[Nonviolenza] Telegrammi. 4900



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4900 del 19 luglio 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: Una proposta per le elezioni europee del 2024: una lista nonviolenta per la pace e contro il razzismo
2. Aurelio Musi: Storiografia gramsciana (2013)
3. Una minima notizia su Leonard Peltier
4. Segnalazioni librarie
5. La "Carta" del Movimento Nonviolento
6. Per saperne di piu'

1. L'ORA. PEPPE SINI: UNA PROPOSTA PER LE ELEZIONI EUROPEE DEL 2024: UNA LISTA NONVIOLENTA PER LA PACE E CONTRO IL RAZZISMO

Tra meno di un anno, nel giugno 2024, si vota per rinnovare il Parlamento Europeo.
La politica dell'Unione Europea e' oggi caratterizzata da due orrori.
Il primo: la persecuzione dei migranti: col sostegno alle dittature che li imprigionano in condizioni disumane; con l'appalto ai poteri mafiosi in regime di monopolio della mobilita' per chi e' in fuga da guerre, dittature, fame e miseria; con la reclusione nei lager sia nei paesi di transito che in Europa; con la strage degli innocenti nel Mediterraneo; con lo schiavismo e l'apartheid in Europa. Tutti i governi dei paesi dell'Unione Europea, e con essi i vertici delle istituzioni europee, sono complici in questo flagrante crimine contro l'umanita'.
Il secondo: il sostegno alla prosecuzione della guerra in Ucraina che ogni giorno provoca altre stragi: con l'incessante fornitura di armi si alimenta la guerra e s'impedisce l'avvio di trattative di pace, e si contribuisce cosi' sia alla prosecuzione dello sterminio della popolazione ucraina vittima della guerra, sia all'escalation verso una guerra atomica che puo' mettere fine all'intera umanita'. Tutti i governi dei paesi dell'Unione Europea, e con essi i vertici delle istituzioni politiche europee, sono complici in questo flagrante crimine contro l'umanita'.
I vertici dell'Unione Europea si sono peraltro ormai completamente prostituiti alla Nato, l'organizzazione terrorista e stragista che per conto del governo razzista e imperialista degli Stati Uniti d'America opera, dalla fine della Guerra fredda e con sempre maggiore intensita' ed accelerazione, per destabilizzare, asservire o distruggere non solo singole parti del continente europeo ma l'Europa intera. Abolire la Nato e' palesemente l'urgenza delle urgenze per dare all'Europa un futuro di pace.
Il Parlamento Europeo potrebbe e dovrebbe operare per la pace e in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani e per la salvaguardia della biosfera, ma attualmente e' anch'esso complice della furia razzista e della furia bellica che si e' incistata nei governi dei paesi europei e nei vertici di tutte le istituzioni politiche europee.
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Tra meno di un anno, nel giugno 2024, si vota per rinnovare il Parlamento Europeo.
E l'Italia rischia di essere rappresentata unicamente da partiti fascisti, razzisti e bellicisti.
Esplicitamente fascista, razzista, bellicista ed ecocida e' tutta l'area governativa italiana.
Razzista si e' dimostrato il partito grillino, che durante la prima esperienza di governo ha condiviso e sostenuto la scellerata politica di brutale persecuzione dei migranti da parte del capo leghista che di quel governo era vicepresidente, ministro e magna pars.
Tragicamente bellicista e' il Pd (e quindi di fatto anche coloro che ad esso subalterni con esso si alleano e che pertanto al di la' del velame dei vaniloquenti proclami portano voti al partito della guerra in cambio di qualche scranno e prebenda).
Questa la triste e trista situazione.
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Tra meno di un anno, nel giugno 2024, si vota per rinnovare il Parlamento Europeo.
Che fare, quindi?
Io credo che occorra costruire una lista nonviolenta per la pace e contro il razzismo.
Nonviolenta: che cioe' faccia della scelta della nonviolenza la discriminante fondamentale. La nonviolenza essendo l'unica lotta nitida e intransigente, concreta e coerente, contro tutte le violenze e le oppressioni; la nonviolenza essendo il fondamentale strumento teorico e pratico a disposizione della lotta del movimento delle oppresse e degli oppressi per la liberazione dell'umanita' e la salvaguardia dell'intero mondo vivente.
Per la pace: e quindi per il disarmo integrale e l'integrale smilitarizzazione dei conflitti, dei territori, delle societa', delle culture.
Contro il razzismo: e quindi per il pieno riconoscimento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani, poiche' siamo una sola famiglia umana in un unico mondo vivente.
E dire lista nonviolenta per la pace e contro il razzismo significa dire una lista femminista ed ecologista, socialista e libertaria, delle classi sociali sfruttate e rapinate, delle oppresse e degli oppressi.
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Tra meno di un anno, nel giugno 2024, si vota per rinnovare il Parlamento Europeo.
Se vogliamo aprire una riflessione comune e autentica, democratica e partecipata, fra tutte le persone e le esperienze disposte a riconoscersi in una prospettiva nonviolenta, femminista, ecologista, socialista e libertaria, per portare nel Parlamento Europeo la voce delle oppresse e degli oppressi e la lotta per la pace, l'affermazione dei diritti umani di tutti gli esseri umani e la difesa della biosfera, il momento e' adesso.
