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[Nonviolenza] Donna. vita. liberta'. 143
- Subject: [Nonviolenza] Donna. vita. liberta'. 143
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Tue, 23 May 2023 05:50:42 +0200
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 143 del 23 maggio 2023
In questo numero:
1. Solo la nonviolenza
2. Quid agendum hic et nunc: opporsi alla guerra (e alle stragi e all'ecocidio di cui consiste) con l'azione diretta nonviolenta. Un appello a chi ha orecchie per intendere
3. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
4. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
5. Laila Simoncelli intervista Pasquale Pugliese sulla campagna per il Ministero della Pace
6. Annalisa Ambrosio: Hannah Arendt e quel che sembriamo
7. Alcuni riferimenti utili
8. Tre tesi
9. Ripetiamo ancora una volta...
10. "Poetry Foundation": Profilo di Sara Littlecrow-Russell
11. "Poetry Foundation": Profilo di Layli Long Soldier
12. "Poetry Foundation": Profilo di Denise Low
13. "Poetry Foundation": Profilo di Janet McAdams
1. L'ORA. SOLO LA NONVIOLENZA
Solo la nonviolenza contrasta la guerra e il fascismo.
Solo la nonviolenza salva tutte le vite.
2. REPETITA IUVANT. QUID AGENDUM HIC ET NUNC: OPPORSI ALLA GUERRA (E ALLE STRAGI E ALL'ECOCIDIO DI CUI CONSISTE) CON L'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA. UN APPELLO A CHI HA ORECCHIE PER INTENDERE
La guerra scatenata oltre un anno fa dal folle e criminale autocrate russo contro la popolazione ucraina inerme continua a mietere vittime innocenti.
E continua a provocare nel cuore d'Europa una catastrofe ambientale di proporzioni colossali, di cui pressoche' tutti i mezzi d'informazione tacciono.
E ogni giorno che passa avvicina il pericolo del suo evolvere nella guerra atomica che puo' porre fine alla civilta' umana e devastare irreversibilmente quest'unico mondo vivente che conosciamo.
L'intera umana famiglia dovrebbe prendere coscienza dell'immane tragedia e dell'abissale minaccia, e quindi agire per far cessare immediatamente la guerra imponendo la fine delle ostilita' e l'avvio di negoziati di pace a tutti i governi impazziti e scellerati che assurdamente la guerra alimentano.
*
Mentre la parte migliore della popolazione russa continua ad opporsi alla guerra e al fascismo subendo da parte del regime una repressione brutale; e mentre la parte migliore della popolazione ucraina continua a resistere con la scelta della solidarieta' e della nonviolenza all'invasione e alla barbarie, alla guerra e al militarismo, adoperandosi per salvare le vite e difendendo la democrazia e i diritti umani nell'unico modo in cui e' possibile farlo, cioe' opponendosi alle uccisioni, alla militarizzazione e alla tirannia che ne consegue; tragicamente la parte migliore delle popolazioni degli altri paesi europei non riesce o non vuole o non sa contrastare la follia guerriera e riarmista, l'imbarbarimento e la fame di universale annientamento dei propri governi che invece di adoperarsi per la pace continuano ciecamente a fare di tutto affinche' la guerra, e le stragi, e l'ecocidio, continuino, si accrescano, si estendano oltre ogni limite.
La maggior parte delle molte iniziative per la pace che pure si sono svolte in questi mesi di guerra nei paesi dell'Unione Europea hanno avuto come implicito ma effettuale denominatore comune - e mi si stringe il cuore a dirlo - di "non disturbare il manovratore", ovvero di non mettere in reali difficolta' il governo golpista della banalita' del male che con l'invio di armi e la supina obbedienza alla Nato - l'organizzazione terrorista e stragista le cui criminali responsabilita' nell'alimentare la guerra in Europa sono flagranti - ha reso l'Italia compartecipe della guerra e quindi delle stragi di esseri umani e dell'ecocidio in corso in Ucraina, in flagrante violazione dell'articolo 11 della Costituzione repubblicana, articolo che si apre con parole di inequivocabile chiarezza: "L'Italia ripudia la guerra".
Invece disturbare il manovratore occorreva ed occorre; contrastare il governo belligeno e golpista occorreva ed occorre; bloccare l'illegale e criminale invio delle armi assassine occorreva ed occorre; contrastare l'azione scellerata della Nato occorreva ed occorre. Ma questo non e' stato fatto, e tante belle iniziative tanto spettacolari quanto ininfluenti, cosi' come le non molte benemerite e fin luminose azioni di solidarieta' concreta con le vittime che pure per fortuna ci sono state e sempre siano benedette, non bastano ad occultare questa dura realta'.
Eppure e' chiaro e semplice cio' che occorre fare: contrastare materialmente l'illegale e criminale partecipazione italiana alla guerra; contrastarla con l'azione diretta nonviolenta.
Occorre bloccare le fabbriche d'armi: circondandole e occludendone gli ingressi impedendo loro di produrre altri strumenti di morte.
Occorre bloccare i trasporti di armi: occupando e paralizzando i luoghi in cui transitano gli strumenti di morte.
Occorre bloccare le strutture militari: circondandole e occludendone gli ingressi impedendo loro di proseguire in ogni attivita' di preparazione e a sostegno della guerra.
Occorre bloccare le sedi e strutture in Italia della Nato come delle forze armate degli Stati Uniti d'America: circondandole e occludendone gli ingressi cosi' impedendo loro di continuare la guerra di cui sono palesemente "magna pars".
Occorre bloccare la Presidenza del Consiglio dei Ministri e i Ministeri coinvolti nella guerra: circondandoli e occludendone gli ingressi impedendo loro di proseguire nell'illegale sostegno alla guerra e alle stragi e all'ecocidio in corso in Ucraina, impedendo loro di proseguire nella flagrante violazione della Costituzione della Repubblica italiana cui pure tutti i membri del governo hanno giurato fedelta'.
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Beninteso: occorre anche continuare a dire e a fare le tante cose buone che gia' si dicono e si fanno, ed occorre sostenere le molte iniziative di pace nuove o reiterate in corso e in programma da parte di soggetti diversi, quali che siano i loro limiti e le loro fragilita', a condizione che siano iniziative rigorosamente per la pace e rigorosamente democratiche sia nel merito che nel metodo, ovvero orientate a salvare tutte le vite e realizzate in forme rigorosamente nonviolente.
Ripetiamo ancora una volta che si deve continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime; che si deve continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime; che si deve continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato; che si deve continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi e le devastazioni di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre; che si deve continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente; che si deve continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani; che si deve continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino; che si deve continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
Ma se non si passa all'azione diretta nonviolenta tutte queste cose non riusciranno a fermare la guerra. Solo l'azione diretta nonviolenta puo' riuscire ad avviare dal basso l'agire necessario, le decisioni indispensabili: la cessazione delle uccisioni, la costruzione della pace, la solidarieta' che ogni essere umano riconosce e raggiunge e difende e sostiene e conforta, la condivisione fra tutte e tutti di tutto il bene e tutti i beni, il rispetto per ogni vita.
Occorre proporre, iniziare, praticare e poi generalizzare l'azione diretta nonviolenta: cominciando con la forza preziosa dei piccoli gruppi delle persone gia' persuase della nonviolenza - le persone che Gandhi chiamava "satyagrahi", le persone persuase della "forza della verita'" - e poi con la forza dell'esempio, della testimonianza che educa al bene, della lotta nonviolenta concreta e coerente, allargare progressivamente la mobilitazione fino allo sciopero generale contro la guerra, se sara' necessario arrivare fino allo sciopero generale per imporre allo stolto e criminale governo italiano di tornare a rispettare non solo l'articolo 11 della Costituzione repubblicana, ma il diritto alla vita di ogni essere umano.
