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[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 152
- Subject: [Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 152
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Thu, 1 Jun 2023 05:34:36 +0200
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 152 del primo giugno 2023
In questo numero:
1. Bruna Bianchi: Resistenza nonviolenta in Ucraina
2. Annamaria Rivera: "Produrre carne"
3. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
4. Raccolta fondi per aiutare la Biblioteca Libertaria "Armando Borghi" a fare fronte ai danni subìti a causa dell'alluvione del 16 e 17 maggio 2023
5. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
6. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
7. Alcuni riferimenti utili
8. Ripetiamo ancora una volta...
1. L'ORA. BRUNA BIANCHI: RESISTENZA NONVIOLENTA IN UCRAINA
[Dal sito "Comune-info" riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo del 21 maggio 2023]
Il rifiuto della guerra ha bisogno di linguaggi nuovi con cui raccontare il mondo. Lo straordinario rapporto Ukrainian Nonviolent Resistance in the Face of War dell'International Catalan Institute for Peace (Icip) rende visibile centinaia di azioni compiute nei mesi scorsi contro gli occupanti ma di fatto anche contro la resistenza armata e la corsa al riarmo del governo ucraino: interposizioni, manifestazioni pubbliche di protesta contro l'occupazione, raduni non autorizzati in piazza, rimozione delle bandiere russe dagli edifici pubblici, graffiti sui muri, distribuzione di poster contro gli occupanti, e ancora pubblicazione di rapporti su stupri, torture, sparizioni e abusi, diffusione di notizie sui corridoi umanitari autorganizzati e sui posti di blocco, allestimento di rifugi... Il rapporto Icip, oltre a mostrare come le organizzazioni femminili abbiamo acquisito una crescente importanza, analizza con grande capacita' critica gli impatti, i limiti e le contraddizioni di quelle azioni. Scrive Bruna Bianchi: "Diffondere queste voci, tenere viva l'attenzione sulla resistenza civile, promuovere azioni contro il riarmo e la militarizzazione della societa', riflettere sui temi della pace non e' solo urgente, ma e' un progetto di sopravvivenza...".
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All'inizio del conflitto in Ucraina, com'e' noto, gruppi di cittadini-e scesero spontaneamente per le vie fermando gli automezzi militari russi a mani nude, spostando i cartelli stradali per confondere i soldati, parlando con loro, protestando nelle piazze. Queste azioni posero in primo piano la questione dell'efficacia della resistenza nonviolenta nel fermare l'invasione e avviare un processo di pace, ma non furono sostenute dal governo del paese che, al contrario, ha risposto all'invasione con la resistenza armata, la coscrizione obbligatoria e gli insistenti appelli per l'invio di volontari e di armi.
Dopo quattordici mesi di un conflitto che ha causato centinaia di migliaia di morti da entrambe le parti e danni ambientali irreparabili, che ha distrutto intere citta' e regioni, costretto alla fuga milioni di persone, e di cui non si vede la fine, la questione dell'efficacia della resistenza civile nonviolenta, della sua capacita' di arrestare la spirale della violenza e' tornata al centro dell'attenzione. Ne sono un esempio l'interesse per le opere di Erica Chenoweth, una delle maggiori esperte di resistenza civile, di cui e' recentemente apparso in italiano il volume Come risolvere i conflitti. Senza armi, senza odio con la resistenza civile (Sonda, Milano 2023) e la pubblicazione nell'ottobre del 2022 del rapporto Ukrainian Nonviolent Resistance in the Face of War a cura di Felip Daza Sierra dell'International Catalan Institute for Peace. Recentemente tradotto in italiano a cura del Movimento Internazionale della Riconciliazione, il rapporto e' gia' stato illustrato a grandi linee, e tuttavia vale la pena di analizzarlo un po' piu' nel dettaglio per comprendere i caratteri, l'estensione e le criticita' delle azioni di resistenza civile nonviolenta nei primi cinque mesi di guerra.
La prima parte del rapporto e' dedicata al quadro concettuale di riferimento, alla definizione della nonviolenza come visione alternativa dell'etica, della politica, della sicurezza e delle relazioni sociali, un pensiero che individua nell'obbedienza il fondamento del potere e nella disobbedienza la forza capace di sovvertire le strutture oppressive, come gia' avevano teorizzato Etienne De La Boetie nel Discorso sulla servitu' volontaria (1576) e Henry David Thoreau in La disobbedienza civile (1848). I metodi della resistenza nonviolenta, si ribadisce in piu' passi del rapporto, sono inconciliabili con quelli della resistenza armata.
A differenza dell'azione violenta, la nonviolenza mira a influenzare, senza la minaccia o l'uso della violenza, le azioni, lo stato morale e psicologico dell'avversario, a cambiare la sua percezione del conflitto, a fraternizzare e a convincerlo a deporre le armi. L'efficacia dell'azione nonviolenta dipende dal mantenimento della sua dinamica e da non combinarsi con la violenza armata (p. 7).
Il secondo capitolo si sofferma sulla tradizione della resistenza nonviolenta in Ucraina nel corso di un secolo, in particolare a partire dal crollo dell'Unione Sovietica, "quando lo stato ucraino eredito' strutture di potere centralizzate, sfiducia sociale e un sistema di sicurezza abituato alla repressione". Ampio spazio e' dedicato al sondaggio condotto nel 2015 dall'Istituto Internazionale di sociologia di Kiev per conoscere gli orientamenti dei cittadini e delle cittadine rispetto all'adozione di metodi violenti o nonviolenti in caso di invasione o occupazione del paese. Il sondaggio rivelo' una decisa propensione della popolazione ucraina a ricorrere ad azioni nonviolente.
Infatti, nel corso degli anni il tessuto sociale e associativo ucraino ha sviluppato ampie capacita' di trasformazione dei conflitti e di difesa dei diritti umani, ma ha marginalizzato la riflessione sulla pace.
L'esperienza ucraina di resistenza civile nonviolenta si combina con vivaci comunita' di mediazione e di difesa dei diritti umani. I conflitti armati e le minacce alla sovranita' ucraina negli ultimi decenni hanno marginalizzato il discorso della costruzione della pace. Questa situazione ha portato alla trasformazione e al raggruppamento delle organizzazioni del settore in due aree principali: la difesa dei diritti umani e la promozione del dialogo nelle situazioni di conflitto. Secondo Tetiana Kyselova, docente all'Universita' nazionale Kyiv-Mohyla Academy, quest'ultimo gruppo e' composto da un lato, dalle "comunita' dei mediatori" [...] e dall'altro, dai "facilitatori del dialogo", composti da venti organizzazioni che si sono concentrate sullo sviluppo dei processi di dialogo nell'Ucraina orientale dopo il 2014 [...] mentre le forti organizzazioni per i diritti umani hanno svolto un lavoro fondamentale per lo sviluppo democratico del paese (p.13).
In questi processi, come ha dimostrato Tetiana Kyselova, esperta in mediazione e risoluzione dei conflitti, le organizzazioni femminili hanno acquisito una crescente importanza.
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I caratteri
La parte centrale del rapporto e' dedicata all'analisi di 235 casi avvenuti tra febbraio e giugno 2022. Sulla base di 55 interviste e di un'ampia ricerca sulle risorse della rete, l'autore ha ricostruito i luoghi e le modalita' delle azioni di resistenza civile e ne ha valutato l'impatto. Nel primo periodo della guerra la resistenza civile si e' verificata al nord del paese e in seguito si e' concentrata al sud, mentre a Marjupol, Bucha e Irpin, dove sono stati perpetrati terribili massacri di civili, non si e' sviluppata.
L'inizio dell'invasione ha provocato una grande mobilitazione e organizzazione della comunita'. La stragrande maggioranza degli attori sociali ucraini, dalle organizzazioni per i diritti umani ai gruppi auto-organizzati che si erano sviluppati dopo Euromaidan, centri giovanili, parrocchie e semplici cittadini e cittadine, si sono organizzati per proteggere la popolazione e fermare l'avanzata delle truppe russe (p. 14).
La mobilitazione si e' sviluppata spontaneamente a livello locale, per lo piu' attraverso il canale Telegram - che in pochi giorni ha visto aumentare i suoi abbonati da 2.000 a 25.000 - e attraverso reti informali e relazioni di fiducia che, in qualche caso, come a Sumy, hanno coinvolto anche "amici e vicini" dei villaggi russi di confine. All'inizio della guerra, inoltre, il Servizio di volontariato ucraino ha mobilitato 120.000 giovani per gli aiuti umanitari.
La maggior parte delle azioni di resistenza e' avvenuta nel mese di marzo (131): interposizioni, manifestazioni pubbliche di protesta contro l'occupazione, raduni presso monumenti o altri luoghi simbolici dell'identita' ucraina, rimozione delle bandiere russe dagli edifici pubblici (148 nel complesso, di cui 96 nel mese di marzo). Di particolare rilievo la manifestazione svoltasi il 26 aprile a Slavutic, la citta' costruita per ospitare gli sfollati da Cernobyl', che ha costretto l'occupante a negoziare con la cittadinanza (p. 18).
