[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 98



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 98 dell'8 aprile 2023

In questo numero:
1. Anna Moscucci
2. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
3. Giobbe Santabarbara: Breve una lettera alle persone amiche - e ad altre ancora - per chiedere loro una cosa
4. Joy Harjo: Fuoco
5. Daniela Santoro: Il senso della politica e l'efficacia delle pratiche. Annaspare, risalire, respirare: cronache dagli anni in cui ho imparato davvero a nuotare
6. Lia Cigarini: Il senso della politica e l'efficacia delle pratiche. La politica e' in crisi?
7. Aldo Capitini: Principi dell'addestramento alla nonviolenza

1. LUTTI. ANNA MOSCUCCI

E' deceduta Anna Moscucci, femminista, radicale, ambientalista, solidale, amica della nonviolenza, persona dolce e mite.
Con gratitudine la ricordiamo.

2. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?

Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
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Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
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E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

3. REPETITA IUVANT. GIOBBE SANTABARBARA: BREVE UNA LETTERA ALLE PERSONE AMICHE - E AD ALTRE ANCORA - PER CHIEDERE LORO UNA COSA

Dico subito la cosa che vorrei chiedere a tutte e tutti voi: un nuovo o rinnovato impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
Sono un vecchio militante che ricorda vividamente - ero allora assai giovane - l'occupazione di Alcatraz sul finire degli anni Sessanta, il "Sentiero dei trattati infranti" culminato nell'occupazione del Bureau of Indian Affairs nel 1972, e soprattutto l'occupazione e l'assedio di Wounded Knee del 1973. E' da allora che anch'io sento il dovere di sostenere la lotta delle popolazioni native nordamericane contro il genocidio, l'etnocidio e l'ecocidio di cui sono vittima (e con loro l'umanita' intera e l'intero mondo vivente) da parte del potere razzista, stragista, rapinatore e devastatore bianco. Lungo oltre mezzo secolo non ho saputo fare granche', se non impegnarmi qui in Italia in iniziative che credo siano state almeno coerenti con quella lotta, nella convinzione che tutto si tiene, che tutto e' collegato, o per dirla con una luminosa espressione Lakota: "Mitakuye Oyasin".
Sono stato un lettore di "Akwesasne Notes", la bella, indimenticabile rivista che negli anni '70-'90 fu primario strumento d'informazione su quelle lotte, su quelle esperienze di pensiero e azione. E credo sia stato attraverso "Akwesasne Notes" che conobbi la vicenda di Leonard Peltier. Successivamente, come molte altre persone, lessi il libro di Edda Scozza, quello di Peter Matthiessen e la sua autobiografia.
Da un paio d'anni il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo si sta particolarmente impegnando nella mobilitazione nonviolenta internazionale per la liberazione di Leonard Peltier, ed io con esso.
Leonard Peltier e' detenuto innocente ormai da 47 anni, e la sua salute e' gravemente deteriorata. Dal carcere ha continuato a lottare con gli strumenti della testimonianza e della parola, della poesia e dell'arte, per i diritti dei popoli oppressi, per i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la Madre Terra.
Come e' noto la sua liberazione e' stata chiesta nel corso degli anni da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, come papa Francesco e il Dalai Lama, da istituzioni come il Parlamento Europeo, da associazioni umanitarie come Amnesty International, da milioni (si', milioni) di persone di tutto il mondo.
E come e' altrettanto noto la sua liberazione dipende unicamente dalla concessione della grazia presidenziale da parte del Presidente degli Stati Uniti d'America, a cui quotidianamente pervengono richieste a tal fine (tra le piu' recenti: quella della Commissione giuridica ad hoc dell'Onu; quella unanime del Comitato nazionale del Partito Democratico degli Stati Uniti - il partito cui lo stesso Presidente Biden appartiene).
Dalla provincia italiana non si puo' fare molto, ma quel poco che si puo' fare va fatto.
Cosa chiedo dunque in concreto alle persone amiche - ed alle altre ancora - cui indirizzo questa lettera? Tre cose.
La prima, far conoscere la vicenda di Leonard Peltier e diffondere l'appello per la sua liberazione.
La seconda, scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedergli di concedere la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
La terza, scrivere a Leonard Peltier e al comitato internazionale che lo sostiene, l'International Leonard Peltier Defense Committee, per esprimere loro il proprio sostegno.
Tutto qui.
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Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America: nel sito della Casa Bianca aprire la pagina attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Per scrivere a Leonard Peltier l'indirizzo e': Leonard Peltier, #89637-132, USP Coleman I, P.O. Box 1033, Coleman, FL 33521; trattandosi di un carcere di massima sicurezza possono essere inviate solo lettere postali, e nessun oggetto.
Per scrivere all'International Leonard Peltier Defense Committee: e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
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Grazie per l'attenzione, e un cordiale saluto da
Giobbe Santabarbara

4. POESIA E VERITA'. JOY HARJO: FUOCO
[Da Joy Harjo, Un delta nella pelle. Poesie scelte, 1975-2001, Passigli, Bagno a Ripoli (Fi) 2017, p. 63, traduzione di Laura Coltelli]

una donna non puo' sopravvivere
col suo solo
respiro
deve conoscere
le voci delle montagne
deve riconoscere
l'eternita' del cielo azzurro
deve fluttuare
con i corpi
sfuggenti
dei venti della notte
che la conducono
dentro se stessa

guardami
io non sono una donna divisa
io sono la continuita'
del cielo azzurro
sono la gola
delle montagne
un vento notturno
che brucia
a ogni suo respiro.

