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[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 130
- Subject: [Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 130
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Wed, 10 May 2023 05:36:16 +0200
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 130 del 10 maggio 2023
In questo numero:
1. Bruna Bianchi: L'incubo che nasce a Hiroshima
2. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
3. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
4. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
5. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
6. Alcuni riferimenti utili
7. Ripetiamo ancora una volta...
1. L'ORA. BRUNA BIANCHI: L'INCUBO CHE NASCE A HIROSHIMA
[Dal sito di "Comune-info" riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo del 10 agosto 2022]
Sono trascorsi settantasette anni e l'abisso in cui la ricerca sfrenata della superiorita' militare ha spinto l'umanita' e' piu' spalancato che mai. Una simulazione condotta dall'Universita' di Princeton, stato del New Jersey, stima in oltre 90 milioni di persone le potenziali vittime di uno scontro nucleare tra Russia e Stati Uniti nelle prime ore del conflitto. Sono naturalmente esclusi gli incalcolabili effetti secondari. Sembra impossibile ma ci siamo abituati tutti a considerare normale, e soprattutto in modo astratto, il ciglio del baratro su cui danzano le potenze del pianeta. Bruna Bianchi ripercorre il letale (quanto poco noto) tunnel del terrore imboccato il 6 agosto del 1945 attraverso la straordinaria storia di Rosalie Bertell, epidemiologa, suora, femminista e ambientalista statunitense scomparsa dieci anni fa. Una donna che ha dedicato l'intera vita a studiare e denunciare i legami tra la ricerca scientifica e il complesso militare industriale con i suoi piani bellici di distruzione degli ecosistemi. "Oggi desidero esporre pubblicamente il processo di brutalizzazione che si sta svolgendo in preparazione della III guerra mondiale", disse la Bertell il 18 febbraio 1983 al tribunale di Norimberga - che riprendeva il discorso dalle promesse tradite pronunciate in quella stessa citta' nel 1945-1946. Quel processo di brutalizzazione deriva dal principio della sovranita' nazionale, un principio primitivo, fondato sul diritto dello Stato di sacrificare la vita dei propri cittadini e di quelli degli altri paesi in nome della sicurezza nazionale. Un principio che, con le armi atomiche, e' arrivato da tempo alle sue estreme conseguenze: l'annientamento della vita.
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"Piu' mi avvicino alla morte e piu' mi convinco che l'esercito e' la causa di tutti i mali e della corruzione di questo mondo"
(Lev Tolstoj, 1901).
"La militarizzazione e' un cancro che affligge l'umanita' e che ci uccidera' tutti e tutte se non sara' distrutta"
(Rosalie Bertell, 1983).
Da quando, poco dopo l'invasione dell'Ucraina, Wladimir Putin ha lanciato la minaccia di usare le armi atomiche, alcuni cosiddetti "esperti" e giornalisti hanno cercato di normalizzare l'idea di un attacco nucleare. Lo ha ricordato Ray Acheson, responsabile del progetto di disarmo della Women's International League for Peace and Freedom, il 19 aprile in Don't Normalise Nuclear Weapons and War - Abolish Them (1).
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La guerra in Ucraina e la banalizzazione del nucleare
Con un linguaggio tecnico-strategico gli scritti di questi "esperti" occultano le conseguenze fisiche, morali, emotive della guerra nucleare e i danni irreparabili alla natura. Ne e' un esempio l'articolo apparso il 21 marzo sul "New York Times", in cui l'autore, riferendosi alle armi che la Russia potrebbe utilizzare, le definisce "bombe piu' piccole", "forse meno spaventose e maggiormente pensabili", armi tattiche dalla forza esplosiva variabile e controllabile in base alle "necessita' militari" (2).
In termini di forza distruttiva, precisa Acheson, non c'e' niente di "piccolo" in alcuna delle armi nucleari. Le armi "tattiche" russe hanno una potenza da 10 a 100 chilotoni; quelle che hanno colpito Hiroshima e Nagasaki avevano rispettivamente una potenza di 15 e 22 chilotoni. Una simulazione condotta dagli studiosi dell'Universita' di Princeton ha valutato in oltre 90 milioni le vittime di uno scontro nucleare tra Russia e Stati Uniti nelle prime ore del conflitto, senza contare gli effetti di una carestia che interverrebbe a causa della devastazione della terra (3). Questo l'abisso a cui ha condotto la ricerca della superiorita' militare.
Fino a che esisteranno, le armi nucleari potranno essere fatte detonare e sono sempre state usate per minacciare e terrorizzare. Dal bombardamento di Hiroshima e Nagasaki la popolazione civile e' stata continuamente tenuta in scacco dalla minaccia dell'annientamento, mentre l'espansione aggressiva della tecnologia nucleare ha diffuso in tutto il pianeta l'avvelenamento radioattivo.
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Rosalie Bertell: ricerca scientifica e attivismo antinucleare
Opporsi alla normalizzazione di queste tecnologie, rendere visibili e lenire le sofferenze delle vittime, svelare i piani militari distruttivi degli ecosistemi e' stato l'impegno della vita di Rosalie Bertell (1929-2012), epidemiologa, attivista ambientale, esperta internazionale delle radiazioni, direttrice dal 1987 al 2004 dell'International Institute of Concern for Public Health nonche' suora delle Grey Nouns of the Sacred Heart (4). Insignita di numerosi premi a livello internazionale, tra cui il Right Livelihood Award nel 1986, Rosalie Bertell ha fatto parte di quel piccolo gruppo di scienziati e scienziate che dagli anni Settanta si opposero alla diffusione della tecnologia nucleare, denunciarono i legami tra la ricerca scientifica e il complesso militare industriale, persero i fondi per le loro ricerche e furono screditati a causa del loro attivismo.
Dal 1969 al 1978 Rosalie Bertell lavoro' presso il Roswell Park Cancer Institute ad un progetto che raccolse la storia clinica di 16 milioni di persone di tre stati (New York, Maryland e Minnesota) analizzando il rapporto tra il livello di radiazioni e la diffusione della leucemia e del cancro, un progetto a cui in seguito la Nuclear Regulatory Commission nego' i fondi per continuare le ricerche.
Nel 1973, quando ancora le sue ricerche non avevano affrontato la questione nucleare, il Comitato antinucleare dei cittadini della regione del Niagara la invito' a testimoniare come esperta alla seduta pubblica che avrebbe dovuto dare un parere sulla costruzione di una centrale nucleare. Per la prima volta Bertell si rese conto di come venissero negati i rischi delle radiazioni da parte dei rappresentanti dell'industria. Grazie al suo intervento, l'autorizzazione non fu concessa e lei fu sommersa dagli inviti da parte di varie comunita' degli Stati Uniti.
"'Verresti da noi a parlarci dell'energia nucleare?'. Improvvisamente, mi trovai nella condizione in cui sentivo che dovevo capire quali erano le dichiarazioni dell'industria, quale fosse il livello di radiazioni che colpiva la popolazione, da dove provenivano le regolamentazioni sulle radiazioni, quali dati scientifici erano alla base di queste regole, e cosi' via" (5).
Ben presto scopri' che quelle regole erano basate su "ipotesi plausibili" e non su accurate ricerche scientifiche. Ogni volta che tentava di individuare una connessione tra i bassi livelli di radiazioni con la bomba atomica, si trovava di fronte al segreto militare. "Nel 1945, poco dopo il bombardamento [di Hiroshima e Nagasaki] gli americani istituirono una Commissione (Atomic Bomb Casualty Commission) in entrambe le citta' e il governo mantenne il controllo totale delle informazioni sulle conseguenze delle radiazioni" (6).
Abolire la segretezza, far valere il diritto fondamentale all'informazione, svelare "gli empi segreti" militari e mutare radicalmente il processo decisionale erano, a suo parere, le premesse fondamentali per avviare il processo di pace. Ricerca scientifica e attivismo le apparvero sempre piu' chiaramente come inseparabili. Nel 1975 trascorse un periodo di riflessione e di preghiera in un convento delle Carmelitane nel Vermont.
