[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 116



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 116 del 26 aprile 2023

In questo numero:
1. Tutte le persone che muoiono uccise dalla guerra
2. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
3. Benito D'Ippolito: Sostando dinanzi alla lapide che ricorda Mariano Buratti
4. Giobbe Santabarbara: Breve una lettera alle persone amiche - e ad altre ancora - per chiedere loro una cosa
5. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
6. "Gariwo": Beatrice Rohner
7. "Gariwo": Elif Shafak
8. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
9. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
10. Alcuni riferimenti utili
11. Tre tesi
12. Ripetiamo ancora una volta...
13. Federica Taddei intervista Simonetta Sciandivasci
14. Cinzia Sciuto: Il Dalai Lama, il relativismo culturale e la scomparsa del bambino

1. L'ORA. TUTTE LE PERSONE CHE MUOIONO UCCISE DALLA GUERRA

Tutte le persone che muoiono uccise dalla guerra
si chiedono cosa aspettiamo ad insorgere per far cessare la guerra.

Tutte le persone uccise dalla guerra
ci chiedono di salvare le vite dei superstiti insorgendo contro la guerra.

Tutte le persone uccise
chiamano alla lotta nonviolenta
per abolire tutte le uccisioni.

2. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?

Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
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Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
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E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

3. HIC ET NUNC. BENITO D'IPPOLITO: SOSTANDO DINANZI ALLA LAPIDE CHE RICORDA MARIANO BURATTI

I. Ieri

E' il 24 aprile di quest'anno 2023 nell'ora solitaria
sosto dinanzi alla lapide che ricorda Mariano Buratti
che insegno' nel liceo che frequentai mezzo secolo fa
che resistette e che i fascisti assassinarono.
Il partigiano Mariano Buratti.

La lapide e' in un androne dietro le sbarre di una cancellata
la posso vedere da lontano ma riesco ancora a leggerla
la leggevo ogni giorno quand'ero studente e il liceo
non era dov'e' ora nell'ex-Gil ma in piazza Dante.
Tutto ha un significato.

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II. Oggi

Sono a Vetralla tra poche assai poche persone
frequento ormai sempre meno persone
per gran parte del tempo da anni una sola
che sola non puo' essere lasciata
perche' nessuno mai deve essere lasciato solo
quando e' nel dolore nel bisogno nella paura.

Mi chiedono di dire qualche parola
come ai tempi quando ero un comiziante
che tuonava nelle piazze contro il regime
della corruzione e della rapina
delle stragi di stato e mafiose
bisogna resistere ancora al fascismo che torna.

Mi chiedono di ricordare ancora
quel che appresi da Vittorio Emanuele Giuntella
quel che appresi da Primo Levi e da Franco Fortini
da padre Balducci e da Lidia Menapace
da Dina Forti da Lello Perugia da Shlomo Venezia
molti anni fa molti molti anni fa
tante maestre e tanti maestri sono ormai morti.

Mi chiedono di dire cosa occorre fare adesso
per non tradire le vittime tutte
per non tradire chi resistette allora
e ancora e per sempre.

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III. Domani

Occorre fermare la guerra prima che la guerra distrugga l'umanita'
occorre quindi abolire gli eserciti e le armi prima che l'umanita' intera distruggano.

Occorre sconfiggere il razzismo e l'apartheid
occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo
di cui sono primi responsabili gli scellerati governi europei
occorre abolire la segregazione razzista e la schiavitu' imposte in Italia
dai governanti fascisti degli ultimi decenni e attuali.

Occorre fermare l'ecocidio
prima che il mondo vivente cessi di essere vivo
ed e' gia' in dubbio se siamo ancora in tempo.

Occorre contrastare il sistema di potere e il modo di produzione
fondati sulla massimizzazione del profitto dei vampiri
che stanno distruggendo l'umanita' e il mondo
con l'imperialismo il colonialismo il totalitarismo
la dittatura del capitale astratto
che divora l'umanita' vivente
e il mondo vivente tutto.

Soprattutto e innanzitutto e decisivamente occorre
sconfiggere il maschilismo che e' la prima radice
e il primo paradigma di tutte le violenze
di tutte le ingiustizie di tutte le oppressioni
di tutte le brame che sbranano ogni esistenza
ogni corpo ogni valore ogni anima
contrastare e sconfiggere il maschilismo innanzitutto occorre.

