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[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 108
- Subject: [Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 108
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Tue, 18 Apr 2023 05:56:06 +0200
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 108 del 18 aprile 2023
In questo numero:
1. Se neppure questo orrore
2. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
3. Giobbe Santabarbara: Breve una lettera alle persone amiche - e ad altre ancora - per chiedere loro una cosa
4. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
5. Cristina Giudici: Gohar Eshghi, la decana della rivolta in Iran
6. Cristina Giudici: Narges Mohammadi
7. "Gariwo": Nasrin Sotoudeh
8. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
9. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
10. Alcuni riferimenti utili
11. Tre tesi
12. Ripetiamo ancora una volta...
1. L'ORA. SE NEPPURE QUESTO ORRORE
Se neppure questo orrore persuade l'umanita' a cessare la guerra fratricida
se neppure questo orrore persuade l'umanita' ad abolire gli eserciti e le armi
se neppure questo orrore persuade l'umanita' a ripudiare la violenza e scegliere la nonviolenza
quale speranza di vita ci resta?
2. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?
Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
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Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
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E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
3. REPETITA IUVANT. GIOBBE SANTABARBARA: BREVE UNA LETTERA ALLE PERSONE AMICHE - E AD ALTRE ANCORA - PER CHIEDERE LORO UNA COSA
Dico subito la cosa che vorrei chiedere a tutte e tutti voi: un nuovo o rinnovato impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
Sono un vecchio militante che ricorda vividamente - ero allora assai giovane - l'occupazione di Alcatraz sul finire degli anni Sessanta, il "Sentiero dei trattati infranti" culminato nell'occupazione del Bureau of Indian Affairs nel 1972, e soprattutto l'occupazione e l'assedio di Wounded Knee del 1973. E' da allora che anch'io sento il dovere di sostenere la lotta delle popolazioni native nordamericane contro il genocidio, l'etnocidio e l'ecocidio di cui sono vittima (e con loro l'umanita' intera e l'intero mondo vivente) da parte del potere razzista, stragista, rapinatore e devastatore bianco. Lungo oltre mezzo secolo non ho saputo fare granche', se non impegnarmi qui in Italia in iniziative che credo siano state almeno coerenti con quella lotta, nella convinzione che tutto si tiene, che tutto e' collegato, o per dirla con una luminosa espressione Lakota: "Mitakuye Oyasin".
Sono stato un lettore di "Akwesasne Notes", la bella, indimenticabile rivista che negli anni '70-'90 fu primario strumento d'informazione su quelle lotte, su quelle esperienze di pensiero e azione. E credo sia stato attraverso "Akwesasne Notes" che conobbi la vicenda di Leonard Peltier. Successivamente, come molte altre persone, lessi il libro di Edda Scozza, quello di Peter Matthiessen e la sua autobiografia.
Da un paio d'anni il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo si sta particolarmente impegnando nella mobilitazione nonviolenta internazionale per la liberazione di Leonard Peltier, ed io con esso.
Leonard Peltier e' detenuto innocente ormai da 47 anni, e la sua salute e' gravemente deteriorata. Dal carcere ha continuato a lottare con gli strumenti della testimonianza e della parola, della poesia e dell'arte, per i diritti dei popoli oppressi, per i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la Madre Terra.
Come e' noto la sua liberazione e' stata chiesta nel corso degli anni da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, come papa Francesco e il Dalai Lama, da istituzioni come il Parlamento Europeo, da associazioni umanitarie come Amnesty International, da milioni (si', milioni) di persone di tutto il mondo.
E come e' altrettanto noto la sua liberazione dipende unicamente dalla concessione della grazia presidenziale da parte del Presidente degli Stati Uniti d'America, a cui quotidianamente pervengono richieste a tal fine (tra le piu' recenti: quella della Commissione giuridica ad hoc dell'Onu; quella unanime del Comitato nazionale del Partito Democratico degli Stati Uniti - il partito cui lo stesso Presidente Biden appartiene).
Dalla provincia italiana non si puo' fare molto, ma quel poco che si puo' fare va fatto.
Cosa chiedo dunque in concreto alle persone amiche - ed alle altre ancora - cui indirizzo questa lettera? Tre cose.
La prima, far conoscere la vicenda di Leonard Peltier e diffondere l'appello per la sua liberazione.
La seconda, scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedergli di concedere la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
La terza, scrivere a Leonard Peltier e al comitato internazionale che lo sostiene, l'International Leonard Peltier Defense Committee, per esprimere loro il proprio sostegno.
Tutto qui.
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Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America: nel sito della Casa Bianca aprire la pagina attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Per scrivere a Leonard Peltier l'indirizzo e': Leonard Peltier, #89637-132, USP Coleman I, P.O. Box 1033, Coleman, FL 33521; trattandosi di un carcere di massima sicurezza possono essere inviate solo lettere postali, e nessun oggetto.
Per scrivere all'International Leonard Peltier Defense Committee: e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
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Grazie per l'attenzione, e un cordiale saluto da
Giobbe Santabarbara
4. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]
3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
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ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/
5. TESTIMONI. CRISTINA GIUDICI: GOHAR ESHGHI, LA DECANA DELLA RIVOLTA IN IRAN
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]
"Mi tolgo lo hijab perche' state uccidendo in nome della religione"
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La si potrebbe definire una madre coraggio o anche la decana della rivolta in Iran. Nell'ottobre del 2022, Gohar Eshghi, a 76 anni e' diventata popolare per il video in cui appare seduta su un tappeto, fra le gambe il ritratto del figlio Sattar Beheshti ammazzato in carcere nel 2012, mentre si sfila il velo che ha indossato per tutta la vita e dice: "Per i nostri giovani, dopo quasi 80 anni di vita, mi tolgo lo hijab perche' state uccidendo in nome della religione". E mostrando la chioma grigia, ha lanciato un appello per invitare tutti a scendere nelle strade. "Se non lo fate, siete codardi", ha intimato con tono perentorio nel video, diventato virale. Il volto segnato dal tempo, indurito dalla vita che l'ha portata a diventare attivista suo malgrado, Gohar Eshghi oggi e' un simbolo per la protesta guidata dalla generazione Zeta iraniana. E anche una figura tragica che incarna la sfida diventata ineluttabile.
