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[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 109
- Subject: [Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 109
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Wed, 19 Apr 2023 06:34:33 +0200
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 109 del 19 aprile 2023
In questo numero:
1. Insorgere nonviolentemente contro tutte le uccisioni
2. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
3. Giobbe Santabarbara: Breve una lettera alle persone amiche - e ad altre ancora - per chiedere loro una cosa
4. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
5. Anna Bravo: Una breve riflessione sulle azioni nonviolente (2018)
6. Angela Dogliotti: In ricordo di un'amica (2019)
7. Enrico Peyretti: Anna Bravo, storica del sangue risparmiato (2019)
8. Pierangelo Monti: Piccolo grato ricordo di Anna Bravo (2019)
9. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
10. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
11. Alcuni riferimenti utili
12. Aldo Capitini: Il manuale di Charles C. Walker sull'azione diretta nonviolenta
1. L'ORA. INSORGERE NONVIOLENTEMENTE CONTRO TUTTE LE UCCISIONI
Salvare le vite e' il primo dovere.
2. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?
Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
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Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
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E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
3. REPETITA IUVANT. GIOBBE SANTABARBARA: BREVE UNA LETTERA ALLE PERSONE AMICHE - E AD ALTRE ANCORA - PER CHIEDERE LORO UNA COSA
Dico subito la cosa che vorrei chiedere a tutte e tutti voi: un nuovo o rinnovato impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
Sono un vecchio militante che ricorda vividamente - ero allora assai giovane - l'occupazione di Alcatraz sul finire degli anni Sessanta, il "Sentiero dei trattati infranti" culminato nell'occupazione del Bureau of Indian Affairs nel 1972, e soprattutto l'occupazione e l'assedio di Wounded Knee del 1973. E' da allora che anch'io sento il dovere di sostenere la lotta delle popolazioni native nordamericane contro il genocidio, l'etnocidio e l'ecocidio di cui sono vittima (e con loro l'umanita' intera e l'intero mondo vivente) da parte del potere razzista, stragista, rapinatore e devastatore bianco. Lungo oltre mezzo secolo non ho saputo fare granche', se non impegnarmi qui in Italia in iniziative che credo siano state almeno coerenti con quella lotta, nella convinzione che tutto si tiene, che tutto e' collegato, o per dirla con una luminosa espressione Lakota: "Mitakuye Oyasin".
Sono stato un lettore di "Akwesasne Notes", la bella, indimenticabile rivista che negli anni '70-'90 fu primario strumento d'informazione su quelle lotte, su quelle esperienze di pensiero e azione. E credo sia stato attraverso "Akwesasne Notes" che conobbi la vicenda di Leonard Peltier. Successivamente, come molte altre persone, lessi il libro di Edda Scozza, quello di Peter Matthiessen e la sua autobiografia.
Da un paio d'anni il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo si sta particolarmente impegnando nella mobilitazione nonviolenta internazionale per la liberazione di Leonard Peltier, ed io con esso.
Leonard Peltier e' detenuto innocente ormai da 47 anni, e la sua salute e' gravemente deteriorata. Dal carcere ha continuato a lottare con gli strumenti della testimonianza e della parola, della poesia e dell'arte, per i diritti dei popoli oppressi, per i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la Madre Terra.
Come e' noto la sua liberazione e' stata chiesta nel corso degli anni da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, come papa Francesco e il Dalai Lama, da istituzioni come il Parlamento Europeo, da associazioni umanitarie come Amnesty International, da milioni (si', milioni) di persone di tutto il mondo.
E come e' altrettanto noto la sua liberazione dipende unicamente dalla concessione della grazia presidenziale da parte del Presidente degli Stati Uniti d'America, a cui quotidianamente pervengono richieste a tal fine (tra le piu' recenti: quella della Commissione giuridica ad hoc dell'Onu; quella unanime del Comitato nazionale del Partito Democratico degli Stati Uniti - il partito cui lo stesso Presidente Biden appartiene).
Dalla provincia italiana non si puo' fare molto, ma quel poco che si puo' fare va fatto.
Cosa chiedo dunque in concreto alle persone amiche - ed alle altre ancora - cui indirizzo questa lettera? Tre cose.
La prima, far conoscere la vicenda di Leonard Peltier e diffondere l'appello per la sua liberazione.
La seconda, scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedergli di concedere la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
La terza, scrivere a Leonard Peltier e al comitato internazionale che lo sostiene, l'International Leonard Peltier Defense Committee, per esprimere loro il proprio sostegno.
Tutto qui.
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Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America: nel sito della Casa Bianca aprire la pagina attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Per scrivere a Leonard Peltier l'indirizzo e': Leonard Peltier, #89637-132, USP Coleman I, P.O. Box 1033, Coleman, FL 33521; trattandosi di un carcere di massima sicurezza possono essere inviate solo lettere postali, e nessun oggetto.
Per scrivere all'International Leonard Peltier Defense Committee: e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
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Grazie per l'attenzione, e un cordiale saluto da
Giobbe Santabarbara
4. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]
3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
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ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/
5. MAESTRE. ANNA BRAVO: UNA BREVE RIFLESSIONE SULLE AZIONI NONVIOLENTE (2018)
[Dal sito del Centro studi "Sereno Regis" di Torino riproponiamo il testo del messaggio di Anna Bravo in occasione della cerimonia di consegna del Premio nazionale "Nonviolenza" promosso dall'Associazione Cultura della Pace, Sansepolcro, 17 novembre 2018.
Anna Bravo, storica e docente universitaria, ha insegnato Storia sociale. Si e' occupata di storia delle donne, di deportazione e genocidio, resistenza armata e resistenza civile, cultura dei gruppi non omogenei, storia orale; su questi temi ha anche partecipato a convegni nazionali e internazionali. Ha fatto parte del comitato scientifico che ha diretto la raccolta delle storie di vita promossa dall'Aned (Associazione nazionale ex-deportati) del Piemonte; ha fatto parte della Societa' italiana delle storiche, e dei comitati scientifici dell'Istituto storico della Resistenza in Piemonte, della Fondazione Alexander Langer e di altre istituzioni culturali. Luminosa figura della nonviolenza in cammino, della forza della verita', e' deceduta l'8 dicembre 2019 a Torino, la citta' dove era nata nel 1938. Tra le opere di Anna Bravo: (con Daniele Jalla), La vita offesa, Angeli, Milano 1986; Donne e uomini nelle guerre mondiali, Laterza, Roma-Bari 1991; (con Daniele Jalla), Una misura onesta. Gli scritti di memoria della deportazione dall'Italia, Angeli, Milano 1994; (con Anna Maria Bruzzone), In guerra senza armi. Storie di donne 1940-1945, Laterza, Roma-Bari 1995, 2000; (con Lucetta Scaraffia), Donne del novecento, Liberal Libri, 1999; (con Anna Foa e Lucetta Scaraffia), I fili della memoria. Uomini e donne nella storia, Laterza, Roma-Bari 2000; (con Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia), Storia sociale delle donne nell'Italia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001; Il fotoromanzo, Il Mulino, Bologna 2003; A colpi di cuore, Laterza, Roma-Bari 2008; (con Federico Cereja), Intervista a Primo Levi, ex deportato, Einaudi, Torino 2011; La conta dei salvati, Laterza, Roma-Bari 2013; Raccontare per la storia, Einaudi, Torino 2014]
Il vostro riconoscimento mi rende felice e orgogliosa, e solo un brutto incidente mi impedisce di essere con voi. Vi sono profondamente grata. Da molti anni nel mio lavoro di storica studio e scrivo di lotte nonviolente. Cerco anche di dare un contributo alle iniziative di associazioni come la fondazione Alexander Langer, che fra le altre attivita' svolge un'opera assidua di sostegno a quanti e quante si dedicano a costruire ponti al posto dei muri. E quando i muri resistono, li "saltano" simbolicamente e spesso concretamente, con coraggio, con rischi e costi personali, senza violenza.
Qui voglio proporvi una breve riflessione sulle azioni nonviolente, tenendo conto degli stereotipi che circolano da noi, e non solo da noi.
