[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 128



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 128 dell'8 maggio 2023

In questo numero:
1. Quid agendum hic et nunc: opporsi alla guerra (e alle stragi e all'ecocidio di cui consiste) con l'azione diretta nonviolenta. Un appello a chi ha orecchie per intendere
2. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
3. Bruna Bianchi: L'acqua e la guerra
4. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
5. Raniero La Valle: Il nostro 25 aprile
6. Alcuni riferimenti utili
7. Tre tesi

1. REPETITA IUVANT. QUID AGENDUM HIC ET NUNC: OPPORSI ALLA GUERRA (E ALLE STRAGI E ALL'ECOCIDIO DI CUI CONSISTE) CON L'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA. UN APPELLO A CHI HA ORECCHIE PER INTENDERE

La guerra scatenata oltre un anno fa dal folle e criminale autocrate russo contro la popolazione ucraina inerme continua a mietere vittime innocenti.
E continua a provocare nel cuore d'Europa una catastrofe ambientale di proporzioni colossali, di cui pressoche' tutti i mezzi d'informazione tacciono.
E ogni giorno che passa avvicina il pericolo del suo evolvere nella guerra atomica che puo' porre fine alla civilta' umana e devastare irreversibilmente quest'unico mondo vivente che conosciamo.
L'intera umana famiglia dovrebbe prendere coscienza dell'immane tragedia e dell'abissale minaccia, e quindi agire per far cessare immediatamente la guerra imponendo la fine delle ostilita' e l'avvio di negoziati di pace a tutti i governi impazziti e scellerati che assurdamente la guerra alimentano.
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Mentre la parte migliore della popolazione russa continua ad opporsi alla guerra e al fascismo subendo da parte del regime una repressione brutale; e mentre la parte migliore della popolazione ucraina continua a resistere con la scelta della solidarieta' e della nonviolenza all'invasione e alla barbarie, alla guerra e al militarismo, adoperandosi per salvare le vite e difendendo la democrazia e i diritti umani nell'unico modo in cui e' possibile farlo, cioe' opponendosi alle uccisioni, alla militarizzazione e alla tirannia che ne consegue; tragicamente la parte migliore delle popolazioni degli altri paesi europei non riesce o non vuole o non sa contrastare la follia guerriera e riarmista, l'imbarbarimento e la fame di universale annientamento dei propri governi che invece di adoperarsi per la pace continuano ciecamente a fare di tutto affinche' la guerra, e le stragi, e l'ecocidio, continuino, si accrescano, si estendano oltre ogni limite.
La maggior parte delle molte iniziative per la pace che pure si sono svolte in questi mesi di guerra nei paesi dell'Unione Europea hanno avuto come implicito ma effettuale denominatore comune - e mi si stringe il cuore a dirlo - di "non disturbare il manovratore", ovvero di non mettere in reali difficolta' il governo golpista della banalita' del male che con l'invio di armi e la supina obbedienza alla Nato - l'organizzazione terrorista e stragista le cui criminali responsabilita' nell'alimentare la guerra in Europa sono flagranti - ha reso l'Italia compartecipe della guerra e quindi delle stragi di esseri umani e dell'ecocidio in corso in Ucraina, in flagrante violazione dell'articolo 11 della Costituzione repubblicana, articolo che si apre con parole di inequivocabile chiarezza: "L'Italia ripudia la guerra".
Invece disturbare il manovratore occorreva ed occorre; contrastare il governo belligeno e golpista occorreva ed occorre; bloccare l'illegale e criminale invio delle armi assassine occorreva ed occorre; contrastare l'azione scellerata della Nato occorreva ed occorre. Ma questo non e' stato fatto, e tante belle iniziative tanto spettacolari quanto ininfluenti, cosi' come le non molte benemerite e fin luminose azioni di solidarieta' concreta con le vittime che pure per fortuna ci sono state e sempre siano benedette, non bastano ad occultare questa dura realta'.
Eppure e' chiaro e semplice cio' che occorre fare: contrastare materialmente l'illegale e criminale partecipazione italiana alla guerra; contrastarla con l'azione diretta nonviolenta.
Occorre bloccare le fabbriche d'armi: circondandole e occludendone gli ingressi impedendo loro di produrre altri strumenti di morte.
Occorre bloccare i trasporti di armi: occupando e paralizzando i luoghi in cui transitano gli strumenti di morte.
