[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 124



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 124 del 4 maggio 2023

In questo numero:
1. Sosteniamo. E chiamiamo
2. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
3. Giobbe Santabarbara: Breve una lettera alle persone amiche - e ad altre ancora - per chiedere loro una cosa
4. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
5. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
6. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
7. Alcuni riferimenti utili
8. Tre tesi
9. Ripetiamo ancora una volta...
10. Bruna Bianchi: L'Introduzione di "Non resistere al male con il male"
11. Enrico Peyretti: Russia ed Europa

1. L'ORA. SOSTENIAMO. E CHIAMIAMO

Sosteniamole tutte le iniziative per la pace.
Sosteniamo la staffetta per la pace.
Sosteniamo i referendum contro la guerra.
Sosteniamo la marcia Perugia-Assisi.
Sosteniamole tutte le iniziative per la pace.

Ma chiamiamo anche all'azione diretta nonviolenta
per paralizzare le fabbriche d'armi
per paralizzare le strutture militari
per paralizzare il governo fascista che alla guerra assassina fa partecipare anche il nostro paese
per paralizzare l'organizzazione terrorista e stragista che ha nome Nato.

2. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?

Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
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Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
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E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

3. REPETITA IUVANT. GIOBBE SANTABARBARA: BREVE UNA LETTERA ALLE PERSONE AMICHE - E AD ALTRE ANCORA - PER CHIEDERE LORO UNA COSA

Dico subito la cosa che vorrei chiedere a tutte e tutti voi: un nuovo o rinnovato impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
Sono un vecchio militante che ricorda vividamente - ero allora assai giovane - l'occupazione di Alcatraz sul finire degli anni Sessanta, il "Sentiero dei trattati infranti" culminato nell'occupazione del Bureau of Indian Affairs nel 1972, e soprattutto l'occupazione e l'assedio di Wounded Knee del 1973. E' da allora che anch'io sento il dovere di sostenere la lotta delle popolazioni native nordamericane contro il genocidio, l'etnocidio e l'ecocidio di cui sono vittima (e con loro l'umanita' intera e l'intero mondo vivente) da parte del potere razzista, stragista, rapinatore e devastatore bianco. Lungo oltre mezzo secolo non ho saputo fare granche', se non impegnarmi qui in Italia in iniziative che credo siano state almeno coerenti con quella lotta, nella convinzione che tutto si tiene, che tutto e' collegato, o per dirla con una luminosa espressione Lakota: "Mitakuye Oyasin".
Sono stato un lettore di "Akwesasne Notes", la bella, indimenticabile rivista che negli anni '70-'90 fu primario strumento d'informazione su quelle lotte, su quelle esperienze di pensiero e azione. E credo sia stato attraverso "Akwesasne Notes" che conobbi la vicenda di Leonard Peltier. Successivamente, come molte altre persone, lessi il libro di Edda Scozza, quello di Peter Matthiessen e la sua autobiografia.
Da un paio d'anni il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo si sta particolarmente impegnando nella mobilitazione nonviolenta internazionale per la liberazione di Leonard Peltier, ed io con esso.
Leonard Peltier e' detenuto innocente ormai da 47 anni, e la sua salute e' gravemente deteriorata. Dal carcere ha continuato a lottare con gli strumenti della testimonianza e della parola, della poesia e dell'arte, per i diritti dei popoli oppressi, per i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la Madre Terra.
Come e' noto la sua liberazione e' stata chiesta nel corso degli anni da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, come papa Francesco e il Dalai Lama, da istituzioni come il Parlamento Europeo, da associazioni umanitarie come Amnesty International, da milioni (si', milioni) di persone di tutto il mondo.
E come e' altrettanto noto la sua liberazione dipende unicamente dalla concessione della grazia presidenziale da parte del Presidente degli Stati Uniti d'America, a cui quotidianamente pervengono richieste a tal fine (tra le piu' recenti: quella della Commissione giuridica ad hoc dell'Onu; quella unanime del Comitato nazionale del Partito Democratico degli Stati Uniti - il partito cui lo stesso Presidente Biden appartiene).
Dalla provincia italiana non si puo' fare molto, ma quel poco che si puo' fare va fatto.
Cosa chiedo dunque in concreto alle persone amiche - ed alle altre ancora - cui indirizzo questa lettera? Tre cose.
La prima, far conoscere la vicenda di Leonard Peltier e diffondere l'appello per la sua liberazione.
La seconda, scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedergli di concedere la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
La terza, scrivere a Leonard Peltier e al comitato internazionale che lo sostiene, l'International Leonard Peltier Defense Committee, per esprimere loro il proprio sostegno.
Tutto qui.
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Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America: nel sito della Casa Bianca aprire la pagina attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Per scrivere a Leonard Peltier l'indirizzo e': Leonard Peltier, #89637-132, USP Coleman I, P.O. Box 1033, Coleman, FL 33521; trattandosi di un carcere di massima sicurezza possono essere inviate solo lettere postali, e nessun oggetto.
Per scrivere all'International Leonard Peltier Defense Committee: e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
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Grazie per l'attenzione, e un cordiale saluto da
Giobbe Santabarbara

4. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]

3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
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ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/

5. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI

Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
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Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
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Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.

6. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it

7. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

8. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

9. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

10. LIBRI. BRUNA BIANCHI: L'INTRODUZIONE DI "NON RESISTERE AL MALE CON IL MALE"
[Dal sito di "Comune-info" riprendiamo e diffondiamo l'introduzione del libro di Bruna Bianchi, "Non resistere al male con il male". Obiezione di coscienza e pacifismo nel pensiero di Tolstoj, Biblion, Milano 2023 (ivi alle pp. 13-21)]

1. Rileggere Tolstoj oggi
"La gente del nostro mondo cristiano e del nostro tempo e' simile a un uomo che sia passato accanto all'imbocco della giusta via e abbia proseguito, e che quanto piu' prosegue, tanto piu' si convince che non sta andando nella buona direzione. E quanto piu' dubita che la direzione sia quella giusta, tanto piu' accelera il passo, consolandosi al pensiero che in qualche luogo dovra' pure arrivare, prima o poi. Ma giunge il momento in cui gli diviene perfettamente chiaro il fatto che la direzione che egli segue non lo condurra' in nessun luogo, all'infuori d'un abisso che egli sta gia' cominciando a scorgere davanti a se'" (1). Cosi' scriveva Tolstoj in Ricredetevi! nel 1904 allo scoppio della guerra russo-giapponese, la guerra considerata un'anticipazione delle guerre totali del XX secolo e che recentemente e' stata paragonata all'attuale guerra in Ucraina (2).
Ancora oggi, ha scritto Ani Kokobobo, studiosa di letteratura russa, "si puo' sentire lo scrittore gridare ai suoi connazionali: ricredetevi!"" (3). Dopo i bombardamenti brutali a Mariupol, gli orrori commessi a Bucha, Charchiv, Kiev e in molti altri luoghi, continua Kokobobo, e' necessario accostarsi ai grandi autori della letteratura russa con una domanda nella mente: "Come fermare la violenza?".
Rileggere Tolstoj oggi, accogliere il suo appello a ravvedersi, a cambiare modo di vedere e agire nel mondo potra' forse farci arretrare da quell'abisso in cui il viaggiatore della metafora tolstoiana sta per precipitare.
All'inizio dell'invasione, quando la popolazione ucraina spontaneamente fece ricorso ad azioni di resistenza civile nonviolenta - parlando con i soldati russi per convincere o deridere, modificando o rimuovendo le indicazioni stradali per confondere e fermare, manifestando di fronte ai municipi occupati - in molti, richiamandosi alle tradizioni della nonviolenza e in particolare al pensiero di Tolstoj, espressero la fiducia che le forme di resistenza nonviolenta si estendessero e riuscissero a innescare un processo di pace. Scriveva il 5 marzo Alexandre Christoyannopoulos, studioso di Tolstoj:
"La condanna della violenza di Tolstoj non era molto popolare allora, ne' tra coloro che volevano rovesciare lo zar, ne' tra coloro che stavano lottando in altri paesi per la liberazione nazionale. Ma con l'esperienza e le lezioni sulla nonviolenza accumulate da allora e che sono alle nostre spalle, alcune persone in Ucraina, ma anche in Russia e altrove, hanno resistito con la nonviolenza anche di fronte all'invasione di una superpotenza. La loro strategia potrebbe essere presa sul serio e dar vita a tattiche piu' creative e queste potrebbero rivelarsi quanto meno altrettanto efficaci della resistenza con la violenza" (4).