"Durante il ritiro persi qualsiasi resistenza interna a diventare un'attivista. Dovevo sentirmi abbastanza libera di dedicarmi interamente a questo lavoro, di non preoccuparmi del denaro o dello status o di cio' che pensava la gente, o di cosa una suora dovesse fare o di cosa pensasse il vescovo. Dovevo sentire la sofferenza della terra e comprendere nel profondo che non doveva soffrire" (7).
Abbandonata la carriera scientifica nelle istituzioni pubbliche, Bertell si impegno' per la ricerca indipendente sugli effetti dell'esposizione a bassi livelli di radiazioni e sfido' i calcoli basati sul rapporto rischi/benefici. Nel 1978 fondo' il Ministry for Public Health, una organizzazione senza scopi di lucro impegnata in ricerche a livello locale con le comunita', testimonio' come esperta nei processi per danni alla salute causati dalle radiazioni e, sostenuta da una rete di suore cattoliche, ando' in aiuto alle vittime.
Dal 1980 il suo maggiore impegno fu rivolto al sostegno dell'attivismo antinucleare dei popoli indigeni di tutto il mondo aiutando le comunita' a comprendere la relazione tra la salute e l'esposizione alle radiazioni. Le questioni relative alla salute, era convinta, andavano affrontate dal punto di vista delle comunita' colpite, promuovendo studi a livello di comunita' e con la partecipazione delle comunita'. Le esperienze delle donne, dei poveri, dei gruppi marginalizzati erano il punto di partenza dell'indagine scientifica intesa come servizio alle comunita' e agli individui.
Nel 1985 apparve il suo primo libro, No Immediate Danger. Prognosis for a Radioactive Earth un'opera considerata la continuazione di Primavera silenziosa (1962) in cui, sulla scia di Rachel Carson, mosse una critica radicale all'ideologia dei "livelli di tolleranza", quel lento avvelenamento imposto come prezzo dello sviluppo che tutti dovrebbero accettare. Al "forte grido di battaglia" lanciato da Carson contro i pesticidi, Bertell univa il suo grido contro le radiazioni.
Come Carson, l'epidemiologa americana sfido' la nozione di oggettivita' scientifica che implicava il distacco dai soggetti dell'analisi, accuso' di arroganza la scienza moderna che legittimava l'introduzione nell'ambiente naturale di sostanze chimiche e di metalli pesanti prima di averne verificato la pericolosita', ignorando gli effetti combinati degli agenti tossici e negando il principio di precauzione che la complessita' ecologica avrebbe richiesto.
In piu' occasioni si reco' in Giappone e ascolto' dalla viva voce dei sopravvissuti il dramma delle esplosioni e nel 1978, commemorando le vittime di Hiroshima e Nagasaki, avanzo' l'idea di un tribunale internazionale che mettesse al bando le armi nucleari.
Nella ricorrenza della tragedia di Hiroshima e a dieci anni dalla morte di Rosalie Bertell, le pagine che seguono si soffermano sulla sua attivita' e alcuni suoi scritti pubblicati tra il 1983 e il 1985, in particolare sul discorso che pronuncio' di fronte al Tribunale di Norimberga contro le armi di distruzione di massa all'Est e all'Ovest (18-20 febbraio 1983).
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Norimberga 1983: la continuita' tra Auschwitz e Hiroshima
La decisione di convocare un tribunale a Norimberga per condannare le armi di distruzione di massa come crimini contro l'umanita' fu approvata nel novembre 1982 dall'assemblea federale del partito dei Verdi ad Hagen. Nel 1985 Rosalie Bertell ha ricordato le parole pronunciate da un giurista il 12 giugno di quell'anno, alla vigilia della grande manifestazione contro il nucleare che si tenne a New York: "Oggi dobbiamo applicare il diritto internazionale se vogliamo sopravvivere. Non ci sara' alcun tribunale di Norimberga per giudicare i crimini contro l'umanita' dopo la Terza guerra mondiale perche' dopo una guerra nucleare non ci saranno vincitori" (8).
Fu grazie alla visione ecopacifista di Petra Kelly e al suo impegno di anni nei movimenti contro il nucleare che si concretizzo' l'idea del tribunale di Norimberga (9). Data e luogo furono accuratamente scelti: la citta' tedesca aveva un forte valore simbolico e di denuncia: la "promessa" del tribunale di Norimberga del 1945-1946 era stata infranta e in quel luogo doveva essere riaffermata. La data, il 18 febbraio, faceva riferimento al discorso di quarant'anni prima quando, al palazzo dello sport di Berlino, Joseph Goebbels invoco' la guerra totale: "Volete la guerra totale? La volete, se necessaria, piu' totale e piu' radicale di quanto si possa immaginare?" (10).
Il 18 febbraio 1983, nel discorso di apertura dei lavori del tribunale, Petra Kelly sostenne la continuita' tra i crimini nazisti e la politica di riarmo delle superpotenze: "Noi ci stiamo avvicinando al campo di concentramento globale e all'olocausto globale, alla possibilita' di una guerra nucleare analoga al crimine nazionalsocialista della follia razziale" (11).
Dopo aver ascoltato i testimoni che si avvicendarono sul palco - tra cui Johan Galtung, Barry Commoner e Rosalie Bertell - la giuria, composta da sei personalita' del mondo scientifico, filosofico, ecologista e religioso, emise le sue deliberazioni in cui si definivano crimini contro l'umanità la produzione, la sperimentazione, il possesso, l'uso di armi di distruzione di massa e si affermava l'obbligo degli stati di smantellare i loro arsenali. Il 20 febbraio Petra Kelly e Hermann Verbeck, il religioso olandese che aveva fatto parte della giuria, lanciarono il loro appello all'azione (12).
Nonostante i principi fissati dal tribunale siano oggi al centro degli impegni degli stati che hanno ratificato il trattato di proibizione delle armi nucleari, e dell'attivismo pacifista, il tribunale del febbraio del 1983 e le sue risoluzioni non hanno avuto grande risonanza.
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Le prime vittime della III guerra mondiale
"Oggi desidero esporre pubblicamente il processo di brutalizzazione che si sta svolgendo in preparazione della III guerra mondiale" (13). Con queste parole Rosalie Bertell iniziava la sua testimonianza. Il processo di brutalizzazione derivava dal principio della sovranita' nazionale, un principio primitivo, fondato sul diritto dello stato di sacrificare la vita dei propri cittadini e di quelle degli altri paesi in nome della sicurezza nazionale, un principio che era arrivato alle sue estreme conseguenze, l'annientamento della vita.
La scienziata americana volle prima di tutto ricordare le vittime, a partire da quelle di Hiroshima e Nagasaki. "Ignorare la loro sofferenza significa cooperare con il processo di brutalizzazione che prepara il mondo per l'olocausto nucleare. In questo modo si accetta di cooperare con il principio che le nazioni hanno diritto di vita e di morte sui loro cittadini" (14).
Sulla base dei dati raccolti dalla Committee for the Compilation of Materials on Damages Caused by the Atomic Bomb in Hiroshima and Nagasaki (1981), nelle due citta' giapponesi ci furono immediatamente 155.521 morti; 2.140 donne gravide restarono uccise, 400 abortirono; 147.033 persone persero la vita tra settembre 1945 e gennaio 1950; 1.523 bambini nacquero con malformazioni, 200 dei quali con gravi danni cerebrali. Tra i sopravvissuti insorsero migliaia di casi di cancro (tra 3.500 e 13.5000); 21.600 bambini nacquero con danni genetici. "Bambini con alterazioni genetiche continueranno a nascere e a loro volta genereranno bambini con alterazioni genetiche per molte generazioni a venire" (15).
Negli anni che seguirono, "in tempo di pace", le sperimentazioni delle armi nucleari hanno causato un numero di vittime molto piu' elevato, almeno milioni, a cui si dovevano aggiungere i continui casi di morte derivati dalle attivita' connesse alla produzione delle armi atomiche (da 36.700 a 78.300 all'anno). Incalcolabili i danni genetici e cerebrali che si sarebbero tramandati di generazione in generazione, enormi i danni ambientali, crimini compiuti per lo piu' sulle minoranze, sulle popolazioni indigene, sulle persone piu' vulnerabili, sulle donne e, soprattutto, sui i bambini.
