[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 135



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 135 del 15 maggio 2023

In questo numero:
1. Bruna Bianchi: Rosa Luxemburg e la crescita
2. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
3. Il 21 maggio la marcia Perugia-Assisi per la pace
4. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
5. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
6. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
7. Alcuni riferimenti utili
8. Tre tesi
9. Ripetiamo ancora una volta...
10. "Poetry Foundation": Profilo di Tacey M. Atsitty
11. "Poetry Foundation": Profilo di Esther Belin
12. "Poetry Foundation": Profilo di Kimberly Blaeser

1. RIFLESSIONE. BRUNA BIANCHI: ROSA LUXEMBURG E LA CRESCITA
[Dal sito di "Comune-info" riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo del 27 maggio 2022]

Esiste un patrimonio enorme, per quanto non sempre visibile, di riflessione delle donne sulle origini e sulle forme del patriarcato, ma anche sulla relazione tra patriarcato e guerra, tra patriarcato e devastazioni delle risorse naturali. Un complesso e ormai robusto pensiero ecofemminista ha preso forma e azione in molti angoli del mondo e trova ispirazione, tra l'altro, nelle straordinarie riflessioni di Rosa Luxemburg. In questo prezioso breve saggio ne da' conto Bruna Bianchi per mostrare come la guerra resti una prosecuzione dell'economia con altri mezzi. "Solo il riconoscimento dell'interconnessione tra tutti i rapporti di dominio, solo l'abbandono di un modo di pensare che separa le relazioni di potere tra uomini e donne, tra umani e mondo naturale, tra umani e animali, tra metropoli e colonie, potranno condurre a una strategia di pace efficace...". Un grido contro lo smarrimento.
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Nel 1915, nello scritto Juniusbrochure, cosi' scriveva Rosa Luxemburg a proposito dello sconcerto suscitato dallo scoppio della guerra in Europa:
"Per la prima volta oggi le bestie feroci, liberate dall'Europa capitalistica contro tutte le altre parti del mondo, hanno fatto di un balzo irruzione nel bel mezzo dell'Europa. Un grido di raccapriccio e' risuonato per il mondo, quando il Belgio, la piccola e graziosa gemma della civilta' europea, quando i piu' venerandi monumenti culturali della Francia settentrionale sono caduti fragorosamente in pezzi sotto il cozzo di una cieca forza di distruzione. Il "mondo civile" - il quale aveva tollerato che questo imperialismo votasse alla piu' spaventosa fine decine di migliaia di Herero, [...] che a Putumayo una banda di cavalieri di industria europei per dieci anni martoriasse a morte quarantamila esseri umani [...]; che in Cina un'antichissima civilta' tra incendi e assassinii fosse data in preda alla soldatesca europea [...] che la Persia soffocasse impotente nel cappio sempre piu' stretto del dispotismo straniero; che a Tripoli gli arabi fossero piegati a ferro e a fuoco sotto il giogo del capitale [...] - questo "mondo civile" soltanto oggi si e' accorto che il morso della bestia imperialista e' apportatore di morte, che il suo fiato e' nefando. Esso se ne e' reso conto soltanto nel momento in cui la bestia ha piantato le sue zanne feroci nel grembo materno" (Luxemburg 1976, pp. 510-511).
Oggi la guerra e' ritornata nel cuore dell'Europa, minaccia di estendersi e ha indotto un senso di catastrofe imminente. Smarrimento, paura, angoscia, senso di impotenza dominano lo stato d'animo di tante persone che si sentono sull'orlo dell'abisso, ed anche i movimenti per la pace e per la giustizia ecologica e climatica faticano a rispondere con la chiarezza e l'energia che la gravita' della situazione richiederebbe.
Per poter elaborare una pratica politica lucida ed efficace abbiamo bisogno innanzitutto di strumenti di analisi che, come ha scritto l'ecofemminista francese Françoise d'Eaubonne oltre quattro decenni fa, sappiano "andare al cuore stesso delle cose, al centro del pericolo, al nodo della questione. Non si tratta nemmeno piu' di volere o non volere cambiare il mondo. Se non cambia, moriremo. Tutte. E tutti" (D'Eaubonne 1980, p. 98).