Una tale fiducia all'inizio del conflitto era tutt'altro che infondata. Infatti, alla fine di settembre 2015 un'inchiesta condotta a livello nazionale dall'Istituto Internazionale di Sociologia di Kiev (KIIS) (5) aveva rivelato che piu' di un terzo delle persone intervistate (nel complesso mille, in diverse parti dell'Ucraina) considerava la resistenza civile nonviolenta una strategia piu' efficace in caso di invasione e occupazione del paese e il 76 per cento era pronto a partecipare ad almeno una azione nonviolenta su larga scala (6). Tradurre in azione questo orientamento della popolazione avrebbe richiesto da parte del governo ucraino e dei suoi alleati occidentali un investimento in preparazione, educazione e addestramento; esso, al contrario, e' stato soffocato con la coscrizione obbligatoria, la repressione, gli appelli all'invio di volontari e di armi. In un mondo dominato dall'industria, dalla tecnologia e dalla ideologia militare, ovvero dal culto della forza, il primo nemico da distruggere e' il rifiuto di prendere le armi. Eppure, la renitenza e la diserzione, la volonta' di resistere con la nonviolenza e l'impegno per creare le condizioni e le pratiche su cui costruire un'altra difesa, civile e non armata, non sono mai venuti completamente meno (7). Migliaia di giovani uomini sono fuggiti dal paese, almeno 6.000 sono stati fermati alle frontiere (8). Dall'estero l'obiettore Ilya Ovcharenko, rivolgendo un appello agli uomini ucraini, li ha invitati a leggere Tolstoj (9).
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2. La voce di Tolstoj nelle proteste in Russia
In Russia il messaggio di Tolstoj e' piu' che mai vivo nelle proteste che si sono succedute dal 24 febbraio. Il 22 marzo, il noto oppositore del regime putiniano Aleksej Naval'nyj - che in molte occasioni ha esortato la popolazione a manifestare apertamente il proprio dissenso - alla conclusione del processo che lo ha condannato a nove anni di reclusione in un carcere di massima sicurezza, ha dichiarato:
"Agite con decisione, come Lev Tolstoj, uno dei nostri grandi scrittori, che ho citato alla fine del mio discorso: 'La guerra e' il prodotto del dispotismo. Chi vuole combattere la guerra deve solo combattere il dispotismo'" (10).
Lo scrittore, infatti, attraverso la condanna del militarismo e della guerra, aveva condannato senza appello ogni forma di dispotismo, come nello scritto Non uccidere del 1900, a cui forse alludeva Naval'nyj:
"Le disgrazie delle nazioni sono causate non da particolari persone, ma da quel particolare sistema sociale in cui le persone sono legate in modo tale le une alle altre da trovarsi in balia di pochi uomini, o piu' spesso, di uno solo: un uomo cosi' depravato dalla sua condizione innaturale di arbitro del destino e delle vite di milioni di persone che si trova sempre in una condizione malsana, e soffre sempre, piu' o meno, di una mania di grandezza" (11).
Nelle manifestazioni collettive e individuali l'opposizione al dispotismo e alla guerra si e' espressa talvolta con le parole di Tolstoj. Lo rivelano i resoconti quotidiani a cura di OVD-info, "un progetto mediatico indipendente per i diritti umani" nato nel 2011 con lo scopo di monitorare i casi di persecuzione dell'esercizio del diritto alla liberta' di riunione e di altri diritti politici (12).
E' il caso di un uomo arrestato il 24 marzo a Mosca nei pressi della Cattedrale di Cristo Salvatore, la piu' grande delle cattedrali ortodosse, mentre esponeva un cartello sul quale aveva trascritto una frase tratta dall'opera Patriottismo e governo: "Il patriottismo e' la rinuncia alla dignita' umana, alla ragione e alla coscienza, e' una sottomissione da schiavi a coloro che hanno il potere". A Pskov un uomo e' stato arrestato il 21 giugno per un poster con una lunga citazione di Tolstoj tratta dallo scritto, Ricredetevi!:
"E centinaia, migliaia di uomini in uniforme e con diversi strumenti di morte - la carne da cannone - storditi dalle preghiere, i sermoni, gli appelli, le processioni, le immagini, i giornali, con l'angoscia nel cuore, in un coraggio apparente, lasciano parenti, mogli, figli e vanno la' dove, arrischiando la loro vita, commettono l'atto piu' terribile: la strage di uomini che non conoscono e che non hanno fatto loro alcun male" (13).