Poi, naturalmente, anche tutto cio' potrebbe non bastare; ma occorre almeno averlo detto, occorre almeno averlo tentato.
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Le circostanze particolari in cui vivo da anni mi impediscono di essere io stesso ad organizzare le azioni dirette nonviolente che mi sembrano possibili e necessarie (e che ho sommariamente elencato sopra); l'ho fatto piu' volte in passato, ma ora mi e' obiettivamente impossibile, e non e' l'ultimo dei miei crucci.
Cosicche', non potendo fare qui e adesso di piu' e di meglio, almeno ho voluto dirle queste cose, sperando che qualcuno le ascolti. E sapendo che questo mio scritto che invita ad opporsi alla guerra, alle stragi e all'ecocidio di cui essa consiste, che invita a contrastare i mercanti di morte e la fabbrica degli omicidi, che invita a difendere il diritto alla vita di ogni vivente, ebbene, e' possibile che venga tacciato dal governo belligeno e golpista e dal solerte suo apparato propagandistico di "istigazione a delinquere", mentre a me sembra che sia piuttosto una esortazione a non delinquere, poiche' dal modesto mio punto di vista - ma anche dal punto di vista della Costituzione repubblicana - a delinquere e' piuttosto chi fa e sostiene la guerra, chi uccide, fa uccidere, fornisce gli strumenti per uccidere, coopera a uccidere e lascia uccidere gli esseri umani, chi devasta e distrugge parti sempre crescenti di quest'unico mondo vivente, di quest'unica casa comune dell'intera umana famiglia.
Dixi, sed non salvavi animam meam.
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Ogni vittima ha il volto di Abele.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe in corso.
3. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?
Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
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Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
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E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
4. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]
3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
*
ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/
5. INIZIATIVE. LAILA SIMONCELLI INTERVISTA PASQUALE PUGLIESE SULLA CAMPAGNA PER IL MINISTERO DELLA PACE
[Riceviamo e diffondiamo la seguente intervista dal titolo originale "Un'utopia concreta a cui dare gambe solide. Intervista sulla campagna per il Ministero della Pace"]
Lo scorso 6 maggio si e' svolto a Bologna il seminario nazionale a cura della campagna per il "Ministero della pace", al quale ha partecipato Pasquale Pugliese in rappresentanza del Movimento Nonviolento e di Rete Italiana Pace e Disarmo. Ecco un'intervista sul tema, a cura di Laila Simoncelli, pubblicata su Sempre news.
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A Bologna il 6 maggio scorso, si e' riflettuto sul Ministero della pace per ripensare i paradigmi istituzionali.
- Laila Simoncelli: Quale ruolo e funzioni rispetto al disarmo dovrebbe avere questo nuovo Ministero?
- Pasquale Pugliese: In questa fase - nella quale lo stesso ministero della "difesa" si caratterizza sempre di piu' come ministero della "guerra" - piu' che sulle funzioni del Ministero della Pace, sarebbe necessario ragionare sui mezzi per realizzarlo, e autenticamente, come fine. Credo sia necessario lavorare contemporaneamente, sui mezzi e sul fine, per costruire una cultura politica di pace, fondata sulla nonviolenza e il disarmo, che abbia come esito anche il riconoscimento istituzione di un ministero ad essa dedicato; politiche portate avanti oggi dal basso, attraverso forme di lotta e di impegno nonviolento delle relative campagne, affinche' diventino domani autentiche politiche di pace dei governi del nostro paese. Ossia coniugare "pacifismo giuridico" e "pacifismo strumentale", secondo la distinzione proposta da Norberto Bobbio. In questo senso il fine del ministero della pace - e quindi di istituzioni autenticamente pacifiste, secondo lo spirito e la lettera della Costituzione - dovrebbe essere conseguente (e coerente) all'impostazione di politiche attive di pace, cioe' di disarmo e riconversione sociale delle spese militari, di riconversione civile dell'industria bellica e adesione al Trattato per la messa al bando delle ami nucleari, di costruzione della difesa civile non armata e nonviolenta e dei corpi civili di pace. Sul tema delle risorse sulle quali dovra' e potra' contare il futuro ministero, a mio avviso, sono da spostare dalle risorse risparmiate attraverso i processi di disarmo e di drastico taglio alle spese militari.
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- Laila Simoncelli: Gli osservatori e costruttori di Pace della società civile (Opal, Iriad, RIPD) quale ruolo potrebbero giocare con un dipartimento ministeriale per il Disarmo e la riconversione dell'industria bellica nell'organigramma del Ministero della Pace?
- Pasquale Pugliese: In questo senso, il ruolo della societa' civile organizzata e delle sue reti svolge un ruolo fondamentale e gia' ora - perche' le campagne condotte contribuiscono a costruire quella cultura politica diffusa che possa rendere anche il Ministero della pace "socialmente desiderabile" - per dirla con Alex Langer - oltre che utile e funzionale alle politiche attive e continuative di pace. Rispetto ad una futura organizzazione del ministero, oggi posso immaginare l'istituzione di un Tavolo permanente di consultazione e controllo, a cui parteciperebbero le reti, sul processo di disarmo e di riconversione civile dell'industria bellica - in stretta connessione e raccordo con i ministeri della difesa e dello sviluppo economico - all'interno di un governo che finalmente abbia l'impegno per la pace, con mezzi pacifici, tra le proprie priorita' politiche e istituzionali.
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- Laila Simoncelli: Quali pensa possano essere le gambe su cui fare avanzare e rendere desiderabile alla Politica e alla societa' civile il progetto del Ministero della Pace?
- Pasquale Pugliese: Questo, al momento, e' il tema fondamentale sul quale, a mio avviso, e' necessario concentrare gli sforzi: dare gambe solide e lungimiranti alla proposta. Si tratta di organizzare una campagna culturale e politica nazionale e territoriale, (con un comitato, una segreteria...) che - in stretto collegamento e coordinamento con le altre campagne pacifiste, disarmiste e nonviolente in corso - faccia i passaggi necessari per costruire, nel tempo, le premesse per realizzare l'"utopia concreta" (Langer) del Ministero della pace, oltre ad uno strumento, giuridicamente cogente ed efficace, per raccogliere il sostegno popolare al progetto. Tutto questo, naturalmente, necessita di risorse economiche e dovrebbe essere anche organizzata la raccolta fondi.
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- Laila Simoncelli: In prospettiva dove collocare l'"altra difesa possibile" tra le azioni di un Ministero della Pace?
- Pasquale Pugliese: La campagna "Un'altra difesa e' possibile" per l'istituzione e il finanziamento del Dipartimento per la difesa civile, non armata e nonviolenta, e' stata lanciata ormai tre legislature orsono, dalle reti per il disarmo, la nonviolenza e il servizio civile, ed e' in fase di ripartenza nella nuova legislatura attraverso la forma della proposta di legge di iniziativa popolare. Si tratta del disegno di un organismo, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri finanziato sia attraverso uno spostamento strutturale di risorse dal Ministero della difesa che attraverso la forma dell'opzione fiscale dei cittadini, in sede di dichiarazione dei redditi. La raccolta delle firme, necessarie per presentare la proposta di legge di iniziativa popolare, avviata nel 2014, ha avuto l'importante effetto collaterale di aprire sul piano nazionale e territoriale un ampio dialogo volto all'apertura del concetto di difesa della patria, oltre la difesa armata, alla difesa dei diritti e della sicurezza dei cittadini, secondo gli articoli 11 e 52 della Costituzione. Le finalita' delle due campagne sono complementari; occorre raccordarsi gia' in questa fase di impegno costruttivo, attraverso percorsi che si rinforzino reciprocamente, insieme alle rispettive reti civili di supporto. Il Dipartimento per la difesa civile non armata e nonviolenta ad esempio puo' configurarsi come obiettivo intermedio per poter raggiungere, un giorno, anche l'obiettivo piu' ambizioso del Ministero della pace.