Prenda la parola ogni persona ed ogni esperienza interessata.
Si promuovano ovunque possibile incontri di riflessione.

2. REPETITA IUVANT. AURELIO MUSI: STORIOGRAFIA GRAMSCIANA (2013)
[Da Il Contributo italiano alla storia del pensiero – Storia e Politica (2013) nel sito www.treccani.it]

Il concetto di storiografia gramsciana e' complesso per tre ordini di motivi. In pratica tutti gli storici marxisti italiani, in particolare coloro che hanno organicamente aderito al Partito comunista italiano (PCI), hanno fatto i conti, prima, con l'edizione togliattiana dei Quaderni (6 voll., 1948-1951), poi con l'edizione critica dell'Istituto Gramsci, curata da Valentino Gerratana (3 voll., 1975). In secondo luogo, tra gli storici marxisti vi sono stati coloro che hanno fatto propria integralmente, anche per loro stessa ammissione, la prospettiva gramsciana, e altri che l'hanno integrata in quadri piu' ampi di riferimento e di ispirazione, anche in relazione al loro percorso biografico e culturale. Infine, non sono mancati intellettuali che hanno assunto il pensiero storico di Antonio Gramsci come un insieme di concettualizzazioni assai schematiche, a volte fraintendendone completamente le caratteristiche di fondo.
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Centri di elaborazione storiografica e iniziative culturali di ispirazione gramsciana
Forse e' il caso di partire, per maggiore chiarezza, dalle riviste di ispirazione marxista che hanno costituito veri centri di cultura e di elaborazione storiografica in Italia dagli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale fino al 1989, anno della crisi dei regimi comunisti in Europa.
La prima rivista da prendere in considerazione e' "Societa'", nata per iniziativa di un gruppo di intellettuali fiorentini (Ranuccio Bianchi Bandinelli, Romano Bilenchi, Marta Chiesi, Maria Bianca Gallinaro, Cesare Luporini) nel 1945. La sua esperienza dura diciassette anni e ha come direttori in fasi diverse Luporini, Carlo Muscetta e Gastone Manacorda. La scoperta di Gramsci nella rivista risale ai primi anni Cinquanta, dopo la pubblicazione dei Quaderni, ed e' organicamente precisata in un articolo di Manacorda del 1954 dal titolo Gramsci e l'unita' della cultura. Si presti in particolare attenzione a questo passo tipicamente gramsciano: "La nuova cultura eredita da tutta la storia italiana e dai gruppi in essa storicamente dominanti, meriti e colpe, pregi e difetti: la nuova forza egemone, solo possedendo una piena coscienza del passato, che e' anche suo perche' e' anche presente, potra' adempiere consapevolmente al suo compito".
La rivista vuole valorizzare integralmente la lezione gramsciana del rapporto tra struttura e sovrastruttura, contro ogni determinismo semplicistico e la tendenza a rinviare le questioni della cultura a un momento successivo alla risoluzione dei problemi sia politici sia strutturali.
Altra rivista importante e' "Cronache meridionali". fondata nel 1954 da Mario Alicata, Giorgio Amendola e Francesco De Martino, e chiusa nel 1964. Nella rivista l'affermazione del primato della conoscenza storica nel patrimonio culturale del movimento operaio e' ribadita anche come chiave di lettura dei Quaderni di Gramsci. Egli rappresenta la mediazione teorica per nuovi contenuti e il rinnovamento metodologico della storiografia sul Mezzogiorno. E all'interpretazione gramsciana del Risorgimento e del rapporto Nord-Sud puo' essere ricondotta l'organica pubblicazione sulle pagine della rivista dei classici del meridionalismo. Ancora piu' diretta e' l'influenza di Gramsci sui primi anni di "Studi storici", la rivista dell'Istituto Gramsci.
Due iniziative editoriali di notevole respiro sono in qualche modo collegate al Gramsci storico: la prima risale agli anni Settanta, la Storia d'Italia Einaudi, diretta da Ruggiero Romano e Corrado Vivanti; la seconda e' degli anni Ottanta, la Storia della societa' italiana dell'editore Teti che pubblica anche la rivista comunista "Il calendario del popolo". Nel primo caso l'ispirazione gramsciana e' indiretta, discontinua, si percepisce molto in alcuni saggi, poco in altri; e' integrata in un insieme di riferimenti che vanno dagli orientamenti francesi delle "Annales", al primato delle scienze sociali e politiche nella storiografia angloamericana, al revisionismo crociano. Nella Storia della societa' italiana, diretta da Giovanni Cherubini, Franco Della Peruta, Ettore Lepore, Giorgio Mori, Giuliano Procacci e Rosario Villari, l'ispirazione gramsciana e' assai piu' diretta come si puo' evincere dallo stesso piano dell'opera che sembra riprodurre la periodizzazione di Gramsci: societa' comunale e policentrismo, Rinascimento, un'epoca di transizione, il blocco storico nell'Italia unita.
