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[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 270
- Subject: [Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 270
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Wed, 27 Sep 2023 05:38:51 +0200
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 270 del 27 settembre 2023
In questo numero:
1. "Presidente Biden, liberi Leonard Peltier da 47 anni prigioniero innocente". Un appello diffuso a Roma ed in altre citta' del Lazio in occasione del settantanovesimo anniversario della nascita di Leonard Peltier
2. Esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma
3. Alcuni riferimenti utili
4. Tre tesi
5. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
6. Solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani
7. Ripetiamo ancora una volta...
8. Barbara Bertoncin e Gianni Saporetti intervistano Olivia Guaraldo
1. REPETITA IUVANT. "PRESIDENTE BIDEN, LIBERI LEONARD PELTIER DA 47 ANNI PRIGIONIERO INNOCENTE". UN APPELLO DIFFUSO A ROMA ED IN ALTRE CITTA' DEL LAZIO IN OCCASIONE DEL SETTANTANOVESIMO ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI LEONARD PELTIER
In occasione del settantanovesimo anniversario della nascita di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente, si sono svolte in molte citta' italiane iniziative per la sua liberazione.
A Roma ed in altre citta' del Lazio e' stato diffuso un appello al Presidente degli Stati Uniti d'America affinche' conceda la grazia presidenziale che restituisca la liberta' all'eroe perseguitato universalmente noto come "il Nelson Mandela americano".
Di seguito trascriviamo il testo dell'appello diffuso.
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Presidente Biden,
liberi Leonard Peltier da 47 anni prigioniero innocente.
Lei sa che il 12 settembre 2023 Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, ha compiuto 79 anni, dei quali gli ultimi 47 trascorsi in carcere, condannato per un delitto che non ha commesso.
Lei sa che Leonard Peltier e' innocente.
Lei sa che le cosiddette "testimonianze" contro Leonard Peltier si sono dimostrate false.
Lei sa che anche le cosiddette "prove" contro Leonard Peltier si sono dimostrate false.
Lei sa che lo stesso Procuratore capo dell'accusa che ottenne la condanna di Leonard Peltier ha poi riconosciuto e dichiarato che fu un errore giudiziario e Le ha scritto per chiederLe di concedere la grazia e liberare Leonard Peltier.
Lei sa che lo scorso anno una Commissione giuridica ad hoc dell'ONU ha riesaminato l'intero processo ed ha concluso che Leonard Peltier deve essere liberato.
Lei sa che milioni di persone di tutto il mondo hanno chiesto che Leonard Peltier sia liberato: persone come Nelson Mandela, madre Teresa di Calcutta, Desmond Tutu, persone come papa Francesco e il Dalai Lama.
Lei sa che innumerevoli associazioni democratiche della societa' civile di tutto il mondo hanno chiesto che Leonard Peltier sia liberato: associazioni prestigiose come Amnesty International.
Lei sa che un gran numero di istituzioni e di rappresentanze istituzionali di tutto il mondo hanno chiesto che Leonard Peltier sia liberato: istituzioni rilevanti come il Parlamento Europeo e rappresentanti istituzionali qualificati come i Sindaci di molte grandi citta'.
Lei sa che Leonard Peltier e' anziano e gravemente malato, e che anche dal carcere, in condizioni di estrema oppressione e sofferenza, ha costantemente continuato ad impegnarsi in difesa dei popoli oppressi, in difesa dei diritti umani, in difesa della Madre Terra, con la sua parola autorevole di martire perseguitato e di uomo di profonda spiritualita', con la poesia, con la pittura, con le attivita' educative e benefiche che con l'aiuto dei suoi sostenitori ha promosso a vantaggio dei piu' bisognosi di aiuto.
Lei ha il potere di liberare Leonard Peltier attraverso lo strumento della grazia presidenziale; Lei ha il potere di restituire la liberta' a un uomo innocente che ha subito una semisecolare crudelissima persecuzione, una lunghissima ingiustissima prigionia; Lei ha il potere di metter fine a un enorme scandalo, un'enorme assurdita', un'enorme iniquita'; Lei ha il potere di far finalmente prevalere la verita', la giustizia, l'umanita' liberando Leonard Peltier. Usi la prerogativa della grazia presidenziale e liberi finalmente Leonard Peltier: l'umanita' intera attende questo momento.
Presidente Biden,
liberi Leonard Peltier da 47 anni prigioniero innocente.
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Questo il testo dell'appello diffuso a Roma ed in altre citta' del Lazio.
Invitiamo ogni persona di volonta' buona a diffonderlo ulteriormente.
Invitiamo ogni persona di volonta' buona a scrivere direttamente al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere la liberazione di Leonard Peltier: le lettere (il cui testo puo' anche essere semplicemente "Free Leonard Peltier") possono essere inviate attraverso la pagina web dedicata del sito della Presidenza degli Stati Uniti d'America: www.whitehouse.gov/contact/
2. REPETITA IUVANT. ESPOSTO ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA
Alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma
e per opportuna conoscenza:
al Presidente della Repubblica
ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica
alla Presidente del Consiglio dei Ministri
a tutte le ministre e i ministri, a tutti i senatori e le senatrici, a tutte le deputate e i deputati, agli ed alle europarlamentari elette ed eletti in Italia
a numerosi pubblici ufficiali cui incombe, ricevendo tale notitia criminis, di promuovere l'azione giudiziaria
ai mezzi d'informazione
a numerose persone di volonta' buona, associazioni democratiche, istituzioni fedeli alla legalita' costituzionale
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Oggetto: esposto relativo alla violazione dell'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana da parte del governo italiano.
Egregi signori,
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l'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana e' inequivocabile. Esso recita: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parita' con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranita' necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".
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Il governo italiano ha violato l'articolo 11 della Costituzione in quanto:
a) fa partecipare l'Italia alla guerra in corso in Ucraina attraverso la fornitura di armi che la guerra alimentano;
b) fa partecipare l'Italia alla guerra in corso in Ucraina attraverso la propria aviazione militare che raccoglie informazioni e le invia all'esercito ucraino sul campo di battaglia (cfr. il servizio giornalistico apparso sul sito dell'autorevole agenzia giornalistica Ansa col titolo "La guerra dei top gun italiani", che fin dall'incipit esplicitamente afferma che "i nostri piloti, tra loro anche una donna, a bordo dei caccia catturano dati importanti che in poco tempo finiscono sui cellulari dei soldati ucraini sul campo di battaglia");
c) ostacola effettualmente ogni realistica ipotesi di "cessate il fuoco" ed ogni concreto impegno di pace sostenendo esplicitamente la tesi che la guerra deve concludersi non con un negoziato ma con la "vittoria" di una delle parti in conflitto (cfr. la dichiarazione della Presidente del Consiglio dei Ministri "scommettiamo sulla vittoria ucraina" riportata da numerosi mezzi d'informazione);
d) sostiene l'azione provocatrice ed eversiva della Nato che da decenni opera nell'Europa dell'est per destabilizzare gli equilibri regionali e suscitare conflitti (azione divenuta finanche esplicitamente terrorista e stragista durante la guerra di distruzione della Jugoslavia nel 1999).
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In flagrante violazione dell'articolo 11 della Costituzione, il governo italiano arma e quindi alimenta la guerra, partecipa alla guerra e quindi alle stragi di cui ogni guerra sempre e solo consiste, e con cio' espone altresi' anche il nostro paese a subire le conseguenze della guerra, e - last, but not least - contribuisce all'escalation verso una guerra mondiale e nucleare che puo' metter fine all'intera civilta' umana.
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Egregi signori,
con il presente esposto si richiede il piu' tempestivo intervento per far cessare l'azione incostituzionale, folle e criminale del governo italiano.
Distinti saluti,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, primo agosto 2023
3. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
4. REPETITA IUVANT. TRE TESI
La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
5. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE
Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it
6. REPETITA IUVANT. SOLIDALI CON LE DONNE IRANIANE NELLA LOTTA NONVIOLENTA PER I DIRITTI UMANI DI TUTTI GLI ESSERI UMANI
Siamo solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessi la repressione del movimento democratico e nonviolento delle donne - e degli uomini postisi alla loro sequela - che si riconosce nel motto "Donna, vita, liberta'", che siano liberate e liberati tutte le prigioniere e tutti i prigionieri politici, che cessi la violenza maschilista di stato, e che siano riconosciuti, rispettati e difesi tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Nessuna autorita' e' legittima se non rispetta la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
7. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
8. RIFLESSIONE. BARBARA BERTONCIN E GIANNI SAPORETTI INTERVISTANO OLIVIA GUARALDO
[Dal sito della "Libreria delle donne" di Milano riprendiamo e diffondiamo la seguente intervista originariamente apparsa sulla bella rivista "Una citta'" n. 294 dell'agosto 2023 col titolo "Il due originario. Intervista a Olivia Guaraldo"]
La grandezza del femminismo, di dare dignita' alla parola donna non piu' solo come qualcosa di accessorio all'uomo o al maschile, oggi rimossa, nel nome di un nuovo neutro; le parole sostituite: "donna" con "persona con utero" e "maternita'" con "gestazione"; mentre si invoca un "rispetto della natura" in nome dell'ambiente si professa una "rivoluzione della natura" per l'essere umano; la rimozione del limite di cio' che e' dato. Intervista a Olivia Guaraldo.
Olivia Guaraldo insegna filosofia politica all'Universita' di Verona. E' studiosa di Hannah Arendt, a cui ha dedicato due monografie, e dei femminismi contemporanei. Ha curato e introdotto due edizioni italiane di testi di Judith Butler e ha scritto sui rapporti fra il femminismo della differenza e le gender theories. Dirige il Centro Studi politici Hannah Arendt presso il Dipartimento di Scienze Umane dell'Universita' di Verona.
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- Vorremmo proseguire il dibattito sul tema dell'identita' di genere aperto con la lunga intervista a Kathleen Stock uscita nello scorso numero.