In un altro video di molti anni prima, la si vede accanto a una famosa attivista, Narges Mohammadi, durante la commemorazione della morte di suo figlio, ucciso a 35 anni dalle torture della polizia nella prigione di Evin. Vestita di nero, ha lo sguardo fisso e sembra compressa nella sua rabbia sorda. Labbra serrate, non dice una parola mentre tutti gridano slogan di protesta, come se la sua presenza silenziosa potesse essere piu' potente di ogni parola. Deve averci pensato molto, prima di togliersi il velo, lei che e' nata quando a governare c'era Mohammad Reza Pahlavi, l'ultimo scia' di Persia, e ha visto nascere la Repubblica islamica. Gohar Eshghi e' un'anziana donna del popolo che ha vissuto buona parte della sua vita fra le pareti di una casa a crescere i suoi quattro figli finche' si e' separata dal marito e ha fatto lavori umili per mantenersi. Facendo le pulizie in un obitorio che forse e' stato un presagio.
Una vita vissuta in bianco e nero finche' il figlio maggiore, Sattar Beheshti, blogger, e' stato torturato e ucciso per aver criticato il regime. Prima di essere portato ad Evin, sul suo blog "My life for Iran", aveva scritto un post rivolto alla guida suprema, Ali Khamenei. "Il sistema giudiziario della Repubblica Islamica e' un mattatoio. Le persone vengono arrestate e sottoposte a una serie di torture finche' non confessano crimini che non hanno commesso. Le sigarette bruciano nella carne marchiata dal ferro da stiro, le loro teste vengono infilate in bagni pieni di escrementi finche' confessano un peccato che non hanno mai commesso".
Diventata membro del gruppo di madri che chiedono giustizia per i figli uccisi e scomparsi durante tutte le proteste contro il regime, Gohar Eshghi ha sottoscritto un appello per chiedere le dimissioni della guida suprema, Ali Khamenei, e l'abolizione della Repubblica Islamica. Il suo gesto di supporto alla rivolta scoppiata nel settembre del 2022 ha avuto un eco internazionale. Dal 2009 nelle piazze di Teheran si sono sempre viste giovani donne a protestare, spesso in conflitto con le loro famiglie. Ora, pero', il contesto e' cambiato e anche le donne piu' rispettose della religione hanno capito che "un pezzo di stoffa" - cosi' le donne ribelli definiscono lo hijab - e' diventato il vessillo dell'oppressione, della brutalita' e della violenza contro il popolo iraniano. Inserita nella lista delle 100 donne piu' influenti del 2022 scelte dalla BBC, il 12 gennaio del 2023 ha preso il premio Valore e Coraggio, conferitole dalla Fondazione Italia Sostenibile al Campidoglio di Roma. Dall'Iran, Gohar Eshghi ha mandato un videoappello: "Vi parlo di un regime che arresta, tortura, uccide i figli di questo paese e lo fa in nome del Corano. Non e' giusto! Sono passati 11 anni da quando hanno ucciso il mio Sattar, e il dolore e' ancora forte. Non posso sopportare di vedere altre madri che soffrono la perdita di un figlio. Ho deciso di sfidare questo regime e ci hanno fatto tanto male, hanno fatto irruzione a casa mia e hanno portato via tutta la mia famiglia per un interrogatorio, non si sono fermati neppure davanti a bambini di nemmeno dieci anni. Volevo una fondazione a nome di mio figlio ma per quattro anni non mi hanno mai dato l'autorizzazione. Alla fine mi sono rivolta ad uno dei miei figli sparsi nel mondo e lui e' riuscito a crearla negli Stati Uniti, ma mi e' stato intimato di prendere le distanze dalla fondazione".
Il 9 dicembre 2021, poco prima di mezzogiorno, Eshghi era in viaggio verso il cimitero per visitare la tomba del figlio quando due motociclisti l'hanno aggredita, buttandola a terra. Come se a 76 anni, un figlio ucciso dalle torture per un post sul suo blog, ci possa essere ancora qualcuno che possa intimorirla. Come se abbia ancora qualcosa da perdere. Con il gesto di togliersi il velo che l'aveva coperta per quasi tutta la sua vita, Gohar Eshghi ha siglato un patto generazionale. Entrata nella storia della lotta per i diritti delle donne da una porta secondaria, dopo la morte del figlio maggiore, Gohar Eshghi e' diventata la decana della rivoluzione iraniana.
6. TESTIMONI. CRISTINA GIUDICI: NARGES MOHAMMADI
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]
Narges Mohammadi (1972) attivista iraniana, ha dedicato la vita alla battaglia per i diritti umani nel Paese.
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Narges Mohammadi - nata a Zanjan il 21 aprile 1972 - conosce solo un modo di vivere: lottando contro la teocrazia islamica dell'Iran per difendere i suoi e altrui diritti. E lo fa senza cautele. Come un funambolo che cammina su un filo teso senza una rete che ammortizzi l'impatto dopo la caduta. Una settimana prima di compiere 50 anni, ha "festeggiato" con un video-appello rivolto a tutti gli attivisti e difensori dei diritti umani. Registrato il 12 aprile del 2022, quando ha dovuto tornare di nuovo in carcere per scontare l'ennesima condanna di 8 anni di detenzione per presunti crimini contro la sicurezza nazionale dell'Iran. Sebbene la prigionia, l'isolamento, le torture, la malattia abbiano segnato la sua esistenza, nel video appare forte. Inspiegabilmente non ancora piegata dalla brutalita' del regime iraniano. Con una chioma indomita di capelli scuri e ricci, un'espressione grave ma apparentemente serena, nel video registrato il 12 aprile e mandato online il 21 aprile - il giorno del suo compleanno - dall'organizzazione umanitaria Front Line Defenders, afferma: "Cari difensori dei diritti umani, sono molto felice di condividere questo videomessaggio con voi oggi, in occasione del mio cinquantesimo compleanno. Oggi, alle 17, mi dirigero' verso il carcere, come tante altre volte, ma sono piena di speranza e libera da qualsiasi preoccupazione o frustrazione".
Narges Mohammadi e' stata arrestata 12 volte, condannata complessivamente a 30 anni di carcere, oltre alle tante frustate. Attivista sin dai tempi in cui studiava all'universita' e aveva fondato il gruppo degli "Studenti illuminati", ricorda la sua ultima campagna, fatta dopo la liberazione per gravi condizioni di salute, contro la tortura bianca: "Prima del mio arresto nel novembre dello scorso anno, insieme ad altri 85 attivisti, abbiamo avviato una campagna chiamata White Torture contro l'uso dell'isolamento nelle carceri iraniane. Crediamo che questa pratica debba essere fermata perche' rappresenta una grave violazione dei diritti umani. Quattro mesi fa sono stata tenuta per piu' di due mesi in isolamento nel reparto 209 della prigione di Evin".