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Alle origini della guerra
A partire dal punto primo della bozza di documento che invita alla riflessione su "Guerra, nonviolenza e decrescita", questo intervento (*) affronta la questione delle cause della guerra, non gia' quelle contingenti e immediate, bensi' quelle profonde e antiche per poter esplorare in tutta la sua complessita' il nesso crescita-guerra, globalizzazione economica e guerra globale, violenza alla natura, alle popolazioni del Sud del mondo e alle donne. Prendero' le mosse dal pensiero di Rosa Luxemburg su guerra e accumulazione capitalistica per poi trattare brevemente della riflessione di alcune ecofemministe anticipatrici del pensiero della decrescita: Françoise d'Eaubonne, colei che nel 1974 conio' il termine ecofemminismo, e le autrici della "scuola di Bielefeld" - Maria Mies, Veronika Bennholdt Thomsen e Claudia von Werlhof - che si sono ispirate al pensiero di Rosa Luxemburg.
Non e' un caso che la riflessione femminista pacifista negli ultimi tempi si sia rivolta al pensiero di Rosa Luxemburg e alla sua opera L'accumulazione del capitale (1913) (1), e in particolare il tema della catastrofe e dell'"effetto boomerang". Ne ha scritto recentemente la filosofa di Losanna Marie-Claire Caloz Tschopp (2022), studiosa di Hannah Arendt e impegnata per il diritto d'asilo e contro la violenza di stato sui profughi (2).
Le premesse teoriche fondamentali di Rosa Luxemburg che hanno ispirato la riflessione ecofemminista possono essere riassunte in tre punti fondamentali:
Il processo di espropriazione violenta, accompagnato da stermini e devastazioni delle risorse naturali, non si e' concluso nella prima fase dell'industrializzazione, ma e' un processo continuo. "L'accumulazione originaria continuata" e' la natura stessa del capitalismo, la sua dinamica strutturale che tende alla trasformazione in capitale di tutte le ricchezza della terra.
L'accumulazione e' in primo luogo una relazione tra il capitale e le formazioni non capitalistiche; essa vive della loro rovina, della loro erosione e assimilazione. Il capitalismo, infatti, ha sempre bisogno di "colonie" e costantemente "invade ogni risorsa umana, naturale, esistenziale" (Turchetto 2021, p. 12).
Il capitalismo esige un'illimitata liberta' di movimento; la sua marcia distruttrice si estende a tutto il pianeta. Questa "illimitatezza" ha caratterizzato il sistema mondiale capitalista sin dai suoi inizi. Scrive Luxemburg: "Nella sua spinta all'appropriazione delle forze produttive a fini di sfruttamento, il capitale fruga tutto il mondo, si procura i mezzi di produzione da tutti gli angoli della terra, li conquista o li acquista in tutti i gradi di civilta', in tutte le forme sociali" (Luxemburg,1968, p. 352).
Di qui, violenza, guerra, rivoluzione. L'immagine del mondo nella fase terminale del capitalismo che traccia Rosa Luxemburg e' quella di un'era di catastrofi, convulsioni politiche, sociali ed ecologiche.
"L'attuale imperialismo [...] e' il periodo della lotta generale e acutizzata di concorrenza tra gli stati capitalistici per gli ultimi resti di ambiente non capitalistico sopravvissuti nel mondo. La catastrofe economica e politica e', in questa fase conclusiva, elemento di vita, forma normale di esistenza del capitale [...], inseparabile dalle conquiste coloniali e di guerre mondiali che oggi viviamo.
Il segno caratteristico dell'imperialismo come estrema lotta di concorrenza per la dominazione mondiale capitalistica non e' soltanto la particolare energia e multilateralita' dell'espansione, ma sintomo specifico che il cerchio dell'evoluzione comincia a chiudersi! Il rifluire della lotta decisiva per l'espansione dai territori che ne formano l'oggetto sui luoghi d'origine. L'imperialismo riconduce cosi' la catastrofe, come forma specifica della sua esistenza, dalla periferia dello sviluppo capitalistico al suo punto di partenza. Dopo aver gettato per quattro secoli in preda a ininterrotte convulsioni e distruzioni in massa l'esistenza e la civilta' di tutti i popoli non capitalistici in Asia, Africa, America e Australia, l'espansione del capitale precipita oggi gli stessi popoli civili d'Europa in una serie di catastrofi, il cui risultato non puo' essere che il crollo della stessa civilta' o il trapasso al modo di produzione socialistica" (Luxemburg, Una Anticritica, 1968), pp. 585-586).
