[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 103



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 103 del 13 aprile 2023

In questo numero:
1. Opporsi alla guerra, agli eserciti, alle armi. Difendere la vita di tutti gli esseri umani
2. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
3. "Il fatto quotidiano": Iran, per le studentesse ora e' obbligatorio indossare il velo islamico. E proseguono i casi di ragazze intossicate a scuola
4. Giobbe Santabarbara: Breve una lettera alle persone amiche - e ad altre ancora - per chiedere loro una cosa
5. Alcune poesie di Antonia Pozzi

1. L'ORA. OPPORSI ALLA GUERRA, AGLI ESERCITI, ALLE ARMI. DIFENDERE LA VITA DI TUTTI GLI ESSERI UMANI

Ogni uccisione e' un crimine contro l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.

2. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?

Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
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Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
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E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

3. IRAN. "IL FATTO QUOTIDIANO": IRAN, PER LE STUDENTESSE ORA E' OBBLIGATORIO INDOSSARE IL VELO ISLAMICO. E PROSEGUONO I CASI DI RAGAZZE INTOSSICATE A SCUOLA
[Dal sito della "Libreria delle donne" di Milano riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo ripreso da "Il fatto quotidiano" del 3 aprile 2023]

Ragazze ancora intossicate a scuola, donne aggredite o addirittura arrestate perche' non indossavano il velo o non lo portavano correttamente. E ora in Iran - dove il velo e' diventato simbolo di una rottura interna alla societa', tra i fedeli ai principi della rivoluzione e chi e' stanco delle imposizioni - arriva la decisione del ministero dell'Istruzione di Teheran, che ha imposto l'obbligo, per le studentesse, di rispettare nelle classi i codici di abbigliamento islamico. Tradotto, significa indossare l'hijab. La decisione segue le proteste in corso nel Paese da settembre, ovvero dalla morte della 22enne Mahsa Amini dopo essere stata arrestata dalla cosiddetta polizia morale di Teheran con l'accusa di non indossare correttamente il velo islamico. Da allora, molte donne stanno sfidando le regole sull'obbligo di indossare l'hijab, soprattutto nelle citta' piu' grandi. Il documento in 16 punti del ministero dell'Istruzione afferma che l'obbligo dell'hijab e' finalizzato a creare una crescita spirituale sana e sicura. Dopo la diffusione del comunicato, diversi media iraniani hanno riferito delle dimissioni del ministro dell'Istruzione Yousef Noori, subito approvate dal presidente. La sua rinuncia all'incarico, scrivono i media iraniani, sarebbe collegata al ritardato pagamento degli stipendi degli insegnanti alla vigilia del capodanno persiano.
Ma il tema del velo va molto oltre l'obbligo a scuola: alcune donne che non lo indossavano in negozi e centri commerciali di alcune citta' dell'Iran, rende noto il portale di dissidenti iraniani con sede all'estero "Iran International", sono state arrestate e i locali sono stati chiusi. A Kashan, in provincia di Isfahan, 40 negozi sono stati chiusi perche' le clienti non rispettavano l'obbligo di portare il velo, in vigore dalla fondazione della Repubblica islamica nel 1979. A Kermanshah, nell'Iran occidentale vicino al confine con l'Iraq, il personale del complesso turistico Taq-e Bostan ha impedito a donne che non portavano l'hijab di accedere all'area mentre il procuratore di Dezful, nella provincia meridionale del Khuzestan, ha dichiarato che "uno dei siti turistici della città e' stato chiuso da venerdi' perche' non si atteneva agli standard morali".
La questione del velo, poi, non e' l'unica a colpire le donne. Continuano infatti i casi di intossicazione di ragazze nelle scuole, un fenomeno iniziato a novembre dell'anno scorso sul quale non ci sono ancora risposte ufficiali. Finora, oltre cinquemila studentesse sono arrivate in ospedale per avere inalato gas tossico nelle scuole di 26 province del Paese. E il sospetto e' che possa trattarsi di attacchi deliberati per impedire alle ragazze di avere un'istruzione o per "punirle" per avere partecipato alle manifestazioni antigovernative in corso da mesi. Gli ultimi episodi riguardano cinque studentesse della scuola femminile 22-Bahman di Naghadeh, nella provincia dell'Azerbaigian occidentale nel nord-ovest dell'Iran, che sono state portate in ospedale dopo avere inalato gas tossico mentre si trovavano nell'istituto scolastico.

4. REPETITA IUVANT. GIOBBE SANTABARBARA: BREVE UNA LETTERA ALLE PERSONE AMICHE - E AD ALTRE ANCORA - PER CHIEDERE LORO UNA COSA