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Storici gramsciani
In Italia la figura di Gramsci storico e' immediatamente associabile a Emilio Sereni (1907-1977). Antifascista, membro autorevole del Comitato di liberazione nazionale Alta Italia (CLNAI), nel Comitato centrale del PCI dal 1946 al 1975, senatore, due volte ministro con Alcide De Gasperi, direttore della rivista "Critica marxista", Sereni fu uno dei massimi responsabili della politica culturale del PCI nel secondo dopoguerra e del modo di concepire il rapporto con gli intellettuali vicini al partito. Proprio in quest'ottica, insieme con Palmiro Togliatti, egli contribui' a divulgare gli scritti di Gramsci e a orientarne l'interpretazione della storia italiana. In particolare, la questione contadina, l'idea del Risorgimento come "rivoluzione agraria mancata", la visione strategica dell'alleanza tra classe operaia del Nord e contadini del Sud furono alcuni dei capisaldi della lettura gramsciana di Sereni, che divenne l'interlocutore polemico privilegiato di Rosario Romeo e dei suoi scritti della fine degli anni Cinquanta, poi raccolti nel volume Risorgimento e capitalismo (1959).
Personalita' sui generis, poliglotta, autore di piu' di mille scritti, dirigente politico ma, al tempo stesso, intellettuale finissimo, dotato di una vivacita' culturale unica, non piu' riscontrabile in altri uomini politici del PCI, Sereni fu anche assai attento al profilo teorico del pensiero di Gramsci, in particolare al ruolo delle sovrastrutture e al concetto di formazione economico-sociale. Tra le sue opere piu' importanti Il capitalismo nelle campagne, 1860-1900 (1947), Storia del paesaggio agrario italiano (1961), Capitalismo e mercato nazionale in Italia (1966).
Autore della monumentale Storia dell'Italia moderna in undici volumi e' Giorgio Candeloro (1909-1988). Prese parte alla Resistenza dopo l'8 settembre del 1943, insegno' presso le Universita' di Catania e di Pisa. La sua opera principale, che occupo' l’autore dal 1955 al 1986, analizza il periodo 1700-1950 e trae da Gramsci la sua ispirazione principale, come Candeloro stesso riferisce nella prefazione all'ultimo volume della Storia dell'Italia moderna: "Credo di essere uno studioso e uno scrittore di storia e mi sento marxista e gramsciano come mi sento illuminista per quel tanto che l'illuminismo e il marxismo possono servire per capire la storia dal punto di osservazione di chi vive ormai sul finire del secolo ventesimo".
Segnata dalla partecipazione alla Resistenza e da un'intensa attivita' politica nel Partito comunista, e' anche la biografia di Paolo Spriano (1925-1988). Egli fu partigiano combattente nelle brigate di Giustizia e liberta'. Iscrittosi al Partito comunista nel 1946, fu redattore de "L’Unita'". Insegno' nell'Universita' di Cagliari e all'Universita' di Roma. Nel 1956 visse, come altri intellettuali comunisti, il dramma per l'intervento sovietico in Ungheria, firmando l'appello dei 101 intellettuali comunisti, ma senza lasciare il PCI. I suoi primi lavori di storia furono dedicati al proletariato torinese e al biennio rosso. Reco' contributi di primo piano alla conoscenza del Gramsci politico e giornalista e all'analisi del suo rapporto con Piero Gobetti.
Dall'incontro tra politica e storiografia nacque la sua opera maggiore, la Storia del partito comunista italiano (5 voll., 1967-1975), prima ricostruzione sistematica della storia del PCI dalla fondazione al 1945, condotta su un'accurata indagine archivistica e con apertura metodologica. Le sue opere successive furono dedicate al rapporto tra comunismo italiano e Unione Sovietica: su questo tema scrisse Gramsci in carcere e il partito (1977), che, con equilibrio, affronta uno dei nodi piu' intricati della storia del Partito comunista.
Altra biografia segnata dalla Resistenza nel Bellunese, nelle brigate partigiane di Giustizia e liberta', e' quella di Giuliano Procacci (1926-2008). La sua formazione di storico fu assai ricca e diversificata: allievo di Carlo Morandi a Firenze e di Federico Chabod all'Istituto italiano per gli studi storici di Napoli, svolse ricerche in Francia presso il Centre national de la recherche scientifique, a Milano presso la Fondazione Feltrinelli, a Roma presso l'Istituto storico italiano per l'eta' moderna e contemporanea. Insegno' nelle Universita' di Cagliari, Firenze e Roma. Questo percorso intellettuale spiega i molteplici interessi di Procacci che spaziarono, fra storia moderna e contemporanea, dalla fortuna europea di Niccolo' Machiavelli, alla Francia del XVI sec., al movimento operaio italiano, al socialismo e al comunismo internazionale.
La pubblicazione nel 1968 della Storia degli italiani, l'opera piu' nota di Procacci, fu un evento editoriale di notevole impatto per piu' motivi: per l'anno in cui vide la luce, caratterizzato dal protagonismo delle lotte operaie e studentesche; per la prospettiva adottata dall'autore nel delineare un profilo unitario della storia della penisola; per il modo personale e originale di tradurre nel volume l'ispirazione gramsciana. La Storia degli italiani parte dall'anno Mille e, secondo l'interpretazione gramsciana, attribuisce al cosmopolitismo degli intellettuali, al carattere corporativo della borghesia comunale e all'assenza di cultura nazional-popolare sia lo stato di divisione politica dell'Italia tra Medioevo e prima eta' moderna sia i problemi e le contraddizioni successive. Ma nell'opera di Procacci, che era nata per un pubblico francese, si avverte anche l'influenza della 'nuova storia' delle "Annales" con aperture alla cultura materiale, alle scienze sociali e politiche, alla storia delle mentalita'. Gramsciana e', in certo senso, anche una delle ultime opere di Procacci, Carte d'identita'. Revisionismi, nazionalismi e fondamentalismi nei manuali di storia (2005), che analizza i programmi scolastici di storia in Paesi europei ed extraeuropei secondo la sensibilita' dello storico sardo per le strutture educative e gli apparati ideologici di Stato.