Nel 2009, Narges Mohammadi e' diventata vicepresidente del DHRC, Defenders of Human Rights Center (fondato dal premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi) che finche' ha potuto ha difeso i prigionieri politici e di coscienza nei procedimenti giudiziari. Narges Mohammadi entra ed esce dalle prigioni dagli anni '90 ed e' sempre stata in prima fila nella battaglia nelle piazze contro la legge che obbliga le donne a indossare lo hijab. Una battaglia, quella contro l'obbligo di indossare il velo, che ha scatenato anche l'ultima, clamorosa, ondata di proteste scoppiate dopo l'omicidio di Masha Amini, il 16 settembre del 2022. Guidata da una generazione disposta ad andare fino in fondo per porre fine alla dittatura della Repubblica Islamica. E uno slogan potente che viene scandito in tutte le piazze del mondo occidentale: Zan, Zendegi, Azadi - Donna, Vita, Liberta'".
A guardare il video registrato pochi giorni prima di tornare dietro le sbarre, il 12 aprile del 2022, si fa fatica a sovrapporre l'immagine della sua espressione vitale con quella del suo corpo quasi immobile nel letto, due anni prima, quando e' stata picchiata selvaggiamente dal direttore del carcere di Evin per una protesta organizzata contro la repressione delle manifestazioni del 2019. Una forza esasperata, la sua, che l'ha portata nel 2020, appena liberata, a fare due libri e un documentario sulla tortura bianca in cui ha raccontato la sofferenza vissuta nell'isolamento. Nel suo racconto sulla tortura bianca, basato su diverse interviste a attivisti e dissidenti, ha scritto: "L'isolamento significa essere rinchiusi in uno spazio molto piccolo. Quattro mura e una porticina di ferro tutti dello stesso colore, spesso bianco. Non c'e' luce naturale all'interno della cella. Non c'e' aria fresca. Non si sente alcun suono e non puoi parlare o avere relazioni con altri esseri umani. Non hai niente tranne tre coperte sottili e logore, una camicia e dei pantaloni. Gli interrogatori sono condotti con minacce, intimidazioni e pressioni. I detenuti sono sottoposti a false accuse e a pressioni psicologiche per costringerli a false confessioni. Non ci sono contatti con familiari, amici o avvocati. La solitudine e l'impotenza influenzano la mente umana giorno dopo giorno".
Narges Mohammadi ha dedicato la sua vita a combattere la teocrazia iraniana e le sue leggi che hanno imposto il velo come vessillo dell'oppressione. Ha cominciato a entrare ed uscire dal carcere dagli anni Novanta, quando aveva sostenuto la campagna elettorale del riformista Mohammad Khatami, eletto presidente nel 1997 e nel 2001 grazie al voto delle donne e dei giovani che allora si illusero di poter ottenere delle riforme e piu' diritti per le donne. Arrestata di nuovo nel 2010 insieme ad altri attivisti del Centro Defensor of human rights fondato dall'avvocato e premio Nobel Shirin Ebadi, nel 2011 viene condannata a 11 anni di carcere per aver cospirato contro la sicurezza nazionale. Nel 2012, dopo una paralisi muscolare, viene rilasciata per problemi di salute. Sposata con il giornalista Taghi Rahmani - un politico dissidente che e' stato incarcerato per 14 anni prima di essere costretto ad andare in esilio in Francia dove vive con i loro figli gemelli - si e' opposta per anni alle condanne a morte che non sono mai state fermate, neanche contro i minorenni, e ha denunciato gli ufficiali giudiziari che hanno autorizzato gli isolamenti, la tortura bianca, arrestato i manifestanti della precedente ondata di proteste, nel 2019. Mohammadi e' stata imprigionata nella prigione di Evin nel maggio 2015, dove e' stata detenuta fino a dicembre 2019, quando e' stata trasferita nella prigione di Zanjan, a circa 300 km da Teheran, dopo aver organizzato proteste contro le condizioni carcerarie e l'uccisione di centinaia di manifestanti nel novembre 2019. In seguito al suo ultimo rilascio, nell'ottobre del 2020, Narges Mohammadi ha ricevuto minacce di morte dalle forze di sicurezza ed e' stata arrestata piu' volte, anche per un giorno solo. Narges Mohammadi ha denunciato gli agenti dell'Intelligence che l'hanno sottoposta a torture e altri maltrattamenti, strappandole brutalmente i capelli, tabu' e ossessione misogina della Repubblica Islamica dell'Iran.
Difficile comprendere la sua forza quasi esasperata. Persino suo marito, durante una conversazione avvenuta l'11 marzo 2022 al Geneva International Film Festival and Forum on Human Rights sul documentario di Narges Mohammadi sulla tortura bianca, ha confidato: "Ogni tanto ho provato a dirle di calmarsi, ma e' dalle sue carcerazioni che lei trova la linfa vitale per andare avanti". Nonostante la sua malattia neurologica, gli spasmi muscolari, ogni volta che viene rimessa in liberta', ricomincia di nuovo a lottare per i diritti umani. In carcere conosce anche tanti detenuti comuni e prende sulle sue spalle il fardello di tutti quelli che ha incontrato per difendere i loro diritti contro la piovra giudiziaria della Repubblica Islamica. E ogni volta che sfida il regime, viene punita. "L'hanno accusata anche per aver partecipato a una protesta per le donne afghane" ha ricordato il marito, spiegando dove forse e' nata la sua motivazione per diventare una delle dissidenti iraniane piu' temute dal regime: "Diversi familiari di Narges sono stati imprigionati o condannati a morte dopo l'insediamento della Repubblica Islamica". Anche se e' difficile capire dove nasca una forza cosi' travolgente.
Narges Mohammadi, che e' stata rilasciata dopo una reclusione di cinque anni nell'ottobre 2020, soffre di un disturbo neurologico che puo' provocare convulsioni, paralisi parziale temporanea e un'embolia polmonare. Il suo libro sulla tortura bianca, scritto nella breve liberta' ottenuta dopo un'operazione al cuore, inizia cosi': "Scrivo questa prefazione nelle ultime ore del mio permesso. Molto presto saro' costretta a tornare in prigione. Questa volta sono stata dichiarata colpevole a causa del libro che hai tra le mani: la tortura bianca". Nell'ottobre del 2022 e' stata condannata a 15 mesi di reclusione con l'accusa di "propaganda contro il sistema" per aver espresso il suo sostegno al diritto del popolo a manifestare. Detenuta con altre 300 donne nel carcere di Evin, scrive in continuazione lettere e appelli per gli arresti fatti dopo la rivolta scoppiata a seguito dell'omicidio di Masha Amini. Ed e' riuscita a mandare una lettera al Nouvel Observateur attraverso il marito Taghi Rahmani per far sapere al mondo come la galera di Evin fosse diventata un campo di battaglia, la notte del 15 ottobre.