Dico subito la cosa che vorrei chiedere a tutte e tutti voi: un nuovo o rinnovato impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
Sono un vecchio militante che ricorda vividamente - ero allora assai giovane - l'occupazione di Alcatraz sul finire degli anni Sessanta, il "Sentiero dei trattati infranti" culminato nell'occupazione del Bureau of Indian Affairs nel 1972, e soprattutto l'occupazione e l'assedio di Wounded Knee del 1973. E' da allora che anch'io sento il dovere di sostenere la lotta delle popolazioni native nordamericane contro il genocidio, l'etnocidio e l'ecocidio di cui sono vittima (e con loro l'umanita' intera e l'intero mondo vivente) da parte del potere razzista, stragista, rapinatore e devastatore bianco. Lungo oltre mezzo secolo non ho saputo fare granche', se non impegnarmi qui in Italia in iniziative che credo siano state almeno coerenti con quella lotta, nella convinzione che tutto si tiene, che tutto e' collegato, o per dirla con una luminosa espressione Lakota: "Mitakuye Oyasin".
Sono stato un lettore di "Akwesasne Notes", la bella, indimenticabile rivista che negli anni '70-'90 fu primario strumento d'informazione su quelle lotte, su quelle esperienze di pensiero e azione. E credo sia stato attraverso "Akwesasne Notes" che conobbi la vicenda di Leonard Peltier. Successivamente, come molte altre persone, lessi il libro di Edda Scozza, quello di Peter Matthiessen e la sua autobiografia.
Da un paio d'anni il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo si sta particolarmente impegnando nella mobilitazione nonviolenta internazionale per la liberazione di Leonard Peltier, ed io con esso.
Leonard Peltier e' detenuto innocente ormai da 47 anni, e la sua salute e' gravemente deteriorata. Dal carcere ha continuato a lottare con gli strumenti della testimonianza e della parola, della poesia e dell'arte, per i diritti dei popoli oppressi, per i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la Madre Terra.
Come e' noto la sua liberazione e' stata chiesta nel corso degli anni da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, come papa Francesco e il Dalai Lama, da istituzioni come il Parlamento Europeo, da associazioni umanitarie come Amnesty International, da milioni (si', milioni) di persone di tutto il mondo.
E come e' altrettanto noto la sua liberazione dipende unicamente dalla concessione della grazia presidenziale da parte del Presidente degli Stati Uniti d'America, a cui quotidianamente pervengono richieste a tal fine (tra le piu' recenti: quella della Commissione giuridica ad hoc dell'Onu; quella unanime del Comitato nazionale del Partito Democratico degli Stati Uniti - il partito cui lo stesso Presidente Biden appartiene).
Dalla provincia italiana non si puo' fare molto, ma quel poco che si puo' fare va fatto.
Cosa chiedo dunque in concreto alle persone amiche - ed alle altre ancora - cui indirizzo questa lettera? Tre cose.
La prima, far conoscere la vicenda di Leonard Peltier e diffondere l'appello per la sua liberazione.
La seconda, scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedergli di concedere la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
La terza, scrivere a Leonard Peltier e al comitato internazionale che lo sostiene, l'International Leonard Peltier Defense Committee, per esprimere loro il proprio sostegno.
Tutto qui.
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Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America: nel sito della Casa Bianca aprire la pagina attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Per scrivere a Leonard Peltier l'indirizzo e': Leonard Peltier, #89637-132, USP Coleman I, P.O. Box 1033, Coleman, FL 33521; trattandosi di un carcere di massima sicurezza possono essere inviate solo lettere postali, e nessun oggetto.
Per scrivere all'International Leonard Peltier Defense Committee: e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
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Grazie per l'attenzione, e un cordiale saluto da
Giobbe Santabarbara

5. MAESTRE. ALCUNE POESIE DI ANTONIA POZZI
[Dal sito www.antoniapozzi.it]

Abbandonati in braccio al buio

Abbandonati in braccio al buio
monti
m'insegnate l'attesa:
all'alba – chiese
diverranno i miei boschi.
Ardero' – cero sui fiori d'autunno
tramortita nel sole.

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Acqua alpina

Gioia di cantare come te, torrente;
gioia di ridere
sentendo nella bocca i denti
bianchi come il tuo greto;
gioia d'essere nata
soltanto in un mattino di sole
tra le viole
di un pascolo;
d'aver scordato la notte
ed il morso dei ghiacci.

(Breil) Pasturo, 12 agosto 1933

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Amor fati

Quando dal mio buio traboccherai
di schianto
in una cascata
di sangue –
navighero' con una rossa vela
per orridi silenzi
ai crateri
della luce promessa.

13 maggio 1937

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Amore di lontananza

Ricordo che, quand'ero nella casa
della mia mamma, in mezzo alla pianura,
avevo una finestra che guardava
sui prati; in fondo, l'argine boscoso
nascondeva il Ticino e, ancor piu' in fondo,
c'era una striscia scura di colline.
Io allora non avevo visto il mare
che una sol volta, ma ne conservavo
un'aspra nostalgia da innamorata.
Verso sera fissavo l'orizzonte;
socchiudevo un po' gli occhi; accarezzavo
i contorni e i colori tra le ciglia:
e la striscia dei colli si spianava,
tremula, azzurra: a me pareva il mare
e mi piaceva piu' del mare vero.

Milano, 24 aprile 1929

*

Bellezza

Ti do me stessa,
le mie notti insonni,
i lunghi sorsi
di cielo e stelle – bevuti
sulle montagne,
la brezza dei mari percorsi
verso albe remote.

Ti do me stessa,
il sole vergine dei miei mattini
su favolose rive
tra superstiti colonne
e ulivi e spighe.

Ti do me stessa,
i meriggi
sul ciglio delle cascate,
i tramonti
ai piedi delle statue, sulle colline,
fra tronchi di cipressi animati
di nidi –

E tu accogli la mia meraviglia
di creatura,
il mio tremito di stelo
vivo nel cerchio
degli orizzonti,
piegato al vento
limpido – della bellezza:
e tu lascia ch'io guardi questi occhi
che Dio ti ha dati,
cosi' densi di cielo –
profondi come secoli di luce
inabissati al di la'
delle vette –

4 dicembre 1934

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Bonta' inesausta

Chi ti dice
bonta'
della mia montagna? –
cosi' bianca
sui boschi gia' biondi
d'autunno –

e qui nebbie leggere alitano
in cui sospesa
e' la luce dei ragnateli –
della rugiada
sulle foglie morte –

mentre il terriccio accoglie
petali stanchi di ciclamini
e crochi, velati
di uno stesso pallore
roseo –

tu sana, venata di sole,
porti sul grembo
il cielo tutto azzurro –
chiami voli d'uccelli
alle tue mani
colme di vento –

Bonta'
a cui beve il suo canto
il cuore
e di cantare non puo' piu' finire –
perche' sei la sorgente che rifa'
il sorso bevuto
ed il suo fondo
non si tocca mai.

Pasturo, primo ottobre 1933

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Brughiera

I

Accoccolato tra le pervinche
sfuggi
la furia ansante dei cavalli
e l'urlo
dei cani al sole.

