[Nonviolenza] Telegrammi. 4902



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4902 del 21 luglio 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Per Antonio Vermigli
2. Rosinalda Correa da Silva Simoni: Antonio Vermigli presente
3. "Opporsi alla guerra, opporsi al razzismo". Un incontro di riflessione a Viterbo con Paolo Arena
4. Walter Benjamin: Tesi di filosofia della storia
5. Una minima notizia su Leonard Peltier
6. Segnalazioni librarie
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. LUTTI. PER ANTONIO VERMIGLI

Anima e voce della Rete Radie' Resch, infaticabile costruttore di pace, non solo un maestro e un compagno di lotte, un amico dell'indimenticabile Ettore Masina, un amico dell'umanita', un nostro amico.
Lo strazio ci impedisce in questo momento di aggiungere altre parole.
Con la sua profonda tenace bonta' ha onorato e aiutato l'umanita' intera.
Chiunque lo ha conosciuto ne serba luminoso il ricordo, l'appello al bene, la testimonianza del vero e del giusto.

2. LUTTI. ROSINALDA CORREA DA SILVA SIMONI: ANTONIO VERMIGLI PRESENTE
[Dal sito della Rete Radie' Resch di Quarrata riprendiamo e diffondiamo]

Questa settimana il mondo e' diventato meno solidale.
Antonio Vermigli ci ha lasciato.
Decise di sostenere instancabilmente i diseredati dalla parte di Dio.
Questo perche' per persone come Antonio riposare e' solo una parola che non ha mai usato.
Si e' dedicato a creare e curare una rete di solidarieta' perche' sapeva che da solo si va veloci, ma insieme si va lontano.
Ha vissuto e rivissuto tra marce per la giustizia, denunce e aiuti ai gruppi emarginati. Ha vissuto e vivra'.
Come simbolo della Rete Radie' Resch ha aperto dialoghi sulla teologia della liberazione e con essa ha sprigionato menti, aperto orizzonti di discussione che hanno fatto luce su altre religioni, altre filosofie.
Un uomo plurale, potremmo dire, un essere di luce.
Cosi', con la sua partenza, il mondo e' diventato meno solidale. Meno giusto.
Antonio possedeva una risata incredibile.
Un uomo che con lo stesso vestito e la stessa postura sedeva accanto a filosofi, medici, presidenti e senzatetto. Sempre pronto ad ascoltare. Molto osservatore.
Senza Antonio adesso c'e' molto silenzio. Un silenzio assordante. Mancano le risate, mancano le articolazioni. Un anello importante in una grande rete, un appassionato, un visionario, un padre, un amico, un fratello.
E' andato a dimorare in un'altra dimensione.
Ma qui, nella rete che ha formato nei nostri cuori e nelle nostre anime, sara' sempre presente. E in noi.
Continuiamo la sua eredita', la lotta per un mondo in cui tutti possiamo avere il nostro posto.
Antonio Vermigli Presente!
Continua con l'amore di tutte le persone che hai influenzato.
Sono una di quelle persone.

3. INCONTRI. "OPPORSI ALLA GUERRA, OPPORSI AL RAZZISMO". UN INCONTRO DI RIFLESSIONE A VITERBO CON PAOLO ARENA

La sera di giovedi' 20 luglio 2023 a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera", si e' tenuto un incontro di riflessione sul tema: "Opporsi alla guerra, opporsi al razzismo".
All'incontro ha preso parte Paolo Arena.
*
Una minima notizia su Paolo Arena
Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi anni ha animato cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica, di storia linguistica dell'Italia contemporanea. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta. Cura il sito www.letterestrane.it