5. RIFLESSIONE. DANIELA SANTORO: IL SENSO DELLA POLITICA E L'EFFICACIA DELLE PRATICHE. ANNASPARE, RISALIRE, RESPIRARE: CRONACHE DEGLI ANNI IN CUI HO IMPARATO DAVVERO A NUOTARE
[Dal sito della "Libreria delle donne" di Milano riprendiamo e diffondiamo]

Sono da piu' giorni seduta davanti a questo schermo, con la difficolta' di trovare le parole giuste, che un periodo convulso come questo - tra novita' lavorative e relazionali - porta con se', cercando di ritagliarmi un po' di tempo per sedermi in silenzio e riflettere. Penso spesso all'ultima redazione aperta di Via Dogana del 4 dicembre, sono passati piu' di tre mesi. Penso come questo tavolo, questo spazio, questi incontri siano in se' l'essenza del piacere femminile. Un piacere che mai nella mia vita avevo incontrato prima di questo fecondo ciclo di incontri del 2022, in questa sorprendente collaborazione tra noi Compromesse e la Redazione di via Dogana. Ogni incontro e' stato per me un tassello nella scalata verso la riscoperta dell'esperienza dell'essere donna, sorretta - in questo spigoloso cammino - dalle parole di tutte le donne che mi hanno circondato in questo anno. Annie Marino, proprio il 4 dicembre, parlo' del piacere come "toccarsi con la parola" e questo sintagma mi frulla nella testa da giorni, in un momento in cui parole ne trovo molto poche.
Un avviso: quanto state per ascoltare sara' un piccolo momento di auto-analisi pubblica, forse un po' autoreferenziale e me ne scuso, ma penso che il modo migliore per epigrafare i miei pensieri sia partire tirando le somme dell'anno passato, il 2022. Anzi, inizierei da qualche attimo prima (non vogliatemene): il 2017, piu' precisamente settembre 2017.
A diciotto anni lascio il nido materno, fuggo, scappo lontana da sicurezze e insicurezze, abbandono l'aria salmastra di una cittadina sull'orlo del declino affacciata sul Mar Ionio. Sulle mie spalle un peso piu' grande di quanto mai sia riuscita a sopportare; ciononostante si tira avanti, si cercano nuove amicizie, nuove compagnie, e' difficile reinventarsi all'improvviso, soprattutto per me: ho sempre fatto fatica a vivere le persone. Passano i mesi, in qualche modo riesco a ritagliarmi i miei spazi tra casa nuova, aule nuove, vita nuova. Spesso sono sola, mi va bene cosi': accetto e accolgo il silenzio. Gli esami vanno bene, tutti tranne uno. Non ho mai accettato di sbagliare, eppure succede. Capisco di essere umana per la prima volta nella mia vita, annaspo tra la delusione e la tristezza, a testa bassa tiro avanti, in silenzio.
Sto male, sempre peggio, all'universita' non ci vado manco piu'. Rispolvero qualche arma del passato da adolescente turbolenta, poi decido di andare in terapia. In terapia pero' parlo di altro, come ho gia' detto faccio fatica con le persone: non importa che questa sia pagata per ascoltarmi o meno. Passano gli anni, piano piano le cose migliorano, riprendo in mano gli esami, studio tanto, tantissimo, trovo degli amici sinceri: siamo sempre insieme - lezioni, studio, balotte - compiamo atti di sano vandalismo, Bologna finalmente mi fa sentire a casa. Sono passati quasi tre anni, e' gennaio del 2020.
Quello che non ho detto e' che accanto a me si muove una figura circospetta e silenziosa, l'onnipresente del terzo millennio: la depressione.
Improvvisamente compio ventun anni. E' il 21 febbraio 2020, sono a Sofia, sull'autobus verso la galleria nazionale leggo un messaggio: e' arrivato coluichenondeveesserenominato. Al rientro dalla mini-vacanza, il 24 febbraio, do una piccola festa con quegli amici sinceri di cui sopra: sara' l'ultima volta in cui saremo tutti insieme.
La citta' si svuota, resto sola, di nuovo. Sopporto, con difficolta', e provo ad andare avanti. Mi vesto delle migliori intenzioni, ma c'e' chi ha piani diversi per me. Ritornano i vecchi vizi e le vecchie abitudini, va sempre peggio. Bologna la mal sopporto, i suoi colori caldi e l'umidita' del Reno che la attraversa mi raffreddano le ossa, raffreddano ogni cosa intorno a me. Fronteggio nuovamente la mia essenza di essere umano, lo specchio mi urta, non mi ci rifletto piu', mi taglio i capelli da sola, formatto il computer. Non esisto piu', va bene cosi'. Un'ombra si aggira per casa mia e mette in disordine ogni cosa, svuota le dispense, svuota le bottiglie, imbratta il bagno, taglia il mondo fuori: scopriro' con il senno di poi quell'ombra essere me. Quando l'ombra non c'e', riesco a dare qualche esame: me ne restano due. Chiudo baracca e burattini, e' aprile 2021: mi trasferisco a Milano. Resta l'umidita', via le case dai colori caldi: piano piano qualcosa si riaccende, nella metropoli accetto la mia umanita'. Ricordo me stessa bambina con mia sorella che mi tiene la mano in piazza Duomo, quanto mi piaceva venirla a trovare. Adesso ci sono io accanto a quella bambina e le stringo forte la mano, mentre un sorriso spezzato mi si dipinge in volto: scusami. Mi rendo conto che in fondo le devo finalmente un po' di serenita'.