Tu sei come il ramarro verde e azzurro
che del proprio rumore si spaura
e hai cari
questi ciliegi appena in fiore, quasi
senz'ombra.

Tenui
profili di colline alle tue ciglia:
e all'orecchio
cosi' curvo sull'erica riarsa
a quando a quando il rombo
dei puledri lanciati per la piana.

II

Con le farfalle raso terra
esitavi
al fiorire della ginestra:
e ad un tratto
enormi ali ti da'
quest'ombra trasvolante in rombo.

Ora ridi,
acciaio splendido,
all'ombroso
imbizzarrirsi dei cavalli, al pavido
balzare delle lepri fra i narcisi.

III

Indugiano
carezze non date
fra le dita dei peschi
e gli sguardi
d'amore che mai non avemmo
s'appendono alle glicini sui ponti –

Ma il fiume
e' densa furia d'acque senza creste, nel grembo
porta profondi visi di montagne:
e all'immenso
svolto dei boschi trova lieve il vento,
tocca le fresche nuvole
d'aprile.

28 aprile 1937

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Certezza

Tu sei l'erba e la terra, il senso
quando uno cammina a piedi scalzi
per un campo arato.
Per te annodavo il mio grembiule rosso
e ora piego a questa fontana
muta immersa in un grembo di monti:
so che a un tratto
– il mezzogiorno sciamera' coi gridi
dei suoi fringuelli –
sgorghera' il tuo volto
nello specchio sereno, accanto al mio.

9 gennaio 1938

*

Confidare

Ho tanta fede in te. Mi sembra
che saprei aspettare la tua voce
in silenzio, per secoli
di oscurita'.

Tu sai tutti i segreti,
come il sole:
potresti far fiorire
i gerani e la zagara selvaggia
sul fondo delle cave
di pietra, delle prigioni
leggendarie.

Ho tanta fede in te. Son quieta
come l'arabo avvolto
nel barracano bianco,
che ascolta Dio maturargli
l'orzo intorno alla casa.

8 dicembre 1934

*

Desiderio di cose leggere

Giuncheto lieve biondo
come un campo di spighe
presso il lago celeste

e le case di un'isola lontana
color di vela
pronte a salpare –

Desiderio di cose leggere
nel cuore che pesa
come pietra
dentro una barca –

Ma giungera' una sera
a queste rive
l'anima liberata:
senza piegare i giunchi
senza muovere l'acqua o l'aria
salpera' – con le case
dell'isola lontana,
per un'alta scogliera
di stelle –

Primo febbraio 1934

*

Distacco dalle montagne

Questa e' la prova
che voi mi benedite –
montagne –

se nell'ora del distacco
la vostra chiesa m'accoglie
con la sua bianchezza di sole
e abbraccia forte la mia
malinconia
col canto
delle campane di mezzogiorno –

Nella piccola piazza
una donna ridente
vende le prugne rosse e gialle
per la mia ardente
sete –

sul gradino di pietra
della fontana
luccica la lama
di una piccozza –

l'acqua diaccia gela
il riso in bocca
a un fanciullo –
stampa lo stesso riso
sulla mia bocca –

Questa e' la vostra
benedizione –
montagne.

Valtournanche, 30 luglio 1933
Pasturo, 23 agosto 1933

*

"Don Chisciotte"

I

Sulla citta'
silenzi improvvisi.

Varchi
con un sorriso indefinibile
i confini:
sai le spine di tutte le siepi.

E vai,
oltre i fiati caldi degli uomini,
il sonno dopo gli amori,
l'affanno e la prigionia.

Su la petraia che e' azzurra
come le corolle del lino,
liberata
canti correndo:

ma chiudi gli occhi
se in fondo al cielo
le ali bianche dei mulini
si dilacerano
al vento.

21 febbraio 1935

II

Fioche
dalla terra brulla
ti giungono
grida atterrite:

mentre seguita
su l'ala immensa
a rotare
la tua crocefissione.

22 febbraio 1935

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Funerale senza tristezza

Questo non e' esser morti,
questo e' tornare
al paese, alla culla:
chiaro e' il giorno
come il sorriso di una madre
che aspettava.
Campi brinati, alberi d'argento, crisantemi
biondi: le bimbe
vestite di bianco,
col velo color della brina,
la voce colore dell'acqua
ancora viva
fra terrose prode.
Le fiammelle dei ceri, naufragate
nello splendore del mattino,
dicono quel che sia
questo vanire
delle terrene cose
– dolce –,
questo tornare degli umani,
per aerei ponti
di cielo,
per candide creste di monti
sognati,
all'altra riva, ai prati
del sole.

3 dicembre 1934

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Fuochi di S. Antonio

Fiamme nella sera del mio nome
sento ardere in riva
a un mare oscuro –
e lungo i porti divampare roghi
di vecchie cose,
d'alghe e di barche
naufragate.

E in me nulla che possa
esser arso,
ma ogni ora di mia vita
ancora – con il suo peso indistruttibile
presente –
nel cuore spento della notte
mi segue.

17 gennaio 1935

*

Grido

Non avere un Dio
non avere una tomba
non avere nulla di fermo
ma solo cose vive che sfuggono –
essere senza ieri
essere senza domani
ed acciecarsi nel nulla –
– aiuto –
per la miseria
che non ha fine –

10 febbraio 1932

*

I musaici di Messina

Sola
nella notte di rovina e di spavento
restavi tu
Maria –
incolume nell'abside
della tua cattedrale –
curva sul crollo orrendo
con il figlio ravvolto
nel tuo manto celeste –

Sopra il lamento
dei non uccisi –
sopra il fumo e la polvere
delle case degli uomini distrutte –
sopra il muglio del mare –
sognavi tu
un'altra dolce casa
vegliata
da un'altra azzurra Maria
in riva a un altro mare
dormente
tra le isole erbose –

La chiesa di Torcello sognavi
e l'oro pallido dei tramonti
sulla laguna
e la tranquilla via delle barche
nelle sere serene.

