[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 197



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 197 del 16 luglio 2023

In questo numero:
1. La guerra la possono fermare
2. Marta Galli: Bertha von Suttner
3. Rosangela Pesenti: Bertha von Suttner, la rimossa
4. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
5. Raccolta fondi per aiutare la Biblioteca Libertaria "Armando Borghi" a fare fronte ai danni subìti a causa dell'alluvione del 16 e 17 maggio 2023
6. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
7. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
8. Alcuni riferimenti utili
9. Tre tesi
10. Ripetiamo ancora una volta...

1. L'ORA. LA GUERRA LA POSSONO FERMARE

La guerra non verra' fermata
dai governi degli assassini
dagli intellettuali prostituiti a tutti i poteri
da chiunque ha fame di profitti e di prebende
da chi inganna da sempre la gente
dai mass-media che godono del sangue e delle stragi
dalle opinioni pubbliche narcotizzate.

La guerra la possono fermare
solo le oppresse e gli oppressi
che decidono d'insorgere nonviolentemente
per la liberazione e la salvezza dell'umanita' intera
affinche' quest'unico mondo vivente continui ad esistere.

Salvare le vite e' il primo dovere
pace disarmo smilitarizzazione
solo la nonviolenza abolisce la guerra
solo la nonviolenza sconfigge il fascismo
solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

2. REPETITA IUVANT. MARTA GALLI: BERTHA VON SUTTNER
[Dal sito www.cronologia.it riproponiamo per estratti il seguente testo del 2003 di Marta Galli su Bertha von Suttner]