A meta' dicembre del 2022, sul suo profilo Instagram e' apparso un post. "Il popolo iraniano ha pagato un prezzo altissimo per combattere la tirannia e il regime religioso. Stiamo assistendo a uno sforzo eroico per ottenere la democrazia e il rispetto dei diritti umani. E ora che le donne stanno sacrificando la propria vita per poter scegliere cosa indossare, e' difficile parlare di liberta' di espressione. Dopo anni di reclusione, io sono di nuovo in carcere, privata anche della possibilita' di ascoltare la voce dei miei figli, ma ho il cuore pieno di passione e di speranza. Cerchiamo la vittoria e la sconfitta una volta per sempre della tirannia". Sul suo profilo Instagram compaiono spesso messaggi su quanto accade nel carcere femminile di Evin, appelli per i condannati a morte o storie di donne arrestate e detenute senza un giusto processo. Una sorta di radio carcere che serve a misurare la temperatura della ribellione e della repressione del regime iraniano.
7. TESTIMONI. "GARIWO": NASRIN SOTOUDEH
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]
Nasrin Sotoudeh (1963) giurista iraniana e attivista per i diritti umani, perseguitata per la sua lotta per la liberta' nel Paese.
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Nasrin Sotoudeh, giurista iraniana e attivista per i diritti umani - compagna d'intenti della nobel per la pace Shirin Ebadi -, nasce a Teheran il 29 maggio 1963. Nasrin dedica la vita allo Stato di diritto, ai diritti dei prigionieri politici, alla difesa degli attivisti dell'opposizione, delle donne e dei bambini di fronte al regime iraniano. Laureata in diritto internazionale, nel 1995 supera l'esame di abilitazione alla professione di avvocato ma per 8 anni viene privata della sua licenza dal Ministero delle informazioni e della sicurezza nazionale iraniano.
Fino al 2003 lavora come giornalista per i giornali riformisti in Iran, poi comincia a esercitare la professione di avvocato. Il suo lavoro, insieme a quello di altri colleghi, si concentra sulla battaglia per i diritti negati dall'oppressiva Repubblica islamica. Nasrin si batte affinche' la Repubblica garantisca procedure legali adeguate a tutti i cittadini, compresi i prigionieri di coscienza, e rispetti i suoi impegni internazionali in materia di diritti umani e uguaglianza, con particolare attenzione alla condizione femminile nel Paese. In Iran, il semplice atto di solidarieta' con coloro che si oppongono al regime puo' portare a ritorsioni brutali. Cio' rende ancora piu' coraggioso il lavoro di Nasrin nella scelta di difendere attivisti politici e dissidenti. Dopo la repressione delle proteste scoppiate a seguito delle elezioni presidenziali del 2009 in Iran considerate "truccate", il cosiddetto movimento verde, Nasrin riconferma il suo coraggio difendendo molti degli attivisti arrestati durante le manifestazioni.
Sotoudeh difende inoltre alcuni minori condannati a morte per presunto omicidio prima di raggiungere l'eta' di 18 anni; organizza attivita' extragiudiziali per salvare gli adolescenti dal braccio della morte, molte delle quali con successo. Nel corso degli anni, Sotoudeh difende molte attiviste per i diritti delle donne come Mansoureh Shojaee, Parvin Ardalan e Mahboubeh Abbasgholizadeh; i giornalisti Morteza Kazemian, Issa Saharkhiz e Omid Memarian; la studentessa attivista Zia Nabavi e l'artista Parastou Forouhar.
A causa del suo incessante impegno per la giustizia, in qualita' di difensore dei diritti umani e delle liberta', Sotoudeh e' continuamente presa di mira e perseguitata dalle autorita'. Viene arrestata per la prima volta nel settembre 2010 con l'accusa di "diffusione di propaganda contro lo Stato". Il 10 gennaio 2011 viene condannata dalla magistratura iraniana a 11 anni di carcere, con un ulteriore divieto di 20 anni di esercitare la professione legale e una restrizione di 20 anni sui diritti sociali e sui viaggi all'estero. La sentenza viene poi commutata in appello in 6 anni di reclusione e 10 anni di divieto di esercitare la sua professione. Durante la prigionia, Sotoudeh e' tenuta per lunghi periodi in isolamento e spesso le e' negato il diritto di vedere il marito e i figli piccoli. Nel 2013 la protesta nazionale e internazionale per il suo caso porta alla sua liberazione. A partire dall'ottobre del 2014, Sotoudeh porta avanti per nove mesi, davanti all'Ordine degli avvocati di Teheran, una protesta contro la sospensione della sua licenza di avvocato. Alla fine, riesce a far ridurre la sospensione a 9 mesi e quindi a farla revocare.
Il 13 giugno 2018 viene nuovamente arrestata e condannata a 33 anni di carcere e a 148 frustate per aver assunto la difesa di Shaparak Shajarizadeh e di altre donne che protestavano contro l'obbligo d'indossare lo hijab. Le accuse contro di lei sono la conseguenza del suo pacifico lavoro in favore dei diritti umani, la sua difesa delle donne che protestano contro l'obbligo di indossare il velo in Iran e la sua pubblica opposizione alla pena di morte.
Nel 2020, Nasrin porta avanti in carcere uno sciopero della fame che dura sei settimane, per protestare contro le condizioni di detenzione dei prigioneri politici in Iran dopo lo scoppio dell'emergenza Covid-19. Rilasciata per essere ricoverata in ospedale, viene dimessa dopo pochi giorni ma senza le cure adeguate. Rientrata nella prigione di Evin, interrompe lo sciopero in seguito a un forte deterioramento delle sue condizioni di salute.
Amnesty International ha indetto da anni una campagna per la liberazione definitiva di Nasrin Sotoudeh, a cui nel 2012 e' stato anche conferito il premio Sacharov per la difesa dei diritti umani.
L'insistenza di Sotoudeh sullo Stato di diritto e la sua inesorabile lotta contro l'oppressione l'hanno resa un simbolo della lotta per la giustizia in Iran.
8. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
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Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
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Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.
9. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE
Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it
10. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
11. REPETITA IUVANT. TRE TESI
La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
12. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 108 del 18 aprile 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 108 del 18 aprile 2023
In questo numero:
1. Se neppure questo orrore
2. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
3. Giobbe Santabarbara: Breve una lettera alle persone amiche - e ad altre ancora - per chiedere loro una cosa
4. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
5. Cristina Giudici: Gohar Eshghi, la decana della rivolta in Iran
6. Cristina Giudici: Narges Mohammadi
7. "Gariwo": Nasrin Sotoudeh
8. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
9. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
10. Alcuni riferimenti utili
11. Tre tesi
12. Ripetiamo ancora una volta...
1. L'ORA. SE NEPPURE QUESTO ORRORE
Se neppure questo orrore persuade l'umanita' a cessare la guerra fratricida
se neppure questo orrore persuade l'umanita' ad abolire gli eserciti e le armi
se neppure questo orrore persuade l'umanita' a ripudiare la violenza e scegliere la nonviolenza
quale speranza di vita ci resta?
2. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?
Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani, sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
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Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
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E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
3. REPETITA IUVANT. GIOBBE SANTABARBARA: BREVE UNA LETTERA ALLE PERSONE AMICHE - E AD ALTRE ANCORA - PER CHIEDERE LORO UNA COSA
Dico subito la cosa che vorrei chiedere a tutte e tutti voi: un nuovo o rinnovato impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
Sono un vecchio militante che ricorda vividamente - ero allora assai giovane - l'occupazione di Alcatraz sul finire degli anni Sessanta, il "Sentiero dei trattati infranti" culminato nell'occupazione del Bureau of Indian Affairs nel 1972, e soprattutto l'occupazione e l'assedio di Wounded Knee del 1973. E' da allora che anch'io sento il dovere di sostenere la lotta delle popolazioni native nordamericane contro il genocidio, l'etnocidio e l'ecocidio di cui sono vittima (e con loro l'umanita' intera e l'intero mondo vivente) da parte del potere razzista, stragista, rapinatore e devastatore bianco. Lungo oltre mezzo secolo non ho saputo fare granche', se non impegnarmi qui in Italia in iniziative che credo siano state almeno coerenti con quella lotta, nella convinzione che tutto si tiene, che tutto e' collegato, o per dirla con una luminosa espressione Lakota: "Mitakuye Oyasin".
Sono stato un lettore di "Akwesasne Notes", la bella, indimenticabile rivista che negli anni '70-'90 fu primario strumento d'informazione su quelle lotte, su quelle esperienze di pensiero e azione. E credo sia stato attraverso "Akwesasne Notes" che conobbi la vicenda di Leonard Peltier. Successivamente, come molte altre persone, lessi il libro di Edda Scozza, quello di Peter Matthiessen e la sua autobiografia.
Da un paio d'anni il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo si sta particolarmente impegnando nella mobilitazione nonviolenta internazionale per la liberazione di Leonard Peltier, ed io con esso.
Leonard Peltier e' detenuto innocente ormai da 47 anni, e la sua salute e' gravemente deteriorata. Dal carcere ha continuato a lottare con gli strumenti della testimonianza e della parola, della poesia e dell'arte, per i diritti dei popoli oppressi, per i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la Madre Terra.
Come e' noto la sua liberazione e' stata chiesta nel corso degli anni da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, come papa Francesco e il Dalai Lama, da istituzioni come il Parlamento Europeo, da associazioni umanitarie come Amnesty International, da milioni (si', milioni) di persone di tutto il mondo.
E come e' altrettanto noto la sua liberazione dipende unicamente dalla concessione della grazia presidenziale da parte del Presidente degli Stati Uniti d'America, a cui quotidianamente pervengono richieste a tal fine (tra le piu' recenti: quella della Commissione giuridica ad hoc dell'Onu; quella unanime del Comitato nazionale del Partito Democratico degli Stati Uniti - il partito cui lo stesso Presidente Biden appartiene).
Dalla provincia italiana non si puo' fare molto, ma quel poco che si puo' fare va fatto.
Cosa chiedo dunque in concreto alle persone amiche - ed alle altre ancora - cui indirizzo questa lettera? Tre cose.
La prima, far conoscere la vicenda di Leonard Peltier e diffondere l'appello per la sua liberazione.
La seconda, scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedergli di concedere la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
La terza, scrivere a Leonard Peltier e al comitato internazionale che lo sostiene, l'International Leonard Peltier Defense Committee, per esprimere loro il proprio sostegno.
Tutto qui.
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Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America: nel sito della Casa Bianca aprire la pagina attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Per scrivere a Leonard Peltier l'indirizzo e': Leonard Peltier, #89637-132, USP Coleman I, P.O. Box 1033, Coleman, FL 33521; trattandosi di un carcere di massima sicurezza possono essere inviate solo lettere postali, e nessun oggetto.
Per scrivere all'International Leonard Peltier Defense Committee: e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
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Grazie per l'attenzione, e un cordiale saluto da
Giobbe Santabarbara
4. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]
3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
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ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/
5. TESTIMONI. CRISTINA GIUDICI: GOHAR ESHGHI, LA DECANA DELLA RIVOLTA IN IRAN
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]
"Mi tolgo lo hijab perche' state uccidendo in nome della religione"
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La si potrebbe definire una madre coraggio o anche la decana della rivolta in Iran. Nell'ottobre del 2022, Gohar Eshghi, a 76 anni e' diventata popolare per il video in cui appare seduta su un tappeto, fra le gambe il ritratto del figlio Sattar Beheshti ammazzato in carcere nel 2012, mentre si sfila il velo che ha indossato per tutta la vita e dice: "Per i nostri giovani, dopo quasi 80 anni di vita, mi tolgo lo hijab perche' state uccidendo in nome della religione". E mostrando la chioma grigia, ha lanciato un appello per invitare tutti a scendere nelle strade. "Se non lo fate, siete codardi", ha intimato con tono perentorio nel video, diventato virale. Il volto segnato dal tempo, indurito dalla vita che l'ha portata a diventare attivista suo malgrado, Gohar Eshghi oggi e' un simbolo per la protesta guidata dalla generazione Zeta iraniana. E anche una figura tragica che incarna la sfida diventata ineluttabile.
