[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 111



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 111 del 21 aprile 2023

In questo numero:
1. Opporsi alla guerra, opporsi agli eserciti, opporsi alle armi, salvare le vite
2. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
3. Giobbe Santabarbara: Breve una lettera alle persone amiche - e ad altre ancora - per chiedere loro una cosa
4. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
5. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
6. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
7. Alcuni riferimenti utili
8. Tre tesi
9. Ripetiamo ancora una volta...
10. "Gariwo": Zofia "Mamcia" Chojnack
11. "Gariwo": Manoch Gorgan
12. "Gariwo": Teodora "Dora" Jablonskaite
13. "Gariwo": Oskar Rose
14. "Gariwo": Margarete "Ceija" Stojka
15. Laura Quercioli Mincer: Szlomo Czorny
16. Laura Quercioli Mincer: Alfreda "Noncia" Markowska
17. Laura Quercioli Mincer: Miriam Novitch

1. L'ORA. OPPORSI ALLA GUERRA, OPPORSI AGLI ESERCITI, OPPORSI ALLE ARMI, SALVARE LE VITE

Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.

2. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?

Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
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Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
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E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

3. REPETITA IUVANT. GIOBBE SANTABARBARA: BREVE UNA LETTERA ALLE PERSONE AMICHE - E AD ALTRE ANCORA - PER CHIEDERE LORO UNA COSA

Dico subito la cosa che vorrei chiedere a tutte e tutti voi: un nuovo o rinnovato impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
Sono un vecchio militante che ricorda vividamente - ero allora assai giovane - l'occupazione di Alcatraz sul finire degli anni Sessanta, il "Sentiero dei trattati infranti" culminato nell'occupazione del Bureau of Indian Affairs nel 1972, e soprattutto l'occupazione e l'assedio di Wounded Knee del 1973. E' da allora che anch'io sento il dovere di sostenere la lotta delle popolazioni native nordamericane contro il genocidio, l'etnocidio e l'ecocidio di cui sono vittima (e con loro l'umanita' intera e l'intero mondo vivente) da parte del potere razzista, stragista, rapinatore e devastatore bianco. Lungo oltre mezzo secolo non ho saputo fare granche', se non impegnarmi qui in Italia in iniziative che credo siano state almeno coerenti con quella lotta, nella convinzione che tutto si tiene, che tutto e' collegato, o per dirla con una luminosa espressione Lakota: "Mitakuye Oyasin".
Sono stato un lettore di "Akwesasne Notes", la bella, indimenticabile rivista che negli anni '70-'90 fu primario strumento d'informazione su quelle lotte, su quelle esperienze di pensiero e azione. E credo sia stato attraverso "Akwesasne Notes" che conobbi la vicenda di Leonard Peltier. Successivamente, come molte altre persone, lessi il libro di Edda Scozza, quello di Peter Matthiessen e la sua autobiografia.
Da un paio d'anni il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo si sta particolarmente impegnando nella mobilitazione nonviolenta internazionale per la liberazione di Leonard Peltier, ed io con esso.
Leonard Peltier e' detenuto innocente ormai da 47 anni, e la sua salute e' gravemente deteriorata. Dal carcere ha continuato a lottare con gli strumenti della testimonianza e della parola, della poesia e dell'arte, per i diritti dei popoli oppressi, per i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la Madre Terra.
Come e' noto la sua liberazione e' stata chiesta nel corso degli anni da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, come papa Francesco e il Dalai Lama, da istituzioni come il Parlamento Europeo, da associazioni umanitarie come Amnesty International, da milioni (si', milioni) di persone di tutto il mondo.
E come e' altrettanto noto la sua liberazione dipende unicamente dalla concessione della grazia presidenziale da parte del Presidente degli Stati Uniti d'America, a cui quotidianamente pervengono richieste a tal fine (tra le piu' recenti: quella della Commissione giuridica ad hoc dell'Onu; quella unanime del Comitato nazionale del Partito Democratico degli Stati Uniti - il partito cui lo stesso Presidente Biden appartiene).
Dalla provincia italiana non si puo' fare molto, ma quel poco che si puo' fare va fatto.
Cosa chiedo dunque in concreto alle persone amiche - ed alle altre ancora - cui indirizzo questa lettera? Tre cose.
La prima, far conoscere la vicenda di Leonard Peltier e diffondere l'appello per la sua liberazione.
La seconda, scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedergli di concedere la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
La terza, scrivere a Leonard Peltier e al comitato internazionale che lo sostiene, l'International Leonard Peltier Defense Committee, per esprimere loro il proprio sostegno.
Tutto qui.
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Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America: nel sito della Casa Bianca aprire la pagina attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Per scrivere a Leonard Peltier l'indirizzo e': Leonard Peltier, #89637-132, USP Coleman I, P.O. Box 1033, Coleman, FL 33521; trattandosi di un carcere di massima sicurezza possono essere inviate solo lettere postali, e nessun oggetto.
Per scrivere all'International Leonard Peltier Defense Committee: e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
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Grazie per l'attenzione, e un cordiale saluto da
Giobbe Santabarbara

4. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]

3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
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ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/

5. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI

Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
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Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
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Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.

6. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it

7. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

8. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

9. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

10. TESTIMONI. "GARIWO": ZOFIA "MAMCIA" CHOJNACKA
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]

Zofia "Mamcia" Chojnack (1913-1986) donna rom che ha salvato bambini rom ed ebrei tra Varsavia e il ghetto di Siedlce.
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Zofia "Mamcia" Chojnacka nacque nel 1913 a Trzebieszow, in Polonia, da una famiglia di Polska Roma o rom della pianura. Secondo diverse testimonianze, era una donna molto bella, famosa, un'eccellente indovina, altamente empatica e dotata di un grande cuore.
Nel 1932 sposo' Jozef Trojanek, da cui ebbe cinque figli. Tra il 1939 e il 1942 rimase a Varsavia con la famiglia. Qui, insieme ad altre donne rom, "Mamcia" nascose e diede rifugio a diversi bambini ebrei, che vennero affidati alle loro cure. Nel 1942, durante una retata nazista nel loro insediamento, i soldati riuscirono a trovare alcuni bambini ebrei, compreso un ragazzo nascosto da Mamcia, e li fucilarono immediatamente. Il resto dei bambini ebrei fu invece scambiato per rom dai nazisti, e riusci' cosi' a evitare l'esecuzione.
Il figlio di Zofia, Jan, ha ricordato: "Gli ufficiali ci hanno riuniti nella piazza del quartiere Grochow di Varsavia. Hanno sparato a 30 rom uomini, donne e bambini. Poi, hanno portato gli altri, incluso mio padre, al campo di sterminio di Treblinka".
"Mamcia" riusci' a sopravvivere. Il marito, nonostante fosse riuscito a fuggire da Treblinka a Varsavia, mori' dopo pochi giorni. Sofia lo seppelli' in citta', e gli rimase fedele per sempre, senza mai risposarsi.
Anche quando venne inviata nel ghetto di Siedlce, la donna ha continuato a prestare il suo aiuto ai bambini che le venivano affidati dai genitori. In questo modo, salvo' 30 piccoli ebrei e rom dallo sterminio.  Avvertita dell'imminente liquidazione dei rom, "Mamcia" riusci' a lasciare il ghetto insieme ai suoi familiari ancora in vita. Si rifugiarono nella foresta, insieme ai partigiani, e i piu' giovani aderirono al movimento di resistenza.
Durante la guerra, la donna si sposto' nella regione di Rzeszow, dove continuo' a salvare bambini, recandosi nei luoghi dei pogrom per cercare i piccoli sopravvissuti e rimasti orfani.
Zofia mori' nel 1986. Purtroppo non ha potuto ricevere alcun riconoscimento per le sue gesta, a quel tempo note solo all'interno della sua famiglia.
La storia e' stata riportata nel libro Rom e Sinti nella Resistenza europea, di Angelo Arlati (UPRE Edizioni, 2022).