Di quell'oro nutrivi tu –
di quel sereno
Maria
nella spaventevole notte
la solitudine tua
materna
e piu' fulgente il tuo serto di stelle
piu' turchino il tuo manto
piu' soave il tuo figlio
levavi
dal fondo della chiesa crollata
sulle madri dei morti –

16 maggio 1933

*

Il cane sordo

Sordo per il gran vento
che nel castello vola e grida
e' divenuto il cane.

Sopra gli spalti – in lago
protesi – corre,
senza sussulti:
ne' il muschio sulle pietre
a grande altezza lo insidia,
ne' un tegolo rimosso.

Tanto chiusa e intera
e' in lui la forza
da che non ha nome
piu' per nessuno
e va per una sua
segreta linea
libero.

25 settembre 1933

*

Il volto nuovo

Che un giorno io avessi
un riso
di primavera – e' certo;
e non soltanto lo vedevi tu, lo specchiavi
nella tua gioia:
anch'io, senza vederlo, sentivo
quel riso mio
come un lume caldo
sul volto.

Poi fu la notte
e mi tocco' esser fuori
nella bufera:
il lume del mio riso
mori'.

Mi trovo' l'alba
come una lampada spenta:
stupirono le cose
scoprendo
in mezzo a loro
il mio volto freddato.

Mi vollero donare
un volto nuovo.

Come davanti a un quadro di chiesa
che e' stato mutato
nessuna vecchia piu' vuole
inginocchiarsi a pregare
perche' non ravvisa le care
sembianze della Madonna
e questa le pare
quasi una donna
perduta –

cosi' oggi il mio cuore
davanti alla mia maschera
sconosciuta.

20 agosto 1933

*

In riva alla vita

Ritorno per la strada consueta,
alla solita ora,
sotto un cielo invernale senza rondini,
un cielo d'oro ancora senza stelle.
Grava sopra le palpebre l'ombra
come una lunga mano velata
e i passi in lento abbandono s'attardano,
tanto nota e' la via
e deserta
e silente.
Scattano due bambini
da un buio andito
agitando le braccia:
l'ombra sobbalza
striata da un tremulo volo
di chiare stelle filanti.
Gridano le campane,
gridano tutte
per improvviso risveglio,
gridano per arcana meraviglia,
come a un annuncio divino:
l'anima si spalanca
con le pupille
in un balzo di vita.
Sostano i bimbi
con le mani unite
ed io sosto
per non calpestare
le pallide stelle filanti
abbandonate in mezzo alla via.
Sostano i bimbi cantando
con la gracile voce
il canto alto delle campane: ed io sosto
pensandomi ferma stasera
in riva alla vita
come un cespo di giunchi
che tremi
presso un'acqua in cammino.

Milano, 12 febbraio 1931

*

Incantesimi

Alti orli ghiacciati
si disfecero al mondo.

Solcava
lenta e lieve la barca
laghi d'oro,
andando cosi' noi nel sole
abbracciati.

Gracili reti bionde
imprigionavano l'ora.

E nacquero brividi;
crebbero
voci tristi;
fischio'
a sponda il dilacerarsi delle canne.

Belve chiare
guardarono dal folto
a lungo
il tramonto nell'acqua,
andando cosi' verso l'ombra
io libera
e sola per sempre.

22 dicembre 1935

*

La gioia

Domandavo a occhi chiusi
– che cosa
sara' domani la Pupa? –

Così ti facevo ridire
in un sorriso le dolci parole
– la sposa,
la mamma –

Fiaba
del tempo d'amore –
profondo sorso – vita
compiuta –
gioia ferma nel cuore
come un coltello nel pane.

26 settembre 1933

*

La porta che si chiude

Tu lo vedi, sorella: io sono stanca,
stanca, logora, scossa,
come il pilastro d'un cancello angusto
al limitare d'un immenso cortile;
come un vecchio pilastro
che per tutta la vita
sia stato diga all'irruente fuga
d'una folla rinchiusa.
Oh, le parole prigioniere
che battono battono
furiosamente
alla porta dell'anima
e la porta dell'anima
che a palmo a palmo
spietatamente
si chiude!
Ed ogni giorno il varco si stringe
ed ogni giorno l'assalto e' piu' duro.
E l'ultimo giorno
– io lo so –
l'ultimo giorno
quando un'unica lama di luce
piovera' dall'estremo spiraglio
dentro la tenebra,
allora sara' l'onda mostruosa,
l'urto tremendo,
l'urlo mortale
delle parole non nate
verso l'ultimo sogno di sole.
E poi,
dietro la porta per sempre chiusa,
sara' la notte intera,
la frescura,
il silenzio.
E poi,
con le labbra serrate,
con gli occhi aperti
sull'arcano cielo dell'ombra,
sara'
– tu lo sai –
la pace.

Milano, 10 febbraio 1931

*

La roccia

Trine di betulla
nella valle
i pensieri –
ma ieri
quando soli erravamo
sulla nuda montagna –
il taglio
delle rupi piu' eccelse
era il disegno
della mia forza – in cielo.
E non parlare di rovina
tu cuore –
fin che uno spigolo nero a strapiombo
spacchi l'azzurro
e una corda s'annodi all'anima
bianca
come le ossa del falco
che sul torrione piu' alto
regalmente ha voluto
morire.

8 settembre 1933

*

La terra

Stella morta, ai tuoi orli
nubi di sogno e corolle di parole
volgi nei cieli.