6. LIBRI. ANNALISA AMBROSIO: HANNAH ARENDT E QUEL cHE SEMBRIAMO
[Dal sito della "Libreria delle donne" di Milano riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo originariamente apparso su "Doppiozero" il 9 maggio 2023]
Ci sono vite che vengono raccontate piu' spesso di altre e quella di Hannah Arendt e' certamente tra queste. Forse il suo personaggio letterario e' cosi' interessante perche' e' polifonico e attraversa i generi in maniera libera e anticonvenzionale: europea naturalizzata americana, filosofa che finisce per passare alla storia come reporter, in pochi anni allieva prediletta di Martin Heidegger e pure di Karl Jaspers, e' intellettuale e due volte moglie, ha svariate lingue all'attivo e amici famosi sparsi in tutto il mondo. Come materiale e' piuttosto ghiotto per desiderare di scriverne, ma anche un ginepraio dal punto di vista storiografico, perche' la sua esistenza interseca di continuo la Storia, e di lei si potrebbe dire senza troppa esitazione che - talvolta suo malgrado - si trovava la' dove le cose accadevano e, quando non capitava, prendeva un aereo per andarci. Cosi', infine, se il romanzo di Hildegard E. Keller racconta di nuovo Hannah, il compito principale di ogni recensore e' quello di chiedersi che cosa c'era da aggiungere ancora e qual e' la qualita' essenziale di questo racconto.
Prima di rispondere alla domanda, meglio spiegare brevemente com'e' fatto il libro di 508 pagine, che e' uscito da poco per Guanda. Intanto si parte dalla fine, perche' il primo capitolo prende il titolo di L'ultima estate (trad. di Silvia Albesano), e si ambienta in effetti durante il viaggio per Tegna, meta svizzera della residenza estiva di Hannah Arendt, che poi e' morta lo stesso anno a New York di un attacco cardiaco. Da qui, dall'ultimo anno di vita, si saltabecca nel passato e di nuovo nel futuro in un grande slalom che va da Manhattan a Colonia, da Berkeley a Gerusalemme e cosi' via. Nonostante la mobilita' sia spaziale sia temporale, il perno del romanzo resta l'estate svizzera, e questo non e' un dettaglio da poco perche' conferisce alla biografia una specie di stadio parallelo, di tempo non tempo, di calma, di lentezza particolare, come se paradossalmente il punto migliore dal quale osservare una vita come quella di Arendt non fosse il lavoro o l'opera, il segno che ha lasciato nel mondo, la vita activa, ma semmai il suo respiro intimo, il ritiro, la solitudine matura. In fin dei conti e' in questo spazio non congestionato dal calendario o dalla corsa del mondo, contemplativo, che un intellettuale si mostra come tale di fronte a se' stesso, cioe' sceglie liberamente di dedicare le sue ore a pensare, perche' cosi' si sente in vita, o sereno, al riparo dai colpi della fortuna. Oltre a non fare del romanzo un thriller, una simile impostazione scelta da Keller ha significato per lei affrontare una difficolta' tecnica spaventosa: non e' semplice rappresentare l'affioramento del pensiero, spingersi a mostrare come ha pensato una persona realmente esistita, e farlo non tanto ripercorrendo il suo ragionamento, quanto invece simulando quel che capita quando flash, intuizioni, considerazioni nuove sorgono negli attimi di pausa, si affacciano da una balaustra apparentemente vuota.
Qui siamo di nuovo a Tegna, e' il primo agosto del 1975: "Alle sue spalle sentiva le auto che sfrecciavano sul ponte e una sorta di crepitio proveniente da Tegna, come fuochi d'artificio. Si riscosse, si sporse in avanti con cautela e aspiro' a pieni polmoni la frescura che saliva verso di lei dall'orrido gorgogliante. I fiumi sono fondamentali, cari fiumi. E' davvero un grande mistero come un piccolo torrente di montagna possa trasformarsi nel Colorado River. Senza fiumi la terra sarebbe perduta, ma l'orrido della Maggia e' davvero unico. Nella sua ultima estate li', anche Heinrich aveva sgranato gli occhi, quando si era trovato accanto a lei su quel ponte". Non e' che un esempio di come Keller, che ora insegna storytelling all'Universita' di Zurigo, ha scelto di procedere e di gestire il palcoscenico.
Hannah guarda il panorama della valle e la sua meraviglia arriva dai sensi, pensare a tutti i fiumi del mondo e' un bisogno che fa tutt'uno col respiro, ma tutti i fiumi del mondo con le loro ragioni si fondono fino a ritornare a coincidere con quell'unica visione dell'orrido davanti ai suoi occhi, perche' qualcosa di piu' carsico affiora, ed e' il ricordo di Heinrich. Oltre a essere ragionevolmente credibile e autentica, questa ricostruzione dell'andamento del pensiero ha il vantaggio, per l'autrice, di fare risvegliare visioni nelle visioni, ricordi nei ricordi. Al passato piu' lontano o piu' prezioso di Hannah, nel corso del libro, si accede la maggior parte delle volte cosi', con la tecnica dell'affioramento, casuale e non causale - dopotutto arriviamo a conoscerci abbastanza da comprendere che le figure della nostra mente ricorrono, si riverberano tra loro e non escono mai dal nulla. Anche se a prima vista una simile strategia di racconto potrebbe apparire lenta, una volta compreso il gioco, lo spazio contemplativo diventa confortevole per il lettore perche' il piu' delle volte e' caldo, sentimentale, e' il luogo privilegiato degli amori presenti e passati di Hannah Arendt, ma anche dei suoi problemi piu' espressamente filosofici.
Questa descrizione dello stile e del taglio scelto da Keller per affrontare Arendt nel suo primo libro potrebbe indurre a pensare che il testo sia statico, seduto: non e' cosi', non e' un genere di romanzo in forma di terra desolata, senza altre persone eccetto la protagonista, e' bello anzi notare come sia pieno di dialoghi con amici, mariti, ma anche con estranei o nuovi incontri che tra le pagine finiscono per brillare e diventare qualcosa. Tra questi svettano soprattutto le amicizie femminili, come quella con la poetessa Ingeborg Bachmann o con la giovane Annemarie, una ragazza che Hannah incontra per la prima volta alla redazione del giornale per cui lavora e di cui fara' la fortuna, convincendo suo padre a lasciarle frequentare l'Universita'. Negli scampoli diffusi di abitudine e di mondanita' si avverte il piglio pragmatico di Arendt, la sua capacita' di tenere insieme le cose, i pensieri e le persone, di istituire cerchie di legami, nonche' il suo stile di scrittura e di insegnamento.
Proprio all'insegnamento e' dedicata una delle scene piu' vivide di tutto il libro.
Siamo a Berkeley, nei primi anni Cinquanta, e dopo la presentazione del corso in Political Science un ragazzo chiede alla professoressa Arendt di illustrare per cortesia le modalita' d'esame, lei risponde: "Chi vuole un buon voto, nel mio corso, dovra' imparare a pensare, al di la' dell'argomento, ma naturalmente possiamo pensare sempre e solo sulla base di contenuti concreti. Sarete voi a proporre gli esempi, non io". Di li' a poco si parlera' di totalitarismo, di comunismo, di lager, di democrazia, ovviamente di Europa e di America. Alla fine, Hannah dira' anche che cosa e' strettamente necessario consegnare per superare l'esame, e diventera' un'insegnante piuttosto amata, per quanto divisiva. Tra le richieste piu' spiazzanti ai suoi studenti, poi, si registra quella di presentarsi in aula portando una poesia.