- Kathleen Stock tocca questioni cruciali, la prima delle quali e' la forte censura che avviene nel contesto accademico britannico, per chi solo mostra di avere posizioni diverse rispetto a quelle dominanti sul gender. Personalmente sono a conoscenza di censure analoghe, magari non cosi' plateali, anche in Italia. Per esempio, verso chi si occupa di questioni legate alla transizione dal punto di vista giuridico: se esprimi qualche dubbio, una lieve perplessita' sulla facilita' con cui gli adolescenti possono sottoporsi a terapia ormonale, vieni immediatamente escluso dal dibattito, ostracizzato, silenziato.
Da un punto di vista culturale forse e' interessante chiedersi come mai si sia arrivati a instaurare queste nuove forme di censura e di dogmatismo. Cioe', all'apice della vittoria del relativismo, del multiculturalismo, della critica all'eurocentrismo, insomma, nel momento storico-culturale in cui ci troviamo, in cui ogni credenza viene messa in discussione, e' come se risorgesse il bisogno di un nuovo dogmatismo. Il che e' paradossale perche' le teorie che propongono uno smantellamento della dualita' dei sessi sono il frutto della filosofia post-moderna e decostruzionista, di una filosofia che mette in discussione, a partire dalla meta' degli anni Cinquanta, i concetti di uomo, soggetto, coscienza. Si tratta di un percorso anche concettuale che inizia con la volonta' di smantellare, di decostruire e pero', alla fine di questa parabola, scopriamo un rinnovato bisogno di dogmatismo o di quello che potremmo chiamare un nuovo conformismo.
L'altra faccia di questo fenomeno e' che le forme ultime, piu' estreme, di radicalismo vengono oggi identificate con queste posizioni, per cui appunto la tua identita' sessuale e' quella che dichiari o che intenzionalmente assumi, indipendentemente da cio' che sei materialmente, biologicamente.
Quello che voglio dire e' che oggi queste posizioni sono interpretate come quelle politicamente piu' radicali, e non solo rispetto al sesso o al femminismo, ma politicamente piu' radicali in genere. Come se la politica fosse tutta incentrata sulla capacita' di smantellare la "natura" e assumere una identita' che e' solo intenzionale; come se, in altre parole, la politica coincidesse del tutto con la questione dell'identita', in una prospettiva molto soggettiva, iper-individualizzata direi. Come facciamo a portare avanti politiche ambientali se siamo cosi' concentrati solo sulla percezione di noi stessi? Mi sembra che ci sia un grande scollamento in questo senso.
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- La preoccupazione e' che, paradossalmente, si torni indietro. Se la donna e' la femmina adulta della nostra specie, questo nulla dice su chi e come dobbiamo essere. Se invece questo termine e' totalmente avulso dalla dimensione corporea, biologica, con quali criteri definiamo l'essere donna? Quali caratteristiche dovrebbe avere? E' una strada insidiosa ed e' emblematico che la rappresentazione del genere di arrivo di personaggi pubblici che hanno fatto la transizione tradisca un'idea di donna e di uomo molto stereotipata, conformista.
- La questione femminista centrale e' proprio questa. E' curioso che la traiettoria intrapresa da quelle riflessioni abbia portato a un esito non previsto dalle stesse femministe. Dal punto di vista di molte femministe radicali, il femminismo ha liberato la parola donna dal suo uso patriarcale, stereotipato e legato a un preciso ruolo.
Il femminismo ha riempito la parola donna di ulteriori significati, ma soprattutto ha aperto quella parola a una dimensione di liberta'. Per me la parola piu' importante del femminismo non e' uguaglianza, ma liberta'. Ebbene, siamo passati da questa apertura della parola donna, la grande conquista del femminismo, a una sua chiusura. Invece, il femminismo ci ha insegnato che anche le donne che non si adattano perfettamente allo stereotipo del femminile sono donne. Questa e' la grandezza del femminismo, di dare dignita' alla parola donna nella sua autonomia, non piu' solo come qualcosa di accessorio all'uomo o al maschile. Gia' negli anni '70 una parte del pensiero femminista radicale (su questo si veda F. Restaino, A. Cavarero, Le filosofie femministe, Pearson, 2022) riteneva che fosse necessario abbandonare la parola donna perche' troppo compromessa con il patriarcato, troppo dipendente da esso. Invece, il portato cruciale del pensiero della differenza e' stato di voler valorizzare quella parola - donna - e con essa le esperienze e l'autonomia del femminile. Tutto cio' pero' poteva darsi solo se il femminile cominciava a interrogarsi prescindendo dal maschile. Questa e' stata la strada intrapresa dal separatismo femminista.
Oggi invece e' come se tutta quella complicata vicenda della parola donna, della sua apertura, della sua liberazione, non ci fosse stata, per cui si torna a un uso di quella parola assolutamente tradizionale, conservatore, se vuoi addirittura reazionario, patriarcale. Come se essere donna rimandasse immediatamente solo alla eterosessualita', all'iperfemminilizzazione, ai ruoli di madre, moglie, seduttrice etc... E' questo che spesso non si vede o non si vuole vedere.
C'e' un'altra questione importante, che il :pensiero della differenza ha messo in evidenza ed e' una questione filosofica. Noi abbiamo lottato per arrivare a riconoscere che "l'uomo", inteso come il neutro universale, non va bene perche' e' un termine che pretende di valere per gli uomini e le donne, includendo le donne nel neutro della parola "uomo". Il lavoro del femminismo e' stato quello di dire: esiste anche l'essere umano sessuato al femminile con delle sue specificita', delle sue differenze, con un portato culturale e simbolico diverso. Si tratta di dare valore e dignita' a questa differenza, segnalandone l'esistenza, persino la vitalita', senza ovviamente dettare a priori i caratteri o i modi in cui questa differenza si poteva manifestare. Chi accusa il pensiero della differenza di essere "essenzialista", cioe' di porre un'essenza del femminile come normativa, mistifica la questione. Che e' semmai un'altra. Il pensiero della differenza dice: c'e' un essere umano che si spartisce, prevalentemente, in due sessi. Del resto, la storia del patriarcato e' segnata da una certa interpretazione maschile di questa differenza. Il femminismo della differenza vuole dare un significato nuovo a questa differenza, che valorizzi le donne, ma che smascheri anche la pretesa del termine "uomo" di parlare per entrambi i sessi. La logica filosofica dell'Occidente invece non accoglie questa originarieta' del due: "Se all'Uomo con la maiuscola si aggiunge la donna, allora perche' non aggiungere anche altri?". Come se, in altre parole, l'emergere della differenza aprisse a infinite differenze. Come se questa rottura dell'uno portasse immediatamente all'apertura ai molti, e l'esito di questa operazione concettuale e' una nuova cancellazione della donna come umano originario.
Inoltre, nella dialettica uno-molti la donna viene assimilata alle minoranze sessuali o a una categoria sociale, e questo e' sbagliato. La portata radicale del pensiero della differenza, che non e' un pensiero sociologico, bensi' filosofico, sta proprio qui: c'e' un'originaria differenza di corpi. Questo e' un fatto anatomico, fisiologico, ormonale, ma non si tratta di definire con riduzionismo biologista l'umano a partire da questa differenza, ma nemmeno negarla. Si tratta di una differenza che e' anche simbolica e culturale. Il problema e' come dare significato a questa differenza in maniera non patriarcale. Il patriarcato ha sempre dato significato a questa differenza sessuale: le donne sono subordinate agli uomini, fanno i figli, sono impolitiche... La sfida femminista era volta a far si' che questa differenza significasse in maniera diversa.
Adesso noi vediamo arrivare al pettine tanti nodi perche' quella differenza sessuale alla fine non e' mai stata accettata fino in fondo. Il pensiero Lgbtq in qualche modo vuole superare questa originarieta' del due e appunto dire che ci sono i molti; maschile e femminile, l'originario spartirsi in due sessi, sarebbe in realta' una imposizione eteronormativa, che quindi opprime e normalizza chi non si riconosce in questa dualita'. Da li' si arriva a postulare la categoria di queer, che e' cio' che appunto non si conforma al binarismo dei sessi. A mio avviso, il problema di questa posizione e' che nel voler liberare le minoranze sessuali dalla discriminazione - cosa giustissima, per altro - finisce per cancellare non tanto l'uomo, categoria che anche le femministe volevano mettere in discussione, ma soprattutto la donna. Questo lo si vede nelle operazioni linguistiche che vogliono adottare, l'asterisco o la schwa o l'espressione "persona con utero" anziche' donna.
Ora non e' che le femministe siano delle bigotte. La rivolta delle femministe vecchio stampo o terf, come ora vengono chiamate, non e' certo contro le pratiche sessuali non eterosessuali, ma contro la cancellazione delle donne!
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- In effetti anche il ddl Zan metteva assieme donne e disabili...
- Esatto. E' come se non fossimo mai usciti dal neutro universale. Gli effetti di quella impostazione sono ancora molto visibili: vige un modello di umano che non viene minimamente scalfito dal fatto che tutto quello che non e' a esso riconducibile sia minoranza.
Ripeto, una delle sfide del pensiero femminista, dal punto di vista filosofico, era mettere in crisi un certo modello di soggettivita' e far emergere la legittimita' teorica di altri modelli di soggettivita': relazionale, dipendente, eccetera e non sempre e solo l'indipendenza, l'autonomia, la razionalita'. Invece e' come se fosse stato codificato solo quello come modello legittimo, sovrano.
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- La maternita' in questo quadro che fine fa? Emerge quasi un'avversione anche per questa parola...