Inizio a guardarmi intorno e mi accorgo di tutte le porte che ho chiuso in faccia a chi cercava di tendermi la mano: sono ancora li' ad aspettarmi, decido di farmi tirare fuori dal baratro una volta per tutte.
Vorrei dire che la serenita' che adesso mi pervade e' solo in qualche modo dipesa da me, ma sarebbe disonesto. Il punto e' che ho passato una gran parte della mia vita a isolarmi, nella convinzione di essere circondata da persone. La mia esistenza reale cozzava con l'esistenza virtuale, dove i miei problemi, i miei pensieri non esistevano. Anche per questo forse ho iniziato a sentirmi parte di qualcosa solo quando sono arrivata qui a Milano e mi sono ricongiunta con pezzi di me, con le briciole che Pollicino aveva sparso per ritrovare la strada. Cosi' io ho ritrovato la mia famiglia, le amiche di sempre e le sorelle che in quei mesi precedenti mi avevano aperto il loro cuore virtuale: Le Compromesse, da ennesima mia identita' virtuale, erano qualcosa di realmente esistente, in carne e ossa, erano corporee e umane tanto quanto me. Quanto mi ha sollevata questo pensiero. Non solo, quanto mi ha stimolata questo pensiero. Sentire il loro calore accanto al mio, sedute a Parco Sempione, mi ha fatto capire che avevamo in mano qualcosa di speciale, che io ero parte di quella cosa speciale e soprattutto che niente e nessuno - nemmeno le mie tendenze autosabotatrici - avrebbe mai potuto ostacolare i nostri progetti. Finalmente ero parte di qualcosa di importante, ma soprattutto avevo preso coscienza di quanto quella "cosa importante" fosse reale: loro erano li' con me, non solo dietro una webcam come nei mesi precedenti in cui la nebbia perenne obnubilava la mia ragione.
Quello che era nato per gioco, in cui io mi ero trovata un po' per caso in un momento in cui passavo piu' tempo ad annullarmi in un sorriso dietro uno schermo colorato che a fronteggiare la grigia realta' che mi rendeva vuota, era reale. Niente piu' scherzi, niente piu' silenzi. Come una sferzata di aria compressa, la corporeita' del nostro progetto mi ha violentemente colpito in faccia. E' stata una doccia fredda realizzare che oltre lo schermo vi erano delle persone, delle donne, con le loro sofferenze tanto quanto me. Tutto ha cambiato colore, l'arcobaleno si e' aperto davanti ai miei occhi fino a quel momento daltonici. Ed e' subito estate.
E poi, tra le luci fioche dell'inverno, si apre uno sprazzo di primavera. Finiscono gli esami, sparisce quel senso di incompiuto. Entrano nella mia vita altre donne. Alcune sono sedute accanto a me a questo tavolo, altre qui davanti ai miei occhi, altre accanto a me con il pensiero. Quel progetto che era nato per gioco diventa ancora piu' importante, altre porte si sono aperte, altre mani tese e per la prima volta non ho avuto paura di stringerle. La prima volta che mi sono seduta a questo tavolo era il 6 marzo dello scorso anno: una nuova speranza.
Tra le redazioni ristrette e aperte ho imparato altre donne, reali, corporee come me: la solitudine e' una zavorra del passato che ha soppresso la mia voce e i miei pensieri a lungo. E ora sono felice, felice delle mie tristezze e di quei mali che a volte ancora mi stringono lo stomaco, perche' mi rendono reale, felice di aver imparato a dare luce alle persone, alle cose che contano, perche' se non l'avessi fatto non sarei qui, non sarei ora.
Oggi sono io, e lo sono anche per loro e per tutte voi.Sono io grazie a quelle voci di donne, quegli abbracci di donne, quei respiri di donne e soprattutto parole di donne che si sono avvicendati intorno a me nell'ultimo anno. Voci, abbracci, respiri, parole che mi hanno insegnato la comunione, che mi hanno strappata dalla solitudine, che mi hanno insegnato a essere viva tanto quanto loro erano vive.