E proprio la poesia e' un'altra grande protagonista di questo romanzo, che prende il titolo da alcuni versi di Hannah stessa: "Quel che siamo e sembriamo / oh, a chi importa. / Quel che facciamo e pensiamo / non toglie il sonno a nessuno". I suoi stessi versi le sovvengono mentre parla alla nuova amica Barbara del legame che aveva maturato con Walter Benjamin, negli anni prima che per lui fosse troppo tardi. E' come un problema di matematica o di geometria di cui questi versi rappresentano solo la necessaria premessa senza poi fornire la conclusione e la soluzione, anche perche' la poesia e' appena iniziata e non finisce qui, come se l'invito di Hannah, nella strategia di Keller, fosse quello di sfidare i lettori ad andarla a cercare, a ritrovare la poesia, a leggerne il finale. E' questa la fatica del biografo, prima, dopo e durante la ricerca: scontrarsi con una materia al tempo stesso incandescente e completamente inutile o indifferente, un sacro fuoco di paglia. Andare sempre piu' vicino al posto in cui brucia una vita, e trovarsi con un pugno di mosche, cioe' a toccare con mano che alle fine tutte le vite si assomigliano e si esauriscono nel rapporto evanescente tra "quel che siamo e quel che sembriamo", appunto. Eppure, Keller ha scelto la seconda parte del verso per il titolo del suo libro, forse perche' gli altri, per quanto di noi sappiano o abbiano studiato, non possono che limitarsi a dire quello che a loro e' apparso.
Tra le pagine sono molto diffuse le citazioni di Arendt, delle sue poesie, degli articoli, dei saggi, delle lettere: sono preceduti e seguiti da un cambio di paragrafo come una piccola riverenza. Sono utili per dare ritmo e aria al testo, ma anche estremamente eloquenti rispetto alle scene raccontate. E' evidente che sono stati disseminati con precisione laddove era importante dire qualcosa senza giri di parole, andando dritti alla fonte.
Un'ultima cosa da dire su questa biografia riguarda il suo rapporto con le urgenze del lettore, che hanno sempre un tratto morboso: sentire e vedere l'amore con Martin Heidegger, sentire e vedere il processo a Adolf Eichmann, magari sentire e vedere la paura di una giovane donna ebrea di fronte al Vecchio Continente in fiamme. Keller ha grande riserbo nei confronti degli aspetti piu' delicati o spettacolari della vita di Arendt, ce li fa arrivare illuminati da una luce circonfusa. Ci sono ma non sono il vettore principale, non sono il compimento di nessuna parabola. E' un punto forte del libro che, una volta arrivati alla conclusione, un'illuminazione di altro tipo, piu' diretta, non ci sia mancata per niente. Abbiamo guadagnato anzi dei ritratti piu' delicati e altrettanto coinvolgenti, come nei capitoli iniziali dedicati al rapporto di Hannah con sua madre Martha. E' un piacere sentirle parlare, vedere una figlia affezionata ma schiva e una mamma innamorata della sua figlia eccezionale. E' un conforto, infine, accorgersi che anche per le piu' grandi personalita' vale la regola che "Quel che facciamo o pensiamo", la gran parte delle volte, "non toglie il sonno a nessuno" eccetto che a nostra madre.
7. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
8. REPETITA IUVANT. TRE TESI
La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
9. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
10. MAESTRE. "POETRY FOUNDATION": PROFILO DI SARA LITTLECROW-RUSSELL
[Dal sito www.poetryfoundation.org riprendiamo e diffondiamo]
Sara Littlecrow-Russell
b. 1969
Of Anishinaabeg (Ojibwe) and Han-Naxi Metis heritage, Sara Littlecrow-Russell is a lawyer and professional mediator as well as a poet. She earned a BA in medical anthropology from Hampshire College and a law degree from Northeastern University School of Law. Her collection of poetry, The Secret Powers of Naming (2006), won an Outstanding Book Award from the Gustavus Myers Center for the Study of Bigotry and Human Rights; it also received an Independent Publisher Book Award.
In the tradition of Native American storytelling, which uses stories to establish meaning in the lives of both listeners and tellers, Littlecrow-Russell's poems name and tell stories as a form of communication; her work also calls into question prevalent stereotypes of Native Americans.
Littlecrow-Russell has worked at the Center for Education and Policy Advocacy at the University of Massachusetts and for Community Partnerships for Social Change at Hampshire College in Amherst, Massachusetts.
11. MAESTRE. "POETRY FOUNDATION": PROFILO DI LAYLI LONG SOLDIER
[Dal sito www.poetryfoundation.org riprendiamo e diffondiamo]
Layli Long Soldier
Poet, writer and artist Layli Long Soldier earned a BFA from the Institute of American Indian Arts and an MFA with honors from Bard College. She is the author of the chapbook Chromosomory (2010) and the full-length collection Whereas (2017), which won the National Books Critics Circle award and was a finalist for the National Book Award. She has been a contributing editor to Drunken Boat and poetry editor at Kore Press; in 2012, her participatory installation, Whereas We Respond, was featured on the Pine Ridge Reservation. In 2015, Long Soldier was awarded a National Artist Fellowship from the Native Arts and Cultures Foundation and a Lannan Literary Fellowship for Poetry. She was awarded a Whiting Writer's Award in 2016.
Long Soldier is a citizen of the Oglala Lakota Nation and lives in Santa Fe, New Mexico.
12. MAESTRE. "POETRY FOUNDATION": PROFILO DI DENISE LOW
[Dal sito www.poetryfoundation.org riprendiamo e diffondiamo]
Denise Low
www.deniselow.com
Former Kansas poet laureate Denise Low is the author of twelve books of poetry, including Melange Block (Red Mountain Press) and Ghost Stories of the New West (Woodley Memorial Press, 2010), a Kansas Notable Book Award and recognized by The Circle of Minneapolis as among the best Native American Books of 2010. Low earned her BA, MA, and PhD in English from the University of Kansas, and her MFA from Wichita State University. She is a fifth generation Kansan of mixed British Isles, German, and unaffiliated Delaware (Lenape and Munsee) and Cherokee heritage.
Low served on the board of the Associated Writers and Writing Programs from 2008 to 2013 and served as president from 2011 to 2012. Her book of essays Natural Theologies: Essays about Literature of the New Middle West (The Backwaters Press, 2011) is the first book about contemporary grasslands-region literature. She was guest poet on the Academy of American Poets online forum.
She has been visiting professor of creative writing at the University of Richmond and Kansas University. She taught at Haskell Indian Nations University in Lawrence, Kansas, where she founded the creative writing program. Awards and fellowships are from the Roberts Foundation, Lichtor Poetry Prize, Kansas Arts Council, and Sequoyah National Research Center for study of the works of Yuki poet William Oandasan. She and her husband Thomas Pecore Weso co-publish Mammoth Publications, an independent press that specializes in Indigenous American and Great Plains poetry and literary prose. Her poems have appeared in New Letters, American Life in Poetry, North American Review, Cream City Review, Yellow Medicine Review, Summerset, Blue Lyra, Numero Cinq, Coal City Review.
13. MAESTRE. "POETRY FOUNDATION": PROFILO DI JANET MCADAMS
[Dal sito www.poetryfoundation.org riprendiamo e diffondiamo]
Janet McAdams
Of Scottish, Irish, and Creek (Muscogee) ancestry, Janet McAdams is the author of The Island of Lost Luggage (2000), which won the Diane Decorah First Book Award from the Native Writers Circle of the Americas and an American Book Award in poetry. She is the author of the poetry collection, Feral (2007), and a chapbook Seven Boxes for the Country After (2016). McAdams is also the author of the novel Red Weather (2012).
She earned her MFA in poetry from the University of Alabama and her PhD in Comparative Literature from Emory University. She teaches at Kenyon College as the Robert P. Hubbard Professor of Poetry and is an editor-at-large for Kenyon Review. Her poems have been widely published in such magazines as Poetry, the North American Review, the Kenyon Review, the Women's Review of Books, and TriQuarterly. In 2005, she founded the award-winning Earthworks Poetry Series for Salt Publishing in the UK.