11. TESTIMONI. "GARIWO": MANOCH GORGAN
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]

Manoch Gorgan (1895-1945) creatore della piu' grande rete di soccorso Rom in Francia.
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Manoch Gorgan, detto "Nanoche", nasce l'8 marzo 1895 a Lovanio (Belgio), da una famiglia rom di stagnini che negli anni si sposta tra la Francia e il Belgio. All'eta' di 18 anni sposa Marra Demestre, figlia di genitori rom francesi, e si trasferisce definitivamente in Francia, dove tutti i membri della sua famiglia - la moglie e gli undici figli - vengono classificati come "nomadi".
Il decreto del 6 aprile 1940, che imponeva il divieto di circolazione dei "nomadi" sul territorio francese, cambio' profondamente la vita di Gorgan, che fu costretto alla residenza coatta prima a Pierrefort, nella regione del Cantal, e dalla fine del 1943 nella cittadina di Maurs. Ne' a lui ne' alla sua famiglia era piu' permesso di lasciare il comune di residenza, ne' per rifornirsi ne' per lavorare: con il suo carrozzone dovette fermarsi nella piazza del mercato.
Con alcuni dei suoi figli si uni' alla Resistenza francese, aiutando i prigionieri del campo di internamento di Saliers (riservato ai nomadi), vicino ad Arles: molti sono riusciti a fuggire nascosti proprio da Gorgan, mentre altri hanno ricevuto da lui pacchi di cibo e aiuti, in una delle piu' grandi reti di soccorso rom della Francia.
Il 12 maggio 1944, alle 6 del mattino, i soldati delle SS della divisione "Das Reich" circondarono la citta' di Maurs, interruppero le comunicazioni telefoniche e disarmarono i gendarmi, in una operazione di rappresaglia contro la resistenza locale. I tedeschi ordinarono a tutti gli uomini di eta' compresa tra i 14 e i 60 anni di recarsi nella piazza del paese, e arrestarono otto ebrei, un combattente della resistenza di nome Marius Aymar e quattro "nomadi": Gorgan, suo figlio e due uomini che si erano rifugiati nella sua roulotte. Dopo l'arresto, Gorgan fu deportato a Neuengamme, vicino ad Amburgo, e da li' trasferito al campo satellite di Hannover-Stocken.
Quando nell'aprile 1945 il campo venne sgomberato, Gorgan venne caricato su un convoglio diretto a est, insieme ad altri duemila uomini. Il treno fu costretto a fermarsi lungo il tragitto, poiche' gli Alleati avevano bombardato e distrutto i binari della ferrovia vicino a Solpke. Per i prigionieri inizio' cosi' la marcia della morte fino a Gardelegen, vicino Hannover, dove il 13 aprile la meta' di loro - Gorgan incluso - fu radunata, chiusa in un fienile e arsa viva poco prima dell'arrivo delle truppe americane.
Nonostante il suo ruolo attivo nell'aiuto ai perseguitati, il nome di Manoch Gorgan resta ancora escluso dalla storiografia ufficiale. Basti pensare che nel 1994 a Maurs e' stata inaugurata una targa commemorativa della retata del 12 maggio 1944, dove sono riportati i nomi di chi e' stato prelevato quel giorno: il nome di Gorgan e' ancora assente.
La storia e' stata riportata nel libro Rom e Sinti nella Resistenza europea, di Angelo Arlati (UPRE Edizioni, 2022).