E' difficile trovare oggi qualcuno che neghi il valore della nonviolenza. Ma e' anche difficile trovare qualcuno che non si affretti a relativizzarla. Si precisa, per esempio, che a livello teorico sarebbe la scelta migliore, ma non nella pratica: perche' e' un'utopia che non puo' durare, non puo' vincere; e dove ha avuto successo (a questo punto l'esempio d'obbligo e' il Sudafrica) non e' riuscita a risolvere le questioni di fondo - come se ogni nuovo corso non si trovasse di fronte al medesimo problema. E' la vecchia pretesa del "tutto e subito", che nei confronti della nonviolenza e' applicata con particolare accanimento.
Eppure esistono ormai varie ricerche sulle resistenze non armate (dette anche civili) e armate, che mostrano come nel Novecento siano state le prime a ottenere piu' esiti positivi; secondo Erica Chenoweth e Maria J. Stephan, fra il 1900 e il 2006 sono state rispettivamente il 59% contro il 27% nelle lotte interne antiregime, il 41% contro il 10% di risultati parziali in quelle contro l'occupazione di un paese o per l'autodeterminazione (per la realizzazione piena i dati si equivalgono). Solo nelle campagne per la secessione di un territorio la scelta nonviolenta conta zero vittorie (e quella violenta l'esile percentuale del 10%), mentre ha il monopolio dell'affermazione nelle lotte contro l'apartheid e per i diritti civili.
Infine, la nonviolenza offre piu' opportunita' per una transizione pacifica: le controversie tra forze politiche non hanno strascichi militari, mentre sono minori le occasioni per desideri di rivalsa e di vendetta. Il libro delle due ricercatrici ha per titolo Perche' la resistenza civile funziona.
Credo che dietro l'accusa di utopismo inefficace giochino ancora oggi alcuni corposi equivoci.
Diversamente da quel che molti credono, la nonviolenza non rinuncia ai conflitti sociali e politici, anzi, li apre, ma prova a affrontarli in modo evoluto, con soluzioni in cui nessuno sia danneggiato, soluzioni "win-win", come insegna la teoria dei giochi. Non si limita a rigettare le armi proprie e improprie, rifiuta l'odio. Non e' dogmatica, prova a limitare quanto piu' possibile la violenza nel mondo; lo stesso principio del non uccidere prevede eccezioni, se uccidere e' l'unico modo di salvare gli indifesi da un pericolo mortale.
E ancora, la nonviolenza non vive negli interstizi lasciati liberi dal potere: all'opposto, lo sfida. Non dipende dalla sua benevolenza, lo costringe semmai a essere più benevolo. C'e' chi pensa che Gandhi potesse agire perche' il governo britannico glielo consentiva; certo la Gran Bretagna non e' il Terzo Reich, ma se approda a una certa tolleranza e' perche' il movimento gandhiano non le lascia scelta fra il massacro e la trattativa. Dunque non e' una pratica per anime belle, richiede pazienza, sagacia, e coraggio davanti alla ferocia altrui - esiste una combattivita' nonviolenta molto temuta da chi e' al potere.
Non e' neppure predicazione per raccogliere proseliti. il concetto ha una carica di immediatezza che nasce dalla semplicita' del suo primo fondamento, realizzare un obiettivo senza spargere sangue. Molte e molti che non si sarebbero definiti nonviolenti lo sono stati di fatto.
Come quelle e quelli che qui nella vostra Toscana fra il '43 e il '44 partecipano a due ampi e straordinari fenomeni. Il primo e' la protezione accordata ai militari italiani sbandati nei giorni successivi all'armistizio dell'8 settembre 1943, quando l'esercito viene lasciato a se stesso e si disfa letteralmente; il secondo e' l'aiuto offerto ai prigionieri alleati evasi in quegli stessi giorni dai campi di concentramento sul nostro territorio nazionale - con i britannici, la maggioranza, ci sono americani, indiani, neozelandesi, sudafricani, francesi, australiani. Le due vicende vedono attivarsi centinaia di migliaia di persone in tutta l'Italia occupata, i salvati sono decine di migliaia. "Fino al giorno della liberazione la maggioranza degli italiani formo' una strana alleanza con i prigionieri" - dira' il 17 maggio 1946 Sir Noel Charles, ambasciatore inglese in Italia.
Ma la nostra storiografia ha ignorato questi eventi per decenni, e cosi' la memoria pubblica; il primo libro sull'aiuto ai prigionieri alleati e' pubblicato nel 1991 a Firenze (ma in inglese) dallo storico scozzese Roger Absalom, reduce dalla guerra negli Appennini.
Perche' non includere i soccorritori nella costruzione di una nuova immagine nazionale, riscattata dai crimini fascisti e fondata sulla capacita' di resistenza della popolazione?
La risposta e' penosamente semplice, e vale per tutta Europa: in sintonia con la cultura dell'epoca, si era scelta come terreno elettivo della rigenerazione la lotta in armi, che oggi giustamente onoriamo come preziosa ribellione al dominio fascista e nazista.
Preziosa, ma non la sola. Certo, i soccorritori disarmati non "vincono la guerra". "Funzionano" su un altro piano: non consentire che i nazisti si impadroniscano di migliaia di giovani per avviarli ai lager o all'esecuzione – e' questo il loro campo d'onore. Alcuni dei soccorritori - donne, uomini, contadini, operai, ceto medio, alcuni aristocratici, religiosi e religiose - pagheranno con la vita, come si erano affrettati a sancire una legge di Salo' e un decreto tedesco. Non avrebbero meritato i piu' alti riconoscimenti?
Oggi la situazione sta cambiando, in parte e' gia' cambiata. Ma il lavoro per dare valore a questi resistenti disarmati sara' lungo, e di molti non arriveremo mai a conoscere il nome. Quello che tutti possiamo fare per loro e' provare a seguirne l'esempio – quegli esempi che Hannah Arendt definisce i cartelli segnaletici della morale - per salvarci dalla tentazione di voltare le spalle alla sofferenza del nostro prossimo, dovunque si trovi e da qualsiasi lontananza provenga.
6. AMICIZIE. ANGELA DOGLIOTTI: IN RICORDO DI UN'AMICA (2019)
[Dal sito del Centro studi "Sereno Regis" di Torino riproponiamo il seguente ricordo]
Ieri e' improvvisamente mancata Anna Bravo. E' una tristissima notizia, che ci sorprende e ci addolora.
I miei ricordi su di lei risalgono al periodo in cui ero matricola all'Universita' (1967/68) e lei era assistente di Storia contemporanea del professor Guido Quazza. Feci il mio primo esame universitario sulla storia della prima guerra mondiale, sui testi di Forcella e Monticone (1968), che avevano documentato l'opposizione dei militari alla guerra attraverso i processi subiti dai soldati, e di Piero Melograni (1969) sulla storia politica della Grande Guerra. Le vicende del '68 torinese ci fecero reincontrare, perche' lei era una degli assistenti che sostenevano la lotta degli studenti.
Negli stessi anni, porto' la solidarieta' dei Proletari in divisa, un'aggregazione nata all'interno di Lotta Continua, cui lei aderiva, ad Achille Croce, Beppe Marasso, Piercarlo Racca e altri nonviolenti in sciopero della fame ai giardini Carlo Felice, per chiedere il riconoscimento giuridico dell'obiezione di coscienza al servizio militare, ottenuto poi con la legge del 1972.
Poi ci perdemmo di vista. Lei divenne docente di Storia sociale all'Universita' di Torino e grande fu la mia sorpresa quando, durante un convegno sulla Resistenza e la deportazione, la sentii citare il concetto di "Resistenza civile", che aveva scoperto nell'ambito degli studi di storia orale di cui si era a lungo occupata.
Ci ritrovammo. Partecipo' ad un corso di aggiornamento per docenti, insieme alla cara amica Anna Maria Bruzzone, che il Centro Studi Sereno Regis aveva organizzato insieme all'Istoreto, sulla Resistenza civile durante la seconda guerra mondiale, al quale intervenne anche il ricercatore francese Jacques Semelin, che aveva scritto un testo fondamentale in questo ambito, Senz'armi di fronte a Hitler, pubblicato in Italia da Sonda nel 1993.
Da allora in poi, Anna ha continuato ad approfondire questo tema, con convinzione crescente, pubblicando splendidi lavori, che hanno contribuito a diffondere questa interpretazione della Resistenza anche a livello accademico. Ricordo solo il libro scritto a quattro mani con Anna Maria Bruzzone, In guerra senza armi. Storia di donne. 1940-1945 (1995) e l'ultimo suo lavoro di ampio respiro su questo tema, La conta dei salvati. Dalla Grande Guerra al Tibet: storie di sangue risparmiato (2013).