Nella sua testimonianza al tribunale Bertell menziono' le principali sperimentazioni delle grandi potenze: quelle britanniche in Australia, quelle francesi nel Pacifico, quelle americane nel Nevada, quelle sovietiche nella regione di Novaja Zemlja che hanno rotto il delicato equilibrio dell'ecosistema artico.
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La catena delle crudelta'
Accanto ai dati relativi ai danni alle popolazioni e alla natura, Bertell volle mettere in luce anche la catena delle crudelta' inflitte alle popolazioni sacrificate agli obiettivi militari: la repressione, la segretezza, le menzogne, la negazione dell'assistenza, l'abbandono.
Quando l'ultima delle 96 bombe fatte esplodere dalla Francia sull'isola di Mururoa causo' il collasso del piedestallo corallino e l'isola inizio' ad affondare nell'oceano, le sperimentazioni furono semplicemente spostate su un'altra isola lasciando che il plutonio e altri prodotti della fissione si diffondessero ovunque, incluse le zone di riproduzione delle creature marine. La popolazione non era mai stata informata ne' protetta dalle ricadute delle detonazioni, anzi, il governo francese ha perseguito i dissidenti polinesiani, imprigionandoli in Francia e tre mesi prima dell'inizio delle sperimentazioni ha sospeso la pubblicazione delle statistiche sanitarie della Polinesia. Recentemente la Francia si e' rifiutata di collaborare con lo studio promosso dall'Organizzazione mondiale della sanita' sul cancro nella Polinesia. E' chiaro che i diritti umani e alla salute dei polinesiani sono stati sacrificati ai programmi militari della Francia (16).
Solo recentemente e' stato accertato che il 90% della popolazione polinesiana e' stata colpita dalle radiazioni (17). Un altro esempio portato da Bertell e' quello dell'atollo Kwajalein, terreno di sperimentazione dei missili americani, i cui abitanti (circa 8.000) furono trasferiti nella piccola isola di Ebeye dove non esisteva piu' vegetazione e dove essi vissero in abitazioni di cemento o in baracche sul mare. In quelle condizioni la popolazione di Kwajalein fu decimata, mentre quella dell'isola di Eniwetok fu condotta sull'orlo dell'estinzione.
"Eniwetok e' un'isola delle Marshall piu' inquinata dalle ricadute radioattive di Bikini. Dal Dipartimento dell'energia e' stata ufficialmente dichiarata inabitabile a causa delle sperimentazioni delle armi americane. La scorsa estate gli abitanti di Eiwentok sono tornati nella propria isola nonostante il divieto. Avevano deciso che, a causa delle malattie di cui hanno fatto l'esperienza e le malformazioni alla nascita dei bambini, si stavano estinguendo come popolo. Volevano morire nella loro terra. [...] La cultura, la salute e il futuro di queste popolazioni delle isole sono state sacrificate agli obiettivi militari degli Stati Uniti" (18).
Un grave oltraggio da parte del governo americano alle vittime del nucleare fu commesso quando, il 6 agosto 1982, nel trentasettesimo anniversario di Hiroshima, fu fatta detonare nel Nevada una delle bombe piu' potenti.
Il disprezzo per i diritti umani elementari e' stato manifestato dalla Russia in seguito al disastro nucleare di Celjabinsk quando una esplosione in un deposito di scorie contamino' un territorio di 1500 chilometri quadrati. Alle vittime delle radiazioni non fu concesso di avere contatti con altre persone ugualmente contaminate negando loro anche il conforto che proviene dalla condivisione del dolore. Per di piu', la polizia militare sovietica vieto' a persone esterne di assistere le vittime e di imparare dalla loro tragica esperienza.
"Vorrei reclutare infermiere, medici, radiologi affinche' si rechino in questi luoghi per dare assistenza alle vittime. Credo che si debba rendere visibile al mondo la loro sofferenza per iniziare a sanare queste ferite aperte sulla faccia del pianeta, come una precondizione di pace. Voglio iniziare a organizzare questo sforzo che richiede denaro e personale" (19).
Bertell non riusci' a recarsi in Russia, ma qualche mese dopo la conclusione dei lavori del tribunale di Norimberga si reco' in Micronesia dove partecipo' alla Fourth Nuclear Free and Independent Pacific Conference a Vanuatu in cui venne approvata la Carta dei popoli per un Pacifico indipendente e libero dal nucleare che denunciava il dominio coloniale brutale sui popoli del Pacifico (20).
Con l'epidemiologa Sara Cate e la suora Colette Tardif di Winnipeg, cerco' di verificare le conseguenze delle radiazioni sulla salute degli abitanti, li incontro' e ascolto' le loro tragiche esperienze, le malattie e le deformita' dei neonati. Da allora non dimentico' lo strazio delle madri che paragonarono i loro figli a "meduse" e a "grappoli di uva". "Una donna mi disse di aver tenuto tra le braccia il suo bambino per tre ore fino a che non mori' e poi lo seppelli' in modo che suo marito non lo vedesse. Quelle che abbiamo di fronte sono donne che si colpevolizzano per aver avuto bambini deformi" (21). A loro dedico' una poesia dal titolo Una madre della Micronesia pubblicata nel 1983 nell'antologia ecofemminista, Reclaim the Earth. Women Speak out for Life on Earth (22).
Il mio bambino, il frutto del mio grembo
Per nove mesi l'ho desiderato
Per lui ho cantato
Per lui ho preparato i vestiti
Ho sognato dolci sogni
Il mio bambino, il frutto del mio grembo
Non aveva un volto da baciare
Non sentiva le mie canzoni
Non aveva occhi; ne' mani
Un grappolo d'uva
Il mio bambino, il frutto del mio grembo
Il suo cuore batte' furiosamente e poi si fermo'
Lo tenni stretto
Lo odiavo; lo amavo
Lo nascondevo alla vista
Il mio bambino, il frutto del mio grembo
Suo padre era la bomba atomica
Ha stuprato la nostra terra
Ucciso i nostri alberi
Mi dissecca la vita.
Accanto agli innumerevoli casi drammatici causati da alti livelli di contaminazione, ammonisce Bertell, bisognava dimenticare quelli causati da livelli di contaminazione inferiori. Le radiazioni, infatti, si sono diffuse in tutto il mondo e attraverso l'acqua, l'aria, il cibo sono entrate nei nostri corpi: tumori, alterazioni genetiche, diabete, malattie cardiache e tiroidee ne sono le conseguenze. Occorreva riconoscere dunque che "come specie umana abbiamo dato avvio ad un processo di morte".
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Onesta', coraggio e compassione
Come affrontare il processo di morte della specie? Nel rispondere a questa domanda Bertell si e' ispirata all'opera della psichiatra svizzera Elisabeth Kuebler-Ross, La morte e il morire (23) e alle diverse fasi del processo che portava alla completa accettazione della realta' da lei descritte. La prima fase e' quella della negazione di una realta' troppo difficile da sopportare, ed e' lo stato d'animo piu' diffuso; la seconda fase e' la collera, ovvero "la capacita' di piangere", uno stadio importante che il movimento pacifista aveva ormai raggiunto. Il terzo stadio e' quello del "venire a patti", ovvero quando si ha una parziale consapevolezza della situazione e la risposta e' troppo debole; quando si cercano magici rimedi, ci si culla nell'illusione di soluzioni tecnologiche che consentono di vivere come sempre e non si affronta il problema radicato nella struttura sociale. Nel mondo pacifista questo stadio e' bene esemplificato dall'incapacita' di andare al di la' della pubblicazione di opuscoli, dell'organizzazione di riunioni, dibattiti e manifestazioni di protesta.