In un altro video di molti anni prima, la si vede accanto a una famosa attivista, Narges Mohammadi, durante la commemorazione della morte di suo figlio, ucciso a 35 anni dalle torture della polizia nella prigione di Evin. Vestita di nero, ha lo sguardo fisso e sembra compressa nella sua rabbia sorda. Labbra serrate, non dice una parola mentre tutti gridano slogan di protesta, come se la sua presenza silenziosa potesse essere piu' potente di ogni parola. Deve averci pensato molto, prima di togliersi il velo, lei che e' nata quando a governare c'era Mohammad Reza Pahlavi, l'ultimo scia' di Persia, e ha visto nascere la Repubblica islamica. Gohar Eshghi e' un'anziana donna del popolo che ha vissuto buona parte della sua vita fra le pareti di una casa a crescere i suoi quattro figli finche' si e' separata dal marito e ha fatto lavori umili per mantenersi. Facendo le pulizie in un obitorio che forse e' stato un presagio.
Una vita vissuta in bianco e nero finche' il figlio maggiore, Sattar Beheshti, blogger, e' stato torturato e ucciso per aver criticato il regime. Prima di essere portato ad Evin, sul suo blog "My life for Iran", aveva scritto un post rivolto alla guida suprema, Ali Khamenei. "Il sistema giudiziario della Repubblica Islamica e' un mattatoio. Le persone vengono arrestate e sottoposte a una serie di torture finche' non confessano crimini che non hanno commesso. Le sigarette bruciano nella carne marchiata dal ferro da stiro, le loro teste vengono infilate in bagni pieni di escrementi finche' confessano un peccato che non hanno mai commesso".
Diventata membro del gruppo di madri che chiedono giustizia per i figli uccisi e scomparsi durante tutte le proteste contro il regime, Gohar Eshghi ha sottoscritto un appello per chiedere le dimissioni della guida suprema, Ali Khamenei, e l'abolizione della Repubblica Islamica. Il suo gesto di supporto alla rivolta scoppiata nel settembre del 2022 ha avuto un eco internazionale. Dal 2009 nelle piazze di Teheran si sono sempre viste giovani donne a protestare, spesso in conflitto con le loro famiglie. Ora, pero', il contesto e' cambiato e anche le donne piu' rispettose della religione hanno capito che "un pezzo di stoffa" - cosi' le donne ribelli definiscono lo hijab - e' diventato il vessillo dell'oppressione, della brutalita' e della violenza contro il popolo iraniano. Inserita nella lista delle 100 donne piu' influenti del 2022 scelte dalla BBC, il 12 gennaio del 2023 ha preso il premio Valore e Coraggio, conferitole dalla Fondazione Italia Sostenibile al Campidoglio di Roma. Dall'Iran, Gohar Eshghi ha mandato un videoappello: "Vi parlo di un regime che arresta, tortura, uccide i figli di questo paese e lo fa in nome del Corano. Non e' giusto! Sono passati 11 anni da quando hanno ucciso il mio Sattar, e il dolore e' ancora forte. Non posso sopportare di vedere altre madri che soffrono la perdita di un figlio. Ho deciso di sfidare questo regime e ci hanno fatto tanto male, hanno fatto irruzione a casa mia e hanno portato via tutta la mia famiglia per un interrogatorio, non si sono fermati neppure davanti a bambini di nemmeno dieci anni. Volevo una fondazione a nome di mio figlio ma per quattro anni non mi hanno mai dato l'autorizzazione. Alla fine mi sono rivolta ad uno dei miei figli sparsi nel mondo e lui e' riuscito a crearla negli Stati Uniti, ma mi e' stato intimato di prendere le distanze dalla fondazione".
Il 9 dicembre 2021, poco prima di mezzogiorno, Eshghi era in viaggio verso il cimitero per visitare la tomba del figlio quando due motociclisti l'hanno aggredita, buttandola a terra. Come se a 76 anni, un figlio ucciso dalle torture per un post sul suo blog, ci possa essere ancora qualcuno che possa intimorirla. Come se abbia ancora qualcosa da perdere. Con il gesto di togliersi il velo che l'aveva coperta per quasi tutta la sua vita, Gohar Eshghi ha siglato un patto generazionale. Entrata nella storia della lotta per i diritti delle donne da una porta secondaria, dopo la morte del figlio maggiore, Gohar Eshghi e' diventata la decana della rivoluzione iraniana.
6. TESTIMONI. CRISTINA GIUDICI: NARGES MOHAMMADI
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]
Narges Mohammadi (1972) attivista iraniana, ha dedicato la vita alla battaglia per i diritti umani nel Paese.
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Narges Mohammadi - nata a Zanjan il 21 aprile 1972 - conosce solo un modo di vivere: lottando contro la teocrazia islamica dell'Iran per difendere i suoi e altrui diritti. E lo fa senza cautele. Come un funambolo che cammina su un filo teso senza una rete che ammortizzi l'impatto dopo la caduta. Una settimana prima di compiere 50 anni, ha "festeggiato" con un video-appello rivolto a tutti gli attivisti e difensori dei diritti umani. Registrato il 12 aprile del 2022, quando ha dovuto tornare di nuovo in carcere per scontare l'ennesima condanna di 8 anni di detenzione per presunti crimini contro la sicurezza nazionale dell'Iran. Sebbene la prigionia, l'isolamento, le torture, la malattia abbiano segnato la sua esistenza, nel video appare forte. Inspiegabilmente non ancora piegata dalla brutalita' del regime iraniano. Con una chioma indomita di capelli scuri e ricci, un'espressione grave ma apparentemente serena, nel video registrato il 12 aprile e mandato online il 21 aprile - il giorno del suo compleanno - dall'organizzazione umanitaria Front Line Defenders, afferma: "Cari difensori dei diritti umani, sono molto felice di condividere questo videomessaggio con voi oggi, in occasione del mio cinquantesimo compleanno. Oggi, alle 17, mi dirigero' verso il carcere, come tante altre volte, ma sono piena di speranza e libera da qualsiasi preoccupazione o frustrazione".
Narges Mohammadi e' stata arrestata 12 volte, condannata complessivamente a 30 anni di carcere, oltre alle tante frustate. Attivista sin dai tempi in cui studiava all'universita' e aveva fondato il gruppo degli "Studenti illuminati", ricorda la sua ultima campagna, fatta dopo la liberazione per gravi condizioni di salute, contro la tortura bianca: "Prima del mio arresto nel novembre dello scorso anno, insieme ad altri 85 attivisti, abbiamo avviato una campagna chiamata White Torture contro l'uso dell'isolamento nelle carceri iraniane. Crediamo che questa pratica debba essere fermata perche' rappresenta una grave violazione dei diritti umani. Quattro mesi fa sono stata tenuta per piu' di due mesi in isolamento nel reparto 209 della prigione di Evin".
