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[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 122
- Subject: [Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 122
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Tue, 2 May 2023 05:57:27 +0200
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 122 del 2 maggio 2023
In questo numero:
1. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
2. Bruna Bianchi: Audaci, silenziose, nascoste
3. Giobbe Santabarbara: Breve una lettera alle persone amiche - e ad altre ancora - per chiedere loro una cosa
4. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
5. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
6. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
7. Alcuni riferimenti utili
8. Tre tesi
9. Ripetiamo ancora una volta...
1. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?
Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
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Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
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E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
2. NONVIOLENZA IN AZIONE. BRUNA BIANCHI: AUDACI, SILENZIOSE, NASCOSTE
[Dal sito di "Comune-info" riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo del 18 marzo 2023]
Dopo le manifestazioni di settembre in Russia non si sono piu' verificate proteste collettive. E mentre la repressione si e' ulteriormente inasprita e le azioni di guerra intensificate, si e' diffuso un senso di scoraggiamento e di amarezza. Alcuni studi recenti, tuttavia, hanno cominciato a indagare forme di protesta meno visibili e dirompenti, non solo individuali, che pure non sono mai cessate, bensi' "nascoste" e "silenziose", condotte da gruppi, anche molto numerosi che possono avere un impatto rilevante sugli orientamenti delle persone. E, come nel caso dell'aiuto ai profughi e alle profughe ucraine, possono sanare, almeno in parte, le ferite causate dalla guerra, contrastare la violenza e l'odio.
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Tra le grandi manifestazioni di protesta di febbraio-marzo 2022 e quelle contro la mobilitazione del settembre, l'opposizione alla guerra in Russia si e' espressa con modalita' diverse, prevalentemente a livello individuale e di piccoli gruppi.
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Deposizioni di fiori, petizioni, video
Tra gennaio e febbraio ci sono state proteste coordinate, come la cosiddetta "protesta dei fiori", quando, contemporaneamente in sessanta citta', donne e uomini, apertamente o di nascosto, hanno deposto mazzi di fiori e qualche giocattolo presso i monumenti dedicati al poeta ucraino Taras Shevchenko e alla poetessa Leslya Ukrainka, o a quelli in ricordo delle persecuzioni staliniane per esprimere la propria indignazione e il proprio dolore per le vittime del bombardamento di Dnipro del 14 gennaio.
La protesta si e' espressa anche attraverso lettere aperte, petizioni e video. La lettera aperta che il 27 novembre, giornata delle madri, il FAR (Feminist Anti-War Resistance), e alcuni gruppi di madri di soldati di leva hanno inviato ad Inna Yuryevna Svyatenko, presidente del Comitato per le politiche sociali del Consiglio della Federazione, a Nina Alexandrovna Ostanina, Presidente del Comitato della Duma di Stato per la Famiglia, le Donne e i Bambini, e ai membri di questi comitati, e' tra le piu' dure condanne della guerra e del regime dal punto di vista delle donne e delle madri. Nella lettera le madri ricordano che "il sostegno a un'azione militare aggressiva e' incompatibile con la protezione della famiglia, delle donne e dei bambini"; la guerra, infatti, aggrava la poverta' delle famiglie e aumenta la violenza domestica, mortifica la funzione materna. E mentre "il nostro Paese ha reintrodotto il titolo di 'mamma-eroina' per le mamme di famiglia numerosa [...] le madri di coscritti e mobilitati sono costrette a bussare umilmente alle soglie delle amministrazioni cittadine, cercando di riportare a casa figli e mariti. Fanno picchetti, scrivono appelli collettivi, depositano petizioni, ma nessuno le ascolta!". "Siamo inorridite da quanto sta accadendo - si legge nella lettera -. Siamo contrarie alla partecipazione a tutto questo dei nostri figli, fratelli, mariti, padri, noi stesse non vogliamo parteciparvi...".
Dal 24 gennaio, infine, sono stati numerosi i video inviati alle autorita' da gruppi di coscritti che hanno affermato di essere mandati al macello, uomini a cui i comandi ricordano di essere "sacrificabili", che sono stati picchiati, messi in ginocchio con la mitragliatrice alla tempia. "A chi si rifiuta di far parte del reparti d'assalto - ha detto uno di loro - si spara".
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I picchetti individuali
Ogni giorno, benche' in misura minore rispetto al passato, nei luoghi nevralgici di numerose citta' donne e uomini di ogni eta' in picchetti individuali hanno dato voce al proprio dissenso: "Io sono russa e sono per la pace". "No alla guerra. Niente piu' morti insensate", "Chiedo il ritiro delle truppe dall'Ucraina". Come rivelano le cronache OVD-info, queste persone coraggiose si sono esposte al rischio dell'arresto, delle multe e delle aggressioni. In qualche caso, infatti, sono state prese a pugni dai passanti, come e' accaduto a una giovane di Korolev nei pressi di Mosca. Solo la presenza dei figli ha evitato a una giornalista di essere "trascinata in una stanza sul retro" a causa di un poster contro la guerra rinvenuto nella sua abitazione su cui aveva scritto: "L'operazione militare speciale e' una guerra contro l'umanita' e lo spirito umanitario. Per la guerra in Ucraina pagheranno i nostri figli".
Arresti, percosse e minacce di tortura non hanno dissuaso da forme di protesta audaci. Il 13 gennaio, la polizia ha arrestato a Ufa un giovane che si era recato presso la sala in cui era atteso Putin. con il suo poster: "fermate l'invasione dell'Ucraina".
"Nessun paese senza uomini!" ha scritto sul suo poster Maria a Krasnojarsk di fronte ad un furgone che issava un cartellone propagandistico per l'arruolamento volontario.
Ne' sono mancate le espressioni sarcastiche, come quella che l'8 marzo si poteva leggere a Voronez sul poster di Victoria che raffigurava un soldato mutilato: "Buona festa, gentili signore".
Il 24 febbraio e' scesa ancora una volta per le vie di San Pietroburgo Elena Osipova, l'artista di 77 anni, diventata il simbolo delle proteste di strada, dove e' stata arrestata per aver srotolato un manifesto con la scritta "Putin e' guerra".
Il primo febbraio l'artista aveva inaugurato una mostra nella sede del partito Yabloko in cui erano esposti trenta poster realizzati tra il 2014 e il 2023. La mostra avrebbe dovuto protrarsi fino al 24 febbraio, ma la polizia ha fatto immediatamente irruzione sequestrando tutte le sue opere che si sono aggiunte ad altre trenta gia' in possesso della polizia e che difficilmente le saranno restituite. "Non importa, ha detto Osipova in una intervista a "Novaja Gazeta", i poliziotti stessi possono averne bisogno".
Ora e' indagata per terrorismo. "Io non ho paura di niente, ha dichiarato. [...] Non potranno soffocare la creazione artistica. Tutti gli eventi piu' terribili della storia inevitabilmente danno origine all'arte". Pertanto, lei continuera' a manifestare il suo dissenso per indurre alla protesta e al rifiuto del servizio militare. Solo una rivolta morale, a suo parere, potra' porre fine alla guerra e alla violenza. "La guerra finira' solo quando i giovani non vorranno piu' combattere - ma, aggiunge sconsolata - dalle regioni piu' povere della Russia, dove non ci sono neppure le scuole, essi vanno [in guerra] per un po' di soldi, e le madri sono pronte a consegnare i loro figli".