12. TESTIMONI. "GARIWO": TEODORA "DORA" JABLONSKAITE
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]

Teodora "Dora" Jablonskaite (1914-1980) una donna rom che salvo' i bambini nascondendoli in grandi cuscini di piume.
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Teodora nacque nel 1914 in Lituania, nella regione di Panevezys. Suo padre era un commerciante di cavalli, che lavorava in diversi villaggi, mentre sua madre si prendeva cura della casa e leggeva le carte dei tarocchi.
Nel gennaio 1943, tutta la sua famiglia fu arrestata e deportata nel campo di concentramento di Pravieniskes, dove la madre e la zia di Teodora furono uccise dopo pochi mesi.
Durante gli anni bui della guerra, "Dora" ha rischiato la vita per salvare bambini rom ed ebrei, sopravvissuti al massacro delle loro famiglie. Come sua figlia, Grafine' Jablonskaite', ha ricordato: "Mia madre ha salvato tanti bambini, li accoglieva, a volte falsificava persino documenti per dimostrare che fossero figli suoi, salvando loro la vita. Spesso mia madre metteva un bambino piccolo dentro un cuscino e passava davanti ai nazisti, per salvarlo".
Dora infatti utilizzava un abile stratagemma per sottrarre i piccoli al controllo nazista: per eludere i posti di blocco delle guardie, li nascondeva in un grande pirin, un voluminoso cuscino di piume che i rom portavano con loro quando i rom viaggiavano, per coprirsi nelle tende durante le fredde notti d'inverno.
Anche durante la prigionia nel campo di Pravieniskes Dora ha proseguito la sua attivita' di salvataggio, prendendosi cura dei bambini che, insieme agli anziani, venivano regolarmente sterminati dai soldati nazisti perche' non potevano lavorare. Molti di loro, inoltre, erano rimasti senza genitori, morti o uccisi dalle guardie del campo. Tra questi piccoli c'era anche Steponas Arlavicius, noto anche come Gadzioro (nato nel 1940 e morto nel 1987 in Lituania), che sopravvisse al campo di concentramento di Pravieniskes grazie a Dora che lo nascondeva nel famoso cuscino di piume. Steponas aveva tre anni quando fu internato, e la sua famiglia fu in poco tempo completamente sterminata. Dopo la guerra, fu consegnato ai parenti di sua madre.
Dora invece nel dopoguerra torno' in Lituania - era infatti stata deportata in campi di lavoro sia in Germania che in Francia -, dove mori' nel 1980, nel suo paese natale.
Oggi riposa nel cimitero della cattedrale del Cristo Re di Panevezys con suo marito, Jurgis Orlovskis, e i loro due figli.
La storia e' stata riportata nel libro Rom e Sinti nella Resistenza europea, di Angelo Arlati (UPRE Edizioni, 2022).

13. TESTIMONI. "GARIWO": OSKAR ROSE
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]

Oskar Rose (1907-1968) testimone inascoltato del genocidio del popolo rom e sinti.
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Oskar Rose era figlio di Anton Rose, gestore di una sala cinematografica a Darmstadt, in Germania. Nel 1934 Anton fu espulso dalla Camera del Cinema del Reich in quanto sinto, e dopo un ricorso nel 1937 fu espulso una seconda volta nel 1943 e deportato ad Auschwitz, dove fu assassinato.
All'arresto di suo padre, Oskar riusci' a nascondersi, continuando a vivere in clandestinita', sotto il falso nome di Alexander Adler. Correndo un grande rischio personale, nell'aprile 1943 si reco' a Monaco presso la residenza del cardinale Michael von Faulhaber, chiedendo un'udienza per informarlo della disperata situazione di rom e siiti, deportati ad Auschwitz, e spronarlo a intervenire.
Il cardinale si rifiuto' di incontrarlo, e Oskar decise di contattare - indirizzando lettere anonime - altri due rappresentanti della Chiesa, il cardinale Adolf Bertram di Breslavia in Polonia e l'arcivescovo di Friburgo Conrad Grober. Entrambe le missive caddero inascoltate. Nonostante il fallimento nel ricevere aiuto, restano la sua fondamentale testimonianza e denuncia della persecuzione di rom e sinti.
Rose trovo' rifugio in una casa di amici a Heidelberg. Li' scopri' che suo fratello Vinzenz era detenuto nelle vicinanze campo di concentramento di Neckarelz, sottocampo del concentramento di Natzweiler-Struthof. Elaboro' quindi un piano per liberarlo, e grazie anche all'aiuto di un camionista corrotto, riusci' a salvare Vinzenz e a fuggire con lui nel villaggio di Gangkofen, poi liberato dalle truppe americane. Il resto della loro famiglia, tredici membri in totale, fu ucciso dai nazisti.
L'impegno di Oskar nei confronti del suo popolo prosegui' nel dopoguerra. Nel 1956, insieme a Vinzenz, creo' l'Unione delle persone perseguitate per motivi razziali non di fede ebraica, ponendo le basi del movimento tedesco per i diritti civili di sinti e rom.
Oskar Rose si e' spento nel 1968. Il suo lavoro e' stato poi portato avanti dal fratello.
La storia e' stata riportata nel libro Rom e Sinti nella Resistenza europea, di Angelo Arlati (UPRE Edizioni, 2022).