Numerosi anche i casi di non collaborazione e di intervento nonviolento (87) guidate da insegnanti e dipendenti pubblici, da medici e altri lavoratori che sono culminati nelle dimissioni da consigli comunali, scuole e altre strutture pubbliche, nel rifiuto di accettare gli aiuti umanitari russi - che talvolta sono stati dati alle fiamme - o di pagare le tasse.
A partire da aprile molti attivisti hanno abbandonato il paese, i militari russi sono stati sostituiti da agenti di polizia specializzati nella repressione delle manifestazioni di massa, gli arresti sono aumentati e la resistenza si e' espressa in modi indiretti: disegni e graffiti sui muri, distribuzione di nastri blu e gialli, di volantini e poster derisori degli occupanti.
Come si evince dall'appendice in cui sono descritti i 235 casi, molte di queste proteste da aprile a giugno sono state organizzate dal gruppo "Nastro giallo" fondato a Kerson da un giovane di vent'anni. Taras, il nome fittizio del giovane, ha dichiarato in una recente intervista, che il gruppo puo' contare su migliaia di aderenti, tra cui numerose donne e ragazze. Privo di addestramento militare, Taras non aveva potuto unirsi ai partigiani ucraini e, sapendo che molti altri giovani non l'avrebbero fatto, ha iniziato a organizzare la protesta attraverso la rete. In breve tempo, mentre le stoffe di colore giallo e blu sparivano dalle abitazioni e dai negozi, i nastri colorati costellavano i centri cittadini e sugli edifici apparivano i simboli dell'esercito ucraino. Il 18 giugno il gruppo "Nastro giallo" ha organizzato una manifestazione virtuale. Il luogo della manifestazione e' stato ricostruito in forma digitale su Instagram: il viale centrale di Kerson, con tutti gli edifici, i parchi e gli incroci sono stati riprodotti metro dopo metro disegnando un percorso virtuale dove si sono radunati, sempre virtualmente, 36.000 manifestanti.
Dal canto loro, le organizzazioni per i diritti umani hanno seguito i casi di giornalisti, attivisti e autorita' locali rapite (163 nel maggio 2022) e il Centro per le liberta' civili ha sviluppato una piattaforma decentralizzata (Euromaidan SOS) con oltre 100.000 abbonati che ha diffuso informazioni sui corridoi umanitari e i posti di blocco. Nell'ambito dell'aiuto umanitario le donne hanno avuto un ruolo cruciale. Nina Potarska, coordinatrice della WILPF per l'Ucraina, ha affermato che le donne, grazie alla loro invisibilita' in guerra, sono state alla guida dell'evacuazione e della protezione della popolazione civile nelle zone di Karkiv, Zaporizzja e nel Donbass (p. 23). L'attivismo femminile, inoltre, e' stato cruciale nell'allestimento dei rifugi nelle aree ad alto rischio (n. 176) e nell'offrire assistenza psicologica alle donne e alle loro famiglie, come e' accaduto a Leopoli per iniziativa del "Centro per le prospettive delle donne" (caso n. 20).
Il prospetto in appendice raramente specifica il genere e l'eta' di coloro che hanno promosso o partecipato alle azioni di resistenza non violenta, ma possiamo ragionevolmente supporre che in molti casi le protagoniste siano state le donne, ad esempio quando le azioni di resistenza si sono svolte nei mercati (n. 102), o quando ai soldati russi e' stato offerto te', cibo e il telefono perche' potessero chiamare la famiglia (n. 29), o quando 109 carrozzine vuote sono state esposte a Leopoli il 18 marzo 2022 per denunciare i bambini uccisi in guerra (n. 115), o ancora quando le manifestazioni erano composte da "adulti e bambini" (n. 116).
Un altro campo in cui si e' dispiegata l'azione di decine di organizzazioni con una vasta esperienza nella difesa dei diritti umani e' stato quello del monitoraggio coordinato dei crimini di guerra. Il Centro per le Liberta' Civili, l'organizzazione per i diritti umani di Helsinki, il Gruppo per la protezione dei diritti umani di Karkiv hanno avviato l'iniziativa "Tribunale per Putin" al fine di raccogliere prove di stupri, torture, sparizioni e abusi, in particolare sui gruppi piu' vulnerabili. La rete civile OPORA ha creato una piattaforma per la denuncia in sicurezza dei crimini di guerra e una rete di uffici per la raccolta delle testimonianze dei rifugiati e delle rifugiate in Polonia.
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Gli impatti
Nel complesso nel nord del paese le azioni di resistenza civile hanno contribuito a frenare l'invasione, mentre nella parte meridionale del paese hanno smentito la versione russa della liberazione del popolo ucraino, protetto la popolazione civile, rafforzato le comunita' e i governi locali, indebolito la capacita' di mobilitazione dell'esercito russo, ostacolato il processo di istituzionalizzazione dell'occupazione.
Le azioni di non collaborazione sociale hanno impedito lo sviluppo di piani di assimilazione culturale, quelle di non collaborazione economica hanno intralciato la riscossione delle tasse e la costruzione di strutture per il rafforzamento delle posizioni difensive russe ai confini di Kerson e Zaporizzja.
Importante anche l'impatto sulle comunita'. Le reti di aiuto nelle localita' di occupazione hanno sostenuto la popolazione e i gruppi piu' vulnerabili; le azioni nonviolente di comunicazione (stampa, TV, radio, internet) hanno rafforzato la rete di comunita', prodotto contro-narrazioni basate sull'umorismo evitando la diffusione del panico. Graffiti, volantini, nastri gialli e blu hanno tenuto in vita la resistenza e il morale riducendo i pericoli della repressione per gli attivisti. Infatti, non bisogna dimenticare che tutte le azioni di resistenza hanno comportato gravi rischi e hanno richiesto coraggio e creativita'.
Nel complesso l'azione nonviolenta ha rafforzato la governance locale, migliorato il coordinamento tra autorita' locali e i cittadini e le cittadine, benche' sia mancato il sostegno delle autorita' a livello nazionale. Se da una parte le azioni di resistenza nonviolenta hanno dimostrato la loro efficacia nel contrastare l'invasione e l'occupazione, dall'altra hanno rivelato forti criticita', o sfide, come le definisce Felip Daza Sierra.
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Le sfide
Una delle sfide "piu' cruciali" delle azioni di resistenza nonviolenta e' stata l'interazione con la resistenza armata, una cooperazione promossa dalle autorita' ucraine per l'identificazione delle postazioni russe, "la costruzione di infrastrutture anticarro, l'hackeraggio delle infrastrutture digitali russe o azioni di sabotaggio di macchinari militari" (p. 25). La maggior parte delle persone intervistate ha dichiarato di non considerare in alcun modo problematica una tale collaborazione, indebolendo cosi' l'efficacia della resistenza nonviolenta che, si ribadisce nel rapporto, dipende dalla "separazione delle due strategie" (p. 26).
Caratteristica delle azioni di resistenza nonviolenta e' stata la tendenza ad evitare discorsi di pace. La stessa Tetiana Kyselova, da anni impegnata in progetti di promozione del dialogo e di costruzione di pace in Ucraina, il 3 agosto 2022 ha affermato nel corso di una intervista:
"Come mediatori, non vediamo come l'Ucraina possa risolvere questo conflitto esclusivamente attraverso mezzi politici. L'aggressione esterna e' stata riconosciuta dalla maggior parte dei paesi e c'e' chiaramente uno stato aggressore e uno stato che si difende. Cosi', al momento, e' di cruciale importanza sostenere l'Ucraina inviando armi. Anche noi, come costruttori di pace ucraini e mediatori, lo chiediamo".
Il dialogo con la Russia, continua Kyselova, dovra' essere affrontato con molta cautela.
La difesa armata da' all'Ucraina un enorme potere, ma e' un potere distruttivo. In questa situazione sedersi ad un tavolo di dialogo e' molto pericoloso e per molti impensabile.
Gia' nel maggio 2022 in una dichiarazione pubblica delle organizzazioni di mediazione e facilitazione del dialogo si poteva leggere: "Non possiamo condannare l'uso della forza quando questa e' richiesta per proteggere il paese e i suoi abitanti. Dobbiamo trovare approcci nuovi e creativi che prendano in considerazione questi fattori: l'uso della forza, cosi' come i mezzi nonviolenti di risoluzione dei conflitti" (p. 1).
Questa e' la situazione "paradossale", come la definisce Kyselova, in cui si trovano le organizzazioni e le reti che fino ad ora hanno avviato processi di risoluzione dei conflitti.
Un altro aspetto di criticita' riguarda la mancanza di una strategia sufficientemente articolata volta a influenzare lo stato morale e psicologico dell'avversario e a indurlo a cambiare la sua percezione del conflitto. I casi di fraternizzazione conosciuti sono stati solo due.