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"E domani sara' un anno!"
Sono le parole che Nikita Rodicev ha impresso sul poster che ha esibito sulla piazza Puskin a Mosca.
A un anno dall'inizio dell'invasione, le prospettive del movimento contro la guerra a parere di chi da mesi osserva l'evoluzione degli eventi non sono incoraggianti. Il 13 febbraio 2023 Sasha de Vogel,studiosa dell'azione collettiva in Russia, nell'articolo A Promise Unfulfilled, ovvero sulla promessa non mantenuta di un movimento di massa in grado di opporre resistenza al regime e alla guerra, ha scritto:
"Le proteste di strada, incluse le marce e le manifestazioni hanno piu' importanza rispetto ad ogni altra forma di protesta. Primo: protestare e' pericoloso [...] e la partecipazione comunica una reale determinazione. Secondo: marce e manifestazioni sono le piu' visibili e chiunque veda i cartelli e ascolti gli slogan comprende immediatamente il messaggio. Terzo: la protesta porta al cambiamento attraverso una rottura. Una grande protesta e' difficile da ignorare da parte del governo, specialmente da parte dei regimi autocratici in cui i metodi meno dirompenti, come elezioni e petizioni, hanno scarso significato. Quarto, la protesta consente a molte persone di esprimere la propria posizione in un colpo solo e questo puo' essere estremamente potente e trasformativo laddove il discorso pubblico e' dominato dalla propaganda e dalla censura e le persone temono la repressione".
In conclusione, scrive Sasha de Vogel, le grandi proteste collettive possono suonare la campana a morte per il regime. Gli autocrati lo sanno. La persecuzione di anni da parte di Putin di Navaln'ji prova la sua paura di una rivoluzione popolare. Da allora, tuttavia, come ha dimostrato Mischa Gabowitsch in Protests in Putin's Russia (2012), molto e' cambiato. Dopo le proteste su vasta scala del 2011 in occasione delle elezioni parlamentari, il timore che le forze di sicurezza potessero passare dalla parte dei dimostranti, ha condotto alla creazione di corpi formati dagli elementi piu' violenti della societa', ben lontani dai manifestanti e legati al regime da ricompense in denaro. E se a cio' si aggiungono i provvedimenti repressivi, le condanne pesanti, le torture, i ricatti quotidiani, la possibilita' di essere allontanati dalle scuole e di perdere il lavoro, si comprende come le condizioni per grandi manifestazioni di protesta siano venute per il momento a mancare, lasciando un senso di scoraggiamento e di impotenza.
Anche le dichiarazioni delle organizzazioni e gruppi che per lunghi mesi sono state alla testa della protesta sono improntate al pessimismo e persino alla disperazione. Il 24 febbraio 2023 Ella Rossmann, fondatrice del FAR, ricordando con orgoglio il lavoro del FAR: le proteste organizzate, il sostegno ad attivisti e attiviste, la raccolta di fondi per un ospedale in Ucraina, la solidarieta' a livello internazionale, ha dichiarato:
"Dopo un anno di lavoro, ho sentimenti contrastanti. Le distruzioni e l'assassinio di massa in Ucraina mi devasta e mi ha fatto perdere la fiducia nel futuro. La repressione della societa' civile in Russia acuisce questa frustrazione. A dicembre alla nostra organizzazione e' stato attribuito lo status legale di "agente straniero" e le nostre partner sono diventate "organizzazioni indesiderabili", il che significa che molte di noi non potranno piu' tornare nel loro paese pena l'arresto. Come e' possibile non cadere nella disperazione?".
A un anno dall'inizio del conflitto anche Valentina Melnikova, presidentessa del Comitato delle madri dei soldati, in una intervista al periodico La Croix hebdo, ha espresso la sua profonda amarezza. Dalle guerre in Cecenia fino all'attuale "operazione speciale", Melnikova e' sempre stata al fianco delle madri; tutte le vie possibili per proteggere i soldati e i feriti, recuperare i morti e aiutare le famiglie ad avere notizie dei loro cari sono praticate. Commentando la situazione attuale ha spiegato come non si tratta di "apatia" diffusa nella societa' russa, ma di "assenza, nelle situazioni, di qualsiasi istinto biologico di protezione che e' sempre esistita tra i russi: sono sovietici, e' un retaggio ancora forte. E' una questione di genetica, di psichiatria, di sociologia, di psicanalisi...". E ha aggiunto:
"Sotto Vladimir Putin come sotto l'Unione Sovietica, e' soprattutto il regno dell'ognuno fa per se'. Con la creazione del Comitato delle madri dei soldati e di altre organizzazioni come Memorial, una societa' civile unita aveva cominciato a vedere la luce negli anni Novanta quando, parallelamente a questo tipo di attivita' associative, sono apparsi alcuni partiti politici, comunisti e nazionalisti ma anche liberali e indipendenti. Tuttavia, a partire dalle elezioni legislative del 2003, solo i membri dei movimenti sotto il controllo dello Stato hanno il diritto di essere eletti nella Duma. La vita politica vera e propria e' allora terminata".
A differenza di Memorial, classificato come "agente straniero", il Comitato delle madri dei soldati non e' stato soppresso, cosi' come altre organizzazioni che aiutano i profughi, i migranti o gli orfani, "ma siamo solo uffici di assistenza: le persone vanno e vengono. Non si tratta di una partecipazione generale della societa'". Benche' con il decreto sulla mobilitazione la guerra sia entrata nella vita quotidiana delle famiglie e il malcontento si sia espresso pubblicamente, "ancora una volta, le risposte sono rimaste individuali, i russi hanno reagito come uccelli che, avvertendo il pericolo, volano via all'improvviso, ognuno per se'".
D'altra parte, come aveva affermato la stessa Melnikova nel maggio 2022, la brutalita' dell'azione militare, la sua ampiezza e la rapidita' dei mutamenti, avevano limitato le possibilita' di azione dei comitati. "Oggi non abbiamo neppure idea di quanti siano i corpi non ancora recuperati e sepolti [...]. Non c'e' mai stata una cosa simile prima d'ora". Forse per questo motivo, col proseguire della guerra, molte madri non si sono piu' rivolte ai comitati, bensi' ai social media, hanno creato comunita' digitali, si sono organizzate su piccola scala sulla base delle unita' militari in cui prestano servizio i figli o alle zone di reclutamento. E' quanto emerge da una ricerca in corso a cura di Jennifer Mathers e Natasha Danilova.
Frammentando in questo modo la loro azione le madri hanno perso la possibilita' di parlare con una sola voce e i loro preoccupazioni e il loro messaggi si sono concentrati sulle condizioni di vita nell'esercito e sulla mancata preparazione militare. Questo quadro e' parzialmente cambiato con la mobilitazione quando molte madri, specie nelle regioni orientali, hanno protestato di fronte agli uffici di reclutamento e aiutato i loro figli a fuggire dal paese ponendosi in aperto contrasto con lo Stato. Una tale opposizione, sostengono Mathers e Danilova, con tutta probabilita' non si sara' spenta dopo le proteste del settembre. "Noi non ci aspettiamo, concludono, che le madri guideranno una protesta di massa di condanna dell'invasione russa dell'Ucraina, ma vediamo forme piu' "sottili" di resistenza che stanno contribuendo ad erodere il sostegno alla guerra". Ed e' a queste forme di protesta nascoste che si sono rivolti gli studi.