Occorre bloccare le strutture militari: circondandole e occludendone gli ingressi impedendo loro di proseguire in ogni attivita' di preparazione e a sostegno della guerra.
Occorre bloccare le sedi e strutture in Italia della Nato come delle forze armate degli Stati Uniti d'America: circondandole e occludendone gli ingressi cosi' impedendo loro di continuare la guerra di cui sono palesemente "magna pars".
Occorre bloccare la Presidenza del Consiglio dei Ministri e i Ministeri coinvolti nella guerra: circondandoli e occludendone gli ingressi impedendo loro di proseguire nell'illegale sostegno alla guerra e alle stragi e all'ecocidio in corso in Ucraina, impedendo loro di proseguire nella flagrante violazione della Costituzione della Repubblica italiana cui pure tutti i membri del governo hanno giurato fedelta'.
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Beninteso: occorre anche continuare a dire e a fare le tante cose buone che gia' si dicono e si fanno, ed occorre sostenere le molte iniziative di pace nuove o reiterate in corso e in programma da parte di soggetti diversi, quali che siano i loro limiti e le loro fragilita', a condizione che siano iniziative rigorosamente per la pace e rigorosamente democratiche sia nel merito che nel metodo, ovvero orientate a salvare tutte le vite e realizzate in forme rigorosamente nonviolente.
Ripetiamo ancora una volta che si deve continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime; che si deve continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime; che si deve continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato; che si deve continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi e le devastazioni di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre; che si deve continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente; che si deve continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani; che si deve continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino; che si deve continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
Ma se non si passa all'azione diretta nonviolenta tutte queste cose non riusciranno a fermare la guerra. Solo l'azione diretta nonviolenta puo' riuscire ad avviare dal basso l'agire necessario, le decisioni indispensabili: la cessazione delle uccisioni, la costruzione della pace, la solidarieta' che ogni essere umano riconosce e raggiunge e difende e sostiene e conforta, la condivisione fra tutte e tutti di tutto il bene e tutti i beni, il rispetto per ogni vita.
Occorre proporre, iniziare, praticare e poi generalizzare l'azione diretta nonviolenta: cominciando con la forza preziosa dei piccoli gruppi delle persone gia' persuase della nonviolenza - le persone che Gandhi chiamava "satyagrahi", le persone persuase della "forza della verita'" - e poi con la forza dell'esempio, della testimonianza che educa al bene, della lotta nonviolenta concreta e coerente, allargare progressivamente la mobilitazione fino allo sciopero generale contro la guerra, se sara' necessario arrivare fino allo sciopero generale per imporre allo stolto e criminale governo italiano di tornare a rispettare non solo l'articolo 11 della Costituzione repubblicana, ma il diritto alla vita di ogni essere umano.
Poi, naturalmente, anche tutto cio' potrebbe non bastare; ma occorre almeno averlo detto, occorre almeno averlo tentato.
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Le circostanze particolari in cui vivo da anni mi impediscono di essere io stesso ad organizzare le azioni dirette nonviolente che mi sembrano possibili e necessarie (e che ho sommariamente elencato sopra); l'ho fatto piu' volte in passato, ma ora mi e' obiettivamente impossibile, e non e' l'ultimo dei miei crucci.
Cosicche', non potendo fare qui e adesso di piu' e di meglio, almeno ho voluto dirle queste cose, sperando che qualcuno le ascolti. E sapendo che questo mio scritto che invita ad opporsi alla guerra, alle stragi e all'ecocidio di cui essa consiste, che invita a contrastare i mercanti di morte e la fabbrica degli omicidi, che invita a difendere il diritto alla vita di ogni vivente, ebbene, e' possibile che venga tacciato dal governo belligeno e golpista e dal solerte suo apparato propagandistico di "istigazione a delinquere", mentre a me sembra che sia piuttosto una esortazione a non delinquere, poiche' dal modesto mio punto di vista - ma anche dal punto di vista della Costituzione repubblicana - a delinquere e' piuttosto chi fa e sostiene la guerra, chi uccide, fa uccidere, fornisce gli strumenti per uccidere, coopera a uccidere e lascia uccidere gli esseri umani, chi devasta e distrugge parti sempre crescenti di quest'unico mondo vivente, di quest'unica casa comune dell'intera umana famiglia.
Dixi, sed non salvavi animam meam.
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Ogni vittima ha il volto di Abele.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe in corso.

2. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?

Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
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Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
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E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

3. L'ORA. BRUNA BIANCHI: L'ACQUA E LA GUERRA
[Dal sito di "Comune-info" riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo del 2 ottobre 2022]

Dopo sei mesi di guerra le condizioni di approvvigionamento idrico in Ucraina appaiono disastrose. In agosto 1,4 milioni di abitanti non avevano accesso all'acqua e almeno 16 milioni non ne disponevano a sufficienza. Numerose infrastrutture sono state gravemente danneggiate: dighe (almeno quattro), torri idriche, condotte fognarie, stazioni di pompaggio e di filtraggio (ceobs.org).
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Dopo i bombardamenti di Mariupol, l'acqua potabile e' stata inquinata dalle acque reflue con grave rischio di diffusione del colera. Attualmente il 25 per cento della popolazione fa ricorso ai pozzi estraendo acqua molto spesso contaminata. La qualita' dell'acqua, infatti, e' estremamente peggiorata e in molte zone il ripristino delle infrastrutture idriche e' considerato impossibile. Nello stesso tempo, fiumi, mari e zone umide sono stati costantemente aggrediti dall'inquinamento che ne ha minato la vitalita' e la capacita' rigenerativa: sostanze tossiche fuoriuscite dai depositi di carburante e di agenti chimici colpiti dai missili, particelle di cemento, vetro, amianto, diossina rilasciati nell'atmosfera dai bombardamenti e in seguito ricadute con le piogge. La distruzione dei ponti - almeno cinquanta dall'inizio del conflitto - ha modificato il flusso d'acqua dei fiumi dove in molti punti di attraversamento i veicoli militari abbandonati si corrodono lentamente.
Anche parte delle zone umide, quelle della Polesia e della zona di Chernobyl, sono state devastate dalle azioni di guerra (newscientist.com). Grande allarme ha sollevato la condizione del Mar Nero; alle distruzioni degli ecosistemi dovute a materiali esplosivi infiammabili, caustici e radioattivi, si sono aggiunte le fuoriuscite di carburante dalle navi, mentre l'uso dei sonar e le esplosioni sotto il livello dell'acqua hanno causato la morte delle creature marine, tra cui migliaia di delfini.
Difficile avere un quadro preciso della situazione; alcune zone sono occupate, in altre e' difficile l'accesso o e' trascurata la costante osservazione. Infatti, i sistemi di verifica dei danni ambientali non sono entrati a far parte degli obiettivi governativi e la protezione legale dell'ambiente e' debole. Gli interventi previsti dal piano di ricostruzione discusso a Lugano il 4-5 luglio alla Ukraine Recovery Conference, un incontro internazionale promosso da Ucraina e Svizzera, sono stati criticati dalle organizzazioni ecologiste non governative ucraine come peggiorative delle condizioni attuali (uncg.org.ua).
Il processo di ricostruzione sara' sostenibile se basato su un reale interesse per l'ambiente e su una conoscenza accurata delle conseguenze della guerra sugli equilibri ecologici. E' quanto ha sostenuto Doug Weir direttore del Conflict and Environment Observatory (Ceobs), una organizzazione non-profit sorta in Inghilterra nel 2018, nell'articolo del 28 luglio: Sustainable Recovery? First Sustain Interest in Ukraine's Environment.
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Smilitarizzare le informazioni su guerra e ambiente
Grazie soprattutto alle rilevazioni da remoto, l'invasione dell'Ucraina e' forse "il conflitto piu' osservato della storia" scrive Weir. Organizzazioni non governative ucraine (tra cui Ekodia e Ukranian Nature Conservation Group), pacifiste (Pax for Peace) e lo stesso governo ucraino cercano di monitorare costantemente le conseguenze del conflitto. Tuttavia, gli obiettivi che guidano l'attivita' di osservazione divergono sotto alcuni importanti aspetti. Mentre il governo e' impegnato nella raccolta dei dati allo scopo di tradurre i danni in termini economici al fine di ottenere le riparazioni, alcune ong ucraine, come Ekodia, si propongono di agevolare la transizione del paese verso una economia sostenibile che preveda l'abbandono delle fonti fossili di energia, altre, come Ukranian Nature Conservation Group (Uncg) pongono l'accento sulla conservazione della biodiversita' come aspetto importante nel processo di ricostruzione.