La baronessa Bertha Sophia Felicita Kinsky von Suttner, premio Nobel per la pace nel 1905, ebbe frequenti contatti con Alfred Nobel, ma allo stesso tempo prese le distanze dalle sue teorie secondo le quali la pace doveva essere "armata". La pace armata di Nobel implicava un potenziale di distruzione bellica che, se portava all'eliminazione degli eserciti, metteva pero' in pericolo tutta l'umanita' e comportava uno spreco di risorse e di energie che si potevano utilizzare altrimenti. La soluzione di Bertha consisteva invece nel disarmo totale di tutte le nazioni e nell'istituzione di una corte d'arbitrato che risolvesse i conflitti internazionali facendo ricorso al diritto e non alla violenza.
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Una cronologia essenziale
9 giugno 1843: nasce a Praga, figlia di un anziano feldmaresciallo asburgico, conte Franz Joseph, che aveva combattuto a Custoza alle dipendenze del maresciallo Radetsky, e della giovane Sophia Wilhelmine von Koerner, una poetessa. Rimasta orfana di padre molto presto, e' la madre che si dedica alla sua educazione dandole due istitutrici che le insegnano le lingue, la filosofia, la storia e la musica: "nelle ore libere divoravo i grossi e piccoli volumi di storia che trovavo nella biblioteca di mio padre", fa dire a Marta, la protagonista di Abbasso le armi!. L'educazione che riceve e' molto rigida, secondo i canoni dell'aristocrazia asburgica del tempo: e' quindi il prodotto di questa societa' fondata su tradizioni militariste che ella inizialmente accetta, ma che poi contrasta duramente. Gode di un'attiva vita sociale e, in compagnia della madre, intraprende diversi viaggi in Italia e in Inghilterra.
1863: al Congresso Internazionale di Ginevra, Henry Dunant presenta i rapporti sugli orrori della guerra di Crimea e quella del 1859 in Italia. Tali rapporti, letti da Bertha, saranno gli ispiratori del romanzo Abbasso le armi!. E' in questa occasione che Henry Dunant (premio Nobel per la pace nel 1901) lancia un appello per formare, gia' in tempo di pace, societa' volontarie per l'assistenza ai feriti sui campi di battaglia, la futura Croce Rossa, che nascera' l'anno seguente.
1873: si stabilisce a Vienna divenendo, anche per la difficile situazione economica, insegnante e tutrice delle figlie del barone von Suttner, del cui figlio Arthur Gundaccar, di sette anni piu' giovane di lei, si innamora.
1876: Bertha lascia Vienna quando, rispondendo ad un annuncio economico, le viene offerta una sistemazione a Parigi, in qualita' di segretaria di Alfred Nobel. "Alfred Nobel mi fece una favorevole impressione. Nell'annuncio si era definito vecchio e me lo ero immaginato coi capelli grigi, pieno di tic e dolori. Non era affatto cosi'. Aveva appena 43 anni, era piuttosto piccolo e con la barba nera, i suoi lineamenti non erano ne' belli ne' brutti, la sua espressione era illuminata dagli occhi azzurri che esprimevano bonta'. Il tono della voce era ora malinconico, ora ironico. Venne a trovarmi in albergo, dove alloggiavo, e, grazie alle lettere che ci eravamo scambiati, non ci sentivamo affatto estranei. La nostra conversazione divenne presto animata e interessante". Poco dopo ritorna a Vienna per sposare segretamente il giovane barone e a causa della disapprovazione della famiglia Suttner, la coppia si stabilisce nel Caucaso, inizialmente ospite della principessa Mingrehen. Qui per nove anni i due si mantengono, anche se precariamente: Arthur esercita la professione di ingegnere o da' lezioni di disegno, Bertha di letteratura e musica; entrambi cominciano a scrivere opere di notevole successo.
1880: Hodgson Pratt fonda a Londra l'International Arbitration and Peace Association, impegnata nel raggiungimento della pace attraverso il disarmo.
1883: La baronessa scrive il suo primo romanzo "Inventario di un'anima" ispirato al sogno di Nobel, ovvero di poter elaborare mezzi bellici sempre piu' terrificanti che vanificassero qualunque strategia e modo tradizionale di condurre la guerra. Nobel stesso affermo': "il giorno in cui due armate si potranno distruggere reciprocamente nell'arco di un secondo, tutte le nazioni civilizzate non potranno che arretrare inorridite e procedere a smantellare gli eserciti".
1885: la coppia rientra in Austria, dove Bertha scrive la maggior parte dei suoi libri, molti dei quali di novelle. La vita della baronessa, orientata fino a quel momento alla letteratura, subisce una svolta venendo a conoscenza dell'associazione di Pratt.
1886-'87: durante la stagione invernale torna a Parigi e rincontra Alfred Nobel, informandolo sui suoi piani per la pace.
1889: Bertha scrive il suo secondo romanzo, Das Maschinenzeiltalter, "La macchina del tempo", dove viene ampiamente motivata la sua critica verso una societa' troppo mirata al nazionalismo ed all'armamento.
Pubblica l'opera che le fa guadagnare notorieta' internazionale: Abbasso le armi! (Die Waffer nieder!), una storia d'amore cui si intreccia la tragedia della guerra. Marta, la protagonista, e' costretta a soffrire tutti gli orrori della guerra: "Dovevo dunque soffrire, nella convinzione che le grandi imprese, di cui la mia anima era assetata, mi sarebbero rimaste per sempre vietate, che lo scopo della mia vita, in conclusione, era fallito". La tesi che emerge dal romanzo, la necessita' della pace, si diffonde in tutti i ceti sociali grazie anche alle numerose traduzioni in quasi tutte le lingue e alle diverse edizioni del libro.