Gli eventi degli ultimi decenni confermano le analisi di Rosa Luxemburg. Quando il sistema capitalistico urta contro i suoi limiti economici, e' sempre pronto a usare la guerra per forzare tali limiti; quando non c'e' alcun campo d'investimento, lo si crea con la guerra che consente profitti derivanti dalla produzione di armamenti e dalla ricostruzione dopo la distruzione. In questo modo la guerra e' condizione per una nuova crescita, una prosecuzione dell'economia con altri mezzi, come si legge nella bozza di documento. La guerra, dunque, non e' una condizione eccezionale, ma un aspetto permanente della politica economica del capitalismo; lo sviluppo delle forze produttive, ovvero delle sue inerenti forze distruttive, e' sempre stato legato all'esigenza della guerra.
Tuttavia, di fronte alla finitezza della terra, neppure la guerra riuscira' a scovare sempre nuove risorse terrestri, a trasformarle in capitale e infine a distruggerle. Il "cerchio comincia a chiudersi"; lo evidenziano la corsa furiosa a sfruttare gli ultimi mercati e la proliferazione dei conflitti. Poiche', come affermava Rosa Luxemburg, il capitalismo non puo' vivere in assenza di ambienti non capitalistici, nel neoliberalismo globalizzato abbiamo assistito e assistiamo alla espropriazione, al saccheggio e alla distruzione dell'economia non ancora diretta dai gruppi multinazionali, soprattutto di quella del settore pubblico e delle piccole e medie aziende private.
Ha scritto nel 2003 Claudia von Werlhof:
"Si crea così una condizione di 'autentica guerra', ossia di guerra permanente al centro della vita di ogni giorno, che bandisce dalla societa' tutto quello che e' civile, democratico, evoluto, umano, favorevole alla vita - e rende le societa' militarizzate, decivilizzate" (Werlhof 2005, p. 46).
Riflettendo sulla guerra in Iraq, l'ecofemminista tedesca cosi' continuava:
"Trovo molto interessante che la guerra come modello per il futuro del Nuovo ordine mondiale sia contemporaneamente il modello del passato, ossia dell'origine del patriarcato proprio in Iraq circa 5000 anni fa. La' infatti ha avuto allora origine cio' che oggi assolutamente chiamiamo guerra: invasione, occupazione, appropriazione e consumo di risorse. Percio', se pensiamo a delle alternative, sono in discussione non solo 500 anni di capitalismo e colonialismo, bensi' 5000 anni di patriarcato" (ivi, p. 47).
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Patriarcato e capitalismo
Da lungo tempo le donne hanno riflettuto sul patriarcato, ovvero sulla relazione di potere che le ha oppresse e sfruttate. Impossibile ricostruire, neppure a grandi linee, la ricchezza degli studi e del dibattito sulla nascita e l'affermazione del patriarcato e della divisione sessuale del lavoro, basti ricordare che numerose autrici, fin dall'Ottocento, anticipando i lavori di Marjia Gimbutas (1999), hanno evocato un'epoca in cui la centralita' della figura materna aveva assicurato una convivenza pacifica e un elevato grado di civilta', in cui la vita era sacra e i ruoli femminili riconosciuti in ogni istituzione sociale. Questi studi hanno rivelato che molte delle caratteristiche del patriarcato sono proprie anche del capitalismo: la guerra come sistema di conquista e saccheggio, il dominio sulle donne, lo sviluppo di sistemi di sfruttamento dell'umanita' e della natura, le credenze religiose centrate sulla figura maschile come vera creatrice della vita.
Tra le ecofemministe che hanno indagato il nesso tra patriarcato e capitalismo ricordo Françoise d'Eaubonne (1920-2005) che nel 1980 in La natura della crisi aveva previsto "la morte del mondo terrestre" in trenta-cinquanta anni se non fosse avvenuto un mutamento radicale nelle relazioni umane e tra gli esseri umani e la natura.