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La protesta "nascosta"
I primi risultati di alcuni di questi studi sono apparsi il 27 gennaio nell'ultimo numero del Russian Analytical Digest, periodico del Politecnico Federale di Zurigo, dedicato alla "resistenza nascosta in Russia contro la guerra", Hidden Resistance to the Russian-Ukrainian War Inside Russia. Quattro articoli, rispettivamente sull'aiuto ai profughi ucraini, sugli incendi dei centri di reclutamento, sul significato dei messaggi in codice apparsi per le vie delle citta' e sull'attivismo di musicisti e musiciste, tracciano un quadro delle reti sotterranee della protesta.
Irina Meyer-Olimpieva della George Washington University, nell'articolo Helping Ukrainian Refugees as an Alternative to Street Protest, ha ricostruito la filosofia dell'aiuto di quei volontari e volontarie che hanno offerto il loro sostegno alle persone profughe dall'Ucraina, valutate in 2.800.000 e dislocate in oltre 800 "centri di accoglienza" di 53 regioni della Russia. In molti casi esse provengono da piccoli villaggi, sono traumatizzate, prive di tutto e per raggiungere l'Europa hanno un disperato bisogno di aiuto e di sostegno psicologico.
Per organizzare l'assistenza, tra marzo-aprile e luglio si e' costituita a San Pietroburgo una rete di volontari-e che ha avuto una crescita esplosiva: da poco meno di 100 partecipanti e' passata a ben 10.000; un'altra rete a Mosca si avvale di 9.000 partecipanti. Anche in altre citta': Rostov, Belgorod e Krasnodar, come pure in Crimea e a Smolensk, gruppi di volontari raccolgono le richieste di chi vuole recarsi in Europa, aiutano nell'acquisto dei biglietti, organizzano l'alloggio e i pasti durante i trasferimenti, l'assistenza medica e psicologica, trovano famiglie disposte a ospitare. Lo studio si basa su 31 interviste condotte tra agosto e dicembre 2022 a volontari di San Pietroburgo e Mosca di cui 9 in presenza. L'autrice non specifica la composizione degli intervistati-e, per sesso e classi di eta', ma tutte le testimonianze riportate, tranne una, sono di donne dai 25 ai 45 anni.
Le motivazioni che hanno spinto all'attivita' di volontariato rimandano alla necessita' di ridare un senso alla propria vita, brutalmente interrotta dalla guerra. "Semplicemente, provavo orrore. Stavo seduta e piangevo... Non potevo neppure respirare, avevo una sensazione... come se avessi una pietra sull'anima..." (Ella, 28 anni, studentessa).
L'attivita' di aiuto offre un'occasione per agire, non lasciarsi sopraffare dalla depressione e uscire dall'isolamento. La manifestazione concreta del desiderio di sanare le ferite della violenza bellica e' un lavoro di pace che e' apparso piu' efficace delle proteste di massa. Nel centro delle citta' dove le persone facevano shopping come se niente di terribile stesse succedendo, ha detto Adrian, un artista di 45 anni, vedere "quel centinaio di ragazzi e ragazze coraggiose con i loro piccoli cartelli contro la guerra, insomma, questo non aveva alcun senso".
Mentre le proteste di strada sono pericolose, comportano multe, arresti, talvolta torture, il lavoro di aiuto si puo' condurre all'ombra di un attivismo civico che non infrange la legge, al contrario puo' apparire utile allo stato. Non sempre, tuttavia, si sono potute evitare repressione e rappresaglie in un paese in cui il termine "legale", come ha osservato Agatha, giornalista di 45 anni, deve essere posto sempre tra virgolette. Ne e' un esempio il caso di un gruppo di Penza che ha dovuto sospendere l'attivita' dopo che una volontaria, madre di tre bambini, e' stata rapita e torturata da alcuni nazionalisti favorevoli alla guerra. Nonostante questi rischi, gran parte dei volontari e delle volontarie continuano il loro lavoro: "Non sono spaventata - ha detto Alla, studentessa di 25 anni - perche' non posso vivere senza il mio gruppo. Sapevo che molti provavano la stessa cosa. Bene, si soppesano i pro e i contro, e poi si prende la propria decisione".
Un'altra forma di protesta e' stata quella degli attacchi incendiari agli uffici di reclutamento, tema affrontato da Daria Zakharova, del Centro di ricerca per gli studi dell'Europa orientale dell'Universita' di Brema. Iniziate il 27 febbraio 2022, con lo scopo di distruggere la documentazione degli uomini in eta' militare, queste azioni sono aumentate a partire nel settembre, ma gia' dall'estate un decreto le aveva classificate come atti di terrorismo, non gia' come danneggiamento di proprieta' come avveniva in precedenza. Nei media la figura dell'incendiario e' stata quella del giovinastro drogato e criminale, o dell'agente segreto ucraino. Confessioni di aver agito su commissione "del nemico", rivelatesi in seguito estorte con la tortura, sono state pubblicate con grande enfasi sulla stampa. La responsabilita' della presenza nella societa' di giovani antipatriottici e criminali e' stata attribuita al sistema scolastico russo ancora troppo imbevuto di valori occidentali, una propaganda volta a sostenere il processo di militarizzazione che ha investito le scuole in Russia.
In realta', spiega Zakharova, i giovani che hanno appiccato le fiamme ai centri di reclutamento appartengono a un ampio spettro di gruppi: politici, etnici, anarchici, anarco-comunisti, ne' mancano affiliazioni a gruppi di destra. Dietro a questi atti si cela una vasta opposizione alla guerra, in particolare tra le minoranze delle regioni dove maggiore e' la pressione dell'arruolamento e dove gran parte di coloro sospettati di aver appiccato gli incendi hanno dichiarato di non essere "pronta a morire per i valori russi". "Perche' noi, abitanti della Baschiria, dovremmo morire per "il mondo russo"? [...] L'Impero ci ha sempre oppressi", ha detto in una intervista Ruslan Gabbasov, fondatore del Comitato per la resistenza della Baschiria, che con tutta probabilita' e' l'organizzatore degli incendi.
Ma la protesta "nascosta" piu' diffusa, che ha dominato i social media dall'inizio della guerra e' quella espressa in codice, oggetto della ricerca di Vera Dubina dell'Universita' Humboldt di Berlino e di Alexandra Archipova dell'Ecole des Hautes Etudes en sciences sociales di Parigi. Nell'articolo "No Wobble": Silent Protest in Contemporary Russia le autrici si sono soffermate sulle forme di "protesta silenziosa" il cui potenziale sovversivo nel contesto russo e' assai piu' elevato rispetto a quello dei regimi democratici e che dall'antropologo James Scott (Weapons of the Weak. Everyday forms of Peasant Resistance, 1985) sono state definite "le armi dei deboli".