Da questo momento, Bertha diviene un'attivista di successo nel campo della pace, alla quale dedica tempo ed energie, partecipando a congressi internazionali come promotrice di progetti pacifisti.
1891: la baronessa avvia l'Austrian Peace Society che presiede per un lungo periodo e per la quale organizza il suo primo congresso internazionale per la pace. A testimonianza del suo impegno, si noti, leggendo i commenti sui giornali della societa' maschile dell'epoca, come la presenza di una donna attivista destasse stupore: "Nel novembre del 1891, in una sala del Campidoglio, inaugurandosi a Roma il Congresso della pace, dopo un discorso di Ruggero Bonghi, dopo il saluto del sindaco, una donna, di nobile e severo aspetto, elegante nel vestire, chiese la parola per spiegare in nome di quali principi ella si presentava. Tutti gli sguardi conversero su di lei; e per la sala corse, bisbigliato, un nome gia' celebre: baronessa Bertha de Suttner, l'autrice di Abbasso le armi!. Ella parlo' in francese, con l'efficacia della convinzione, in uno stile vivo, colorito, in favore dell'ideale della sua vita, la fratellanza tra i popoli, la guerra alla guerra, l'arbitrato internazionale. Prese parte a tutte le sedute del Congresso, vi fu eletta vice-presidente, vi parlp' spesso e cerco' di mettere l'accordo fra le varie tendenze".
1892: insieme al giornalista Alfred Fried, anch'egli vincitore del Premio Nobel per la pace nel 1911, avvia una collaborazione per il giornale "Die waffen Nieder", fino al 1899, quando viene sostituito da "Friedenswarte", la rivista pacifista che si pubblica a Berlino e di cui Bertha cura la parte del commento politico. Continua i contatti con Nobel, che lei stessa informa sugli sviluppi del movimento pacifista convincendolo della sua crescente efficacia.
1895: Alfred Nobel stende il suo testamento, nel quale ricorda in particolare Bertha von Suttner, che lui designa come "Friedensfreitstragerin", ovvero come colei alla quale spetta, per impegno e volonta', il premio per la pace... Fu per ispirazione di Bertha, che Nobel inseri' una clausola che riservava un premio ai propagandisti della pace.
10 dicembre 1896: muore Alfred Nobel.
1899: prima manifestazione pacifista internazionale delle donne all'Aja. Bertha appoggia l'iniziativa della tedesca Margarethe Selenka, che afferma che la questione femminile e il problema della pace coincidono "ambedue nella loro interna natura costituiscono una battaglia a favore della forza del diritto contro i diritti della forza". Bertha von Suttner lavora affiancata dal marito nell'intento di guadagnare consensi per la partecipazione alla Hague Peace Conference, organizzando incontri ed inviando articoli e materiali a diverse testate giornalistiche.
1902: dopo la morte del marito, Bertha rimane ugualmente determinata a proseguire il lavoro che avevano svolto insieme. Intraprende numerosi viaggi per missioni di pace, continuando nel frattempo a scrivere, per diffondere il suo ideale.
1905: le viene conferito l'ambito premio Nobel per la pace.
Negli anni seguenti si impegna per ristabilire la pace sul fronte franco-tedesco; denuncia i possibili danni della militarizzazione della Cina e dell'aviazione utilizzata come strumento militare.
1908: partecipa ad un congresso sulla pace tenutosi a Londra dove dichiara come sia necessaria l'unione dell'Europa per prevenire la catastrofe mondiale che sembra essere vicina ed imminente.
1911-1912: guerra di Libia. Su riviste e giornali, Bertha esprime giudizi durissimi sull'Italia: condanna la guerra, ma dimostra simpatia per il popolo italiano, non colpevole di questa avventura.
1912-1913: si reca negli Stati Uniti dove tiene conferenze per divulgare le idee del movimento pacifista.
Agosto 1913: gia' affetta da cancro, la baronessa e' onorata del titolo di "generalissimo" del movimento pacifista.
Maggio 1914: con le ultime energie, organizza un convegno previsto per il successivo settembre a Vienna.
21 giugno 1914: la sua malattia non le lascia pero' tregua fino alla morte, evitandole comunque di vedere vanificati tutti i suoi sforzi: pochi giorni dopo infatti scoppiera' la guerra mondiale. Le ultime parole che la baronessa pronuncia in punto di morte, raccolte dalla cognata, sono ancora
un grido: "Giu' le armi! ditelo a tutti". La baronessa ha lasciato molte lettere preziose inviatele da sovrani e illustri personalita' di ogni nazione.
Gennaio 2002: l'euro, la nuova moneta, inizia a circolare in Europa. L'Austria ha scelto di riprodurre sulla moneta da 2 euro il ritratto di Bertha von Suttner, in ricordo degli sforzi compiuti per decenni dall'Austria in favore della pace. Anche questo, come gli altri simboli sono stati scelti da un gruppo nazionale di esperti attraverso un sondaggio pubblico. L'autore e' l'artista Joseph Kaiser.
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Una sitografia essenziale
- La pagina web www.nobel.se/peace in lingua inglese riporta una biografia di Bertha von Suttner, il discorso tenuto al conferimento del Premio Nobel, il 18 aprile 1906, e discorsi tenuti da alcuni membri della commissione per l'assegnazione del Premio Nobel per la Pace.
- la pagina web www.dfg-vk.de/stiftung/suttner01.htm riporta una sintetica biografia di Bertha von Suttner in lingua tedesca.
- La pagina web www.phil-fak.uni-duesseldorf.de/frauenarchiv/europa/suttner/ riporta, sempre in lingua tedesca, una approfondita biografia di Bertha von Suttner, documentata con immagini e con alcuni frammenti dei suoi scritti.