La quarta fase e' quella della completa accettazione, del contatto profondo con quanto accade intorno a noi, la morte della specie. La completa accettazione non ha a che fare con le fantasie della catastrofe, di una distruzione totale da cui solamente puo' nascere un nuovo mondo e un nuovo modo di vivere. La tentazione di abbandonarsi a queste fantasie e' forte perche' libera dalla responsabilita'. Ma la realta' non e' cosi' semplice, scrivera' nel 1985. "Per molte persone la morte nucleare non sara' immediata. Ci possono volere giorni, mesi, anni. Ci sara' mancanza di cibo e ripari [...] ci saranno pochi bambini" (24). La responsabilita' di fronte alla sofferenza non sara' mai evitabile.
Al contrario, la completa accettazione in realta' conduce alla ricerca di nuove energie umane per allontanarsi dal precipizio nucleare e alla elaborazione di un nuovo modo di prendere le decisioni.
Mentre la costruzione di una comunita' globale nonviolenta richiedera' secoli di apprendimento e attivita' umane, l'allontanamento dal precipizio nucleare deve essere realizzato rapidamente. La domanda "Come farlo?" ha milioni di risposte - una per ogni persona che si risveglia alla realta'. Le soluzioni richiedono un mutamento dei modi di vita, una genitorialita' nonviolenta, la cura per gli ecosistemi e per i prodotti della terra [...]. Il modo generale di azione e' la non cooperazione con la morte e la cooperazione con la vita (25).
La fase della completa immersione nella realta' e' descritta da Rosalie Bertell come un risveglio interiore, simile a quello attraversato da lei stessa nel corso del "ritiro di preghiera". Un "meraviglioso esempio" era quello delle donne di Greenham Common "che hanno fatto cio' che non potevano non fare: hanno lasciato la loro vita normale, hanno vissuto in tende, dormito sulla pietra" (26).
Il ruolo delle donne nell'affermazione di una societa' orientata alla pace le apparve sempre cruciale. "Non a caso, scrisse nel 1985, il movimento femminista coincide con il movimento pacifista e anti-nucleare".
In un modo speciale le donne nella societa' assistono alla nascita e alla morte e ora hanno spostato la loro attenzione al processo di morte della specie e alla nascita di un nuovo modo di condurre le questioni umane che puo' scongiurare questa morte. In tutto il mondo le donne hanno messo da parte "la vita normale" per condividere l'afflizione dei morenti, dei bambini denutriti, delle vittime "scomparse" della violenza governativa e urbana, dei popoli devastati dalle rivoluzioni e dalle guerre. Le donne inoltre hanno creato e sperimentato nuovi sistemi sociali ideati per decentralizzare il processo decisionale, aumentare al massimo la liberta' e la diversita' e sviluppare la cooperazione e la verita' (27).
Oltre che dai suoi valori religiosi e morali, Rosalie Bertell fu sempre guidata dalla sua visione ecofemminista. Nel 2010, in uno dei suoi ultimi scritti, Distruggere lentamente il nostro pianeta, sul tema della geoingegneria (28), si legge:
"E' giunto il momento di mettere in discussione il sistema patriarcale, che implica la dominazione su tutte le forme di vita; e il capitalismo gretto che richiede una eccessiva forza militare per salvaguardare il suo avido accumulare di risorse naturali. Dobbiamo accettare un doloroso piano per un futuro piu' intelligente, umano e femminile" (29).
Per attuare questo piano, come affermo' di fronte al tribunale di Norimberga, sara' "importante [...] che non si guardi solo al passato con rimorso e al futuro con paura, ma che si affronti il presente con onesta', coraggio e compassione".
5 agosto 2022
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Note
1. www.wilpf.org/dont-normalise-nuclear-weapons-and-war-abolish-them/.
2. William Borad, The Smaller Bombs that Could turn Ukraine into a Nuclear War Zone, www.nytimes.com/2022/03/21/science/russia-nuclear-ukraine.html.
3. sgs.princeton.edu/the-lab/plan-a.
4. Questo breve articolo si sofferma sugli anni 1983-1985, ovvero sul suo intervento al tribunale di Norimberga e sul suo primo libro, No Immediate Danger.Prognosis for a Radioactive Earth, The Women's Press, London 1985.
Su Rosalie Bertell si veda: Marie-Louise Engels, Rosalie Bertell. Scientist, Eco-feminist, Visionary, Women's Press, Toronto 2005. Si veda inoltre: Karen Charman, Remembering Rosalie Bertell, the "Anti-nuclear Noun", "Capitalism, Nature, Socialism", vol. 3, n. 4, 2012, www.researchgate.net/publication/263146071_Remembering_Rosalie_Bertell_the_Anti-nuclear_Nun.
5. Rosalie Bertell, Unholy Secrets. The Impact of Nuclear Age on Public Health, in Leonie Caldecott-Stephanie Leland (eds.), Reclaim the Earth. Women Speak out for Life on Earth, The Women's Press, London 1983, p. 25.
6. Engels, Rosalie Bertell, cit., p. 48.
7. Lisa Rumiel, Getting to the Heart of Science. Rosalie Bertell's Eco-Feminist Approach to Science and Anti-Nuclear Activism, "Journal of Women's History", vol. 26, 2, 2014, p. 140.
8. Citato da Rosalie Bertell, No Immediate Danger, cit., p. 330.
9. Sulla vita e il pensiero di Petra Kelly rinvio al saggio di Silvia Alfonsi, Petra Kelly. Vivere e pensare oltre i confini, in Bruna Bianchi - Francesca Casafina (a cura di), Oltre i confini. Ecologia e pacifismo nella riflessione e nell'attivismo pacifista, Biblion, Milano 2021, pp. 187-218.
10. www.britannica.com/video/180235/Joseph-Goebbels-war-crowd-Berlin-1943.
11. Regina Wick, "Die Mauer muss weg. Die DDR soll bleiben", Kholhammer, Stuttgart 2012, p. 124.
12. comune-info.net/non-permettere-di-assuefarsi-allidea-della-guerra/
13. Cito dalla versione scritta della testimonianza: Rosalie Bertell, Early War Crimes of WWIII, "Canadian Woman Studies/Les Cahiers de la femme", vol. XI, 1, 1988, p. 6, cws.journals.yorku.ca/index.php/cws/article/view/11838. Alcuni brani si possono ascoltare nel documentario sul tribunale, The Nuremberg Promise, vimeo.com/ondemand/thenurembergpromise/438901983.
14. Bertell, Early War Crimes of WWIII, cit., p.7
15. Ivi, p. 8.
16. Rosalie Bertell, Early War Crimes of WWIII, cit., p. 7.
17. Adrian Cho, France Grossly Underestimated Radioactive Fallout from Atom Bomb Tests, Study Finds, www.science.org/content/article/france-grossly-underestimated-radioactive-fallout-atom-bomb-tests-study-finds
18. Bertell, Early War Crimes of WWIII, cit., p.7.
19. Ibidem.
20. www.disarmsecure.org/nuclear-free-aotearoa-nz-resources/nuclear-free-and-independent-pacific-movement
21. Engels, Rosalie Bertell, cit., p. 139.
22. Curata da Leonie Caldecott e Stephanie, l'antologia apparve a Londra per The Women's Press, p. 111.
23. La traduzione italiana dell'opera e' stata pubblicata da Cittadella editrice, Assisi 1979. Questa parte della testimonianza si puo' ascoltare in The Nuremberg Promise poiche' non compare nella versione scritta. Bertell sviluppera' questo tema nella sua opera del 1985, No Immediate Danger, cit., pp. 310-373.
24. Ivi, p. 338.
25. Ivi, p. 345.
26. The Nuremberg Promise, cit. Per molti anni le donne hanno tenuto in vita il campo e oggi il terreno destinato alla base missilistica e' tornato proprieta' demaniale ed e' un'area naturalistica protetta.
27. Bertell, No Immediate Danger, cit., p. 374.
28. Su questo tema di cruciale attualita' "Voci di pace" accogliera' uno specifico contributo.
29. Cito da Bertell, Pianeta Terra. L'ultima arma di guerra, a cura di Maria Heibel, Asterios, Trieste 2018, p. 35.
2. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?
Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
*
Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
*
E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
3. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]
3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
*
ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/
4. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
*
Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
*
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.
5. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE
Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it
6. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
7. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 130 del 10 maggio 2023
*
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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Informativa sulla privacy
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 130 del 10 maggio 2023
In questo numero:
1. Bruna Bianchi: L'incubo che nasce a Hiroshima
2. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
3. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
4. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
5. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
6. Alcuni riferimenti utili
7. Ripetiamo ancora una volta...
1. L'ORA. BRUNA BIANCHI: L'INCUBO CHE NASCE A HIROSHIMA
[Dal sito di "Comune-info" riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo del 10 agosto 2022]
Sono trascorsi settantasette anni e l'abisso in cui la ricerca sfrenata della superiorita' militare ha spinto l'umanita' e' piu' spalancato che mai. Una simulazione condotta dall'Universita' di Princeton, stato del New Jersey, stima in oltre 90 milioni di persone le potenziali vittime di uno scontro nucleare tra Russia e Stati Uniti nelle prime ore del conflitto. Sono naturalmente esclusi gli incalcolabili effetti secondari. Sembra impossibile ma ci siamo abituati tutti a considerare normale, e soprattutto in modo astratto, il ciglio del baratro su cui danzano le potenze del pianeta. Bruna Bianchi ripercorre il letale (quanto poco noto) tunnel del terrore imboccato il 6 agosto del 1945 attraverso la straordinaria storia di Rosalie Bertell, epidemiologa, suora, femminista e ambientalista statunitense scomparsa dieci anni fa. Una donna che ha dedicato l'intera vita a studiare e denunciare i legami tra la ricerca scientifica e il complesso militare industriale con i suoi piani bellici di distruzione degli ecosistemi. "Oggi desidero esporre pubblicamente il processo di brutalizzazione che si sta svolgendo in preparazione della III guerra mondiale", disse la Bertell il 18 febbraio 1983 al tribunale di Norimberga - che riprendeva il discorso dalle promesse tradite pronunciate in quella stessa citta' nel 1945-1946. Quel processo di brutalizzazione deriva dal principio della sovranita' nazionale, un principio primitivo, fondato sul diritto dello Stato di sacrificare la vita dei propri cittadini e di quelli degli altri paesi in nome della sicurezza nazionale. Un principio che, con le armi atomiche, e' arrivato da tempo alle sue estreme conseguenze: l'annientamento della vita.
*
"Piu' mi avvicino alla morte e piu' mi convinco che l'esercito e' la causa di tutti i mali e della corruzione di questo mondo"
(Lev Tolstoj, 1901).
"La militarizzazione e' un cancro che affligge l'umanita' e che ci uccidera' tutti e tutte se non sara' distrutta"
(Rosalie Bertell, 1983).
Da quando, poco dopo l'invasione dell'Ucraina, Wladimir Putin ha lanciato la minaccia di usare le armi atomiche, alcuni cosiddetti "esperti" e giornalisti hanno cercato di normalizzare l'idea di un attacco nucleare. Lo ha ricordato Ray Acheson, responsabile del progetto di disarmo della Women's International League for Peace and Freedom, il 19 aprile in Don't Normalise Nuclear Weapons and War - Abolish Them (1).
*
La guerra in Ucraina e la banalizzazione del nucleare
Con un linguaggio tecnico-strategico gli scritti di questi "esperti" occultano le conseguenze fisiche, morali, emotive della guerra nucleare e i danni irreparabili alla natura. Ne e' un esempio l'articolo apparso il 21 marzo sul "New York Times", in cui l'autore, riferendosi alle armi che la Russia potrebbe utilizzare, le definisce "bombe piu' piccole", "forse meno spaventose e maggiormente pensabili", armi tattiche dalla forza esplosiva variabile e controllabile in base alle "necessita' militari" (2).
In termini di forza distruttiva, precisa Acheson, non c'e' niente di "piccolo" in alcuna delle armi nucleari. Le armi "tattiche" russe hanno una potenza da 10 a 100 chilotoni; quelle che hanno colpito Hiroshima e Nagasaki avevano rispettivamente una potenza di 15 e 22 chilotoni. Una simulazione condotta dagli studiosi dell'Universita' di Princeton ha valutato in oltre 90 milioni le vittime di uno scontro nucleare tra Russia e Stati Uniti nelle prime ore del conflitto, senza contare gli effetti di una carestia che interverrebbe a causa della devastazione della terra (3). Questo l'abisso a cui ha condotto la ricerca della superiorita' militare.
Fino a che esisteranno, le armi nucleari potranno essere fatte detonare e sono sempre state usate per minacciare e terrorizzare. Dal bombardamento di Hiroshima e Nagasaki la popolazione civile e' stata continuamente tenuta in scacco dalla minaccia dell'annientamento, mentre l'espansione aggressiva della tecnologia nucleare ha diffuso in tutto il pianeta l'avvelenamento radioattivo.
*
Rosalie Bertell: ricerca scientifica e attivismo antinucleare
Opporsi alla normalizzazione di queste tecnologie, rendere visibili e lenire le sofferenze delle vittime, svelare i piani militari distruttivi degli ecosistemi e' stato l'impegno della vita di Rosalie Bertell (1929-2012), epidemiologa, attivista ambientale, esperta internazionale delle radiazioni, direttrice dal 1987 al 2004 dell'International Institute of Concern for Public Health nonche' suora delle Grey Nouns of the Sacred Heart (4). Insignita di numerosi premi a livello internazionale, tra cui il Right Livelihood Award nel 1986, Rosalie Bertell ha fatto parte di quel piccolo gruppo di scienziati e scienziate che dagli anni Settanta si opposero alla diffusione della tecnologia nucleare, denunciarono i legami tra la ricerca scientifica e il complesso militare industriale, persero i fondi per le loro ricerche e furono screditati a causa del loro attivismo.
Dal 1969 al 1978 Rosalie Bertell lavoro' presso il Roswell Park Cancer Institute ad un progetto che raccolse la storia clinica di 16 milioni di persone di tre stati (New York, Maryland e Minnesota) analizzando il rapporto tra il livello di radiazioni e la diffusione della leucemia e del cancro, un progetto a cui in seguito la Nuclear Regulatory Commission nego' i fondi per continuare le ricerche.
Nel 1973, quando ancora le sue ricerche non avevano affrontato la questione nucleare, il Comitato antinucleare dei cittadini della regione del Niagara la invito' a testimoniare come esperta alla seduta pubblica che avrebbe dovuto dare un parere sulla costruzione di una centrale nucleare. Per la prima volta Bertell si rese conto di come venissero negati i rischi delle radiazioni da parte dei rappresentanti dell'industria. Grazie al suo intervento, l'autorizzazione non fu concessa e lei fu sommersa dagli inviti da parte di varie comunita' degli Stati Uniti.
"'Verresti da noi a parlarci dell'energia nucleare?'. Improvvisamente, mi trovai nella condizione in cui sentivo che dovevo capire quali erano le dichiarazioni dell'industria, quale fosse il livello di radiazioni che colpiva la popolazione, da dove provenivano le regolamentazioni sulle radiazioni, quali dati scientifici erano alla base di queste regole, e cosi' via" (5).
Ben presto scopri' che quelle regole erano basate su "ipotesi plausibili" e non su accurate ricerche scientifiche. Ogni volta che tentava di individuare una connessione tra i bassi livelli di radiazioni con la bomba atomica, si trovava di fronte al segreto militare. "Nel 1945, poco dopo il bombardamento [di Hiroshima e Nagasaki] gli americani istituirono una Commissione (Atomic Bomb Casualty Commission) in entrambe le citta' e il governo mantenne il controllo totale delle informazioni sulle conseguenze delle radiazioni" (6).
Abolire la segretezza, far valere il diritto fondamentale all'informazione, svelare "gli empi segreti" militari e mutare radicalmente il processo decisionale erano, a suo parere, le premesse fondamentali per avviare il processo di pace. Ricerca scientifica e attivismo le apparvero sempre piu' chiaramente come inseparabili. Nel 1975 trascorse un periodo di riflessione e di preghiera in un convento delle Carmelitane nel Vermont.