Citare Tolstoj, tenere tra le mani nei luoghi centrali delle citta' una copia di Guerra e pace, sono stati motivi di arresto. Che lo scrittore russo sia tuttora considerato una minaccia per il regime, lo conferma un verbale della polizia moscovita del 2 aprile:
"Lev Nikolaevic Tolstoj, secondo la verita' storica era considerato lo 'specchio della rivoluzione'. E' noto che nei suoi scritti ha criticato aspramente il regime del suo tempo, in particolare per l'uso della violenza nelle rivolte sociali. Di conseguenza le azioni [dell'arrestato] dovrebbero essere interpretate come un appello a rovesciare l'attuale governo e a seguire le idee di Tolstoj".
La forza del messaggio tolstoiano che ancora trapela dalle testimonianze contro la guerra nonostante la censura e la repressione, il coraggio di chi si oppone alla brutalita' del conflitto con le parole dello scrittore mi hanno indotta a ritornare sugli studi pubblicati a partire dal 2004 sul pensiero di Tolstoj e che ripropongo in questo volume. Nel rivederli e, per quanto mi e' stato possibile, aggiornarli, ho voluto mettere in rilievo il tema della risonanza degli scritti di Tolstoj a livello internazionale (tra gli obiettori di coscienza in Russia e in Europa, nel movimento riformatore americano e in quello pacifista di tutti i paesi coinvolti nella Grande guerra), una influenza che si estese al di la' delle ristrette cerchie dei discepoli e dei dissidenti religiosi e che e' ancora in gran parte da ricostruire.
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3. I saggi raccolti nel volume
Il volume si apre con il saggio Tolstoj e l'obiezione di coscienza. Dall'anno della cosiddetta conversione, il 1878, all'anno della morte, il 1910, lo scrittore russo dedico' al militarismo e alla guerra le pagine di condanna piu' aspre mai scritte e non c'e' opera di quegli anni che non affronti i temi dell'obiezione e dell'inconciliabilita' tra il cristianesimo e la guerra. Questi scritti furono determinanti nella decisione di singoli soldati e ufficiali di rifiutare o di abbandonare il servizio militare e nel rafforzare le tendenze pacifiste di alcune comunita' di dissidenti. Allo scopo di mettere in rilievo l'originalita' e la radicalita' dell'analisi tolstoiana sul militarismo, la prima parte del capitolo ricostruisce il dibattito che si sviluppo' nel mondo pacifista e socialista tra la fine della guerra franco-prussiana agli anni Novanta, quando la coscrizione obbligatoria si estese alla maggior parte dei paesi europei. La seconda parte si sofferma sull'influenza dello scrittore in Russia e in Europa e mette a fuoco la sua riflessione sulla natura dello stato e sull'obbedienza come fondamento del potere.
La convinzione che sia possibile trasferire ad altri la responsabilita' delle proprie azioni e che consente di esercitare la violenza senza sentirsene colpevoli e' al centro di un breve scritto del 1891, riportato nella sezione Documenti dal titolo Nikolaj Palkin, un dialogo con un vecchio soldato che nel suo lungo servizio aveva punito e torturato a morte molti soldati per aver infranto la disciplina militare.
Influenzato da Etienne de la Boetie e dal suo trattato sulla Servitu' volontaria (1548), Tolstoj e' considerato uno dei primi teorici del totalitarismo. L'idea che persone assolutamente normali, prive di malvagita' e di sentimenti ostili, possano diventare agenti di un atroce processo distruttivo, attenendosi semplicemente agli ordini o ai compiti loro affidati, sara' sviluppata solo dopo la Seconda guerra mondiale con le opere di Hannah Arendt (La banalita' del male), Stanley Milgram (Obedience to Authority) e Zygmunt Baumann (Modernita' e Olocausto).
Il secondo capitolo sul dovere della non resistenza prende avvio da una lettera che Tolstoj invio' nel gennaio 1896 al giurista americano Ernest Howard Crosby, suo ardente seguace. La lettera, un breve trattato sulla non resistenza, apparsa il 5 aprile 1896 sul "New York Tribune", fece conoscere il pensiero dello scrittore ad un pubblico piu' vasto e segno' una nuova fase dell'impegno riformatore e antimilitarista di Crosby.