14. TESTIMONI. "GARIWO": MARGARETE "CEIJA" STOJKA
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]

Margarete "Ceija" Stojka (1933-2013) la testimonianza del Porrajmos.
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Margarete "Ceija" Stojka e' nata a Kraubath, in Austria, il 23 maggio 1933, da Karl "Wackar" Horvath e Maria "Sidi" Rigo Stojka. Era la seconda piu' giovane di sette fratelli. Nel 1938, dopo l'annessione dell'Austria alla Germania nazista, la famiglia si trasferi' a Vienna.
Nel 1941 il padre fu deportato al campo di Dachau, e successivamente nei campi di concentramento di Neuengamme, vicino ad Amburgo, e Sachsenhausen, vicino a Berlino. Nel novembre 1942 fu trasferito al Centro "Eutanasia" di Hartheim, una struttura di sterminio nazista, dove fu assassinato.
Nel 1943, il resto della famiglia fu arrestato deportato ad Auschwitz-Birkenau. Qui Ceija perse subito il fratello minore, Ossi. Per i successivi due anni, la giovane fu detenuta a Ravensbrück e a Bergen Belsen, dove fu liberata dalle truppe britanniche.
Al termine del Secondo conflitto mondiale, solo cinque membri della sua famiglia erano sopravvissuti, su un totale di duecento persone. Tra loro, la madre di Stojka e tre dei suoi fratelli e sorelle. Dopo la liberazione, Ceija tornò a Vienna, dove lavorò per anni come venditrice ambulante.
Alla fine degli anni '80 è stata una delle prime rom a pubblicare le sue memorie. In questo periodo iniziò anche a dipingere e disegnare: attraverso la sua arte, la donna voleva condividere l’esperienza vissuta e comunicare il terrore che aveva dovuto affrontare. Il suo lavoro è stato di fondamentale importanza non solo per ridare dignità a tante vittime dello sterminio nazista, ma soprattutto per aumentare la consapevolezza del fatto che Sinti e Rom erano tra queste vittime. Non solo diffondeva la storia del Porrajmos, ma lanciava l’allarme sull’antiziganismo che ancora non era scomparso.
Ceija ha diviso le sue opere in dipinti "scuri" e “chiari”: i primi riguardano la persecuzione nazista, i secondi la sua vita e gli anni prebellici.
Nel 2008, è stata premiata con l'Ordine al Merito per il suo impegno nel Dialogo Interculturale. Un anno dopo, ha ricevuto il titolo onorifico di professore del Ministero federale austriaco per l'istruzione, le arti e la cultura.
Ceija si e' spenta il 28 gennaio 2013. Nel 2014, il piazzale della Chiesa di Altlerchenfeld a Vienna e' stato ribattezzato in suo onore "Ceija-Stojka-Platz".