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IV. Sempre

Solo la nostra memoria nonviolenta tiene in vita le vittime
solo la nostra nonviolenta azione impedisce alla morte di spegnere il mondo
solo la lotta nonviolenta dei popoli e delle persone
puo' salvare l'umanita' e il mondo vivente dalla catastrofe
questo e' il messaggio e il lascito della Resistenza
questo e' l'appello del 25 aprile
questo il programma della Costituzione repubblicana
che ripudia la guerra
e tutte le vite difende.

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V. Mai

Tu non uccidere mai
tu a tutte le uccisioni opponiti sempre
tu guarisci il male col bene
tu salva tutte le vite.

Ad ogni proposta di male rispondi mai
ad ogni blandizia di resa rispondi mai
ad ogni seduzione di amnesia rispondi mai
ad ogni lusinga di vilta' rispondi mai.

tu non arrenderti mai alla violenza o all'indifferenza
sulle tue gambe malferme la nonviolenza cammina.

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VI. Ogni giorno

Ogni giorno e' il 25 aprile
oppresse e oppressi di tutti i paesi unitevi
soccorrere accogliere assistere ogni persona bisognosa di aiuto
salvare tutte le vite
condividere fra tutte e tutti tutto il bene e tutti i beni
oppresse e oppressi di tutti i paesi unitevi
ogni giorno e' il 25 aprile.

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VII. Congedo

Ogni vita finira'
ma e' compito di ogni persona
oporsi a tutte le morti
opporsi a tutti i mali
a tutte le violenze opporsi.

Ogni vita finira'
ma e' compito di ogni persona
far si' che l'intera umanita'
ogni essere vivente
possa vivere una vita degna.

4. REPETITA IUVANT. GIOBBE SANTABARBARA: BREVE UNA LETTERA ALLE PERSONE AMICHE - E AD ALTRE ANCORA - PER CHIEDERE LORO UNA COSA

Dico subito la cosa che vorrei chiedere a tutte e tutti voi: un nuovo o rinnovato impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
Sono un vecchio militante che ricorda vividamente - ero allora assai giovane - l'occupazione di Alcatraz sul finire degli anni Sessanta, il "Sentiero dei trattati infranti" culminato nell'occupazione del Bureau of Indian Affairs nel 1972, e soprattutto l'occupazione e l'assedio di Wounded Knee del 1973. E' da allora che anch'io sento il dovere di sostenere la lotta delle popolazioni native nordamericane contro il genocidio, l'etnocidio e l'ecocidio di cui sono vittima (e con loro l'umanita' intera e l'intero mondo vivente) da parte del potere razzista, stragista, rapinatore e devastatore bianco. Lungo oltre mezzo secolo non ho saputo fare granche', se non impegnarmi qui in Italia in iniziative che credo siano state almeno coerenti con quella lotta, nella convinzione che tutto si tiene, che tutto e' collegato, o per dirla con una luminosa espressione Lakota: "Mitakuye Oyasin".
Sono stato un lettore di "Akwesasne Notes", la bella, indimenticabile rivista che negli anni '70-'90 fu primario strumento d'informazione su quelle lotte, su quelle esperienze di pensiero e azione. E credo sia stato attraverso "Akwesasne Notes" che conobbi la vicenda di Leonard Peltier. Successivamente, come molte altre persone, lessi il libro di Edda Scozza, quello di Peter Matthiessen e la sua autobiografia.
Da un paio d'anni il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo si sta particolarmente impegnando nella mobilitazione nonviolenta internazionale per la liberazione di Leonard Peltier, ed io con esso.
Leonard Peltier e' detenuto innocente ormai da 47 anni, e la sua salute e' gravemente deteriorata. Dal carcere ha continuato a lottare con gli strumenti della testimonianza e della parola, della poesia e dell'arte, per i diritti dei popoli oppressi, per i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la Madre Terra.
Come e' noto la sua liberazione e' stata chiesta nel corso degli anni da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, come papa Francesco e il Dalai Lama, da istituzioni come il Parlamento Europeo, da associazioni umanitarie come Amnesty International, da milioni (si', milioni) di persone di tutto il mondo.
E come e' altrettanto noto la sua liberazione dipende unicamente dalla concessione della grazia presidenziale da parte del Presidente degli Stati Uniti d'America, a cui quotidianamente pervengono richieste a tal fine (tra le piu' recenti: quella della Commissione giuridica ad hoc dell'Onu; quella unanime del Comitato nazionale del Partito Democratico degli Stati Uniti - il partito cui lo stesso Presidente Biden appartiene).
Dalla provincia italiana non si puo' fare molto, ma quel poco che si puo' fare va fatto.
Cosa chiedo dunque in concreto alle persone amiche - ed alle altre ancora - cui indirizzo questa lettera? Tre cose.
La prima, far conoscere la vicenda di Leonard Peltier e diffondere l'appello per la sua liberazione.
La seconda, scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedergli di concedere la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
La terza, scrivere a Leonard Peltier e al comitato internazionale che lo sostiene, l'International Leonard Peltier Defense Committee, per esprimere loro il proprio sostegno.
Tutto qui.
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Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America: nel sito della Casa Bianca aprire la pagina attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Per scrivere a Leonard Peltier l'indirizzo e': Leonard Peltier, #89637-132, USP Coleman I, P.O. Box 1033, Coleman, FL 33521; trattandosi di un carcere di massima sicurezza possono essere inviate solo lettere postali, e nessun oggetto.
Per scrivere all'International Leonard Peltier Defense Committee: e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
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Grazie per l'attenzione, e un cordiale saluto da
Giobbe Santabarbara

5. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]

3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
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ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/

6. TESTIMONI. "GARIWO": BEATRICE ROHNER
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]

Beatrice Rohner (1876-1947) protesse i bambini armeni dal genocidio.
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Beatrice Rohner nasce a Basilea il 24 aprile 1876. Cresciuta in Svizzera, dopo aver svolto l'attivita' di insegnante tra Parigi e Istanbul, nel 1900 di trasferisce a Marash (l'attuale Kahramanmaras) dove aderisce alla Huelfsbund fur christliches Liebeswerk im Orient, organizzazione di soccorso fondata a Francoforte nel 1896.
Potendo usufruire della protezione riservata ai diplomatici tedeschi negli anni tra il 1915 e il 1917, diventa uno dei piu' importanti membri della resistenza di Aleppo allo sterminio del popolo armeno. Il permesso temporaneo per la conduzione di un orfanotrofio le permette infatti di salvare un gran numero di bambini armeni, i cui genitori avevano perso la vita nel corso del genocidio attuato dalle autorita' ottomane. Per quanto tale opera di soccorso fosse assolutamente inaccettabile per il governo ottomano, Beatrice Rohner, una donna - con tutte le difficolta' ulteriori che vi erano per le donne in quell'epoca - prende su di se' la responsabilita' dei soccorsi e fronteggia anche i pericoli derivanti dalla notevole quantita' di fondi che e' costretta a gestire e che comunque risultano sempre insufficienti per le necessita' dell'enorme lavoro intrapreso (ottenuti in gran parte grazie a organizzazioni di soccorso svizzere e al consolato tedesco ed americano), che costituiscono per i funzionari corrotti del governo turco una continua tentazione. Malgrado cio' la Rohner continua a condurre un lavoro ufficiale e clandestino sotto la minaccia della corte marziale, debordando di gran lunga dal formale rispetto della legalita'. In quest'opera di soccorso riesce fortunatamente a contare su un folto gruppo di volontari appartenenti alle comunita' armene locali, con i quali condivide le forti convinzioni morali, tanto che il suo staff continua a operare nonostante le incessanti minacce e persecuzioni. Molti tra i suoi collaboratori alla fine perdono la vita. Cio' nonostante, l'orfanotrofio continua a resistere finche' nel 1917 gli orfani vengono portati via con la forza e smistati in diversi orfanotrofi governativi. Solo allora la Rohner si trova costretta ad abbandonare, con grande dolore, il suo coraggioso impegno e a tornare in Europa, gravemente malata di nervi a causa della tragica esperienza vissuta con i bambini armeni. Muore nella sua casa a Wuestenroth il 9 febbraio 1947.
Se la sua opera di soccorso ha permesso a un numero considerevole di bambini di sopravvivere al genocidio (si conta che nel 1916 la Rohner riusci' a dare rifugio a 720 orfani armeni, gli unici che erano sopravvissuti di circa 3336 deportati) il suo coraggio ci ha anche restituito una fondamentale testimonianza storica su quanto accadde ad Aleppo negli anni tra il 1915 e il 1917, grazie alle sue relazioni archiviate dal Ministero degli Esteri tedesco e dal Comitato americano per le Missioni Estere.
Notizie tratte dalla relazione di Hilmar Kaiser al Convegno internazionale "Si puo' sempre dire un si' o un no - I giusti contro i genodici degli armeni e degli ebrei", Padova, 2000, vedi gli atti del convegno.
Dal 6 marzo 2014 a Beatrice Rohner sono dedicati un albero e un cippo al Giardino dei Giusti di tutto il Mondo di Milano.
Giardini che onorano Beatrice Rohner: Beatrice Rohner e' onorata nel Giardino di Milano - Monte Stella.