3. REPETITA IUVANT. ROSANGELA PESENTI: BERTHA VON SUTTNER, LA RIMOSSA
[Riproponendo nuovamente, nuovamente ringraziamo Rosangela Pesenti per averci messo a disposizione questo suo saggio apparso nel bel libro di Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di), Donne disarmanti, Intra Moenia, Napoli 2003, pp. 109-117]

"Giu' le armi!": il perentorio, appassionato invito, incisivo ed esplicito come uno slogan, e' il titolo del suo romanzo piu' famoso, pubblicato nel 1889, che non solo le valse fama internazionale, ma rappresento' uno stimolo importante per la realizzazione di iniziative concrete a favore della pace. Sono gli anni in cui in Europa il dibattito sulla pace si fa via via piu' intenso e controbatte punto per punto le argomentazioni del nazionalismo e militarismo dilaganti. Anni in cui la pace sembra una strada ancora concretamente praticabile prima che l'Europa piombi negli orrori della prima guerra mondiale da cui comincera' ad uscire solo trent'anni piu' tardi. Quei pochi decenni, segnati da guerre, violenze, restrizioni della liberta', discriminazioni e persecuzioni, basteranno pero' perche' il nome di Bertha von Suttner scompaia dai libri come dalla memoria, insieme a quello di donne e uomini che alla causa pacifista avevano dedicato l'intera vita.
Figlia postuma dell'imperial-regio tesoriere e feldmaresciallo Franz Joseph, che muore a 78 anni pochi mesi prima della sua nascita nel 1843 a Praga, e di Sophia Wilhelmine, di 28 anni, Bertha cresce nella Vienna asburgica secondo i dettami che la "buona societa'" del tempo prescrive per una ragazza, godendo dei benefici culturali che le offre il suo ambiente e delle opportunita' di viaggiare al seguito della madre, accanita giocatrice. La capacita' critica affinata dagli studi le sara' utile quando l'assottigliarsi del patrimonio familiare, causato dalla passione materna, la costringera' a cercarsi un lavoro. L'eta', aveva ormai trent'anni, e la mancanza di una dote, precludono nel suo ambiente la strada del matrimonio, ma Bertha, probabilmente sensibile agli stimoli emancipazionisti che respira la sua generazione, non sembra scoraggiarsi.
Diventa cosi' insegnante e accompagnatrice delle figlie della famiglia von Suttner dove s'innamora, ricambiata, del figlio Arthur, di sette anni  piu' giovane. La relazione non e' ben vista dai genitori del ragazzo che preferiscono rinunciare ad una buona insegnante per le figlie e invitano Bertha a cercare un altro lavoro offrendole l'opportunita' di rispondere ad un'offerta apparsa su un giornale.
L'inserzione era di Alfred Nobel che cercava una segretaria privata che sapesse parlare diverse lingue, in grado anche di svolgere le mansioni di governante della sua casa. Bertha resta appena una settimana a Parigi, al servizio di Nobel, perche' l'amore porta lei ed Arthur a sposarsi segretamente e fuggire in Caucasia, ma e' sufficiente per costruire con l'inventore, gia' famoso per la scoperta della dinamite, un legame profondo, testimoniato dalla fitta corrispondenza che proseguira' negli anni successivi.
Nobel, che cercava di accreditarsi come pacifista agli occhi di Bertha, sosteneva in quegli anni, ingenuamente, che la potenza degli armamenti poteva diventare un buon deterrente e convincere i governi dell'insensatezza della guerra. Ma se oggi per noi Nobel e' sinonimo di pace e cultura e' proprio grazie all'influenza di Bertha von Suttner che esortera' l'inventore della dinamite a devolvere una parte dei proventi guadagnati con la sua scoperta a favore di un premio per la pace.
A lei il premio venne assegnato solo nel 1905, con un ritardo deplorato in tutti gli ambienti pacifisti che ben conoscevano la sua opera, tanto che molti ritenevano dovesse essere la prima vincitrice, perche' probabilmente la Commissione considerava degradante assegnare un premio tanto prestigioso ad una donna. Bertha appariva certamente, agli occhi dei suoi contemporanei, come una donna straordinaria, ma la passione dell'intelligenza che aveva affascinato Nobel da subito, non mancava di suscitare in molti i piu' bassi e meschini sentimenti misogini.