Quasi coetaneo di Procacci e' stato Franco Della Peruta (1924-2012), storico del Risorgimento nell'Universita' statale di Milano, autore di volumi che hanno riguardato soprattutto il contributo della sinistra, nelle sue varie componenti (democratiche, radicali, socialiste, anarchiche), al Risorgimento. Tra le sue opere piu' importanti: Democrazia e socialismo nel Risorgimento (1965), Conservatori, liberali e democratici nel Risorgimento (1989), Realta' e mito nell'Italia dell'Ottocento (1996), L'Italia del Risorgimento. Problemi, momenti e figure (1997), I democratici e la rivoluzione italiana. Dibattiti ideali e contrasti politici all'indomani del 1848 (2004), Societa' e classi popolari nell'Italia dell'800 (2005). Fu lo stesso Della Peruta, in un'intervista a Gianluca Albergoni (pubblicata su "Il Manifesto" del 6 gennaio 2011) a precisare il suo rapporto con Gramsci dichiarando: "Negli anni del secondo dopoguerra si impose la prospettiva analitica di Antonio Gramsci, le cui riflessioni hanno molto giovato alla storiografia, perche' diedero grande impulso agli studi sul Risorgimento, che per l'appunto beneficio' di un rinnovato interesse, impregnato di passione politica".
Della Peruta distingue poi nella prospettiva gramsciana il contributo politico da quello strettamente storiografico, che puo' risultare anche anacronistico: "Si trattava di rintracciare l'origine dei movimenti popolari dell'Italia immediatamente post-risorgimentale, dai movimenti bracciantili degli anni '80 alla nascita del movimento socialista. E poi non va dimenticato che il problema del coinvolgimento delle masse contadine era stato teorizzato da una parte minoritaria dei patrioti, penso in particolare a Pisacane. Che magari avra' commesso degli errori, sara' pure stato velleitario, ma il problema – pur se in termini utopistici – certamente se l'era posto. Aveva, credo, sopravvalutato il potenziale rivoluzionario delle masse contadine, ancora largamente sottoposte all'autorita' morale del clero e non meno fortemente influenzate dal paternalismo dei proprietari terrieri".
Lo storico non ebbe dubbi sul fatto che il Risorgimento fosse stato un fenomeno di masse urbane in un'Italia ancora largamente rurale. Quanto all'interpretazione complessiva, Della Peruta conservo' nei suoi lavori i termini principali della prospettiva gramsciana: il contributo rilevante dei democratici non smentisce la capacita' di direzione politica dei moderati e la sconfitta del Partito d'azione.
A differenza degli storici fin qui considerati, Gastone Manacorda (1916- 2001) ebbe una biografia politica assai piu' travagliata. Negli anni Trenta condivise la prospettiva fascista dell'impero: credette nella guerra d'Etiopia come legittima contrapposizione all'imperialismo delle altre nazioni, secondo sue stesse dichiarazioni. Fu con la guerra di Spagna che Manacorda si avvicino' all'antifascismo stabilendo rapporti di amicizia con Mario Alicata, Carlo Muscetta, Carlo Salinari, Antonello Trombadori, Giuliano Briganti. Ancora Manacorda sottolineo' come fosse importante per lui capire il fascismo attraverso l'analisi della storia del Risorgimento e dell'Italia liberale. Partecipo' quindi alla Resistenza come membro della direzione politico-militare della quarta zona.
Dopo la guerra, Manacorda fu una delle personalita' piu' importanti della politica culturale del Partito comunista italiano. Direttore delle edizioni Rinascita, fu, come gia' scritto, direttore di "Societa'" dal 1950, nel 1954 membro del comitato direttivo dell'Istituto Gramsci: si caratterizzo' sempre per una particolare vocazione all'autonomia e alla critica, come dimostrato dai suoi interventi sulla rivista "Societa'" e al Gramsci. Nel 1956 non firmo' l'appello degli intellettuali, ma espresse la propria adesione, accusando Alicata di "reticenza" nel campo della cultura e rivendicando i "diritti della liberta' della ricerca". Proprio in questa occasione lo storico romano si richiamo' a Gramsci per sottolineare la condizione di autonomia e non subalternita' della ricerca. Nel 1958, al Convegno di studi gramsciani, fu tra i primi a porre l'esigenza di una nuova edizione dei Quaderni del carcere piu' fedele all'ordine cronologico di composizione. Manacorda, insieme con Ernesto Ragionieri, Giuliano Procacci, Rosario Villari e Renato Zangheri, fu tra i fondatori della rivista "Studi storici", che doveva al tempo stesso reagire agli eccessi ideologici del dopoguerra ma non considerarsi neutrale e rilanciare l'ispirazione gramsciana. Diresse la rivista dal 1964 al 1966. Dopo primi studi di storia economica, Manacorda, che aveva insegnato a Napoli e a Roma, si dedico' prevalentemente alla storia del socialismo italiano.
