[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 127



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 127 del 7 maggio 2023

In questo numero:
1. Bruna Bianchi: Il rifiuto della guerra
2. Quid agendum hic et nunc: opporsi alla guerra (e alle stragi e all'ecocidio di cui consiste) con l'azione diretta nonviolenta. Un appello a chi ha orecchie per intendere
3. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
4. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
5. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
6. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
7. Alcuni riferimenti utili
8. Tre tesi
9. Ripetiamo ancora una volta...

1. L'ORA. BRUNA BIANCHI: IL RIFIUTO DELLA GUERRA
[Dal sito di "Comune-info" riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo del 29 ottobre 2022]

Le proteste contro la guerra in Russia, come accade per molti movimenti sociali, sono un fenomeno carsico: crescono di nascosto e in profondita' per molto tempo, poi si manifestano in tanti modi diversi per brevi periodi. Da marzo ad agosto le proteste collettive a Mosca e in altre citta' sono quasi scomparse del tutto per poi tornare in settembre: il dissenso contro la "mo-killi-zation!", cioe' contro il decreto sulla mobilitazione per la guerra, ha sorpreso tanti. Una protesta fortemente giovanile e femminile, fatta di azioni in strada, incendi ai centri di reclutamento, sostegno ai familiari delle vittime e alle persone arrestate, iniziative di controinformazione. E perfino danze, come quella delle donne di Jakutsk, citta' della Siberia che, durante un arruolamento forzato, hanno circondato gli agenti ballando in cerchio la osuokhay, la danza tradizionale e gridando "No alla guerra, no al genocidio!". Anche per questo i bersagli privilegiati della repressione sono state le donne e le ragazze, a cominciare da quelle in abiti scuri con chiaro riferimento alle Donne in nero, da oltre trent'anni una delle piu' straordinarie storie di nonviolenza nel mondo.
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"Ricordiamoci le parole di Pierre in Guerra e pace: 'Tutto il mio pensiero consiste in questo: poiche' le persone malvage si uniscono e costituiscono una forza, le persone oneste devono solo fare la stessa cosa. E' semplice'. No, non e' affatto semplice. Ma e' possibile ed e' la cosa piu' importante. E questo significa che non possiamo permetterci di cedere"
(Lev Ponomarev)