7. TESTIMONI. "GARIWO": ELIF SHAFAK
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]

Elif Shafak (1971) nei suoi libri si oppone alla xenofobia ed alle discriminazioni.
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Elif Shafak nasce a Strasburgo nel 1971 e vive la sua gioventu' in Spagna prima di far rientro presso la famiglia natale in Turchia, dove diventa un'apprezzata accademica e una brillante scrittrice. Appassionata, sensibile, anticonformista, e' sposata con un impegnato giornalista turco, dal quale e' spesso costretta a vivere lontana, insegnando storia mediorientale all'Universita' di Tucson, in Arizona, mentre il marito lavora a Istanbul come caporedattore del quotidiano economico Referens.
Elif e' una donna coraggiosa e ottimista, che ha dovuto affrontare un duro processo con la richiesta di una condanna a tre anni di prigione per aver "offeso il buon nome della Turchia", accusa giudiziaria che ha accomunato decine di intellettuali, a cominciare dal premio Nobel Orhan Pamuk, tutti minacciati di morte dagli estremisti nazionalisti.
L'oltraggio di Elif e' quello di aver scritto un romanzo, La bastarda di Istanbul, che narra la storia struggente di due famiglie parallele: da una parte i nipoti di sopravvissuti al genocidio degli armeni, perpetrato dai nazionalisti turchi negli anni della Prima Guerra Mondiale; dall'altra il tentativo di cancellare, anche fra le mura domestiche, qualsiasi traccia di quel massacro, persino del suo semplice dubbio. Nell'inarrestabile infarto emotivo, si fa strada il desiderio di conoscere la verita', qualunque essa sia.
Amica di Pamuk e dello scrittore turco-armeno Hrant Dink, assassinato a Istanbul nel gennaio 2007, Elif rimane in prima fila nel chiedere l'abolizione del famigerato art. 301 del codice penale turco, che impedisce la liberta' di espressione in Turchia. In compenso il suo romanzo, elogiato dalla stampa e dagli altri mass media del Paese, ha venduto in pochi mesi cinquantamila copie.
Giardini che onorano Elif Shafak: Trovi un albero nel Giardino Virtuale Storie Gariwo.

8. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI

Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
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Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
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Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.

9. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it

10. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

11. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

12. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

13. LIBRI. FEDERICA TADDEI INTERVISTA SIMONETTA SCIANDIVASCI
[Dal sito della "Libreria delle donne" di Milano riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo originariamente apparso su "Left" il 17 aprile 2023 col titolo "Simonetta Sciandivasci: Do voce alle donne che decidono di non fare figli"]