Nella sua biografia intellettuale si avverte l'influenza del Gramsci storico del Risorgimento ma, soprattutto, della riflessione del dirigente politico sardo sui rapporti fra struttura e sovrastruttura e sulla relativa autonomia della seconda rispetto alla prima. Solo cosi' Manacorda ha potuto far convivere la sua adesione al partito comunista con una visione dell'intellettuale non organico, ma critico portatore di materiali, secondo una prospettiva che molto aveva influito nei primi anni dell'esperienza di "Societa'" e che derivava dal pensiero e dall'insegnamento di Delio Cantimori, decisivi nella formazione di Manacorda. Dalla contrapposizione fra due modi di intendere l'intellettuale – organico o specialista – fu originata gran parte dei conflitti e delle incomprensioni che opposero Manacorda ai responsabili della politica culturale del PCI.
Ernesto Ragionieri (1926-1975) uni' l'attivita' accademica, come professore di storia del Risorgimento e storia contemporanea a Firenze, all'attivita' politica come consigliere al Comune di Firenze, membro del Comitato centrale del PCI, e all'attivita' culturale come condirettore di "Studi storici". I suoi studi furono dedicati in prevalenza alla storia del marxismo, alla storia politica e sociale dell'Italia unita, alla cura delle opere di Togliatti. Forse lo scritto piu' compiuto e organico per analizzare i rapporti fra Ragionieri e Gramsci e' l'ultimo, quello dedicato alla storia politica e sociale tra Otto e Novecento, pubblicato nel IV vol. della Storia d'Italia Einaudi. Il punto di partenza di questo saggio riprende la sequenza di domande poste da Gramsci sullo Stato italiano in un articolo apparso su "L'Ordine nuovo" il 7 febbraio 1920: quali sono state le forze economiche e politiche alla base dello Stato italiano? C'e' stato un processo di sviluppo? Quale posto occupa l'Italia nel mondo capitalistico? La guerra imperialistica ha prodotto forze nuove? E che direzione prenderanno le attuali linee di forza della societa' italiana? Ragionieri ritenne che non fossero state date ancora risposte esaurienti alle domande di Gramsci e presento' la sua tesi di fondo: "Cio' che rappresenta l'autentico strappo che il Risorgimento apporta nella storia plurisecolare d'Italia e costituisce, al tempo stesso, la misura piu' autentica dell'incidenza della storia del nostro paese sulla storia universale, e di questa su quella, e' proprio la nascita e la costruzione di uno Stato unitario che, per la prima volta nell'eta' moderna, racchiude nei propri confini, sotto un'unica sovranita' e sotto una stessa legislazione, tutto o quasi tutto il territorio del paese chiamato Italia" (1976, p. 1667).
I momenti cruciali della ricostruzione di Ragionieri si avvalgono del contributo di riflessione dei Quaderni, dei quali lo storico toscano condivise quasi integralmente le posizioni. Si prenda, per es., la nascita del Partito socialista italiano (PSI) e l'elemento di novita' che rappresento' nella storia d'Italia: la funzione unificante di un popolo e di un territorio disperso. Ragionieri cita e condivide un articolo di Gramsci per il "Grido del popolo" del 22 settembre 1917: "Il popolo italiano cinquanta anni fa non esisteva, era solo un'espressione retorica [...] Si e' organizzato, si e' imposta una disciplina, perche' nel suo cuore, nel suo cervello un sentimento nuovo, un'idea nuova era sorta. L'Italia e' diventata un'unita' politica perche' una parte del suo popolo si e' unificata intorno ad un'idea, ad un programma unico. Quest'idea, questo programma unico l'ha dato il socialismo, solo il socialismo" (1976, p. 1786).
A volte Ragionieri coglie uno spunto, un suggerimento di Gramsci per argomentarlo e arricchirlo: cosi' e' a proposito della svolta politica giolittiana: "Cio' che interessa non e' tanto discutere se e a quando si possa retrodatare il momento in cui Giolitti cambia di spalla al suo fucile, per adoperare la nota espressione di Gramsci, che fisso' quel momento al 1913. Il problema vero consiste piuttosto nel determinare che cosa rappresentassero, per restare nell'ambito dell'immagine gramsciana, il fucile e le due spalle nella strategia politica giolittiana; il che equivale, in buona sostanza, a cercare di definire in che cosa fosse effettivamente consistita la svolta giolittiana, se e come avesse esteso le basi di consenso allo Stato unitario, per attrezzarlo, mediante il superamento di tare originarie, al confronto tra le potenze che si stava ormai aprendo nel mondo" (1976, p. 1897).