4. TESTI. WALTER BENJAMIN: TESI DI FILOSOFIA DELLA STORIA
[Riproduciamo ancora una volta questo intenso testo benjaminiano, da Walter Benjamin, Angelus novus. Saggi e frammenti, Einaudi, Torino 1962, 1976, 1981, 1995 (ma noi abbiamo sotto gli occhi l'edizione del 1981). Questo breve scritto e' a nostro avviso un'opera ad un tempo enigmatica e capitale, fomite a molteplici riflessioni e prisma dai riflessi cangianti ad ogni rilettura; e' proprio dei pensatori piu' grandi non trarti a un consenso passivo, non emanare fogli d'ordini, ma suscitare riflessione altra e ulteriore, convocare a una crisi e a un decidersi, disporsi ad un tempo alla perplessita' ed alla persuasione, all'ascolto (sentire insieme: consentire; sentire diversamente: dissentire) che chiama alla condivisione e all'agire, farsi cercatori ed assumere responsabilita'. La traduzione e' di Renato Solmi, maestro tra i maestri.
Walter Benjamin, nato a Berlino nel 1892, saggista di sconvolgente profondita', all'avvento del nazismo abbandona la Germania, si uccide nel 1940 al confine tra Francia e Spagna per sfuggire ai nazisti. Opere di Walter Benjamin: in italiano fondamentale e' la raccolta di saggi e frammenti Angelus novus, Einaudi, Torino; e quella che prende il titolo da L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilita' tecnica, Einaudi, Torino. Sempre presso Einaudi (che ha in corso la pubblicazione delle Opere, a cura di Giorgio Agamben) cfr. anche: Avanguardia e rivoluzione, Critiche e recensioni, Diario moscovita, Il concetto di critica nel romanticismo tedesco (Scritti 1919-1922), Il dramma barocco tedesco, Immagini di citta', Infanzia berlinese, Metafisica della gioventu' (Scritti 1910-1918), Ombre corte (Scritti 1928-1929), Parigi capitale del XIX secolo, Strada a senso unico, Sull'hascisch, Teologia e utopia (Carteggio 1933-1940 con Gershom Scholem), Tre drammi radiofonici, e le Lettere (1913-1940). Presso Adelphi cfr. la sua antologia di lettere commentate di autori del passato, Uomini tedeschi. Opere su Walter Benjamin: per la bibliografia: M. Brodersen, Walter Benjamin. Bibliografia critica generale (1913-1983), Aesthetica, Palermo 1984; R. Cavagna, Benjamin in Italia. Bibliografia italiana, 1956-1980, Sansoni, Firenze 1982. Saggi: cfr. almeno AA. VV. (a cura di Franco Rella), Materiali su Walter Benjamin, Venezia 1982; AA. VV., Paesaggi benjaminiani, fascicolo monografico della rivista "aut aut", nn. 189-190, 1982; AA. VV., Walter Benjamin. Tempo storia linguaggio, Editori Riuniti, Roma 1983; Hannah Arendt, Il pescatore di perle, Mondadori, Milano 1993 (saggio incluso anche in Hannah Arendt, Il futuro alle spalle, Il Mulino, Bologna); Fabrizio Desideri, Walter Benjamin. Il tempo e le forme, Editori Riuniti, Roma 1980; Hans Mayer, Walter Benjamin, Garzanti, Milano 1993; Gershom Scholem, Walter Benjamin e il suo angelo, Adelphi, Milano 1978; Gershom Scholem, Walter Benjamin. Storia di un'amicizia, Adelphi, Milano 1992. Cfr. anche Paolo Pullega, Commento alle "Tesi di filosofia della storia" di Walter Benjamin, Cappelli, Bologna 1980.
Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale; e' stato impegnato nel Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta. E' deceduto il 25 marzo 2015. Dal risvolto di copertina del volume in cui sono raccolti taluni dei frutti maggiori del suo magistero riprendiamo la seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha studiato a Milano, dove si e' laureato in storia greca con una tesi su Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso un anno a Napoli presso l'Istituto italiano per gli studi storici di Benedetto Croce, ha lavorato dal 1951 al 1963 nella redazione della casa editrice Einaudi. A meta' degli anni '50 ha passato un periodo di studio a Francoforte per seguire i corsi e l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e tradotto in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato da tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della militanza attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e nazionali. Ha collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il pensiero critico", "Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino", "Notiziario Einaudi", "Nuovi Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Il manifesto", "L'Indice dei libri del mese" e altri). Fra le sue traduzioni - oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht (L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca, ivi, 1985), che sono in realta' edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy Lukacs, Il significato attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane Hegel e i problemi della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders, Essere o non essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max Horkheimer e Theodor W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980); Seymour Melman, Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti (ivi, 1976); Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918 (Boringhieri, Torino 1976)". Opere di Renato Solmi: segnaliamo particolarmente la sua recente straordinaria Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007]
 
1.
Si dice che ci fosse un automa costruito in modo tale da rispondere, ad ogni mossa di un giocatore di scacchi, con una contromossa che gli assicurava la vittoria. Un fantoccio in veste da turco, con una pipa in bocca, sedeva di fronte alla scacchiera, poggiata su un'ampia tavola. Un sistema di specchi suscitava l'illusione che questa tavola fosse trasparente da tutte le parti. In realta' c'era accoccolato un nano gobbo, che era un asso nel gioco degli scacchi e che guidava per mezzo di fili la mano del burattino. Qualcosa di simile a questo apparecchio si puo' immaginare nella filosofia. Vincere deve sempre il fantoccio chiamato "materialismo storico". Esso puo' farcela senz'altro con chiunque se prende al suo servizio la teologia, che oggi, com'e' noto, e' piccola e brutta, e che non deve farsi scorgere da nessuno.
*
2.
"Una delle caratteristiche piu' notevoli dell'animo umano, - scrive Lotze, - e', fra tanto egoismo nei particolari, la generale mancanza di invidia del presente verso il proprio futuro". La riflessione porta a concludere che l'idea di felicita' che possiamo coltivare e' tutta tinta del tempo a cui ci ha assegnato, una volta per tutte, il corso della nostra vita. Una gioia che potrebbe suscitare la nostra invidia, e' solo nell'aria che abbiamo respirato, fra persone a cui avremmo potuto rivolgerci, con donne che avrebbero potuto farci dono di se'. Nell'idea di felicita', in altre parole, vibra indissolubilmente l'idea di redenzione. Lo stesso vale per la rappresentazione del passato, che e' il compito della storia. Il passato reca seco un indice temporale che lo rimanda alla redenzione. C'e' un'intesa segreta fra le generazioni passate e la nostra. Noi siamo stati attesi sulla terra. A noi, come ad ogni generazione che ci ha preceduto, e' stata data in dote una debole forza messianica, su cui il passato ha un diritto. Questa esigenza non si lascia soddisfare facilmente. Il materialista storico lo sa.
*
3.
Il cronista che enumera gli avvenimenti senza distinguere tra i piccoli e i grandi, tiene conto della verita' che nulla di cio' che si e' verificato va dato perduto per la storia. Certo, solo all'umanita' redenta tocca interamente il suo passato. Vale a dire che solo per l'umanita' redenta il passato e' citabile in ognuno dei suoi momenti. Ognuno dei suoi attimi vissuti diventa una "citation a l'ordre du jour" - e questo giorno e' il giorno finale [der juengste Tag].
*
4.
"Cercate dapprima cibo e vestimento;
e il regno di Dio vi arrivera' da solo"
(Hegel, 1807)
 