Cosa e' accaduto nella societa' russa negli ultimi mesi? Quanto e come i principi e le pratiche della nonviolenza hanno avuto modo di emergere? Da marzo ad agosto le proteste collettive in Russia sono cessate. La sensazione di isolamento di fronte alla pervasiva retorica governativa, la paura della repressione, dell'espulsione da scuole e Universita', di perdere il lavoro, l'ansia per le continue violazioni dei diritti umani, le minacce e le vere e proprie persecuzioni di attivisti e attiviste, le sentenze esemplari contro insegnanti, giornalisti-e e figure politiche hanno certamente avuto un ruolo importante nel dissuadere dalle proteste pubbliche. Mentre centinaia di migliaia di cittadini russi si sono autoesiliati portando con se' la loro cultura e la loro esperienza di resistenza e di attivismo, in Occidente l'opposizione alla guerra non e' piu' stata al centro dell'attenzione dei "grandi" media e la questione del dissenso nella societa' russa e quella dei reali sentimenti della popolazione sono rimaste nell'ombra.
Si e' andata cosi' diffondendo la convinzione che il consenso alla guerra sia pressoche' unanime, che la societa' civile russa sia fragile e che non riesca ad esprimere una risposta forte contro la guerra.
Se e' vero che la societa' civile organizzata si e' indebolita progressivamente negli anni, e in particolare nei mesi di guerra, sotto i colpi della repressione, la societa' civile indipendente, i gruppi femministi, quelli di volontariato e di sostegno agli obiettori e ai profughi ucraini, quelli che si impegnano per i diritti umani e per una libera informazione hanno esteso la loro influenza.
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Verso le proteste del 21-26 settembre
Si puo' avere un quadro della vastita' dei campi d'intervento e delle modalita' dell'attivismo dal profilo di alcune di queste associazioni contro la guerra, delle loro motivazioni e delle loro iniziative pubblicato all'inizio di luglio dal quotidiano online con sede in Lettonia, Meduza. L'attivita' di questi gruppi, molti dei quali nati all'inizio della guerra, non ha avuto lo stesso impatto di una dimostrazione di massa in una grande citta', ma i loro messaggi sono stati piu' capillari, hanno offerto aiuto concreto e psicologico alle vittime della guerra e della repressione, raccolto fondi, confutato le falsita' della propaganda, condotto sondaggi di opinione, sostenuto i valori umani in una situazione disumana.
Ne' si devono dimenticare le azioni di protesta di coloro che hanno continuato a scendere per le strade avvicinando i passanti e cercando di instaurare un dialogo (data.ovdinfo.org).
Alcune di queste reti, come l'organizzazione giovanile Vesna e il FAR, le femministe contro la guerra, sono state tra le prime a opporsi al decreto sulla mobilitazione, a chiamarla "mo-killi-zation" e a promuovere la protesta che dal 21 al 26 settembre e' esplosa in oltre 40 citta' in tutta la Russia e accompagnata da 2080 arresti (data.ovdinfo.org). Dall'inizio del conflitto al 17 agosto i casi di detenzione sono stati 16.417 (data.ovdinfo.org).
L'approvazione del decreto sulla mobilitazione ha scosso la parvenza di normalita' della vita quotidiana, ha inasprito l'opposizione nelle regioni periferiche che hanno subito le maggiori perdite nel conflitto e hanno suscitato la rabbia giovanile. A gridare la loro collera e la loro disperazione, infatti, sono stati per lo piu' giovani uomini, spesso giovanissimi, e le donne di ogni eta' (1).
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"Non moriro' per Putin". La protesta giovanile
I giovani in eta' militare, che avevano risposto in misura minima alle pressioni per l'arruolamento volontario, gia' nei sondaggi di giugno avevano presentato le percentuali piu' elevate di opposizione alla guerra. Il sondaggio condotto da Levata Center, l'unica agenzia indipendente e considerata "agente straniero", aveva rilevato la piu' alta percentuale di dissenso tra i giovani dai diciotto ai venticinque anni: 36 per cento contro il 20 per cento della popolazione nel suo complesso (2). Una serie di sondaggi "confidenziali" condotti da VCIOM, il centro statale russo per i sondaggi di opinione, i cui risultati sono trapelati sui media, nel mese di luglio aveva riscontrato percentuali piu' elevate (cato.org). Nel rapporto si legge:
"Una delle conclusioni piu' eloquenti che si possono trarre dal sondaggio e' che i giovani russi sono determinati a porre fine alla guerra e il loro atteggiamento nei confronti del presidente in relazione all'"operazione speciale" e alle sanzioni non sta cambiando in meglio. La maggior parte dei giovani e' favorevole ai negoziati e contraria al proseguimento delle ostilita':