Vedo per fondi mari
pescatori notturni metter barche
e sulle chiglie tracciare ghirlande
di gialle margherite,

vedo in fronte ai ghiacci
volti di santi spalancarsi all'alba
sui muri delle stalle:

e a mezzodi' s'avanza il vecchio gobbo,
canta sui ciotoli e per le donne accorse
fra i trilli del suo timpano d'argento:
"E' fiorito il bambu', dopo cent'anni.
In riva a tutti i mari e ne morra'.
Coll'autunno si secca la foglia,
a oriente scorron fossati di sangue,
vidi le braccia di migliaia d'uccisi
penzolar sull'abisso
ad occidente."

Nubi di pianto e corolle di deliri
si torcono ai tuoi orli
o Terra.

Primo novembre 1937

*

La vita

Alle soglie d'autunno
in un tramonto
muto

scopri l'onda del tempo
e la tua resa
segreta

come di ramo in ramo
leggero
un cadere d'uccelli
cui le ali non reggono piu'.

18 agosto 1935

*

La vita sognata

Chi mi parla non sa
che io ho vissuto un'altra vita –
come chi dica
una fiaba
o una parabola santa.

Perche' tu eri
la purita' mia,
tu cui un'onda bianca
di tristezza cadeva sul volto
se ti chiamavo con labbra impure,
tu cui lacrime dolci
correvano nel profondo degli occhi
se guardavano in alto –
e cosi' ti parevo piu' bella.

O velo
tu – della mia giovinezza,
mia veste chiara,
verita' svanita –
o nodo
lucente – di tutta una vita
che fu sognata – forse –

oh, per averti sognata,
mia vita cara,
benedico i giorni che restano –
il ramo morto di tutti i giorni che restano,
che servono
per piangere te.

25 settembre 1933

*

L'ancora

Sono rimasta sola nella notte:
ho sul volto il sapore del tuo pianto,
intorno alla persona
il silenzio - che sul tonfo
della porta richiusa, a larghi cerchi
si riappiana.

Lenta nell'acqua oscura
del cuore –
lenta e sicura,
tra le alghe profonde
gli echi delle tempeste le lunghe correnti
le molli ghirlande di onde
intorno a inabissati
scogli –

lenta e sicura,
fino alle sabbie segrete giacenti
sul fondo dell'essere –
fida tenace, con i suoi tre bracci
lucenti
penetra l'ancora
delle tue parole:
– Tu aspetta me –.

16 dicembre 1934

*

Le montagne

Occupano come immense donne
la sera:
sul petto raccolte le mani di pietra
fissan sbocchi di strade, tacendo
l'infinita speranza di un ritorno.

Mute in grembo maturano figli
all'assente. (Lo chiamaron vele
laggiu' – o battaglie. Indi azzurra e rossa
parve loro la terra). Ora a un franare
di passi sulle ghiaie
grandi trasalgon nelle spalle. Il cielo
batte in un sussulto le sue ciglia bianche.

Madri. E s'erigon nella fronte, scostano
dai vasti occhi i rami delle stelle:
se all'orlo estremo dell'attesa
nasca un'aurora

e al brullo ventre fiorisca rosai.

Pasturo, 9 settembre 1937

*

Leggenda

Mi porto' il mio cavallo
tra le foglie
con soffice volo.

Calda vita nel vento
il suo respiro,
i molli occhi
fra colori d'autunno:
era oro nel sole il suo mantello.

Le pietre si scostavano
sui monti
al tocco degli zoccoli d'argento...

20 agosto 1935

*

Lieve offerta

Vorrei che la mia anima ti fosse
leggera
come le estreme foglie
dei pioppi, che s'accendono di sole
in cima ai tronchi fasciati
di nebbia –

Vorrei condurti con le mie parole
per un deserto viale, segnato
d'esili ombre –
fino a una valle d'erboso silenzio,
al lago –
ove tinnisce per un fiato d'aria
il canneto
e le libellule si trastullano
con l'acqua non profonda –

Vorrei che la mia anima ti fosse
leggera,
che la mia poesia ti fosse un ponte,
sottile e saldo,
bianco –
sulle oscure voragini
della terra.

5 dicembre 1934

*

Luci libere

E' un sole bianco che intenerisce
sui monumenti le donne di bronzo.

Vorresti sparire alle case, destarti
ove trascinano lenti carri
sbarre di ferro verso la campagna –

che' la' pei fossi infuriano bambini
nell'acqua, all'aurora
e vi crollano immagini di pioppi.

Noi, per seguir la danza
di un vecchio organo
correremmo nel vento gli stradali...

A cuore scalzo
e con laceri pesi
di gioia.

27 gennaio 1938

*

Meriggio

(a L. B.)

In questa doratura di sole
io sono
una gemma pelosa
legata crudelmente con un filo di refe
perche' non possa sbocciare
a bagnarsi di luce.
Accanto a me tu sei
una freschezza riposante d'erba
in cui vorrei affondare
perdutamente
per sfrangiarmi anch'io
in un ebbro ciuffo di verde –
per gettare in radici sottili
il mio piu' acuto spasimo
ed immedesimarmi con la terra.

Milano, 19 aprile 1929

*

Nel duomo

Sospingo una delle grevi porte
e mi cade alle spalle
la furia del meriggio ventoso.
A lenti passi m'inoltro,
bevendo l'ombra improvvisa
in lunghi battiti
delle palpebre stanche:
suonano i passi come morte cose
scagliate dentro un'acqua tranquilla
che in tremulo affanno rifletta
da riva a riva
l'eco cupa del tonfo.
Remiga la tristezza ad ancorarsi
in golfi arcani
d'oscurita' profonde;
remiga per un mare favoloso,
ove sono i pilastri
tronchi d'una subacquea pineta,
viva e fitta cosi'
per lontananze senza confine...