Il matrimonio, vissuto nei primi tempi nelle ristrettezze economiche (vivevano dando lezioni private, lui di tedesco e lei di musica) diventa da subito l'occasione di sperimentare la condivisione delle convinzioni pacifiste, attraverso l'aiuto per le vittime della guerra tra la Russia e la Turchia. Arthur trova poi lavoro scrivendo sulla guerra per i giornali austriaci e Bertha non vuole essere da meno: non le si addice il ruolo ambiguo di angelo del focolare all'ombra e a sostegno dell'uomo amato. Il suo amore per Arthur puo' vivere felicemente solo nella completa parita', che si esprime gia' di fatto nella condivisione delle vita come delle idee: Bertha percio' comincia a scrivere romanzi e articoli usando diversi pseudonimi per non vedersi precludere il successo a causa del sessismo della cultura in cui vive.
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Sara' proprio il successo dei suoi romanzi, prima L'era delle macchine, all'inizio del 1899, che contiene gia' la critica all'esasperato nazionalismo e la corsa agli armamenti, e Giu' le armi!, alla fine dello stesso anno, che la spingera' ad intervenire in pubblico, esperienza poco consueta per una donna di quel tempo, e ad impegnarsi direttamente a sostegno delle iniziative a favore della pace sia in Europa che negli Stati Uniti fino alla fine della sua vita.
Il suo primo intervento, tenuto a Roma in Campidoglio, in occasione della terza Conferenza per la pace nel 1891, viene accolto con calore dal pubblico in sala, anche se non manca poi l'acredine nei commenti dei giornali romani per quella donna che osa esporsi come oratrice e su un tema come la guerra considerato lontano dall'esperienza femminile.
La guerra infatti e' ancora considerata banco di prova della virilita', che il nazionalismo sposta dalle virtu' individuali all'ambito di quelle patriottiche, unendo l'esaltazione della forza ai miti contemporanei del progresso tecnico e scientifico.
Alle critiche Bertha era comunque gia' abituata perche' al successo del suo libro si erano accompagnati non pochi inviti a tacere ed occuparsi di cose da donne, ma lei aveva prontamente risposto ad un suo denigratore: "Le donne non staranno zitte, professor Dahn. Noi scriveremo, terremo discorsi, lavoreremo, agiremo. Le donne cambieranno la societa' e loro stesse", dimostrando quanto forte fosse la consapevolezza di essere lei stessa testimone prima di tutto del proprio cambiamento rispetto all'educazione ricevuta e all'appartenenza di classe.
Sono infatti le pur scarne notizie sulla sua biografia che rivelano l'intreccio tra vita e pensiero, la coscienza, espressa senza reticenze, di essere a un tempo donna e pacifista, e il profondo nesso politico che lega questi due termini in un momento in cui la richiesta del diritto di voto da parte delle donne ripropone il dibattito sui fondamenti della cittadinanza.
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Proprio il coinvolgimento personale, la capacita' di misurare continuamente la propria esistenza con le condizioni storiche in cui si trova a vivere, la spingono ad indagare ogni aspetto, ad occuparsi di ogni evento che rappresenti un sostegno alla guerra, ed e' proprio perche' donna che Bertha coglie la pervasivita' della cultura militarista che cresce in ogni ambiente e la pericolosita' dei discorsi che altri tendono a sottovalutare.
A proposito di un Congresso medico internazionale, ad esempio, Bertha coglie molto acutamente la contraddizione tra le relazioni sulle malattie, che riguardano la ricerca di rimedi efficaci, e quella sulle ferite procurate dalle nuove armi da guerra, denunciando esplicitamente come complicita' il silenzio sull'unica possibilita' di rimedio, la pace.
Proprio attraverso il silenzio la ricerca scientifica si rende complice della guerra, cosi' come l'economia, che non puo' essere considerata neutrale se investe negli armamenti.