Diffondere messaggi in codice contro la guerra sui social o negli spazi pubblici, che decostruiscono e mettono in ridicolo quelli delle autorita' sono le nuove "armi dei deboli". Di volta in volta di volta chiamate nonviolente, disarmate, pacifiche o passive, queste forme di protesta hanno dimostrato in passato e in differenti contesti la capacita' di resistere alle strutture di potere e suscitano simpatia per il loro carattere umoristico e nonviolento.
Com'e' noto, la frase "No alla guerra" e' stata sostituita con 5 asterischi, ma da quando, alla fine del 2022, una donna arrestata per un poster "Net v***e" ha convinto i giudici che intendeva dire "Net voble", ovvero manifestare il suo disgusto per un pesce d'acqua dolce (noto come vobla), il pesce e' diventato il simbolo piu' diffuso su volantini e graffiti.
Altre forme di resistenza riguardano tutte quelle azioni volte a evitare che i propri figli frequentino le "lezioni di patriottismo" e le varie modalita' e strategie vengono scambiate sui social cosi' come il rifiuto di salire su autobus contrassegnati con la Z. Questi gesti, considerati come individuali e spontanei, in realta' in molti casi sono coordinati; non sono insignificanti ne' isolati e rivelano un dissenso diffuso.
"Per riconoscere in queste azioni una protesta politica - scrivono le autrici - e' necessario ampliare il nostro concetto di "politica", al di la' di partiti e istituzioni e connetterle alle miriadi di interazioni microsociali che avvengono nella vita quotidiana delle persone".
L'ultimo articolo della rivista dal titolo Civic Activism Strategies of Russian Protest Musicians after February 24, 2022, di Katharina Meister, studiosa dell'Universita' di Helsinki, sulla base delle interviste condotte in Estonia tra ottobre e dicembre 2022, si interroga sul potere sovversivo della musica nel creare una identita' comune di opposizione alla guerra. Il divieto di tenere concerti e l'inclusione di musicisti e musiciste nell'elenco degli "agenti stranieri", non hanno impedito a canzoni e video di veicolare messaggi di protesta che hanno raggiunto milioni di persone attraverso i social che, benche' bloccati, riescono ancora a essere usati.
Molti musicisti e musiciste hanno abbandonato la Russia e hanno organizzato concerti in almeno settanta centri in vari paesi: Europa, Georgia, Israele, Armenia, Centro Asia e America. I tour delle band hanno raccolto centinaia di migliaia di euro destinati alle associazioni che vanno in aiuto ai profughi ucraini o al sostegno della protesta in Russia. Come nel caso dell'aiuto ai profughi, ha detto la cantante Nastya Kreslina, i concerti a favore dell'Ucraina sono il modo piu' efficace di elaborare il trauma causato dalla guerra e il senso di vergogna per non avere fatto abbastanza per impedire la guerra. Ed e' questa vergogna che rende gli eventi terapeutici per intere comunita' e creano nuovi spazi per il dissenso.
E' ancora difficile valutare appieno l'impatto di queste forme di protesta, ma e' importante seguirle con attenzione, studiarle e farle conoscere nella speranza che la loro promessa, alla fine, sia mantenuta.
3. REPETITA IUVANT. GIOBBE SANTABARBARA: BREVE UNA LETTERA ALLE PERSONE AMICHE - E AD ALTRE ANCORA - PER CHIEDERE LORO UNA COSA
Dico subito la cosa che vorrei chiedere a tutte e tutti voi: un nuovo o rinnovato impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
Sono un vecchio militante che ricorda vividamente - ero allora assai giovane - l'occupazione di Alcatraz sul finire degli anni Sessanta, il "Sentiero dei trattati infranti" culminato nell'occupazione del Bureau of Indian Affairs nel 1972, e soprattutto l'occupazione e l'assedio di Wounded Knee del 1973. E' da allora che anch'io sento il dovere di sostenere la lotta delle popolazioni native nordamericane contro il genocidio, l'etnocidio e l'ecocidio di cui sono vittima (e con loro l'umanita' intera e l'intero mondo vivente) da parte del potere razzista, stragista, rapinatore e devastatore bianco. Lungo oltre mezzo secolo non ho saputo fare granche', se non impegnarmi qui in Italia in iniziative che credo siano state almeno coerenti con quella lotta, nella convinzione che tutto si tiene, che tutto e' collegato, o per dirla con una luminosa espressione Lakota: "Mitakuye Oyasin".
Sono stato un lettore di "Akwesasne Notes", la bella, indimenticabile rivista che negli anni '70-'90 fu primario strumento d'informazione su quelle lotte, su quelle esperienze di pensiero e azione. E credo sia stato attraverso "Akwesasne Notes" che conobbi la vicenda di Leonard Peltier. Successivamente, come molte altre persone, lessi il libro di Edda Scozza, quello di Peter Matthiessen e la sua autobiografia.
Da un paio d'anni il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo si sta particolarmente impegnando nella mobilitazione nonviolenta internazionale per la liberazione di Leonard Peltier, ed io con esso.
Leonard Peltier e' detenuto innocente ormai da 47 anni, e la sua salute e' gravemente deteriorata. Dal carcere ha continuato a lottare con gli strumenti della testimonianza e della parola, della poesia e dell'arte, per i diritti dei popoli oppressi, per i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la Madre Terra.
Come e' noto la sua liberazione e' stata chiesta nel corso degli anni da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, come papa Francesco e il Dalai Lama, da istituzioni come il Parlamento Europeo, da associazioni umanitarie come Amnesty International, da milioni (si', milioni) di persone di tutto il mondo.
E come e' altrettanto noto la sua liberazione dipende unicamente dalla concessione della grazia presidenziale da parte del Presidente degli Stati Uniti d'America, a cui quotidianamente pervengono richieste a tal fine (tra le piu' recenti: quella della Commissione giuridica ad hoc dell'Onu; quella unanime del Comitato nazionale del Partito Democratico degli Stati Uniti - il partito cui lo stesso Presidente Biden appartiene).
Dalla provincia italiana non si puo' fare molto, ma quel poco che si puo' fare va fatto.
Cosa chiedo dunque in concreto alle persone amiche - ed alle altre ancora - cui indirizzo questa lettera? Tre cose.
La prima, far conoscere la vicenda di Leonard Peltier e diffondere l'appello per la sua liberazione.
La seconda, scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedergli di concedere la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
La terza, scrivere a Leonard Peltier e al comitato internazionale che lo sostiene, l'International Leonard Peltier Defense Committee, per esprimere loro il proprio sostegno.
Tutto qui.
*
Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America: nel sito della Casa Bianca aprire la pagina attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Per scrivere a Leonard Peltier l'indirizzo e': Leonard Peltier, #89637-132, USP Coleman I, P.O. Box 1033, Coleman, FL 33521; trattandosi di un carcere di massima sicurezza possono essere inviate solo lettere postali, e nessun oggetto.
Per scrivere all'International Leonard Peltier Defense Committee: e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
*
Grazie per l'attenzione, e un cordiale saluto da
Giobbe Santabarbara
4. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]
3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
*
ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/
5. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
*
Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
*
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.
6. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE
Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it
7. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
8. REPETITA IUVANT. TRE TESI
La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
9. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 122 del 2 maggio 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 122 del 2 maggio 2023
In questo numero:
1. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
2. Bruna Bianchi: Audaci, silenziose, nascoste
3. Giobbe Santabarbara: Breve una lettera alle persone amiche - e ad altre ancora - per chiedere loro una cosa
4. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
5. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
6. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
7. Alcuni riferimenti utili
8. Tre tesi
9. Ripetiamo ancora una volta...
1. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?
Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
*
Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
*
E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
2. NONVIOLENZA IN AZIONE. BRUNA BIANCHI: AUDACI, SILENZIOSE, NASCOSTE
[Dal sito di "Comune-info" riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo del 18 marzo 2023]
Dopo le manifestazioni di settembre in Russia non si sono piu' verificate proteste collettive. E mentre la repressione si e' ulteriormente inasprita e le azioni di guerra intensificate, si e' diffuso un senso di scoraggiamento e di amarezza. Alcuni studi recenti, tuttavia, hanno cominciato a indagare forme di protesta meno visibili e dirompenti, non solo individuali, che pure non sono mai cessate, bensi' "nascoste" e "silenziose", condotte da gruppi, anche molto numerosi che possono avere un impatto rilevante sugli orientamenti delle persone. E, come nel caso dell'aiuto ai profughi e alle profughe ucraine, possono sanare, almeno in parte, le ferite causate dalla guerra, contrastare la violenza e l'odio.
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Tra le grandi manifestazioni di protesta di febbraio-marzo 2022 e quelle contro la mobilitazione del settembre, l'opposizione alla guerra in Russia si e' espressa con modalita' diverse, prevalentemente a livello individuale e di piccoli gruppi.
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Deposizioni di fiori, petizioni, video
Tra gennaio e febbraio ci sono state proteste coordinate, come la cosiddetta "protesta dei fiori", quando, contemporaneamente in sessanta citta', donne e uomini, apertamente o di nascosto, hanno deposto mazzi di fiori e qualche giocattolo presso i monumenti dedicati al poeta ucraino Taras Shevchenko e alla poetessa Leslya Ukrainka, o a quelli in ricordo delle persecuzioni staliniane per esprimere la propria indignazione e il proprio dolore per le vittime del bombardamento di Dnipro del 14 gennaio.
La protesta si e' espressa anche attraverso lettere aperte, petizioni e video. La lettera aperta che il 27 novembre, giornata delle madri, il FAR (Feminist Anti-War Resistance), e alcuni gruppi di madri di soldati di leva hanno inviato ad Inna Yuryevna Svyatenko, presidente del Comitato per le politiche sociali del Consiglio della Federazione, a Nina Alexandrovna Ostanina, Presidente del Comitato della Duma di Stato per la Famiglia, le Donne e i Bambini, e ai membri di questi comitati, e' tra le piu' dure condanne della guerra e del regime dal punto di vista delle donne e delle madri. Nella lettera le madri ricordano che "il sostegno a un'azione militare aggressiva e' incompatibile con la protezione della famiglia, delle donne e dei bambini"; la guerra, infatti, aggrava la poverta' delle famiglie e aumenta la violenza domestica, mortifica la funzione materna. E mentre "il nostro Paese ha reintrodotto il titolo di 'mamma-eroina' per le mamme di famiglia numerosa [...] le madri di coscritti e mobilitati sono costrette a bussare umilmente alle soglie delle amministrazioni cittadine, cercando di riportare a casa figli e mariti. Fanno picchetti, scrivono appelli collettivi, depositano petizioni, ma nessuno le ascolta!". "Siamo inorridite da quanto sta accadendo - si legge nella lettera -. Siamo contrarie alla partecipazione a tutto questo dei nostri figli, fratelli, mariti, padri, noi stesse non vogliamo parteciparvi...".
Dal 24 gennaio, infine, sono stati numerosi i video inviati alle autorita' da gruppi di coscritti che hanno affermato di essere mandati al macello, uomini a cui i comandi ricordano di essere "sacrificabili", che sono stati picchiati, messi in ginocchio con la mitragliatrice alla tempia. "A chi si rifiuta di far parte del reparti d'assalto - ha detto uno di loro - si spara".
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I picchetti individuali
Ogni giorno, benche' in misura minore rispetto al passato, nei luoghi nevralgici di numerose citta' donne e uomini di ogni eta' in picchetti individuali hanno dato voce al proprio dissenso: "Io sono russa e sono per la pace". "No alla guerra. Niente piu' morti insensate", "Chiedo il ritiro delle truppe dall'Ucraina". Come rivelano le cronache OVD-info, queste persone coraggiose si sono esposte al rischio dell'arresto, delle multe e delle aggressioni. In qualche caso, infatti, sono state prese a pugni dai passanti, come e' accaduto a una giovane di Korolev nei pressi di Mosca. Solo la presenza dei figli ha evitato a una giornalista di essere "trascinata in una stanza sul retro" a causa di un poster contro la guerra rinvenuto nella sua abitazione su cui aveva scritto: "L'operazione militare speciale e' una guerra contro l'umanita' e lo spirito umanitario. Per la guerra in Ucraina pagheranno i nostri figli".
Arresti, percosse e minacce di tortura non hanno dissuaso da forme di protesta audaci. Il 13 gennaio, la polizia ha arrestato a Ufa un giovane che si era recato presso la sala in cui era atteso Putin. con il suo poster: "fermate l'invasione dell'Ucraina".
"Nessun paese senza uomini!" ha scritto sul suo poster Maria a Krasnojarsk di fronte ad un furgone che issava un cartellone propagandistico per l'arruolamento volontario.
Ne' sono mancate le espressioni sarcastiche, come quella che l'8 marzo si poteva leggere a Voronez sul poster di Victoria che raffigurava un soldato mutilato: "Buona festa, gentili signore".
Il 24 febbraio e' scesa ancora una volta per le vie di San Pietroburgo Elena Osipova, l'artista di 77 anni, diventata il simbolo delle proteste di strada, dove e' stata arrestata per aver srotolato un manifesto con la scritta "Putin e' guerra".
Il primo febbraio l'artista aveva inaugurato una mostra nella sede del partito Yabloko in cui erano esposti trenta poster realizzati tra il 2014 e il 2023. La mostra avrebbe dovuto protrarsi fino al 24 febbraio, ma la polizia ha fatto immediatamente irruzione sequestrando tutte le sue opere che si sono aggiunte ad altre trenta gia' in possesso della polizia e che difficilmente le saranno restituite. "Non importa, ha detto Osipova in una intervista a "Novaja Gazeta", i poliziotti stessi possono averne bisogno".
Ora e' indagata per terrorismo. "Io non ho paura di niente, ha dichiarato. [...] Non potranno soffocare la creazione artistica. Tutti gli eventi piu' terribili della storia inevitabilmente danno origine all'arte". Pertanto, lei continuera' a manifestare il suo dissenso per indurre alla protesta e al rifiuto del servizio militare. Solo una rivolta morale, a suo parere, potra' porre fine alla guerra e alla violenza. "La guerra finira' solo quando i giovani non vorranno piu' combattere - ma, aggiunge sconsolata - dalle regioni piu' povere della Russia, dove non ci sono neppure le scuole, essi vanno [in guerra] per un po' di soldi, e le madri sono pronte a consegnare i loro figli".