La lotta di classe, che e' sempre davanti agli occhi dello storico educato su Marx, e' una lotta per le cose rozze e materiali, senza le quali non esistono quelle piu' fini e spirituali. Ma queste ultime sono presenti, nella lotta di classe, in altra forma che non sia la semplice immagine di una preda destinata al vincitore. Esse vivono, in questa lotta, come fiducia, coraggio, umore, astuzia, impassibilita', e agiscono retroattivamente nella lontananza dei tempi. Esse rimetteranno in questione ogni vittoria che sia toccata nel tempo ai dominatori. Come i fiori volgono il capo verso il sole, cosi', in forza di un eliotropismo segreto, tutto cio' che e' stato tende a volgersi verso il sole che sta salendo nel cielo della storia. Di questa trasformazione, meno appariscente di ogni altra, deve intendersi il materialista storico.
*
5.
La vera immagine del passato passa di sfuggita. Solo nell'immagine, che balena una volta per tutte nell'attimo della sua conoscibilita', si lascia fissare il passato. "La verita' non puo' scappare" - questo motto, che e' di Gottfried Keller, segna esattamente il punto, nella concezione storicistica della storia, in cui essa e' spezzata dal materialismo storico. Poiche' e' un'immagine irrevocabile del passato che rischia di svanire ad ogni presente che non si riconosca significato, indicato in esso. (La lieta novella che lo storico del passato porta senza respiro, viene da una bocca che forse, gia' nel momento in cui si apre, parla nel vuoto).
*
6.
Articolare storicamente il passato non significa conoscerlo "come propriamente e' stato". Significa impadronirsi di un ricordo come esso balena nell'istante di un pericolo. Per il materialismo storico si tratta di fissare l'immagine del passato come essa si presenta improvvisamente al soggetto storico nel momento del pericolo. Il pericolo sovrasta tanto il patrimonio della tradizione quanto coloro che lo ricevono. Esso e' lo stesso per entrambi: di ridursi a strumento della classe dominante. In ogni epoca bisogna cercare di strappare la tradizione al conformismo che e' in procinto di sopraffarla. Il Messia non viene solo come redentore, ma come vincitore dell'Anticristo. Solo quello storico ha il dono di accendere nel passato la favilla della speranza, che e' penetrato dall'idea che anche i morti non saranno al sicuro dal nemico, se egli vince. E questo nemico non ha smesso di vincere.
*
7.
"Considerate il buio e il freddo grande
di questa valle echeggiante di lacrime"
(Brecht, L'opera da tre soldi)
 