Brucia nella tenebra
una lucente siepe di ceri:
gli occhi vi si fissano
subitamente
e l'anima discende
dalle sperdute immensita'
chiudendosi
in un nodo di fiamme.
Dinnanzi alla tremante fioritura
che chissa' qual divino alito
inclina
verso il sorriso di un'antica madonna,
e' immoto un bimbo.
Guarda, il piccolo, assorto,
e certo vede
nella cappella accesa
uno stupendo albero di Natale,
a cui siano fronde
le diafane dita dei ceri.
Certo sogna, il bambino,
che sian tutti balocchi
i rozzi vetri sanguigni
in cui esita un pallido lume...
Gli sbocca nei grandi occhi intenti
la piccola vita
e tutta si allarga
nella celeste immensita' del sogno.
Sfocia cosi' il tumulto
d'ogni mio male
nel riposo di un'estasi
senza confine
e l'anima ritrova la sua pace,
come un folle balzo di acque
che si plachi, incontrando
la suprema quiete del mare.

Milano, 3 marzo 1931

*

Nevai

Io fui nel giorno alto che vive
oltre gli abeti,
io camminai su campi e monti
di luce –
Traversai laghi morti – ed un segreto
canto mi sussurravano le onde
prigioniere –
passai su bianche rive, chiamando
a nome le genziane
sopite –
Io sognai nella neve di un'immensa
citta' di fiori
sepolta –
io fui sui monti
come un irto fiore –
e guardavo le rocce,
gli alti scogli
per i mari del vento –
e cantavo fra me di una remota
estate, che coi suoi amari
rododendri
m'avvampava nel sangue –

Primo febbraio 1934

*

Non so

Io penso che il tuo modo di sorridere
e' piu' dolce del sole
su questo vaso di fiori
gia' un poco
appassiti –

penso che forse e' buono
che cadano da me
tutti gli alberi –

ch'io sia un piazzale bianco deserto
alla tua voce – che forse
disegna i viali
per il nuovo
giardino.

4 ottobre 1933

*

Notturno invernale

Cosi' lieve e' il tuo passo, fanciullo,
che quasi non t'odo,
dietro me, sul sentiero.
E cosi' pura e' l'ora, cosi' puro
il lume delle grandi stelle
nel cielo viola
che l'anima schiarisce
dentro la notte
come i tetri pini che albeggiano
nel biancore della neve.
Un alto sonno tiene la foresta
ed i monti
e tutta la terra.
Come una grazia cade
dal cielo il silenzio.
Ed io ti sento l'anima battere,
dietro il silenzio,
come un filo vivo di acque
dietro un velo di ghiaccio –
e il cuore mi trema,
come trema il viandante
quando il vento gli porta
attraverso la notte
l'eco d'un altro passo
che segue il suo cammino.
Fanciullo, fanciullo,
sopra il mio cammino,
che va per una landa senza ombre,
sono i tuoi puri occhi
due miracolose corolle
sbocciate a lavarmi lo sguardo.
Fanciullo, noi siamo
in quest'ora divina
due rondini che s'incrociano
nell'infinito cielo,
prima di mettersi in rotta
per plaghe remote.
E domani saremo
soli
col nostro cuore
verso il nostro destino.
Ma ancora, nel profondo, tremera'
il palpito lontano delle ali sorelle
e si convertira'
in nuova ansia di volo.

gennaio 1931

*

Novembre

E poi – se accadra' ch'io me ne vada –
restera' qualche cosa
di me
nel mio mondo –
restera' un'esile scìa di silenzio
in mezzo alle voci –
un tenue fiato di bianco
in cuore all'azzurro –

Ed una sera di novembre
una bambina gracile
all'angolo d'una strada
vendera' tanti crisantemi
e ci saranno le stelle
gelide verdi remote –
Qualcuno piangera'
chissa' dove – chissa' dove –
Qualcuno cerchera' i crisantemi
per me
nel mondo
quando accadra' che senza ritorno
io me ne debba andare.

Milano, 29 ottobre 1930

*

Per Emilio Comici

Si spalancano laghi di stupore
a sera nei tuoi occhi
fra lumi e suoni:

s'aprono lenti fiori di follia
sull'acqua dell'anima, a specchio
della gran cima coronata di nuvole...

Il tuo sangue che sogna le pietre
e' nella stanza
un favoloso silenzio.

Misurina, 7 agosto 1938

*

Periferia (21 gennaio 1938)

Sento l'antico spasimo
– e' la terra
che sotto coperte di gelo
solleva le sue braccia nere –
e ho paura
dei tuoi passi fangosi, cara vita,
che mi cammini a fianco, mi conduci
vicino a vecchi dai lunghi mantelli,
a ragazzi
veloci in groppa a opache biciclette,
a donne,
che nello scialle si premono i seni –

E gia' sentiamo
a bordo di betulle spaesate
il fumo dei comignoli morire
roseo sui pantani.

Nel tramonto le fabbriche incendiate
ululano per il cupo avvio dei treni...

Ma pezzo muto di carne io ti seguo
e ho paura –
pezzo di carne che la primavera
percorre con ridenti dolori.

21 gennaio 1938

*

Periferia in aprile

Intorno aiole
dove ragazzo t'affannavi al calcio:
ed or fra cocci
s'apron fiori terrosi al secco fiato
dei muri a primavera.
Ma nella voce e nello sguardo
hai acqua,
tu profonda frescura, radicata
oltre le zolle e le stagioni, in quella
che ancor resta alle cime
umida neve:
cosi' correndo in ogni vena
e dici
ancora quella strada remotissima
ed il vento
leggero sopra enormi
baratri azzurri.

24 aprile 1937

*

Prati

Forse non e' nemmeno vero
quel che a volte ti senti urlare in cuore:
che questa vita e',
dentro il tuo essere,
un nulla
e che cio' che chiamavi la luce
e' un abbaglio,
l'abbaglio estremo
dei tuoi occhi malati –
e che cio' che fingevi la meta
e' un sogno,
il sogno infame
della tua debolezza.

Forse la vita e' davvero
quale la scopri nei giorni giovani:
un soffio eterno che cerca
di cielo in cielo
chissa' che altezza.