6. RIFLESSIONE. LIA CIGARINI: IL SENSO DELLA POLITICA E L'EFFICACIA DELLE PRATICHE. LA POLITICA E' IN CRISI?
[Dal sito della "Libreria delle donne" di Milano riprendiamo e diffondiamo]

La politica e' in crisi? No. Io dico che la politica sta cambiando. I partiti nella forma conosciuta non esistono piu', tuttavia non si puo' dire che l'Italia e' un paese in cui non si fa piu' politica.
Vincenzo Vita sul manifesto del 2 marzo 2023 scrive: "Lo scenario desolante che ereditiamo ha devastato le coscienze e ha lasciato soli i movimenti e l'associazionismo pure ricchissimi e diffusi".
Io aggiungo soltanto che questi movimenti sono la politica. Si tratta di moltissime realta' di associazionismo, volontariato e di iniziative di vari gruppi per risolvere singoli problemi.
Non solo, c'e' il movimento delle donne, che si e' basato sulla non professionalita' della politica e dell'organizzazione, che ha una grande presenza di luoghi aperti anche sulla strada come librerie, case delle donne, libere universita', centri contro il maltrattamento alle donne ecc.
Per fare un esempio di associazionismo attivo nella politica e nella cultura c'e' l'ARCI (Associazione Ricreativa Culturale Italiana), con 800mila iscritti, che apre le sue sedi alle riunioni degli studenti e di chi ne ha bisogno e non le trova, e da parte sua fa moltissime iniziative culturali e politiche. Luciana Castellina e' stata per dieci anni presidente di questa associazione.
Nella trentesima giornata internazionale del volontariato, che si e' celebrata il 6 dicembre 2022, il presidente Mattarella ha espresso alle volontarie e ai volontari d'Italia - un popolo di almeno 5 milioni di persone secondo l'ISTAT - "il profondo senso di gratitudine della Repubblica". Infatti e' nelle migliaia di associazioni impegnate ovunque in attività necessarie che il volontariato esprime quotidianamente la sua potenza di intervento, per esempio moltissime e moltissimi giovani sono andati a Ischia a spalare dopo la frana del novembre 2022. Infine ci sono i circoli cooperativi, che e' la forma giuridica adottata anche dalla Libreria delle donne di Milano.
Di recente l'associazione NEXT - Nuova economia per tutti ha indetto un forum a Roma in cui si e' discusso di dare "nuove parole e scelte" di cui la politica nazionale ha un estremo bisogno. Il mondo del terzo settore, puntualizza Valeria Negrini (portavoce del Forum del Terzo Settore), non si occupa solo di sociale, ma di politica, di rigenerazione urbana, di agricoltura sociale ed e', con il mondo artistico e culturale, il piu' grande patrimonio che questo paese ha. Possiamo quindi parlare di una trasformazione della politica, non di crisi totale, di un allargamento della politica da parte di quelli che la fanno in carne ed ossa.
Anche secondo il sociologo Aldo Bonomi la politica nazionale ha bisogno di nuove parole, che la societa' civile ha gia' iniziato a sperimentare e a vivere sul campo (il manifesto, 29/9/2022). Ma, sostiene Bonomi, "questo pullulare di fermenti sociali e politici restano chiusi e autoreferenziali e devono invece fare carovana".
Ebbene, le nuove parole ha cominciato a dirle con forza il movimento delle donne quando ha inaugurato la pratica del partire da se' e della relazione. Sono le relazioni che mancano, nella politica degli uomini basata sul mercato e sui diritti: la poverta' politica a sinistra contrasta con la ricchezza dell'esperienza sociale diffusa sul territorio, quindi attraverso questa esposizione del senso politico dell'associazionismo e del volontariato si puo' dire che e' la politica maschile che e' in crisi. E di conseguenza e' in crisi la democrazia rappresentativa.
A questo punto Giordana Masotto avanza questa obiezione: "Questa crisi della democrazia rappresentativa costituisce un grave problema anche per noi, non possiamo disinteressarcene. Quindi dobbiamo trovare il nesso tra questa politica di cui tu parli e la democrazia rappresentativa". Anche a me interessa questo nesso di cui Giordana parla, non sono infatti d'accordo che la crisi della democrazia rappresentativa sia irreversibile, anche perche' la destra pensa di proporre in alternativa il funesto presidenzialismo. La democrazia puo' essere riacciuffata e cambiata.
D'altra parte gia' da anni abbiamo distinto tra politica diretta, la nostra e quella dell'associazionismo e del volontariato, e politica indiretta. Al momento e' sotto gli occhi di tutti che i partiti sono completamente staccati dalla realta' del paese perche' non hanno piu' un rapporto coi cittadini, vale a dire quel rapporto previsto dalla Costituzione italiana. Quindi, il nesso che Giordana considera necessario si costituisce a partire in primis dalla politica delle donne, dell'associazionismo, del volontariato.
A questo punto per me nasce un problema che poneva gia' Luisa Muraro in un incontro a Milano il 15/6/1996 intitolato "Politica senza professione". Capita "con tutte le donne che non capiscono che con il primum femminile e la relazione donna con donna si crea un garbuglio terribile quando si parla; qui non abbiamo questo problema, possiamo andare sul semplice perche' qui siamo tutte d'accordo. Noi sappiamo gia'. Allora avendo una chiarezza pratica questo fa una grande chiarezza nel parlare". Ecco, noi stiamo troppo tra di noi, e ci capiamo senza bisogno di far la storia della pratica politica tutte le volte. Dobbiamo fare allargamenti e incontri con le altre, senno' sei messa in difficolta', non sai come far capire la tua pratica, perche' ti dicono che cos'e' la liberta', se non che io posso arrivare a cariche che prima erano riservate agli uomini? A me ha colpito un'intervista pubblicata dal Manifesto a una giovane di NonUnaDiMeno: ho capito che non avrei saputo spiegare la nostra politica a questa ragazza, quindi sono d'accordo con il problema di linguaggio posto da Luisa Muraro.