La maggior parte delle persone intervistate non prende in considerazione la possibilita' di avviare processi di dialogo con gli attori sociali russi per il momento. Secondo alcuni esperti consultati, c'e' una chiara debolezza nel comprendere le tendenze dell'opinione pubblica russa e questa mancanza di analisi impedisce di capire le lacune della propaganda russa e i movimenti dissidenti all'interno della Russia. L'intensificazione della resistenza civile nonviolenta oltre i confini ucraini sarebbe strategicamente fondamentale per intaccare i pilastri del potere del Cremlino e costringere le autorita' russe ad abbandonare la via armata per la risoluzione del conflitto politico con l'Ucraina e l'Occidente (p. 27).
Indebolisce l'efficacia della resistenza civile anche la mancanza di formazione delle persone che hanno partecipato ai programmi di difesa dei diritti umani, e in particolare il fatto che le reti di protezione non offrono sostegno degli obiettori di coscienza. Secondo quanto emerge da varie testimonianze, esistono pratiche di rifiuto di accoglienza nei rifugi dei giovani in eta' militare e attraverso le reti sociali si sono verificati veri e propri "attacchi nei confronti di giovani in eta' militare in aree ad alto rischio" (p. 28). Obiettori e disertori sono un "tabu' sociale" che comporta la stigmatizzazione e la criminalizzazione anche nelle reti di difesa dei diritti umani che, inoltre, nel monitoraggio dei crimini di guerra non includono quelli commessi dai soldati ucraini nei confronti dei prigionieri russi, di cui esistono le prove fin dalla fine di marzo 2022.
Infine, le diversita' di visioni e di aspettative tra le regioni occidentali e orientali dell'Ucraina permangono profonde e la polarizzazione regionale e' aumentata nel corso della guerra.
Il rapporto si conclude con raccomandazioni articolate in dieci punti rivolte alle agenzie, ai governi e agli attori della societa' civile ucraina e internazionale affinche' si impegnino nel sostegno della resistenza civile nonviolenta, rafforzando la resilienza delle comunita' e i sistemi di monitoraggio dei crimini di guerra, prevenendo conflitti tra le comunita' ospitanti e gli sfollati interni dalle regioni orientali, esplorando la possibilita' di regolamentare e sviluppare un sistema di difesa civile nonviolenta sull'esempio della Lituania, favorendo la ricostruzione sociale e politica sulla base dello sviluppo del governo locale e del decentramento e, non da ultimo, affermando l'obiezione di coscienza come diritto umano.
La negazione dell'aiuto agli obiettori, la collaborazione con le forze armate, l'assenza di un discorso di pace, il rifiuto del dialogo, e soprattutto l'adesione alla richiesta di armi da parte di coloro che per anni sono stati alla guida della promozione della pace e del dialogo, rendono ancora difficile definire queste azioni come azioni di resistenza nonviolenta; da quanto emerge dal rapporto esse sembrano configurarsi per lo piu' come azioni di mobilitazione civile contro l'occupazione. Per molti militanti, infatti, il confine tra resistenza armata e resistenza nonviolenta e' labile. Anche Ivan, un giovane che come Taras e' un attivista nel gruppo "Nastro giallo", spera nel giorno in cui portera' la bandiera ucraina nella piazza principale di Kerson e celebrera' l'evento al fianco dei militari.
In una societa' fortemente traumatizzata come quella ucraina e lacerata da antichi conflitti, parlare di pace per chi ha vissuto e assistito a distruzioni e brutalita' inaudite resta molto difficile, eppure in Ucraina, come in Russia e in Bielorussia, c'e' chi continua a levare la sua voce per la pace e la nonviolenza. Diffondere queste voci, tenere viva l'attenzione sulla resistenza civile, promuovere azioni contro il riarmo e la militarizzazione della societa', riflettere sui temi della pace non e' solo urgente, ma e' un progetto di sopravvivenza.
2. RIFLESSIONE. ANNAMARIA RIVERA: "PRODURRE CARNE"
[Dal sito "Comune-info" riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo del 25 maggio 2023]
Le vacche "da latte" sono destinate a vivere di solito 5 anni, prima di venire abbattute. Se non venissero sottoposte alle "superiori" necessita' della produzione, arriverebbero a viverne bene fino a 20. Le industrie di sfruttamento dei non-umani, non parlano piu' da tempo soltanto di riproduzione bensi' di produzione dell'animale. Un animale che, per essere consumato, non deve essere considerato "vero" - come dice alla mamma, con illuminante semplicita', il bambino Luiz nel video che mostriamo qui sotto [nel sito di "Comune-info" - ndr] - altrimenti quando lo mangiamo morirebbe. E' cosi' che si innesca il concetto di reificazione che ci induce a ridurre la vita di soggetti diversi da "noi" a oggetti inerti e poi a merci. In questo nuovo articolo, Annamaria Rivera parte dalla riduzione degli animali a cose per sviluppare, con il consueto rigore e da diverse prospettive, la ben nota critica alla negazione dell'altro-da-se' legata al dominio sulla natura, per dirla con Adorno, e alla mercificazione di massa che segna in profondita' gli allevamenti intensivi e i mattatoi automatizzati propri delle societa' industriali-capitalistiche. Se le ragioni della propensione a cibarsi di "carne" vanno ricercate soprattutto sul versante del mercato e degli interessi dell'industria zootecnica, aggiunge pero' Annamaria, non va trascurata l'importanza della ragione simbolica. Fino a quando ci saranno macelli, avremo anche campi di battaglia, pare dicesse Tolstoj, che considerava l'associazione tra carne e guerra un inesorabile automatismo della storia.
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Per affrontare, sia pur sinteticamente, un tema come quello che propongo, penso convenga esordire con il concetto di reificazione. In estrema sintesi, si puo' dire che essa e' una postura, una disposizione, una pratica sociale routinaria che induce a trattare soggetti diversi dal noi non gia' in modo conforme alle loro qualita' di esseri sensibili, ma come oggetti inerti o perfino come cose o merci.
Un'altra linea di pensiero che ho cercato di rendere operante e' quella che banalmente potrebbe definirsi animalista: e', in realta', una riflessione sulla continuita' dei processi di dominazione e di reificazione. La dialettica negativa proposta da Theodor W. Adorno, secondo il quale il se' dell'umano si produce per mezzo dell'attiva negazione dell'altro-da-se', legata al dominio sulla natura, non riguarda solo il rapporto uomini/donne e noi/altri, ma anche quello umani/animali.
Nel caso degli animali la mercificazione e' davvero totale, al punto che le industrie di sfruttamento dei non-umani, "non parlano piu' soltanto di riproduzione bensi' di produzione dell'animale: come se gli animali fossero solo materiale corporeo che e' compito del lavoro umano formare, strumentalizzare e riprodurre", nonche' uccidere (Melanie Bujok, 2008, Materialita' corporea, 'materiale-corpo'. Pensieri sull'appropriazione del corpo di animali e donne).
Se abshlachten ("macellare") era il verbo usato dagli esecutori nazisti per nominare il massacro dei prigionieri nei lager, programmato e attuato secondo una rigorosa logica industriale, oggi allevare, torturare e macellare animali si dice "produrre della carne".
Per sovvertire questo modello occorre anzitutto mostrarne la parzialita': per quanto si sia diffuso in aree disparate, esso e' nato da una piccola frazione di pensiero filosofico - l'occidentale-moderno - che tende a pensare secondo polarita' contrapposte il rapporto fra natura e cultura, che separa, culturalmente e moralmente, gli umani dai non-umani, che istituisce una frattura insanabile fra soggetti umani e oggetti animali, negando a questi ultimi la qualita' di soggetti, per l'appunto, dotati di sensibilita', biografie, mondi, culture, storie.
Questa frazione di pensiero ha prodotto un'ontologia del tutto particolare, che, a sua volta, ha generato una cosmologia e un'etica fra le tante. Per coglierne appieno l'arbitrarieta', la peculiarita', dunque la non-universalita', basta considerare che questo modello dualistico e' privo di senso per buona parte delle tradizioni culturali non-occidentali. Delle quali numerose hanno fatto giusto della continuita' fra i viventi il paradigma costitutivo delle proprie ontologie e cosmologie.
La reificazione dei non-umani e' divenuta mercificazione massiva con gli allevamenti intensivi e i mattatoi automatizzati, propri delle societa' industriali-capitalistiche: strutture concentrazionarie, si potrebbe dire, che, favorendo il "salto di specie", rappresentano, fra l'altro, una delle cause che hanno provocato la pandemia piu' recente, al pari di non poche altre precedenti.
Basta citare la Sars ("Sindrome respiratoria acuta grave"), che si diffuse tra il 2002 e il 2003, ugualmente provocata da un coronavirus. Ma conviene tener conto del fatto che di origine zoonotica sono anche l'Ebola, l'Aids, l'influenza aviaria.