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 143 del 23 maggio 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 143 del 23 maggio 2023
In questo numero:
1. Solo la nonviolenza
2. Quid agendum hic et nunc: opporsi alla guerra (e alle stragi e all'ecocidio di cui consiste) con l'azione diretta nonviolenta. Un appello a chi ha orecchie per intendere
3. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
4. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
5. Laila Simoncelli intervista Pasquale Pugliese sulla campagna per il Ministero della Pace
6. Annalisa Ambrosio: Hannah Arendt e quel che sembriamo
7. Alcuni riferimenti utili
8. Tre tesi
9. Ripetiamo ancora una volta...
10. "Poetry Foundation": Profilo di Sara Littlecrow-Russell
11. "Poetry Foundation": Profilo di Layli Long Soldier
12. "Poetry Foundation": Profilo di Denise Low
13. "Poetry Foundation": Profilo di Janet McAdams
1. L'ORA. SOLO LA NONVIOLENZA
Solo la nonviolenza contrasta la guerra e il fascismo.
Solo la nonviolenza salva tutte le vite.
2. REPETITA IUVANT. QUID AGENDUM HIC ET NUNC: OPPORSI ALLA GUERRA (E ALLE STRAGI E ALL'ECOCIDIO DI CUI CONSISTE) CON L'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA. UN APPELLO A CHI HA ORECCHIE PER INTENDERE
La guerra scatenata oltre un anno fa dal folle e criminale autocrate russo contro la popolazione ucraina inerme continua a mietere vittime innocenti.
E continua a provocare nel cuore d'Europa una catastrofe ambientale di proporzioni colossali, di cui pressoche' tutti i mezzi d'informazione tacciono.
E ogni giorno che passa avvicina il pericolo del suo evolvere nella guerra atomica che puo' porre fine alla civilta' umana e devastare irreversibilmente quest'unico mondo vivente che conosciamo.
L'intera umana famiglia dovrebbe prendere coscienza dell'immane tragedia e dell'abissale minaccia, e quindi agire per far cessare immediatamente la guerra imponendo la fine delle ostilita' e l'avvio di negoziati di pace a tutti i governi impazziti e scellerati che assurdamente la guerra alimentano.
*
Mentre la parte migliore della popolazione russa continua ad opporsi alla guerra e al fascismo subendo da parte del regime una repressione brutale; e mentre la parte migliore della popolazione ucraina continua a resistere con la scelta della solidarieta' e della nonviolenza all'invasione e alla barbarie, alla guerra e al militarismo, adoperandosi per salvare le vite e difendendo la democrazia e i diritti umani nell'unico modo in cui e' possibile farlo, cioe' opponendosi alle uccisioni, alla militarizzazione e alla tirannia che ne consegue; tragicamente la parte migliore delle popolazioni degli altri paesi europei non riesce o non vuole o non sa contrastare la follia guerriera e riarmista, l'imbarbarimento e la fame di universale annientamento dei propri governi che invece di adoperarsi per la pace continuano ciecamente a fare di tutto affinche' la guerra, e le stragi, e l'ecocidio, continuino, si accrescano, si estendano oltre ogni limite.
La maggior parte delle molte iniziative per la pace che pure si sono svolte in questi mesi di guerra nei paesi dell'Unione Europea hanno avuto come implicito ma effettuale denominatore comune - e mi si stringe il cuore a dirlo - di "non disturbare il manovratore", ovvero di non mettere in reali difficolta' il governo golpista della banalita' del male che con l'invio di armi e la supina obbedienza alla Nato - l'organizzazione terrorista e stragista le cui criminali responsabilita' nell'alimentare la guerra in Europa sono flagranti - ha reso l'Italia compartecipe della guerra e quindi delle stragi di esseri umani e dell'ecocidio in corso in Ucraina, in flagrante violazione dell'articolo 11 della Costituzione repubblicana, articolo che si apre con parole di inequivocabile chiarezza: "L'Italia ripudia la guerra".
Invece disturbare il manovratore occorreva ed occorre; contrastare il governo belligeno e golpista occorreva ed occorre; bloccare l'illegale e criminale invio delle armi assassine occorreva ed occorre; contrastare l'azione scellerata della Nato occorreva ed occorre. Ma questo non e' stato fatto, e tante belle iniziative tanto spettacolari quanto ininfluenti, cosi' come le non molte benemerite e fin luminose azioni di solidarieta' concreta con le vittime che pure per fortuna ci sono state e sempre siano benedette, non bastano ad occultare questa dura realta'.
Eppure e' chiaro e semplice cio' che occorre fare: contrastare materialmente l'illegale e criminale partecipazione italiana alla guerra; contrastarla con l'azione diretta nonviolenta.
Occorre bloccare le fabbriche d'armi: circondandole e occludendone gli ingressi impedendo loro di produrre altri strumenti di morte.
Occorre bloccare i trasporti di armi: occupando e paralizzando i luoghi in cui transitano gli strumenti di morte.
Occorre bloccare le strutture militari: circondandole e occludendone gli ingressi impedendo loro di proseguire in ogni attivita' di preparazione e a sostegno della guerra.
Occorre bloccare le sedi e strutture in Italia della Nato come delle forze armate degli Stati Uniti d'America: circondandole e occludendone gli ingressi cosi' impedendo loro di continuare la guerra di cui sono palesemente "magna pars".
Occorre bloccare la Presidenza del Consiglio dei Ministri e i Ministeri coinvolti nella guerra: circondandoli e occludendone gli ingressi impedendo loro di proseguire nell'illegale sostegno alla guerra e alle stragi e all'ecocidio in corso in Ucraina, impedendo loro di proseguire nella flagrante violazione della Costituzione della Repubblica italiana cui pure tutti i membri del governo hanno giurato fedelta'.
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Beninteso: occorre anche continuare a dire e a fare le tante cose buone che gia' si dicono e si fanno, ed occorre sostenere le molte iniziative di pace nuove o reiterate in corso e in programma da parte di soggetti diversi, quali che siano i loro limiti e le loro fragilita', a condizione che siano iniziative rigorosamente per la pace e rigorosamente democratiche sia nel merito che nel metodo, ovvero orientate a salvare tutte le vite e realizzate in forme rigorosamente nonviolente.
Ripetiamo ancora una volta che si deve continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime; che si deve continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime; che si deve continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato; che si deve continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi e le devastazioni di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre; che si deve continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente; che si deve continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani; che si deve continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino; che si deve continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
Ma se non si passa all'azione diretta nonviolenta tutte queste cose non riusciranno a fermare la guerra. Solo l'azione diretta nonviolenta puo' riuscire ad avviare dal basso l'agire necessario, le decisioni indispensabili: la cessazione delle uccisioni, la costruzione della pace, la solidarieta' che ogni essere umano riconosce e raggiunge e difende e sostiene e conforta, la condivisione fra tutte e tutti di tutto il bene e tutti i beni, il rispetto per ogni vita.
Occorre proporre, iniziare, praticare e poi generalizzare l'azione diretta nonviolenta: cominciando con la forza preziosa dei piccoli gruppi delle persone gia' persuase della nonviolenza - le persone che Gandhi chiamava "satyagrahi", le persone persuase della "forza della verita'" - e poi con la forza dell'esempio, della testimonianza che educa al bene, della lotta nonviolenta concreta e coerente, allargare progressivamente la mobilitazione fino allo sciopero generale contro la guerra, se sara' necessario arrivare fino allo sciopero generale per imporre allo stolto e criminale governo italiano di tornare a rispettare non solo l'articolo 11 della Costituzione repubblicana, ma il diritto alla vita di ogni essere umano.
Poi, naturalmente, anche tutto cio' potrebbe non bastare; ma occorre almeno averlo detto, occorre almeno averlo tentato.