Nel 2009, Narges Mohammadi e' diventata vicepresidente del DHRC, Defenders of Human Rights Center (fondato dal premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi) che finche' ha potuto ha difeso i prigionieri politici e di coscienza nei procedimenti giudiziari. Narges Mohammadi entra ed esce dalle prigioni dagli anni '90 ed e' sempre stata in prima fila nella battaglia nelle piazze contro la legge che obbliga le donne a indossare lo hijab. Una battaglia, quella contro l'obbligo di indossare il velo, che ha scatenato anche l'ultima, clamorosa, ondata di proteste scoppiate dopo l'omicidio di Masha Amini, il 16 settembre del 2022. Guidata da una generazione disposta ad andare fino in fondo per porre fine alla dittatura della Repubblica Islamica. E uno slogan potente che viene scandito in tutte le piazze del mondo occidentale: Zan, Zendegi, Azadi - Donna, Vita, Liberta'".
A guardare il video registrato pochi giorni prima di tornare dietro le sbarre, il 12 aprile del 2022, si fa fatica a sovrapporre l'immagine della sua espressione vitale con quella del suo corpo quasi immobile nel letto, due anni prima, quando e' stata picchiata selvaggiamente dal direttore del carcere di Evin per una protesta organizzata contro la repressione delle manifestazioni del 2019. Una forza esasperata, la sua, che l'ha portata nel 2020, appena liberata, a fare due libri e un documentario sulla tortura bianca in cui ha raccontato la sofferenza vissuta nell'isolamento. Nel suo racconto sulla tortura bianca, basato su diverse interviste a attivisti e dissidenti, ha scritto: "L'isolamento significa essere rinchiusi in uno spazio molto piccolo. Quattro mura e una porticina di ferro tutti dello stesso colore, spesso bianco. Non c'e' luce naturale all'interno della cella. Non c'e' aria fresca. Non si sente alcun suono e non puoi parlare o avere relazioni con altri esseri umani. Non hai niente tranne tre coperte sottili e logore, una camicia e dei pantaloni. Gli interrogatori sono condotti con minacce, intimidazioni e pressioni. I detenuti sono sottoposti a false accuse e a pressioni psicologiche per costringerli a false confessioni. Non ci sono contatti con familiari, amici o avvocati. La solitudine e l'impotenza influenzano la mente umana giorno dopo giorno".
Narges Mohammadi ha dedicato la sua vita a combattere la teocrazia iraniana e le sue leggi che hanno imposto il velo come vessillo dell'oppressione. Ha cominciato a entrare ed uscire dal carcere dagli anni Novanta, quando aveva sostenuto la campagna elettorale del riformista Mohammad Khatami, eletto presidente nel 1997 e nel 2001 grazie al voto delle donne e dei giovani che allora si illusero di poter ottenere delle riforme e piu' diritti per le donne. Arrestata di nuovo nel 2010 insieme ad altri attivisti del Centro Defensor of human rights fondato dall'avvocato e premio Nobel Shirin Ebadi, nel 2011 viene condannata a 11 anni di carcere per aver cospirato contro la sicurezza nazionale. Nel 2012, dopo una paralisi muscolare, viene rilasciata per problemi di salute. Sposata con il giornalista Taghi Rahmani - un politico dissidente che e' stato incarcerato per 14 anni prima di essere costretto ad andare in esilio in Francia dove vive con i loro figli gemelli - si e' opposta per anni alle condanne a morte che non sono mai state fermate, neanche contro i minorenni, e ha denunciato gli ufficiali giudiziari che hanno autorizzato gli isolamenti, la tortura bianca, arrestato i manifestanti della precedente ondata di proteste, nel 2019. Mohammadi e' stata imprigionata nella prigione di Evin nel maggio 2015, dove e' stata detenuta fino a dicembre 2019, quando e' stata trasferita nella prigione di Zanjan, a circa 300 km da Teheran, dopo aver organizzato proteste contro le condizioni carcerarie e l'uccisione di centinaia di manifestanti nel novembre 2019. In seguito al suo ultimo rilascio, nell'ottobre del 2020, Narges Mohammadi ha ricevuto minacce di morte dalle forze di sicurezza ed e' stata arrestata piu' volte, anche per un giorno solo. Narges Mohammadi ha denunciato gli agenti dell'Intelligence che l'hanno sottoposta a torture e altri maltrattamenti, strappandole brutalmente i capelli, tabu' e ossessione misogina della Repubblica Islamica dell'Iran.
Difficile comprendere la sua forza quasi esasperata. Persino suo marito, durante una conversazione avvenuta l'11 marzo 2022 al Geneva International Film Festival and Forum on Human Rights sul documentario di Narges Mohammadi sulla tortura bianca, ha confidato: "Ogni tanto ho provato a dirle di calmarsi, ma e' dalle sue carcerazioni che lei trova la linfa vitale per andare avanti". Nonostante la sua malattia neurologica, gli spasmi muscolari, ogni volta che viene rimessa in liberta', ricomincia di nuovo a lottare per i diritti umani. In carcere conosce anche tanti detenuti comuni e prende sulle sue spalle il fardello di tutti quelli che ha incontrato per difendere i loro diritti contro la piovra giudiziaria della Repubblica Islamica. E ogni volta che sfida il regime, viene punita. "L'hanno accusata anche per aver partecipato a una protesta per le donne afghane" ha ricordato il marito, spiegando dove forse e' nata la sua motivazione per diventare una delle dissidenti iraniane piu' temute dal regime: "Diversi familiari di Narges sono stati imprigionati o condannati a morte dopo l'insediamento della Repubblica Islamica". Anche se e' difficile capire dove nasca una forza cosi' travolgente.
Narges Mohammadi, che e' stata rilasciata dopo una reclusione di cinque anni nell'ottobre 2020, soffre di un disturbo neurologico che puo' provocare convulsioni, paralisi parziale temporanea e un'embolia polmonare. Il suo libro sulla tortura bianca, scritto nella breve liberta' ottenuta dopo un'operazione al cuore, inizia cosi': "Scrivo questa prefazione nelle ultime ore del mio permesso. Molto presto saro' costretta a tornare in prigione. Questa volta sono stata dichiarata colpevole a causa del libro che hai tra le mani: la tortura bianca". Nell'ottobre del 2022 e' stata condannata a 15 mesi di reclusione con l'accusa di "propaganda contro il sistema" per aver espresso il suo sostegno al diritto del popolo a manifestare. Detenuta con altre 300 donne nel carcere di Evin, scrive in continuazione lettere e appelli per gli arresti fatti dopo la rivolta scoppiata a seguito dell'omicidio di Masha Amini. Ed e' riuscita a mandare una lettera al Nouvel Observateur attraverso il marito Taghi Rahmani per far sapere al mondo come la galera di Evin fosse diventata un campo di battaglia, la notte del 15 ottobre.