Tutto cio' e' dialetticamente connesso con i processi, rapidi e sempre piu' dilaganti, di deforestazione, urbanizzazione, industrializzazione, anche dell'agricoltura, che sottraggono progressive porzioni di habitat agli animali detti selvatici. I quali, se mai sopravvivono, non possono che approssimarsi agli insediamenti umani e quindi anche agli animali detti "da allevamento", tra i piu' vulnerabili poiche' immunologicamente depressi a causa delle condizioni e del trattamento estremi cui sono sottoposti: fra l'altro, la somministrazione di dosi abnormi di antibiotici, per non dire delle pratiche di autentica tortura.
In Homo sapiens e mucca pazza. Antropologia del rapporto con il mondo animale, un volume collettaneo, da me curato, pubblicato dalla casa editrice Dedalo nel lontano 2000, eppure tragicamente attuale, scrivevo, tra l'altro, che chi acquista, per esempio, "carne di vitello ignora o vuole ignorare che la chiarezza di quella chair divenuta viande e' ottenuta costringendo il cucciolo di bovino a vivere la sua breve vita nell'immobilita' assoluta, imbottito di ogni genere di farmaci che ne invecchiano rapidamente gli organi, nonche' imprigionato in spazi angusti e bui".
Quel volume, cui parteciparono, oltre me, Mondher Kilani, Roberto Marchesini, Luisella Battaglia, era, soprattutto nel caso del mio contributo, in buona parte ispirato dal grande antropologo Philippe Descola (Oltre natura e cultura, Raffaello Cortina, 2021), anche se non vi mancavano espliciti riferimenti ad altri/e studiosi/e importanti quale Jacques Derrida (L'animale che dunque sono, Rusconi 2021).
Se le ragioni della propensione a cibarsi di "carne" vanno ricercate soprattutto sul versante del mercato e degli interessi dell'industria zootecnica, non va trascurata l'importanza della ragione simbolica: gia' nel 1992, Derrida in Points de suspension (Galilee, 1992) aveva delineato la figura di una soggettivita' "carneo-fallogocentrica", propria del soggetto maschile, detentore del logos e, per l'appunto, carnivoro. Si aggiunga la crudele manipolazione di viventi che si compie con gli esperimenti di transgenesi, clonazione e cosi' via.
Con gli animali-laboratorio, il ciclo maledetto tocca il culmine. Sicche' non e' troppo azzardata l'analogia con le pratiche naziste di riduzione di corpi umani a manichini, strumenti, cavie per la realizzazione di atroci esperimenti detti "scientifici".
La reificazione dei non-umani e' divenuta mercificazione massiva con gli allevamenti intensivi e i mattatoi automatizzati, propri delle societa' industriali-capitalistiche: strutture concentrazionarie che, favorendo il "salto di specie”, rappresentano una delle cause che hanno provocato la pandemia attuale, al pari di non poche altre precedenti. Basta citare la Sars ("Sindrome respiratoria acuta grave"), che si diffuse tra il 2002 e il 2003, ugualmente provocata da un coronavirus.
E tuttavia, in piena crisi pandemica, quella piu' recente, allorche' la consapevolezza della centralita' del tema del nostro rapporto perverso con gli ecosistemi e con i non-umani avrebbe dovuto essere largamente condivisa, tanto piu' da dotti, proprio allora qualcuno di loro si lasciava andare ad affermazioni sconcertanti. Alludo al virologo Roberto Burioni, il quale, in tv, si augurava che anche "i nostri amici a quattro zampe" potessero contrarre il Covid-19 perche' questo "ci permettera' di avere un notevole vantaggio nella sperimentazione dei vaccini".
Eppure e' ben noto che il modello degli esperimenti su non-umani, oltre che eticamente inaccettabile, e' ormai cosi' costoso e sorpassato da rendere assai improbabile la realizzazione di farmaci e vaccini efficaci. Tutto cio' non riguarda solo il destino dei non-umani. Un'ideologia e pratiche analoghe guidano la sacrificabilita' selettiva degli umani, i piu' vulnerabili, esposti, precari e/o alterizzati, come abbiamo constatato anche nel corso della recente pandemia.
E' da quasi un trentennio, cioe' da quando ho iniziato a integrare nelle mie ricerche, conseguentemente in saggi e articoli, quella che viene detta impropriamente "la questione animale" (o dei "non-umani"), che il pensiero e le opere di Philippe Descola mi sono diventati indispensabili, tanto da citarlo assai frequentemente: estremamente utili, l'uno e le altre, a mostrare - come egli stesso scrive in Oltre natura e cultura (Raffaello Cortina, 2021) - che la "contrapposizione tra natura e cultura non possiede il carattere universale che siamo soliti attribuirle".
"Per portare a buon fine tale impresa" - egli aggiungeva - e' necessario che la stessa "antropologia si liberi del proprio dualismo costitutivo e diventi pienamente monista".
Tra l'altro, e' anche grazie alle sue ricerche e al suo pensiero che ho trovato il coraggio di condurre una piu' che decennale ricerca di campo a Essaouira: una cittadina del Sud-Ovest del Marocco, esemplare per la sua storia di mixite', in particolare per la lunga coabitazione tra arabo-musulmani ed ebrei, per non dire di altre minoranze, ma anche per la densa, profonda convivenza tra umani e alcune categorie di non-umani.
La mia e' una ricerca - come dicevo - ispirata da quella che oggi viene detta, un po' impropriamente, "etnografia multispecie", che poi, nel mio caso, si e' concretizzata in un saggio, pubblicato da Dedalo nel 2016: La citta' dei gatti. Antropologia animalista di Essaouira.
In tale saggio assume un ruolo rilevante il tema della convivialita' interspecifica: con gatti, gabbiani e perfino cani. Dico "perfino" perche' per lungo tempo questi ultimi sono stati considerati, da parte musulmana, come esseri impuri, com'e' ben noto. Va precisato, tuttavia, che una tale distinzione fra animali puri e impuri non e' affatto peculiare del solo mondo musulmano. E comunque attualmente, a Essaouira, in particolare, anche i cani sono accolti, protetti e integrati nel mondo degli umani.
V'e' un altro aspetto che conviene sottolineare: a Essaouira a prendersi cura di animali liberi quali gabbiani, gatti e perfino cani sono anche, se non soprattutto, le persone piu' diseredate, le quali praticano una comune etica della compassione e della solidarieta', estesa oltre la "specie" umana. Esse, concedendosi il "lusso" del senso e del dono, dell'affettivita' e della cura piu' gratuite, si sottraggono alla ragione economica e utilitaria che le ha condannate. E in tal modo spezzano la catena dell'obbligata dipendenza dal bisogno a cui la societa' le ha legate e le immagina schiave.
Ancora a proposito della convivialita' interspecifica, conviene aggiungere che essa e' stata per me non solo oggetto di osservazione, ma anche e soprattutto vissuto personale relazionale: diretto e duraturo. Infatti, secondo la mia esperienza di campo, l'agency animale, se non permette di collocare il non-umano nel ruolo classico dell'"informatore", lo posiziona comunque in quello di attore e testimone di un contesto che favorisce incontri, relazioni, perfino lunghe amicizie transpecifiche. Tutto cio' ho potuto sperimentarlo personalmente, soprattutto con alcuni gabbiani e gatti, ai quali da non pochi anni mi lega un'amicizia fedele e costante.
Per concludere con l'ennesima citazione da Descola: "Molte delle cosiddette societa' primitive (...) non hanno mai pensato che le frontiere dell'umanita' si arrestassero alle porte della specie umana, ne' esitano a invitare nell'insieme della vita sociale le piante piu' modeste, gli animali piu' insignificanti".
3. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]
3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
*
ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/
4. APPELLI. RACCOLTA FONDI PER AIUTARE LA BIBLIOTECA LIBERTARIA "ARMANDO BORGHI" A FARE FRONTE AI DANNI SUBITI A CAUSA DELL'ALLUVIONE DEL 16 E 17 MAGGIO 2023
[Dalla Biblioteca Libertaria "Armando Borghi" (e-mail: bibliotecaborghi1916 at gmail.com) riceviamo e diffondiamo con viva solidarieta']
Le inondazioni che il 16 e 17 maggio 2023 hanno colpito molte localita' dell'Emilia Romagna, compresa Castel Bolognese, hanno provocato enormi danni alla Biblioteca Libertaria "Armando Borghi" (in sigla: BLAB).
In questo momento particolarmente difficile della sua vita la BLAB fa appello a tutti coloro che apprezzano la sua attivita'.
Per far fronte ai danni subìti e ripartire serviranno molto lavoro e molti soldi.
Se volete aiutarci a superare questo momento di notevole difficolta', potete inviare un contributo economico fin da ora.
Anche somme modeste possono servire.
Con il vostro aiuto, tutti insieme, ce la possiamo fare.
Per inviare le sottoscrizioni si puo' effettuare un bonifico al conto corrente bancario della BLAB, presso CREDIT AGRICOLE - Agenzia di Castel Bolognese. Il codice IBAN, intestato a Biblioteca Libertaria Armando Borghi - Soc. Coop. e': IT16 C 06230 67530 000030040805
5. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
*
Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
*
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.
6. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE
Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it
7. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
8. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 152 del primo giugno 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 152 del primo giugno 2023
In questo numero:
1. Bruna Bianchi: Resistenza nonviolenta in Ucraina
2. Annamaria Rivera: "Produrre carne"
3. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
4. Raccolta fondi per aiutare la Biblioteca Libertaria "Armando Borghi" a fare fronte ai danni subìti a causa dell'alluvione del 16 e 17 maggio 2023
5. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
6. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
7. Alcuni riferimenti utili
8. Ripetiamo ancora una volta...
1. L'ORA. BRUNA BIANCHI: RESISTENZA NONVIOLENTA IN UCRAINA
[Dal sito "Comune-info" riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo del 21 maggio 2023]
Il rifiuto della guerra ha bisogno di linguaggi nuovi con cui raccontare il mondo. Lo straordinario rapporto Ukrainian Nonviolent Resistance in the Face of War dell'International Catalan Institute for Peace (Icip) rende visibile centinaia di azioni compiute nei mesi scorsi contro gli occupanti ma di fatto anche contro la resistenza armata e la corsa al riarmo del governo ucraino: interposizioni, manifestazioni pubbliche di protesta contro l'occupazione, raduni non autorizzati in piazza, rimozione delle bandiere russe dagli edifici pubblici, graffiti sui muri, distribuzione di poster contro gli occupanti, e ancora pubblicazione di rapporti su stupri, torture, sparizioni e abusi, diffusione di notizie sui corridoi umanitari autorganizzati e sui posti di blocco, allestimento di rifugi... Il rapporto Icip, oltre a mostrare come le organizzazioni femminili abbiamo acquisito una crescente importanza, analizza con grande capacita' critica gli impatti, i limiti e le contraddizioni di quelle azioni. Scrive Bruna Bianchi: "Diffondere queste voci, tenere viva l'attenzione sulla resistenza civile, promuovere azioni contro il riarmo e la militarizzazione della societa', riflettere sui temi della pace non e' solo urgente, ma e' un progetto di sopravvivenza...".
*
All'inizio del conflitto in Ucraina, com'e' noto, gruppi di cittadini-e scesero spontaneamente per le vie fermando gli automezzi militari russi a mani nude, spostando i cartelli stradali per confondere i soldati, parlando con loro, protestando nelle piazze. Queste azioni posero in primo piano la questione dell'efficacia della resistenza nonviolenta nel fermare l'invasione e avviare un processo di pace, ma non furono sostenute dal governo del paese che, al contrario, ha risposto all'invasione con la resistenza armata, la coscrizione obbligatoria e gli insistenti appelli per l'invio di volontari e di armi.
Dopo quattordici mesi di un conflitto che ha causato centinaia di migliaia di morti da entrambe le parti e danni ambientali irreparabili, che ha distrutto intere citta' e regioni, costretto alla fuga milioni di persone, e di cui non si vede la fine, la questione dell'efficacia della resistenza civile nonviolenta, della sua capacita' di arrestare la spirale della violenza e' tornata al centro dell'attenzione. Ne sono un esempio l'interesse per le opere di Erica Chenoweth, una delle maggiori esperte di resistenza civile, di cui e' recentemente apparso in italiano il volume Come risolvere i conflitti. Senza armi, senza odio con la resistenza civile (Sonda, Milano 2023) e la pubblicazione nell'ottobre del 2022 del rapporto Ukrainian Nonviolent Resistance in the Face of War a cura di Felip Daza Sierra dell'International Catalan Institute for Peace. Recentemente tradotto in italiano a cura del Movimento Internazionale della Riconciliazione, il rapporto e' gia' stato illustrato a grandi linee, e tuttavia vale la pena di analizzarlo un po' piu' nel dettaglio per comprendere i caratteri, l'estensione e le criticita' delle azioni di resistenza civile nonviolenta nei primi cinque mesi di guerra.
La prima parte del rapporto e' dedicata al quadro concettuale di riferimento, alla definizione della nonviolenza come visione alternativa dell'etica, della politica, della sicurezza e delle relazioni sociali, un pensiero che individua nell'obbedienza il fondamento del potere e nella disobbedienza la forza capace di sovvertire le strutture oppressive, come gia' avevano teorizzato Etienne De La Boetie nel Discorso sulla servitu' volontaria (1576) e Henry David Thoreau in La disobbedienza civile (1848). I metodi della resistenza nonviolenta, si ribadisce in piu' passi del rapporto, sono inconciliabili con quelli della resistenza armata.
A differenza dell'azione violenta, la nonviolenza mira a influenzare, senza la minaccia o l'uso della violenza, le azioni, lo stato morale e psicologico dell'avversario, a cambiare la sua percezione del conflitto, a fraternizzare e a convincerlo a deporre le armi. L'efficacia dell'azione nonviolenta dipende dal mantenimento della sua dinamica e da non combinarsi con la violenza armata (p. 7).
Il secondo capitolo si sofferma sulla tradizione della resistenza nonviolenta in Ucraina nel corso di un secolo, in particolare a partire dal crollo dell'Unione Sovietica, "quando lo stato ucraino eredito' strutture di potere centralizzate, sfiducia sociale e un sistema di sicurezza abituato alla repressione". Ampio spazio e' dedicato al sondaggio condotto nel 2015 dall'Istituto Internazionale di sociologia di Kiev per conoscere gli orientamenti dei cittadini e delle cittadine rispetto all'adozione di metodi violenti o nonviolenti in caso di invasione o occupazione del paese. Il sondaggio rivelo' una decisa propensione della popolazione ucraina a ricorrere ad azioni nonviolente.
Infatti, nel corso degli anni il tessuto sociale e associativo ucraino ha sviluppato ampie capacita' di trasformazione dei conflitti e di difesa dei diritti umani, ma ha marginalizzato la riflessione sulla pace.
L'esperienza ucraina di resistenza civile nonviolenta si combina con vivaci comunita' di mediazione e di difesa dei diritti umani. I conflitti armati e le minacce alla sovranita' ucraina negli ultimi decenni hanno marginalizzato il discorso della costruzione della pace. Questa situazione ha portato alla trasformazione e al raggruppamento delle organizzazioni del settore in due aree principali: la difesa dei diritti umani e la promozione del dialogo nelle situazioni di conflitto. Secondo Tetiana Kyselova, docente all'Universita' nazionale Kyiv-Mohyla Academy, quest'ultimo gruppo e' composto da un lato, dalle "comunita' dei mediatori" [...] e dall'altro, dai "facilitatori del dialogo", composti da venti organizzazioni che si sono concentrate sullo sviluppo dei processi di dialogo nell'Ucraina orientale dopo il 2014 [...] mentre le forti organizzazioni per i diritti umani hanno svolto un lavoro fondamentale per lo sviluppo democratico del paese (p.13).
In questi processi, come ha dimostrato Tetiana Kyselova, esperta in mediazione e risoluzione dei conflitti, le organizzazioni femminili hanno acquisito una crescente importanza.
*
I caratteri
La parte centrale del rapporto e' dedicata all'analisi di 235 casi avvenuti tra febbraio e giugno 2022. Sulla base di 55 interviste e di un'ampia ricerca sulle risorse della rete, l'autore ha ricostruito i luoghi e le modalita' delle azioni di resistenza civile e ne ha valutato l'impatto. Nel primo periodo della guerra la resistenza civile si e' verificata al nord del paese e in seguito si e' concentrata al sud, mentre a Marjupol, Bucha e Irpin, dove sono stati perpetrati terribili massacri di civili, non si e' sviluppata.
L'inizio dell'invasione ha provocato una grande mobilitazione e organizzazione della comunita'. La stragrande maggioranza degli attori sociali ucraini, dalle organizzazioni per i diritti umani ai gruppi auto-organizzati che si erano sviluppati dopo Euromaidan, centri giovanili, parrocchie e semplici cittadini e cittadine, si sono organizzati per proteggere la popolazione e fermare l'avanzata delle truppe russe (p. 14).
La mobilitazione si e' sviluppata spontaneamente a livello locale, per lo piu' attraverso il canale Telegram - che in pochi giorni ha visto aumentare i suoi abbonati da 2.000 a 25.000 - e attraverso reti informali e relazioni di fiducia che, in qualche caso, come a Sumy, hanno coinvolto anche "amici e vicini" dei villaggi russi di confine. All'inizio della guerra, inoltre, il Servizio di volontariato ucraino ha mobilitato 120.000 giovani per gli aiuti umanitari.
La maggior parte delle azioni di resistenza e' avvenuta nel mese di marzo (131): interposizioni, manifestazioni pubbliche di protesta contro l'occupazione, raduni presso monumenti o altri luoghi simbolici dell'identita' ucraina, rimozione delle bandiere russe dagli edifici pubblici (148 nel complesso, di cui 96 nel mese di marzo). Di particolare rilievo la manifestazione svoltasi il 26 aprile a Slavutic, la citta' costruita per ospitare gli sfollati da Cernobyl', che ha costretto l'occupante a negoziare con la cittadinanza (p. 18).