Aveva partecipato diverse volte a interventi e convegni organizzati dal Centro Studi Sereno Regis. Per motivi di salute, con molto dispiacere non aveva potuto intervenire, lo scorso anno, al convegno Una controstoria del Novecento per costruire politiche di pace e al corso di aggiornamento per docenti collegato alla Mostra Cento anni di pace, come era stato previsto.
Solo la scorsa settimana, aveva invece risposto positivamente all'invito di dialogare con Giuliano Pontara nel convegno Gandhi after Gandhi organizzato dall'Universita' di Torino, in occasione del centocinquantesimo anniversario della nascita del Mahatma. Anche per questo la notizia della sua morte improvvisa ci ha colpiti in modo particolare.
Grazie, Anna, per il tuo lavoro e la tua vicinanza. Ci mancherai.
Un ricordo affettuoso anche da parte di Beppe.
9 dicembre 2019
7. AMICIZIE. ENRICO PEYRETTI: ANNA BRAVO, STORICA DEL SANGUE RISPARMIATO (2019)
[Dal sito del Centro studi "Sereno Regis" di Torino riproponiamo il seguente ricordo]
Nel rimpiangere di vivo cuore Anna Bravo, morta improvvisamente l'8 dicembre, trovo una delle sue parole che riassume bene la sua passione e la sua intelligente ricerca storica delle azioni di vita invece che di morte organizzata dalla guerra: "E' un'idea malsana che quando c'e' guerra c'e' storia, quando c'e' pace no. Il sangue risparmiato fa storia come il sangue versato" (pp. 14 e 17 di "La conta dei salvati").
Anna e' la benemerita storica torinese che ha scritto sulla Resistenza, sulle donne, sul Sessantotto valorizzando l'altra faccia della storia, quella piu' umana, piu' promettente. Chi non ha letto e amato i suoi libri, li cerchi, e trovera' lo sguardo "diverso" che occorre sempre per aprire vie nuove rispetto alla passiva registrazione dei fatti che si impongono con clamore o violenza.
Cinque giorni prima di morire, come nessuno avrebbe immaginato, al convegno internazionale "Gandhi after Gandhi", nel Cle, era stanca ma sempre gioiosa di lavorare con gli amici. Per fortuna, ho preso qualche scarno appunto dal suo intervento. Li riporto qui come mi e' possibile.
Gandhi appartiene alla biopolitica, alla politica per la vita. L'ingiustizia genera nelle vittime avvilimento, senso di inferiorita'. Gandhi ha trasmesso fierezza umana, per esempio vestendo come il piu' povero del suo popolo, e questo anche davanti all'impero. Sul piano simbolico questa e' un'azione di vera forza.
Ogni imperialismo induce ad opporsi con gli stessi suoi metodi, violenti. Nell'inventare forti modi alternativi, sempre con aderenza precisa ai casi concreti, Gandhi ha saputo comunicare perfettamente con la gente semplice, con l'educazione e non la demagogia: questa e' capacita' rara nelle guide politiche.
Nelle lotte nonviolente che ha guidato – p. es. in difesa dei contadini, dei coltivatori di indaco, danneggiati dalla produzione inglese – ha saputo agire con la capacita' di attendere il tempo giusto, preparando con cura l'azione, senza esporre il popolo a gravi pericoli, senza umiliare la controparte, e non volendo stravincere.
La cultura torinese e il piu' ampio movimento per la pace giusta e nonviolenta, per la cittadinanza inclusiva e paritaria, per la memoria della storia piu' umana, deve tanta gratitudine ad Anna Bravo.
8. AMICIZIE. PIERANGELO MONTI: PICCOLO GRATO RICORDO DI ANNA BRAVO (2019)
[Dal sito del Centro studi "Sereno Regis" di Torino riproponiamo il seguente ricordo]
Oggi a Torino e' stato celebrato il funerale di Anna Bravo, morta improvvisamente l'8 dicembre.
E' stata docente di storia sociale all'Universita' di Torino; membro del Comitato scientifico della Fondazione Alex Langer e dell'Istituto per la storia della Resistenza "Giorgio Agosti"; con i suoi studi, conferenze e libri ha insegnato a comprendere la storia con empatia e a farne tesoro, per aiutare la societa' a vivere nella pace.
Come hanno scritto Angela Dogliotti e Enrico Peyretti, Anna "ha scritto sulla Resistenza, sulle donne, sul Sessantotto valorizzando l'altra faccia della storia, quella piu' umana, piu' promettente". "Il movimento per la pace giusta e nonviolenta, per la cittadinanza inclusiva e paritaria, per la memoria della storia piu' umana, deve tanta gratitudine ad Anna Bravo". "Nei suoi libri troviamo lo sguardo 'diverso' che occorre sempre, per aprire vie nuove rispetto alla passiva registrazione dei fatti che si impongono con clamore o violenza".
Una settimana fa ho ascoltato con piacere il suo intervento al convegno internazionale "Gandhi after Gandhi", al Campus universitario di Torino, nel quale, insieme a Giuliano Pontara, ha presentato la nonviolenza gandhiana e la giustizia sociale. Con pacatezza, suscitando in me sentimenti di tenerezza, ha presentato un'immagine di Gandhi, forte e tenera, portatore di un messaggio chiaro con lo stile della sua vita oltre che con le sue parole: mite, cioe' nonviolento, nel pensiero, nel linguaggio e nell'azione. Come appassionata alla causa dei diritti delle donne, ha anche riconosciuto la contraddittorieta' di Gandhi nella questione femminile: non si e' opposto alla divisione dei ruoli di genere che metteva le donne su livelli inferiori, ma ha associato le donne nelle sue campagne e ha tessuto come loro il khadi (tipico tessuto indiano). Poi con cognizione di causa, avendo scritto "In guerra senza armi" e "La conta dei salvati", Anna ha ripetuto che le lotte nonviolente, nel Novecento, sono state piu' efficaci e hanno ottenuto risultati duraturi, piu' di quelle violente.
E' stato per me il primo, e purtroppo anche l'ultimo, incontro personale con lei. Tengo cara la foto di lunedi' scorso, 2 dicembre, che la ritrae al termine della conferenza, sorridente, vicina ai suoi amici Giuliano Pontara, Beppe Marasso e Enrico Peyretti, con i quali ha condiviso convegni e manifestazioni per la pace, la nonviolenza, i diritti umani.
Pierangelo Monti, presidente del Mir
10 dicembre 2019
9. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
*
Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
*
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.
10. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE
Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it
11. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
12. TESTI. ALDO CAPITINI: IL MANUALE DI CHARLES C. WALKER SULL'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA
[Riproponiamo ancora una volta il testo del capitolo dodicesimo, "Il Manuale di Charles C. Walker (1961)", del libro di Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Libreria Feltrinelli, 1967 (poi ristampato da Linea d'ombra, Milano 1989; e successivamente ripreso anche in Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992). L'opuscolo di Walker, Manuale per l'azione diretta nonviolenta, arricchito da ulteriori materiali, e' stato successivamente pubblicato dalle Edizioni del Movimento Nonviolento nei "Quaderni di azione nonviolenta", cui puo' essere richiesto; e' un materiale di lavoro utilissimo (per richieste: tel. 0458009803, e-mail: azionenonviolenta at sis.it); il solo testo dell'opuscolo di Walker abbiamo anche piu' volte riprodotto sul nostro foglio]
Nel 1961 e' uscito il Manuale dell'organizzatore dell'azione diretta nonviolenta, redatto da Charles C. Walker, direttore del Laboratorio della nonviolenza (Cheney, Pa, USA). Jean Fremont lo ha tradotto in francese. L'opuscolo e' edito dalla War Resisters' International, 88 Park Avenue, Enfield, Middlesex, Inghilterra. E' un ampio e organico lavoro, e il confronto con il Piano De Ligt mostra quanto l'esperienza dell'azione nonviolenta si sia accresciuta negli anni, specialmente per le grandi campagne gandhiane e per quelle degli Stati Uniti d'America e di altrove. Del resto, il manuale integra spesso i suoi suggerimenti con indicazioni bibliografiche. Metteremo in luce la struttura del lavoro, e i punti piu' rilevanti e utilizzabili.