Ma noi siamo come l'erba dei prati
che sente sopra se' passare il vento
e tutta canta nel vento
e sempre vive nel vento,
eppure non sa cosi' crescere
da fermare quel volo supremo
ne' balzare su dalla terra
per annegarsi in lui.

Milano, 31 dicembre 1931

*

Preghiera alla poesia

Oh, tu bene mi pesi
l'anima, poesia:
tu sai se io manco e mi perdo,
tu che allora ti neghi
e taci.

Poesia, mi confesso con te
che sei la mia voce profonda:
tu lo sai,
tu lo sai che ho tradito,
ho camminato sul prato d'oro
che fu mio cuore,
ho rotto l'erba,
rovinata la terra –
poesia – quella terra
dove tu mi dicesti il piu' dolce
di tutti i tuoi canti,
dove un mattino per la prima volta
vidi volar nel sereno l'allodola
e con gli occhi cercai di salire –
Poesia, poesia che rimani
il mio profondo rimorso,
oh aiutami tu a ritrovare
il mio alto paese abbandonato –
Poesia che ti doni soltanto
a chi con occhi di pianto
si cerca –
oh rifammi tu degna di te,
poesia che mi guardi.

Pasturo, 23 agosto 1934

*

Pudore

Se qualcuna delle mie povere parole
ti piace
e tu me lo dici
sia pur solo con gli occhi
io mi spalanco
in un riso beato
ma tremo
come una mamma piccola giovane
che perfino arrossisce
se un passante le dice
che il suo bambino e' bello.

Primo febbraio 1933

*

Radici

Gronda di neve disciolta
la casa. Trasale
l'anima al tonfo delle gocce fitte.

Cosi' sfacendosi
dolorano le cose.

Ma lontano,
oltre i veli del sole e gli insicuri riflessi,
oltre il trascolorare delle ore,
vive un esiguo mondo
d'erba e di terra.

Radici
profonde nel grembo di un monte
a Primavera votate
si celano.

E conosco
io sola
il nome d'ogni fiore
che fiorira',
la luce ed il pezzo di zolla
in cui prima riappaia la tenera
esistenza delle foglie.

Radici
profonde nel grembo di un monte
conservano un sepolto segreto
di origini –
e quello per cui mi riapro
stelo
di pallide certezze.

15 febbraio 1935

*

Respiro

Abbandono notturno
sul masso
al limite della pineta
e il tuo strumento fanciullesco
lentamente
a dire
che una stella
due stelle
sono nate
dal grembo del nevaio
ed un'altra sprofonda
dove la roccia e' nera –

ed un lume va solo
sul ciglio del ghiacciaio
piu' grande di una stella
piu' fioco –
forse la lampada di un pastore –
la lampada di un uomo vivo
sul monte –
colloquio intraducibile
del tuo strumento
col lume dell'uomo vivo –

ascesa inesorabile dell'anima
di la' dal sonno –
di la' dal nero informe
stupore delle cose –

abbandono notturno
sul masso
al limite della pineta –

Breil (Pasturo), 13 agosto 1933

*

Riflessi

Parole – vetri
che infedelmente
rispecchiate il mio cielo –

di voi pensai
dopo il tramonto
in una oscura strada
quando sui ciotoli una vetrata cadde
ed i frantumi a lungo
sparsero in terra lume –

26 settembre 1933

*

Sgorgo

Per troppa vita che ho nel sangue
tremo
nel vasto inverno.

E all'improvviso,
come per una fonte che si scioglie
nella steppa,
una ferita che nel sonno
si riapre,

perdutamente nascono pensieri
nel deserto castello della notte.

Creatura di fiaba, per le mute
stanze, dove si struggono le lampade
dimenticate,
lieve trascorre una parola bianca:
si levano colombe sull'altana
come alla vista del mare.

Bonta', tu mi ritorni:
si stempera l'inverno nello sgorgo
del mio piu' puro sangue,
ancora il pianto ha dolcemente nome
perdono.

12 gennaio 1935

*

Sorelle, a voi non dispiace...

Sorelle, a voi non dispiace
ch'io segua anche stasera
la vostra via?
Cosi' dolce e' passare
senza parole
per le buie strade del mondo –
per le bianche strade dei vostri pensieri –
cosi' dolce e' sentirsi
una piccola ombra
in riva alla luce –
cosi' dolce serrarsi
contro il cuore il silenzio
come la vita piu' fonda
solo ascoltando le vostre anime andare –
solo rubando
con gli occhi fissi
l'anima delle cose –
Sorelle, se a voi non dispiace –
io seguiro' ogni sera
la vostra via
pensando ad un cielo notturno
per cui due bianche stelle conducano
una stellina cieca
verso il grembo del mare.

Milano, 6 dicembre 1930

*

Sventatezza

Ricordo un pomeriggio di settembre,
sul Montello. Io, ancora una bambina,
col trecciolino smilzo ed un prurito
di pazze corse su per le ginocchia.
Mio padre, rannicchiato dentro un andito
scavato in un rialzo del terreno,
mi additava attraverso una fessura
il Piave e le colline; mi parlava
della guerra, di se', dei suoi soldati.
Nell'ombra, l'erba gelida e affilata
mi sfiorava i polpacci: sotto terra,
le radici succhiavan forse ancora
qualche goccia di sangue. Ma io ardevo
dal desiderio di scattare fuori,
nell'invadente sole, per raccogliere
un pugnetto di more da una siepe.

Milano, 22 maggio 1929

*

Tempo

I

Mentre tu dormi
le stagioni passano
sulla montagna.

La neve in alto
struggendosi da' vita
al vento:
dietro la casa il prato parla,
la luce
beve orme di pioggia sui sentieri.

Mentre tu dormi
anni di sole passano
fra le cime dei larici
e le nubi.