Numerosi anche i casi di non collaborazione e di intervento nonviolento (87) guidate da insegnanti e dipendenti pubblici, da medici e altri lavoratori che sono culminati nelle dimissioni da consigli comunali, scuole e altre strutture pubbliche, nel rifiuto di accettare gli aiuti umanitari russi - che talvolta sono stati dati alle fiamme - o di pagare le tasse.
A partire da aprile molti attivisti hanno abbandonato il paese, i militari russi sono stati sostituiti da agenti di polizia specializzati nella repressione delle manifestazioni di massa, gli arresti sono aumentati e la resistenza si e' espressa in modi indiretti: disegni e graffiti sui muri, distribuzione di nastri blu e gialli, di volantini e poster derisori degli occupanti.
Come si evince dall'appendice in cui sono descritti i 235 casi, molte di queste proteste da aprile a giugno sono state organizzate dal gruppo "Nastro giallo" fondato a Kerson da un giovane di vent'anni. Taras, il nome fittizio del giovane, ha dichiarato in una recente intervista, che il gruppo puo' contare su migliaia di aderenti, tra cui numerose donne e ragazze. Privo di addestramento militare, Taras non aveva potuto unirsi ai partigiani ucraini e, sapendo che molti altri giovani non l'avrebbero fatto, ha iniziato a organizzare la protesta attraverso la rete. In breve tempo, mentre le stoffe di colore giallo e blu sparivano dalle abitazioni e dai negozi, i nastri colorati costellavano i centri cittadini e sugli edifici apparivano i simboli dell'esercito ucraino. Il 18 giugno il gruppo "Nastro giallo" ha organizzato una manifestazione virtuale. Il luogo della manifestazione e' stato ricostruito in forma digitale su Instagram: il viale centrale di Kerson, con tutti gli edifici, i parchi e gli incroci sono stati riprodotti metro dopo metro disegnando un percorso virtuale dove si sono radunati, sempre virtualmente, 36.000 manifestanti.
Dal canto loro, le organizzazioni per i diritti umani hanno seguito i casi di giornalisti, attivisti e autorita' locali rapite (163 nel maggio 2022) e il Centro per le liberta' civili ha sviluppato una piattaforma decentralizzata (Euromaidan SOS) con oltre 100.000 abbonati che ha diffuso informazioni sui corridoi umanitari e i posti di blocco. Nell'ambito dell'aiuto umanitario le donne hanno avuto un ruolo cruciale. Nina Potarska, coordinatrice della WILPF per l'Ucraina, ha affermato che le donne, grazie alla loro invisibilita' in guerra, sono state alla guida dell'evacuazione e della protezione della popolazione civile nelle zone di Karkiv, Zaporizzja e nel Donbass (p. 23). L'attivismo femminile, inoltre, e' stato cruciale nell'allestimento dei rifugi nelle aree ad alto rischio (n. 176) e nell'offrire assistenza psicologica alle donne e alle loro famiglie, come e' accaduto a Leopoli per iniziativa del "Centro per le prospettive delle donne" (caso n. 20).
Il prospetto in appendice raramente specifica il genere e l'eta' di coloro che hanno promosso o partecipato alle azioni di resistenza non violenta, ma possiamo ragionevolmente supporre che in molti casi le protagoniste siano state le donne, ad esempio quando le azioni di resistenza si sono svolte nei mercati (n. 102), o quando ai soldati russi e' stato offerto te', cibo e il telefono perche' potessero chiamare la famiglia (n. 29), o quando 109 carrozzine vuote sono state esposte a Leopoli il 18 marzo 2022 per denunciare i bambini uccisi in guerra (n. 115), o ancora quando le manifestazioni erano composte da "adulti e bambini" (n. 116).
Un altro campo in cui si e' dispiegata l'azione di decine di organizzazioni con una vasta esperienza nella difesa dei diritti umani e' stato quello del monitoraggio coordinato dei crimini di guerra. Il Centro per le Liberta' Civili, l'organizzazione per i diritti umani di Helsinki, il Gruppo per la protezione dei diritti umani di Karkiv hanno avviato l'iniziativa "Tribunale per Putin" al fine di raccogliere prove di stupri, torture, sparizioni e abusi, in particolare sui gruppi piu' vulnerabili. La rete civile OPORA ha creato una piattaforma per la denuncia in sicurezza dei crimini di guerra e una rete di uffici per la raccolta delle testimonianze dei rifugiati e delle rifugiate in Polonia.
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Gli impatti
Nel complesso nel nord del paese le azioni di resistenza civile hanno contribuito a frenare l'invasione, mentre nella parte meridionale del paese hanno smentito la versione russa della liberazione del popolo ucraino, protetto la popolazione civile, rafforzato le comunita' e i governi locali, indebolito la capacita' di mobilitazione dell'esercito russo, ostacolato il processo di istituzionalizzazione dell'occupazione.
Le azioni di non collaborazione sociale hanno impedito lo sviluppo di piani di assimilazione culturale, quelle di non collaborazione economica hanno intralciato la riscossione delle tasse e la costruzione di strutture per il rafforzamento delle posizioni difensive russe ai confini di Kerson e Zaporizzja.
Importante anche l'impatto sulle comunita'. Le reti di aiuto nelle localita' di occupazione hanno sostenuto la popolazione e i gruppi piu' vulnerabili; le azioni nonviolente di comunicazione (stampa, TV, radio, internet) hanno rafforzato la rete di comunita', prodotto contro-narrazioni basate sull'umorismo evitando la diffusione del panico. Graffiti, volantini, nastri gialli e blu hanno tenuto in vita la resistenza e il morale riducendo i pericoli della repressione per gli attivisti. Infatti, non bisogna dimenticare che tutte le azioni di resistenza hanno comportato gravi rischi e hanno richiesto coraggio e creativita'.
Nel complesso l'azione nonviolenta ha rafforzato la governance locale, migliorato il coordinamento tra autorita' locali e i cittadini e le cittadine, benche' sia mancato il sostegno delle autorita' a livello nazionale. Se da una parte le azioni di resistenza nonviolenta hanno dimostrato la loro efficacia nel contrastare l'invasione e l'occupazione, dall'altra hanno rivelato forti criticita', o sfide, come le definisce Felip Daza Sierra.
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Le sfide
Una delle sfide "piu' cruciali" delle azioni di resistenza nonviolenta e' stata l'interazione con la resistenza armata, una cooperazione promossa dalle autorita' ucraine per l'identificazione delle postazioni russe, "la costruzione di infrastrutture anticarro, l'hackeraggio delle infrastrutture digitali russe o azioni di sabotaggio di macchinari militari" (p. 25). La maggior parte delle persone intervistate ha dichiarato di non considerare in alcun modo problematica una tale collaborazione, indebolendo cosi' l'efficacia della resistenza nonviolenta che, si ribadisce nel rapporto, dipende dalla "separazione delle due strategie" (p. 26).
Caratteristica delle azioni di resistenza nonviolenta e' stata la tendenza ad evitare discorsi di pace. La stessa Tetiana Kyselova, da anni impegnata in progetti di promozione del dialogo e di costruzione di pace in Ucraina, il 3 agosto 2022 ha affermato nel corso di una intervista:
"Come mediatori, non vediamo come l'Ucraina possa risolvere questo conflitto esclusivamente attraverso mezzi politici. L'aggressione esterna e' stata riconosciuta dalla maggior parte dei paesi e c'e' chiaramente uno stato aggressore e uno stato che si difende. Cosi', al momento, e' di cruciale importanza sostenere l'Ucraina inviando armi. Anche noi, come costruttori di pace ucraini e mediatori, lo chiediamo".
Il dialogo con la Russia, continua Kyselova, dovra' essere affrontato con molta cautela.
La difesa armata da' all'Ucraina un enorme potere, ma e' un potere distruttivo. In questa situazione sedersi ad un tavolo di dialogo e' molto pericoloso e per molti impensabile.
Gia' nel maggio 2022 in una dichiarazione pubblica delle organizzazioni di mediazione e facilitazione del dialogo si poteva leggere: "Non possiamo condannare l'uso della forza quando questa e' richiesta per proteggere il paese e i suoi abitanti. Dobbiamo trovare approcci nuovi e creativi che prendano in considerazione questi fattori: l'uso della forza, cosi' come i mezzi nonviolenti di risoluzione dei conflitti" (p. 1).
Questa e' la situazione "paradossale", come la definisce Kyselova, in cui si trovano le organizzazioni e le reti che fino ad ora hanno avviato processi di risoluzione dei conflitti.
Un altro aspetto di criticita' riguarda la mancanza di una strategia sufficientemente articolata volta a influenzare lo stato morale e psicologico dell'avversario e a indurlo a cambiare la sua percezione del conflitto. I casi di fraternizzazione conosciuti sono stati solo due.