7. TESTI. ALDO CAPITINI: PRINCIPI DELL'ADDESTRAMENTO ALLA NONVIOLENZA
[Riproponiamo ancora una volta il testo del capitolo ottavo, "Principi dell'addestramento alla nonviolenza", del libro di Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Libreria Feltrinelli, Milano s. d. (ma 1967). Successivamente il libro e' stato ristampato nel 1989 da Linea d'ombra edizioni, Milano (con minimi tagli nella nota bibliografica). E' stato poi integralmente incluso in Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992 (alle pp. 253-347).
Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Tra le opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' ancora quella a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori, Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); ma notevole ed oggi imprescindibile e' anche la recente antologia degli scritti a cura di Mario Martini, Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004, 2007; delle singole opere capitiniane sono state recentemente ripubblicate: Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989, Edizioni dell'asino, Roma 2009; Elementi di un'esperienza religiosa, Cappelli, Bologna 1990; Colloquio corale, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2005; L'atto di educare, Armando Editore, Roma 2010; cfr. inoltre la raccolta di scritti autobiografici Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; La religione dell'educazione, La Meridiana, Molfetta 2008; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Piu' recente e' la pubblicazione di alcuni carteggi particolarmente rilevanti: Aldo Capitini, Walter Binni, Lettere 1931-1968, Carocci, Roma 2007; Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008; Aldo Capitini, Guido Calogero, Lettere 1936-1968, Carocci, Roma 2009. Tra le opere su Aldo Capitini: a) per la bibliografia: Fondazione Centro studi Aldo Capitini, Bibliografia di scritti su Aldo Capitini, a cura di Laura Zazzerini, Volumnia Editrice, Perugia 2007; Caterina Foppa Pedretti, Bibliografia primaria e secondaria di Aldo Capitini, Vita e Pensiero, Milano 2007; segnaliamo anche che la gia' citata bibliografia essenziale degli scritti di Aldo Capitini pubblicati dal 1926 al 1973, a cura di Aldo Stella, pubblicata in Il messaggio di Aldo Capitini, cit., abbiamo recentemente ripubblicato in "Coi piedi per terra" n. 298 del 20 luglio 2010; b) per la critica e la documentazione: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Mario Martini (a cura di), Aldo Capitini libero religioso rivoluzionario nonviolento. Atti del Convegno, Comune di Perugia - Fondazione Aldo Capitini, Perugia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Gian Biagio Furiozzi (a cura di), Aldo Capitini tra socialismo e liberalismo, Franco Angeli, Milano 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; Maurizio Cavicchi, Aldo Capitini. Un itinerario di vita e di pensiero, Lacaita, Manduria 2005; Marco Catarci, Il pensiero disarmato. La pedagogia della nonviolenza di Aldo Capitini, Ega, Torino 2007; Alarico Mariani Marini, Eligio Resta, Marciare per la pace. Il mondo nonviolento di Aldo Capitini, Plus, Pisa 2007; Maura Caracciolo, Aldo Capitini e Giorgio La Pira. Profeti di pace sul sentiero di Isaia, Milella, Lecce 2008; Mario Martini, Franca Bolotti (a cura di), Capitini incontra i giovani, Morlacchi, Perugia 2009; Giuseppe Moscati (a cura di), Il pensiero e le opere di Aldo Capitini nella coscienza delle giovani generazioni, Levante, Bari 2010; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; e Amoreno Martellini, Fiori nei cannoni. Nonviolenza e antimilitarismo nell'Italia del Novecento, Donzelli, Roma 2006; c) per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato ed i volumi bibliografici segnalati sopra]