Nello scritto, riportato nella sezione Documenti, ricorrono tutti i temi piu' importanti della riflessione religiosa tolstoiana: il posto dell'uomo nel mondo, l'inconoscibilita' degli esiti dell'agire umano, le radici della violenza, la necessita' di sottomettersi alla legge dell'amore, la legge suprema dell'esistenza che non ammette eccezioni e pertanto esclude il diritto alla difesa con la violenza, sia personale che nazionale.
Alla riflessione sulle origini della violenza nei rapporti sociali, alla frattura tra lavoro manuale e lavoro intellettuale e' dedicato il capitolo Lavoro e proprieta' della terra, corredato da una lunga lettera a Romain Rolland sull'ingiusta divisione dell'umanita' tra chi produce i beni necessari alla vita e chi li consuma. Il capitolo dedica ampio spazio alla concezione spirituale del lavoro nelle opere dello scrittore e alla critica che egli muove al pensiero politico ed economico contemporaneo, in particolare sul tema della divisione del lavoro, la forma piu' crudele di schiavitu'. Rispetto all'interpretazione marxista e socialista, l'interpretazione di Tolstoj dello sfruttamento dei lavoratori, vicina a quella di John Ruskin, e' ben piu' radicale. Nei rapporti di produzione capitalistici il lavoratore non e' espropriato solo del valore del suo lavoro, dell'atto creativo e dell'uso del suo prodotto, ma soprattutto del giudizio morale sugli oggetti del proprio lavoro, costretto a produrre beni inutili e dannosi.
Negli scritti su lavoro e proprieta' Tolstoj fa costantemente riferimento all'economista statunitense Henry George con il quale condivideva la convinzione che la terra, condizione indispensabile alla vita umana, non dovesse essere proprieta' di alcuno e alla sua proposta di abolizione della proprieta' fondiaria attraverso un provvedimento di nazionalizzazione e una riforma tributaria che, scoraggiando il possesso della terra, la rendesse disponibile per il lavoro della sussistenza. Benche' una tale soluzione, implicando l'intervento dello stato, dal punto di vista teorico gli apparisse come una contraddizione, una "debolezza", negli ultimi anni della vita, l'orrore per l'industrializzazione che avanzava in Russia, le preoccupazioni sollevate da una riforma agraria che minacciava di distruggere definitivamente l'antica struttura comunitaria nelle campagne, spinsero lo scrittore a sottoporre il progetto di George ai rappresentanti della Duma, a inviare loro le sue opere, a scrivere al ministro Stolypin e allo zar. Da questi scritti emerge un'immagine dell'"ultimo Tolstoj" ben diversa da quella dell'uomo rigoroso all'eccesso, colui che ammetteva solo soluzioni "chiare, complete, assolute".
Il lavoro della sussistenza, il "lavoro del pane", fonte della vita morale e vera antitesi della guerra, avvicino' Jane Addams a Tolstoj. A differenza di Ernest Crosby, la fondatrice del social settlemenet piu' importante degli Stati Uniti, piu' incline al pragmatismo, non divenne mai una "discepola" dello scrittore, ma ne fu profondamente influenzata, ne diffuse il pensiero nelle sue conferenze e nella sua attivita' riformatrice e pacifista trasse costantemente ispirazione dal suo "genio".
Il capitolo Pane e pace. Jane Addams lettrice di Tolstoj ripercorre l'analisi femminista di Jane Addams su giustizia economica, sicurezza alimentare e pace e pone in rilievo i suoi riferimenti a Tolstoj. Dopo la tragedia della Grande guerra, di fronte al fallimento della Societa' delle Nazioni nel contrastare il nazionalismo aggressivo e nella mancata volonta' di affrontare il problema della fame nel mondo, ad avvicinare Jane Addams piu' che mai a Tolstoj fu l'idea della vergogna e del pentimento come necessari preludi di un rinnovamento spirituale che avrebbero dovuto attraversare anche il movimento per la pace affinche' si potesse costruire un nuovo ordine mondiale. Il capitolo e' corredato da uno scritto del 1927, Un libro che ha cambiato la mia vita, una introduzione alla nuova edizione in lingua inglese dell'opera di Tolstoj Che fare? in cui Addams ricorda l'influenza che l'opera ebbe su riformatori e riformatrici americane.