Ed e' ancora al giudizio di Gramsci sulle elezioni del 1913 come "momento di vita intensamente collettiva" che si richiama Ragionieri per denunciarne il mancato approfondimento. Il metodo di approccio a classici giudizi storiografici e' sempre lo stesso: richiamarli per parzialmente accoglierli nella sostanza, ma per poi approfondirli e andare oltre. Cosi' e' per le definizioni della 'settimana rossa': "rivoluzione senza programma" per Salvemini, "tipico movimento mussoliniano" per Gramsci, che mette in evidenza il rapporto con gli orientamenti affermatisi nel PSI dopo il 1912. Per Ragionieri, "la Settimana Rossa rappresento' insieme il punto piu' alto e la fine di un'intera stagione del sovversivismo in Italia, lasciando il passo a nuove forme di lotta cui le trasformazioni portate dalla grande guerra nel tessuto sociale del paese avrebbero fornito le basi oggettive" (1976, pp. 1971-72).
Sugli intellettuali di fronte alla Prima guerra mondiale, lo storico toscano ne argomenta il fallimento, riprendendo integralmente il giudizio di Gramsci dei Quaderni, in linea, a sua volta, con quello di Croce: gli intellettuali hanno dimenticato che "devono essere governanti e non governati, costruttori di ideologie per governare gli altri e non ciarlatani che si lasciano mordere e avvelenare dalle proprie vipere" (1976, p. 2038). Infine, Ragionieri attribuisce a Gramsci la comprensione piena del ruolo straordinario svolto da Gobetti: "egli seppe introdurre tra gli intellettuali italiani, in un momento in cui tutte le frazioni della classe dominante si raccoglievano intorno al fascismo, la tendenza a comprendere che erano essenzialmente nazionali e portatrici dell'avvenire due forze sociali: il proletariato e i contadini" (1976, p. 2159, in corsivo le parole di Gramsci).
Elio Conti (1925-1986) fu allievo di Carlo Morandi a Firenze e assistente volontario di Gaetano Salvemini. Dal 1958 all'Istituto storico italiano per il Medioevo, ricopri' la cattedra di storia al Magistero di Firenze. Il suo progetto sulla storia fiorentina, teso a identificarne le basi socioeconomiche come paradigmatiche della piu' generale storia dell'Italia moderna, ebbe Gramsci tra i suoi maggiori ispiratori. Negli anni Sessanta Conti si dedico' alla pubblicazione dei volumi sui catasti agrari fiorentini.
Franco De Felice (1937-1997) fu tra i fondatori dell'Istituto Gramsci di Puglia. Egli insegno' storia contemporanea a Bari e a Roma. Il suo primo lavoro su Gramsci fu l'Introduzione alla Questione meridionale del 1966. In seguito pubblico' Serrati, Bordiga, Gramsci e il problema della rivoluzione in Italia, 1919-1920 (1971).
E' possibile, in conclusione, identificare alcuni elementi di analogia e di differenza fra i percorsi intellettuali, che non esauriscono la storiografia gramsciana in Italia, ma sono abbastanza rappresentativi. Il nesso tra politica e cultura e' quasi sempre strettissimo: la militanza prima nella Resistenza poi nel PCI e' un tratto comune alle biografie prese in considerazione. Sulla scia di Gramsci il primato della storia politica e' indiscusso, anche se, a partire dagli anni Sessanta, le scienze sociali e politiche entrano con prepotenza negli orientamenti e nei metodi storiografici. I Quaderni del carcere e altri scritti di Gramsci costituiscono una guida sicura per comprendere i problemi della storia italiana, anche se diversi sono i criteri e i metodi di approccio all'opera del sardo. Infine le oscillazioni che spesso si avvertono nel modo di intendere la funzione dell'intellettuale – organico o specialista – sono probabilmente insite nello stesso percorso dei Quaderni.
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Bibliografia
G. Candeloro, Storia dell'Italia moderna, 11 voll., Milano 1956-1986.
P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano, 5 voll., Torino 1967-1975.
G. Procacci, Storia degli italiani, Roma-Bari 1968.
E. Ragionieri, La storia politica e sociale, in Storia d'Italia Einaudi, IV vol., Dall'Unita' a oggi, t. 3, Torino 1976.
P. Spriano, Gramsci in carcere e il partito, Roma 1977.
P. Alatri, Le occasioni della storia, Roma 1990.
G. Manacorda, Il movimento reale e la coscienza inquieta. L'Italia liberale e il socialismo e altri scritti tra storia e memoria, a cura di C. Natoli, L. Rapone, B. Tobia, Milano 1992.
A. Musi, Bandiere di carta. Intellettuali e partiti in tre riviste del dopoguerra, Cava de' Tirreni 1996.
"Studi storici", 2003, 44, 3-4, nr. monografico: Gastone Manacorda: storia e politica.
A. Vittoria, Manacorda Gastone, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, LXVIII vol., Roma 2007, ad vocem.
G. Albergoni, Sul Risorgimento, conversazione con Franco della Peruta, "Il Manifesto", 6 gennaio 2011, p. 11.

3. REPETITA IUVANT. UNA MINIMA NOTIZIA SU LEONARD PELTIER

Leonard Peltier nasce a Grand Forks, nel North Dakota, il 12 settembre 1944.
Nell'infanzia, nell'adolescenza e nella prima giovinezza subisce pressoche' tutte le vessazioni, tutte le umiliazioni, tutti i traumi e l'emarginazione che il potere razzista bianco infligge ai nativi americani. Nella sua autobiografia questo processo di brutale alienazione ed inferiorizzazione e' descritto in pagine profonde e commoventi.