*
Le circostanze particolari in cui vivo da anni mi impediscono di essere io stesso ad organizzare le azioni dirette nonviolente che mi sembrano possibili e necessarie (e che ho sommariamente elencato sopra); l'ho fatto piu' volte in passato, ma ora mi e' obiettivamente impossibile, e non e' l'ultimo dei miei crucci.
Cosicche', non potendo fare qui e adesso di piu' e di meglio, almeno ho voluto dirle queste cose, sperando che qualcuno le ascolti. E sapendo che questo mio scritto che invita ad opporsi alla guerra, alle stragi e all'ecocidio di cui essa consiste, che invita a contrastare i mercanti di morte e la fabbrica degli omicidi, che invita a difendere il diritto alla vita di ogni vivente, ebbene, e' possibile che venga tacciato dal governo belligeno e golpista e dal solerte suo apparato propagandistico di "istigazione a delinquere", mentre a me sembra che sia piuttosto una esortazione a non delinquere, poiche' dal modesto mio punto di vista - ma anche dal punto di vista della Costituzione repubblicana - a delinquere e' piuttosto chi fa e sostiene la guerra, chi uccide, fa uccidere, fornisce gli strumenti per uccidere, coopera a uccidere e lascia uccidere gli esseri umani, chi devasta e distrugge parti sempre crescenti di quest'unico mondo vivente, di quest'unica casa comune dell'intera umana famiglia.
Dixi, sed non salvavi animam meam.
*
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe in corso.
3. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?
Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
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Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
*
E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
4. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]
3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
*
ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/
5. INIZIATIVE. LAILA SIMONCELLI INTERVISTA PASQUALE PUGLIESE SULLA CAMPAGNA PER IL MINISTERO DELLA PACE
[Riceviamo e diffondiamo la seguente intervista dal titolo originale "Un'utopia concreta a cui dare gambe solide. Intervista sulla campagna per il Ministero della Pace"]
Lo scorso 6 maggio si e' svolto a Bologna il seminario nazionale a cura della campagna per il "Ministero della pace", al quale ha partecipato Pasquale Pugliese in rappresentanza del Movimento Nonviolento e di Rete Italiana Pace e Disarmo. Ecco un'intervista sul tema, a cura di Laila Simoncelli, pubblicata su Sempre news.
*
A Bologna il 6 maggio scorso, si e' riflettuto sul Ministero della pace per ripensare i paradigmi istituzionali.
- Laila Simoncelli: Quale ruolo e funzioni rispetto al disarmo dovrebbe avere questo nuovo Ministero?
- Pasquale Pugliese: In questa fase - nella quale lo stesso ministero della "difesa" si caratterizza sempre di piu' come ministero della "guerra" - piu' che sulle funzioni del Ministero della Pace, sarebbe necessario ragionare sui mezzi per realizzarlo, e autenticamente, come fine. Credo sia necessario lavorare contemporaneamente, sui mezzi e sul fine, per costruire una cultura politica di pace, fondata sulla nonviolenza e il disarmo, che abbia come esito anche il riconoscimento istituzione di un ministero ad essa dedicato; politiche portate avanti oggi dal basso, attraverso forme di lotta e di impegno nonviolento delle relative campagne, affinche' diventino domani autentiche politiche di pace dei governi del nostro paese. Ossia coniugare "pacifismo giuridico" e "pacifismo strumentale", secondo la distinzione proposta da Norberto Bobbio. In questo senso il fine del ministero della pace - e quindi di istituzioni autenticamente pacifiste, secondo lo spirito e la lettera della Costituzione - dovrebbe essere conseguente (e coerente) all'impostazione di politiche attive di pace, cioe' di disarmo e riconversione sociale delle spese militari, di riconversione civile dell'industria bellica e adesione al Trattato per la messa al bando delle ami nucleari, di costruzione della difesa civile non armata e nonviolenta e dei corpi civili di pace. Sul tema delle risorse sulle quali dovra' e potra' contare il futuro ministero, a mio avviso, sono da spostare dalle risorse risparmiate attraverso i processi di disarmo e di drastico taglio alle spese militari.
*
- Laila Simoncelli: Gli osservatori e costruttori di Pace della società civile (Opal, Iriad, RIPD) quale ruolo potrebbero giocare con un dipartimento ministeriale per il Disarmo e la riconversione dell'industria bellica nell'organigramma del Ministero della Pace?
- Pasquale Pugliese: In questo senso, il ruolo della societa' civile organizzata e delle sue reti svolge un ruolo fondamentale e gia' ora - perche' le campagne condotte contribuiscono a costruire quella cultura politica diffusa che possa rendere anche il Ministero della pace "socialmente desiderabile" - per dirla con Alex Langer - oltre che utile e funzionale alle politiche attive e continuative di pace. Rispetto ad una futura organizzazione del ministero, oggi posso immaginare l'istituzione di un Tavolo permanente di consultazione e controllo, a cui parteciperebbero le reti, sul processo di disarmo e di riconversione civile dell'industria bellica - in stretta connessione e raccordo con i ministeri della difesa e dello sviluppo economico - all'interno di un governo che finalmente abbia l'impegno per la pace, con mezzi pacifici, tra le proprie priorita' politiche e istituzionali.
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- Laila Simoncelli: Quali pensa possano essere le gambe su cui fare avanzare e rendere desiderabile alla Politica e alla societa' civile il progetto del Ministero della Pace?
- Pasquale Pugliese: Questo, al momento, e' il tema fondamentale sul quale, a mio avviso, e' necessario concentrare gli sforzi: dare gambe solide e lungimiranti alla proposta. Si tratta di organizzare una campagna culturale e politica nazionale e territoriale, (con un comitato, una segreteria...) che - in stretto collegamento e coordinamento con le altre campagne pacifiste, disarmiste e nonviolente in corso - faccia i passaggi necessari per costruire, nel tempo, le premesse per realizzare l'"utopia concreta" (Langer) del Ministero della pace, oltre ad uno strumento, giuridicamente cogente ed efficace, per raccogliere il sostegno popolare al progetto. Tutto questo, naturalmente, necessita di risorse economiche e dovrebbe essere anche organizzata la raccolta fondi.
*
- Laila Simoncelli: In prospettiva dove collocare l'"altra difesa possibile" tra le azioni di un Ministero della Pace?
- Pasquale Pugliese: La campagna "Un'altra difesa e' possibile" per l'istituzione e il finanziamento del Dipartimento per la difesa civile, non armata e nonviolenta, e' stata lanciata ormai tre legislature orsono, dalle reti per il disarmo, la nonviolenza e il servizio civile, ed e' in fase di ripartenza nella nuova legislatura attraverso la forma della proposta di legge di iniziativa popolare. Si tratta del disegno di un organismo, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri finanziato sia attraverso uno spostamento strutturale di risorse dal Ministero della difesa che attraverso la forma dell'opzione fiscale dei cittadini, in sede di dichiarazione dei redditi. La raccolta delle firme, necessarie per presentare la proposta di legge di iniziativa popolare, avviata nel 2014, ha avuto l'importante effetto collaterale di aprire sul piano nazionale e territoriale un ampio dialogo volto all'apertura del concetto di difesa della patria, oltre la difesa armata, alla difesa dei diritti e della sicurezza dei cittadini, secondo gli articoli 11 e 52 della Costituzione. Le finalita' delle due campagne sono complementari; occorre raccordarsi gia' in questa fase di impegno costruttivo, attraverso percorsi che si rinforzino reciprocamente, insieme alle rispettive reti civili di supporto. Il Dipartimento per la difesa civile non armata e nonviolenta ad esempio puo' configurarsi come obiettivo intermedio per poter raggiungere, un giorno, anche l'obiettivo piu' ambizioso del Ministero della pace.