Fustel de Coulanges raccomanda allo storico che voglia rivivere un'epoca di cacciarsi di mente tutto cio' che sa del corso successivo della storia. Non si potrebbe definire meglio il procedimento con cui il materialismo storico ha rotto i ponti. E' un procedimento di immedesimazione. La sua origine e' la pigrizia del cuore, l'acedia, che dispera di impadronirsi dell'immagine storica autentica, balenante per un attimo. Essa era considerata, dai teologi del Medioevo, come il fondamento ultimo della tristezza. Flaubert, che ne aveva fatto la conoscenza, scriveva: "Peu de gens devineront combien il a fallu etre triste pour ressusciter Carthage". La natura di questa tristezza si chiarisce se ci si chiede in chi propriamente "si immedesima" lo storico dello storicismo. La risposta suona inevitabilmente: nel vincitore. Ma i padroni di ogni volta sono gli eredi di tutti quelli che hanno vinto. L'immedesimazione nel vincitore torna quindi ogni volta di vantaggio ai padroni del momento. Con cio' si e' detto abbastanza per il materialista storico. Chiunque ha riportato fino ad oggi la vittoria, partecipa al corteo trionfale in cui i dominatori di oggi passano sopra quelli che oggi giacciono a terra. La preda, come si e' sempre usato, e' trascinata nel trionfo. Essa e' designata con l'espressione "patrimonio culturale". Esso dovra' avere, nel materialista storico, un osservatore distaccato. Poiche' tutto il patrimonio culturale che egli abbraccia con lo sguardo ha immancabilmente un'origine a cui non puo' pensare senza orrore. Esso deve la propria esistenza non solo alla fatica dei grandi geni che lo hanno creato, ma anche alla schiavitu' senza nome dei loro contemporanei. Non e' mai documento di cultura senza essere, nello stesso tempo, documento di barbarie. E come, in se', non e' immune dalla barbarie, non lo e' nemmeno il processo della tradizione per cui e' passato dall'uno all'altro. Il materialista storico si distanzia quindi da essa nella misura del possibile. Egli considera come suo compito passare a contrappelo la storia.
*
8.
La tradizione degli oppressi ci insegna che lo "stato di emergenza" in cui viviamo e' la regola. Dobbiamo giungere a un concetto di storia che corrisponda a questo fatto. Avremo allora di fronte, come nostro compito, la creazione del vero stato di emergenza; e cio' migliorera' la nostra posizione nella lotta contro il fascismo. La sua fortuna consiste, non da ultimo, in cio' che i suoi avversari lo combattono in nome del progresso come di una legge storica. Lo stupore perche' le cose che viviamo sono "ancora" possibili nel ventesimo secolo e' tutt'altro che filosofico. Non e' all'inizio di nessuna conoscenza, se non di quella che l'idea di storia da cui proviene non sta piu' in piedi.
*
9.
"La mia ala e' pronta al volo,
ritorno volentieri indietro,
poiche' restassi pur tempo vitale,
avrei poca fortuna"
(Gerhard Scholem, Il saluto dell'angelo)
 
C'e' un quadro di Klee che s'intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L'angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l'infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si e' impigliata nelle sue ali, ed e' cosi' forte che egli non puo' piu' chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Cio' che chiamiamo il progresso, e' questa tempesta.
*
10.
Gli oggetti che la regola dei conventi dava in meditazione ai fratelli, avevano il compito di distoglierli dal mondo e dalle sue faccende. Il pensiero che svolgiamo qui nasce da una determinazione analoga. Esso si propone, nel momento che i politici in cui avevano sperato gli avversari del fascismo giacciono a terra e ribadiscono la disfatta col tradimento della loro causa, di liberare l'infante politico mondiale dalle pastoie in cui lo hanno avviluppato. La considerazione muove dal fatto che la cieca fede nel progresso di quei politici, la loro fiducia nella loro "base di massa", e infine il loro servile inquadramento in un apparato incontrollabile, non erano che tre aspetti della stessa cosa. Essa cerca di dare l'idea di quanto deve costare, al nostro pensiero abituale, una concezione della storia che eviti ogni complicita' con quella cui quei politici continuano ad attenersi.
*
11.
Il conformismo, che e' sempre stato di casa nella socialdemocrazia, non riguarda solo la sua tattica politica, ma anche le sue idee economiche. Ed e' una delle cause del suo sfacelo successivo. Nulla ha corrotto la classe operaia tedesca come l'opinione di nuotare con la corrente. Lo sviluppo tecnico era il filo della corrente con cui credeva di nuotare. Di qui c'era solo un passo all'illusione che il lavoro di fabbrica, trovandosi nella direzione del progresso tecnico, fosse gia' un'azione politica. La vecchia morale protestante del lavoro celebrava la sua resurrezione - in forma secolarizzata - fra gli operai tedeschi. Il programma di Gotha reca gia' tracce di questa confusione. Esso definisce il lavoro come "la fonte di ogni ricchezza e di ogni cultura". Allarmato, Marx ribatte' che l'uomo che non possiede altra proprieta' che la sua forza-lavoro, "non puo' non essere lo schiavo degli altri uomini che si sono resi... proprietari". Ciononostante la confusione continua a diffondersi, e poco dopo Josef Dietzgen proclama: "Il lavoro e' il messia del tempo nuovo. Nel... miglioramento... del lavoro... consiste la ricchezza, che potra' fare cio' che nessun redentore ha compiuto". Questo concetto della natura del lavoro, proprio del marxismo volgare, non si ferma troppo sulla questione dell'effetto che il prodotto del lavoro ha sui lavoratori finche' essi non possono disporne. Esso non vuol vedere che i progressi del dominio della natura, e non i regressi della societa'; e mostra gia' i tratti tecnocratici che appariranno piu' tardi nel fascismo. Fra cui c'e' anche un concetto di natura che si allontana funestamente da quello delle utopie socialiste anteriori al '48. Il lavoro, come e' ormai concepito, si risolve nello sfruttamento della natura, che viene opposto - con ingenuo compiacimento - a quello del proletariato. Paragonate a questa concezione positivistica, le fantasticherie che hanno tanto contribuito a far ridere di Fourier, rivelano un senso meravigliosamente sano. Secondo Fourier, il lavoro sociale ben ordinato avrebbe avuto per effetto che quattro lune avrebbero illuminato la notte terrestre, che il ghiaccio si sarebbe ritirato dai poli, che l'acqua del mare non avrebbe piu' saputo di sale, e che gli animali feroci sarebbero entrati al servizio degli uomini. Tutto cio' illustra un lavoro che, lungi dallo sfruttare la natura, e' in grado di sgravarla dalle creature che dormono latenti nel suo grembo. Al concetto corrotto del lavoro appartiene come suo complemento la natura che, per dirla con Dietzgen, "esiste gratuitamente".
*
12.
"Noi abbiamo bisogno della storia, ma ne abbiamo bisogno altrimenti che il fannullone viziato nei giardini del sapere"
(Nietzsche, Sull'utilita' e il danno della storia)
 