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"E domani sara' un anno!"
Sono le parole che Nikita Rodicev ha impresso sul poster che ha esibito sulla piazza Puskin a Mosca.
A un anno dall'inizio dell'invasione, le prospettive del movimento contro la guerra a parere di chi da mesi osserva l'evoluzione degli eventi non sono incoraggianti. Il 13 febbraio 2023 Sasha de Vogel,studiosa dell'azione collettiva in Russia, nell'articolo A Promise Unfulfilled, ovvero sulla promessa non mantenuta di un movimento di massa in grado di opporre resistenza al regime e alla guerra, ha scritto:
"Le proteste di strada, incluse le marce e le manifestazioni hanno piu' importanza rispetto ad ogni altra forma di protesta. Primo: protestare e' pericoloso [...] e la partecipazione comunica una reale determinazione. Secondo: marce e manifestazioni sono le piu' visibili e chiunque veda i cartelli e ascolti gli slogan comprende immediatamente il messaggio. Terzo: la protesta porta al cambiamento attraverso una rottura. Una grande protesta e' difficile da ignorare da parte del governo, specialmente da parte dei regimi autocratici in cui i metodi meno dirompenti, come elezioni e petizioni, hanno scarso significato. Quarto, la protesta consente a molte persone di esprimere la propria posizione in un colpo solo e questo puo' essere estremamente potente e trasformativo laddove il discorso pubblico e' dominato dalla propaganda e dalla censura e le persone temono la repressione".
In conclusione, scrive Sasha de Vogel, le grandi proteste collettive possono suonare la campana a morte per il regime. Gli autocrati lo sanno. La persecuzione di anni da parte di Putin di Navaln'ji prova la sua paura di una rivoluzione popolare. Da allora, tuttavia, come ha dimostrato Mischa Gabowitsch in Protests in Putin's Russia (2012), molto e' cambiato. Dopo le proteste su vasta scala del 2011 in occasione delle elezioni parlamentari, il timore che le forze di sicurezza potessero passare dalla parte dei dimostranti, ha condotto alla creazione di corpi formati dagli elementi piu' violenti della societa', ben lontani dai manifestanti e legati al regime da ricompense in denaro. E se a cio' si aggiungono i provvedimenti repressivi, le condanne pesanti, le torture, i ricatti quotidiani, la possibilita' di essere allontanati dalle scuole e di perdere il lavoro, si comprende come le condizioni per grandi manifestazioni di protesta siano venute per il momento a mancare, lasciando un senso di scoraggiamento e di impotenza.
Anche le dichiarazioni delle organizzazioni e gruppi che per lunghi mesi sono state alla testa della protesta sono improntate al pessimismo e persino alla disperazione. Il 24 febbraio 2023 Ella Rossmann, fondatrice del FAR, ricordando con orgoglio il lavoro del FAR: le proteste organizzate, il sostegno ad attivisti e attiviste, la raccolta di fondi per un ospedale in Ucraina, la solidarieta' a livello internazionale, ha dichiarato:
"Dopo un anno di lavoro, ho sentimenti contrastanti. Le distruzioni e l'assassinio di massa in Ucraina mi devasta e mi ha fatto perdere la fiducia nel futuro. La repressione della societa' civile in Russia acuisce questa frustrazione. A dicembre alla nostra organizzazione e' stato attribuito lo status legale di "agente straniero" e le nostre partner sono diventate "organizzazioni indesiderabili", il che significa che molte di noi non potranno piu' tornare nel loro paese pena l'arresto. Come e' possibile non cadere nella disperazione?".
A un anno dall'inizio del conflitto anche Valentina Melnikova, presidentessa del Comitato delle madri dei soldati, in una intervista al periodico La Croix hebdo, ha espresso la sua profonda amarezza. Dalle guerre in Cecenia fino all'attuale "operazione speciale", Melnikova e' sempre stata al fianco delle madri; tutte le vie possibili per proteggere i soldati e i feriti, recuperare i morti e aiutare le famiglie ad avere notizie dei loro cari sono praticate. Commentando la situazione attuale ha spiegato come non si tratta di "apatia" diffusa nella societa' russa, ma di "assenza, nelle situazioni, di qualsiasi istinto biologico di protezione che e' sempre esistita tra i russi: sono sovietici, e' un retaggio ancora forte. E' una questione di genetica, di psichiatria, di sociologia, di psicanalisi...". E ha aggiunto:
"Sotto Vladimir Putin come sotto l'Unione Sovietica, e' soprattutto il regno dell'ognuno fa per se'. Con la creazione del Comitato delle madri dei soldati e di altre organizzazioni come Memorial, una societa' civile unita aveva cominciato a vedere la luce negli anni Novanta quando, parallelamente a questo tipo di attivita' associative, sono apparsi alcuni partiti politici, comunisti e nazionalisti ma anche liberali e indipendenti. Tuttavia, a partire dalle elezioni legislative del 2003, solo i membri dei movimenti sotto il controllo dello Stato hanno il diritto di essere eletti nella Duma. La vita politica vera e propria e' allora terminata".
A differenza di Memorial, classificato come "agente straniero", il Comitato delle madri dei soldati non e' stato soppresso, cosi' come altre organizzazioni che aiutano i profughi, i migranti o gli orfani, "ma siamo solo uffici di assistenza: le persone vanno e vengono. Non si tratta di una partecipazione generale della societa'". Benche' con il decreto sulla mobilitazione la guerra sia entrata nella vita quotidiana delle famiglie e il malcontento si sia espresso pubblicamente, "ancora una volta, le risposte sono rimaste individuali, i russi hanno reagito come uccelli che, avvertendo il pericolo, volano via all'improvviso, ognuno per se'".
D'altra parte, come aveva affermato la stessa Melnikova nel maggio 2022, la brutalita' dell'azione militare, la sua ampiezza e la rapidita' dei mutamenti, avevano limitato le possibilita' di azione dei comitati. "Oggi non abbiamo neppure idea di quanti siano i corpi non ancora recuperati e sepolti [...]. Non c'e' mai stata una cosa simile prima d'ora". Forse per questo motivo, col proseguire della guerra, molte madri non si sono piu' rivolte ai comitati, bensi' ai social media, hanno creato comunita' digitali, si sono organizzate su piccola scala sulla base delle unita' militari in cui prestano servizio i figli o alle zone di reclutamento. E' quanto emerge da una ricerca in corso a cura di Jennifer Mathers e Natasha Danilova.
Frammentando in questo modo la loro azione le madri hanno perso la possibilita' di parlare con una sola voce e i loro preoccupazioni e il loro messaggi si sono concentrati sulle condizioni di vita nell'esercito e sulla mancata preparazione militare. Questo quadro e' parzialmente cambiato con la mobilitazione quando molte madri, specie nelle regioni orientali, hanno protestato di fronte agli uffici di reclutamento e aiutato i loro figli a fuggire dal paese ponendosi in aperto contrasto con lo Stato. Una tale opposizione, sostengono Mathers e Danilova, con tutta probabilita' non si sara' spenta dopo le proteste del settembre. "Noi non ci aspettiamo, concludono, che le madri guideranno una protesta di massa di condanna dell'invasione russa dell'Ucraina, ma vediamo forme piu' "sottili" di resistenza che stanno contribuendo ad erodere il sostegno alla guerra". Ed e' a queste forme di protesta nascoste che si sono rivolti gli studi.