Il Manuale e' diviso in quindici sezioni.
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1. Preparazione
Bisogna scegliere e presentare chiaramente gli scopi da raggiungere, dando rilievo ad una situazione ingiusta e cercando di ottenere l'appoggio del pubblico. La volonta' di resistenza viene sviluppata diffondendo continuamente notizie, commentandole e facendo appello all'azione immediata, indicando alle vittime anche una situazione migliore. Inoltre: assicurarsi il nome e l'indirizzo di persone che possono cooperare, e consultare gruppi e associazioni che possono simpatizzare.
Gia' in questa prima sezione si trovano i suggerimenti sempre dati per le azioni nonviolente: cercare le piu' larghe solidarieta', diffondere apertamente notizie sulla situazione e sulle prospettive di mutamento. Se ne deduce: prima di un'azione impiantare un bollettino apposito da diffondere largamente.
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2. Lancio di un programma costruttivo
Il programma deve colpire un male alla radice, venire in aiuto alle vittime, stimolare gli atteggiamenti nonviolenti. Reagire, quindi, attivamente all'apatia, con pieno altruismo e ispirando fiducia. L'azione puo' essere preparata da un lavoro costruttivo come campi di lavoro, cooperative, assistenza alle vittime di ingiustizie, lavoro caritatevole, lavoro in comunita'. Utile anche un lavoro fisico dopo un'estrema tensione nervosa.
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3. Apprendimento del metodo
Anzitutto una ricerca sui fatti, sulle forze sociali, politiche, economiche, implicate nella situazione (come abbiamo gia' visto), sull'atteggiamento dei vari gruppi.
Impostare la possibilita' di negoziati (uno stadio molto importante prima di ogni azione nonviolenta).
Appello vastissimo all'opinione pubblica, con tutti i mezzi possibili.
Giorni di digiuno e (oppure) di preghiera, rinuncia a distinzioni onorifiche date dagli autori dell'ingiustizia; dirsi disposti ad una concessione importante, purche' non leda il principio.
Presentare un "ultimatum" che espone le lagnanze, i tentativi fatti per rimediare, le concessioni proposte, e fissare una data limite. Informare tutti gli implicati nella cosa.
Infine, dopo aver tutto tentato, intraprendere l'azione diretta, senza rompere definitivamente la possibilita' di riprendere i negoziati.
L'azione diretta ha questi aspetti:
- Veglia in un luogo simbolico;
- Picchetti di militanti;
- Digiuno o sciopero della fame;
- Noncooperazione;
- Boicottaggio;
- Arresto del lavoro per un certo periodo;
- Sciopero;
- Sciopero a rovescio (lavorando dove e quando non permesso);
- Intervento p. es. in un luogo proibito;
- Disobbedienza civile;
- Migrazione;
- Manifestazioni: riunioni, sfilate, proteste.
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4. L'addestramento
Studiare la teoria e la messa in pratica della nonviolenza, le campagne nonviolente; organizzare un laboratorio della nonviolenza, proiettare film, fare riunioni e discussioni pubbliche e anche "scene drammatiche" di realizzazione di iniziative nonviolente; meditare, cantare in coro, raccontare fatti eroici, prendere pasti in comune, formare bene gli individui per i compiti che saranno a loro affidati; distinguere tra l'addestramento generale e quello per determinate azioni.
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5. Il piano di campagna dell'azione diretta nonviolenta
L'organizzazione realizzatrice deve avere delle infrastrutture con un comitato d'insieme e un comitato amministrativo, un direttore del progetto e comitati speciali (per la pubblicita', per i mezzi di trasporto, per stampare, per l'alloggio, il cibo ecc.), e deve fare un bilancio preliminare.
Mettere a punto il piano di esecuzione (utilizzando anche un consiglio giuridico).
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6. La preparazione dell'azione
Scegliere un quartiere generale delle operazioni, esponendo materiale pubblicitario, inaugurandolo con una conferenza stampa. Lettere e visite ai funzionari interessati; avvisi ai giornali. Raccogliere fondi. Fare riunioni pubbliche. Tener pronto materiale indispensabile: macchina da scrivere, anche per fare molte copie, letti e sacchi per dormire, materiale per affissioni, automobili ecc. (e vedere quali servizi di trasporto sono nella zona). Stabilire un indirizzo postale. Sviluppare i mezzi di comunicazione: telefono, altoparlanti, bollettini giornalieri. Preparare istruzioni appropriate per i capi di gruppi, fare l'elenco dei partecipanti, preparare manifesti e volantini (da apprestare molto per tempo).
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7. Studio preliminare della situazione dal punto di vista legale
Conoscere le disposizioni legali del luogo e cercar di avere assistenza legale.
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8. Messa a punto di una disciplina collettiva
Il comitato d'azione deve concretare i termini di questa disciplina.
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9. Sviluppo di una campagna di propaganda
Esporre con grande chiarezza. Fare un "memorandum" generale, e brevi biografie dei capi e dei partecipanti importanti, frequenti comunicati alla stampa e alla radio, registrare sul nastro magnetico importanti discorsi, visitare (o scrivere a) persone influenti della stampa, raccogliere ritagli di giornali.
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10. La riunione dei partecipanti all'azione
Farne l'elenco; tenere una riunione degli aderenti, esponendo il piano dell'azione e discutendolo; scegliere un presidente adatto per le riunioni (alcune questioni possono esser trattate non dalle riunioni generali, ma dai comitati).
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11. L'avvio dell'azione
Scegliere il gruppo che comincera' l'azione; e formare anche il secondo gruppo d'urto. Recarsi sul luogo (sfilare o star seduti, sempre a testa alta e tranquillamente). Esser pronti a rispondere ai giornalisti, alle guardie. Seguire le istruzioni dei capi e non lasciare il proprio posto senza averli avvisati. Distribuire i fogli (non disturbare mai il passaggio dei pedoni), e se piove, tenere i fogli in un sacco di materia plastica. Conservare, in quanto possibile, un silenzio assoluto.
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12. Fronteggiare le rappresaglie
L'avversario puo' provocare a condursi in modo agitato, a farsi prendere dal disordine, a lanciare insulti, a fare recriminazioni di un capo verso l'altro, a far sorgere defezioni nelle file dei nonviolenti, a reagire con la violenza. Percio' bisogna restare calmi e affabili, stare al proprio posto disciplinati. Se ci sono urti, il capo fa allontanare i feriti.
In caso di arresto, non opporre resistenza, e accettare i regolamenti della prigione in cio' che non siano contro la propria coscienza.
Le rappresaglie possono essere molto gravi (colpi, tortura, presa di ostaggi, linciaggio, cacciata dal posto, proibizioni di assemblee ecc.), e in tale caso insistere presso i responsabili della societa' perche' agiscano e reprimano la violenza, chiedere un'inchiesta, aiutare le vittime (le sofferenze redentrici possono liberare dal veleno della violenza accumulatosi da tanto tempo).
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13. Mantenere la vitalita' del movimento
Valersi di nuovi simboli (azioni eroiche, gli eroi di esse, le vittime delle rappresaglie, gl'imprigionati, anniversari, saluti, vesti, insegne, ecc.).
Sforzi costanti di persuasione anche presso gli avversari, tenere al corrente gli aderenti.
Incoraggiare e organizzare azioni di sostegno (dichiarazioni di personalita' eminenti, di gruppi di simpatizzanti ecc.).
Trattare i dissidenti in modo paziente e leale; educare e allenare gli aderenti, formare nuovi capi, incoraggiare il lavoro teorico e pratico; far agire il maggior numero di volontari che sia possibile.
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14. I capi
Sono dei primi tra eguali, sono dei coordinatori, abituati a lavorare in gruppo.
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15. Quando la lotta si fa lunga
Secondo Gandhi una campagna nonviolenta provoca cinque reazioni: l'indifferenza, il ridicolo, l'insulto, la repressione, il rispetto. Per arrivare al quinto punto talvolta ci vuole molto tempo.
Non si deve tendere alla "sconfitta" dell'avversario, ma ad una trasformazione dei rapporti tra le parti interessate (una vittoria della giustizia e dell'onesta' umana).