La maggior parte delle persone intervistate non prende in considerazione la possibilita' di avviare processi di dialogo con gli attori sociali russi per il momento. Secondo alcuni esperti consultati, c'e' una chiara debolezza nel comprendere le tendenze dell'opinione pubblica russa e questa mancanza di analisi impedisce di capire le lacune della propaganda russa e i movimenti dissidenti all'interno della Russia. L'intensificazione della resistenza civile nonviolenta oltre i confini ucraini sarebbe strategicamente fondamentale per intaccare i pilastri del potere del Cremlino e costringere le autorita' russe ad abbandonare la via armata per la risoluzione del conflitto politico con l'Ucraina e l'Occidente (p. 27).
Indebolisce l'efficacia della resistenza civile anche la mancanza di formazione delle persone che hanno partecipato ai programmi di difesa dei diritti umani, e in particolare il fatto che le reti di protezione non offrono sostegno degli obiettori di coscienza. Secondo quanto emerge da varie testimonianze, esistono pratiche di rifiuto di accoglienza nei rifugi dei giovani in eta' militare e attraverso le reti sociali si sono verificati veri e propri "attacchi nei confronti di giovani in eta' militare in aree ad alto rischio" (p. 28). Obiettori e disertori sono un "tabu' sociale" che comporta la stigmatizzazione e la criminalizzazione anche nelle reti di difesa dei diritti umani che, inoltre, nel monitoraggio dei crimini di guerra non includono quelli commessi dai soldati ucraini nei confronti dei prigionieri russi, di cui esistono le prove fin dalla fine di marzo 2022.
Infine, le diversita' di visioni e di aspettative tra le regioni occidentali e orientali dell'Ucraina permangono profonde e la polarizzazione regionale e' aumentata nel corso della guerra.
Il rapporto si conclude con raccomandazioni articolate in dieci punti rivolte alle agenzie, ai governi e agli attori della societa' civile ucraina e internazionale affinche' si impegnino nel sostegno della resistenza civile nonviolenta, rafforzando la resilienza delle comunita' e i sistemi di monitoraggio dei crimini di guerra, prevenendo conflitti tra le comunita' ospitanti e gli sfollati interni dalle regioni orientali, esplorando la possibilita' di regolamentare e sviluppare un sistema di difesa civile nonviolenta sull'esempio della Lituania, favorendo la ricostruzione sociale e politica sulla base dello sviluppo del governo locale e del decentramento e, non da ultimo, affermando l'obiezione di coscienza come diritto umano.
La negazione dell'aiuto agli obiettori, la collaborazione con le forze armate, l'assenza di un discorso di pace, il rifiuto del dialogo, e soprattutto l'adesione alla richiesta di armi da parte di coloro che per anni sono stati alla guida della promozione della pace e del dialogo, rendono ancora difficile definire queste azioni come azioni di resistenza nonviolenta; da quanto emerge dal rapporto esse sembrano configurarsi per lo piu' come azioni di mobilitazione civile contro l'occupazione. Per molti militanti, infatti, il confine tra resistenza armata e resistenza nonviolenta e' labile. Anche Ivan, un giovane che come Taras e' un attivista nel gruppo "Nastro giallo", spera nel giorno in cui portera' la bandiera ucraina nella piazza principale di Kerson e celebrera' l'evento al fianco dei militari.
In una societa' fortemente traumatizzata come quella ucraina e lacerata da antichi conflitti, parlare di pace per chi ha vissuto e assistito a distruzioni e brutalita' inaudite resta molto difficile, eppure in Ucraina, come in Russia e in Bielorussia, c'e' chi continua a levare la sua voce per la pace e la nonviolenza. Diffondere queste voci, tenere viva l'attenzione sulla resistenza civile, promuovere azioni contro il riarmo e la militarizzazione della societa', riflettere sui temi della pace non e' solo urgente, ma e' un progetto di sopravvivenza.
2. RIFLESSIONE. ANNAMARIA RIVERA: "PRODURRE CARNE"
[Dal sito "Comune-info" riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo del 25 maggio 2023]
Le vacche "da latte" sono destinate a vivere di solito 5 anni, prima di venire abbattute. Se non venissero sottoposte alle "superiori" necessita' della produzione, arriverebbero a viverne bene fino a 20. Le industrie di sfruttamento dei non-umani, non parlano piu' da tempo soltanto di riproduzione bensi' di produzione dell'animale. Un animale che, per essere consumato, non deve essere considerato "vero" - come dice alla mamma, con illuminante semplicita', il bambino Luiz nel video che mostriamo qui sotto [nel sito di "Comune-info" - ndr] - altrimenti quando lo mangiamo morirebbe. E' cosi' che si innesca il concetto di reificazione che ci induce a ridurre la vita di soggetti diversi da "noi" a oggetti inerti e poi a merci. In questo nuovo articolo, Annamaria Rivera parte dalla riduzione degli animali a cose per sviluppare, con il consueto rigore e da diverse prospettive, la ben nota critica alla negazione dell'altro-da-se' legata al dominio sulla natura, per dirla con Adorno, e alla mercificazione di massa che segna in profondita' gli allevamenti intensivi e i mattatoi automatizzati propri delle societa' industriali-capitalistiche. Se le ragioni della propensione a cibarsi di "carne" vanno ricercate soprattutto sul versante del mercato e degli interessi dell'industria zootecnica, aggiunge pero' Annamaria, non va trascurata l'importanza della ragione simbolica. Fino a quando ci saranno macelli, avremo anche campi di battaglia, pare dicesse Tolstoj, che considerava l'associazione tra carne e guerra un inesorabile automatismo della storia.
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Per affrontare, sia pur sinteticamente, un tema come quello che propongo, penso convenga esordire con il concetto di reificazione. In estrema sintesi, si puo' dire che essa e' una postura, una disposizione, una pratica sociale routinaria che induce a trattare soggetti diversi dal noi non gia' in modo conforme alle loro qualita' di esseri sensibili, ma come oggetti inerti o perfino come cose o merci.
Un'altra linea di pensiero che ho cercato di rendere operante e' quella che banalmente potrebbe definirsi animalista: e', in realta', una riflessione sulla continuita' dei processi di dominazione e di reificazione. La dialettica negativa proposta da Theodor W. Adorno, secondo il quale il se' dell'umano si produce per mezzo dell'attiva negazione dell'altro-da-se', legata al dominio sulla natura, non riguarda solo il rapporto uomini/donne e noi/altri, ma anche quello umani/animali.
Nel caso degli animali la mercificazione e' davvero totale, al punto che le industrie di sfruttamento dei non-umani, "non parlano piu' soltanto di riproduzione bensi' di produzione dell'animale: come se gli animali fossero solo materiale corporeo che e' compito del lavoro umano formare, strumentalizzare e riprodurre", nonche' uccidere (Melanie Bujok, 2008, Materialita' corporea, 'materiale-corpo'. Pensieri sull'appropriazione del corpo di animali e donne).
Se abshlachten ("macellare") era il verbo usato dagli esecutori nazisti per nominare il massacro dei prigionieri nei lager, programmato e attuato secondo una rigorosa logica industriale, oggi allevare, torturare e macellare animali si dice "produrre della carne".
Per sovvertire questo modello occorre anzitutto mostrarne la parzialita': per quanto si sia diffuso in aree disparate, esso e' nato da una piccola frazione di pensiero filosofico - l'occidentale-moderno - che tende a pensare secondo polarita' contrapposte il rapporto fra natura e cultura, che separa, culturalmente e moralmente, gli umani dai non-umani, che istituisce una frattura insanabile fra soggetti umani e oggetti animali, negando a questi ultimi la qualita' di soggetti, per l'appunto, dotati di sensibilita', biografie, mondi, culture, storie.
Questa frazione di pensiero ha prodotto un'ontologia del tutto particolare, che, a sua volta, ha generato una cosmologia e un'etica fra le tante. Per coglierne appieno l'arbitrarieta', la peculiarita', dunque la non-universalita', basta considerare che questo modello dualistico e' privo di senso per buona parte delle tradizioni culturali non-occidentali. Delle quali numerose hanno fatto giusto della continuita' fra i viventi il paradigma costitutivo delle proprie ontologie e cosmologie.
La reificazione dei non-umani e' divenuta mercificazione massiva con gli allevamenti intensivi e i mattatoi automatizzati, propri delle societa' industriali-capitalistiche: strutture concentrazionarie, si potrebbe dire, che, favorendo il "salto di specie", rappresentano, fra l'altro, una delle cause che hanno provocato la pandemia piu' recente, al pari di non poche altre precedenti.
Basta citare la Sars ("Sindrome respiratoria acuta grave"), che si diffuse tra il 2002 e il 2003, ugualmente provocata da un coronavirus. Ma conviene tener conto del fatto che di origine zoonotica sono anche l'Ebola, l'Aids, l'influenza aviaria.