A meta' dicembre del 2022, sul suo profilo Instagram e' apparso un post. "Il popolo iraniano ha pagato un prezzo altissimo per combattere la tirannia e il regime religioso. Stiamo assistendo a uno sforzo eroico per ottenere la democrazia e il rispetto dei diritti umani. E ora che le donne stanno sacrificando la propria vita per poter scegliere cosa indossare, e' difficile parlare di liberta' di espressione. Dopo anni di reclusione, io sono di nuovo in carcere, privata anche della possibilita' di ascoltare la voce dei miei figli, ma ho il cuore pieno di passione e di speranza. Cerchiamo la vittoria e la sconfitta una volta per sempre della tirannia". Sul suo profilo Instagram compaiono spesso messaggi su quanto accade nel carcere femminile di Evin, appelli per i condannati a morte o storie di donne arrestate e detenute senza un giusto processo. Una sorta di radio carcere che serve a misurare la temperatura della ribellione e della repressione del regime iraniano.
7. TESTIMONI. "GARIWO": NASRIN SOTOUDEH
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]
Nasrin Sotoudeh (1963) giurista iraniana e attivista per i diritti umani, perseguitata per la sua lotta per la liberta' nel Paese.
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Nasrin Sotoudeh, giurista iraniana e attivista per i diritti umani - compagna d'intenti della nobel per la pace Shirin Ebadi -, nasce a Teheran il 29 maggio 1963. Nasrin dedica la vita allo Stato di diritto, ai diritti dei prigionieri politici, alla difesa degli attivisti dell'opposizione, delle donne e dei bambini di fronte al regime iraniano. Laureata in diritto internazionale, nel 1995 supera l'esame di abilitazione alla professione di avvocato ma per 8 anni viene privata della sua licenza dal Ministero delle informazioni e della sicurezza nazionale iraniano.
Fino al 2003 lavora come giornalista per i giornali riformisti in Iran, poi comincia a esercitare la professione di avvocato. Il suo lavoro, insieme a quello di altri colleghi, si concentra sulla battaglia per i diritti negati dall'oppressiva Repubblica islamica. Nasrin si batte affinche' la Repubblica garantisca procedure legali adeguate a tutti i cittadini, compresi i prigionieri di coscienza, e rispetti i suoi impegni internazionali in materia di diritti umani e uguaglianza, con particolare attenzione alla condizione femminile nel Paese. In Iran, il semplice atto di solidarieta' con coloro che si oppongono al regime puo' portare a ritorsioni brutali. Cio' rende ancora piu' coraggioso il lavoro di Nasrin nella scelta di difendere attivisti politici e dissidenti. Dopo la repressione delle proteste scoppiate a seguito delle elezioni presidenziali del 2009 in Iran considerate "truccate", il cosiddetto movimento verde, Nasrin riconferma il suo coraggio difendendo molti degli attivisti arrestati durante le manifestazioni.
Sotoudeh difende inoltre alcuni minori condannati a morte per presunto omicidio prima di raggiungere l'eta' di 18 anni; organizza attivita' extragiudiziali per salvare gli adolescenti dal braccio della morte, molte delle quali con successo. Nel corso degli anni, Sotoudeh difende molte attiviste per i diritti delle donne come Mansoureh Shojaee, Parvin Ardalan e Mahboubeh Abbasgholizadeh; i giornalisti Morteza Kazemian, Issa Saharkhiz e Omid Memarian; la studentessa attivista Zia Nabavi e l'artista Parastou Forouhar.
A causa del suo incessante impegno per la giustizia, in qualita' di difensore dei diritti umani e delle liberta', Sotoudeh e' continuamente presa di mira e perseguitata dalle autorita'. Viene arrestata per la prima volta nel settembre 2010 con l'accusa di "diffusione di propaganda contro lo Stato". Il 10 gennaio 2011 viene condannata dalla magistratura iraniana a 11 anni di carcere, con un ulteriore divieto di 20 anni di esercitare la professione legale e una restrizione di 20 anni sui diritti sociali e sui viaggi all'estero. La sentenza viene poi commutata in appello in 6 anni di reclusione e 10 anni di divieto di esercitare la sua professione. Durante la prigionia, Sotoudeh e' tenuta per lunghi periodi in isolamento e spesso le e' negato il diritto di vedere il marito e i figli piccoli. Nel 2013 la protesta nazionale e internazionale per il suo caso porta alla sua liberazione. A partire dall'ottobre del 2014, Sotoudeh porta avanti per nove mesi, davanti all'Ordine degli avvocati di Teheran, una protesta contro la sospensione della sua licenza di avvocato. Alla fine, riesce a far ridurre la sospensione a 9 mesi e quindi a farla revocare.
Il 13 giugno 2018 viene nuovamente arrestata e condannata a 33 anni di carcere e a 148 frustate per aver assunto la difesa di Shaparak Shajarizadeh e di altre donne che protestavano contro l'obbligo d'indossare lo hijab. Le accuse contro di lei sono la conseguenza del suo pacifico lavoro in favore dei diritti umani, la sua difesa delle donne che protestano contro l'obbligo di indossare il velo in Iran e la sua pubblica opposizione alla pena di morte.
Nel 2020, Nasrin porta avanti in carcere uno sciopero della fame che dura sei settimane, per protestare contro le condizioni di detenzione dei prigioneri politici in Iran dopo lo scoppio dell'emergenza Covid-19. Rilasciata per essere ricoverata in ospedale, viene dimessa dopo pochi giorni ma senza le cure adeguate. Rientrata nella prigione di Evin, interrompe lo sciopero in seguito a un forte deterioramento delle sue condizioni di salute.
Amnesty International ha indetto da anni una campagna per la liberazione definitiva di Nasrin Sotoudeh, a cui nel 2012 e' stato anche conferito il premio Sacharov per la difesa dei diritti umani.
L'insistenza di Sotoudeh sullo Stato di diritto e la sua inesorabile lotta contro l'oppressione l'hanno resa un simbolo della lotta per la giustizia in Iran.
8. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
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Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
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Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.
9. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE
Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it
10. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
11. REPETITA IUVANT. TRE TESI
La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
12. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 108 del 18 aprile 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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