Difficile non farsi contagiare dalla vitalita' straripante di Simonetta Sciandivasci, anni trentasette, giornalista delle pagine culturali di uno dei quotidiani di nobile tradizione come La Stampa. E soprattutto autrice di un libro-antologia dal titolo I figli che non voglio pubblicato da Mondadori.
Intanto, perche' questo titolo perentorio? Simonetta Sciandivasci risponde sorridendo: "Si', in effetti lo sembra, perche' ho questo modo un po' sbruffone di porre le cose, ma invece sia il libro che il titolo sono il frutto di molti esami di coscienza e di confronto con colleghi e amici. E con centinaia, forse migliaia di donne che hanno scritto al giornale per quattro mesi sul tema, quando l'ho proposto".
Dalla rubrica "Caro Istat", Simonetta ha tratto alcune lettere, inserite nel libro a testimoniare la varieta' di opinioni e di motivazioni che conducono tutte allo stesso punto: non vogliamo figli. Una conclusione che contraddice una cultura "maternale", il peso del cattolicesimo, concetti ricorrenti come "la benedizione di un figlio", "un figlio come espressione di se'...".
"A questo punto della mia vita - continua l’autrice - mi sono posta il problema e ho risposto che no, la mia esistenza non si completa con quella di un figlio, cosi' ho posto la domanda ai lettori in un dibattito durato mesi. Come si legge, alcune donne si dicono felici di entrare nella minoranza senza figli, calcolata del 5%, della popolazione italiana, i famosi sessanta milioni". Dagli ultimi dati Istat in Italia, nel 2022 risulta che il 33,2% della popolazione vive da solo, mentre si e' creato una famiglia il 31,2%; il 45,4% di donne e' senza figli, di cui il 17,4% child free, cioe' ha scelto decisamente la non maternita', mentre per le altre, determinanti possono essere problemi sociali, mancanza di lavoro, di strutture per l'infanzia o altro.
I figli che non voglio e' un libro corale: a cominciare dalla impaginazione, dalla partecipata prefazione del vicedirettore de La Stampa Andrea Malaguti, alla descrizione della pre-riunione redazionale in cui "Sciandi", come dicono i colleghi, enuncia la propria decisione di non avere figli, frase buttata li', che, in quanto estranea al momento, diventa improvviso oggetto di interesse comune, segno del grado di coinvolgimento che puo' suscitare nel pubblico.
Chiediamo: e' libro che si rivolge a un pubblico solo di donne? "Macche'! Anche di uomini, alcuni anche grandi di eta'. Questo l'ho verificato pero' nelle presentazioni in libreria, sui social ho sperimentato l'odio e la violenza verso la mia persona, accusata di tradire il mio stesso sesso. Nelle librerie e' stato diverso: ricordo una coppia di anziani che non avevano avuto o voluto figli, che invece chiedevano perche' non potersi occupare dei figli degli altri: "Voglio essere 'generativo'", diceva lui, e questo mi e' sembrato molto bello".
E qui emerge il grande tema delle adozioni, delle difficolta' che si incontrano, di quanti, magari aiutati dallo Stato, sarebbero in grado di crescere i molti bambini che riempiono orfanotrofi e istituti. Secondo i dati dell'Anfaa, Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie i bambini dichiarati adottabili si attestano stabilmente a circa mille ogni anno mentre le famiglie che hanno presentato domanda di adozione nazionale sono ovviamente molte di piu': nel 2021 sono state oltre ottomila (Italiaindati). Come un fiume in piena tutto quanto ruota intorno alla nascita, alla vita di un bambino, alle sue possibilita' determinate dalla provenienza, entrano nel discorso, perfino la sorte del piccolo Enea, lasciato nella culla per la vita della clinica Mangiagalli. "In fondo - dice Sciandivasci - con un gesto di fiducia, di chi e' convinto che sia possibile l'umana solidarieta': quella madre lascia in un luogo sicuro, caldo, un bambino che pensava di non riuscire a crescere", come ha lasciato scritto.
E tornando al libro: "Il mondo non e' pronto ad accogliere la pluralita' del concetto di maternita', perche' lo legge solo come processo individuale" cosi' sottolinea Carlotta Vagnoli, trentacinque anni, fiorentina, attivista e scrittrice, una delle donne sollecitate a scrivere sul tema. A lei fa eco Flavia Gasperetti, ricercatrice, traduttrice, autrice (Madri e no. Ragioni e percorsi di una non maternita', Marsilio), la prima in Italia a dire che esistono donne felici di non aver mai pensato alla maternita'. Donne non impensierite dalla solitudine, dall'anzianita', dalle spese da non condividere... Oppure, come si legge nel libro, donne che rifiutano luoghi comuni sul fatto di fare figli "per farsi aiutare da anziani, per veder continuare la specie...".
Nel libro parlano venti donne e sei uomini, le donne sono quasi tutte scrittrici, autrici, cineaste. La domanda e': sono donne che rivolgono al proprio lavoro il senso materno? La "creatura" da proteggere e' quel tipo di realizzazione personale? "Non mi pare che nessuna di loro viva la scrittura o l'arte in questo modo. Per quel che mi riguarda non credo assolutamente in una sostituzione di questo tipo, sarebbe folle. Il lavoro realizza o impensierisce o tormenta, ma e' altro", risponde Sciandivasci.
Tra le testimonianze, c'e' anche quella struggente, di una giovanissima persona transgender. "Si', Alec Trenta, ventitre' anni, autore di una graphic novel, Barba. Storia di come sono nato due volte (Laterza) dove ha messo su carta il problema "figli". In realta' Alec era Lisa e prima di accedere alla transizione completa la endocrinologa gli ha proposto di congelare i suoi ovuli per pensare, un giorno, di potere essere padre".
E comunque Alec e' l'unico a parlare del corpo. Nelle pagine scritte dagli uomini, scrittori, giornalisti, autori (Daniele Mencarelli, Raffaele Notaro, Francesco di Taranto, Gianluca Nicoletti) la paternita' non viene nominata come esito di un rapporto d'amore, ma quasi come di un fatto razionale, come raccontare una vita d'altri. Unica eccezione, lo scrittore cinquantasettenne Marco Franzoso ("Il bambino indaco") rimasto solo con il figlio di otto mesi, che ha cresciuto lasciando il lavoro. Li' la vicinanza anche fisica con il piccolo si sente.
Infine, il libro e' come se rappresentasse un volo ad ali spiegate sui grandi temi di cinquant'anni di femminismo, da Luisa Muraro a Betty Friedan, da Barbara Duden ad Adrienne Rich, Elisabeth Badinter... E' cosi'? "Si'" dice sorridendo Simonetta Sciandivasci e non teme il confronto con quella pesantissima, conflittuale, e un po' astratta discussione frutto dei tempi in cui forse per avere ascolto bisognava "essere contro". "Non mi interessa teorizzare - continua - ho usato volutamente un tono leggero, ma non superficiale per affrontare un argomento cosi' delicato per noi, per dire che non siamo "donne sbagliate". Recentemente Ferdinando Camon sul quotidiano Avvenire ha lamentato il fatto che nessuno piu' vuole fare figli perche' siamo tutti infelici, ma la felicita' non si misura dai figli, io sono fiduciosa nel futuro, desidero il contributo degli altri, io voglio solo essere me stessa".