Tutto cio' e' dialetticamente connesso con i processi, rapidi e sempre piu' dilaganti, di deforestazione, urbanizzazione, industrializzazione, anche dell'agricoltura, che sottraggono progressive porzioni di habitat agli animali detti selvatici. I quali, se mai sopravvivono, non possono che approssimarsi agli insediamenti umani e quindi anche agli animali detti "da allevamento", tra i piu' vulnerabili poiche' immunologicamente depressi a causa delle condizioni e del trattamento estremi cui sono sottoposti: fra l'altro, la somministrazione di dosi abnormi di antibiotici, per non dire delle pratiche di autentica tortura.
In Homo sapiens e mucca pazza. Antropologia del rapporto con il mondo animale, un volume collettaneo, da me curato, pubblicato dalla casa editrice Dedalo nel lontano 2000, eppure tragicamente attuale, scrivevo, tra l'altro, che chi acquista, per esempio, "carne di vitello ignora o vuole ignorare che la chiarezza di quella chair divenuta viande e' ottenuta costringendo il cucciolo di bovino a vivere la sua breve vita nell'immobilita' assoluta, imbottito di ogni genere di farmaci che ne invecchiano rapidamente gli organi, nonche' imprigionato in spazi angusti e bui".
Quel volume, cui parteciparono, oltre me, Mondher Kilani, Roberto Marchesini, Luisella Battaglia, era, soprattutto nel caso del mio contributo, in buona parte ispirato dal grande antropologo Philippe Descola (Oltre natura e cultura, Raffaello Cortina, 2021), anche se non vi mancavano espliciti riferimenti ad altri/e studiosi/e importanti quale Jacques Derrida (L'animale che dunque sono, Rusconi 2021).
Se le ragioni della propensione a cibarsi di "carne" vanno ricercate soprattutto sul versante del mercato e degli interessi dell'industria zootecnica, non va trascurata l'importanza della ragione simbolica: gia' nel 1992, Derrida in Points de suspension (Galilee, 1992) aveva delineato la figura di una soggettivita' "carneo-fallogocentrica", propria del soggetto maschile, detentore del logos e, per l'appunto, carnivoro. Si aggiunga la crudele manipolazione di viventi che si compie con gli esperimenti di transgenesi, clonazione e cosi' via.
Con gli animali-laboratorio, il ciclo maledetto tocca il culmine. Sicche' non e' troppo azzardata l'analogia con le pratiche naziste di riduzione di corpi umani a manichini, strumenti, cavie per la realizzazione di atroci esperimenti detti "scientifici".
La reificazione dei non-umani e' divenuta mercificazione massiva con gli allevamenti intensivi e i mattatoi automatizzati, propri delle societa' industriali-capitalistiche: strutture concentrazionarie che, favorendo il "salto di specie”, rappresentano una delle cause che hanno provocato la pandemia attuale, al pari di non poche altre precedenti. Basta citare la Sars ("Sindrome respiratoria acuta grave"), che si diffuse tra il 2002 e il 2003, ugualmente provocata da un coronavirus.
E tuttavia, in piena crisi pandemica, quella piu' recente, allorche' la consapevolezza della centralita' del tema del nostro rapporto perverso con gli ecosistemi e con i non-umani avrebbe dovuto essere largamente condivisa, tanto piu' da dotti, proprio allora qualcuno di loro si lasciava andare ad affermazioni sconcertanti. Alludo al virologo Roberto Burioni, il quale, in tv, si augurava che anche "i nostri amici a quattro zampe" potessero contrarre il Covid-19 perche' questo "ci permettera' di avere un notevole vantaggio nella sperimentazione dei vaccini".
Eppure e' ben noto che il modello degli esperimenti su non-umani, oltre che eticamente inaccettabile, e' ormai cosi' costoso e sorpassato da rendere assai improbabile la realizzazione di farmaci e vaccini efficaci. Tutto cio' non riguarda solo il destino dei non-umani. Un'ideologia e pratiche analoghe guidano la sacrificabilita' selettiva degli umani, i piu' vulnerabili, esposti, precari e/o alterizzati, come abbiamo constatato anche nel corso della recente pandemia.
E' da quasi un trentennio, cioe' da quando ho iniziato a integrare nelle mie ricerche, conseguentemente in saggi e articoli, quella che viene detta impropriamente "la questione animale" (o dei "non-umani"), che il pensiero e le opere di Philippe Descola mi sono diventati indispensabili, tanto da citarlo assai frequentemente: estremamente utili, l'uno e le altre, a mostrare - come egli stesso scrive in Oltre natura e cultura (Raffaello Cortina, 2021) - che la "contrapposizione tra natura e cultura non possiede il carattere universale che siamo soliti attribuirle".
"Per portare a buon fine tale impresa" - egli aggiungeva - e' necessario che la stessa "antropologia si liberi del proprio dualismo costitutivo e diventi pienamente monista".
Tra l'altro, e' anche grazie alle sue ricerche e al suo pensiero che ho trovato il coraggio di condurre una piu' che decennale ricerca di campo a Essaouira: una cittadina del Sud-Ovest del Marocco, esemplare per la sua storia di mixite', in particolare per la lunga coabitazione tra arabo-musulmani ed ebrei, per non dire di altre minoranze, ma anche per la densa, profonda convivenza tra umani e alcune categorie di non-umani.
La mia e' una ricerca - come dicevo - ispirata da quella che oggi viene detta, un po' impropriamente, "etnografia multispecie", che poi, nel mio caso, si e' concretizzata in un saggio, pubblicato da Dedalo nel 2016: La citta' dei gatti. Antropologia animalista di Essaouira.
In tale saggio assume un ruolo rilevante il tema della convivialita' interspecifica: con gatti, gabbiani e perfino cani. Dico "perfino" perche' per lungo tempo questi ultimi sono stati considerati, da parte musulmana, come esseri impuri, com'e' ben noto. Va precisato, tuttavia, che una tale distinzione fra animali puri e impuri non e' affatto peculiare del solo mondo musulmano. E comunque attualmente, a Essaouira, in particolare, anche i cani sono accolti, protetti e integrati nel mondo degli umani.
V'e' un altro aspetto che conviene sottolineare: a Essaouira a prendersi cura di animali liberi quali gabbiani, gatti e perfino cani sono anche, se non soprattutto, le persone piu' diseredate, le quali praticano una comune etica della compassione e della solidarieta', estesa oltre la "specie" umana. Esse, concedendosi il "lusso" del senso e del dono, dell'affettivita' e della cura piu' gratuite, si sottraggono alla ragione economica e utilitaria che le ha condannate. E in tal modo spezzano la catena dell'obbligata dipendenza dal bisogno a cui la societa' le ha legate e le immagina schiave.
Ancora a proposito della convivialita' interspecifica, conviene aggiungere che essa e' stata per me non solo oggetto di osservazione, ma anche e soprattutto vissuto personale relazionale: diretto e duraturo. Infatti, secondo la mia esperienza di campo, l'agency animale, se non permette di collocare il non-umano nel ruolo classico dell'"informatore", lo posiziona comunque in quello di attore e testimone di un contesto che favorisce incontri, relazioni, perfino lunghe amicizie transpecifiche. Tutto cio' ho potuto sperimentarlo personalmente, soprattutto con alcuni gabbiani e gatti, ai quali da non pochi anni mi lega un'amicizia fedele e costante.
Per concludere con l'ennesima citazione da Descola: "Molte delle cosiddette societa' primitive (...) non hanno mai pensato che le frontiere dell'umanita' si arrestassero alle porte della specie umana, ne' esitano a invitare nell'insieme della vita sociale le piante piu' modeste, gli animali piu' insignificanti".
3. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]
3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
*
ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/
4. APPELLI. RACCOLTA FONDI PER AIUTARE LA BIBLIOTECA LIBERTARIA "ARMANDO BORGHI" A FARE FRONTE AI DANNI SUBITI A CAUSA DELL'ALLUVIONE DEL 16 E 17 MAGGIO 2023
[Dalla Biblioteca Libertaria "Armando Borghi" (e-mail: bibliotecaborghi1916 at gmail.com) riceviamo e diffondiamo con viva solidarieta']
Le inondazioni che il 16 e 17 maggio 2023 hanno colpito molte localita' dell'Emilia Romagna, compresa Castel Bolognese, hanno provocato enormi danni alla Biblioteca Libertaria "Armando Borghi" (in sigla: BLAB).
In questo momento particolarmente difficile della sua vita la BLAB fa appello a tutti coloro che apprezzano la sua attivita'.
Per far fronte ai danni subìti e ripartire serviranno molto lavoro e molti soldi.
Se volete aiutarci a superare questo momento di notevole difficolta', potete inviare un contributo economico fin da ora.
Anche somme modeste possono servire.
Con il vostro aiuto, tutti insieme, ce la possiamo fare.
Per inviare le sottoscrizioni si puo' effettuare un bonifico al conto corrente bancario della BLAB, presso CREDIT AGRICOLE - Agenzia di Castel Bolognese. Il codice IBAN, intestato a Biblioteca Libertaria Armando Borghi - Soc. Coop. e': IT16 C 06230 67530 000030040805
5. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
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Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
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Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.
6. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE
Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it
7. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
8. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 152 del primo giugno 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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