La guerra non nasce da se', in modo "naturale" come qualcuno sostiene, e Bertha non si limita a denunciare l'aumento della produzione di armi, ma stigmatizza con ironia il mercato internazionale delle armi stesse, per cui le nazioni si faranno guerra utilizzando armi prodotte addirittura dalle medesime ditte fabbricanti e verranno uccisi come soldati gli operai che hanno prodotto le armi per il nemico.
Appaiono in questo senso particolarmente odiose le forme di connivenza dei governi e Bertha trova che l'uso della frase di origine latina "se vuoi la pace prepara la guerra" da parte di uomini politici liberali, per giustificare la corsa agli armamenti pretendendo di presentarsi contemporaneamente come sostenitori della pace, va smascherata nella sua intrinseca ipocrisia che rischia di diffondere una legittimazione del militarismo.
L'equilibrio del terrore non puo' essere contrabbandato per una politica a favore della pace, perche' si fonda sulla costruzione dell'altro come nemico, incitando "all'odio per l'estraneo, al desiderio di conquista, all'ambizione per le promozioni" scrive Bertha.
Lei segue con grande attenzione l'enfasi con cui vengono annunciate le nuove armi, come i proiettili di cui ha richiesto il brevetto l'inventore della melinite o l'invenzione del dirigibile e dell'aeroplano, dei quali e' stato immediatamente pensato l'uso bellico, e proprio in occasione dell'annuncio del volo di un dirigibile sottolinea l'insensatezza del ricondurre alla guerra ogni nuova invenzione perche' "Seguendo questa logica, uno stato potrebbe anche porre l'interdetto sulla scoperta di un siero; giacche' anche la salute si annovera fra quelle qualita' che fanno un esercito piu' pronto al combattimento; sarebbe percio' antipatriottico rendere accessibile questo prodotto ad eserciti stranieri".
Per questo, insieme all'industria bellica, Bertha non manca di denunciare il ruolo della stampa nella formazione di un'opinione pubblica favorevole al conflitto armato: sono i due potenti gruppi che lavorano a sostegno degli ambienti militari.
"Anche la cosiddetta stampa liberale, moderata, favorisce il sistema militarista, in modo piu' passivo, ma non per questo meno efficace. (...) questa specie di stampa evita, si', di aizzare direttamente alla guerra e di pronunciarsi apertamente a favore del potenziamento degli armamenti, ma tratta tutto il vigente sistema della pace armata come qualcosa di immutabile, di naturale...", scrive Bertha ancora nel 1909, e osserva con amarezza come sia censurata con disprezzo ogni voce che si leva a favore della pace da parte di singoli o associazioni, e venga costruito un clima di sospetto se realistiche proposte di pace vengono da altri governi, come nel caso delle proposte inglesi di moratoria degli armamenti o l'appello dello zar che promuove la prima Conferenza internazionale tenuta all'Aia nel 1899.
Non manca sulla stampa, che fornisce sulle associazioni pacifiste rare quanto distorte e svalutanti informazioni, un improvviso interesse nell'imminenza dei conflitti, e Bertha ne sa cogliere bene la malafede: "Cosa fanno le associazioni per la pace? Cosa dicono i pacifisti? Questi interrogativi imperversano intorno a noi (...) Ci vogliono incoraggiare, con queste domande, ad azioni di salvezza, o ci vogliono semplicemente schernire? Tutte e due le cose sono fuori luogo. Dal momento che azioni incisive nelle quotidiane controversie politiche sono al di fuori della nostra sfera giuridica". Allora come oggi le concrete proposte dei pacifisti per dare "un altro fondamento all'intero sistema di rapporti fra i popoli" vengono ignorate e si chiede loro un'azione concreta quando i governi hanno gia' scelto la guerra.
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Se Bertha in ogni suo testo e' capace di cogliere con straordinaria incisivita' l'errore nell'argomentazione dell'avversario, di denunciare con estremo coraggio ogni passo avanti fatto in direzione della guerra, e' proprio nel romanzo Giu' le armi! che trova la forma piu' efficace per sottolineare la rete di complicita' che indirizza tutta la societa', a partire dall'educazione di bambini e bambine, verso l'esaltazione della guerra.