- Il femminismo nelle sue molteplici forme ha avuto sempre un rapporto ambiguo con la maternita'. Per molte femministe l'idea era: solo se superiamo questo "destino biologico" - per citare Simone de Beauvoir - saremo veramente libere. Questa e' stata la posizione di molta parte del femminismo, anche radicale. Poi invece, sempre dentro al femminismo, per dire quanto ricca e' questa galassia, ci sono state importantissime teorizzazioni sulla maternita', a partire dal testo di Adrienne Rich Nato di donna,del 1976, dove l'autrice fa una distinzione fra la maternita' come istituzione e la maternita' come esperienza. Attraverso una ricostruzione della storia della maternita', ma anche attraverso un processo di presa di consapevolezza di se', come donna, femminista. Ecco, Rich dice: dobbiamo mettere in discussione l'istituzione patriarcale della maternita', riappropriandoci invece dell'esperienza esclusivamente femminile della maternita'. Lo dice una donna che e' sia madre sia severa critica del patriarcato e teorizzatrice del pensiero lesbico.
A partire da Rich c'e' tutto un filone che valorizza la maternita' come esperienza femminile. Questo e' un elemento importantissimo del femminismo. Proprio quando negli anni Settanta la maternita' non diventa piu' un destino ma una scelta o appunto un percorso di liberta', c'e' la possibilita' di attribuirle altri significati.
Dalla valorizzazione dell'esperienza della maternita' in chiave femminista emergono successivamente interessanti filoni di pensiero che tematizzano la relazionalita' originaria di ogni essere umano, la sua originaria vulnerabilita' e quindi la necessita' di pensare l'etica della cura.
Molta riflessione contemporanea su vulnerabilita', cura, relazione scaturisce dalla riflessione femminista.
Il tentativo del pensiero della differenza ma anche di parte del femminismo radicale degli anni Settanta e' stato quello di riappropriarsi della maternita' come esperienza incarnata, vissuta, reale e concreta.
Adesso invece siamo arrivati all'aberrazione di chiamare la maternita' "gestazione", un'operazione linguistica per cui l'esperienza della maternita', cioe' dell'avere nel proprio corpo una forma di vita che poi diventa un essere umano, viene definita con un termine medico, scomponendo il processo di creazione della vita in varie fasi, cosi' da smantellare del tutto l'esperienza complessiva della maternita', che non e' solo biologica o ormonale.
Qui si apre tutta la questione del dibattito sulla gestazione per altri, detta anche maternita' surrogata o utero in affitto.
Quello che personalmente trovo davvero triste e' questo. I dispositivi tecnologici e scientifici sembrano oggi inarrestabili, per cui sinceramente penso che sia difficile fermarli, o che sia per lo meno complicato. Cio' che mi stupisce e che mi delude e' che una parte della sinistra assuma in maniera del tutto acritica questa stessa direzione, presentandola come un'esperienza di liberta' o di diritti.
E' chiaro, ad esempio, che la chirurgia plastica, la possibilita' di modellare il proprio corpo, anche senza parlare di transizione sessuale, e' un segno dei nostri tempi. Pero' non penso che sia una battaglia di sinistra potersi rifare il seno, le labbra o gli zigomi. Come mai invece e' diventata una battaglia di sinistra quella di assecondare questi dispositivi, e il mercato che c'e' dietro, facendola passare per qualcosa di progressista, in materia di maternita' surrogata? Questo per me e' un grande mistero. Soprattutto perche' ci sono interessi economici e processi di sfruttamento molto evidenti nei mercati della gestazione per altri e l'argomento contrario che la ammette, ma solo nella forma del dono, mi sembra una grande ipocrisia. Non puoi donare un altro essere umano; e' come trasformare l'essere umano in un oggetto che tu produci e doni a qualcun altro. Filosoficamente e' molto problematico: si puo' decidere di produrre un essere umano per donarlo?
Su questo riflette in maniera filosoficamente interessante Alessio Musio sulla rivista "Vita e Pensiero", affermando che "se ogni persona puo' sempre donare qualcosa di se', questa facolta' di dono non puo' estendersi al dono di un'altra soggettivita' (il figlio). A poter essere donate sono solo le cose e non le persone". Questa e' un'importante riflessione sul piano etico che almeno segnala un problema piuttosto grande. Nel dibattito si fa tanto parlare del benessere di bambine e bambini nati dalla surrogazione, nei cui confronti chi vuole vietare la surrogata non ha alcun rispetto. Eticamente pero', bisognerebbe chiedersi che rispetto hanno per i bambini e le bambine coloro che li commissionano ad altri o se li fanno "donare"? Quale rispetto per chi e' coscientemente progettato per essere donato o venduto? Mi sembra tutto incongruente, se non folle.
Io trovo lo stesso processo linguistico che sostituisce maternita' con "gestazione" molto violento: non si parla piu' della madre, ma della portatrice, della donatrice di ovuli... Una nuova cancellazione delle donne e della loro esclusiva potenzialita' generativa: mi pare che si compia qui una nuova ingiustizia storica. Io penso a tutte le donne del passato che hanno lottato per veder riconosciuta la propria esistenza, la propria identita'. E' come se adesso con un colpo di spugna tutto venisse cancellato.
E badate bene, non e' solo una questione dei cattolici, interessati ovviamente all'aspetto etico, e nemmeno una questione del femminismo "eterosessuale". E' interessante, infatti, che siano le lesbiche le donne che piu' soffrono di questa cancellazione. Anche in Italia la posizione di Arcilesbica rispetto sia all'identita' di genere sia alla maternita' surrogata e' molto chiara, molto forte e ha avuto un ostracismo pazzesco da parte di tutto il movimento Lgbt.
C'e' questo bellissimo libro di Arcilesbica, Noi le lesbiche, Preferenza femminile e critica al Transfemminismo (Il dito e la luna, Milano, 2021) un testo sia teorico che di racconto di come sono andate le cose dentro il movimento dopo la grande battaglia per le unioni civili. Il fatto che sin dal giorno dopo si sia subito passati a discutere del tema della maternita' surrogata e' stato vissuto come una profonda violenza dentro il movimento.
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- Come si spiega?
- Carla Lonzi negli anni Settanta scrive contro un femminismo dell'uguaglianza e della parita' perche' in quella operazione dell'emancipazione lei vede una trappola di assimilazione. Alla fine per avere gli stessi diritti degli uomini o di un ipotetico soggetto neutro dobbiamo in qualche modo rinunciare a essere donne, diventare come i maschi. Questo processo di assimilazione e' un processo di cancellazione della differenza ed e' esattamente quello che avviene adesso per esempio in queste operazioni linguistiche, dove la parola donna viene rifiutata perche' ritenuta non inclusiva.
Anche qui c'e' un ritorno. C'e' di nuovo un fastidio per la differenza femminile, per la differenza sessuale e quindi una sua neutralizzazione proprio nel doppio senso di neutralizzazione linguistica ma anche di neutralizzazione politica.
Fino a che le donne sono soggetti vulnerabili, deboli, da tutelare, rientrano cioe' nel paradigma familiare di una "minoranza", allora va bene parlare di violenza contro le donne o di ingiustizia e discriminazioni. Se invece le donne vogliono essere riconosciute come soggetto alla pari degli uomini, nella loro differenza, ecco che questo non va piu' bene e all'improvviso la donna diventa un soggetto che esclude altri soggetti!
Se ci pensate e' curioso. Qui ci sono tanti cortocircuiti anche dal punto di vista concettuale. Questo lo dico spesso alle mie studentesse con cui ho sovente delle discussioni. Loro sarebbero piu' orientate verso una prospettiva diciamo queer, le nostre discussioni sono spesso molto accese e interessanti, istruttive anche per me.
Se mi limito a raccontare in classe il percorso di discriminazione subìto dalle donne nella storia, le ingiustizie nei loro confronti, eccetera, loro mi seguono con interesse ed entusiasmo. Se pero' faccio un discorso piu' "positivo" sulle donne, in un'ottica del pensiero della differenza sessuale, affermando che c'e' una differenza femminile che va valorizzata, subito si ritraggono, diventano sospettose, perche' interpretano la differenza sessuale come una sorta di essenzialismo. In realta' il femminismo della differenza non fa un discorso essenzialista.
Anche questo e' interessante: nella riflessione anglo-americana si tende a intendere la differenza sessuale solo come differenza biologica, come qualcosa, appunto, di corporeo, biologico, e quindi muto e da superare. Mentre il pensiero della differenza sessuale, come ho gia' detto, e' all'incrocio fra il materiale, il corporeo e il culturale o simbolico e una delle sue sfide e' dire: proviamo a pensare questa differenza sessuale al di fuori di come il patriarcato l'ha pensata.
Dal punto di vista filosofico questo e' un percorso che e' stato iniziato ma che non si e' concluso. La differenza sessuale non e' qualcosa che si possa stabilire una volta per tutte a priori, su cui dettare un dogma, una norma. L'assunto di base e' quello di un'apertura che deve costantemente essere riempita di significati, a partire pero' da un'incarnazione corporea in un corpo sessuato, a partire da una spartizione nei due sessi del maschile e del femminile e dove ciascun sesso dovrebbe pensarsi a partire dalla sua parzialita', non da un'ipotetica universalita'. E' una critica al modello neutro universale che tutto ingloba.
Questa idea di una parzialita' che pero' e' radicata in un corpo e in una differenza e' secondo me un punto di partenza molto proficuo, che permette di fare molte cose: per esempio, di non ridurre il femminile alla sua differenza biologica, ma nello stesso tempo di non cancellare quella differenza biologica, di non far finta che non ci sia. E' un processo che merita di essere ulteriormente esplorato. Proprio per aprire quel significante donna a una liberta' che io ancora non vedo. Vedo piuttosto ritornare prepotenti gli stereotipi. Anche in questa apparente apertura di tutti i sessi e tutti i generi, e' come se ci fosse una specie di strana nostalgia o attaccamento a una definizione rigida di che cosa e' una donna. Come se ci fosse il bisogno di stabilire che cos'e' una donna in maniera ferma e stabile, per poi rifiutare dal punto di vista della fluidita' e del queer proprio quel femminile stereotipato. Si tratta pero', questo il paradosso, di un femminile molto patriarcale, come se il femminismo non ci fosse stato.