Nei primi anni Settanta incontra l'American Indian Movement (Aim), fondato nel 1968 proprio per difendere i diritti e restituire coscienza della propria dignita' ai nativi americani; e con l'impegno nell'Aim riscopre l'orgoglio di essere indiano - la propria identita', il valore della propria cultura, e quindi la lotta per la riconquista dei diritti del proprio popolo e di tutti i popoli oppressi.
Partecipa nel 1972 al "Sentiero dei trattati infranti", la carovana di migliaia di indiani che attraversa gli Stati Uniti e si conclude a Washington con la presentazione delle rivendicazioni contenute nel documento detto dei "Venti punti" che il governo Nixon non degna di considerazione, e con l'occupazione del Bureau of Indian Affairs.
Dopo l'occupazione nel 1973 da parte dell'Aim di Wounded Knee (il luogo del massacro del 1890 assurto a simbolo della memoria del genocidio delle popolazioni native commesso dal potere razzista e colonialista bianco)  nella riserva di Pine Ridge - in cui Wounded Knee si trova - si scatena la repressione: i nativi tradizionalisti ed i militanti dell'Aim unitisi a loro nel rivendicare l'identita', la dignita' e i diritti degli indiani, vengono perseguitati e massacrati dagli squadroni della morte del corrotto presidente del consiglio tribale Dick Wilson: uno stillicidio di assassinii in cui i sicari della polizia privata di Wilson (i famigerati "Goons") sono favoreggiati dall'Fbi che ha deciso di perseguitare l'Aim ed eliminarne i militanti con qualunque mezzo.
Nel 1975 per difendersi dalle continue aggressioni dei Goons di Wilson, alcuni residenti tradizionalisti chiedono l'aiuto dell'Aim, un cui gruppo di militanti viene ospitato nel ranch della famiglia Jumping Bull in cui organizza un campo di spiritualita'.
Proprio in quel lasso di tempo Dick Wilson sta anche trattando in segreto la cessione di una consistente parte del territorio della riserva alle compagnie minerarie.
Il 26 giugno 1975 avviene l'"incidente a Oglala", ovvero la sparatoria scatenata dall'Fbi che si conclude con la morte di due agenti dell'Fbi, Jack Coler e Ronald Williams, e di un giovane militante dell'Aim, Joe Stuntz, e la successiva fuga dei militanti dell'Aim superstiti guidati da Leonard Peltier che riescono ad eludere l'accerchiamento da parte dell'Fbi e degli squadroni della morte di Wilson.
Mentre nessuna inchiesta viene aperta sulla morte della giovane vittima indiana della sparatoria, cosi' come nessuna adeguata inchiesta era stata aperta sulle morti degli altri nativi assassinati nei mesi e negli anni precedenti da parte dei Goons, l'Fbi scatena una vasta e accanita caccia all'uomo per vendicare la morte dei suoi due agenti: in un primo momento vengono imputati dell'uccisione dei due agenti quattro persone: Jimmy Eagle, Dino Butler, Leonard Peltier e Bob Robideau.
Dino Butler e Bob Robideau vengono arrestati non molto tempo dopo, processati a Rapid City ed assolti perche' viene loro riconosciuta la legittima difesa.
A quel punto l'Fbi decide di rinunciare a perseguire Jimmy Eagle e di concentrare le accuse su Leonard Peltier, che nel frattempo e' riuscito a riparare in Canada; li' viene arrestato ed estradato negli Usa sulla base di due affidavit di una "testimone" che lo accusano menzogneramente del duplice omicidio; la cosiddetta "testimone" successivamente rivelera' di essere stata costretta dall'Fbi a dichiarare e sottoscrivere quelle flagranti falsita'.
Peltier viene processato non a Rapid City come i suoi compagni gia' assolti per legittima difesa ma a Fargo, da una giuria di soli bianchi, in un contesto razzista fomentato dall'Fbi.
Viene condannato a due ergastoli nonostante sia ormai evidente che le testimonianze contro di lui erano false, estorte ai testimoni dall'Fbi con gravi minacce, e nonostante che le cosiddette prove contro di lui fossero altrettanto false.
Successivamente infatti, grazie al Freedom of Information Act, fu possibile accedere a documenti che l'Fbi aveva tenuto nascosti e scoprire che non era affatto il cosiddetto "fucile di Peltier" ad aver ucciso i due agenti.
In carcere, si organizza un tentativo di ucciderlo, che viene sventato in modo rocambolesco; ma anche se riesce a salvarsi la vita Leonard Peltier viene sottoposto a un regime particolarmente vessatorio e le sue condizioni di salute ben presto si aggravano.
Tuttavia anche dal carcere, anche in condizioni di particolare durezza, Leonard Peltier riesce a svolgere un'intensa attivita' di testimonianza, di sensibilizzazione, di militanza, finanche di beneficenza; un'attivita' non solo di riflessione e d'impegno morale, sociale e politico, ma anche artistica e letteraria; nel corso degli anni diventa sempre piu' un punto di riferimento in tutto il mondo, come lo fu Nelson Mandela negli anni di prigionia nelle carceri del regime dell'apartheid.