II

Io posso cogliere i mughetti
mentre tu dormi
perche' so dove crescono.
E la mia vera casa
con le sue porte e le sue pietre
sia lontana,
ne' io piu' la ritrovi,
ma vada errando
pei boschi
eternamente –
mentre tu dormi
ed i mughetti crescono
senza tregua.

28 maggio 1935

*

Terrazza al Pincio

(ad A. M. C.)

Dai viali, a fiotti, corre sullo spiazzo
una fragranza amara d'oleandri.
Roma, immensa, s'abbuia a poco a poco,
sfiorata di rintocchi. Non un volto,
ne' una voce, ne' un gesto afferro intorno:
solo l'anima tua, solo il mio amore,
sbiancato dalla tua purezza. In breve,
nel cielo smorto di sfrenata attesa,
prorompera' un rimescolio di stelle.

Roma, 27 luglio 1929

*

Treni

A notte
un lento giro d'ombre rosse
alle pareti avviava i treni: tonfi
cupi d'agganci
al sonno si frangevano.

E lavava
lieve la corsa della pioggia il fumo
denso ai cristalli: sogni
s'aprivano continui, balenanti
binari lungo un fiume.

Ora ritorna
a volte a mezzo il sonno quel tuonare
assurdo
e per le mute vie serali, ai lenti
legni dei carri e dentro il sangue
chiama
lunghi fragori – e quell'antico ardente
spavento e sogno
di convogli.

Torino, primo maggio 1937

*

Un destino

Lumi e capanne
ai bivi
chiamarono i compagni.

A te resta
questa che il vento ti disvela
pallida strada nella notte:
alla tua sete
la precipite acqua dei torrenti,
alla persona stanca
l'erba dei pascoli che si rinnova
nello spazio di un sonno.

In un suo fuoco assorto
ciascuno degli umani
ad un'unica vita si abbandona.

Ma sul lento
tuo andar di fiume che non trova foce,
l'argenteo lume di infinite
vite – delle libere stelle
ora trema:
e se nessuna porta
s'apre alla tua fatica,
se ridato
t'e' ad ogni passo il peso del tuo volto,
se e' tua
questa che e' piu' di un dolore
gioia di continuare sola
nel limpido deserto dei tuoi monti

ora accetti
d'esser poeta.

13 febbraio 1935


*

Via dei Cinquecento

Pesano fra noi due
troppe parole non dette

e la fame non appagata,
gli urli dei bimbi non placati,
il petto delle mamme tisiche
e l'odore –
odor di cenci, d'escrementi, di morti –
serpeggiante per tetri corridoi

sono una siepe che geme nel vento
fra me e te.

Ma fuori,
due grandi lumi fermi sotto stelle nebbiose
dicono larghi sbocchi
ed acqua
che va alla campagna;

e ogni lama di luce, ogni chiesa
nera sul cielo, ogni passo
di povere scarpe sfasciate

porta per strade d'aria
religiosamente
me a te.

27 febbraio 1938

*

Vicenda d'acque

La mia vita era come una cascata
inarcata nel vuoto;
la mia vita era tutta incoronata
di schiumate e di spruzzi.
Gridava la follia d'inabissarsi
in profondita' cieca;
rombava la tortura di donarsi,
in veemente canto,
in offerta ruggente,
al vorace mistero del silenzio.

Ed ora la mia vita e' come un lago
scavato nella roccia;
l'urlo della caduta e' solo un vago
mormorio, dal profondo.
Oh, lascia ch'io m'allarghi in blandi cerchi
di glauca dolcezza:
lascia ch'io mi riposi dei soverchi
balzi e ch'io taccia, infine:
poi che una culla e un'eco
ho trovate nel vuoto e nel silenzio.

Milano, 28 novembre 1929

*

Visione

Ancora, per un anno, la scuola
a preservare la mia fanciullaggine cocciuta.
Poi, la mia vita sola
in mare aperto – come una vela sperduta.

Carnisio, 9 luglio 1929

*

Voce di donna

Io nacqui sposa di te soldato.
So che a marce e a guerre
lunghe stagioni ti divelgon da me.

Curva sul focolare aduno bragi,
sopra il tuo letto ho disteso un vessillo –
ma se ti penso all'addiaccio
piove sul mio corpo autunnale
come su un bosco tagliato.

Quando balena il cielo di settembre
e pare un'arma gigantesca sui monti,
salvie rosse mi sbocciano sul cuore:
che tu mi chiami,
che tu mi usi
con la fiducia che dai alle cose,
come acqua che versi sulle mani
o lana che ti avvolgi intorno al petto.

Sono la scarna siepe del tuo orto
che sta muta a fiorire
sotto convogli di zingare stelle.

18 settembre 1937

*

Contemplazione istantanea

Di la' dai vetri tre rondini,
di qua dai vetri tre mosche
sfiondano
bistrattando a gara
due triangoli di svenevole azzurro.

Milano, 6 maggio 1929

*

Quadro

I miei pensieri somigliano stasera
a quest'acqua bambina
che corre a passettini d'argento
dietro tutte le barche.
L'ombra del promontorio,
sul bianco mare,
– bassa nota rauca
in questa sviolinata crepuscolare –
ha il colore abbrunato di un rimorso;
ma, sulla punta,
– nitido come uno squillo battagliero –
l'ansito del faro palpita,
anelando al largo.

S. Margherita, 12 giugno 1929

*

Soste

(a L. B.)

Cosi',
con la mia testa sul tuo grembo
e le tue mani sopra i miei capelli.
Sotto le palpebre, un fervore chiaro
– tutta la rena di una spiaggia, al sole –

dentro,
il silenzio che dondola a ondate
come acqua un po' scura, senza schiuma,
e l'anima che vibra allo sciacquio
come un mollusco gelatinoso
che abbia dischiuso la conchiglia
alla carezza del mare.

Milano, 11 aprile 1929

*********************
DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 103 del 13 aprile 2023
*
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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