzano la vita si fondano sul riconoscimento della dignita' e sul rispetto di ogni forma di vita, degli uomini e delle donne di ogni provenienza e cultura, delle generazioni presenti e di quelle future.
Sono culture ecologiche che non producono stili di vita distruttivi o improntati al consumismo, basati sulla sovrapproduzione, sullo spreco o sullo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Le culture che valorizzano la vita sono molteplici, ma ispirate da un comune rispetto per il vivente. Riconoscono la compresenza di identita' diverse che condividono lo spazio comune della comunita' locale e danno voce a un sentimento di appartenenza che correla i singoli individui alla terra e a tutte le forme di vita.
10. La democrazia della comunita' terrena promuove un sentimento di pace e solidarieta' universale.
La democrazia della comunita' terrena unisce tutti i popoli e i singoli individui sostenendo valori quali la cooperazione e l'impegno disinteressato, anziche' separarli attraverso la competizione, il conflitto, l'odio e il terrore. In alternativa a un mondo fondato sull'avidita', sulla diseguaglianza e sul consumismo sfrenato, questa democrazia si propone di globalizzare la solidarieta', la giustizia e la sostenibilita'.

3. APPELLI. LA REDAZIONE DE "LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO" SCRIVE ALLA PRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO: "PORTIAMO A COMPIMENTO L'INIZIATIVA DI DAVID SASSOLI PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER"

Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo, on. Roberta Metsola,
numerose personalita' della societa' civile e varie associazioni democratiche italiane hanno promosso l'appello "Portiamo a compimento l'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier".
Come redazione del notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" ci associamo alla richiesta che lei voglia proseguire nell'impegno del suo illustre e non dimenticato predecessore.
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Qui di seguito il testo dell'appello.
Il 23 agosto 2021 David Sassoli, l'indimenticato Presidente del Parlamento Europeo che sarebbe deceduto pochi mesi dopo nel gennaio 2022, tenne una conferenza stampa in cui annuncio' il suo personale impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da quasi mezzo secolo prigioniero innocente.
L'iniziativa di David Sassoli si ricollegava idealmente a due precedenti importanti pronunciamenti del Parlamento Europeo, del 1994 e del 1999.
E si collegava anche al movimento che in Italia in quel momento riproponeva con forza l'esigenza e l'urgenza che Leonard Peltier venisse finalmente liberato.
In un suo tweet che accompagnava e sintetizzava la conferenza stampa del 23 agosto 2021 David Sassoli dichiarava, in italiano e in inglese:
"Inviero' una lettera alle autorita' statunitensi chiedendo clemenza per Leonard Peltier, attivista per i diritti umani dell'American Indian Movement, in carcere da 45 anni.
Spero che le autorita' accolgano il mio invito. I diritti umani vanno difesi sempre, ovunque".
"I will send a letter to the US authorities asking for clemency for Leonard Peltier. A human rights activist of the American Indian Movement, he has been imprisoned for 45 years.
I hope the authorities will take up my invitation. Human rights must be defended always, everywhere".
Lanciamo un appello a riprendere e portare a compimento quell'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier.
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Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo,
le saremmo assai grati se lei, che ha assunto l'incarico di Presidente del Parlamento Europeo succedendo all'on. Sassoli, volesse porsi a capo di questa iniziativa volta a richiedere al Presidente degli Stati Uniti d'America la concessione della grazia presidenziale che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
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Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo,
sicuramente lei ricorda che il Parlamento Europeo gia' in passato ripetutamente si espresse in tal senso nel 1994 e nel 1999.
E sicuramente lei sa che una Commissione giuridica ad hoc dell'ONU, dopo aver accuratamente riesaminato tutti gli atti processuali, lo scorso anno ha concluso i suoi lavori chiedendo la liberazione di Leonard Peltier.
E sicuramente lei sa anche che nel corso del tempo la liberazione di Leonard Peltier e' stata richiesta da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, da prestigiose organizzazioni umanitarie come Amnesty International, da innumerevoli istituzioni democratiche, da milioni - letteralmente milioni - di esseri umani di ogni parte del mondo, tra cui anche il magistrato che nel 1976 sostenne l'accusa contro di lui e che da anni e' impegnato per la sua liberazione (da allora ad oggi peraltro e' stato definitivamente dimostrato che le cosiddette "testimonianze" e le cosiddette "prove" contro Leonard Peltier erano false).
Come ha scritto nel suo appello l'indimenticato Presidente Sassoli, "I diritti umani vanno difesi sempre, ovunque".
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Ringraziandola fin d'ora per l'attenzione ed auspicando un suo intervento, voglia gradire distinti saluti.