6. LIBRI. ANNALISA AMBROSIO: HANNAH ARENDT E QUEL cHE SEMBRIAMO
[Dal sito della "Libreria delle donne" di Milano riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo originariamente apparso su "Doppiozero" il 9 maggio 2023]
Ci sono vite che vengono raccontate piu' spesso di altre e quella di Hannah Arendt e' certamente tra queste. Forse il suo personaggio letterario e' cosi' interessante perche' e' polifonico e attraversa i generi in maniera libera e anticonvenzionale: europea naturalizzata americana, filosofa che finisce per passare alla storia come reporter, in pochi anni allieva prediletta di Martin Heidegger e pure di Karl Jaspers, e' intellettuale e due volte moglie, ha svariate lingue all'attivo e amici famosi sparsi in tutto il mondo. Come materiale e' piuttosto ghiotto per desiderare di scriverne, ma anche un ginepraio dal punto di vista storiografico, perche' la sua esistenza interseca di continuo la Storia, e di lei si potrebbe dire senza troppa esitazione che - talvolta suo malgrado - si trovava la' dove le cose accadevano e, quando non capitava, prendeva un aereo per andarci. Cosi', infine, se il romanzo di Hildegard E. Keller racconta di nuovo Hannah, il compito principale di ogni recensore e' quello di chiedersi che cosa c'era da aggiungere ancora e qual e' la qualita' essenziale di questo racconto.
Prima di rispondere alla domanda, meglio spiegare brevemente com'e' fatto il libro di 508 pagine, che e' uscito da poco per Guanda. Intanto si parte dalla fine, perche' il primo capitolo prende il titolo di L'ultima estate (trad. di Silvia Albesano), e si ambienta in effetti durante il viaggio per Tegna, meta svizzera della residenza estiva di Hannah Arendt, che poi e' morta lo stesso anno a New York di un attacco cardiaco. Da qui, dall'ultimo anno di vita, si saltabecca nel passato e di nuovo nel futuro in un grande slalom che va da Manhattan a Colonia, da Berkeley a Gerusalemme e cosi' via. Nonostante la mobilita' sia spaziale sia temporale, il perno del romanzo resta l'estate svizzera, e questo non e' un dettaglio da poco perche' conferisce alla biografia una specie di stadio parallelo, di tempo non tempo, di calma, di lentezza particolare, come se paradossalmente il punto migliore dal quale osservare una vita come quella di Arendt non fosse il lavoro o l'opera, il segno che ha lasciato nel mondo, la vita activa, ma semmai il suo respiro intimo, il ritiro, la solitudine matura. In fin dei conti e' in questo spazio non congestionato dal calendario o dalla corsa del mondo, contemplativo, che un intellettuale si mostra come tale di fronte a se' stesso, cioe' sceglie liberamente di dedicare le sue ore a pensare, perche' cosi' si sente in vita, o sereno, al riparo dai colpi della fortuna. Oltre a non fare del romanzo un thriller, una simile impostazione scelta da Keller ha significato per lei affrontare una difficolta' tecnica spaventosa: non e' semplice rappresentare l'affioramento del pensiero, spingersi a mostrare come ha pensato una persona realmente esistita, e farlo non tanto ripercorrendo il suo ragionamento, quanto invece simulando quel che capita quando flash, intuizioni, considerazioni nuove sorgono negli attimi di pausa, si affacciano da una balaustra apparentemente vuota.
Qui siamo di nuovo a Tegna, e' il primo agosto del 1975: "Alle sue spalle sentiva le auto che sfrecciavano sul ponte e una sorta di crepitio proveniente da Tegna, come fuochi d'artificio. Si riscosse, si sporse in avanti con cautela e aspiro' a pieni polmoni la frescura che saliva verso di lei dall'orrido gorgogliante. I fiumi sono fondamentali, cari fiumi. E' davvero un grande mistero come un piccolo torrente di montagna possa trasformarsi nel Colorado River. Senza fiumi la terra sarebbe perduta, ma l'orrido della Maggia e' davvero unico. Nella sua ultima estate li', anche Heinrich aveva sgranato gli occhi, quando si era trovato accanto a lei su quel ponte". Non e' che un esempio di come Keller, che ora insegna storytelling all'Universita' di Zurigo, ha scelto di procedere e di gestire il palcoscenico.
Hannah guarda il panorama della valle e la sua meraviglia arriva dai sensi, pensare a tutti i fiumi del mondo e' un bisogno che fa tutt'uno col respiro, ma tutti i fiumi del mondo con le loro ragioni si fondono fino a ritornare a coincidere con quell'unica visione dell'orrido davanti ai suoi occhi, perche' qualcosa di piu' carsico affiora, ed e' il ricordo di Heinrich. Oltre a essere ragionevolmente credibile e autentica, questa ricostruzione dell'andamento del pensiero ha il vantaggio, per l'autrice, di fare risvegliare visioni nelle visioni, ricordi nei ricordi. Al passato piu' lontano o piu' prezioso di Hannah, nel corso del libro, si accede la maggior parte delle volte cosi', con la tecnica dell'affioramento, casuale e non causale - dopotutto arriviamo a conoscerci abbastanza da comprendere che le figure della nostra mente ricorrono, si riverberano tra loro e non escono mai dal nulla. Anche se a prima vista una simile strategia di racconto potrebbe apparire lenta, una volta compreso il gioco, lo spazio contemplativo diventa confortevole per il lettore perche' il piu' delle volte e' caldo, sentimentale, e' il luogo privilegiato degli amori presenti e passati di Hannah Arendt, ma anche dei suoi problemi piu' espressamente filosofici.
Questa descrizione dello stile e del taglio scelto da Keller per affrontare Arendt nel suo primo libro potrebbe indurre a pensare che il testo sia statico, seduto: non e' cosi', non e' un genere di romanzo in forma di terra desolata, senza altre persone eccetto la protagonista, e' bello anzi notare come sia pieno di dialoghi con amici, mariti, ma anche con estranei o nuovi incontri che tra le pagine finiscono per brillare e diventare qualcosa. Tra questi svettano soprattutto le amicizie femminili, come quella con la poetessa Ingeborg Bachmann o con la giovane Annemarie, una ragazza che Hannah incontra per la prima volta alla redazione del giornale per cui lavora e di cui fara' la fortuna, convincendo suo padre a lasciarle frequentare l'Universita'. Negli scampoli diffusi di abitudine e di mondanita' si avverte il piglio pragmatico di Arendt, la sua capacita' di tenere insieme le cose, i pensieri e le persone, di istituire cerchie di legami, nonche' il suo stile di scrittura e di insegnamento.
Proprio all'insegnamento e' dedicata una delle scene piu' vivide di tutto il libro.
Siamo a Berkeley, nei primi anni Cinquanta, e dopo la presentazione del corso in Political Science un ragazzo chiede alla professoressa Arendt di illustrare per cortesia le modalita' d'esame, lei risponde: "Chi vuole un buon voto, nel mio corso, dovra' imparare a pensare, al di la' dell'argomento, ma naturalmente possiamo pensare sempre e solo sulla base di contenuti concreti. Sarete voi a proporre gli esempi, non io". Di li' a poco si parlera' di totalitarismo, di comunismo, di lager, di democrazia, ovviamente di Europa e di America. Alla fine, Hannah dira' anche che cosa e' strettamente necessario consegnare per superare l'esame, e diventera' un'insegnante piuttosto amata, per quanto divisiva. Tra le richieste piu' spiazzanti ai suoi studenti, poi, si registra quella di presentarsi in aula portando una poesia.