Il soggetto della conoscenza storica e' la classe stessa oppressa che combatte. In Marx essa appare come l'ultima classe schiava, come la classe vendicatrice, che porta a termine l'opera della liberazione in nome di generazioni di vinti. Questa coscienza, che e' tornata ad affermarsi per breve tempo nella Lega di Spartaco, e' sempre stata ostica alla socialdemocrazia. Nel corso di trent'anni essa e' riuscita ad estinguere quasi completamente il nome di un Blanqui, che ha fatto tremare col suo timbro metallico il secolo precedente. Essa si compiaceva di assegnare alla classe operaia la parte di redentrice delle generazioni future. E cosi' le spezzava il nerbo migliore della sua forza. La classe disapprese, a questa scuola, sia l'odio che la volonta' di sacrificio. Poiche' entrambi si alimentano all'immagine degli avi asserviti, e non all'ideale dei liberi nipoti.
*
13.
"Forse che la nostra causa non diventa ogni giorno piu' chiara, e il popolo ogni giorno piu' saggio?"
(Wilhelm Dietzgen, La religione della socialdemocrazia)
 
La teoria socialdemocratica, e piu' ancora la prassi, era determinata da un concetto di progresso che non si atteneva alla realta', ma presentava un'istanza dogmatica. Il progresso, come si delineava nel pensiero dei socialdemocratici, era, anzitutto, un progresso dell'umanita' stessa (e non solo delle sue capacita' e conoscenze). Era, in secondo luogo, un progresso interminabile (corrispondente a una perfettibilita' infinita dell'umanita'). Ed era, in terzo luogo, essenzialmente incessante (tale da percorrere spontaneamente una linea retta o spirale). Ciascuno di questi predicati e' controverso, e da ciascuno potrebbe prendere le mosse la critica. Ma essa, se si vuol fare sul serio, deve risalire oltre questi predicati e rivolgersi a qualcosa di comune a essi tutti. La concezione di un progresso del genere umano nella storia e' inseparabile da quella del processo della storia stessa come percorrente un tempo omogeneo e vuoto. La critica dell'idea di questo processo deve costituire la base della critica dell'idea del progresso come tale.
*
14.
"L'origine e' la meta"
(Karl Kraus, Parole in versi I)
 