Benche' per alcune ong l'obiettivo di difendere l'integrita' ecologica conviva con il sostegno della difesa armata (uncg.org), esse hanno diffuso informazioni importanti, per lo piu' trascurate dai media, o denunciato la legislazione di emergenza che consente, ad esempio, di porre a cultura anche le riserve naturali e le steppe (uncg.org.ua) e che gia' ha messo a rischio una parte rilevante degli ambienti naturali.
L'attenzione dei media, infatti, non si e' soffermata sulle conseguenze ambientali di alcuni drammatici episodi bellici; ne sono un esempio l'assedio all'impianto siderurgico Azovstal, diventato una leggenda della resistenza ucraina. Ampio spazio e' stato riservato dalla stampa alle condizioni e ai rischi di civili e soldati rinchiusi entro le mura dell'acciaieria, molto minore quello riservato alle conseguenze e ai rischi ambientali rappresentati dai bombardamenti su un complesso industriale che conteneva al suo interno decine di migliaia di tonnellate di soluzione di idrogeno solforato in grado di cancellare ogni forma di vita, vegetale e animale, dal Mar d'Azov.
Un altro esempio di distruzione ambientale che e' rimasta sullo sfondo nella ricostruzione degli avvenimenti e' quello dell'isola di Zmiinyi (isola dei serpenti) nel Mar Nero. Occupata all'inizio del conflitto, dopo quattro mesi di attacchi devastanti da parte ucraina, l'esercito russo si e' ritirato. Riserva faunistica dal 1998, l'isola, il cui territorio e' in gran parte bruciato, e' diventata un esempio di resistenza e di orgoglio nazionale. Prima del conflitto erano presenti 197 specie di piante, 71 di licheni, 241 di uccelli, due di rettili, tre di anfibi e oltre 300 di invertebrati. In alcuni anni il 45 per cento delle specie di uccelli migratorie dell'Ucraina e dei vicini paesi erano soliti sostare e trovare riposo sull'isola. Nelle acque circostanti erano state individuate 58 specie di pesci, tre di delfini e sei di granchi. Il numero di individui di queste specie non era elevato e ad oggi non si sa cosa sia rimasto della biodiversita' (uncg.org.ua).
Se i danni all'ambiente sono taciuti e le informazioni sono manipolate e distorte, le distruzioni ambientali possono entrare a far parte del gioco delle reciproche accuse o della mitologia della difesa nazionale e diventare un'arma di guerra, deviando l'attenzione sulle misure necessarie per affrontare i rischi e proteggere la popolazione civile. E' accaduto nel caso del danneggiamento della diga sul fiume Irpin, di cui si dira' piu' avanti, ed e' accaduto nelle ultime ore con il sabotaggio alle condotte sottomarine del gas che ha liberato nell'atmosfera un'enorme quantita' di metano con gravi implicazioni per il clima e non senza perturbamenti per la vita del mare.
Documentare le distruzioni ambientali, diffondere informazioni volte a promuovere il dialogo e la cooperazione tra diversi attori - ong, accademia, Un, e soprattutto la societa' civile - innescare un processo normativo volto a proteggere l'ambiente e coloro che da esso dipendono - prima, durante e dopo i conflitti - e' quanto si prefigge Ceobs nella convinzione che le informazioni sulle conseguenze distruttive dei conflitti sugli ecosistemi, siano il primo passo verso una pace sostenibile (ceobs.org).
Per avere un quadro delle conseguenze ambientali dei conflitti, oltre alle immagini satellitari e' importante disporre di osservazioni sul posto, affidarsi alle conoscenze locali, ai saperi e alle esperienze delle comunita', ai principi di quella che viene chiamata la civilian science, o la citizen science, la cui rilevanza in tempo di guerra e' stata esposta nell'articolo del 2019 di Doug Weir, Dan McQuillan e Robert Francis: Civilian Science: The Potential of Partecipatory Environmental Monitoring in Areas Affected by Armed Conflicts. Rifacendosi agli studi recenti sulla citizen science e anche alle riflessioni femministe sulla scienza di Sandra Harding e Donna Haraway, gli studiosi affermano che l'etica della citizen science e' quella dell'inclusione, della condivisione e della partecipazione attraverso tutto il processo di elaborazione scientifica. Essa riconosce il valore della "conoscenza situata", mette in discussione l'idea della visione dall'alto universalizzante e prospetta una visione democratica e orizzontale. Popolazioni indigene o marginalizzate, normalmente maggiormente colpite dalla distruzione ambientale, persone impegnate nella protezione civile, specialisti dello sminamento, profughi e profughe possono avere dati e prospettive in grado di documentare con precisione le ripercussioni sull'ambiente delle azioni di guerra. Infatti, al di la' dei rischi e di eventi catastrofici, il degrado ambientale si verifica quotidianamente attraverso migliaia di insulti su centinaia di chilometri quadrati che, piu' la guerra continua, minore visibilita' avranno (ceobs.org).