E proprio la poesia e' un'altra grande protagonista di questo romanzo, che prende il titolo da alcuni versi di Hannah stessa: "Quel che siamo e sembriamo / oh, a chi importa. / Quel che facciamo e pensiamo / non toglie il sonno a nessuno". I suoi stessi versi le sovvengono mentre parla alla nuova amica Barbara del legame che aveva maturato con Walter Benjamin, negli anni prima che per lui fosse troppo tardi. E' come un problema di matematica o di geometria di cui questi versi rappresentano solo la necessaria premessa senza poi fornire la conclusione e la soluzione, anche perche' la poesia e' appena iniziata e non finisce qui, come se l'invito di Hannah, nella strategia di Keller, fosse quello di sfidare i lettori ad andarla a cercare, a ritrovare la poesia, a leggerne il finale. E' questa la fatica del biografo, prima, dopo e durante la ricerca: scontrarsi con una materia al tempo stesso incandescente e completamente inutile o indifferente, un sacro fuoco di paglia. Andare sempre piu' vicino al posto in cui brucia una vita, e trovarsi con un pugno di mosche, cioe' a toccare con mano che alle fine tutte le vite si assomigliano e si esauriscono nel rapporto evanescente tra "quel che siamo e quel che sembriamo", appunto. Eppure, Keller ha scelto la seconda parte del verso per il titolo del suo libro, forse perche' gli altri, per quanto di noi sappiano o abbiano studiato, non possono che limitarsi a dire quello che a loro e' apparso.
Tra le pagine sono molto diffuse le citazioni di Arendt, delle sue poesie, degli articoli, dei saggi, delle lettere: sono preceduti e seguiti da un cambio di paragrafo come una piccola riverenza. Sono utili per dare ritmo e aria al testo, ma anche estremamente eloquenti rispetto alle scene raccontate. E' evidente che sono stati disseminati con precisione laddove era importante dire qualcosa senza giri di parole, andando dritti alla fonte.
Un'ultima cosa da dire su questa biografia riguarda il suo rapporto con le urgenze del lettore, che hanno sempre un tratto morboso: sentire e vedere l'amore con Martin Heidegger, sentire e vedere il processo a Adolf Eichmann, magari sentire e vedere la paura di una giovane donna ebrea di fronte al Vecchio Continente in fiamme. Keller ha grande riserbo nei confronti degli aspetti piu' delicati o spettacolari della vita di Arendt, ce li fa arrivare illuminati da una luce circonfusa. Ci sono ma non sono il vettore principale, non sono il compimento di nessuna parabola. E' un punto forte del libro che, una volta arrivati alla conclusione, un'illuminazione di altro tipo, piu' diretta, non ci sia mancata per niente. Abbiamo guadagnato anzi dei ritratti piu' delicati e altrettanto coinvolgenti, come nei capitoli iniziali dedicati al rapporto di Hannah con sua madre Martha. E' un piacere sentirle parlare, vedere una figlia affezionata ma schiva e una mamma innamorata della sua figlia eccezionale. E' un conforto, infine, accorgersi che anche per le piu' grandi personalita' vale la regola che "Quel che facciamo o pensiamo", la gran parte delle volte, "non toglie il sonno a nessuno" eccetto che a nostra madre.
7. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
8. REPETITA IUVANT. TRE TESI
La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
9. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
10. MAESTRE. "POETRY FOUNDATION": PROFILO DI SARA LITTLECROW-RUSSELL
[Dal sito www.poetryfoundation.org riprendiamo e diffondiamo]
Sara Littlecrow-Russell
b. 1969
Of Anishinaabeg (Ojibwe) and Han-Naxi Metis heritage, Sara Littlecrow-Russell is a lawyer and professional mediator as well as a poet. She earned a BA in medical anthropology from Hampshire College and a law degree from Northeastern University School of Law. Her collection of poetry, The Secret Powers of Naming (2006), won an Outstanding Book Award from the Gustavus Myers Center for the Study of Bigotry and Human Rights; it also received an Independent Publisher Book Award.
In the tradition of Native American storytelling, which uses stories to establish meaning in the lives of both listeners and tellers, Littlecrow-Russell's poems name and tell stories as a form of communication; her work also calls into question prevalent stereotypes of Native Americans.
Littlecrow-Russell has worked at the Center for Education and Policy Advocacy at the University of Massachusetts and for Community Partnerships for Social Change at Hampshire College in Amherst, Massachusetts.
11. MAESTRE. "POETRY FOUNDATION": PROFILO DI LAYLI LONG SOLDIER
[Dal sito www.poetryfoundation.org riprendiamo e diffondiamo]
Layli Long Soldier
Poet, writer and artist Layli Long Soldier earned a BFA from the Institute of American Indian Arts and an MFA with honors from Bard College. She is the author of the chapbook Chromosomory (2010) and the full-length collection Whereas (2017), which won the National Books Critics Circle award and was a finalist for the National Book Award. She has been a contributing editor to Drunken Boat and poetry editor at Kore Press; in 2012, her participatory installation, Whereas We Respond, was featured on the Pine Ridge Reservation. In 2015, Long Soldier was awarded a National Artist Fellowship from the Native Arts and Cultures Foundation and a Lannan Literary Fellowship for Poetry. She was awarded a Whiting Writer's Award in 2016.
Long Soldier is a citizen of the Oglala Lakota Nation and lives in Santa Fe, New Mexico.
12. MAESTRE. "POETRY FOUNDATION": PROFILO DI DENISE LOW
[Dal sito www.poetryfoundation.org riprendiamo e diffondiamo]
Denise Low
www.deniselow.com
Former Kansas poet laureate Denise Low is the author of twelve books of poetry, including Melange Block (Red Mountain Press) and Ghost Stories of the New West (Woodley Memorial Press, 2010), a Kansas Notable Book Award and recognized by The Circle of Minneapolis as among the best Native American Books of 2010. Low earned her BA, MA, and PhD in English from the University of Kansas, and her MFA from Wichita State University. She is a fifth generation Kansan of mixed British Isles, German, and unaffiliated Delaware (Lenape and Munsee) and Cherokee heritage.
Low served on the board of the Associated Writers and Writing Programs from 2008 to 2013 and served as president from 2011 to 2012. Her book of essays Natural Theologies: Essays about Literature of the New Middle West (The Backwaters Press, 2011) is the first book about contemporary grasslands-region literature. She was guest poet on the Academy of American Poets online forum.
She has been visiting professor of creative writing at the University of Richmond and Kansas University. She taught at Haskell Indian Nations University in Lawrence, Kansas, where she founded the creative writing program. Awards and fellowships are from the Roberts Foundation, Lichtor Poetry Prize, Kansas Arts Council, and Sequoyah National Research Center for study of the works of Yuki poet William Oandasan. She and her husband Thomas Pecore Weso co-publish Mammoth Publications, an independent press that specializes in Indigenous American and Great Plains poetry and literary prose. Her poems have appeared in New Letters, American Life in Poetry, North American Review, Cream City Review, Yellow Medicine Review, Summerset, Blue Lyra, Numero Cinq, Coal City Review.
13. MAESTRE. "POETRY FOUNDATION": PROFILO DI JANET MCADAMS
[Dal sito www.poetryfoundation.org riprendiamo e diffondiamo]
Janet McAdams
Of Scottish, Irish, and Creek (Muscogee) ancestry, Janet McAdams is the author of The Island of Lost Luggage (2000), which won the Diane Decorah First Book Award from the Native Writers Circle of the Americas and an American Book Award in poetry. She is the author of the poetry collection, Feral (2007), and a chapbook Seven Boxes for the Country After (2016). McAdams is also the author of the novel Red Weather (2012).
She earned her MFA in poetry from the University of Alabama and her PhD in Comparative Literature from Emory University. She teaches at Kenyon College as the Robert P. Hubbard Professor of Poetry and is an editor-at-large for Kenyon Review. Her poems have been widely published in such magazines as Poetry, the North American Review, the Kenyon Review, the Women's Review of Books, and TriQuarterly. In 2005, she founded the award-winning Earthworks Poetry Series for Salt Publishing in the UK.
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 143 del 23 maggio 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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