"Durante il ritiro persi qualsiasi resistenza interna a diventare un'attivista. Dovevo sentirmi abbastanza libera di dedicarmi interamente a questo lavoro, di non preoccuparmi del denaro o dello status o di cio' che pensava la gente, o di cosa una suora dovesse fare o di cosa pensasse il vescovo. Dovevo sentire la sofferenza della terra e comprendere nel profondo che non doveva soffrire" (7).
Abbandonata la carriera scientifica nelle istituzioni pubbliche, Bertell si impegno' per la ricerca indipendente sugli effetti dell'esposizione a bassi livelli di radiazioni e sfido' i calcoli basati sul rapporto rischi/benefici. Nel 1978 fondo' il Ministry for Public Health, una organizzazione senza scopi di lucro impegnata in ricerche a livello locale con le comunita', testimonio' come esperta nei processi per danni alla salute causati dalle radiazioni e, sostenuta da una rete di suore cattoliche, ando' in aiuto alle vittime.
Dal 1980 il suo maggiore impegno fu rivolto al sostegno dell'attivismo antinucleare dei popoli indigeni di tutto il mondo aiutando le comunita' a comprendere la relazione tra la salute e l'esposizione alle radiazioni. Le questioni relative alla salute, era convinta, andavano affrontate dal punto di vista delle comunita' colpite, promuovendo studi a livello di comunita' e con la partecipazione delle comunita'. Le esperienze delle donne, dei poveri, dei gruppi marginalizzati erano il punto di partenza dell'indagine scientifica intesa come servizio alle comunita' e agli individui.
Nel 1985 apparve il suo primo libro, No Immediate Danger. Prognosis for a Radioactive Earth un'opera considerata la continuazione di Primavera silenziosa (1962) in cui, sulla scia di Rachel Carson, mosse una critica radicale all'ideologia dei "livelli di tolleranza", quel lento avvelenamento imposto come prezzo dello sviluppo che tutti dovrebbero accettare. Al "forte grido di battaglia" lanciato da Carson contro i pesticidi, Bertell univa il suo grido contro le radiazioni.
Come Carson, l'epidemiologa americana sfido' la nozione di oggettivita' scientifica che implicava il distacco dai soggetti dell'analisi, accuso' di arroganza la scienza moderna che legittimava l'introduzione nell'ambiente naturale di sostanze chimiche e di metalli pesanti prima di averne verificato la pericolosita', ignorando gli effetti combinati degli agenti tossici e negando il principio di precauzione che la complessita' ecologica avrebbe richiesto.
In piu' occasioni si reco' in Giappone e ascolto' dalla viva voce dei sopravvissuti il dramma delle esplosioni e nel 1978, commemorando le vittime di Hiroshima e Nagasaki, avanzo' l'idea di un tribunale internazionale che mettesse al bando le armi nucleari.
Nella ricorrenza della tragedia di Hiroshima e a dieci anni dalla morte di Rosalie Bertell, le pagine che seguono si soffermano sulla sua attivita' e alcuni suoi scritti pubblicati tra il 1983 e il 1985, in particolare sul discorso che pronuncio' di fronte al Tribunale di Norimberga contro le armi di distruzione di massa all'Est e all'Ovest (18-20 febbraio 1983).
*
Norimberga 1983: la continuita' tra Auschwitz e Hiroshima
La decisione di convocare un tribunale a Norimberga per condannare le armi di distruzione di massa come crimini contro l'umanita' fu approvata nel novembre 1982 dall'assemblea federale del partito dei Verdi ad Hagen. Nel 1985 Rosalie Bertell ha ricordato le parole pronunciate da un giurista il 12 giugno di quell'anno, alla vigilia della grande manifestazione contro il nucleare che si tenne a New York: "Oggi dobbiamo applicare il diritto internazionale se vogliamo sopravvivere. Non ci sara' alcun tribunale di Norimberga per giudicare i crimini contro l'umanita' dopo la Terza guerra mondiale perche' dopo una guerra nucleare non ci saranno vincitori" (8).
Fu grazie alla visione ecopacifista di Petra Kelly e al suo impegno di anni nei movimenti contro il nucleare che si concretizzo' l'idea del tribunale di Norimberga (9). Data e luogo furono accuratamente scelti: la citta' tedesca aveva un forte valore simbolico e di denuncia: la "promessa" del tribunale di Norimberga del 1945-1946 era stata infranta e in quel luogo doveva essere riaffermata. La data, il 18 febbraio, faceva riferimento al discorso di quarant'anni prima quando, al palazzo dello sport di Berlino, Joseph Goebbels invoco' la guerra totale: "Volete la guerra totale? La volete, se necessaria, piu' totale e piu' radicale di quanto si possa immaginare?" (10).
Il 18 febbraio 1983, nel discorso di apertura dei lavori del tribunale, Petra Kelly sostenne la continuita' tra i crimini nazisti e la politica di riarmo delle superpotenze: "Noi ci stiamo avvicinando al campo di concentramento globale e all'olocausto globale, alla possibilita' di una guerra nucleare analoga al crimine nazionalsocialista della follia razziale" (11).
Dopo aver ascoltato i testimoni che si avvicendarono sul palco - tra cui Johan Galtung, Barry Commoner e Rosalie Bertell - la giuria, composta da sei personalita' del mondo scientifico, filosofico, ecologista e religioso, emise le sue deliberazioni in cui si definivano crimini contro l'umanità la produzione, la sperimentazione, il possesso, l'uso di armi di distruzione di massa e si affermava l'obbligo degli stati di smantellare i loro arsenali. Il 20 febbraio Petra Kelly e Hermann Verbeck, il religioso olandese che aveva fatto parte della giuria, lanciarono il loro appello all'azione (12).
Nonostante i principi fissati dal tribunale siano oggi al centro degli impegni degli stati che hanno ratificato il trattato di proibizione delle armi nucleari, e dell'attivismo pacifista, il tribunale del febbraio del 1983 e le sue risoluzioni non hanno avuto grande risonanza.
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Le prime vittime della III guerra mondiale
"Oggi desidero esporre pubblicamente il processo di brutalizzazione che si sta svolgendo in preparazione della III guerra mondiale" (13). Con queste parole Rosalie Bertell iniziava la sua testimonianza. Il processo di brutalizzazione derivava dal principio della sovranita' nazionale, un principio primitivo, fondato sul diritto dello stato di sacrificare la vita dei propri cittadini e di quelle degli altri paesi in nome della sicurezza nazionale, un principio che era arrivato alle sue estreme conseguenze, l'annientamento della vita.
La scienziata americana volle prima di tutto ricordare le vittime, a partire da quelle di Hiroshima e Nagasaki. "Ignorare la loro sofferenza significa cooperare con il processo di brutalizzazione che prepara il mondo per l'olocausto nucleare. In questo modo si accetta di cooperare con il principio che le nazioni hanno diritto di vita e di morte sui loro cittadini" (14).
Sulla base dei dati raccolti dalla Committee for the Compilation of Materials on Damages Caused by the Atomic Bomb in Hiroshima and Nagasaki (1981), nelle due citta' giapponesi ci furono immediatamente 155.521 morti; 2.140 donne gravide restarono uccise, 400 abortirono; 147.033 persone persero la vita tra settembre 1945 e gennaio 1950; 1.523 bambini nacquero con malformazioni, 200 dei quali con gravi danni cerebrali. Tra i sopravvissuti insorsero migliaia di casi di cancro (tra 3.500 e 13.5000); 21.600 bambini nacquero con danni genetici. "Bambini con alterazioni genetiche continueranno a nascere e a loro volta genereranno bambini con alterazioni genetiche per molte generazioni a venire" (15).
Negli anni che seguirono, "in tempo di pace", le sperimentazioni delle armi nucleari hanno causato un numero di vittime molto piu' elevato, almeno milioni, a cui si dovevano aggiungere i continui casi di morte derivati dalle attivita' connesse alla produzione delle armi atomiche (da 36.700 a 78.300 all'anno). Incalcolabili i danni genetici e cerebrali che si sarebbero tramandati di generazione in generazione, enormi i danni ambientali, crimini compiuti per lo piu' sulle minoranze, sulle popolazioni indigene, sulle persone piu' vulnerabili, sulle donne e, soprattutto, sui i bambini.