Non si tratta di tornare alla ruota per filare o alla barca a vela come ci accusano gli imbecilli; il passo da una parte non e' un passo indietro. Si tratta di passare realmente all'eta' post-industriale, perche' il mantenimento dell'eta' industriale - e non soltanto la sua crescita -, il suo semplice mantenimento e' la fine del mondo terreste in trenta-cinquant'anni. Non si puo' andare oltre queste date conservando il sistema del profitto. Non si puo' abolire il sistema del profitto conservando una societa' di classe, ovvero il bisogno del potere. Non si puo' abolire il potere conservando il mondo patriarcale e maschile (D'Eaubonne 1980, p. 98).
Nelle sue opere, La femme avant le patriarcat (1976) ed Écologie-feminisme (1978), un testo poco noto che e' stato ripubblicato di recente con introduzione di Serge Latouche (3), D'Eaubonne aveva fatto risalire la causa diretta della distruzione della terra al controllo patriarcale della fertilita' della terra e della fecondita' femminile. Quando (tra il 3.500 e il 2.500 avanti Cristo) l'uomo sottrasse alle donne la produzione agricola, le tecniche conservative e le diversificazioni colturali lasciarono il posto a quelle sempre piu' intensive; alla zappa si sostitui' l'aratro e fu introdotta l'irrigazione. Quando l'uomo scopri' di avere un ruolo nella riproduzione, la natalita' inizio' ad aumentare; credendosi l'unico agente della procreazione, non solo un collaboratore, egli considero' la donna e la terra come ricettacoli della sua forza vitale. Da allora il predatorio modo di appropriazione divenne il paradigma dell'economia e di tutte le relazioni di sfruttamento; la donna, "schiava prima della schiavitu'", fu ridotta all'insignificanza e la terra a materia inerte da sfruttare. Nacquero nuove strutture mentali caratterizzate dall'"illimitimisme", dall'assenza di limiti nella ricerca del potere - sulle donne, sulla natura, su altri gruppi e popoli -, uno sfruttamento estremo basato sulla sete dell'assoluto, un'illusione prometeica che nel suo delirio di appropriazione avrebbe portato all'annientamento della vita. In questa "corsa verso l'infinito, l'aggressivita' competitiva e' indispensabile [...] e la competizione comporta la progressiva intensificazione della violenza e il massacro" (D’Eaubonne 2018, p. 163).
Fin dal suo sorgere, continua la femminista francese, il sistema patriarcale impose una logica intrinsecamente conflittuale e manichea in tutte le forme di pensiero. Questo modo di ragionare consiste nello sviluppare due dimensioni contraddittorie in cui l'una esclude l'altra (ivi, p. 97), un modo di pensare che rende l'eguaglianza e la relazione impensabili.
La concezione del capitalismo come espressione ultima del patriarcato e' centrale negli scritti delle ecofemministe di Bielefeld (Werlhof 2007; Mies 2014). In Patriarchy and Acccumulation on a World Scale, un'opera apparsa per la prima volta nel 1986, Maria Mies sosteneva che il cuore della crisi ambientale risiede nella negazione della dipendenza dalla sfera della natura, dal corpo, dal lavoro delle donne e dalla riproduzione, nel falso senso di autonomia maschile sotteso all'antropocentrismo che aveva origini antiche.
La mia tesi e' che il capitalismo non puo' funzionare senza patriarcato, che lo scopo di questo sistema, ovvero il processo di accumulazione infinito non puo' essere raggiunto senza che siano conservate, o ricreate, le relazioni patriarcali tra uomo e donna, possiamo anche parlare di neo-patriarcato. Il patriarcato rappresenta l'invisibile sostrato del sistema visibile del capitalismo (Mies 2014, p. 38).
La critica delle ecofemministe della scuola di Bielefeld al paradigma della crescita illimitata che distrugge la vita sulla terra ha tratto ispirazione dalla filosofia che ha guidato le lotte delle donne dei paesi del Sud del mondo, dai movimenti di resistenza di vastissima portata da esse promossi per difendere l'economia di sussistenza, riconnettere produzione e consumo, conservare la vita, dare dignita' e senso al loro lavoro, acquisire maggiore indipendenza, porre un freno alla violenza.