15. TESTIMONI. LAURA QUERCIOLI SMINCER: SZLOMO CZORNY
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Szlomo Czorny (1919) l'ebreo re degli zingari della Polonia.
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Originario di una piccola cittadina dei Carpazi, la sua era una famiglia ebraica profondamente religiosa. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale Szlomo studiava da rabbino a Cracovia. Fu fra i primi ebrei di questa citta' a venir deportato ad Auschwitz, ma nel 1942 riusci' a evadere. La sorte di quei pochissimi ebrei che riuscivano a fuggire dai lager in Polonia di solito era terribile; se non venivano arrestati subito dai tedeschi molte volte era la popolazione locale, terrorizzata e spesso plagiata dalla propaganda nazista, a ucciderli o a riconsegnarli agli assassini. Ma Czorny fu piu' fortunato: si imbatte' in un gruppo di rom polacchi, anch'essi in fuga dai nazisti, nascosti nella foresta.
Czorny venne adottato dal leader del gruppo, Michai, ne sposo' la figlia Lada (con la quale ebbe due figli), e nel 1946, alla morte del padre adottivo, ne assunse le funzioni. Venne eletto re dei rom della Polonia meridionale nel 1958. La vita nella Polonia socialista pero' era molto dura, il Paese era povero e pieno di pregiudizi. Czorny trascorse quindi molti anni a organizzare, alla meta' degli anni Sessanta, la rocambolesca fuga che avrebbe portato tutto il suo gruppo, 135 persone, nella Germania occidentale.
Dopo decenni di negazioni, lo sterminio dei rom cominciava a essere preso in considerazione anche nella prassi giuridica e a venir faticosamente inserito nella legge per i risarcimenti. In questo, Czorny ebbe un ruolo molto importante. Aveva infatti trascorso anni a studiare la lingua e la legislazione tedesche proprio per capire a quale articolo fare appello e in che modo nella difesa dei diritti dei rom, di cui divenne figura simbolo in Europa.
In un'intervista rilasciata nel 1967 al "Jewish Digest" di Montreal, Czorny dichiaro': "Si', io mi considero ebreo, prego a Shabbat e digiuno a Yom Kippur. Ma sono anche rom, sebbene, credetemi, essere tutte e due le cose insieme non e' certo un letto di rose. Pero' questo e' il mio destino e non lo voglio cambiare. Questo e' il popolo che mi ha salvato e non lo abbandonero'. Salutatemi mio zio, reb Chaim Czorny, a Gerusalemme. But baxt ta sastipe'! Che in lingua rom significa: "Che voi possiate essere sani e fortunati. Shalom!".

16. TESTIMONI. LAURA QUERCIOLI SMINCER: ALFREDA "NONCIA" MARKOWSKA
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Alfreda "Noncia" Markowska (1926-2021) durante il Porrajmos rischio' la vita per salvare il maggior numero di bambini, rom o ebrei.
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"Noncia" era una polacca di etnia rom, originaria di Stanislawow. Quando scoppio' la guerra, la sua tribu' si trovava nei pressi di Leopoli; per paura dell'Armata Rossa si spostarono a Occidente, ma finirono nel territorio occupato dai nazisti. Sistemarono l'accampamento in un bosco. Un giorno Noncia, che aveva allora circa quindici anni, si allontano' dal gruppo per andare a lavorare, ossia a guadagnare qualche spicciolo leggendo la mano alle contadine. Al ritorno, un passante la avverti' di nascondersi per via di un grande pericolo.
Noncia rimase diverse ore acquattata fra le rovine di una stalla. Si sentivano in continuazione grida e spari, ma quello era un sottofondo usuale per i tempi... Quando torno' all'accampamento pero' vide quello che non avrebbe mai voluto vedere: in una fossa comune giacevano accatastati i corpi di tutta la sua grande famiglia, ottanta persone, fra cui molti bambini. Una delle piu' grandi e antiche tribu' rom di Volinia era stata sterminata nel giro di poche ore. Vagando nei boschi Noncia ritrovo' il suo giovanissimo marito, anche lui allontanatosi fortunosamente dal luogo della strage.
Noncia venne in seguito arrestata, insieme al marito, e consegnata ai tedeschi. Fortunatamente riuscirono a fuggire e si stabilirono a Rozwadow dove, in condizioni di lavoro forzato, i rom venivano costretti a lavorare alle ferrovie. Questo diede alla donna la possibilita' di vedere i treni che trasportavano rom ed ebrei ai campi di sterminio, compreso Auschwitz. Durante le soste dei convogli, riusci' a salvare tanti bambini, tra cui Karol ParnoGierlinski, in seguito un noto scultore, scrittore di prosa e poeta.
Noncia visse con una missione: ovunque ci fosse una strage, di rom o di ebrei, lei si avvicinava e cercava di portare in salvo il maggior numero di bambini. In questa maniera ne salvo' oltre cinquanta. Li faceva fuggire dai trasporti, li infilava dentro sacchi di piume, li nascondeva sotto le ampie gonne colorate, cercava per loro documenti falsi. Aveva scavato piccoli ripari nel bosco. A un certo punto la sua fama si era diffusa, erano i bambini stessi che l'andavano a cercare. Quando poteva li restituiva a genitori e parenti. Solo diversi anni dopo la guerra alcuni dei bambini da lei salvati riuscirono a rintracciarla; Noncia nel frattempo aveva continuato a guadagnarsi da vivere con le attivita' dei gitani, le stesse grazie alle quali durante l'occupazione riusciva a sfamare anche decine di piccoli.
Nel 2006 la regista polacca Agnieszka Arnold ha girato un film sulla sua vita: Puri Daj "La vecchia madre".
Il 17 ottobre del 2006 l'allora presidente polacco Lech Kaczynski appunto' una croce dorata sul petto di Alfreda "Noncia" Markowska, la prima donna rom a ricevere un'onorificenza statale polacca, e disse: "Se oggi esiste il popolo ebraico [...] e se molti polacchi di origine ebraica abitano ancora il nostro paese; se oggi esiste il popolo rom, e una parte di esso abita in Polonia [...], e' perche' ci sono state persone come lei. A persone come lei dobbiamo riconoscenza e stima. E per persone come lei e' stata pensata l'onorificenza che oggi ho l'onore di consegnarle, una delle massime onorificenze del nostro paese, l'Ordine del Cavaliere di Gran Croce. Allora chi salvava una vita non era punito con il carcere, non era punito con la deportazione. Chi salvava una vita era punito con la morte, spesso fra le torture. La ringrazio infinitamente" ("Gazeta Wyborcza", 18 ottobre 2006).
Giardini che onorano Alfreda "Noncia" Markowska: Alfreda "Noncia" Markowska e' onorata nel Giardino di Milano - Monte Stella.