Nella sua testimonianza al tribunale Bertell menziono' le principali sperimentazioni delle grandi potenze: quelle britanniche in Australia, quelle francesi nel Pacifico, quelle americane nel Nevada, quelle sovietiche nella regione di Novaja Zemlja che hanno rotto il delicato equilibrio dell'ecosistema artico.
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La catena delle crudelta'
Accanto ai dati relativi ai danni alle popolazioni e alla natura, Bertell volle mettere in luce anche la catena delle crudelta' inflitte alle popolazioni sacrificate agli obiettivi militari: la repressione, la segretezza, le menzogne, la negazione dell'assistenza, l'abbandono.
Quando l'ultima delle 96 bombe fatte esplodere dalla Francia sull'isola di Mururoa causo' il collasso del piedestallo corallino e l'isola inizio' ad affondare nell'oceano, le sperimentazioni furono semplicemente spostate su un'altra isola lasciando che il plutonio e altri prodotti della fissione si diffondessero ovunque, incluse le zone di riproduzione delle creature marine. La popolazione non era mai stata informata ne' protetta dalle ricadute delle detonazioni, anzi, il governo francese ha perseguito i dissidenti polinesiani, imprigionandoli in Francia e tre mesi prima dell'inizio delle sperimentazioni ha sospeso la pubblicazione delle statistiche sanitarie della Polinesia. Recentemente la Francia si e' rifiutata di collaborare con lo studio promosso dall'Organizzazione mondiale della sanita' sul cancro nella Polinesia. E' chiaro che i diritti umani e alla salute dei polinesiani sono stati sacrificati ai programmi militari della Francia (16).
Solo recentemente e' stato accertato che il 90% della popolazione polinesiana e' stata colpita dalle radiazioni (17). Un altro esempio portato da Bertell e' quello dell'atollo Kwajalein, terreno di sperimentazione dei missili americani, i cui abitanti (circa 8.000) furono trasferiti nella piccola isola di Ebeye dove non esisteva piu' vegetazione e dove essi vissero in abitazioni di cemento o in baracche sul mare. In quelle condizioni la popolazione di Kwajalein fu decimata, mentre quella dell'isola di Eniwetok fu condotta sull'orlo dell'estinzione.
"Eniwetok e' un'isola delle Marshall piu' inquinata dalle ricadute radioattive di Bikini. Dal Dipartimento dell'energia e' stata ufficialmente dichiarata inabitabile a causa delle sperimentazioni delle armi americane. La scorsa estate gli abitanti di Eiwentok sono tornati nella propria isola nonostante il divieto. Avevano deciso che, a causa delle malattie di cui hanno fatto l'esperienza e le malformazioni alla nascita dei bambini, si stavano estinguendo come popolo. Volevano morire nella loro terra. [...] La cultura, la salute e il futuro di queste popolazioni delle isole sono state sacrificate agli obiettivi militari degli Stati Uniti" (18).
Un grave oltraggio da parte del governo americano alle vittime del nucleare fu commesso quando, il 6 agosto 1982, nel trentasettesimo anniversario di Hiroshima, fu fatta detonare nel Nevada una delle bombe piu' potenti.
Il disprezzo per i diritti umani elementari e' stato manifestato dalla Russia in seguito al disastro nucleare di Celjabinsk quando una esplosione in un deposito di scorie contamino' un territorio di 1500 chilometri quadrati. Alle vittime delle radiazioni non fu concesso di avere contatti con altre persone ugualmente contaminate negando loro anche il conforto che proviene dalla condivisione del dolore. Per di piu', la polizia militare sovietica vieto' a persone esterne di assistere le vittime e di imparare dalla loro tragica esperienza.
"Vorrei reclutare infermiere, medici, radiologi affinche' si rechino in questi luoghi per dare assistenza alle vittime. Credo che si debba rendere visibile al mondo la loro sofferenza per iniziare a sanare queste ferite aperte sulla faccia del pianeta, come una precondizione di pace. Voglio iniziare a organizzare questo sforzo che richiede denaro e personale" (19).
Bertell non riusci' a recarsi in Russia, ma qualche mese dopo la conclusione dei lavori del tribunale di Norimberga si reco' in Micronesia dove partecipo' alla Fourth Nuclear Free and Independent Pacific Conference a Vanuatu in cui venne approvata la Carta dei popoli per un Pacifico indipendente e libero dal nucleare che denunciava il dominio coloniale brutale sui popoli del Pacifico (20).
Con l'epidemiologa Sara Cate e la suora Colette Tardif di Winnipeg, cerco' di verificare le conseguenze delle radiazioni sulla salute degli abitanti, li incontro' e ascolto' le loro tragiche esperienze, le malattie e le deformita' dei neonati. Da allora non dimentico' lo strazio delle madri che paragonarono i loro figli a "meduse" e a "grappoli di uva". "Una donna mi disse di aver tenuto tra le braccia il suo bambino per tre ore fino a che non mori' e poi lo seppelli' in modo che suo marito non lo vedesse. Quelle che abbiamo di fronte sono donne che si colpevolizzano per aver avuto bambini deformi" (21). A loro dedico' una poesia dal titolo Una madre della Micronesia pubblicata nel 1983 nell'antologia ecofemminista, Reclaim the Earth. Women Speak out for Life on Earth (22).
Il mio bambino, il frutto del mio grembo
Per nove mesi l'ho desiderato
Per lui ho cantato
Per lui ho preparato i vestiti
Ho sognato dolci sogni
Il mio bambino, il frutto del mio grembo
Non aveva un volto da baciare
Non sentiva le mie canzoni
Non aveva occhi; ne' mani
Un grappolo d'uva
Il mio bambino, il frutto del mio grembo
Il suo cuore batte' furiosamente e poi si fermo'
Lo tenni stretto
Lo odiavo; lo amavo
Lo nascondevo alla vista
Il mio bambino, il frutto del mio grembo
Suo padre era la bomba atomica
Ha stuprato la nostra terra
Ucciso i nostri alberi
Mi dissecca la vita.
Accanto agli innumerevoli casi drammatici causati da alti livelli di contaminazione, ammonisce Bertell, bisognava dimenticare quelli causati da livelli di contaminazione inferiori. Le radiazioni, infatti, si sono diffuse in tutto il mondo e attraverso l'acqua, l'aria, il cibo sono entrate nei nostri corpi: tumori, alterazioni genetiche, diabete, malattie cardiache e tiroidee ne sono le conseguenze. Occorreva riconoscere dunque che "come specie umana abbiamo dato avvio ad un processo di morte".
*
Onesta', coraggio e compassione
Come affrontare il processo di morte della specie? Nel rispondere a questa domanda Bertell si e' ispirata all'opera della psichiatra svizzera Elisabeth Kuebler-Ross, La morte e il morire (23) e alle diverse fasi del processo che portava alla completa accettazione della realta' da lei descritte. La prima fase e' quella della negazione di una realta' troppo difficile da sopportare, ed e' lo stato d'animo piu' diffuso; la seconda fase e' la collera, ovvero "la capacita' di piangere", uno stadio importante che il movimento pacifista aveva ormai raggiunto. Il terzo stadio e' quello del "venire a patti", ovvero quando si ha una parziale consapevolezza della situazione e la risposta e' troppo debole; quando si cercano magici rimedi, ci si culla nell'illusione di soluzioni tecnologiche che consentono di vivere come sempre e non si affronta il problema radicato nella struttura sociale. Nel mondo pacifista questo stadio e' bene esemplificato dall'incapacita' di andare al di la' della pubblicazione di opuscoli, dell'organizzazione di riunioni, dibattiti e manifestazioni di protesta.