Prendendo le mosse dai mutamenti nei paesi del Sud del mondo, dal dibattito in seno al movimento femminista sul lavoro di produzione e di riproduzione che si era sviluppato nel decennio precedente e dall'analisi del pensiero di Rosa Luxemburg sulle "economie naturali", Maria Mies, Veronika Bennoldt Thomsen e Claudia von Werlhof - si sono soffermate sul significato che assumono nell'accumulazione capitalistica le relazioni di lavoro non salariate.
Luxemburg non era femminista, ma la sua analisi e' stata cruciale per comprendere perche' le donne, come lavoratrici non pagate, le colonie e le risorse naturali devono essere sfruttare per consentire la crescita capitalistica (Mies 2014, p. XVII).
Il lavoro domestico delle donne in Occidente e la produzione di sussistenza nei paesi del Sud del mondo rappresentano la base materiale del processo di valorizzazione e accumulazione. La principale contraddizione nel capitalismo, dunque, non e' quella tra il lavoro salariato e il capitale, ma tra il capitale, le varie forme di lavoro e, in definitiva, la vita stessa (4).
Si e' cosi' andata affermando nel pensiero ecofemminista una nuova prospettiva, la prospettiva della sussistenza, che si puo' applicare in ogni sfera dell'attivita' umana e che individua una via di liberazione nella semplicita' volontaria, nell'autosufficienza, nella riduzione dei consumi che causano poverta', distruzione dell'ambiente e accrescono le forme piu' brutali di dominio sulle donne e prefigura un'economia morale basata su principi etici che superi l'attuale divisione sessuale del lavoro. Il distacco dalla sussistenza e dalla riproduzione della vita e' il terreno su cui si e' sviluppata l'economia capitalistica che propone una nuova trascendenza che uccide la vita oggi e trasferisce le sue false promesse nel futuro. Al contrario, la politica che pone al centro i valori della sussistenza segue l'immanente, i bisogni reali delle persone reali, attribuisce valore a tutti i viventi e alla natura e puo' prendere avvio solo dal basso. Solo l'abbandono della produzione di merci e la rivitalizzazione dell'economia di sussistenza, che e' stata a lungo oppressa e distrutta, potra' impedire che il sistema mondiale capitalistico giunga alle sue ultime conseguenze divenendo un sistema di guerra globale.
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Femminismi e decrescita
Nella convinzione che la crescita economica non sia un processo neutrale rispetto al genere numerose femministe negli ultimi anni si sono interrogate sull'incontro possibile tra femminismo e decrescita, ma questo incontro si e' rivelato difficile (Bianchi 2015).
Nel 2016, alla quinta Conferenza internazionale della decrescita a Budapest e' nata FaDA, Feminisms and Degrowth Alliance, una rete di studiose e attiviste ormai diffusa in molti paesi con lo scopo di includere l'analisi di genere e la riflessione sul rapporto patriarcato-capitalismo nel pensiero della decrescita. Benche' il dialogo sia ormai avviato, le argomentazioni femministe ed ecofemministe non sono ancora parte integrante della proposta di decrescita (Saave-Harnack - Dengler - Muraca 2019; Dengler 2021). Alle stesse conclusioni sono giunti gli studi di altre autrici, come quello di di Patricia Ellis Perkins (2017) e di Marisol Bock (2021). La letteratura ecofemminista, ha scritto Perkins, e' per lo piu' ignorata, in particolare quella sul tema della dipendenza del capitalismo dal lavoro non pagato delle donne e dai "servizi ecologici non pagati" (2017). Eppure, le riflessioni ecofemministe sulla storia, l'economia, la scienza e l'ecologia potrebbero essere fonti importanti di ispirazione per l'attivismo e il pensiero della decrescita.
Di fronte all'intensificazione del riarmo, alla moltiplicazione dei conflitti e all'aggravamento della crisi ecologica, una convergenza profonda delle due linee di pensiero appare cruciale.