- nella classe di eta' 18-24 anni, il 79 per cento delle persone intervistate e' favorevole alle trattative;
- in quella dai 25 ai 34 anni il 56 per cento;
- in quella dai 35 ai 44 anni il 46 per cento.
Piu' si innalza l'eta' e piu' cresce la percentuale di coloro che credono che la Russia debba continuare a combattere" (thebell.io).
In settembre il Levada Center ha voluto indagare le reazioni della popolazione al decreto sulla mobilitazione. Alla domanda: "quali sentimenti ha suscitato in te l'annuncio della mobilitazione parziale?" i giovani dai 18 ai 24 anni hanno dato le seguenti risposte: rabbia: 23 per cento, paura: 56 per cento, trauma: 31 per cento, tutte percentuali nettamente piu' elevate rispetto alla media (levada.ru).
Il timore di essere arruolati forzatamente e' piu' che fondato. I giovani in eta' militare, infatti, rischiano di essere convocati presso gli uffici di reclutamento se sono espulsi da scuole e Universita', talvolta al minimo segno di dissenso, o se sono arrestati nel corso di manifestazioni di protesta.
Anche il numero delle perdite in guerra tra i giovani e giovanissimi ha con tutta probabilita' contribuito al diffondersi di stati d'animo dominati da paura e rabbia. Essi, infatti, in particolare quelli che provengono dalle province piu' povere - Daghestan, Buriazia, Baschiria - sono stati tra i primi a perdere la vita. Nel complesso, secondo i dati ufficiali, dall'inizio della guerra al 7 ottobre, il 33 per cento dei casi di morte si sono verificati nella classe di eta' tra i 18 e i 26 anni e i giovani tra i 21 e i 23 anni hanno subito - (13,5 per cento) - le perdite maggiori (en.zona.media).
Scorrendo i resoconti delle proteste di settembre a cura di OVD.news e le immagini scattate dagli stessi arrestati, sfilano davanti agli occhi tanti volti di giovani e giovanissimi. Un esempio quello di uno studente di Arcangelo, espulso dalla scuola per essersi rifiutato di seguire i "colloqui su cose importanti" e fermato dalla polizia mentre stava andando ad una manifestazione di protesta, o quello del ragazzo che a Belgorod e' sceso in strada con un cartello in cui auspicava la vittoria dell'Ucraina: "Liberta' e vittoria all'Ucraina. No alla mobilitazione", o ancora i volti di ragazze e ragazzi che all'interno del furgone di polizia a Novosibirk il 24 settembre ostentano orgoglio e sicurezza di se'.
Si deve verosimilmente alla rabbia giovanile l'aumento a partire dal 21 settembre del numero degli incendi appiccati ai centri di reclutamento. Dall'inizio del conflitto queste forme di sabotaggio sono state 67: 34 nei sei mesi prima del decreto sulla mobilitazione e 33 dal 21 settembre al 13 ottobre. Lo ha calcolato Mediazona, media indipendente russo fondato da Marija Alechina e Nadezda Andreevna Tolokonnikova del gruppo di protesta e della band Pussy Riot, che pubblica e aggiorna costantemente una mappa dei roghi. Agli atti di sabotaggio hanno fatto appello anche le fondatrici di FAR, come una di loro ha recentemente dichiarato: "Abbiamo immediatamente scritto un appello a sabotare i centri di arruolamento militare e a manifestare per le strade" (opendemocracy.net).
Non sempre i resoconti di OVD riportano l'eta' degli arrestati per i reati di sabotaggio o danneggiamento, ma quando compare questa informazione si tratta sempre di giovani. E' il caso di un ventenne che il 26 settembre alle 4 del mattino a San Pietroburgo ha appiccato il fuoco a un edificio che portava l'insegna "Ufficio di reclutamento militare". Quello stesso giorno e' apparsa sulla pagina di VKontakte la frase a lui attribuita: "Ciascuno protesta come meglio crede". Sempre il 26 settembre a Novosibirk e' stato arrestato un giovane di 22 anni accusato di aver pianificato di appiccare il fuoco a un ufficio di reclutamento e di aver organizzato un gruppo di giovani per compiere atti simili. Altri incendi sono stati causati da giovanissimi con l'intento di colpire i simboli della federazione russa; a Ulan Ude due diciassettenni hanno bruciato una bandiera russa che avevano issato sul monumento di Lenin (ovd.news).
Questi incendi si aggiungono alla lunga catena di atti di sabotaggio che dall'inizio del conflitto hanno ripetutamente danneggiato le linee ferroviarie per impedire il rifornimento di armi all'esercito dispiegato in Ucraina (vice.com).
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"Sembrate delle ladre". La protesta femminile