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 109 del 19 aprile 2023
*
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 109 del 19 aprile 2023
In questo numero:
1. Insorgere nonviolentemente contro tutte le uccisioni
2. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
3. Giobbe Santabarbara: Breve una lettera alle persone amiche - e ad altre ancora - per chiedere loro una cosa
4. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
5. Anna Bravo: Una breve riflessione sulle azioni nonviolente (2018)
6. Angela Dogliotti: In ricordo di un'amica (2019)
7. Enrico Peyretti: Anna Bravo, storica del sangue risparmiato (2019)
8. Pierangelo Monti: Piccolo grato ricordo di Anna Bravo (2019)
9. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
10. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
11. Alcuni riferimenti utili
12. Aldo Capitini: Il manuale di Charles C. Walker sull'azione diretta nonviolenta
1. L'ORA. INSORGERE NONVIOLENTEMENTE CONTRO TUTTE LE UCCISIONI
Salvare le vite e' il primo dovere.
2. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?
Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
*
Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
*
E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
3. REPETITA IUVANT. GIOBBE SANTABARBARA: BREVE UNA LETTERA ALLE PERSONE AMICHE - E AD ALTRE ANCORA - PER CHIEDERE LORO UNA COSA
Dico subito la cosa che vorrei chiedere a tutte e tutti voi: un nuovo o rinnovato impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
Sono un vecchio militante che ricorda vividamente - ero allora assai giovane - l'occupazione di Alcatraz sul finire degli anni Sessanta, il "Sentiero dei trattati infranti" culminato nell'occupazione del Bureau of Indian Affairs nel 1972, e soprattutto l'occupazione e l'assedio di Wounded Knee del 1973. E' da allora che anch'io sento il dovere di sostenere la lotta delle popolazioni native nordamericane contro il genocidio, l'etnocidio e l'ecocidio di cui sono vittima (e con loro l'umanita' intera e l'intero mondo vivente) da parte del potere razzista, stragista, rapinatore e devastatore bianco. Lungo oltre mezzo secolo non ho saputo fare granche', se non impegnarmi qui in Italia in iniziative che credo siano state almeno coerenti con quella lotta, nella convinzione che tutto si tiene, che tutto e' collegato, o per dirla con una luminosa espressione Lakota: "Mitakuye Oyasin".
Sono stato un lettore di "Akwesasne Notes", la bella, indimenticabile rivista che negli anni '70-'90 fu primario strumento d'informazione su quelle lotte, su quelle esperienze di pensiero e azione. E credo sia stato attraverso "Akwesasne Notes" che conobbi la vicenda di Leonard Peltier. Successivamente, come molte altre persone, lessi il libro di Edda Scozza, quello di Peter Matthiessen e la sua autobiografia.
Da un paio d'anni il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo si sta particolarmente impegnando nella mobilitazione nonviolenta internazionale per la liberazione di Leonard Peltier, ed io con esso.
Leonard Peltier e' detenuto innocente ormai da 47 anni, e la sua salute e' gravemente deteriorata. Dal carcere ha continuato a lottare con gli strumenti della testimonianza e della parola, della poesia e dell'arte, per i diritti dei popoli oppressi, per i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la Madre Terra.
Come e' noto la sua liberazione e' stata chiesta nel corso degli anni da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, come papa Francesco e il Dalai Lama, da istituzioni come il Parlamento Europeo, da associazioni umanitarie come Amnesty International, da milioni (si', milioni) di persone di tutto il mondo.
E come e' altrettanto noto la sua liberazione dipende unicamente dalla concessione della grazia presidenziale da parte del Presidente degli Stati Uniti d'America, a cui quotidianamente pervengono richieste a tal fine (tra le piu' recenti: quella della Commissione giuridica ad hoc dell'Onu; quella unanime del Comitato nazionale del Partito Democratico degli Stati Uniti - il partito cui lo stesso Presidente Biden appartiene).
Dalla provincia italiana non si puo' fare molto, ma quel poco che si puo' fare va fatto.
Cosa chiedo dunque in concreto alle persone amiche - ed alle altre ancora - cui indirizzo questa lettera? Tre cose.
La prima, far conoscere la vicenda di Leonard Peltier e diffondere l'appello per la sua liberazione.
La seconda, scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedergli di concedere la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
La terza, scrivere a Leonard Peltier e al comitato internazionale che lo sostiene, l'International Leonard Peltier Defense Committee, per esprimere loro il proprio sostegno.
Tutto qui.
*
Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America: nel sito della Casa Bianca aprire la pagina attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Per scrivere a Leonard Peltier l'indirizzo e': Leonard Peltier, #89637-132, USP Coleman I, P.O. Box 1033, Coleman, FL 33521; trattandosi di un carcere di massima sicurezza possono essere inviate solo lettere postali, e nessun oggetto.
Per scrivere all'International Leonard Peltier Defense Committee: e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
*
Grazie per l'attenzione, e un cordiale saluto da
Giobbe Santabarbara
4. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]
3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
*
ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/
5. MAESTRE. ANNA BRAVO: UNA BREVE RIFLESSIONE SULLE AZIONI NONVIOLENTE (2018)
[Dal sito del Centro studi "Sereno Regis" di Torino riproponiamo il testo del messaggio di Anna Bravo in occasione della cerimonia di consegna del Premio nazionale "Nonviolenza" promosso dall'Associazione Cultura della Pace, Sansepolcro, 17 novembre 2018.
Anna Bravo, storica e docente universitaria, ha insegnato Storia sociale. Si e' occupata di storia delle donne, di deportazione e genocidio, resistenza armata e resistenza civile, cultura dei gruppi non omogenei, storia orale; su questi temi ha anche partecipato a convegni nazionali e internazionali. Ha fatto parte del comitato scientifico che ha diretto la raccolta delle storie di vita promossa dall'Aned (Associazione nazionale ex-deportati) del Piemonte; ha fatto parte della Societa' italiana delle storiche, e dei comitati scientifici dell'Istituto storico della Resistenza in Piemonte, della Fondazione Alexander Langer e di altre istituzioni culturali. Luminosa figura della nonviolenza in cammino, della forza della verita', e' deceduta l'8 dicembre 2019 a Torino, la citta' dove era nata nel 1938. Tra le opere di Anna Bravo: (con Daniele Jalla), La vita offesa, Angeli, Milano 1986; Donne e uomini nelle guerre mondiali, Laterza, Roma-Bari 1991; (con Daniele Jalla), Una misura onesta. Gli scritti di memoria della deportazione dall'Italia, Angeli, Milano 1994; (con Anna Maria Bruzzone), In guerra senza armi. Storie di donne 1940-1945, Laterza, Roma-Bari 1995, 2000; (con Lucetta Scaraffia), Donne del novecento, Liberal Libri, 1999; (con Anna Foa e Lucetta Scaraffia), I fili della memoria. Uomini e donne nella storia, Laterza, Roma-Bari 2000; (con Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia), Storia sociale delle donne nell'Italia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001; Il fotoromanzo, Il Mulino, Bologna 2003; A colpi di cuore, Laterza, Roma-Bari 2008; (con Federico Cereja), Intervista a Primo Levi, ex deportato, Einaudi, Torino 2011; La conta dei salvati, Laterza, Roma-Bari 2013; Raccontare per la storia, Einaudi, Torino 2014]
Il vostro riconoscimento mi rende felice e orgogliosa, e solo un brutto incidente mi impedisce di essere con voi. Vi sono profondamente grata. Da molti anni nel mio lavoro di storica studio e scrivo di lotte nonviolente. Cerco anche di dare un contributo alle iniziative di associazioni come la fondazione Alexander Langer, che fra le altre attivita' svolge un'opera assidua di sostegno a quanti e quante si dedicano a costruire ponti al posto dei muri. E quando i muri resistono, li "saltano" simbolicamente e spesso concretamente, con coraggio, con rischi e costi personali, senza violenza.
Qui voglio proporvi una breve riflessione sulle azioni nonviolente, tenendo conto degli stereotipi che circolano da noi, e non solo da noi.