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- Spesso i soggetti che animano le manifestazioni diciamo queer condividono la lotta per l'ambiente. Vorrei introdurre il tema del limite. Abbiamo pensato che grazie alla scienza e alla tecnologia si potesse abbattere qualsiasi limite e proprio la crisi climatica ci ha fatto prendere coscienza della situazione. Di la' si parla pero' di rivoluzione contro la natura, quindi di abbattimento dei limiti. Non c'e' una specie di delirio di onnipotenza in questo affidarsi alla scienza e alla tecnologia in nome di un'ansia di liberazione. Sembra tutto paradossale...
- Ho letto di recente una recensione all'ultimo libro del filosofo Paul B. Preciado e riflettevo sul fatto che molto spesso questa messa in discussione dei ruoli tradizionali di genere o delle identita' di genere in alcuni di questi teorici e' affiancata a una critica ai modelli di sviluppo della societa' occidentale e quindi alla crisi climatica. Anch'io vedo qui una forte contraddizione. Come puoi condurre in maniera cosi' esasperata la tua battaglia contro la "natura" che hai dentro di te, e di cui noi siamo delle specificazioni, e simultaneamente lottare per il rispetto della natura? Come conciliare una battaglia tutta concentrata su di se', sulle proprie preferenze e desideri, sulla propria autopercezione con una che invece punta a mettere da parte se stessi per occuparsi del mondo?
Questa dimensione del limite appare assolutamente cancellata, negata quando si tratta del quadro biologico dentro il quale ci troviamo a essere. Insomma, critichiamo il turbocapitalismo che sfascia il pianeta ma contemporaneamente smantelliamo la natura che noi siamo. Mi pare piuttosto contraddittorio.
C'e' una frase di Hannah Arendt che mi ha sempre colpito molto. Riflettendo sul suo essere ebrea e donna lei scrive: "Provo una fondamentale gratitudine per cio' che e' dato" (for what has been given). "Cio' che e' dato" nel senso di qualcosa che tu non scegli.
La fondamentale gratitudine per cio' che e' dato secondo me ha a che fare proprio con questa percezione di un limite, del fatto che c'e' qualcosa che ti eccede, che non puoi determinare volontaristicamente. La vicenda umana e' anche un percorso, un venire a patti - spesso lungo e doloroso - con questo nostro essere cosi' e non altrimenti. Qui emerge invece una rimozione, una non accettazione di se'.
Carla Lonzi, nei suoi testi, parla di una "accettazione di se'" da parte delle donne che non vuole naturalmente dire una supina sottomissione ai ruoli, ma un'accettazione di se' come primo passo per un percorso di liberta' femminile.
Quello che io osservo tristemente oggi e' che spesso sono le ragazze piu' giovani a non accettare questa loro datita'. E' come se il femminismo, per certi versi, non fosse accaduto; persistono dei forti stereotipi femminili a cui le ragazze sentono di doversi adeguare o di non potersi per niente adeguare. L'esito e' che rifiutano il femminile in blocco. Come se femminile volesse dire essere solo quella cosa li'.
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- L'aumento, repentino e imponente, del numero delle transizioni da femmine a maschi registrato negli Stati Uniti, mentre nel passato il fenomeno, molto contenuto, riguardava il processo inverso, sembra segnalare un disagio prettamente femminile. Questa disponibilita' a dar via la parola donna tradisce forse la difficolta' che le giovani donne incontrano nell'essere se stesse? Il venir meno del vecchio ordine e l'assenza di uno nuovo crea una situazione complicata, anche dolorosa.
- Temo sia proprio cosi'. Si rifiuta la parola donna perche' la si percepisce ancora legata alla sua versione patriarcale, come ho gia' detto. In qualche modo e' anche un fallimento del femminismo. Il femminismo della parita', dell'uguaglianza ha una forte carica assimilazionista, per cui se tu donna vuoi la parita', ti assimili a un modello maschile, quindi aggressivo, competitivo oppure iperseduttivo e tutte quelle forme di femminilita' o di essere donna che non si adeguano vengono ritenute fallimentari, residuali. Intendiamoci, anch'io volevo essere un maschio quando avevo dieci anni, anch'io facevo resistenza a che questo corpo prendesse una forma che mi impediva una certa liberta', eccetera.
Ecco, questo complicato processo di soggettivazione che si attraversa nella fase in cui si assumono i caratteri sessuali maschili o femminili una volta non aveva immediatamente a disposizione la possibilita' del rifiuto di una cosa e l'assunzione di un'altra. Adesso invece c'e' anche questa nuova merce - perche' dobbiamo dirlo che e' una nuova merce - e quindi: perche' no?
Oggi si definiscono "maschi trans" persone che una volta sarebbero perfettamente rientrate nell'estetica della lesbica butch, donne ipermascolinizzate. Qual e' il problema di vivere il proprio essere donna nelle forme di un'estetica piu' mascolina e di un rapporto lesbico?
Ero convinta che il femminismo, e con esso l'epoca della cosiddetta liberazione sessuale, ci avesse insegnato che ciascuna/o puo' vivere la propria sessualita' come vuole, senza pero' trasformare questa liberta' in un nuovo conformismo queer. Invece adesso c'e' proprio questo bisogno di incasellare la soggettivita' in una nuova identita', quella appunto di maschio trans. Io qui di nuovo vedo il rifiuto di volersi dire donna.
Ora, io non so se sia un effetto di quel contagio sociale di cui parla anche Kathleen Stock, di questa omologazione, di questo conformismo che vale dentro i movimenti come in tutte le altre parti della societa'. Pero' per me e' significativo il fatto che il fenomeno riguardi soprattutto le ragazze adolescenti.
D'altra parte, io non vivo a New York e non vivo neanche a Milano; la provincia italiana e' ancora estremamente rigida dal punto di vista dei ruoli di genere. Se vai all'uscita di una scuola, sembra siano tutte ragazze madri! Non vedi mai un padre; nel giro di cinque anni ne avro' visti un paio; sono figure inesistenti. C'e' una persistenza nella societa' italiana di questo modello patriarcale. Io invece sono favorevolissima all'interscambio dei ruoli di genere dentro la famiglia: e' l'elemento fondamentale per la liberta' delle donne e anche dei figli francamente. Qui invece siamo ancora molto arretrati.
Contemporaneamente si assiste a una maggioranza di situazioni estremamente tradizionali e poi queste schegge di posizioni iper radicali che pero' non impattano realmente sulla vita della maggioranza delle persone, soprattutto delle donne. C'e' ancora molto lavoro da fare in questo senso.
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- Le attuali forme di lotta di questi movimenti ricalcano quelle degli anni Settanta: c'e' un'aggressivita', una violenza, per ora prevalentemente verbale, ma che puo' produrre appunto licenziamenti, ostracismi eccetera; una violenza che nella storia e' tipicamente maschile: pubblicare il nome, l'indirizzo, quest'ansia quasi di linciare, per quanto non fisicamente, chi la pensa diversamente fa pensare a una sorta di rivincita, a un'ondata sotterranea di maschilismo... c'e' qualcosa che ritorna.
- E' vero ed e' un elemento molto interessante. Anche nel movimento "Non una di meno" si riscontrano delle modalita', anche estetiche, di lotta reminiscenti degli anni Settanta. E' come se non ci fosse stata alcuna evoluzione rispetto a come si interpreta il radicalismo di una battaglia.
E' come se anche questo aspetto del femminismo, con le sue forme di ironia, non violente, fosse stato dimenticato. Riemerge la matrice di una tradizione che ha i suoi miti e suoi mitologemi e che continua a essere richiamata - una matrice bellicista. Il manifesto fatto contro Kathleen Stock e' tremendo e mi ha fatto molta impressione, un attacco cosi' ad personam... queste forme di linciaggio sono effettivamente molto maschili. D'altra parte, continua a sembrare piu' "cool", piu' radicale adottare quei metodi invece di cercarne altri.
Devo dire che sui social vedo che molte femministe della generazione precedente assumono posizioni vicine al movimento Lgbt, con argomentazioni talvolta un po' fumose. A sinistra continua a funzionare questo spettro di essere assimilati alla destra, e allora, anche forse per continuare a cavalcare la radicalita' del movimento, si accettano posizioni che un tempo si sarebbero rigettate, come nel caso della maternita' surrogata.
Ora, la gestazione per altri non e' una questione esclusivamente maschile pero' e' fuor di dubbio che una genitorialita' lesbica e una genitorialita' gay non sono la stessa cosa. C'e' una differenza sessuale anche nell'omosessualita' che sarebbe cosi' ipocrita, cosi' fittizio non riconoscere.
Pensiamo alla differenza - anche qui sessuale, biologica - tra la donazione di sperma da parte di un uomo e invece la donazione di ovuli da parte di una donna. Le donne che donano i loro ovuli devono essere sottoposte a terapie ormonali per farne aumentare la produzione e poi l'estrazione e' molto piu' invasiva rispetto alla raccolta dello sperma. Tra l'altro l'eiaculazione, come ricorda Carla Lonzi, corrisponde al momento del piacere del maschio mentre per la donna piacere e fecondazione non sono cosi' strettamente legati.
Non voler riconoscere o voler dissolvere queste differenze anatomiche in un discorso giuridico o appunto neutralizzante di "genitorialita'", a mio avviso, oltre a essere violento e' proprio falsificante.
Voglio aggiungere un'altra considerazione. Quando parliamo di sessualita', intesa sia come pratica sessuale sia come esistenza sessuata, non stiamo parlando di cose astruse, e come studiosi e studiose non stiamo trattando di un manoscritto del quinto secolo, stiamo invece parlando di tematiche che riguardano le vite di tutte e di tutti, questioni concrete in cui tutti possono riconoscersi. Quanti significati ha una parola come genere o gli avverbi e gli aggettivi derivati da questo sostantivo?
Per questo e' cosi' importante che questi dibattiti escano dall'accademia e che si faccia un po' di chiarezza, anche teorica, concettuale, su queste questioni.