Le donne e le ragazze hanno avuto un ruolo preponderante nella protesta contro la mobilitazione. Nel complesso esse hanno rappresentato il 51 per cento dei 1.383 casi di arresto il 21 settembre e il 71 per cento degli 848 casi di arresto il 24, percentuali particolarmente significative se le si confrontano con quelle relative al febbraio-marzo 2022 (30 per cento) e ancor piu' con quelle degli anni precedenti: 6 per cento nel 2019 e 11 per cento nel 2021 (reuters.com). Un tale aumento e' certamente dovuto alla crescita del movimento femminista (che e' passato da 30 sezioni nel 2019 a 45 nel 2021), ma anche alla volonta' da parte delle donne di farsi carico della protesta al fine di evitare a uomini e ragazzi l'arruolamento forzato. Infatti, gli attivisti che avevano partecipato alla protesta sono stati inviati ai centri di reclutamento in almeno 17 dipartimenti di polizia il 21 settembre e in 16 il 24 (euronews.com).
Il sentimento di orgoglio per il ruolo avuto nelle manifestazioni, la volonta' di dimostrare di saper vincere la paura emergono da alcune fotografie che le ritraggono al momento dell'arresto, come da quella scattata a Tomsk il 24 settembre.
Non stupisce quindi che la repressione si sia abbattuta in modo particolarmente duro sulle donne e le ragazze e in misura maggiore rispetto al passato. A San Pietroburgo, come in altre citta', bersagli privilegiati sono state le donne e le ragazze in abiti di colore nero con chiaro riferimento alle Donne in nero, le pacifiste che nelle manifestazioni vestono a lutto per le sofferenze portate dalla guerra. A Ufa il 24 settembre alcune ragazze del gruppo sono state detenute con l'insolente motivazione che "assomigliavano a ladre".
Nei posti di polizia le consuete umiliazioni sessuali e le minacce di stupro sono state inscenate nel modo piu' brutale e osceno. Valga per tutti il caso di una giovane di Vladimir, Alena, detenuta il 24 settembre. A OVD ha raccontato
"di essere stata costretta a spogliarsi completamente; le dissero poi che l'avrebbero obbligata a 'sedere su una bottiglia' (ovvero che l'avrebbero stuprata usando una bottiglia). Il detective Alexander Terentiev le disse che non le restava molto da vivere e che presto 'sarebbe andata in Ucraina'. Dopo che la ragazza ebbe risposto che non era soggetta a servizio militare, il detective le assicuro' che il suo ragazzo sarebbe stato arruolato e gli 'sarebbero state tagliate le palle'. Poi, dichiaro' Alena, il detective prese una bottiglia e mi disse che mi avrebbe costretto a pisciarci dentro e a bere da li'".
Dopo molte ore di queste torture, la ragazza si e' sentita male, ha firmato una dichiarazione in cui ammetteva di aver partecipato alla manifestazione, di aver scattato fotografie degli ufficiali di polizia e di averle diffuse sui social. A quel punto e' stata rilasciata.
Le donne adulte che avevano partecipato alle manifestazioni sono state colpite nei loro affetti familiari. Ne e' un esempio il caso di Lidija, madre di quattro figli, di Voronez, citta' non distante dal confine ucraino. Il 26 settembre, sulla porta di casa e' stata prelevata e trascinata in un'auto da alcuni uomini in abiti borghesi; li' le hanno intimato di cessare ogni forma di protesta e di "abbassare la testa", altrimenti i servizi di affido famigliare sarebbero stati informati della sua condotta e le avrebbero tolto i bambini, mentre il marito e il figlio maggiore sarebbero stati arruolati.
Nei giorni delle proteste e in quelli immediatamente successivi agenti e collaboratori di polizia hanno fatto irruzione nelle abitazioni delle attiviste e delle donne sospettate di aver partecipato alle manifestazioni, o di aver diffuso volantini contro la guerra; le hanno minacciate o le hanno condotte ai centri antiterrorismo. E' accaduto a Darja e Victoria, autrici di un volantino in cui avevano scritto: "Porteremo una bara in ogni casa, a spese dello stato".
Il tema o l'immagine della bara ritornano con una certa frequenza nelle frasi e nei poster nel corso delle manifestazioni collettive e individuali. Chi ha fatto riferimento ai ragazzi che tornano in Russia nelle bare di zinco, come Tatjana di 72 anni di Petrozavodsk, chi ha diffuso volantini con disegni di bare. A Mosca Alexander ha dato ai suoi volantini la forma di annuncio pubblicitario: "Agenzia funebre Russia. Forniremo gratuitamente una bara: figlio, marito, fratello, amico". Non sappiamo nulla del destino di Alexander, ma sappiamo che Darja e Victoria al centro antiterrorismo sono state afferrate per il collo, prese a calci, trascinate per i capelli, colpite alla testa con vari oggetti tra le minacce di essere denunciate per prostituzione e gli insulti: "feccia, sudiciume, meritate di essere uccise".
La volonta' di terrorizzare, di infondere la convinzione di non poter sfuggire al controllo e alla punizione ha causato l'arresto di tre ragazze che a Brjansk erano scese in strada con i loro poster contro la guerra sui quali avevano scritto le frasi: "Questa non e' la nostra guerra"; "Basta derubarci del nostro futuro" e alcuni versi della piu' famosa canzonetta sovietica per bambini del 1962:
"Possa esserci sempre il sole
Possano esserci sempre cieli azzurri
Possa esserci sempre la mamma
Possa esserci sempre io!"
Anche le donne anziane hanno voluto gridare la loro indignazione. A San Pietroburgo Irina ha affidato la sua protesta a una iscrizione deposta sulla tomba dei genitori di Putin. Per questo gesto e' stata accusata di profanazione ed e' stata messa agli arresti domiciliari. L'iscrizione diceva:
"Genitori del maniaco, prendetevelo con voi, ha causato cosi' tanto dolore e cosi' tanti problemi, che il mondo intero sta pregando per la sua morte. Morte a Putin, voi avete cresciuto un mostro e un assassino".
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"No alla guerra, No al genocidio". Le proteste nelle regioni orientali
Anche nelle proteste che si sono svolte a Machackala in Daghestan, a Jakutsk nella Siberia orientale, a Ulan Ude in Buriazia e a Grozny in Cecenia, le donne e le ragazze sono state le principali protagoniste.
Nelle zone piu' orientali, abitate da popolazioni non slave, ha affermato il 4 ottobre una delle fondatrici di FAR, "ci sono molti villaggi completamente svuotati. Non resta un solo uomo [...] le popolazioni in queste regioni comprendono che sono diventate una risorsa per Mosca [...] Nella Russia europea Mosca cerchera' di creare l'illusione di normalita' fino all'ultimo momento, ma non durera' a lungo" (opendemocracy.net). In queste regioni la mobilitazione e' stata percepita come una forma di pulizia etnica e si e' configurata come una serie di incursioni. In Buriazia migliaia di persone sono state arruolate forzatamente in 24 ore; gli avvisi di arruolamento sono stati consegnati di notte e sono stati messi immediatamente in pratica senza alcun rispetto per le esenzioni previste dalla legge (en.zona.media). "I nostri mariti, padri e fratelli non vogliono uccidere altri mariti e padri" hanno gridato le donne a Ulan Ude; a Jakutsk esse hanno circondato gli agenti danzando in cerchio la osuokhay, la danza tradizionale, gridando: "No alla guerra, no al genocidio".
A Machackala il 25 settembre le donne hanno cercato di respingere gli agenti, di liberare i giovani arrestati gridando che non avrebbero permesso che i loro figli fossero mandati a morire, che questa non era la loro guerra, che nessuno aveva aggredito la Russia. Le arrestate sono state 120 tra cui numerose minorenni (en.zona.media).
In Cecenia, a Grozny, il 21 settembre si e' svolta la protesta delle madri contro la mobilitazione; in 130 sono state arrestate e un numero ancora imprecisato dei loro figli sono stati costretti a firmare la dichiarazione di reclutamento volontario pena la ritorsione sulle loro madri. A queste donne che avevano avuto l'ardire di sfidare l'autorita' doveva essere inflitta una punizione esemplare; sono state quindi condotte al municipio per subire il castigo per mano dei loro mariti a cui sono stati consegnati tubi di gomma riempiti di calcestruzzo. Se coloro che avevano il dovere di sottomettere le donne nella famiglia non l'avessero fatto, alla punizione avrebbe provveduto la polizia.
La guerra, progetto patriarcale di ricolonizzazione del mondo, ridefinisce e riafferma con la violenza tutti i confini, non solo quelli territoriali, ma anche quelli mentali, simbolici, di genere, di generazione e di "etnia".
Dal 26 settembre le proteste collettive si sono spente, ma la collera dei giovani e delle donne, il loro senso della giustizia offeso, la loro repulsione per la guerra probabilmente riaffioreranno. Dalle testimonianze e dalle immagini che sono trapelate fino a oggi e' lecito pensare che della loro esperienza coloro che hanno protestato conserveranno non solo la paura e il senso dell'oltraggio, ma anche la forza morale che hanno trovato in se' stessi-e e i legami di solidarieta' nati dalla protesta, come suggerisce la frase su un poster che una donna di Tomsk teneva a settembre tra le mani: "Se anche tu hai paura, abbracciami" (themoscowtimes.com).
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Note
1. Quando non indicato diversamente, la fonte delle notizie sulle manifestazioni di protesta a cui ho attinto e' stata la cronaca degli avvenimenti in lingua inglese nel sito di OVD (events). Poiche' le notizie sono ordinate cronologicamente (settimana per settimana) il nome della persona arrestata, il luogo e la data sono gli elementi principali per risalire alla cronaca completa dell'evento.
2. Questi dati includono anche le giovani donne. Non sono riuscita a trovare dati disaggregati per sesso.