La sua liberazione viene chiesta da illustri personalita', ma e' costantemente negata da parte di chi ha il potere di concederla. Analogamente la richiesta di un nuovo pronunciamento giudiziario e' sempre respinta, cosi' come gli vengono negate tutte le altre guarentigie riconosciute a tutti i detenuti.
Nel 1983 e poi in seconda edizione nel 1991 viene pubblicato il libro di Peter Matthiessen che fa piena luce sulla persecuzione subita da Leonard Peltier.
Nel 1999 viene pubblicata l'autobiografia di Leonard Peltier (presto tradotta anche in francese, italiano, spagnolo e tedesco).
Ma nei primi anni Duemila il processo per la tragica morte di un'altra militante del'Aim, Anna Mae Aquash, viene strumentalizzato dall'Fbi per orchestrare una nuova squallida e grottesca campagna diffamatoria e persecutoria nei confronti di Leonard Peltier. E nel 2009 un agente speciale che aveva avuto un ruolo fondamentale nella "guerra sporca" dell'Fbi contro l'Aim, Joseph Trimbach, da' alle stampe un libro che e' una vera e propria "summa" delle accuse contro Leonard Peltier.
Tuttavia e' ormai chiarissimo che Peltier e' innocente, e la prova definitiva dell'innocenza la da' proprio il libro di Trimbach: in quest'opera il cui scopo dichiarato e' dimostrare che l'Aim e' nient'altro che un'organizzazione criminale e terroristica, e che Leonard Peltier e' nient'altro che un efferato assassino, l'autore non solo non presenta alcuna vera prova contro Peltier, ma di fatto conferma cosi' che prove contro Peltier non ci sono.
Ma gli anni continuano a passare e la solidarieta' con Leonard Peltier non riesce ad ottenerne la liberazione. Occlusa proditoriamente la via giudiziaria, resta solo la grazia presidenziale, ma quando alcuni presidenti statunitensi lasciano intendere di essere disposti a prendere in considerazione un atto di clemenza che restituirebbe la liberta' a Leonard Peltier la reazione dell'Fbi e' minacciosa. Clinton prima e Obama poi rinunciano. Pavidita' dinanzi alla capacita' di intimidazione anche nei confronti della Casa bianca da parte dell'Fbi?
E giungiamo ad oggi: Leonard Peltier, che e' gia' affetto da gravi patologie, alcuni mesi fa e' stato anche malato di covid: nuovamente chiediamo al presidente degli Stati Uniti che sia liberato e riceva cure adeguate. Non muoia in carcere un uomo innocente, non muoia in carcere un eroico lottatore per i diritti umani di tutti gli esseri umani e per la difesa del mondo vivente.
Leonard Peltier deve essere liberato non solo perche' e' anziano e malato, ma perche' e' innocente.
Una bibliografia essenziale:
- Edda Scozza, Il coraggio d'essere indiano. Leonard Peltier prigioniero degli Stati Uniti, Erre Emme, Pomezia (Roma) 1996 (ora Roberto Massari Editore, Bolsena Vt).
- Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 e successive ristampe; in edizione italiana: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, Milano 1994.
- Leonard Peltier (con la collaborazione di Harvey Arden), Prison writings. My life is my sun dance, St. Martin's Griffin, New York 1999; in edizione italiana: Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, Roma 2005.
- Jim Messerschmidt, The Trial of Leonard Peltier, South End Press, Cambridge, MA, 1983, 1989, 2002 (disponibile in edizione digitale nel sito dell'"International Leonard Peltier Defense Committee": www.whoisleonardpeltier.info)-
- Bruce E. Johansen, Encyclopedia of the American Indian Movement, Greenwood, Santa Barbara - Denver - Oxford, 2013 e piu' volte ristampata.
- Ward Churchill e Jim Vander Wall, Agents of Repression: The FBI's Secret Wars Against the Black Panther Party and the American Indian Movement, South End Press, Boulder, Colorado, 1988, 2002, Black Classic Press, Baltimore 2022.
- Ward Churchill e Jim Vander Wall, The COINTELPRO Papers: Documents from the FBI's Secret Wars Against Dissent in the United States, South End Press, Boulder, Colorado, 1990, 2002, Black Classic Press, Baltimore 2022.
- Joseph H. Trimbach e John M. Trimbach, American Indian Mafia. An FBI Agent's True Story About Wounded Knee, Leonard Peltier, and the American Indian Movement (AIM), Outskirts Press, Denver 2009.
- Roxanne Dunbar-Ortiz, An Indigenous Peoples' History of the United States, Beacon Press, Boston 2014.
- Dick Bancroft e Laura Waterman Wittstock, We Are Still Here. A photographic history of the American Indian Movement, Minnesota Historical Society Press, 2013.
- Michael Koch e Michael Schiffmann, Ein leben fur Freiheit. Leonard Peltier und der indianische Widerstand, TraumFaenger Verlag, Hohenthann 2016.

4. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riedizioni
- Margaret Atwood, Brevi scene di lupi, Salani, Milano 2020, Rcs, Milano 2023, pp. 146, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
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Classici
- Miguel de Cervantes Saavedra, Tutte le opere, Mursia, Milano 1972, 1978, 2 voll. rispettivamente di pp. XII + 1310 e pp. VI + 1266.

5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

6. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4900 del 19 luglio 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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