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 270 del 27 settembre 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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Numero 270 del 27 settembre 2023
In questo numero:
1. "Presidente Biden, liberi Leonard Peltier da 47 anni prigioniero innocente". Un appello diffuso a Roma ed in altre citta' del Lazio in occasione del settantanovesimo anniversario della nascita di Leonard Peltier
2. Esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma
3. Alcuni riferimenti utili
4. Tre tesi
5. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
6. Solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani
7. Ripetiamo ancora una volta...
8. Barbara Bertoncin e Gianni Saporetti intervistano Olivia Guaraldo
1. REPETITA IUVANT. "PRESIDENTE BIDEN, LIBERI LEONARD PELTIER DA 47 ANNI PRIGIONIERO INNOCENTE". UN APPELLO DIFFUSO A ROMA ED IN ALTRE CITTA' DEL LAZIO IN OCCASIONE DEL SETTANTANOVESIMO ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI LEONARD PELTIER
In occasione del settantanovesimo anniversario della nascita di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente, si sono svolte in molte citta' italiane iniziative per la sua liberazione.
A Roma ed in altre citta' del Lazio e' stato diffuso un appello al Presidente degli Stati Uniti d'America affinche' conceda la grazia presidenziale che restituisca la liberta' all'eroe perseguitato universalmente noto come "il Nelson Mandela americano".
Di seguito trascriviamo il testo dell'appello diffuso.
*
Presidente Biden,
liberi Leonard Peltier da 47 anni prigioniero innocente.
Lei sa che il 12 settembre 2023 Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, ha compiuto 79 anni, dei quali gli ultimi 47 trascorsi in carcere, condannato per un delitto che non ha commesso.
Lei sa che Leonard Peltier e' innocente.
Lei sa che le cosiddette "testimonianze" contro Leonard Peltier si sono dimostrate false.
Lei sa che anche le cosiddette "prove" contro Leonard Peltier si sono dimostrate false.
Lei sa che lo stesso Procuratore capo dell'accusa che ottenne la condanna di Leonard Peltier ha poi riconosciuto e dichiarato che fu un errore giudiziario e Le ha scritto per chiederLe di concedere la grazia e liberare Leonard Peltier.
Lei sa che lo scorso anno una Commissione giuridica ad hoc dell'ONU ha riesaminato l'intero processo ed ha concluso che Leonard Peltier deve essere liberato.
Lei sa che milioni di persone di tutto il mondo hanno chiesto che Leonard Peltier sia liberato: persone come Nelson Mandela, madre Teresa di Calcutta, Desmond Tutu, persone come papa Francesco e il Dalai Lama.
Lei sa che innumerevoli associazioni democratiche della societa' civile di tutto il mondo hanno chiesto che Leonard Peltier sia liberato: associazioni prestigiose come Amnesty International.
Lei sa che un gran numero di istituzioni e di rappresentanze istituzionali di tutto il mondo hanno chiesto che Leonard Peltier sia liberato: istituzioni rilevanti come il Parlamento Europeo e rappresentanti istituzionali qualificati come i Sindaci di molte grandi citta'.
Lei sa che Leonard Peltier e' anziano e gravemente malato, e che anche dal carcere, in condizioni di estrema oppressione e sofferenza, ha costantemente continuato ad impegnarsi in difesa dei popoli oppressi, in difesa dei diritti umani, in difesa della Madre Terra, con la sua parola autorevole di martire perseguitato e di uomo di profonda spiritualita', con la poesia, con la pittura, con le attivita' educative e benefiche che con l'aiuto dei suoi sostenitori ha promosso a vantaggio dei piu' bisognosi di aiuto.
Lei ha il potere di liberare Leonard Peltier attraverso lo strumento della grazia presidenziale; Lei ha il potere di restituire la liberta' a un uomo innocente che ha subito una semisecolare crudelissima persecuzione, una lunghissima ingiustissima prigionia; Lei ha il potere di metter fine a un enorme scandalo, un'enorme assurdita', un'enorme iniquita'; Lei ha il potere di far finalmente prevalere la verita', la giustizia, l'umanita' liberando Leonard Peltier. Usi la prerogativa della grazia presidenziale e liberi finalmente Leonard Peltier: l'umanita' intera attende questo momento.
Presidente Biden,
liberi Leonard Peltier da 47 anni prigioniero innocente.
*
Questo il testo dell'appello diffuso a Roma ed in altre citta' del Lazio.
Invitiamo ogni persona di volonta' buona a diffonderlo ulteriormente.
Invitiamo ogni persona di volonta' buona a scrivere direttamente al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere la liberazione di Leonard Peltier: le lettere (il cui testo puo' anche essere semplicemente "Free Leonard Peltier") possono essere inviate attraverso la pagina web dedicata del sito della Presidenza degli Stati Uniti d'America: www.whitehouse.gov/contact/
2. REPETITA IUVANT. ESPOSTO ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA
Alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma
e per opportuna conoscenza:
al Presidente della Repubblica
ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica
alla Presidente del Consiglio dei Ministri
a tutte le ministre e i ministri, a tutti i senatori e le senatrici, a tutte le deputate e i deputati, agli ed alle europarlamentari elette ed eletti in Italia
a numerosi pubblici ufficiali cui incombe, ricevendo tale notitia criminis, di promuovere l'azione giudiziaria
ai mezzi d'informazione
a numerose persone di volonta' buona, associazioni democratiche, istituzioni fedeli alla legalita' costituzionale
*
Oggetto: esposto relativo alla violazione dell'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana da parte del governo italiano.
Egregi signori,
*
l'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana e' inequivocabile. Esso recita: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parita' con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranita' necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".
*
Il governo italiano ha violato l'articolo 11 della Costituzione in quanto:
a) fa partecipare l'Italia alla guerra in corso in Ucraina attraverso la fornitura di armi che la guerra alimentano;
b) fa partecipare l'Italia alla guerra in corso in Ucraina attraverso la propria aviazione militare che raccoglie informazioni e le invia all'esercito ucraino sul campo di battaglia (cfr. il servizio giornalistico apparso sul sito dell'autorevole agenzia giornalistica Ansa col titolo "La guerra dei top gun italiani", che fin dall'incipit esplicitamente afferma che "i nostri piloti, tra loro anche una donna, a bordo dei caccia catturano dati importanti che in poco tempo finiscono sui cellulari dei soldati ucraini sul campo di battaglia");
c) ostacola effettualmente ogni realistica ipotesi di "cessate il fuoco" ed ogni concreto impegno di pace sostenendo esplicitamente la tesi che la guerra deve concludersi non con un negoziato ma con la "vittoria" di una delle parti in conflitto (cfr. la dichiarazione della Presidente del Consiglio dei Ministri "scommettiamo sulla vittoria ucraina" riportata da numerosi mezzi d'informazione);
d) sostiene l'azione provocatrice ed eversiva della Nato che da decenni opera nell'Europa dell'est per destabilizzare gli equilibri regionali e suscitare conflitti (azione divenuta finanche esplicitamente terrorista e stragista durante la guerra di distruzione della Jugoslavia nel 1999).
*
In flagrante violazione dell'articolo 11 della Costituzione, il governo italiano arma e quindi alimenta la guerra, partecipa alla guerra e quindi alle stragi di cui ogni guerra sempre e solo consiste, e con cio' espone altresi' anche il nostro paese a subire le conseguenze della guerra, e - last, but not least - contribuisce all'escalation verso una guerra mondiale e nucleare che puo' metter fine all'intera civilta' umana.
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Egregi signori,
con il presente esposto si richiede il piu' tempestivo intervento per far cessare l'azione incostituzionale, folle e criminale del governo italiano.
Distinti saluti,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, primo agosto 2023
3. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
4. REPETITA IUVANT. TRE TESI
La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
5. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE
Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it
6. REPETITA IUVANT. SOLIDALI CON LE DONNE IRANIANE NELLA LOTTA NONVIOLENTA PER I DIRITTI UMANI DI TUTTI GLI ESSERI UMANI
Siamo solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessi la repressione del movimento democratico e nonviolento delle donne - e degli uomini postisi alla loro sequela - che si riconosce nel motto "Donna, vita, liberta'", che siano liberate e liberati tutte le prigioniere e tutti i prigionieri politici, che cessi la violenza maschilista di stato, e che siano riconosciuti, rispettati e difesi tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Nessuna autorita' e' legittima se non rispetta la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
7. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
8. RIFLESSIONE. BARBARA BERTONCIN E GIANNI SAPORETTI INTERVISTANO OLIVIA GUARALDO
[Dal sito della "Libreria delle donne" di Milano riprendiamo e diffondiamo la seguente intervista originariamente apparsa sulla bella rivista "Una citta'" n. 294 dell'agosto 2023 col titolo "Il due originario. Intervista a Olivia Guaraldo"]
La grandezza del femminismo, di dare dignita' alla parola donna non piu' solo come qualcosa di accessorio all'uomo o al maschile, oggi rimossa, nel nome di un nuovo neutro; le parole sostituite: "donna" con "persona con utero" e "maternita'" con "gestazione"; mentre si invoca un "rispetto della natura" in nome dell'ambiente si professa una "rivoluzione della natura" per l'essere umano; la rimozione del limite di cio' che e' dato. Intervista a Olivia Guaraldo.
Olivia Guaraldo insegna filosofia politica all'Universita' di Verona. E' studiosa di Hannah Arendt, a cui ha dedicato due monografie, e dei femminismi contemporanei. Ha curato e introdotto due edizioni italiane di testi di Judith Butler e ha scritto sui rapporti fra il femminismo della differenza e le gender theories. Dirige il Centro Studi politici Hannah Arendt presso il Dipartimento di Scienze Umane dell'Universita' di Verona.
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- Vorremmo proseguire il dibattito sul tema dell'identita' di genere aperto con la lunga intervista a Kathleen Stock uscita nello scorso numero.