La storia e' oggetto di una costruzione il cui luogo non e' il tempo omogeneo e vuoto, ma quello pieno di "attualita'" [Jetztzeit]. Cosi', per Robespierre, la Roma antica era un passato carico di attualita', che egli faceva schizzare dalla continuita' della storia. La Rivoluzione francese s'intendeva come una Roma ritornata. Essa richiamava l'antica Roma esattamente come la moda richiama in vita un costume d'altri tempi. La moda ha il senso dell'attuale, dovunque esso viva nella selva del passato. Essa e' un balzo di tigre nel passato. Ma questo balzo ha luogo in un'arena dove comanda la classe dominante. Lo stesso balzo, sotto il cielo libero della storia, e' quello dialettico, come Marx ha inteso la rivoluzione.
*
15.
La coscienza di far saltare il continuum della storia e' propria delle classi rivoluzionarie nell'attimo della loro azione. La grande rivoluzione ha introdotto un nuovo calendario. Il giorno in cui ha inizio un calendario funge da acceleratore storico. Ed e' in fondo lo stesso giorno che ritorna sempre nella forma dei giorni festivi, che sono i giorni del ricordo. I calendari non misurano il tempo come orologi. Essi sono monumenti di una coscienza storica di cui in Europa, da cento anni a questa parte, sembrano essersi perdute le tracce. Ancora nella Rivoluzione di Luglio si e' verificato un episodio in cui si e' affermata questa coscienza. Quando scese la sera del primo giorno di battaglia, avvenne che in molti luoghi di Parigi, indipendentemente e nello stesso tempo, si sparasse contro gli orologi delle torri. Un testimone oculare, che deve forse la sua divinazione alla rima, scrisse allora: "Qui le croirait! on dit, qu'irrites contre l'heure / De nouveaux Josues au pied de chaque tour / Tiraient sur les cadrans pour arreter le jour".
*
16.
Al concetto di un presente che non e' passaggio, ma in bilico nel tempo ed immobile, il materialista storico non puo' rinunciare. Poiche' questo concetto definisce appunto il presente in cui egli per suo conto scrive storia. lo storicismo postula un'immagine "eterna" del passato, il materialista storico un'esperienza unica con esso. Egli lascia che altri sprechino le proprie forze con la meretrice "C'era una volta" nel bordello dello storicismo. Egli rimane signore delle sue forze: uomo abbastanza per far saltare il continuum della storia.
*
17.
Lo storicismo culmina in linea di diritto nella "storia universale" [Universalgeschichte]. Da cui la storiografia materialistica si differenzia - dal punto di vista metodico - forse piu' nettamente che da ogni altra. La prima non ha un'armatura teoretica. Il suo procedimento e' quello dell'addizione; essa fornisce una massa di fatti per riempire il tempo omogeneo e vuoto. Alla base della storiografia materialistica e' invece un principio costruttivo. Al pensiero non appartiene solo il movimento delle idee, ma anche il loro arresto. Quando il pensiero si arresta di colpo in una costellazione carica di tensioni, le impartisce un urto per cui esso si cristallizza in una monade. Il materialista storico affronta un oggetto storico unicamente e solo dove esso gli si presenta come monade. In questa struttura egli riconosce il segno di un arresto messianico dell'accadere o, detto altrimenti, di una chance rivoluzionaria nella lotta per il passato oppresso. Egli la coglie per far saltare un'epoca determinata dal corso omogeneo della storia; come per far saltare una determinata vita dall'epoca, una determinata opera dall'opera complessiva. Il risultato del suo procedere e' che nell'opera e' conservata e soppressa l'opera complessiva, nell'opera complessiva l'epoca e nell'epoca l'intero decorso della storia. Il frutto nutriente dello storicamente compreso ha dentro di se' il tempo, come il seme prezioso ma privo di sapore.
*
18.
"I cinque scarsi decenni dell'homo sapiens - dice un biologo moderno - rappresentano, in rapporto alla storia della vita organica sulla terra, qualcosa come due secondi al termine di una giornata di ventiquattr'ore. La storia infine dell'umanita' civilizzata occuperebbe, riportata su questa scala, un quinto dell'ultimo secondo dell'ultima ora". Il tempo attuale [die Jetztzeit], che, come modello del tempo messianico, riassume in una grandiosa abbreviazione la storia dell'intera umanita', coincide esattamente con la parte che la storia dell'umanita' occupa nell'universo.
a) Lo storicismo si accontenta di stabilire un nesso causale fra momenti diversi della storia. Ma nessun fatto, perche' causa, e' gia' percio' storico. Lo diventera' solo dopo, postumamente, in seguito a fatti che possono esserne divisi da millenni. Lo storico che muove da questa constatazione cessa di lasciarsi scorrere fra le dita la successione dei fatti come un rosario. Coglie la costellazione in cui la sua propria epoca e' entrata con un'epoca anteriore affatto determinata. E fonda cosi' un concetto del presente come del "tempo attuale", in cui sono sparse schegge di quello messianico.
b) E' certo che il tempo non era appreso dagli indovini, che cercavano di estrarne cio' che si cela nel suo grembo, come omogeneo ne' come vuoto. Chi tenga presente questo, puo' forse giungere a farsi un'idea del modo in cui il passato era appreso nella memoria: e cioe' nello stesso. E' noto che agli ebrei era vietato investigare il futuro. La thora' e la preghiera li istruiscono invece nella memoria. Cio' li liberava dal fascino del futuro, a cui soggiacciono quelli che cercano informazioni presso gli indovini. Ma non per questo il futuro divento' per gli ebrei un tempo omogeneo e vuoto. Poiche' ogni secondo, in esso, era la piccola porta da cui poteva entrare il Messia.