Gli anni della Grande guerra furono un momento di svolta per il pacifismo e per la diffusione e l'influenza di Tolstoj. E' questo il tema del capitolo che chiude il volume, Il padre di un nuovo movimento. Tolstoj e la radicalizzazione del pacifismo (1914-1928). Sulla base di diari, memorie, opuscoli, opere poetiche e letterarie, articoli pubblicati nelle riviste pacifiste sorte in Svizzera con la collaborazione di Romain Rolland - colui che si senti' l'erede dello scrittore russo - il saggio coglie l'atto di nascita di un nuovo movimento, piu' radicale di quello d'anteguerra che, ispirandosi gli scritti di Tolstoj, fece del rifiuto alla partecipazione a qualsiasi guerra il cardine del suo programma. L'obiezione di coscienza, a lungo percepita come un problema di tolleranza religiosa, divenne un aspetto cruciale dei diritti civili.
Rileggendo i saggi dedicati allo scrittore russo ho rivolto tante volte un pensiero grato a Emilia Magnanini e Antonella Salomoni per la condivisione di idee e riflessioni sul pensiero tolstoiano nel corso della elaborazione del volume Culture della disobbedienza. Tolstoj e i duchobory (2004).
Desidero ringraziare Isabella Adinolfi in ricordo della nostra collaborazione nell'organizzazione del convegno presso l'Universita' Ca' Foscari nel centenario della morte di Tolstoj "Fa' quel che devi, accada quel che puo'". Arte, pensiero, influenza di Lev Tolstoj.
Un ringraziamento particolare a Emilia Magnanini che delle mie traduzioni degli scritti di Tolstoj dall'inglese ha fatto la revisione sugli originali in lingua russa. Grazie infine agli editori e direttori di riviste che hanno autorizzato la ripubblicazione dei saggi.
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Note
1. Lev Tolstoj, Ricredetevi! (1904), in Tolstoj, Perche' la gente si droga? E altri saggi su societa', politica, religione, a cura di Igor Sibaldi, Mondadori, Milano 1988, p. 439. Lo scritto e' stato ripubblicato di recente dalle Edizioni Gruppo Abele, Torino 2022.
2. Chris Wilkinson, Echoes of the Past - Ukraine & The Russo-Japanese War (The Russian Invasion of Ukraine 21).
3. Ani Kokobobo, How Should Dostoevski and Tolstoy Be Read during Russia's War against Ukraine?, "The Conversation", 6 aprile 2022.
4. Alexandre Christoyannopoulos, Ukraine: Nonviolent Resistance is a Brave and often Effective Response to Aggression, The Conversation".
5. Macieij Bartowski - Alina Polyakova, To Kill or not to Kill: Ukranians Opt for Nonviolent Civil Resistance, 12 ottobre 2015. Bartowski ha riproposto l'analisi dei risultati dell'inchiesta in un secondo articolo apparso il 27 dicembre 2021, poche settimane prima dell'invasione russa dell'Ucraina: Ukranians vs. Putin: Potentials for Nonviolent Civilian-based Defense.
6. Rimando all'articolo per i numerosi grafici che lo corredano.
7. Dichiarazione del movimento pacifista ucraino contro la perpetuazione della guerra, 27 aprile 2022.
8. L'obiezione di coscienza nella guerra in Ucraina. L'imperativo morale: non uccidere, "Azione nonviolenta", 59, 2002, 652, p. 42.
9. Dichiarazione del movimento pacifista, cit.
10. Twitter.
11. Tolstoj, You Shall not Kill, The Complete Works of Count Tolstoy, translated by Leo Weiner and Aylmer Maude, vol. 12, Univesrity of California, Los Angeles 1904, p. 170.
12. I resoconti appaiono nel sito di OVD, e la versione inglese, Russian Protest against the War with Ukraine. A Chronicle of Events (ultima consultazione: 1 settembre 2022). Il sito in lingua russa e' aggiornato quotidianamente, quello in lingua inglese, settimanalmente. Come riferimento agli episodi di protesta ho indicato giorno e luogo.
13. Cito dalla traduzione italiana recentemente ripubblicata da Gruppo Abele Edizioni, Torino 2022, p. 25.