Dare la massima visibilita' ai danni ambientali, mettere in rilievo le connessioni tra ecologia, salute, diritti umani e pace, svelare le distorsioni, le manipolazioni e l'uso delle risorse naturali per obiettivi militari e' lo scopo degli aggiornamenti tematici compiuti da Ceobs e da Zoi Environment Network - una organizzazione internazionale con sede a Ginevra, specializzata nell'analisi e nella comunicazione dei temi ambientali - e pubblicati tra giugno e settembre 2022. Il primo rapporto, apparso a luglio, e' dedicato alla condizione dei siti nucleari e ai rischi radioattivi Nuclear Sites and Radiation Risks, il secondo, Water, e' dedicato all'acqua.
Il caso di studio analizzato nell'ultimo rapporto, quello sul fiume Irpin, anch'esso entrato a far parte del mito della difesa eroica della nazione, ben illustra l'uso delle risorse naturali e delle informazioni come armi di guerra.
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La guerra dell'acqua
Fin dal primo giorno del conflitto l'acqua e' stata oggetto di contesa tra Russa e Ucraina e l'impianto idroelettrico che sorgeva nei pressi di Kerson e' stato occupato dall'esercito russo. In quel punto il canale della Crimea settentrionale si congiunge al fiume Dnieper. Nel 2014 il canale, la principale risorsa idrica della Crimea che copriva l'80-85 per cento del fabbisogno, e' stato bloccato dall'Ucraina in seguito all'annessione della penisola che da allora e' stata afflitta dalla siccita'. Il 24 febbraio la diga che bloccava il flusso di acqua verso la Crimea e' stata fatta esplodere e in quello stesso giorno la Russia ha annunciato che la Crimea, importante punto di transito e supporto per la guerra, sarebbe stata nuovamente rifornita di acqua (ceobs.org).
Due giorni dopo, il 26 febbraio, e' stata danneggiata da una esplosione la diga sul fiume Irpin e nelle settimane successive la vallata e' stata invasa dall'acqua (rubryka.com). L'esondazione del fiume ha fermato l'avanzata dell'esercito russo verso Kiev.
Quando l'alluvione divenne visibile, sulla stampa si parlo' di "guerra idraulica" (washingtonpost.com) e si affaccio' l'ipotesi di una precisa strategia militare ucraina. I media locali, al contrario, continuarono ad attribuire la responsabilita' alle truppe di occupazione e due giorni dopo l'ufficio del Procuratore generale accuso' le truppe russe di aver distrutto la stazione di pompaggio. Dichiarazioni simili furono rilasciate dal ministero delle Infrastrutture e da quello dell'Ecologia. In aprile intervenne nella disputa l'ecologista ucraino Volodymyr Boreyko con la proposta di attribuire all'Irpin l'appellativo di "fiume eroico" per aver fermato con la sua esondazione l'avanzata russa nel febbraio 2022, come aveva fermato l'invasione nazista nel 1941. Credo che all'Irpin debba essere attribuito l'appellativo di "eroe", ha detto al Guardian l'ecologista, e debba godere di forti protezioni ecologiche perche' quest'anno, insieme alle Forze armate ucraine e alle Forze di difesa territoriali ha avuto uno dei ruoli piu' importanti nella difesa della nostra capitale nell'arco degli ultimi 1.000 anni".
In virtu' di una strana commistione di nazionalismo, militarismo ed ecologia, a parere di Boreyko, il fiume meritava il premio della protezione, al pari di una medaglia al valor militare, una retorica che riflette la logica crudele e patriarcale fondata sul sacrificio.
Il termine di "fiume eroe" e' stato ripreso dalle testate di molti giornali e, quando le immagini dai satelliti confermarono l'esistenza di lesioni da esplosivo nella parte meridionale della diga, il governatore della regione ammise che il danneggiamento era opera delle truppe ucraine.
Le immagini da remoto rivelarono anche le reali dimensioni dell'allagamento: 46 chilometri quadrati a febbraio e 28 ad agosto (foto ceobs.org).