17. TESTIMONI. LAURA QUERCIOLI SMINCER: MIRIAM NOVITCH
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]

Miriam Novitch (1908-1990) colei che fece conoscere lo sterminio degli zingari.
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Se non ci fosse stata Miriam, secondo don Bruno Nicolini (1927-2012), fondatore dell'Opera Nomadi, "nessuno avrebbe saputo dello sterminio degli zingari". Era nata in un villaggio dell'attuale Bielorussia. Aveva studiato a Vilna e prima della guerra era emigrata in Francia.
Come partigiana francese venne arrestata nel giugno del 1943 e rinchiusa nel campo di Vittel. Fra i suoi compagni di sventura, un suo compatriota e amico, il poeta yiddish Yitskhok Katsenelson (1886-1944). Fu anche grazie alle insistenze di Miriam che Katsenelson scrisse Il canto del popolo ebraico massacrato, un lungo poema che Primo Levi defini' "privo di paragone con nessuna altra opera nella storia di tutte le letterature". E fu sempre per ostinazione di Miriam che il poeta lo nascose in alcune bottiglie ai piedi di un albero. E fu Miriam a guerra finita, quando Katsenelson era gia' stato assassinato, a ritrovarlo e farlo pubblicare.
Nel 1946 Miriam emigro' in Palestina, fu fra le fondatrici del kibbutz Lohamei ha-Getta'ot, "Eroi del ghetto", e la creatrice del suo museo, inaugurato pochi anni dopo. E' stata Miriam a coniare l'espressione resistenza spirituale riferita a ogni manifestazione artistica realizzata al tempo della Shoah, e alla resistenza spirituale ha dedicato infinite mostre (fra cui una al Castello Sforzesco di Milano nel 1976), articoli, conferenze. Ha scritto dodici libri, fra cui uno, datato 1968, che e' la prima descrizione completa dello sterminio dei rom.
Nel 1965 la studiosa Mirella Karpati, per incarico dell'Universita' di Padova, aveva invitato Miriam Novitch a Bressanone per un convegno internazionale sulla scolarizzazione dei bambini rom. Al convegno Miriam porto' una prima serie di documenti sul Porajmos: il genocidio dei rom. Fu qui che Mirella e don Bruno, che gia' avevano iniziato a studiare la storia di questo popolo, decisero di dar vita al Centro Studi Zingari, la piu' importante istituzione italiana dedicata a questa cultura. Ha dichiarato don Bruno: "Miriam Novitch: quanta intelligenza, quanti progetti, quanta voglia di fare. Era la nostra ispirazione".
Giardini che onorano Miriam Novitch: Miriam Novitch e' onorata nel Giardino di Nichelino.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 111 del 21 aprile 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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