E' difficile trovare oggi qualcuno che neghi il valore della nonviolenza. Ma e' anche difficile trovare qualcuno che non si affretti a relativizzarla. Si precisa, per esempio, che a livello teorico sarebbe la scelta migliore, ma non nella pratica: perche' e' un'utopia che non puo' durare, non puo' vincere; e dove ha avuto successo (a questo punto l'esempio d'obbligo e' il Sudafrica) non e' riuscita a risolvere le questioni di fondo - come se ogni nuovo corso non si trovasse di fronte al medesimo problema. E' la vecchia pretesa del "tutto e subito", che nei confronti della nonviolenza e' applicata con particolare accanimento.
Eppure esistono ormai varie ricerche sulle resistenze non armate (dette anche civili) e armate, che mostrano come nel Novecento siano state le prime a ottenere piu' esiti positivi; secondo Erica Chenoweth e Maria J. Stephan, fra il 1900 e il 2006 sono state rispettivamente il 59% contro il 27% nelle lotte interne antiregime, il 41% contro il 10% di risultati parziali in quelle contro l'occupazione di un paese o per l'autodeterminazione (per la realizzazione piena i dati si equivalgono). Solo nelle campagne per la secessione di un territorio la scelta nonviolenta conta zero vittorie (e quella violenta l'esile percentuale del 10%), mentre ha il monopolio dell'affermazione nelle lotte contro l'apartheid e per i diritti civili.
Infine, la nonviolenza offre piu' opportunita' per una transizione pacifica: le controversie tra forze politiche non hanno strascichi militari, mentre sono minori le occasioni per desideri di rivalsa e di vendetta. Il libro delle due ricercatrici ha per titolo Perche' la resistenza civile funziona.
Credo che dietro l'accusa di utopismo inefficace giochino ancora oggi alcuni corposi equivoci.
Diversamente da quel che molti credono, la nonviolenza non rinuncia ai conflitti sociali e politici, anzi, li apre, ma prova a affrontarli in modo evoluto, con soluzioni in cui nessuno sia danneggiato, soluzioni "win-win", come insegna la teoria dei giochi. Non si limita a rigettare le armi proprie e improprie, rifiuta l'odio. Non e' dogmatica, prova a limitare quanto piu' possibile la violenza nel mondo; lo stesso principio del non uccidere prevede eccezioni, se uccidere e' l'unico modo di salvare gli indifesi da un pericolo mortale.
E ancora, la nonviolenza non vive negli interstizi lasciati liberi dal potere: all'opposto, lo sfida. Non dipende dalla sua benevolenza, lo costringe semmai a essere più benevolo. C'e' chi pensa che Gandhi potesse agire perche' il governo britannico glielo consentiva; certo la Gran Bretagna non e' il Terzo Reich, ma se approda a una certa tolleranza e' perche' il movimento gandhiano non le lascia scelta fra il massacro e la trattativa. Dunque non e' una pratica per anime belle, richiede pazienza, sagacia, e coraggio davanti alla ferocia altrui - esiste una combattivita' nonviolenta molto temuta da chi e' al potere.
Non e' neppure predicazione per raccogliere proseliti. il concetto ha una carica di immediatezza che nasce dalla semplicita' del suo primo fondamento, realizzare un obiettivo senza spargere sangue. Molte e molti che non si sarebbero definiti nonviolenti lo sono stati di fatto.
Come quelle e quelli che qui nella vostra Toscana fra il '43 e il '44 partecipano a due ampi e straordinari fenomeni. Il primo e' la protezione accordata ai militari italiani sbandati nei giorni successivi all'armistizio dell'8 settembre 1943, quando l'esercito viene lasciato a se stesso e si disfa letteralmente; il secondo e' l'aiuto offerto ai prigionieri alleati evasi in quegli stessi giorni dai campi di concentramento sul nostro territorio nazionale - con i britannici, la maggioranza, ci sono americani, indiani, neozelandesi, sudafricani, francesi, australiani. Le due vicende vedono attivarsi centinaia di migliaia di persone in tutta l'Italia occupata, i salvati sono decine di migliaia. "Fino al giorno della liberazione la maggioranza degli italiani formo' una strana alleanza con i prigionieri" - dira' il 17 maggio 1946 Sir Noel Charles, ambasciatore inglese in Italia.
Ma la nostra storiografia ha ignorato questi eventi per decenni, e cosi' la memoria pubblica; il primo libro sull'aiuto ai prigionieri alleati e' pubblicato nel 1991 a Firenze (ma in inglese) dallo storico scozzese Roger Absalom, reduce dalla guerra negli Appennini.
Perche' non includere i soccorritori nella costruzione di una nuova immagine nazionale, riscattata dai crimini fascisti e fondata sulla capacita' di resistenza della popolazione?
La risposta e' penosamente semplice, e vale per tutta Europa: in sintonia con la cultura dell'epoca, si era scelta come terreno elettivo della rigenerazione la lotta in armi, che oggi giustamente onoriamo come preziosa ribellione al dominio fascista e nazista.
Preziosa, ma non la sola. Certo, i soccorritori disarmati non "vincono la guerra". "Funzionano" su un altro piano: non consentire che i nazisti si impadroniscano di migliaia di giovani per avviarli ai lager o all'esecuzione – e' questo il loro campo d'onore. Alcuni dei soccorritori - donne, uomini, contadini, operai, ceto medio, alcuni aristocratici, religiosi e religiose - pagheranno con la vita, come si erano affrettati a sancire una legge di Salo' e un decreto tedesco. Non avrebbero meritato i piu' alti riconoscimenti?
Oggi la situazione sta cambiando, in parte e' gia' cambiata. Ma il lavoro per dare valore a questi resistenti disarmati sara' lungo, e di molti non arriveremo mai a conoscere il nome. Quello che tutti possiamo fare per loro e' provare a seguirne l'esempio – quegli esempi che Hannah Arendt definisce i cartelli segnaletici della morale - per salvarci dalla tentazione di voltare le spalle alla sofferenza del nostro prossimo, dovunque si trovi e da qualsiasi lontananza provenga.
6. AMICIZIE. ANGELA DOGLIOTTI: IN RICORDO DI UN'AMICA (2019)
[Dal sito del Centro studi "Sereno Regis" di Torino riproponiamo il seguente ricordo]
Ieri e' improvvisamente mancata Anna Bravo. E' una tristissima notizia, che ci sorprende e ci addolora.
I miei ricordi su di lei risalgono al periodo in cui ero matricola all'Universita' (1967/68) e lei era assistente di Storia contemporanea del professor Guido Quazza. Feci il mio primo esame universitario sulla storia della prima guerra mondiale, sui testi di Forcella e Monticone (1968), che avevano documentato l'opposizione dei militari alla guerra attraverso i processi subiti dai soldati, e di Piero Melograni (1969) sulla storia politica della Grande Guerra. Le vicende del '68 torinese ci fecero reincontrare, perche' lei era una degli assistenti che sostenevano la lotta degli studenti.
Negli stessi anni, porto' la solidarieta' dei Proletari in divisa, un'aggregazione nata all'interno di Lotta Continua, cui lei aderiva, ad Achille Croce, Beppe Marasso, Piercarlo Racca e altri nonviolenti in sciopero della fame ai giardini Carlo Felice, per chiedere il riconoscimento giuridico dell'obiezione di coscienza al servizio militare, ottenuto poi con la legge del 1972.
Poi ci perdemmo di vista. Lei divenne docente di Storia sociale all'Universita' di Torino e grande fu la mia sorpresa quando, durante un convegno sulla Resistenza e la deportazione, la sentii citare il concetto di "Resistenza civile", che aveva scoperto nell'ambito degli studi di storia orale di cui si era a lungo occupata.
Ci ritrovammo. Partecipo' ad un corso di aggiornamento per docenti, insieme alla cara amica Anna Maria Bruzzone, che il Centro Studi Sereno Regis aveva organizzato insieme all'Istoreto, sulla Resistenza civile durante la seconda guerra mondiale, al quale intervenne anche il ricercatore francese Jacques Semelin, che aveva scritto un testo fondamentale in questo ambito, Senz'armi di fronte a Hitler, pubblicato in Italia da Sonda nel 1993.
Da allora in poi, Anna ha continuato ad approfondire questo tema, con convinzione crescente, pubblicando splendidi lavori, che hanno contribuito a diffondere questa interpretazione della Resistenza anche a livello accademico. Ricordo solo il libro scritto a quattro mani con Anna Maria Bruzzone, In guerra senza armi. Storia di donne. 1940-1945 (1995) e l'ultimo suo lavoro di ampio respiro su questo tema, La conta dei salvati. Dalla Grande Guerra al Tibet: storie di sangue risparmiato (2013).