- Kathleen Stock tocca questioni cruciali, la prima delle quali e' la forte censura che avviene nel contesto accademico britannico, per chi solo mostra di avere posizioni diverse rispetto a quelle dominanti sul gender. Personalmente sono a conoscenza di censure analoghe, magari non cosi' plateali, anche in Italia. Per esempio, verso chi si occupa di questioni legate alla transizione dal punto di vista giuridico: se esprimi qualche dubbio, una lieve perplessita' sulla facilita' con cui gli adolescenti possono sottoporsi a terapia ormonale, vieni immediatamente escluso dal dibattito, ostracizzato, silenziato.
Da un punto di vista culturale forse e' interessante chiedersi come mai si sia arrivati a instaurare queste nuove forme di censura e di dogmatismo. Cioe', all'apice della vittoria del relativismo, del multiculturalismo, della critica all'eurocentrismo, insomma, nel momento storico-culturale in cui ci troviamo, in cui ogni credenza viene messa in discussione, e' come se risorgesse il bisogno di un nuovo dogmatismo. Il che e' paradossale perche' le teorie che propongono uno smantellamento della dualita' dei sessi sono il frutto della filosofia post-moderna e decostruzionista, di una filosofia che mette in discussione, a partire dalla meta' degli anni Cinquanta, i concetti di uomo, soggetto, coscienza. Si tratta di un percorso anche concettuale che inizia con la volonta' di smantellare, di decostruire e pero', alla fine di questa parabola, scopriamo un rinnovato bisogno di dogmatismo o di quello che potremmo chiamare un nuovo conformismo.
L'altra faccia di questo fenomeno e' che le forme ultime, piu' estreme, di radicalismo vengono oggi identificate con queste posizioni, per cui appunto la tua identita' sessuale e' quella che dichiari o che intenzionalmente assumi, indipendentemente da cio' che sei materialmente, biologicamente.
Quello che voglio dire e' che oggi queste posizioni sono interpretate come quelle politicamente piu' radicali, e non solo rispetto al sesso o al femminismo, ma politicamente piu' radicali in genere. Come se la politica fosse tutta incentrata sulla capacita' di smantellare la "natura" e assumere una identita' che e' solo intenzionale; come se, in altre parole, la politica coincidesse del tutto con la questione dell'identita', in una prospettiva molto soggettiva, iper-individualizzata direi. Come facciamo a portare avanti politiche ambientali se siamo cosi' concentrati solo sulla percezione di noi stessi? Mi sembra che ci sia un grande scollamento in questo senso.
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- La preoccupazione e' che, paradossalmente, si torni indietro. Se la donna e' la femmina adulta della nostra specie, questo nulla dice su chi e come dobbiamo essere. Se invece questo termine e' totalmente avulso dalla dimensione corporea, biologica, con quali criteri definiamo l'essere donna? Quali caratteristiche dovrebbe avere? E' una strada insidiosa ed e' emblematico che la rappresentazione del genere di arrivo di personaggi pubblici che hanno fatto la transizione tradisca un'idea di donna e di uomo molto stereotipata, conformista.
- La questione femminista centrale e' proprio questa. E' curioso che la traiettoria intrapresa da quelle riflessioni abbia portato a un esito non previsto dalle stesse femministe. Dal punto di vista di molte femministe radicali, il femminismo ha liberato la parola donna dal suo uso patriarcale, stereotipato e legato a un preciso ruolo.
Il femminismo ha riempito la parola donna di ulteriori significati, ma soprattutto ha aperto quella parola a una dimensione di liberta'. Per me la parola piu' importante del femminismo non e' uguaglianza, ma liberta'. Ebbene, siamo passati da questa apertura della parola donna, la grande conquista del femminismo, a una sua chiusura. Invece, il femminismo ci ha insegnato che anche le donne che non si adattano perfettamente allo stereotipo del femminile sono donne. Questa e' la grandezza del femminismo, di dare dignita' alla parola donna nella sua autonomia, non piu' solo come qualcosa di accessorio all'uomo o al maschile. Gia' negli anni '70 una parte del pensiero femminista radicale (su questo si veda F. Restaino, A. Cavarero, Le filosofie femministe, Pearson, 2022) riteneva che fosse necessario abbandonare la parola donna perche' troppo compromessa con il patriarcato, troppo dipendente da esso. Invece, il portato cruciale del pensiero della differenza e' stato di voler valorizzare quella parola - donna - e con essa le esperienze e l'autonomia del femminile. Tutto cio' pero' poteva darsi solo se il femminile cominciava a interrogarsi prescindendo dal maschile. Questa e' stata la strada intrapresa dal separatismo femminista.
Oggi invece e' come se tutta quella complicata vicenda della parola donna, della sua apertura, della sua liberazione, non ci fosse stata, per cui si torna a un uso di quella parola assolutamente tradizionale, conservatore, se vuoi addirittura reazionario, patriarcale. Come se essere donna rimandasse immediatamente solo alla eterosessualita', all'iperfemminilizzazione, ai ruoli di madre, moglie, seduttrice etc... E' questo che spesso non si vede o non si vuole vedere.
C'e' un'altra questione importante, che il :pensiero della differenza ha messo in evidenza ed e' una questione filosofica. Noi abbiamo lottato per arrivare a riconoscere che "l'uomo", inteso come il neutro universale, non va bene perche' e' un termine che pretende di valere per gli uomini e le donne, includendo le donne nel neutro della parola "uomo". Il lavoro del femminismo e' stato quello di dire: esiste anche l'essere umano sessuato al femminile con delle sue specificita', delle sue differenze, con un portato culturale e simbolico diverso. Si tratta di dare valore e dignita' a questa differenza, segnalandone l'esistenza, persino la vitalita', senza ovviamente dettare a priori i caratteri o i modi in cui questa differenza si poteva manifestare. Chi accusa il pensiero della differenza di essere "essenzialista", cioe' di porre un'essenza del femminile come normativa, mistifica la questione. Che e' semmai un'altra. Il pensiero della differenza dice: c'e' un essere umano che si spartisce, prevalentemente, in due sessi. Del resto, la storia del patriarcato e' segnata da una certa interpretazione maschile di questa differenza. Il femminismo della differenza vuole dare un significato nuovo a questa differenza, che valorizzi le donne, ma che smascheri anche la pretesa del termine "uomo" di parlare per entrambi i sessi. La logica filosofica dell'Occidente invece non accoglie questa originarieta' del due: "Se all'Uomo con la maiuscola si aggiunge la donna, allora perche' non aggiungere anche altri?". Come se, in altre parole, l'emergere della differenza aprisse a infinite differenze. Come se questa rottura dell'uno portasse immediatamente all'apertura ai molti, e l'esito di questa operazione concettuale e' una nuova cancellazione della donna come umano originario.
Inoltre, nella dialettica uno-molti la donna viene assimilata alle minoranze sessuali o a una categoria sociale, e questo e' sbagliato. La portata radicale del pensiero della differenza, che non e' un pensiero sociologico, bensi' filosofico, sta proprio qui: c'e' un'originaria differenza di corpi. Questo e' un fatto anatomico, fisiologico, ormonale, ma non si tratta di definire con riduzionismo biologista l'umano a partire da questa differenza, ma nemmeno negarla. Si tratta di una differenza che e' anche simbolica e culturale. Il problema e' come dare significato a questa differenza in maniera non patriarcale. Il patriarcato ha sempre dato significato a questa differenza sessuale: le donne sono subordinate agli uomini, fanno i figli, sono impolitiche... La sfida femminista era volta a far si' che questa differenza significasse in maniera diversa.
Adesso noi vediamo arrivare al pettine tanti nodi perche' quella differenza sessuale alla fine non e' mai stata accettata fino in fondo. Il pensiero Lgbtq in qualche modo vuole superare questa originarieta' del due e appunto dire che ci sono i molti; maschile e femminile, l'originario spartirsi in due sessi, sarebbe in realta' una imposizione eteronormativa, che quindi opprime e normalizza chi non si riconosce in questa dualita'. Da li' si arriva a postulare la categoria di queer, che e' cio' che appunto non si conforma al binarismo dei sessi. A mio avviso, il problema di questa posizione e' che nel voler liberare le minoranze sessuali dalla discriminazione - cosa giustissima, per altro - finisce per cancellare non tanto l'uomo, categoria che anche le femministe volevano mettere in discussione, ma soprattutto la donna. Questo lo si vede nelle operazioni linguistiche che vogliono adottare, l'asterisco o la schwa o l'espressione "persona con utero" anziche' donna.
Ora non e' che le femministe siano delle bigotte. La rivolta delle femministe vecchio stampo o terf, come ora vengono chiamate, non e' certo contro le pratiche sessuali non eterosessuali, ma contro la cancellazione delle donne!
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- In effetti anche il ddl Zan metteva assieme donne e disabili...
- Esatto. E' come se non fossimo mai usciti dal neutro universale. Gli effetti di quella impostazione sono ancora molto visibili: vige un modello di umano che non viene minimamente scalfito dal fatto che tutto quello che non e' a esso riconducibile sia minoranza.
Ripeto, una delle sfide del pensiero femminista, dal punto di vista filosofico, era mettere in crisi un certo modello di soggettivita' e far emergere la legittimita' teorica di altri modelli di soggettivita': relazionale, dipendente, eccetera e non sempre e solo l'indipendenza, l'autonomia, la razionalita'. Invece e' come se fosse stato codificato solo quello come modello legittimo, sovrano.
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- La maternita' in questo quadro che fine fa? Emerge quasi un'avversione anche per questa parola...