4. REPETITA IUVANT. A COSTO DI SEMBRARE IL SOLITO GRILLO PARLANTE... (NOVEMBRE 2023)

Ci sono alcune cose che vanno pur dette, e allora diciamole.
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Ogni manifestazione a favore dell'esistenza dello stato di Israele che non s'impegni anche per la nascita dello stato di Palestina rischia di essere inutile.
Ogni manifestazione a sostegno del popolo palestinese che non s'impegni anche a sostegno del popolo ebraico rischia di essere inutile.
Ogni manifestazione che condanni le stragi commesse da un'organizzazione terrorista e non quelle commesse da uno stato e' peggio che inutile.
Ogni manifestazione che condanni le stragi commesse da uno stato e non quelle commesse da un'organizzazione terrorista e' peggio che inutile.
*
Sia il popolo palestinese che il popolo ebraico sono realmente minacciati di genocidio.
E' compito dell'umanita' intera impedire questi genocidi, tutti i genocidi.
Per impedire il genocidio del popolo ebraico e' indispensabile l'esistenza dello stato di Israele.
Per immpedire il genocidio del popolo palestinese e' indispensabile l'esistenza dello stato di Palestina.
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Allo stato di Israele chiediamo:
1. di cessare la guerra a Gaza e il sostegno alle violenze dei coloni in Cisgiordania.
2. di cessare di occupare i territori palestinesi e di riconoscere l'esistenza dello stato di Palestina nei territori della Cisgiordania e di Gaza devolvendo immediatamente tutte le funzioni giurisdizionali ed amministrative e le risorse relative all'Autorita' Nazionale Palestinese - intesa come governo provvisorio dello stato di Palestina fino alle elezioni democratiche -.
3. di sgomberare immediatamente le illegali colonie nei territori occupati, restituendo quelle aree al popolo palestinese.
4. di concordare con l'Autorita' Nazionale Palestinese l'avvio di tutti i negoziati necessari per risolvere le molte questioni da affrontare come due stati sovrani in condizioni di parita'.
5. di essere una piena democrazia abrogando ogni misura legislativa ed amministrativa di discriminazione razzista.
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All'Autorita' Nazionale Palestinese chiediamo:
1. di assumere immediatamente il governo della Striscia di Gaza.
2. di adoperarsi ivi per l'immediata liberazione di tutte le persone rapite da Hamas.
3. di organizzare lo stato di Palestina indipendente e democratico.
4. di concordare con lo stato di Israele l'avvio di tutti i negoziati necessari per risolvere le molte questioni da affrontare come due stati sovrani in condizioni di parita'.
5. di adoperarsi affinche' nessuno stato arabo o musulmano possa piu' proseguire in una politica antisraeliana ed antiebraica prendendo abusivamente a pretesto la causa palestinese.
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All'Onu chiediamo:
1. un piano straordinario di aiuti per la Palestina.
2. una deliberazione dell'Assemblea Generale che riconoscendo i due stati di Israele e di Palestina vincoli tutti gli stati membri delle Nazioni Unite a cessare ogni politica di negazione dello stato di Israele, ogni politica di persecuzione antiebraica.
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Agli stati ed agli organismi politici sovranazionali d'Europa (l'Europa che e' il continente in cui si sono realizzati la bimillenaria persecuzione antiebraica e l'orrore assoluto della Shoah; l'Europa che e' il continente i cui principali stati hanno oppresso i popoli del resto del mondo con il razzismo, il colonialismo, l'imperialismo fin genocida) chiediamo:
1. di risarcire adeguatamente sia lo stato di Israele che lo stato di Palestina per le sofferenze inflitte ai loro popoli sia direttamente che indirettamente.
2. di contrastare il fascismo e il razzismo, l'antisemitismo e l'islamofobia, tutte le ideologie di odio e le organizzazioni che le praticano e le diffondono, e tutti i crimini conseguenti.
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Fermare la guerra.
Fermare le stragi.
Restituire la liberta' a tutte le persone che ne sono state private.
Riconoscere e proteggere tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Salvare le vite e' il primo dovere.

5. REPETITA IUVANT. ADESIONE POPOLARE ALLA DENUNCIA SULLA PRESENZA DI ARMI NUCLEARI IN ITALIA
[Riceviamo e diffondiamo. Andando sul sito www.peacelink.it o sul sito www.pressenza.com e' possibile attivare i link per accedere a ulteriori materiali e per sottoscrivere l'iniziativa]