Una parte del metodo nonviolento, tra la teoria e la pratica, spetta all'addestramento alla nonviolenza. Le ragioni principali per cui e' necessaria questa parte sono queste:
a) l'attuazione della nonviolenza non e' di una macchina, ma di un individuo, che e' un insieme fisico, psichico e spirituale;
b) la lotta nonviolenta e' senza armi, quindi c'e' maggior rilievo per i modi usati, per le qualita' del carattere che si mostra;
c) una campagna nonviolenta e' di solito lunga, e percio' e' utile un addestramento a reggerla, a non cedere nemmeno per un istante;
d) la lotta nonviolenta porta spesso sofferenze e sacrifici; bisogna gia sapere che cosa sono, bisogna che il subconscio non se li trovi addosso improvvisamente con tutto il loro peso;
e) le campagne nonviolente sono spesso condotte da pochi, pochissimi, talora una persona soltanto; bisogna che uno si sia addestrato a sentirsi in minoranza, e talora addirittura solo, e perfino staccato dalla famiglia.
I maestri di nonviolenza si sono trovati davanti al problema dell'addestramento, sia per riprodurre nel combattente nonviolento le qualita' fondamentali del "soldato", sia per trarre dal principio della nonviolenza cio' che essa ha di specifico. Si sa che le qualita' del guerriero sono formate e addestrate fin dai tempi della preistoria e si ritrovano perfino al livello della vita animale. Le qualita' del nonviolento hanno avuto una formazione piu' incerta, meno consistente ed energica, per la stessa ragione che la strategia della pace e' meno sviluppata della strategia della guerra. Ma, prima che Gandhi occupasse il campo della nonviolenza con il suo insegnamento, il piu' preciso e articolato che mai fosse avvenuto, indubbiamente ci sono stati addestramenti alla nonviolenza, contrapposti a quelli violenti; esempi di monaci buddisti, i primi cristiani, i francescani, che hanno lasciato indicazioni preziose in questo campo, che qui non e' possibile elencare. Ma basti pensare all'armonia della posizione di Gesu' Cristo espressa in quella raccolta di passi che e' detta "il discorso della montagna", dove e' il suscitamento di energia per resistere, per incassare i colpi, ricordando il "servo di Dio" come era stato espresso da Isaia (cap. LIII): "Maltrattato, tutto sopportava umilmente"; l'enunciazione del rapporto con le cose, del valore della prassi, ma anche l'elemento contemplativo, come un mondo migliore gia' dato in vista all'immaginazione nelle beatitudini, messe giustamente in principio perche' sono l'elemento piu' efficace nell'addestramento, anche piu' della preghiera.
Gli Esercizi spirituali di Sant'Ignazio, il fondatore della Compagnia dei Gesuiti, sono un testo famoso di addestramento spirituale, e il loro esame puo' essere utile per vedere il carattere di quell'addestramento incentrato sulla persona di Gesu' Cristo, sull'istituzione della Chiesa romana, sull'obbedienza assoluta come se si fosse cadaveri: tali caratteri vanno posti insieme con quelli dell'addestramento militare, che e' chiuso nell'immedesimazione con un Capo o Sovrano, nella difesa di un'istituzione che e' lo Stato, nell'obbedienza che e' rinuncia a scelte e ad iniziative; "chiuso", perche' il metodo nonviolento non discende da un Capo, ma e' aperto a immedesimarsi con tutte le persone, a cominciare dalle circostanti: non fa differenza tra compagni e non compagni, perche' e' aperto anche agli avversari che considera uniti nella comune realta' di tutti; ne' puo' fare dell'obbedienza un principio di assoluto rilievo, perche' l'addestramento nonviolento tende a formare abitudini di consenso e di cooperazione, riducendo l'obbedienza a periodi non lunghi per i quali essa venga concordata, per condurre un'azione particolare.
I piu' grandi valori spirituali escono da una concezione aperta, non chiusa; essi sono per tutti, non per un numero chiuso di persone. Cosi e' per es. la musica; essa parla come da un centro, ma il suo raggio e' infinito, oltre il cerchio di coloro che in quel momento sono presenti: ci sono altri che l'ascoltano per radio e altri, infinitamente, che potranno ascoltarla. Cosi' e' l'azione nonviolenta: essa e' compiuta da un centro, che puo' essere di una persona o di un gruppo di persone; ma essa e' presentata e offerta affettuosamente al servizio di tutti: essa e' un contributo e un'aggiunta alla vita di tutti. Questo animo e' fondamentale nell'addestramento alla nonviolenza: sentirsi centro rende modesti e pazienti, toglie la febbre di voler vedere subito i risultati, toglie la sfiducia che l'azione non significhi nulla. Anche se non si vede tutto, l'azione nonviolenta e' come un sasso che cade nell'acqua e causa onde che vanno lontano. Questo animo di operare da un centro genera a poco a poco il sentimento della realta' di tutti., dell'unita' che c'e' tra tutti gli esseri, un sentimento molto importante per la nonviolenza, che e' incremento continuo del rapporto con tutti.
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Elementi storici, ideologici, psicologici dell'addestramento