Dai giochi, che riempiono il tempo libero dei bambini di soldatini non innocenti, alle parate dove i giovani maschi mettono in scena il passaggio dall'infanzia all'adolescenza in un rito collettivo in cui sperimentano il protagonismo individuale nella dimensione della sicurezza insita nella condivisione collettiva, si costruisce abilmente il mito di una virilita' che solo nella guerra sembra trovare il compimento naturale della propria maturita'.
Le ragazze invece non devono sapere niente, e l'appassionata protagonista del romanzo, in cui s'identifica certo l'autrice, scandalizza la famiglia intervenendo con veemenza: "Per accadere possono accadere tutte le atrocita', ma non e' lecito discorrerne. Di sangue e di escrementi le delicate donne non devono sapere niente, e niente dire, ma i nastri della bandiera che svolazzeranno sul bagno di sangue, quelli si', li ricamano; le ragazze non hanno il permesso di sapere niente di questo, di come i loro fidanzati possono diventare impotenti di ricevere la ricompensa del loro amore, ma questa ricompensa esse la devono promettere loro per incitarli alla guerra. Morte e uccisione non hanno nulla di scostumato per voi, voi, damine bene educate - ma al puro e semplice rammentare le cose che sono le fonti della vita che si trasmette, dovete guardare altrove arrossendo. E' una ben triste morale, la vostra, lo sapete? Triste e vigliacca! Questo guardare altrove - con occhi del corpo e della mente - questo fatto e' responsabile del persistere di cosi' tanta miseria e ingiustizia!".
In poche righe, nell'efficacia dei personaggi e dei dialoghi, l'opera di Bertha illustra con semplicita' il legame tra guerra, poverta' e ruoli di genere costruiti sugli stereotipi di femminilita' e virilita'.
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Non a caso la biografia di Bertha insieme con i suoi scritti ci consente di ricostruire una parte della storia di quel movimento pacifista che comincia ad organizzarsi nella seconda meta' dell'ottocento intrecciando attivita' e dibattito con gli altri due grandi movimenti portatori di istanze pacifiche di cambiamento della societa': quello operaio organizzato nella prima e soprattutto nella seconda Internazionale socialista, e soprattutto quello delle donne espresso dal fitto attivismo delle associazioni emancipazioniste.
Un legame non semplice, soprattutto quello con il movimento operaio, una parte del quale guarda con diffidenza alla presenza borghese nel movimento per la pace e con altrettanta diffidenza al protagonismo delle donne. Non a caso si afferma con fatica anche il saldo antimilitarismo di Rosa Luxemburg, l'economista piu' lungimirante e la dirigente politica piu' generosa della seconda Internazionale.
Nei confronti di Bertha sono molte le invidie e le diffidenze, e sara' usata anche l'arma del ridicolo per costruire un muro di ironia intorno a quella sua voce schietta che non smettera' fino alla fine di parlare a favore della pace.
In un tempo in cui molti lacci imprigionavano il corpo e la mente delle donne Bertha ha saputo muoversi con passo lieve e deciso, senza arretrare, senza scoraggiarsi, mostrando sempre e ovunque, al fondo della sua lucida denuncia del presente, un fiducia nel futuro che giunge affettuosa fino a noi e ci commuove.
Quando le operaie di Vienna nel 1911 organizzano una gigantesca manifestazione per il voto alle donne e chiedono la fine degli armamenti e una destinazione civile per i fondi destinati alle spese militari, Bertha scrive: "Politica femminile? No: politica per l'umanita'. E il contributo iniziale della meta' finora diseredata del genere umano e' soltanto uno dei sintomi del fatto che si avvicina il tempo in cui il bene e i diritti dell'umanita' saranno considerati come massimo criterio per la politica".
Protagonista del suo tempo, degna di memoria per il nostro, muore nel giugno del 1914 poco prima che su quell'Europa, che sognava democratica e unita, si abbattesse la tragedia che ancora oggi continua e continua e continua, toccando e sperperando, una ad una, ancora, le nostre vite.

4. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]

3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
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ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/

5. APPELLI. RACCOLTA FONDI PER AIUTARE LA BIBLIOTECA LIBERTARIA "ARMANDO BORGHI" A FARE FRONTE AI DANNI SUBITI A CAUSA DELL'ALLUVIONE DEL 16 E 17 MAGGIO 2023
[Dalla Biblioteca Libertaria "Armando Borghi" (e-mail: bibliotecaborghi1916 at gmail.com) riceviamo e diffondiamo con viva solidarieta']

Le inondazioni che il 16 e 17 maggio 2023 hanno colpito molte localita' dell'Emilia Romagna, compresa Castel Bolognese, hanno provocato enormi danni alla Biblioteca Libertaria "Armando Borghi" (in sigla: BLAB).
In questo momento particolarmente difficile della sua vita la BLAB fa appello a tutti coloro che apprezzano la sua attivita'.
Per far fronte ai danni subìti e ripartire serviranno molto lavoro e molti soldi.
Se volete aiutarci a superare questo momento di notevole difficolta', potete inviare un contributo economico fin da ora.
Anche somme modeste possono servire.
Con il vostro aiuto, tutti insieme, ce la possiamo fare.
Per inviare le sottoscrizioni si puo' effettuare un bonifico al conto corrente bancario della BLAB, presso CREDIT AGRICOLE - Agenzia di Castel Bolognese. Il codice IBAN, intestato a Biblioteca Libertaria Armando Borghi - Soc. Coop. e': IT16 C 06230 67530 000030040805

6. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI

Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
*
Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
*
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.

7. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it

8. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

9. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

10. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 197 del 16 luglio 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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