14. RIFLESSIONE. CINZIA SCIUTO: IL DALAI LAMA, IL RELATIVISMO CULTURALE E LA SCOMPARSA DEL BAMBINO
[Dal sito della "Libreria delle donne" di Milano riprendiamo e diffondiamo il seguente intervento originariamente apparso nel sito di "Micromega" il 17 aprile 2023 col titolo "Il Dalai Lama, il relativismo culturale e la scomparsa del bambino"]

Nelle assurde discussioni attorno alla vicenda del Dalai Lama che chiede a un bambino di succhiargli la lingua c'e' un grande assente: il bambino. Stiamo tutti a guardarci l'ombelico, autoflagellandoci per il "nostro sguardo colonialista" che proietterebbe su un'innocente "pratica culturale" interpretazioni "occidentali" e tutt'al piu' ci concentriamo sul Dalai Lama, questa figura che in Occidente ha sempre affascinato, considerato una specie di papa povero e perseguitato, saggio ed ecumenico. Ma se provassimo a concentrarci sul bambino forse le nostre paturnie su pratiche culturali, sguardi e interpretazioni svanirebbero in un baleno. Quel bambino e' infatti palesemente a disagio perche', pratica culturale o meno (la cosa e' del tutto irrilevante), quella richiesta la percepisce come una violazione del suo corpo e della sua sfera personale.
Quando io ero bambina, siamo nella Sicilia degli anni Ottanta, era tipico (tipico, che non significa ne' giusto ne' accettabile) che i bambini venissero toccati, abbracciati, baciati dagli adulti (e dagli anziani in particolare) senza che potessero rifiutarsi (chi fa un ci lu duni u' baciddu a lu ziu, lu nonnu, lu...). Sarebbe stata una mancanza di rispetto, e poi i bambini sono bambini (leggi: devono obbedire, non hanno una personalita' piena e dunque neanche piena autonomia e diritti ecc.). Era una "pratica culturale" diffusissima, che io odiavo e alla quale cercavo di sottrarmi ogni volta che potevo. Non ne avevo piena consapevolezza allora, ma avvertivo gia' che si trattasse di una forma di violenza, di sopruso del piu' forte (fisicamente ma anche e soprattutto in termini di autorita') sul piu' debole.
Questa vera e propria ossessione relativista che da qualche tempo ci ha preso ci impedisce di vedere che l'umanita' e le diverse culture sono molto piu' simili di quanto non pensiamo. Alcuni universali, specie quelli legati ai rapporti familiari, adulti-bambini, uomini-donne li ritroviamo tali e quali in ogni angolo del pianeta, e se li osservassimo con la giusta distanza noteremmo che le differenze che ci ostiniamo a ingigantire sono solo variazioni sul tema. E anziche' continuare ad autoflagellarci per espiare le nostre secolari colpe riusciremmo forse a esprimere un minimo di solidarieta' a quel bambino che invece abbiamo lasciato da solo di fronte all'autorita' prepotente di un uomo anziano e di potere.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 116 del 26 aprile 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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