Solo il riconoscimento dell'interconnessione tra tutti i rapporti di dominio (di genere, di classe, di razza, di eta', di specie), solo l'abbandono di un modo di pensare che separa le relazioni di potere tra uomini e donne, tra umani e mondo naturale, tra umani e animali, tra metropoli e colonie, potranno condurre a una strategia di pace inclusiva, coerente ed efficace.
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Riferimenti bibliografici
Bianchi Bruna, Ecofemminismo e decrescita. Una convergenza possibile?, "DEP. Deportate, esuli, profughe", 27, 2015, pp. 245-258, www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/DEP/numeri/n27/26_rir_26-Bianchi-intervento.pdf.
Bock Marisol, Contributions from Feminist and Plural Peace Perspectives to Promote Degrowth - a Dialogic Approach in Times of Multiple Interlocking Crises, phD, Universitat Jaume 2021.
Caloz-Tschopp Marie-Claire, Frontex. Une societe' capitaliste du mensonge. L'effet bumerang et la revolution d'aujourd'hui. Relire Hannh Arendt, Rosa Luxemburg, Cornelius Castoriadis, Laurent Monnier, Rada Ivekovic, Anne Amiel..., 28 aprile 2022, www.sosf.ch/cms/upload/20220428_MCCT_essai.pdf.
D'Eaubonne Françoise, Ecologie et feminisme. Revolution ou mutation? (1978), Editions Libre et Solidaire, Paris 2018.
– La natura della crisi, "DEP. Deportate, esuli, profughe", 48, 2022, pp. 93-98, www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/DEP/numeri/n48/12_Eaubonne.pdf
Dengler Corinna, Degrowth, in Gunseli Berik – Ebru Kongar (eds.), The Routledge Handbook of Feminist Economics, Routledge, London - New York 2021, pp. 369-377.
Di Benedetto Giovanni, La primavera che viene. Attualita' di Rosa Luxemburg, Mimesis, Milano 2021.
Gimbutas Marjia, Le dee viventi (1999), Medusa, Milano 2005.
Goldblum Caroline, Françoise d'Eaubonne & l'ecofeminism, Editions le passager clandestin, Paris 1919.
Luxemburg Rosa, Juniusbrochure (1915), in Rosa Luxemburg, Scritti scelti, a cura di Luciano Amodio, Einaudi, Torino 1976, pp. 463-520.
– L'accumulazione del capitale. Contributi alla spiegazione economica dell'imperialismo (1913), Einaudi, Torino 1968.
– Una Anticritica, in L'accumulazione del capitale, cit., pp. 473-588.
Mies Maria, Patriarchy and Acccumulation on a World Scale. Women in the International Division of Labour (1986), Zed Books, London 2014.
– Krieg ohne Grenzen. Die neue Kolonisierung der Welt, PapyRossa, Koeln 2005.
Perez Orozco Amaia, La subversion feminista de la economia. Sobre el conflicto capital-vida, Traficantes de suenos 2014.
Perkins Patricia Ellie, Degrowth, Commons and Climate Justice: Ecofeminist Insights and Indigenous Political Traditions, 2017, www.nottingham.ac.uk/climateethicseconomics/documents/papers-workshop-4/perkins.pdf
Saave-Harnack Anna - Dengler Corinna - Muraca Barbara, Feminisms and Degrowth. Alliance or Foundational Relation?, "Global Dialogue", vol. 9, 1, 2019, pp. 29-30, globaldialogue.isa-sociology.org/articles/feminisms-and-degrowth-alliance-or-foundational-relation.
Turchetto Maria, Contro la catastrofe - con la testa e con il cuore, Prefazione a Di Benedetto, La primavera che viene, cit.
Werlhof Claudia von, Vom Wirtschaftskrieg zur Kriegswirtschaft. Die Waffen der "Neuen-Welt-Ordnung", in Maria Mies, Krieg ohne Grenzen. Die neue Kolonisierung der Welt, cit., pp. 40-48.
– No Critique of Capitalism Without a Critique of Patriarchy! Why the Left Is No Alternative, "Capitalism, Nature, Socialism", vol. 18, 1, 2007, pp. 13-27.
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Note
1. L'opera a lungo e' stata poco letta; dal 1972 al 2012 nessuna ristampa e' apparsa in italiano.
2. Si veda anche il volume di Giovanni Di Benedetto, apparso pochi mesi prima dello scoppio del conflitto (2021).
3. Su Françoise d'Eaubonne come anticipatrice della decrescita si veda: Goldblum 2019.
4. Su questo tema si veda il volume dell'ecofemminista spagnola Amaia Perez Orozco (2014).
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(*) Testo dell'intervento all'incontro web "Guerra, nonviolenza, decrescita" (con Mario Agostinelli, Bruna Bianchi, Enrico Euli e Daniela Padoan) promosso dall'Associazione della decrescita il 19 maggio).

2. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?

Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
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Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
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E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

3. INIZIATIVE. IL 21 MAGGIO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI PER LA PACE

Domenica 21 maggio 2023 si svolgera' la marcia Perugia-Assisi per la pace.
Per informazioni e adesioni: www.perugiassisi.org

4. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]

3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
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ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/

5. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI

Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
*
Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
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Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.

6. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it

7. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

8. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

9. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

10. MAESTRE. "POETRY FOUNDATION": PROFILO DI TACEY M. ATSITTY
[Dal sito www.poetryfoundation.org riprendiamo e diffondiamo]

Tacey M. Atsitty
Tacey M. Atsitty is a Dinee' poet and a PhD student at Florida State University. Her latest book is Rain Scald (University of New Mexico Press, 2018).

11. MAESTRE. "POETRY FOUNDATION": PROFILO DI ESTHER BELIN
[Dal sito www.poetryfoundation.org riprendiamo e diffondiamo]

Esther Belin
b. 1968
www.bitterwater.weebly.com
A Dine' (Navajo) multimedia artist and writer, Esther Belin grew up in Los Angeles, California. She is a graduate of the Institute of American Indian Arts and the University of California, Berkeley. Her first book of poetry, From the Belly of My Beauty (1999), won the American Book Award from the Before Columbus Foundation. She is also the author of the collection Of Cartography (2017).
Belin's parents were relocated from the Southwest in the 1950s as part of the federal Indian relocation policy, and her work reflects the experience of a Native American living in urban Los Angeles. She often addresses the attempts to assimilate Native Americans into mainstream American culture, as well as larger themes of racism, alienation, and substance abuse.
In a 2000 interview for SAIL (Studies in American Indian Literatures), Belin stressed the connection between writing and the oral tradition. She elaborated: "I see myself as an interpreter of what happened in my parents' generation, and I want to let people know about their experiences, especially with boarding schools and relocation. I see my books as an anthropological text—telling what it's like for Native people."
Belin lives in Durango, Colorado.

12. MAESTRE. "POETRY FOUNDATION": PROFILO DI KIMBERLY BLAESER
[Dal sito www.poetryfoundation.org riprendiamo e diffondiamo]

Kimberly Blaeser
b. 1955
Poet, photographer, scholar, and fiction writer Kimberly Blaeser is an enrolled member of the White Earth Nation and grew up on the reservation in northwestern Minnesota. Blaeser worked as a journalist before earning her PhD from the University of Notre Dame. She is currently a Professor at University of Wisconsin-Milwaukee, an MFA faculty member at the Institute of American Indian Arts in Santa Fe, and founding director of In-Na-Po (Indigenous Nations Poets).
Blaeser's poems embody her work as a naturalist, offer intimate glimpses into the lives of Native American life and culture, and exhibit a political activism that extends to current issues both tribal and global. She writes in hybrid forms that vary from extended narrative to haiku poems to concrete poetry and her work incorporates the Anishinaabe language. Her collections of poetry include Resister en dansant/Ikwe-niimi: Dancing Resistance (2020), Copper Yearning (2019), winner of the Edna Meudt Poetry Book Award, Apprenticed to Justice (2007), Absentee Indians and Other Poems (2002), and Trailing You (1994), which won the Native Writers' Circle of the Americas First Book Award. She is also the author of a critical study on fellow White Earth writer Gerald Vizenor, titled Gerald Vizenor: Writing in the Oral Tradition (1996).
Blaeser edited the anthologies Traces in Blood, Bone & Stone: Contemporary Ojibwe Poetry (2006), and Stories Migrating Home: A Collection of Anishinaabe Prose (1999), and served as a contributing editor for When the Light of the World Was Subdued, Our Songs Came Through: A Norton Anthology of Native Nations Poetry (2020). Her writing appears in numerous anthologies including: Living Nations, Living Words (2021 edited by Joy Harjo), Geo-Poetics in Practice (2020, edited by Eric Magrane, Craig Santos Perez, Linda Russo, and Sarah de Leeuw), Ghost Fishing: An Eco-Justice Poetry Anthology (2018, edited by Melissa Tuckey), and Undocumented: Great Lakes Poet Laureates on Social Justice (2019, edited by Ron Riekki and Andrea Scarpino).
Blaeser, who is a past Wisconsin Poet Laureate, has been recognized with various awards including a Lifetime Achievement Award from the Native Writers' Circle of the Americas (2021), Notable Authors Award from the Wisconsin Library Association (2021), Wisconsin Academy Fellow Award (2020), Zona Gale Short Fiction Award (2020), Individual Artist Fellowship in Poetry from the Wisconsin Arts Board (2001). She has served on the editorial boards of Michigan State University's American Indian Studies Series and the University of Nebraska Press's Indian Lives Series.
Blaeser's photographs, picto-poems, and ekphrastic pieces have appeared in exhibits such as "Ancient Light," "Visualizing Sovereignty," and "Nomorestolensisters." She lives in rural Wisconsin; and, for portions of each year, in a water-access cabin near the Boundary Waters Canoe Area Wilderness in Minnesota.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 135 del 15 maggio 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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