- Il femminismo nelle sue molteplici forme ha avuto sempre un rapporto ambiguo con la maternita'. Per molte femministe l'idea era: solo se superiamo questo "destino biologico" - per citare Simone de Beauvoir - saremo veramente libere. Questa e' stata la posizione di molta parte del femminismo, anche radicale. Poi invece, sempre dentro al femminismo, per dire quanto ricca e' questa galassia, ci sono state importantissime teorizzazioni sulla maternita', a partire dal testo di Adrienne Rich Nato di donna,del 1976, dove l'autrice fa una distinzione fra la maternita' come istituzione e la maternita' come esperienza. Attraverso una ricostruzione della storia della maternita', ma anche attraverso un processo di presa di consapevolezza di se', come donna, femminista. Ecco, Rich dice: dobbiamo mettere in discussione l'istituzione patriarcale della maternita', riappropriandoci invece dell'esperienza esclusivamente femminile della maternita'. Lo dice una donna che e' sia madre sia severa critica del patriarcato e teorizzatrice del pensiero lesbico.
A partire da Rich c'e' tutto un filone che valorizza la maternita' come esperienza femminile. Questo e' un elemento importantissimo del femminismo. Proprio quando negli anni Settanta la maternita' non diventa piu' un destino ma una scelta o appunto un percorso di liberta', c'e' la possibilita' di attribuirle altri significati.
Dalla valorizzazione dell'esperienza della maternita' in chiave femminista emergono successivamente interessanti filoni di pensiero che tematizzano la relazionalita' originaria di ogni essere umano, la sua originaria vulnerabilita' e quindi la necessita' di pensare l'etica della cura.
Molta riflessione contemporanea su vulnerabilita', cura, relazione scaturisce dalla riflessione femminista.
Il tentativo del pensiero della differenza ma anche di parte del femminismo radicale degli anni Settanta e' stato quello di riappropriarsi della maternita' come esperienza incarnata, vissuta, reale e concreta.
Adesso invece siamo arrivati all'aberrazione di chiamare la maternita' "gestazione", un'operazione linguistica per cui l'esperienza della maternita', cioe' dell'avere nel proprio corpo una forma di vita che poi diventa un essere umano, viene definita con un termine medico, scomponendo il processo di creazione della vita in varie fasi, cosi' da smantellare del tutto l'esperienza complessiva della maternita', che non e' solo biologica o ormonale.
Qui si apre tutta la questione del dibattito sulla gestazione per altri, detta anche maternita' surrogata o utero in affitto.
Quello che personalmente trovo davvero triste e' questo. I dispositivi tecnologici e scientifici sembrano oggi inarrestabili, per cui sinceramente penso che sia difficile fermarli, o che sia per lo meno complicato. Cio' che mi stupisce e che mi delude e' che una parte della sinistra assuma in maniera del tutto acritica questa stessa direzione, presentandola come un'esperienza di liberta' o di diritti.
E' chiaro, ad esempio, che la chirurgia plastica, la possibilita' di modellare il proprio corpo, anche senza parlare di transizione sessuale, e' un segno dei nostri tempi. Pero' non penso che sia una battaglia di sinistra potersi rifare il seno, le labbra o gli zigomi. Come mai invece e' diventata una battaglia di sinistra quella di assecondare questi dispositivi, e il mercato che c'e' dietro, facendola passare per qualcosa di progressista, in materia di maternita' surrogata? Questo per me e' un grande mistero. Soprattutto perche' ci sono interessi economici e processi di sfruttamento molto evidenti nei mercati della gestazione per altri e l'argomento contrario che la ammette, ma solo nella forma del dono, mi sembra una grande ipocrisia. Non puoi donare un altro essere umano; e' come trasformare l'essere umano in un oggetto che tu produci e doni a qualcun altro. Filosoficamente e' molto problematico: si puo' decidere di produrre un essere umano per donarlo?
Su questo riflette in maniera filosoficamente interessante Alessio Musio sulla rivista "Vita e Pensiero", affermando che "se ogni persona puo' sempre donare qualcosa di se', questa facolta' di dono non puo' estendersi al dono di un'altra soggettivita' (il figlio). A poter essere donate sono solo le cose e non le persone". Questa e' un'importante riflessione sul piano etico che almeno segnala un problema piuttosto grande. Nel dibattito si fa tanto parlare del benessere di bambine e bambini nati dalla surrogazione, nei cui confronti chi vuole vietare la surrogata non ha alcun rispetto. Eticamente pero', bisognerebbe chiedersi che rispetto hanno per i bambini e le bambine coloro che li commissionano ad altri o se li fanno "donare"? Quale rispetto per chi e' coscientemente progettato per essere donato o venduto? Mi sembra tutto incongruente, se non folle.
Io trovo lo stesso processo linguistico che sostituisce maternita' con "gestazione" molto violento: non si parla piu' della madre, ma della portatrice, della donatrice di ovuli... Una nuova cancellazione delle donne e della loro esclusiva potenzialita' generativa: mi pare che si compia qui una nuova ingiustizia storica. Io penso a tutte le donne del passato che hanno lottato per veder riconosciuta la propria esistenza, la propria identita'. E' come se adesso con un colpo di spugna tutto venisse cancellato.
E badate bene, non e' solo una questione dei cattolici, interessati ovviamente all'aspetto etico, e nemmeno una questione del femminismo "eterosessuale". E' interessante, infatti, che siano le lesbiche le donne che piu' soffrono di questa cancellazione. Anche in Italia la posizione di Arcilesbica rispetto sia all'identita' di genere sia alla maternita' surrogata e' molto chiara, molto forte e ha avuto un ostracismo pazzesco da parte di tutto il movimento Lgbt.
C'e' questo bellissimo libro di Arcilesbica, Noi le lesbiche, Preferenza femminile e critica al Transfemminismo (Il dito e la luna, Milano, 2021) un testo sia teorico che di racconto di come sono andate le cose dentro il movimento dopo la grande battaglia per le unioni civili. Il fatto che sin dal giorno dopo si sia subito passati a discutere del tema della maternita' surrogata e' stato vissuto come una profonda violenza dentro il movimento.
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- Come si spiega?
- Carla Lonzi negli anni Settanta scrive contro un femminismo dell'uguaglianza e della parita' perche' in quella operazione dell'emancipazione lei vede una trappola di assimilazione. Alla fine per avere gli stessi diritti degli uomini o di un ipotetico soggetto neutro dobbiamo in qualche modo rinunciare a essere donne, diventare come i maschi. Questo processo di assimilazione e' un processo di cancellazione della differenza ed e' esattamente quello che avviene adesso per esempio in queste operazioni linguistiche, dove la parola donna viene rifiutata perche' ritenuta non inclusiva.
Anche qui c'e' un ritorno. C'e' di nuovo un fastidio per la differenza femminile, per la differenza sessuale e quindi una sua neutralizzazione proprio nel doppio senso di neutralizzazione linguistica ma anche di neutralizzazione politica.
Fino a che le donne sono soggetti vulnerabili, deboli, da tutelare, rientrano cioe' nel paradigma familiare di una "minoranza", allora va bene parlare di violenza contro le donne o di ingiustizia e discriminazioni. Se invece le donne vogliono essere riconosciute come soggetto alla pari degli uomini, nella loro differenza, ecco che questo non va piu' bene e all'improvviso la donna diventa un soggetto che esclude altri soggetti!
Se ci pensate e' curioso. Qui ci sono tanti cortocircuiti anche dal punto di vista concettuale. Questo lo dico spesso alle mie studentesse con cui ho sovente delle discussioni. Loro sarebbero piu' orientate verso una prospettiva diciamo queer, le nostre discussioni sono spesso molto accese e interessanti, istruttive anche per me.
Se mi limito a raccontare in classe il percorso di discriminazione subìto dalle donne nella storia, le ingiustizie nei loro confronti, eccetera, loro mi seguono con interesse ed entusiasmo. Se pero' faccio un discorso piu' "positivo" sulle donne, in un'ottica del pensiero della differenza sessuale, affermando che c'e' una differenza femminile che va valorizzata, subito si ritraggono, diventano sospettose, perche' interpretano la differenza sessuale come una sorta di essenzialismo. In realta' il femminismo della differenza non fa un discorso essenzialista.
Anche questo e' interessante: nella riflessione anglo-americana si tende a intendere la differenza sessuale solo come differenza biologica, come qualcosa, appunto, di corporeo, biologico, e quindi muto e da superare. Mentre il pensiero della differenza sessuale, come ho gia' detto, e' all'incrocio fra il materiale, il corporeo e il culturale o simbolico e una delle sue sfide e' dire: proviamo a pensare questa differenza sessuale al di fuori di come il patriarcato l'ha pensata.
Dal punto di vista filosofico questo e' un percorso che e' stato iniziato ma che non si e' concluso. La differenza sessuale non e' qualcosa che si possa stabilire una volta per tutte a priori, su cui dettare un dogma, una norma. L'assunto di base e' quello di un'apertura che deve costantemente essere riempita di significati, a partire pero' da un'incarnazione corporea in un corpo sessuato, a partire da una spartizione nei due sessi del maschile e del femminile e dove ciascun sesso dovrebbe pensarsi a partire dalla sua parzialita', non da un'ipotetica universalita'. E' una critica al modello neutro universale che tutto ingloba.
Questa idea di una parzialita' che pero' e' radicata in un corpo e in una differenza e' secondo me un punto di partenza molto proficuo, che permette di fare molte cose: per esempio, di non ridurre il femminile alla sua differenza biologica, ma nello stesso tempo di non cancellare quella differenza biologica, di non far finta che non ci sia. E' un processo che merita di essere ulteriormente esplorato. Proprio per aprire quel significante donna a una liberta' che io ancora non vedo. Vedo piuttosto ritornare prepotenti gli stereotipi. Anche in questa apparente apertura di tutti i sessi e tutti i generi, e' come se ci fosse una specie di strana nostalgia o attaccamento a una definizione rigida di che cosa e' una donna. Come se ci fosse il bisogno di stabilire che cos'e' una donna in maniera ferma e stabile, per poi rifiutare dal punto di vista della fluidita' e del queer proprio quel femminile stereotipato. Si tratta pero', questo il paradosso, di un femminile molto patriarcale, come se il femminismo non ci fosse stato.