5. REPETITA IUVANT. UNA MINIMA NOTIZIA SU LEONARD PELTIER

Leonard Peltier nasce a Grand Forks, nel North Dakota, il 12 settembre 1944.
Nell'infanzia, nell'adolescenza e nella prima giovinezza subisce pressoche' tutte le vessazioni, tutte le umiliazioni, tutti i traumi e l'emarginazione che il potere razzista bianco infligge ai nativi americani. Nella sua autobiografia questo processo di brutale alienazione ed inferiorizzazione e' descritto in pagine profonde e commoventi.
Nei primi anni Settanta incontra l'American Indian Movement (Aim), fondato nel 1968 proprio per difendere i diritti e restituire coscienza della propria dignita' ai nativi americani; e con l'impegno nell'Aim riscopre l'orgoglio di essere indiano - la propria identita', il valore della propria cultura, e quindi la lotta per la riconquista dei diritti del proprio popolo e di tutti i popoli oppressi.
Partecipa nel 1972 al "Sentiero dei trattati infranti", la carovana di migliaia di indiani che attraversa gli Stati Uniti e si conclude a Washington con la presentazione delle rivendicazioni contenute nel documento detto dei "Venti punti" che il governo Nixon non degna di considerazione, e con l'occupazione del Bureau of Indian Affairs.
Dopo l'occupazione nel 1973 da parte dell'Aim di Wounded Knee (il luogo del massacro del 1890 assurto a simbolo della memoria del genocidio delle popolazioni native commesso dal potere razzista e colonialista bianco)  nella riserva di Pine Ridge - in cui Wounded Knee si trova - si scatena la repressione: i nativi tradizionalisti ed i militanti dell'Aim unitisi a loro nel rivendicare l'identita', la dignita' e i diritti degli indiani, vengono perseguitati e massacrati dagli squadroni della morte del corrotto presidente del consiglio tribale Dick Wilson: uno stillicidio di assassinii in cui i sicari della polizia privata di Wilson (i famigerati "Goons") sono favoreggiati dall'Fbi che ha deciso di perseguitare l'Aim ed eliminarne i militanti con qualunque mezzo.
Nel 1975 per difendersi dalle continue aggressioni dei Goons di Wilson, alcuni residenti tradizionalisti chiedono l'aiuto dell'Aim, un cui gruppo di militanti viene ospitato nel ranch della famiglia Jumping Bull in cui organizza un campo di spiritualita'.
Proprio in quel lasso di tempo Dick Wilson sta anche trattando in segreto la cessione di una consistente parte del territorio della riserva alle compagnie minerarie.
Il 26 giugno 1975 avviene l'"incidente a Oglala", ovvero la sparatoria scatenata dall'Fbi che si conclude con la morte di due agenti dell'Fbi, Jack Coler e Ronald Williams, e di un giovane militante dell'Aim, Joe Stuntz, e la successiva fuga dei militanti dell'Aim superstiti guidati da Leonard Peltier che riescono ad eludere l'accerchiamento da parte dell'Fbi e degli squadroni della morte di Wilson.
Mentre nessuna inchiesta viene aperta sulla morte della giovane vittima indiana della sparatoria, cosi' come nessuna adeguata inchiesta era stata aperta sulle morti degli altri nativi assassinati nei mesi e negli anni precedenti da parte dei Goons, l'Fbi scatena una vasta e accanita caccia all'uomo per vendicare la morte dei suoi due agenti: in un primo momento vengono imputati dell'uccisione dei due agenti quattro persone: Jimmy Eagle, Dino Butler, Leonard Peltier e Bob Robideau.
Dino Butler e Bob Robideau vengono arrestati non molto tempo dopo, processati a Rapid City ed assolti perche' viene loro riconosciuta la legittima difesa.
A quel punto l'Fbi decide di rinunciare a perseguire Jimmy Eagle e di concentrare le accuse su Leonard Peltier, che nel frattempo e' riuscito a riparare in Canada; li' viene arrestato ed estradato negli Usa sulla base di due affidavit di una "testimone" che lo accusano menzogneramente del duplice omicidio; la cosiddetta "testimone" successivamente rivelera' di essere stata costretta dall'Fbi a dichiarare e sottoscrivere quelle flagranti falsita'.
Peltier viene processato non a Rapid City come i suoi compagni gia' assolti per legittima difesa ma a Fargo, da una giuria di soli bianchi, in un contesto razzista fomentato dall'Fbi.
Viene condannato a due ergastoli nonostante sia ormai evidente che le testimonianze contro di lui erano false, estorte ai testimoni dall'Fbi con gravi minacce, e nonostante che le cosiddette prove contro di lui fossero altrettanto false.
Successivamente infatti, grazie al Freedom of Information Act, fu possibile accedere a documenti che l'Fbi aveva tenuto nascosti e scoprire che non era affatto il cosiddetto "fucile di Peltier" ad aver ucciso i due agenti.
In carcere, si organizza un tentativo di ucciderlo, che viene sventato in modo rocambolesco; ma anche se riesce a salvarsi la vita Leonard Peltier viene sottoposto a un regime particolarmente vessatorio e le sue condizioni di salute ben presto si aggravano.
Tuttavia anche dal carcere, anche in condizioni di particolare durezza, Leonard Peltier riesce a svolgere un'intensa attivita' di testimonianza, di sensibilizzazione, di militanza, finanche di beneficenza; un'attivita' non solo di riflessione e d'impegno morale, sociale e politico, ma anche artistica e letteraria; nel corso degli anni diventa sempre piu' un punto di riferimento in tutto il mondo, come lo fu Nelson Mandela negli anni di prigionia nelle carceri del regime dell'apartheid.