La quarta fase e' quella della completa accettazione, del contatto profondo con quanto accade intorno a noi, la morte della specie. La completa accettazione non ha a che fare con le fantasie della catastrofe, di una distruzione totale da cui solamente puo' nascere un nuovo mondo e un nuovo modo di vivere. La tentazione di abbandonarsi a queste fantasie e' forte perche' libera dalla responsabilita'. Ma la realta' non e' cosi' semplice, scrivera' nel 1985. "Per molte persone la morte nucleare non sara' immediata. Ci possono volere giorni, mesi, anni. Ci sara' mancanza di cibo e ripari [...] ci saranno pochi bambini" (24). La responsabilita' di fronte alla sofferenza non sara' mai evitabile.
Al contrario, la completa accettazione in realta' conduce alla ricerca di nuove energie umane per allontanarsi dal precipizio nucleare e alla elaborazione di un nuovo modo di prendere le decisioni.
Mentre la costruzione di una comunita' globale nonviolenta richiedera' secoli di apprendimento e attivita' umane, l'allontanamento dal precipizio nucleare deve essere realizzato rapidamente. La domanda "Come farlo?" ha milioni di risposte - una per ogni persona che si risveglia alla realta'. Le soluzioni richiedono un mutamento dei modi di vita, una genitorialita' nonviolenta, la cura per gli ecosistemi e per i prodotti della terra [...]. Il modo generale di azione e' la non cooperazione con la morte e la cooperazione con la vita (25).
La fase della completa immersione nella realta' e' descritta da Rosalie Bertell come un risveglio interiore, simile a quello attraversato da lei stessa nel corso del "ritiro di preghiera". Un "meraviglioso esempio" era quello delle donne di Greenham Common "che hanno fatto cio' che non potevano non fare: hanno lasciato la loro vita normale, hanno vissuto in tende, dormito sulla pietra" (26).
Il ruolo delle donne nell'affermazione di una societa' orientata alla pace le apparve sempre cruciale. "Non a caso, scrisse nel 1985, il movimento femminista coincide con il movimento pacifista e anti-nucleare".
In un modo speciale le donne nella societa' assistono alla nascita e alla morte e ora hanno spostato la loro attenzione al processo di morte della specie e alla nascita di un nuovo modo di condurre le questioni umane che puo' scongiurare questa morte. In tutto il mondo le donne hanno messo da parte "la vita normale" per condividere l'afflizione dei morenti, dei bambini denutriti, delle vittime "scomparse" della violenza governativa e urbana, dei popoli devastati dalle rivoluzioni e dalle guerre. Le donne inoltre hanno creato e sperimentato nuovi sistemi sociali ideati per decentralizzare il processo decisionale, aumentare al massimo la liberta' e la diversita' e sviluppare la cooperazione e la verita' (27).
Oltre che dai suoi valori religiosi e morali, Rosalie Bertell fu sempre guidata dalla sua visione ecofemminista. Nel 2010, in uno dei suoi ultimi scritti, Distruggere lentamente il nostro pianeta, sul tema della geoingegneria (28), si legge:
"E' giunto il momento di mettere in discussione il sistema patriarcale, che implica la dominazione su tutte le forme di vita; e il capitalismo gretto che richiede una eccessiva forza militare per salvaguardare il suo avido accumulare di risorse naturali. Dobbiamo accettare un doloroso piano per un futuro piu' intelligente, umano e femminile" (29).
Per attuare questo piano, come affermo' di fronte al tribunale di Norimberga, sara' "importante [...] che non si guardi solo al passato con rimorso e al futuro con paura, ma che si affronti il presente con onesta', coraggio e compassione".
5 agosto 2022
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Note
1. www.wilpf.org/dont-normalise-nuclear-weapons-and-war-abolish-them/.
2. William Borad, The Smaller Bombs that Could turn Ukraine into a Nuclear War Zone, www.nytimes.com/2022/03/21/science/russia-nuclear-ukraine.html.
3. sgs.princeton.edu/the-lab/plan-a.
4. Questo breve articolo si sofferma sugli anni 1983-1985, ovvero sul suo intervento al tribunale di Norimberga e sul suo primo libro, No Immediate Danger.Prognosis for a Radioactive Earth, The Women's Press, London 1985.
Su Rosalie Bertell si veda: Marie-Louise Engels, Rosalie Bertell. Scientist, Eco-feminist, Visionary, Women's Press, Toronto 2005. Si veda inoltre: Karen Charman, Remembering Rosalie Bertell, the "Anti-nuclear Noun", "Capitalism, Nature, Socialism", vol. 3, n. 4, 2012, www.researchgate.net/publication/263146071_Remembering_Rosalie_Bertell_the_Anti-nuclear_Nun.
5. Rosalie Bertell, Unholy Secrets. The Impact of Nuclear Age on Public Health, in Leonie Caldecott-Stephanie Leland (eds.), Reclaim the Earth. Women Speak out for Life on Earth, The Women's Press, London 1983, p. 25.
6. Engels, Rosalie Bertell, cit., p. 48.
7. Lisa Rumiel, Getting to the Heart of Science. Rosalie Bertell's Eco-Feminist Approach to Science and Anti-Nuclear Activism, "Journal of Women's History", vol. 26, 2, 2014, p. 140.
8. Citato da Rosalie Bertell, No Immediate Danger, cit., p. 330.
9. Sulla vita e il pensiero di Petra Kelly rinvio al saggio di Silvia Alfonsi, Petra Kelly. Vivere e pensare oltre i confini, in Bruna Bianchi - Francesca Casafina (a cura di), Oltre i confini. Ecologia e pacifismo nella riflessione e nell'attivismo pacifista, Biblion, Milano 2021, pp. 187-218.
10. www.britannica.com/video/180235/Joseph-Goebbels-war-crowd-Berlin-1943.
11. Regina Wick, "Die Mauer muss weg. Die DDR soll bleiben", Kholhammer, Stuttgart 2012, p. 124.
12. comune-info.net/non-permettere-di-assuefarsi-allidea-della-guerra/
13. Cito dalla versione scritta della testimonianza: Rosalie Bertell, Early War Crimes of WWIII, "Canadian Woman Studies/Les Cahiers de la femme", vol. XI, 1, 1988, p. 6, cws.journals.yorku.ca/index.php/cws/article/view/11838. Alcuni brani si possono ascoltare nel documentario sul tribunale, The Nuremberg Promise, vimeo.com/ondemand/thenurembergpromise/438901983.
14. Bertell, Early War Crimes of WWIII, cit., p.7
15. Ivi, p. 8.
16. Rosalie Bertell, Early War Crimes of WWIII, cit., p. 7.
17. Adrian Cho, France Grossly Underestimated Radioactive Fallout from Atom Bomb Tests, Study Finds, www.science.org/content/article/france-grossly-underestimated-radioactive-fallout-atom-bomb-tests-study-finds
18. Bertell, Early War Crimes of WWIII, cit., p.7.
19. Ibidem.
20. www.disarmsecure.org/nuclear-free-aotearoa-nz-resources/nuclear-free-and-independent-pacific-movement
21. Engels, Rosalie Bertell, cit., p. 139.
22. Curata da Leonie Caldecott e Stephanie, l'antologia apparve a Londra per The Women's Press, p. 111.
23. La traduzione italiana dell'opera e' stata pubblicata da Cittadella editrice, Assisi 1979. Questa parte della testimonianza si puo' ascoltare in The Nuremberg Promise poiche' non compare nella versione scritta. Bertell sviluppera' questo tema nella sua opera del 1985, No Immediate Danger, cit., pp. 310-373.
24. Ivi, p. 338.
25. Ivi, p. 345.
26. The Nuremberg Promise, cit. Per molti anni le donne hanno tenuto in vita il campo e oggi il terreno destinato alla base missilistica e' tornato proprieta' demaniale ed e' un'area naturalistica protetta.
27. Bertell, No Immediate Danger, cit., p. 374.
28. Su questo tema di cruciale attualita' "Voci di pace" accogliera' uno specifico contributo.
29. Cito da Bertell, Pianeta Terra. L'ultima arma di guerra, a cura di Maria Heibel, Asterios, Trieste 2018, p. 35.
2. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?
Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
*
Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
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E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
3. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]
3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
*
ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/
4. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
*
Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
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Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.
5. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE
Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it
6. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
7. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 130 del 10 maggio 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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