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La protesta "nascosta"
I primi risultati di alcuni di questi studi sono apparsi il 27 gennaio nell'ultimo numero del Russian Analytical Digest, periodico del Politecnico Federale di Zurigo, dedicato alla "resistenza nascosta in Russia contro la guerra", Hidden Resistance to the Russian-Ukrainian War Inside Russia. Quattro articoli, rispettivamente sull'aiuto ai profughi ucraini, sugli incendi dei centri di reclutamento, sul significato dei messaggi in codice apparsi per le vie delle citta' e sull'attivismo di musicisti e musiciste, tracciano un quadro delle reti sotterranee della protesta.
Irina Meyer-Olimpieva della George Washington University, nell'articolo Helping Ukrainian Refugees as an Alternative to Street Protest, ha ricostruito la filosofia dell'aiuto di quei volontari e volontarie che hanno offerto il loro sostegno alle persone profughe dall'Ucraina, valutate in 2.800.000 e dislocate in oltre 800 "centri di accoglienza" di 53 regioni della Russia. In molti casi esse provengono da piccoli villaggi, sono traumatizzate, prive di tutto e per raggiungere l'Europa hanno un disperato bisogno di aiuto e di sostegno psicologico.
Per organizzare l'assistenza, tra marzo-aprile e luglio si e' costituita a San Pietroburgo una rete di volontari-e che ha avuto una crescita esplosiva: da poco meno di 100 partecipanti e' passata a ben 10.000; un'altra rete a Mosca si avvale di 9.000 partecipanti. Anche in altre citta': Rostov, Belgorod e Krasnodar, come pure in Crimea e a Smolensk, gruppi di volontari raccolgono le richieste di chi vuole recarsi in Europa, aiutano nell'acquisto dei biglietti, organizzano l'alloggio e i pasti durante i trasferimenti, l'assistenza medica e psicologica, trovano famiglie disposte a ospitare. Lo studio si basa su 31 interviste condotte tra agosto e dicembre 2022 a volontari di San Pietroburgo e Mosca di cui 9 in presenza. L'autrice non specifica la composizione degli intervistati-e, per sesso e classi di eta', ma tutte le testimonianze riportate, tranne una, sono di donne dai 25 ai 45 anni.
Le motivazioni che hanno spinto all'attivita' di volontariato rimandano alla necessita' di ridare un senso alla propria vita, brutalmente interrotta dalla guerra. "Semplicemente, provavo orrore. Stavo seduta e piangevo... Non potevo neppure respirare, avevo una sensazione... come se avessi una pietra sull'anima..." (Ella, 28 anni, studentessa).
L'attivita' di aiuto offre un'occasione per agire, non lasciarsi sopraffare dalla depressione e uscire dall'isolamento. La manifestazione concreta del desiderio di sanare le ferite della violenza bellica e' un lavoro di pace che e' apparso piu' efficace delle proteste di massa. Nel centro delle citta' dove le persone facevano shopping come se niente di terribile stesse succedendo, ha detto Adrian, un artista di 45 anni, vedere "quel centinaio di ragazzi e ragazze coraggiose con i loro piccoli cartelli contro la guerra, insomma, questo non aveva alcun senso".
Mentre le proteste di strada sono pericolose, comportano multe, arresti, talvolta torture, il lavoro di aiuto si puo' condurre all'ombra di un attivismo civico che non infrange la legge, al contrario puo' apparire utile allo stato. Non sempre, tuttavia, si sono potute evitare repressione e rappresaglie in un paese in cui il termine "legale", come ha osservato Agatha, giornalista di 45 anni, deve essere posto sempre tra virgolette. Ne e' un esempio il caso di un gruppo di Penza che ha dovuto sospendere l'attivita' dopo che una volontaria, madre di tre bambini, e' stata rapita e torturata da alcuni nazionalisti favorevoli alla guerra. Nonostante questi rischi, gran parte dei volontari e delle volontarie continuano il loro lavoro: "Non sono spaventata - ha detto Alla, studentessa di 25 anni - perche' non posso vivere senza il mio gruppo. Sapevo che molti provavano la stessa cosa. Bene, si soppesano i pro e i contro, e poi si prende la propria decisione".
Un'altra forma di protesta e' stata quella degli attacchi incendiari agli uffici di reclutamento, tema affrontato da Daria Zakharova, del Centro di ricerca per gli studi dell'Europa orientale dell'Universita' di Brema. Iniziate il 27 febbraio 2022, con lo scopo di distruggere la documentazione degli uomini in eta' militare, queste azioni sono aumentate a partire nel settembre, ma gia' dall'estate un decreto le aveva classificate come atti di terrorismo, non gia' come danneggiamento di proprieta' come avveniva in precedenza. Nei media la figura dell'incendiario e' stata quella del giovinastro drogato e criminale, o dell'agente segreto ucraino. Confessioni di aver agito su commissione "del nemico", rivelatesi in seguito estorte con la tortura, sono state pubblicate con grande enfasi sulla stampa. La responsabilita' della presenza nella societa' di giovani antipatriottici e criminali e' stata attribuita al sistema scolastico russo ancora troppo imbevuto di valori occidentali, una propaganda volta a sostenere il processo di militarizzazione che ha investito le scuole in Russia.
In realta', spiega Zakharova, i giovani che hanno appiccato le fiamme ai centri di reclutamento appartengono a un ampio spettro di gruppi: politici, etnici, anarchici, anarco-comunisti, ne' mancano affiliazioni a gruppi di destra. Dietro a questi atti si cela una vasta opposizione alla guerra, in particolare tra le minoranze delle regioni dove maggiore e' la pressione dell'arruolamento e dove gran parte di coloro sospettati di aver appiccato gli incendi hanno dichiarato di non essere "pronta a morire per i valori russi". "Perche' noi, abitanti della Baschiria, dovremmo morire per "il mondo russo"? [...] L'Impero ci ha sempre oppressi", ha detto in una intervista Ruslan Gabbasov, fondatore del Comitato per la resistenza della Baschiria, che con tutta probabilita' e' l'organizzatore degli incendi.
Ma la protesta "nascosta" piu' diffusa, che ha dominato i social media dall'inizio della guerra e' quella espressa in codice, oggetto della ricerca di Vera Dubina dell'Universita' Humboldt di Berlino e di Alexandra Archipova dell'Ecole des Hautes Etudes en sciences sociales di Parigi. Nell'articolo "No Wobble": Silent Protest in Contemporary Russia le autrici si sono soffermate sulle forme di "protesta silenziosa" il cui potenziale sovversivo nel contesto russo e' assai piu' elevato rispetto a quello dei regimi democratici e che dall'antropologo James Scott (Weapons of the Weak. Everyday forms of Peasant Resistance, 1985) sono state definite "le armi dei deboli".