La sua liberazione viene chiesta da illustri personalita', ma e' costantemente negata da parte di chi ha il potere di concederla. Analogamente la richiesta di un nuovo pronunciamento giudiziario e' sempre respinta, cosi' come gli vengono negate tutte le altre guarentigie riconosciute a tutti i detenuti.
Nel 1983 e poi in seconda edizione nel 1991 viene pubblicato il libro di Peter Matthiessen che fa piena luce sulla persecuzione subita da Leonard Peltier.
Nel 1999 viene pubblicata l'autobiografia di Leonard Peltier (presto tradotta anche in francese, italiano, spagnolo e tedesco).
Ma nei primi anni Duemila il processo per la tragica morte di un'altra militante del'Aim, Anna Mae Aquash, viene strumentalizzato dall'Fbi per orchestrare una nuova squallida e grottesca campagna diffamatoria e persecutoria nei confronti di Leonard Peltier. E nel 2009 un agente speciale che aveva avuto un ruolo fondamentale nella "guerra sporca" dell'Fbi contro l'Aim, Joseph Trimbach, da' alle stampe un libro che e' una vera e propria "summa" delle accuse contro Leonard Peltier.
Tuttavia e' ormai chiarissimo che Peltier e' innocente, e la prova definitiva dell'innocenza la da' proprio il libro di Trimbach: in quest'opera il cui scopo dichiarato e' dimostrare che l'Aim e' nient'altro che un'organizzazione criminale e terroristica, e che Leonard Peltier e' nient'altro che un efferato assassino, l'autore non solo non presenta alcuna vera prova contro Peltier, ma di fatto conferma cosi' che prove contro Peltier non ci sono.
Ma gli anni continuano a passare e la solidarieta' con Leonard Peltier non riesce ad ottenerne la liberazione. Occlusa proditoriamente la via giudiziaria, resta solo la grazia presidenziale, ma quando alcuni presidenti statunitensi lasciano intendere di essere disposti a prendere in considerazione un atto di clemenza che restituirebbe la liberta' a Leonard Peltier la reazione dell'Fbi e' minacciosa. Clinton prima e Obama poi rinunciano. Pavidita' dinanzi alla capacita' di intimidazione anche nei confronti della Casa bianca da parte dell'Fbi?
E giungiamo ad oggi: Leonard Peltier, che e' gia' affetto da gravi patologie, alcuni mesi fa e' stato anche malato di covid: nuovamente chiediamo al presidente degli Stati Uniti che sia liberato e riceva cure adeguate. Non muoia in carcere un uomo innocente, non muoia in carcere un eroico lottatore per i diritti umani di tutti gli esseri umani e per la difesa del mondo vivente.
Leonard Peltier deve essere liberato non solo perche' e' anziano e malato, ma perche' e' innocente.
Una bibliografia essenziale:
- Edda Scozza, Il coraggio d'essere indiano. Leonard Peltier prigioniero degli Stati Uniti, Erre Emme, Pomezia (Roma) 1996 (ora Roberto Massari Editore, Bolsena Vt).
- Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 e successive ristampe; in edizione italiana: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, Milano 1994.
- Leonard Peltier (con la collaborazione di Harvey Arden), Prison writings. My life is my sun dance, St. Martin's Griffin, New York 1999; in edizione italiana: Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, Roma 2005.
- Jim Messerschmidt, The Trial of Leonard Peltier, South End Press, Cambridge, MA, 1983, 1989, 2002 (disponibile in edizione digitale nel sito dell'"International Leonard Peltier Defense Committee": www.whoisleonardpeltier.info)-
- Bruce E. Johansen, Encyclopedia of the American Indian Movement, Greenwood, Santa Barbara - Denver - Oxford, 2013 e piu' volte ristampata.
- Ward Churchill e Jim Vander Wall, Agents of Repression: The FBI's Secret Wars Against the Black Panther Party and the American Indian Movement, South End Press, Boulder, Colorado, 1988, 2002, Black Classic Press, Baltimore 2022.
- Ward Churchill e Jim Vander Wall, The COINTELPRO Papers: Documents from the FBI's Secret Wars Against Dissent in the United States, South End Press, Boulder, Colorado, 1990, 2002, Black Classic Press, Baltimore 2022.
- Joseph H. Trimbach e John M. Trimbach, American Indian Mafia. An FBI Agent's True Story About Wounded Knee, Leonard Peltier, and the American Indian Movement (AIM), Outskirts Press, Denver 2009.
- Roxanne Dunbar-Ortiz, An Indigenous Peoples' History of the United States, Beacon Press, Boston 2014.
- Dick Bancroft e Laura Waterman Wittstock, We Are Still Here. A photographic history of the American Indian Movement, Minnesota Historical Society Press, 2013.
- Michael Koch e Michael Schiffmann, Ein leben fur Freiheit. Leonard Peltier und der indianische Widerstand, TraumFaenger Verlag, Hohenthann 2016.

6. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Sofia Gadici, Il golpe cileno, Rcs, Milano 2023, pp. 160, euro 5,99.
- Nicolas Werth, Putin storico in capo, Einaudi, Torino 2023, pp. XVI + 80, euro 12.
*
Riedizioni
- Don DeLillo, Libra, Einaudi, Torino 2000, 2019, Rcs, Milano 2023, pp. XII + 436, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Daniel Lumera, Immaculata De Vivo, Ecologia interiore, Mondadori, Milano 2022, Rcs, Milano 2023, pp. 496, euro 12,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4902 del 21 luglio 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
*
Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
Per non ricevere piu' il notiziario e' sufficiente recarsi in questa pagina: https://lists.peacelink.it/sympa/signoff/nonviolenza
Per iscriversi al notiziario, invece, l'indirizzo e' https://lists.peacelink.it/sympa/subscribe/nonviolenza
*
L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e' centropacevt at gmail.com