Aveva partecipato diverse volte a interventi e convegni organizzati dal Centro Studi Sereno Regis. Per motivi di salute, con molto dispiacere non aveva potuto intervenire, lo scorso anno, al convegno Una controstoria del Novecento per costruire politiche di pace e al corso di aggiornamento per docenti collegato alla Mostra Cento anni di pace, come era stato previsto.
Solo la scorsa settimana, aveva invece risposto positivamente all'invito di dialogare con Giuliano Pontara nel convegno Gandhi after Gandhi organizzato dall'Universita' di Torino, in occasione del centocinquantesimo anniversario della nascita del Mahatma. Anche per questo la notizia della sua morte improvvisa ci ha colpiti in modo particolare.
Grazie, Anna, per il tuo lavoro e la tua vicinanza. Ci mancherai.
Un ricordo affettuoso anche da parte di Beppe.
9 dicembre 2019
7. AMICIZIE. ENRICO PEYRETTI: ANNA BRAVO, STORICA DEL SANGUE RISPARMIATO (2019)
[Dal sito del Centro studi "Sereno Regis" di Torino riproponiamo il seguente ricordo]
Nel rimpiangere di vivo cuore Anna Bravo, morta improvvisamente l'8 dicembre, trovo una delle sue parole che riassume bene la sua passione e la sua intelligente ricerca storica delle azioni di vita invece che di morte organizzata dalla guerra: "E' un'idea malsana che quando c'e' guerra c'e' storia, quando c'e' pace no. Il sangue risparmiato fa storia come il sangue versato" (pp. 14 e 17 di "La conta dei salvati").
Anna e' la benemerita storica torinese che ha scritto sulla Resistenza, sulle donne, sul Sessantotto valorizzando l'altra faccia della storia, quella piu' umana, piu' promettente. Chi non ha letto e amato i suoi libri, li cerchi, e trovera' lo sguardo "diverso" che occorre sempre per aprire vie nuove rispetto alla passiva registrazione dei fatti che si impongono con clamore o violenza.
Cinque giorni prima di morire, come nessuno avrebbe immaginato, al convegno internazionale "Gandhi after Gandhi", nel Cle, era stanca ma sempre gioiosa di lavorare con gli amici. Per fortuna, ho preso qualche scarno appunto dal suo intervento. Li riporto qui come mi e' possibile.
Gandhi appartiene alla biopolitica, alla politica per la vita. L'ingiustizia genera nelle vittime avvilimento, senso di inferiorita'. Gandhi ha trasmesso fierezza umana, per esempio vestendo come il piu' povero del suo popolo, e questo anche davanti all'impero. Sul piano simbolico questa e' un'azione di vera forza.
Ogni imperialismo induce ad opporsi con gli stessi suoi metodi, violenti. Nell'inventare forti modi alternativi, sempre con aderenza precisa ai casi concreti, Gandhi ha saputo comunicare perfettamente con la gente semplice, con l'educazione e non la demagogia: questa e' capacita' rara nelle guide politiche.
Nelle lotte nonviolente che ha guidato – p. es. in difesa dei contadini, dei coltivatori di indaco, danneggiati dalla produzione inglese – ha saputo agire con la capacita' di attendere il tempo giusto, preparando con cura l'azione, senza esporre il popolo a gravi pericoli, senza umiliare la controparte, e non volendo stravincere.
La cultura torinese e il piu' ampio movimento per la pace giusta e nonviolenta, per la cittadinanza inclusiva e paritaria, per la memoria della storia piu' umana, deve tanta gratitudine ad Anna Bravo.
8. AMICIZIE. PIERANGELO MONTI: PICCOLO GRATO RICORDO DI ANNA BRAVO (2019)
[Dal sito del Centro studi "Sereno Regis" di Torino riproponiamo il seguente ricordo]
Oggi a Torino e' stato celebrato il funerale di Anna Bravo, morta improvvisamente l'8 dicembre.
E' stata docente di storia sociale all'Universita' di Torino; membro del Comitato scientifico della Fondazione Alex Langer e dell'Istituto per la storia della Resistenza "Giorgio Agosti"; con i suoi studi, conferenze e libri ha insegnato a comprendere la storia con empatia e a farne tesoro, per aiutare la societa' a vivere nella pace.
Come hanno scritto Angela Dogliotti e Enrico Peyretti, Anna "ha scritto sulla Resistenza, sulle donne, sul Sessantotto valorizzando l'altra faccia della storia, quella piu' umana, piu' promettente". "Il movimento per la pace giusta e nonviolenta, per la cittadinanza inclusiva e paritaria, per la memoria della storia piu' umana, deve tanta gratitudine ad Anna Bravo". "Nei suoi libri troviamo lo sguardo 'diverso' che occorre sempre, per aprire vie nuove rispetto alla passiva registrazione dei fatti che si impongono con clamore o violenza".
Una settimana fa ho ascoltato con piacere il suo intervento al convegno internazionale "Gandhi after Gandhi", al Campus universitario di Torino, nel quale, insieme a Giuliano Pontara, ha presentato la nonviolenza gandhiana e la giustizia sociale. Con pacatezza, suscitando in me sentimenti di tenerezza, ha presentato un'immagine di Gandhi, forte e tenera, portatore di un messaggio chiaro con lo stile della sua vita oltre che con le sue parole: mite, cioe' nonviolento, nel pensiero, nel linguaggio e nell'azione. Come appassionata alla causa dei diritti delle donne, ha anche riconosciuto la contraddittorieta' di Gandhi nella questione femminile: non si e' opposto alla divisione dei ruoli di genere che metteva le donne su livelli inferiori, ma ha associato le donne nelle sue campagne e ha tessuto come loro il khadi (tipico tessuto indiano). Poi con cognizione di causa, avendo scritto "In guerra senza armi" e "La conta dei salvati", Anna ha ripetuto che le lotte nonviolente, nel Novecento, sono state piu' efficaci e hanno ottenuto risultati duraturi, piu' di quelle violente.
E' stato per me il primo, e purtroppo anche l'ultimo, incontro personale con lei. Tengo cara la foto di lunedi' scorso, 2 dicembre, che la ritrae al termine della conferenza, sorridente, vicina ai suoi amici Giuliano Pontara, Beppe Marasso e Enrico Peyretti, con i quali ha condiviso convegni e manifestazioni per la pace, la nonviolenza, i diritti umani.
Pierangelo Monti, presidente del Mir
10 dicembre 2019
9. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
*
Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
*
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.
10. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE
Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it
11. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
12. TESTI. ALDO CAPITINI: IL MANUALE DI CHARLES C. WALKER SULL'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA
[Riproponiamo ancora una volta il testo del capitolo dodicesimo, "Il Manuale di Charles C. Walker (1961)", del libro di Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Libreria Feltrinelli, 1967 (poi ristampato da Linea d'ombra, Milano 1989; e successivamente ripreso anche in Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992). L'opuscolo di Walker, Manuale per l'azione diretta nonviolenta, arricchito da ulteriori materiali, e' stato successivamente pubblicato dalle Edizioni del Movimento Nonviolento nei "Quaderni di azione nonviolenta", cui puo' essere richiesto; e' un materiale di lavoro utilissimo (per richieste: tel. 0458009803, e-mail: azionenonviolenta at sis.it); il solo testo dell'opuscolo di Walker abbiamo anche piu' volte riprodotto sul nostro foglio]
Nel 1961 e' uscito il Manuale dell'organizzatore dell'azione diretta nonviolenta, redatto da Charles C. Walker, direttore del Laboratorio della nonviolenza (Cheney, Pa, USA). Jean Fremont lo ha tradotto in francese. L'opuscolo e' edito dalla War Resisters' International, 88 Park Avenue, Enfield, Middlesex, Inghilterra. E' un ampio e organico lavoro, e il confronto con il Piano De Ligt mostra quanto l'esperienza dell'azione nonviolenta si sia accresciuta negli anni, specialmente per le grandi campagne gandhiane e per quelle degli Stati Uniti d'America e di altrove. Del resto, il manuale integra spesso i suoi suggerimenti con indicazioni bibliografiche. Metteremo in luce la struttura del lavoro, e i punti piu' rilevanti e utilizzabili.