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- Spesso i soggetti che animano le manifestazioni diciamo queer condividono la lotta per l'ambiente. Vorrei introdurre il tema del limite. Abbiamo pensato che grazie alla scienza e alla tecnologia si potesse abbattere qualsiasi limite e proprio la crisi climatica ci ha fatto prendere coscienza della situazione. Di la' si parla pero' di rivoluzione contro la natura, quindi di abbattimento dei limiti. Non c'e' una specie di delirio di onnipotenza in questo affidarsi alla scienza e alla tecnologia in nome di un'ansia di liberazione. Sembra tutto paradossale...
- Ho letto di recente una recensione all'ultimo libro del filosofo Paul B. Preciado e riflettevo sul fatto che molto spesso questa messa in discussione dei ruoli tradizionali di genere o delle identita' di genere in alcuni di questi teorici e' affiancata a una critica ai modelli di sviluppo della societa' occidentale e quindi alla crisi climatica. Anch'io vedo qui una forte contraddizione. Come puoi condurre in maniera cosi' esasperata la tua battaglia contro la "natura" che hai dentro di te, e di cui noi siamo delle specificazioni, e simultaneamente lottare per il rispetto della natura? Come conciliare una battaglia tutta concentrata su di se', sulle proprie preferenze e desideri, sulla propria autopercezione con una che invece punta a mettere da parte se stessi per occuparsi del mondo?
Questa dimensione del limite appare assolutamente cancellata, negata quando si tratta del quadro biologico dentro il quale ci troviamo a essere. Insomma, critichiamo il turbocapitalismo che sfascia il pianeta ma contemporaneamente smantelliamo la natura che noi siamo. Mi pare piuttosto contraddittorio.
C'e' una frase di Hannah Arendt che mi ha sempre colpito molto. Riflettendo sul suo essere ebrea e donna lei scrive: "Provo una fondamentale gratitudine per cio' che e' dato" (for what has been given). "Cio' che e' dato" nel senso di qualcosa che tu non scegli.
La fondamentale gratitudine per cio' che e' dato secondo me ha a che fare proprio con questa percezione di un limite, del fatto che c'e' qualcosa che ti eccede, che non puoi determinare volontaristicamente. La vicenda umana e' anche un percorso, un venire a patti - spesso lungo e doloroso - con questo nostro essere cosi' e non altrimenti. Qui emerge invece una rimozione, una non accettazione di se'.
Carla Lonzi, nei suoi testi, parla di una "accettazione di se'" da parte delle donne che non vuole naturalmente dire una supina sottomissione ai ruoli, ma un'accettazione di se' come primo passo per un percorso di liberta' femminile.
Quello che io osservo tristemente oggi e' che spesso sono le ragazze piu' giovani a non accettare questa loro datita'. E' come se il femminismo, per certi versi, non fosse accaduto; persistono dei forti stereotipi femminili a cui le ragazze sentono di doversi adeguare o di non potersi per niente adeguare. L'esito e' che rifiutano il femminile in blocco. Come se femminile volesse dire essere solo quella cosa li'.
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- L'aumento, repentino e imponente, del numero delle transizioni da femmine a maschi registrato negli Stati Uniti, mentre nel passato il fenomeno, molto contenuto, riguardava il processo inverso, sembra segnalare un disagio prettamente femminile. Questa disponibilita' a dar via la parola donna tradisce forse la difficolta' che le giovani donne incontrano nell'essere se stesse? Il venir meno del vecchio ordine e l'assenza di uno nuovo crea una situazione complicata, anche dolorosa.
- Temo sia proprio cosi'. Si rifiuta la parola donna perche' la si percepisce ancora legata alla sua versione patriarcale, come ho gia' detto. In qualche modo e' anche un fallimento del femminismo. Il femminismo della parita', dell'uguaglianza ha una forte carica assimilazionista, per cui se tu donna vuoi la parita', ti assimili a un modello maschile, quindi aggressivo, competitivo oppure iperseduttivo e tutte quelle forme di femminilita' o di essere donna che non si adeguano vengono ritenute fallimentari, residuali. Intendiamoci, anch'io volevo essere un maschio quando avevo dieci anni, anch'io facevo resistenza a che questo corpo prendesse una forma che mi impediva una certa liberta', eccetera.
Ecco, questo complicato processo di soggettivazione che si attraversa nella fase in cui si assumono i caratteri sessuali maschili o femminili una volta non aveva immediatamente a disposizione la possibilita' del rifiuto di una cosa e l'assunzione di un'altra. Adesso invece c'e' anche questa nuova merce - perche' dobbiamo dirlo che e' una nuova merce - e quindi: perche' no?
Oggi si definiscono "maschi trans" persone che una volta sarebbero perfettamente rientrate nell'estetica della lesbica butch, donne ipermascolinizzate. Qual e' il problema di vivere il proprio essere donna nelle forme di un'estetica piu' mascolina e di un rapporto lesbico?
Ero convinta che il femminismo, e con esso l'epoca della cosiddetta liberazione sessuale, ci avesse insegnato che ciascuna/o puo' vivere la propria sessualita' come vuole, senza pero' trasformare questa liberta' in un nuovo conformismo queer. Invece adesso c'e' proprio questo bisogno di incasellare la soggettivita' in una nuova identita', quella appunto di maschio trans. Io qui di nuovo vedo il rifiuto di volersi dire donna.
Ora, io non so se sia un effetto di quel contagio sociale di cui parla anche Kathleen Stock, di questa omologazione, di questo conformismo che vale dentro i movimenti come in tutte le altre parti della societa'. Pero' per me e' significativo il fatto che il fenomeno riguardi soprattutto le ragazze adolescenti.
D'altra parte, io non vivo a New York e non vivo neanche a Milano; la provincia italiana e' ancora estremamente rigida dal punto di vista dei ruoli di genere. Se vai all'uscita di una scuola, sembra siano tutte ragazze madri! Non vedi mai un padre; nel giro di cinque anni ne avro' visti un paio; sono figure inesistenti. C'e' una persistenza nella societa' italiana di questo modello patriarcale. Io invece sono favorevolissima all'interscambio dei ruoli di genere dentro la famiglia: e' l'elemento fondamentale per la liberta' delle donne e anche dei figli francamente. Qui invece siamo ancora molto arretrati.
Contemporaneamente si assiste a una maggioranza di situazioni estremamente tradizionali e poi queste schegge di posizioni iper radicali che pero' non impattano realmente sulla vita della maggioranza delle persone, soprattutto delle donne. C'e' ancora molto lavoro da fare in questo senso.
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- Le attuali forme di lotta di questi movimenti ricalcano quelle degli anni Settanta: c'e' un'aggressivita', una violenza, per ora prevalentemente verbale, ma che puo' produrre appunto licenziamenti, ostracismi eccetera; una violenza che nella storia e' tipicamente maschile: pubblicare il nome, l'indirizzo, quest'ansia quasi di linciare, per quanto non fisicamente, chi la pensa diversamente fa pensare a una sorta di rivincita, a un'ondata sotterranea di maschilismo... c'e' qualcosa che ritorna.
- E' vero ed e' un elemento molto interessante. Anche nel movimento "Non una di meno" si riscontrano delle modalita', anche estetiche, di lotta reminiscenti degli anni Settanta. E' come se non ci fosse stata alcuna evoluzione rispetto a come si interpreta il radicalismo di una battaglia.
E' come se anche questo aspetto del femminismo, con le sue forme di ironia, non violente, fosse stato dimenticato. Riemerge la matrice di una tradizione che ha i suoi miti e suoi mitologemi e che continua a essere richiamata - una matrice bellicista. Il manifesto fatto contro Kathleen Stock e' tremendo e mi ha fatto molta impressione, un attacco cosi' ad personam... queste forme di linciaggio sono effettivamente molto maschili. D'altra parte, continua a sembrare piu' "cool", piu' radicale adottare quei metodi invece di cercarne altri.
Devo dire che sui social vedo che molte femministe della generazione precedente assumono posizioni vicine al movimento Lgbt, con argomentazioni talvolta un po' fumose. A sinistra continua a funzionare questo spettro di essere assimilati alla destra, e allora, anche forse per continuare a cavalcare la radicalita' del movimento, si accettano posizioni che un tempo si sarebbero rigettate, come nel caso della maternita' surrogata.
Ora, la gestazione per altri non e' una questione esclusivamente maschile pero' e' fuor di dubbio che una genitorialita' lesbica e una genitorialita' gay non sono la stessa cosa. C'e' una differenza sessuale anche nell'omosessualita' che sarebbe cosi' ipocrita, cosi' fittizio non riconoscere.
Pensiamo alla differenza - anche qui sessuale, biologica - tra la donazione di sperma da parte di un uomo e invece la donazione di ovuli da parte di una donna. Le donne che donano i loro ovuli devono essere sottoposte a terapie ormonali per farne aumentare la produzione e poi l'estrazione e' molto piu' invasiva rispetto alla raccolta dello sperma. Tra l'altro l'eiaculazione, come ricorda Carla Lonzi, corrisponde al momento del piacere del maschio mentre per la donna piacere e fecondazione non sono cosi' strettamente legati.
Non voler riconoscere o voler dissolvere queste differenze anatomiche in un discorso giuridico o appunto neutralizzante di "genitorialita'", a mio avviso, oltre a essere violento e' proprio falsificante.
Voglio aggiungere un'altra considerazione. Quando parliamo di sessualita', intesa sia come pratica sessuale sia come esistenza sessuata, non stiamo parlando di cose astruse, e come studiosi e studiose non stiamo trattando di un manoscritto del quinto secolo, stiamo invece parlando di tematiche che riguardano le vite di tutte e di tutti, questioni concrete in cui tutti possono riconoscersi. Quanti significati ha una parola come genere o gli avverbi e gli aggettivi derivati da questo sostantivo?
Per questo e' cosi' importante che questi dibattiti escano dall'accademia e che si faccia un po' di chiarezza, anche teorica, concettuale, su queste questioni.
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 270 del 27 settembre 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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