11. L'ORA. ENRICO PEYRETTI: RUSSIA ED EUROPA
[Riceviamo e diffondiamo.
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; e' stato presidente della Fuci tra il 1959 e il 1961; nel periodo post-conciliare ha animato a Torino alcune realta' ecclesiali di base; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' stato membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Il diritto di non uccidere. Schegge di speranza, Il Margine, Trento 2009; Dialoghi con Norberto Bobbio, Claudiana, Torino 2011; Il bene della pace. La via della nonviolenza, Cittadella, Assisi 2012; Elogio della gratitudine, Cittadella, Assisi 2015; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, di seguito riprodotta, che e' stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia (ormai da aggiornare) degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68]

"Noi russi abbiamo due patrie, la Russia e l'Europa", diceva Dostoevskij, citato da Alberto Bosi, nel suo libro "Esperienze di verita'" (Gabrielli, 2022, p. 187). Bosi osserva che questa incisiva osservazione di Dostoevskij e' la piu' sintetica definizione del problema storico della civilta' russa. Dal tempo di Pietro il Grande l'elite colta russa viaggia sempre in Europa, e vi si ferma. La Russia oscillo' tra il sogno di diventare Occidente e un orgoglioso ripiegamento su se stessa, tra il senso di inferiorita' e di superiorita', tra il provincialismo slavofilo e il cosmopolitismo esterofilo. Certi aristocratici parlavano il francese meglio del russo. Cito dal capitolo di Bosi su Tolstoj, attorno al quale devo lavorare in questi giorni: Tolstoj cosi' personale, provinciale, e cosi' pienamente universale. Ma ora il suggerimento di Alberto Bosi sui due volti della Russia, interno ed esterno, mi pare intrigante per capire quel che la Russia sta facendo con la guerra orrenda all'Ucraina, seguita a precedenti mali. Se riuscissimo a dire ai russi che siamo parenti assai vicini, come sapeva e diceva bene Gorbaciov, e che la sorte e' comune, da comporre insieme, come si fa in casa quando si e' saggi, e che abbiamo entrambi tesori di sapienza da condividere, accumulati nei secoli, avremmo qualche paura e dolore di meno, e qualche speranza di piu'. Abbiamo tutti due patrie, la nostra e quella in comune col vicino, e l'unica casa comune della Terra. Francesco ha ripetuto oggi quello che l'umanesimo antico e recente sa bene: ogni confine e' una porta, non un muro.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 124 del 4 maggio 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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