Il Manuale e' diviso in quindici sezioni.
*
1. Preparazione
Bisogna scegliere e presentare chiaramente gli scopi da raggiungere, dando rilievo ad una situazione ingiusta e cercando di ottenere l'appoggio del pubblico. La volonta' di resistenza viene sviluppata diffondendo continuamente notizie, commentandole e facendo appello all'azione immediata, indicando alle vittime anche una situazione migliore. Inoltre: assicurarsi il nome e l'indirizzo di persone che possono cooperare, e consultare gruppi e associazioni che possono simpatizzare.
Gia' in questa prima sezione si trovano i suggerimenti sempre dati per le azioni nonviolente: cercare le piu' larghe solidarieta', diffondere apertamente notizie sulla situazione e sulle prospettive di mutamento. Se ne deduce: prima di un'azione impiantare un bollettino apposito da diffondere largamente.
*
2. Lancio di un programma costruttivo
Il programma deve colpire un male alla radice, venire in aiuto alle vittime, stimolare gli atteggiamenti nonviolenti. Reagire, quindi, attivamente all'apatia, con pieno altruismo e ispirando fiducia. L'azione puo' essere preparata da un lavoro costruttivo come campi di lavoro, cooperative, assistenza alle vittime di ingiustizie, lavoro caritatevole, lavoro in comunita'. Utile anche un lavoro fisico dopo un'estrema tensione nervosa.
*
3. Apprendimento del metodo
Anzitutto una ricerca sui fatti, sulle forze sociali, politiche, economiche, implicate nella situazione (come abbiamo gia' visto), sull'atteggiamento dei vari gruppi.
Impostare la possibilita' di negoziati (uno stadio molto importante prima di ogni azione nonviolenta).
Appello vastissimo all'opinione pubblica, con tutti i mezzi possibili.
Giorni di digiuno e (oppure) di preghiera, rinuncia a distinzioni onorifiche date dagli autori dell'ingiustizia; dirsi disposti ad una concessione importante, purche' non leda il principio.
Presentare un "ultimatum" che espone le lagnanze, i tentativi fatti per rimediare, le concessioni proposte, e fissare una data limite. Informare tutti gli implicati nella cosa.
Infine, dopo aver tutto tentato, intraprendere l'azione diretta, senza rompere definitivamente la possibilita' di riprendere i negoziati.
L'azione diretta ha questi aspetti:
- Veglia in un luogo simbolico;
- Picchetti di militanti;
- Digiuno o sciopero della fame;
- Noncooperazione;
- Boicottaggio;
- Arresto del lavoro per un certo periodo;
- Sciopero;
- Sciopero a rovescio (lavorando dove e quando non permesso);
- Intervento p. es. in un luogo proibito;
- Disobbedienza civile;
- Migrazione;
- Manifestazioni: riunioni, sfilate, proteste.
*
4. L'addestramento
Studiare la teoria e la messa in pratica della nonviolenza, le campagne nonviolente; organizzare un laboratorio della nonviolenza, proiettare film, fare riunioni e discussioni pubbliche e anche "scene drammatiche" di realizzazione di iniziative nonviolente; meditare, cantare in coro, raccontare fatti eroici, prendere pasti in comune, formare bene gli individui per i compiti che saranno a loro affidati; distinguere tra l'addestramento generale e quello per determinate azioni.
*
5. Il piano di campagna dell'azione diretta nonviolenta
L'organizzazione realizzatrice deve avere delle infrastrutture con un comitato d'insieme e un comitato amministrativo, un direttore del progetto e comitati speciali (per la pubblicita', per i mezzi di trasporto, per stampare, per l'alloggio, il cibo ecc.), e deve fare un bilancio preliminare.
Mettere a punto il piano di esecuzione (utilizzando anche un consiglio giuridico).
*
6. La preparazione dell'azione
Scegliere un quartiere generale delle operazioni, esponendo materiale pubblicitario, inaugurandolo con una conferenza stampa. Lettere e visite ai funzionari interessati; avvisi ai giornali. Raccogliere fondi. Fare riunioni pubbliche. Tener pronto materiale indispensabile: macchina da scrivere, anche per fare molte copie, letti e sacchi per dormire, materiale per affissioni, automobili ecc. (e vedere quali servizi di trasporto sono nella zona). Stabilire un indirizzo postale. Sviluppare i mezzi di comunicazione: telefono, altoparlanti, bollettini giornalieri. Preparare istruzioni appropriate per i capi di gruppi, fare l'elenco dei partecipanti, preparare manifesti e volantini (da apprestare molto per tempo).
*
7. Studio preliminare della situazione dal punto di vista legale
Conoscere le disposizioni legali del luogo e cercar di avere assistenza legale.
*
8. Messa a punto di una disciplina collettiva
Il comitato d'azione deve concretare i termini di questa disciplina.
*
9. Sviluppo di una campagna di propaganda
Esporre con grande chiarezza. Fare un "memorandum" generale, e brevi biografie dei capi e dei partecipanti importanti, frequenti comunicati alla stampa e alla radio, registrare sul nastro magnetico importanti discorsi, visitare (o scrivere a) persone influenti della stampa, raccogliere ritagli di giornali.
*
10. La riunione dei partecipanti all'azione
Farne l'elenco; tenere una riunione degli aderenti, esponendo il piano dell'azione e discutendolo; scegliere un presidente adatto per le riunioni (alcune questioni possono esser trattate non dalle riunioni generali, ma dai comitati).
*
11. L'avvio dell'azione
Scegliere il gruppo che comincera' l'azione; e formare anche il secondo gruppo d'urto. Recarsi sul luogo (sfilare o star seduti, sempre a testa alta e tranquillamente). Esser pronti a rispondere ai giornalisti, alle guardie. Seguire le istruzioni dei capi e non lasciare il proprio posto senza averli avvisati. Distribuire i fogli (non disturbare mai il passaggio dei pedoni), e se piove, tenere i fogli in un sacco di materia plastica. Conservare, in quanto possibile, un silenzio assoluto.
*
12. Fronteggiare le rappresaglie
L'avversario puo' provocare a condursi in modo agitato, a farsi prendere dal disordine, a lanciare insulti, a fare recriminazioni di un capo verso l'altro, a far sorgere defezioni nelle file dei nonviolenti, a reagire con la violenza. Percio' bisogna restare calmi e affabili, stare al proprio posto disciplinati. Se ci sono urti, il capo fa allontanare i feriti.
In caso di arresto, non opporre resistenza, e accettare i regolamenti della prigione in cio' che non siano contro la propria coscienza.
Le rappresaglie possono essere molto gravi (colpi, tortura, presa di ostaggi, linciaggio, cacciata dal posto, proibizioni di assemblee ecc.), e in tale caso insistere presso i responsabili della societa' perche' agiscano e reprimano la violenza, chiedere un'inchiesta, aiutare le vittime (le sofferenze redentrici possono liberare dal veleno della violenza accumulatosi da tanto tempo).
*
13. Mantenere la vitalita' del movimento
Valersi di nuovi simboli (azioni eroiche, gli eroi di esse, le vittime delle rappresaglie, gl'imprigionati, anniversari, saluti, vesti, insegne, ecc.).
Sforzi costanti di persuasione anche presso gli avversari, tenere al corrente gli aderenti.
Incoraggiare e organizzare azioni di sostegno (dichiarazioni di personalita' eminenti, di gruppi di simpatizzanti ecc.).
Trattare i dissidenti in modo paziente e leale; educare e allenare gli aderenti, formare nuovi capi, incoraggiare il lavoro teorico e pratico; far agire il maggior numero di volontari che sia possibile.
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14. I capi
Sono dei primi tra eguali, sono dei coordinatori, abituati a lavorare in gruppo.
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15. Quando la lotta si fa lunga
Secondo Gandhi una campagna nonviolenta provoca cinque reazioni: l'indifferenza, il ridicolo, l'insulto, la repressione, il rispetto. Per arrivare al quinto punto talvolta ci vuole molto tempo.
Non si deve tendere alla "sconfitta" dell'avversario, ma ad una trasformazione dei rapporti tra le parti interessate (una vittoria della giustizia e dell'onesta' umana).
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 109 del 19 aprile 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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