2. REPETITA IUVANT. QUID AGENDUM HIC ET NUNC: OPPORSI ALLA GUERRA (E ALLE STRAGI E ALL'ECOCIDIO DI CUI CONSISTE) CON L'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA. UN APPELLO A CHI HA ORECCHIE PER INTENDERE

La guerra scatenata oltre un anno fa dal folle e criminale autocrate russo contro la popolazione ucraina inerme continua a mietere vittime innocenti.
E continua a provocare nel cuore d'Europa una catastrofe ambientale di proporzioni colossali, di cui pressoche' tutti i mezzi d'informazione tacciono.
E ogni giorno che passa avvicina il pericolo del suo evolvere nella guerra atomica che puo' porre fine alla civilta' umana e devastare irreversibilmente quest'unico mondo vivente che conosciamo.
L'intera umana famiglia dovrebbe prendere coscienza dell'immane tragedia e dell'abissale minaccia, e quindi agire per far cessare immediatamente la guerra imponendo la fine delle ostilita' e l'avvio di negoziati di pace a tutti i governi impazziti e scellerati che assurdamente la guerra alimentano.
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Mentre la parte migliore della popolazione russa continua ad opporsi alla guerra e al fascismo subendo da parte del regime una repressione brutale; e mentre la parte migliore della popolazione ucraina continua a resistere con la scelta della solidarieta' e della nonviolenza all'invasione e alla barbarie, alla guerra e al militarismo, adoperandosi per salvare le vite e difendendo la democrazia e i diritti umani nell'unico modo in cui e' possibile farlo, cioe' opponendosi alle uccisioni, alla militarizzazione e alla tirannia che ne consegue; tragicamente la parte migliore delle popolazioni degli altri paesi europei non riesce o non vuole o non sa contrastare la follia guerriera e riarmista, l'imbarbarimento e la fame di universale annientamento dei propri governi che invece di adoperarsi per la pace continuano ciecamente a fare di tutto affinche' la guerra, e le stragi, e l'ecocidio, continuino, si accrescano, si estendano oltre ogni limite.
La maggior parte delle molte iniziative per la pace che pure si sono svolte in questi mesi di guerra nei paesi dell'Unione Europea hanno avuto come implicito ma effettuale denominatore comune - e mi si stringe il cuore a dirlo - di "non disturbare il manovratore", ovvero di non mettere in reali difficolta' il governo golpista della banalita' del male che con l'invio di armi e la supina obbedienza alla Nato - l'organizzazione terrorista e stragista le cui criminali responsabilita' nell'alimentare la guerra in Europa sono flagranti - ha reso l'Italia compartecipe della guerra e quindi delle stragi di esseri umani e dell'ecocidio in corso in Ucraina, in flagrante violazione dell'articolo 11 della Costituzione repubblicana, articolo che si apre con parole di inequivocabile chiarezza: "L'Italia ripudia la guerra".
Invece disturbare il manovratore occorreva ed occorre; contrastare il governo belligeno e golpista occorreva ed occorre; bloccare l'illegale e criminale invio delle armi assassine occorreva ed occorre; contrastare l'azione scellerata della Nato occorreva ed occorre. Ma questo non e' stato fatto, e tante belle iniziative tanto spettacolari quanto ininfluenti, cosi' come le non molte benemerite e fin luminose azioni di solidarieta' concreta con le vittime che pure per fortuna ci sono state e sempre siano benedette, non bastano ad occultare questa dura realta'.
Eppure e' chiaro e semplice cio' che occorre fare: contrastare materialmente l'illegale e criminale partecipazione italiana alla guerra; contrastarla con l'azione diretta nonviolenta.
Occorre bloccare le fabbriche d'armi: circondandole e occludendone gli ingressi impedendo loro di produrre altri strumenti di morte.
Occorre bloccare i trasporti di armi: occupando e paralizzando i luoghi in cui transitano gli strumenti di morte.
Occorre bloccare le strutture militari: circondandole e occludendone gli ingressi impedendo loro di proseguire in ogni attivita' di preparazione e a sostegno della guerra.
Occorre bloccare le sedi e strutture in Italia della Nato come delle forze armate degli Stati Uniti d'America: circondandole e occludendone gli ingressi cosi' impedendo loro di continuare la guerra di cui sono palesemente "magna pars".
Occorre bloccare la Presidenza del Consiglio dei Ministri e i Ministeri coinvolti nella guerra: circondandoli e occludendone gli ingressi impedendo loro di proseguire nell'illegale sostegno alla guerra e alle stragi e all'ecocidio in corso in Ucraina, impedendo loro di proseguire nella flagrante violazione della Costituzione della Repubblica italiana cui pure tutti i membri del governo hanno giurato fedelta'.