Il prossimo passo della denuncia trasmessa alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma lo scorso 2 ottobre, riguardante la presenza delle armi nucleari in Italia e in attesa che si attivi la corrispondente inchiesta, riguarda l'adesione popolare a tale denuncia: parte oggi con una sottoscrizione popolare che si puo' realizzare online grazie alla piattaforma predisposta all'interno del sito di PeaceLink, storico portale telematico del pacifismo italiano.
Andando a questo indirizzo sara' possibile firmare la petizione di adesione di cui riportiamo il testo:
Ho appreso che in data 2 ottobre 2023 e' stata depositata alla Procura presso il Tribunale di Roma una denuncia per accertare la presenza di armi nucleari in Italia, verificarne la illegittimita' ed individuare i responsabili. Ho letto il testo e lo condivido. Approvo l'iniziativa alla quale vorrei partecipare. Non potendo piu' sottoscrivere la denuncia, ormai depositata, chiedo che questa mia lettera venga allegata agli atti del procedimento come segno di sostegno all'iniziativa.
In particolare mi sembrano significative le seguenti norme riportate nel testo della denuncia.
"In data 24 aprile 1975 l'Italia ha sottoscritto il Trattato di non Proliferazione Nucleare (TNP), trattato internazionale incentrato, in particolare su:
a) la c.d. "non proliferazione" del nucleare, in base alla quale gli Stati in possesso di armi nucleari (c.d. "Paesi nucleari") si impegnano a non trasferire armi di tale natura a quelli che ne sono privi (c.d. "Paesi non nucleari"), mentre questi ultimi si obbligano a non ricevere e/o acquisire il controllo diretto o indiretto di ordigni nucleari (artt. I, II, III);
b) il disarmo nucleare, che impone il ricorso a trattative finalizzate alla definitiva cessazione della prassi di armamento nucleare (art. VI).
Il diritto bellico internazionale vieta l'uso e la minaccia dell'uso delle armi nucleari in qualsiasi circostanza.
La L. 185/1990 vieta la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l'intermediazione di materiale di armamento senza l'autorizzazione dell'autorita' e, in ogni caso, di armi nucleari.
Ciononostante, la presenza di armi nucleari sul suolo nazionale puo' ormai considerarsi certa".
Sono consapevole della rilevanza politica dell'iniziativa giudiziaria. Credo, pero', fermamente nello Stato di diritto, nella ripartizione dei poteri e, soprattutto, nell'indipendenza della magistratura.
Sono certo che anche questa denuncia sara' valutata senza timori per le implicazioni politiche sottese.
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Informazioni sulla denuncia
La denuncia e' sottoscritta a livello individuale da 22 esponenti di associazioni pacifiste e antimilitariste: Abbasso la guerra, Donne e uomini contro la guerra, Associazione Papa Giovanni XXIII, Centro di documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale, Tavola della Pace Friuli Venezia Giulia, Rete Diritti Accoglienza Solidarieta' Internazionale, Pax Christi, Pressenza, WILPF, Centro sociale 28 maggio, Coordinamento No Triv, e singoli cittadini. Alcune di queste associazioni condividono collettivamente i contenuti di questa iniziativa.
Il testo della denuncia e' visionabile cliccando su questo link.
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Aderisci:
Come persona
Come associazione

6. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO NARGES MOHAMMADI E LA LOTTA DELLE DONNE IN IRAN. CHIEDIAMO LA LIBERAZIONE DELL'ATTIVISTA PREMIO NOBEL PER LA PACE E CHE SIANO ACCOLTE LE SUE RICHIESTE DI RISPETTO DEI DIRITTI UMANI

Sosteniamo Narges Mohammadi, Premio Nobel per la pace, detenuta in Iran per la sua lotta nonviolenta in difesa dei diritti umani e per l'abolizione della pena di morte.
Sosteniamo la lotta nonviolenta delle donne in Iran per la dignita' umana di tutti gli esseri umani.
Sia liberata Narges Mohammadi e tutte le prigioniere e tutti i prigionieri di coscienza, tutte le detenute e tutti i detenuti politici, tutte le persone innocenti perseguitate e sequestrate, in Iran come ovunque.
Cessi l'oppressione delle donne in Iran come ovunque nel mondo, siano rispettati i diritti umani di tutti gli esseri umani.
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Chiediamo al Parlamento e al governo italiano di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
Chiediamo al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo e alla Commissione Europea di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
Chiediamo al Segretario Generale e all'Assemblea Generale dell'Onu di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
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Chiediamo a tutte le persone di volonta' buona, a tutti i movimenti democratici, a tutte le istituzioni sollecite del bene comune e della dignita' umana, a tutti i mezzi d'informazione impegnati per la verita' e la giustizia, d'impegnarsi a sostegno di Narges Mohammadi e delle donne iraniane.
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Donna, vita, liberta'.

7. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA? (APRILE 2023)

Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
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Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
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E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

8. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Strumenti
- Walter Laqueur (a cura di), Dizionario dell'Olocausto, Einaudi, Torino 2004, 2007, pp. XXXIV + 934.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5071 del 6 gennaio 2024
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
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