Le conseguenze per la popolazione civile sono state pesanti. Con le abitazioni, i campi, i prati, i pascoli allagati, gli alberi da frutto morti, senza gas e senza raccolti, in agosto c'era ancora chi contava sulle provviste di patate per i mesi a venire. "Non abbiamo una vita. Non so cos'e'. Capisco che siamo vivi-e, che non siamo sotto le bombe, che non ci sparano, ma siamo nell'acqua" (rubryka.com). Sono parole di Tetiana, una donna che vive a Demidiv - il villaggio presso Kiev piu' colpito dall'inondazione e rimasto completamente isolato per un mese - prendendosi cura degli animali delle vicine fuggite e delle sue mucche che non possono piu' pascolare e deperiscono nella stalla umida.
All'inizio di agosto i lavori di riparazione della diga erano in via di completamento, ma ormai una zona di decine di chilometri quadrati era stata condannata alla sterilita' per molti anni. Ha dichiarato l'ecologista Yulia Katyba:
"Qualsiasi mutamento negli ecosistemi lascia sempre delle tracce. Se l'acqua appare improvvisamente in luoghi non caratterizzati da umidita' eccessiva, insetti, piante, piccoli roditori e alberi muoiono e gli uccelli perdono la loro casa. Invece appaiono altri animali per i quali le nuove condizioni sono ideali e vi si possono adattare. Con il tempo l'ecosistema potra' tornare alle sue condizioni precedenti se l'acqua verra' pompata. Pero', ci vorranno almeno cinque anni nelle zone maggiormente allagate per ripristinare la fertilita'" (rubryka.com).
Benche' gia' in declino prima della guerra, le zone umide dell'Irpin sono ancora un ambiente ricco di biodiversita'; ospitano uccelli migratori, tra cui specie a rischio come il falco dalle zampe rosse o l'oca dalla fronte bianca. L'ecosistema del fiume, prima degli interventi in era sovietica e la costruzione della diga, era l'"Amazzonia ucraina" come l'ha definita Bohdan Prots del Museo nazionale di storia naturale, abitato da specie rare. "Ci vorrebbero anni di interventi, concludeva Prots, occorrerebbe un impegno per la naturalizzazione, ma la guerra non rinaturalizza".
La gravita' del danno dal punto di vista ecologico deriva non solo dalla esondazione delle acque, ma anche dalla loro contaminazione da materiali e sostanze delle discariche delle attivita' produttive e dalle segherie, dai depositi di metalli, dalle acque dei pozzi neri, dai materiali edilizi, dai vari componenti dei veicoli militari abbandonati, dai carburanti che si trovano all'interno (da 500 a 1.600 litri ciascuno), dagli idrocarburi e dagli oli, dalle mine inesplose, dai residui delle esplosioni delle citta' vicine.
Per di piu' le rive del fiume sono minacciate anche da una frenesia costruttiva a cui si sono fortemente opposti gli abitanti che la considerano illegale (fb svyatoshino).
Nelle conclusioni il rapporto afferma l'urgenza della smilitarizzazione delle infrastrutture idriche, il ritiro delle truppe dalle centrali idroelettriche, le ispezioni alle infrastrutture e alle dighe di contenimento e, soprattutto, la raccolta di dati e informazioni a livello locale al piu' presto possibile. Se accadra', la voce di coloro che hanno fatto l'esperienza dell'inondazione nella loro vita quotidiana, hanno visto gli alberi e gli animali soffrire e morire, le rane e le vipere popolare i giardini, la terra sempre imbevuta di acqua che si rifiuta di far germogliare i semi, risuonera' come un atto di accusa. Come quelle di Tetiana o quella di Maria, 82 anni, che vorrebbe vivere almeno ancora un anno per vedere "come andra' a finire" e che ormai sente sradicata dalla sua terra. "I giovani dicono: 'Noi non vogliamo sapere, siamo stranieri'. Ed e' proprio cosi' che siamo, conclude Maria, stranieri, io e il vecchio marito" (rubryka.com).
Un autentico processo di pace dovra' sanare le fratture profonde che la guerra ha scavato tra le persone e la terra, spezzando il loro intimo legame con i boschi, i fiumi, gli animali.

4. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]

3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
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ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/

5. RANIERO LA VALLE: IL NOSTRO 25 APRILE
[Dal sito di "Costituente Terra" riprendiamo e diffondiamo il discorso tenuto da Raniero La Valle la mattina del 25 aprile 2023 nei Giardini Comunali di Reggio Calabria per la celebrazione unitaria della festa della Liberazione]

Che cosa siamo venuti a celebrare? Stiamo celebrando la nascita di una Repubblica. Potremmo anche dire: la nascita di una Costituzione, perche' Repubblica e Costituzione sono per noi dei sinonimi, "simul stabunt et simul cadent" dicono i giuristi, stanno insieme o cadono insieme, non possono stare l'una senza l'altra. Per questo quelli che tradiscono la Costituzione, che la deformano, che la violano, tradiscono la Repubblica o, come dicono loro, la Nazione.
Ma, come tutte le creature, anche la nostra Repubblica ha avuto una gestazione, ha sofferto le doglie del parto, e questa lunga e dolorosa gestazione fu l'antifascismo e la Resistenza. Durante la Resistenza ci fu l'azione partigiana contro le truppe di occupazione tedesche che marciavano in via Rasella a Roma. Per rappresaglia il giorno dopo, il 24 marzo 1944, i Tedeschi uccisero 335 uomini alle Fosse Ardeatine, che stanno a Roma, non stanno a Praga. Chi erano questi 335 uccisi, 10 per ognuno dei 33 tedeschi caduti, poiche' questo era il calcolo della loro equazione tra Tedeschi e Italiani?
Io ne conoscevo uno, che abitava nel mio palazzo, in via Bosio 2, avevo allora 13 anni. Lui, la vittima, si chiamava Genserico Fontana, fu prelevato dai Tedeschi dal carcere di Regina Coeli, sotto gli occhi della moglie in lacrime, anch'ella detenuta per ragioni politiche. Chi era Genserico Fontana? Un italiano, certo, ma era un carabiniere di 26 anni, aveva organizzato un gruppo di partigiani per la Resistenza, catturato, si era rifiutato di svelarne i nomi, dopo mesi di carcere fini' alle Fosse Ardeatine, di lui e' rimasta una medaglia d'oro alla memoria e una targa sulla casa di via Bosio. Era dunque un italiano? Si', ma era un carabiniere del Regio Esercito, un antifascista, un partigiano, un combattente per la liberta'. Perche' bisogna dire  che anche dal Regio Esercito molti si schierarono contro i Tedeschi e si unirono ai partigiani. Dopo l'8 settembre l'esercito fu chiamato a combattere contro i Tedeschi, ci furono scontri a porta San Paolo, a Roma, a Cefalonia, nell'Egeo, a Corfu', a Spalato, in Sardegna, 87.300 furono i militari italiani caduti tra l'autunno del 1943 e la primavera del 1945.
Questo glielo diciamo a Giorgia Meloni, perche' sappia da dove e' nato il suo governo, sappia perche' lei oggi puo' governare dopo il lungo tragitto fatto da "underdog", come dice lei, dalla Garbatella a palazzo Chigi. Puo' governare perche' in questo Paese con la lotta contro il fascismo abbiamo conquistato la democrazia, perche' con la Liberazione anche le donne sono state liberate, hanno ottenuto i diritti politici e sono state chiamate a votare, non a dare figli alla Patria, anche senza lavoro, senza asili e senza cure adeguate, e se tutti oggi sono cittadini e' perche' abbiamo fatto una Costituzione che non e' "afascista", come voleva  il monarchico on. Lucifero alla Costituente, ma antifascista.
Perche' non possiamo dimenticare l'antifascismo? Per due ragioni. Perche' l'antifascismo non e' un'ideologia, ma e' una categoria interpretativa della storia come il Rinascimento, come il Risorgimento, come la decolonizzazione.
E la seconda ragione e' che, proprio per questo, i fascisti li avremo ancora con noi, come e' successo anche dopo la Liberazione. Oggi il presidente del Senato La Russa si ferma a Trieste nel suo viaggio per Praga per recarsi ad altri luoghi di sterminio, ma a Trieste egli dovra' fare i conti col ricordo di Ettore Messana che era stato questore fascista di Trieste ma prima aveva installato e diretto la Questura di Lubiana in Slovenia durante l'occupazione italiana, organizzando camere di tortura, espulsioni, internamenti e persecuzioni di ebrei e di altri cittadini sospetti: fu indicato come criminale di guerra dalla Commissione delle Nazioni Unite ma poi riciclato e inviato come Ispettore generale di Polizia in Sicilia, dove ha trescato con la mafia favorendo nei processi i padroni espropriati dei feudi e rapportandosi con la  banda Giuliano fino alla strage di Portella della Ginestra.