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Beninteso: occorre anche continuare a dire e a fare le tante cose buone che gia' si dicono e si fanno, ed occorre sostenere le molte iniziative di pace nuove o reiterate in corso e in programma da parte di soggetti diversi, quali che siano i loro limiti e le loro fragilita', a condizione che siano iniziative rigorosamente per la pace e rigorosamente democratiche sia nel merito che nel metodo, ovvero orientate a salvare tutte le vite e realizzate in forme rigorosamente nonviolente.
Ripetiamo ancora una volta che si deve continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime; che si deve continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime; che si deve continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato; che si deve continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi e le devastazioni di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre; che si deve continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente; che si deve continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani; che si deve continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino; che si deve continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
Ma se non si passa all'azione diretta nonviolenta tutte queste cose non riusciranno a fermare la guerra. Solo l'azione diretta nonviolenta puo' riuscire ad avviare dal basso l'agire necessario, le decisioni indispensabili: la cessazione delle uccisioni, la costruzione della pace, la solidarieta' che ogni essere umano riconosce e raggiunge e difende e sostiene e conforta, la condivisione fra tutte e tutti di tutto il bene e tutti i beni, il rispetto per ogni vita.
Occorre proporre, iniziare, praticare e poi generalizzare l'azione diretta nonviolenta: cominciando con la forza preziosa dei piccoli gruppi delle persone gia' persuase della nonviolenza - le persone che Gandhi chiamava "satyagrahi", le persone persuase della "forza della verita'" - e poi con la forza dell'esempio, della testimonianza che educa al bene, della lotta nonviolenta concreta e coerente, allargare progressivamente la mobilitazione fino allo sciopero generale contro la guerra, se sara' necessario arrivare fino allo sciopero generale per imporre allo stolto e criminale governo italiano di tornare a rispettare non solo l'articolo 11 della Costituzione repubblicana, ma il diritto alla vita di ogni essere umano.
Poi, naturalmente, anche tutto cio' potrebbe non bastare; ma occorre almeno averlo detto, occorre almeno averlo tentato.
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Le circostanze particolari in cui vivo da anni mi impediscono di essere io stesso ad organizzare le azioni dirette nonviolente che mi sembrano possibili e necessarie (e che ho sommariamente elencato sopra); l'ho fatto piu' volte in passato, ma ora mi e' obiettivamente impossibile, e non e' l'ultimo dei miei crucci.
Cosicche', non potendo fare qui e adesso di piu' e di meglio, almeno ho voluto dirle queste cose, sperando che qualcuno le ascolti. E sapendo che questo mio scritto che invita ad opporsi alla guerra, alle stragi e all'ecocidio di cui essa consiste, che invita a contrastare i mercanti di morte e la fabbrica degli omicidi, che invita a difendere il diritto alla vita di ogni vivente, ebbene, e' possibile che venga tacciato dal governo belligeno e golpista e dal solerte suo apparato propagandistico di "istigazione a delinquere", mentre a me sembra che sia piuttosto una esortazione a non delinquere, poiche' dal modesto mio punto di vista - ma anche dal punto di vista della Costituzione repubblicana - a delinquere e' piuttosto chi fa e sostiene la guerra, chi uccide, fa uccidere, fornisce gli strumenti per uccidere, coopera a uccidere e lascia uccidere gli esseri umani, chi devasta e distrugge parti sempre crescenti di quest'unico mondo vivente, di quest'unica casa comune dell'intera umana famiglia.
Dixi, sed non salvavi animam meam.
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Ogni vittima ha il volto di Abele.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe in corso.

3. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?

Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
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Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
*
E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

4. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]

3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
*
ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/

5. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI

Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
*
Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
*
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.

6. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it

7. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

8. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

9. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 127 del 7 maggio 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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