Entriamo ora nell'esame dei vari elementi che compongono l'addestramento. E vediamo come primi due elementi storici, uno particolare ed uno generale:
a) nella situazione storica in cui si vive bisogna accertare cio' contro cui si deve lottare nonviolentemente: un'oppressione, uno sfruttamento, un'ingiustizia, un'invasione ecc.; questo accertamento e' uno stimolo per raccogliere le energie e per indurre ad un attento esame della concreta situazione;
b) l'elemento storico generale e' la persuasione del posto che oggi ha la nonviolenza nella storia dell'umanita': se si tiene presente il quadro generale attuale si vede che ai grandi Stati-Imperi politico-militari che si stanno formando, bisogna contrapporre, come al tempo dei primi cristiani, un agire assolutamente diverso, una valutazione dell'individuo, una fede che congiunge persone diverse e lontane. Sentire che questo e' il momento per l'apparizione e il collegamento del mondo nonviolento fa capire che oggi non valgono piu' le vecchie ideologie che assolutizzavano la patria: oggi la patria suprema e' la realta' di tutti, da cui viene il rifiuto di divinizzare gli Stati e i loro Capi, di bruciare il granello d'incenso in loro onore.
Anche gli elementi ideologici sono essenziali nell'addestramento:
a) lo studio delle teorie della nonviolenza, la lettura dei grandi episodi e delle grandi campagne, l'escogitazione di casi in cui uno potrebbe trovarsi per risolverli con la nonviolenza; l'informazione su cio' che e' stato finora fatto con il metodo nonviolento e le frequenti discussioni con gruppi nonviolenti e anche con estranei alla nonviolenza, per ricevere obbiezioni, critiche, disprezzo o ridicolo;
b) il mutamento della considerazione abituale della vita come amministrazione tranquilla del benessere: il sapere bene che in questa societa' sbagliata i nonviolenti sono in un contrasto, che la loro vita sara' scomoda, che e' normale per loro ricevere colpi, essere trattati male, veder distrutti oggetti propri.
Da questi due elementi ideologici conseguono due tipi di esercizi:
1. il primo e' la meditazione (che puo' essere fatta dalla persona singola o dal gruppo nonviolento in circolo silenzioso) di qualche evento culminante delle passate affermazioni della nonviolenza. Esempi: Gesu' Cristo al momento dell'arresto, quando riaffermo' chiaramente la sua differenza dal metodo della rivolta armata; la marcia del sale effettuata da Gandhi; la visita di San Francesco al Sultano per superare le crociate sanguinose; l'angoscia dell'aviatore di Hiroshima;
2. il secondo e' la scuola di nonviolenza istituita appositamente (come hanno fatto i negri d'America) per abituarsi a ricevere odio, offese, ingiurie, colpi (esempi: parolacce, percosse, oggetti lanciati; essere arrestato, legato).
Vediamo ora alcuni elementi psicologici:
a) il nonviolento e' convinto che la cosa principale non e' vincere gli altri, ma comportarsi secondo nonviolenza; nelle dispute il nonviolento non vuota tutto il sacco delle critiche, delle accuse, degli argomenti a proprio vantaggio, e lascia sempre qualche cosa di non detto, come un silenzioso regalo all'avversario; naturalmente evita le ingiurie, quelle che si imprimono per sempre come fuoco nell'animo dell'avversario, e che pare aspettassero il momento adatto per esser dette. Il nonviolento pensa che l'avversario e' un compagno di viaggio; e puo' avere fermezza e chiarezza, senza amareggiarlo;
b) il nonviolento e' convinto che non e' la fretta a vincere, ma la tenacia, l'ostinazione lunga, come la goccia che scava la pietra, come la cultura che cresce a poco a poco, come il corallo (il paragone e' del Gregg) si forma lentamente ed e' durissimo. La pressione nonviolenta e' lenta e instancabile: e' difficile che se e' cosi, non riesca. Perde chi cede, chi si stanca, chi ha paura;
c) il persuaso della nonviolenza, formandosi, viene collocando la nonviolenza al contro delle passioni, degli altri affetti, dei sentimenti; cioe' non e' necessario che egli faccia il vuoto nel mondo dei suoi sentimenti, perche' il vuoto potrebbe inaridire la stessa nonviolenza; ma egli stabilisce, con un lungo esercizio di scelte e di freni, la prospettiva che mette al centro lo sviluppo della nonviolenza, e tutto il resto ai lati;
d) l'interno ordine psicologico puo' essere aiutato dalla persuasione che la nonviolenza conta su una forza diversa da quella dei meccanismi naturali (la scienza non dice di aver esaurito l'elenco delle forze che agiscono sulla realta'): questa forza diversa puo' essere chiamata lo Spirito, puo' essere personificata in Dio, e la preghiera e' uno dei modi per stabilire e rafforzare il proprio ordine interno;
e) un altro elemento di forza interiore e' quello conseguito con decisione come voti, rinunce, digiuni: sono eventi importanti che influiscono sulla psiche, le danno il senso di una tensione elevata, la preparano a situazioni di impegno.
Da questi elementi psicologici conseguono importanti modi di comportamento:
1. la costante gentilezza e pronta lealta' verso tutti; la gentilezza e' un'espressione della vita nonviolenta, come una volta l'eremitismo era una posizione della vita religiosa; gentilezza vuol dire anche tono generalmente calmo e chiaro della voce;
2. la cura della pulizia personale, degli abiti, delle cose circostanti; essa suscita rispetto verso se stessi e rispetto negli altri verso il nonviolento, mentre e' facile destare violenza contro chi e' sporco, puzza, non si lava ed e' trascurato nel vestito e nelle sue cose;
3. un buon umore e spesso lo humor (dice giustamente il Gregg che corrisponde alla "umilta'" raccomandata un tempo). Insomma il nonviolento lascia ridere gli altri su di se', e si associa spesso a loro;
4. l'attenzione a mantenersi in buona salute e capaci di resistere agli sforzi, mediante la sobrieta', regole igieniche, cure, e' utile al nonviolento per possedere una riserva di energia per affrontare prove straordinarie.
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Gli elementi sociali
Gli elementi sociali hanno importanza preminente nell'addestramento. Vediamone alcuni:
a) Una prova di apertura sociale e' la nonmenzogna. E' noto quanta importanza abbia la veracita' nei voti gandhiani, nei voti francescani. San Francesco una volta accetto' che fosse messo un pezzo di pelliccia all'interno della tonaca dove questa urtava sulla sua piaga, purche' un identico pezzo di pelliccia fosse messo all'esterno, nella parte corrispondente. La nonmenzogna rende gli altri potenzialmente presenti alla propria vita, stabilisce che cio' che uno pensa, e' potenzialmente di tutti.
b) Un addestramento di alta qualita' sociale e' l'unirsi con altri per costituire assemblee periodiche per la discussione dei problemi locali e generali, per esercitare il controllo dal basso su tutte le amministrazioni pubbliche. I nonviolenti sono i primi animatori di questa attivita' aperta che comprende tutti, e fa bene a tutti, e che si realizza con la regola del dialogo di "ascoltare e parlare".
c) Un'attivita' particolare esercitano i nonviolenti per diffondere tra tutti la lotta contro la guerra, la sua preparazione e la sua esecuzione.
d) I nonviolenti impiantano un'attivita' continua di aiuto sociale nel mondo circostante, sia associandosi nei Pronti Soccorsi, sia realizzando iniziative di visite ai carcerati, di aiuto agli ex-carcerati, di visitare malati, di educazione e ricreazione dei fanciulli, di educazione degli adulti, di cura dei vecchi, di aiuto alla salute pubblica, di amicizia con i miseri. I nonviolenti fanno le loro campagne nonviolente, movendo da una normale attivita' di servizio sociale precedente alla campagna e tornando ad essa, appena finita la campagna con successo o no: e' anche un modo per ritemprare le forze, per non incassare inerti una sconfitta.
e) Il Gregg ha molto insistito, anche in un saggio speciale, sull'importanza del lavoro manuale nell'addestramento alla nonviolenza perche' crea un senso di fratellanza nel fare qualche cosa con gli altri ben visibilmente, e abitua alla disciplina, a sottomettersi pazientemente ad uno scopo.
f) Un altro elemento sociale e' il cantare insieme, fare balli popolari, passeggiate ed esecuzioni e sport collettivi, mangiare insieme.
g) Qualcuno suggerisce anche di sostituire a quello che e' l'orgoglio dei soldati per le glorie del loro "reggimento", l'affermazione di cio' che il gruppo nonviolento ha fatto. Ma fondamentale e' far comprendere che le azioni nonviolente sono per tutti, e, non soltanto per il centro che le promuove.
h) Affiancata all'addestramento nella nonviolenza, e' la conoscenza di leggi, per il caso dell'urto con la polizia o lo Stato, con arresti, processi, prigionia.
L'addestramento e' necessario per dare una solida preparazione alle situazioni. I nonviolenti debbono avere una serie di abitudini consolidate e possedere una serie di previsioni di probabili conseguenze delle loro azioni nonviolente. Il Gregg cita l'utilita' dell'imparare a nuotare come segno dei passaggio al possesso di un'abitudine, della paura iniziale e dell'aiuto venuto anche da altri nell'addestramento. Chi ha provato che cosa sia la prigione per un notevole periodo, sa quanto sarebbe utile prepararsi a. sdrammatizzare l'avvenimento nel proprio animo, visitando le prigioni, aiutando gli ex-carcerati ecc. Anche la nonviolenza e' certamente danneggiata dagli improvvisatori, da coloro che pretendono di creare tutto sul momento; che sono quelli che si stancano prima. E la nonviolenza, se per un quarto e' amorevolezza, e per un altro quarto e' conoscenza, per due quarti e' coraggiosa pazienza.
E' stato detto giustamente che gli iniziatori del metodo scientifico non potevano prevedere quali risultati esso avrebbe dato; e cosi' sara' del metodo nonviolento.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 98 dell'8 aprile 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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