Diffondere messaggi in codice contro la guerra sui social o negli spazi pubblici, che decostruiscono e mettono in ridicolo quelli delle autorita' sono le nuove "armi dei deboli". Di volta in volta di volta chiamate nonviolente, disarmate, pacifiche o passive, queste forme di protesta hanno dimostrato in passato e in differenti contesti la capacita' di resistere alle strutture di potere e suscitano simpatia per il loro carattere umoristico e nonviolento.
Com'e' noto, la frase "No alla guerra" e' stata sostituita con 5 asterischi, ma da quando, alla fine del 2022, una donna arrestata per un poster "Net v***e" ha convinto i giudici che intendeva dire "Net voble", ovvero manifestare il suo disgusto per un pesce d'acqua dolce (noto come vobla), il pesce e' diventato il simbolo piu' diffuso su volantini e graffiti.
Altre forme di resistenza riguardano tutte quelle azioni volte a evitare che i propri figli frequentino le "lezioni di patriottismo" e le varie modalita' e strategie vengono scambiate sui social cosi' come il rifiuto di salire su autobus contrassegnati con la Z. Questi gesti, considerati come individuali e spontanei, in realta' in molti casi sono coordinati; non sono insignificanti ne' isolati e rivelano un dissenso diffuso.
"Per riconoscere in queste azioni una protesta politica - scrivono le autrici - e' necessario ampliare il nostro concetto di "politica", al di la' di partiti e istituzioni e connetterle alle miriadi di interazioni microsociali che avvengono nella vita quotidiana delle persone".
L'ultimo articolo della rivista dal titolo Civic Activism Strategies of Russian Protest Musicians after February 24, 2022, di Katharina Meister, studiosa dell'Universita' di Helsinki, sulla base delle interviste condotte in Estonia tra ottobre e dicembre 2022, si interroga sul potere sovversivo della musica nel creare una identita' comune di opposizione alla guerra. Il divieto di tenere concerti e l'inclusione di musicisti e musiciste nell'elenco degli "agenti stranieri", non hanno impedito a canzoni e video di veicolare messaggi di protesta che hanno raggiunto milioni di persone attraverso i social che, benche' bloccati, riescono ancora a essere usati.
Molti musicisti e musiciste hanno abbandonato la Russia e hanno organizzato concerti in almeno settanta centri in vari paesi: Europa, Georgia, Israele, Armenia, Centro Asia e America. I tour delle band hanno raccolto centinaia di migliaia di euro destinati alle associazioni che vanno in aiuto ai profughi ucraini o al sostegno della protesta in Russia. Come nel caso dell'aiuto ai profughi, ha detto la cantante Nastya Kreslina, i concerti a favore dell'Ucraina sono il modo piu' efficace di elaborare il trauma causato dalla guerra e il senso di vergogna per non avere fatto abbastanza per impedire la guerra. Ed e' questa vergogna che rende gli eventi terapeutici per intere comunita' e creano nuovi spazi per il dissenso.
E' ancora difficile valutare appieno l'impatto di queste forme di protesta, ma e' importante seguirle con attenzione, studiarle e farle conoscere nella speranza che la loro promessa, alla fine, sia mantenuta.
3. REPETITA IUVANT. GIOBBE SANTABARBARA: BREVE UNA LETTERA ALLE PERSONE AMICHE - E AD ALTRE ANCORA - PER CHIEDERE LORO UNA COSA
Dico subito la cosa che vorrei chiedere a tutte e tutti voi: un nuovo o rinnovato impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
Sono un vecchio militante che ricorda vividamente - ero allora assai giovane - l'occupazione di Alcatraz sul finire degli anni Sessanta, il "Sentiero dei trattati infranti" culminato nell'occupazione del Bureau of Indian Affairs nel 1972, e soprattutto l'occupazione e l'assedio di Wounded Knee del 1973. E' da allora che anch'io sento il dovere di sostenere la lotta delle popolazioni native nordamericane contro il genocidio, l'etnocidio e l'ecocidio di cui sono vittima (e con loro l'umanita' intera e l'intero mondo vivente) da parte del potere razzista, stragista, rapinatore e devastatore bianco. Lungo oltre mezzo secolo non ho saputo fare granche', se non impegnarmi qui in Italia in iniziative che credo siano state almeno coerenti con quella lotta, nella convinzione che tutto si tiene, che tutto e' collegato, o per dirla con una luminosa espressione Lakota: "Mitakuye Oyasin".
Sono stato un lettore di "Akwesasne Notes", la bella, indimenticabile rivista che negli anni '70-'90 fu primario strumento d'informazione su quelle lotte, su quelle esperienze di pensiero e azione. E credo sia stato attraverso "Akwesasne Notes" che conobbi la vicenda di Leonard Peltier. Successivamente, come molte altre persone, lessi il libro di Edda Scozza, quello di Peter Matthiessen e la sua autobiografia.
Da un paio d'anni il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo si sta particolarmente impegnando nella mobilitazione nonviolenta internazionale per la liberazione di Leonard Peltier, ed io con esso.
Leonard Peltier e' detenuto innocente ormai da 47 anni, e la sua salute e' gravemente deteriorata. Dal carcere ha continuato a lottare con gli strumenti della testimonianza e della parola, della poesia e dell'arte, per i diritti dei popoli oppressi, per i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la Madre Terra.
Come e' noto la sua liberazione e' stata chiesta nel corso degli anni da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, come papa Francesco e il Dalai Lama, da istituzioni come il Parlamento Europeo, da associazioni umanitarie come Amnesty International, da milioni (si', milioni) di persone di tutto il mondo.
E come e' altrettanto noto la sua liberazione dipende unicamente dalla concessione della grazia presidenziale da parte del Presidente degli Stati Uniti d'America, a cui quotidianamente pervengono richieste a tal fine (tra le piu' recenti: quella della Commissione giuridica ad hoc dell'Onu; quella unanime del Comitato nazionale del Partito Democratico degli Stati Uniti - il partito cui lo stesso Presidente Biden appartiene).
Dalla provincia italiana non si puo' fare molto, ma quel poco che si puo' fare va fatto.
Cosa chiedo dunque in concreto alle persone amiche - ed alle altre ancora - cui indirizzo questa lettera? Tre cose.
La prima, far conoscere la vicenda di Leonard Peltier e diffondere l'appello per la sua liberazione.
La seconda, scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedergli di concedere la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
La terza, scrivere a Leonard Peltier e al comitato internazionale che lo sostiene, l'International Leonard Peltier Defense Committee, per esprimere loro il proprio sostegno.
Tutto qui.
*
Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America: nel sito della Casa Bianca aprire la pagina attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Per scrivere a Leonard Peltier l'indirizzo e': Leonard Peltier, #89637-132, USP Coleman I, P.O. Box 1033, Coleman, FL 33521; trattandosi di un carcere di massima sicurezza possono essere inviate solo lettere postali, e nessun oggetto.
Per scrivere all'International Leonard Peltier Defense Committee: e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
*
Grazie per l'attenzione, e un cordiale saluto da
Giobbe Santabarbara
4. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]
3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
*
ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/
5. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
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Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
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Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.
6. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE
Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it
7. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
8. REPETITA IUVANT. TRE TESI
La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
9. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 122 del 2 maggio 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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