Ma la Resistenza non e' stata solo italiana. E' stata anche la Resistenza europea. E basta leggere le lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana e di quelli della Resistenza europea per vedere come gli ideali degli uni e degli altri, il sogno per cui morivano, erano gli stessi, era il sogno della liberta', della giustizia, della pace per l'Italia e per ognuno dei Paesi europei coinvolti nel "flagello della guerra" che per due volte nel corso di quella generazione, come dice lo Statuto dell'ONU, aveva portato indicibili afflizioni all'umanita'.
E' per questa ragione che noi possiamo dire che non solo l'Italia, ma l'Europa, sta tradendo oggi il suo passato, che essa tradisce le ragioni per cui e' nata, che sono la pace e l'accoglienza, l'apertura agli altri mondi. Lo ha fatto con la guerra in Jugoslavia, lo ha fatto sobillando e partecipando alla guerra del Golfo per la distruzione dell'Iraq, lo ha fatto abbandonando per 70 anni i palestinesi al loro destino di oppressione e di apartheid, e lo sta facendo ora come dispensiera di armi e partecipe di una guerra ad oltranza con la Russia, che e' anch'essa Europa. Una guerra devastante che nella sua forma piu' cruenta certamente e' stata iniziata l'anno scorso dalla Russia ma come guerra etnica era in corso dal 2014 nel Donbass  ed e' stata stimolata dalla NATO, andata ad abbaiare alle ultime frontiere rimaste sicure della Russia, come ha detto papa Francesco. Ed e' questa una guerra che non puo' finire, perche' essa non si puo' concludere con una vittoria, ma con una vera pace, con negoziati equi e capaci di mediare le ragioni degli uni e degli altri. La guerra si confermera' altrimenti come strutturante dell'ordine internazionale, e la prossima partita, una volta messa fuori gioco la Russia, come dicono i recenti documenti ufficiali pubblicati dalla Casa Bianca e dal Pentagono, sara' con la Cina, e questa comunque la si dovra' giocare e vincere, se inevitabile anche con la guerra, perche' l'idea del mondo e' che esso debba essere unificato sotto un unico potere, un solo dominio; questa e' la "sfida suprema", e a questa dovremmo partecipare anche noi, l'Occidente.
Ma noi per questo celebriamo il 25 aprile. Perche' noi abbiamo un'altra idea del mondo. La nostra scelta e' per la pace, e' per la fedelta' ai valori e agli ideali della Resistenza italiana e della Resistenza europea. Noi pensiamo piuttosto che si debbano sviluppare le istituzioni e l'"acquis communautaires" dell'ordinamento delle Nazioni Unite.
Nella Costituzione italiana c'e' scritto che l'Italia ripudia la guerra. E' un termine forte, vuol dire rompere un legame indissolubile, che nella storia c'e' sempre stato, della politica con la guerra. Non c'e' scritto che l'Italia ripudia una guerra si' e l'altra no, ripudio la guerra di aggressione ma non la guerra umanitaria, ripudia la guerra come mezzo per la soluzione delle controversie internazionali ma non la guerra per la democrazia, per affermare i valori dell'Occidente, per distruggere la Russia, la Cina e fare un unico Impero.
C'e' scritto che ripudiamo la guerra e tutte le guerre, compresa la guerra contro i migranti che stiamo combattendo quando impediamo i soccorsi nel Mediterraneo e quando ai migranti togliamo la protezione che chiamiamo "speciale" e invece dovrebbe essere ordinaria e senza limiti, perche' l'immigrazione e' un fenomeno strutturale, e se dieci anni fa c'erano 60 milioni di migranti oggi ce ne sono 100 milioni. La nuova lotta di Liberazione la dobbiamo fare oggi, guardando questo mare, che dobbiamo rendere un mare di umanita' e di accoglienza.
Certo i migranti sono diversi da noi, parlano altre lingue, praticano altre religioni, spesso hanno anche un altro colore. Ma la pace si fa appunto con quelli che sono diversi da noi, perche' l'alternativa e' una sola: o gli altri li riconosciamo come eguali, come compagni, come "fratelli" della stessa umanita', tutti "nati da donna", come noi, oppure li trattiamo come nemici. La pace vuol dire non avere nemici. Cutro non si deve ripetere, la domanda di vita, di liberta', di accoglienza, di giustizia, viene oggi da li'. Da questo mare che da qui contempliamo.

6. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

7. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 128 dell'8 maggio 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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