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[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 97
- Subject: [Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 97
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Fri, 7 Apr 2023 07:16:37 +0200
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 97 del 7 aprile 2023
In questo numero:
1. Letizia Paolozzi: Il filo che lega le pratiche
2. Vita Cosentino: Illuminare le pratiche
3. Giobbe Santabarbara: Breve una lettera alle persone amiche - e ad altre ancora - per chiedere loro una cosa
4. Simona Carando: Vittoria Guerrini (Cristina Campo)
5. Cristina Campo: La Tigre Assenza
6. Alcune poesie di Emily Dickinson tradotte da Cristina Campo
7. Cristina Campo traduce Friedrich Hoelderlin
8. Cristina Campo traduce Eduard Moerike
9. Cristina Campo traduce Hector Murena
10. Cristina Campo traduce William Carlos Williams
11. Cristina Campo traduce John Donne
12. Cristina Campo traduce Simone Weil
13. Una minima notizia su Cristina Campo (2006)
1. L'ORA. LETIZIA PAOLOZZI: IL FILO CHE LEGA LE PRATICHE
[Dal sito della "Libreria delle donne" di Milano riprendiamo e diffondiamo]
Esistono pratiche politiche che hanno contiguita', corrispondenze, assonanze con quelle femministe. Eppure, l'occhio impigrito dei media, per abitudine o per opportunismo, non le guarda, anzi, le esclude dal proprio campo visivo comportandosi come i "retroscenisti" che puntano a scoprire magagne, a prevedere ribaltoni nel modesto perimetro dei partiti in crisi e in questo modo dimenticano tutto cio' che significa politica legata alla vita.
Prendiamo quanto accaduto dopo il naufragio nella notte del 26 febbraio a venti chilometri da Crotone. Il 9 marzo il Consiglio dei ministri va in trasferta e si riunisce nel municipio di Cutro. Strade blindate, schieramento di polizia, qualche orsetto di peluche scagliato contro le auto blu. Intanto i corpi - sono 71, diventeranno 90 dopo un mese - degli afghani, siriani, iraniani, iracheni giacciono in fila nelle bare al Palamilone di Crotone. Il governo riparte senza fermarsi al Palamilone.
L'11 marzo migliaia in corteo camminano silenziosamente verso il mare di Steccato di Cutro sollevando croci fatte con le assi consumate del caicco Summer Love che si e' inabissato a pochi metri dalla riva. Ascoltano il racconto di un superstite afghano; piantano fiori sulla spiaggia.
Il sesso femminile conosce la spinta a partecipare al lutto con un gesto di condivisione, la pietas che diventa ricchezza umana e politica.
Nel bel film "Gli spiriti dell'isola" di Martin Mc Donagh che gira intorno alla nascita dei conflitti, viene portata ad esempio l'amicizia tra due uomini - Colm e Padraic - troncata brutalmente. E' Colm a dire a Padraic, sodale di bevute al pub e di chiacchiere sulla cacca del pony: "Non voglio piu' parlare con te, mi annoio. Devo comporre una musica; voglio essere ricordato quando scompariro'". L'altro non si da' pace, insiste, tampina. La cosa scivola nell'horror mostrando il mistero terribile della brutalita' delle azioni umane; l'impulso vendicativo impossibile da contenere e la spirale della lotta fratricida dalla quale si salva solo la sorella di Padraic. La quale, per difendere il proprio desiderio - leggere libri - sceglie di esiliarsi. "Me ne vado. Siete tutti pazzi". Combatte cosi' la violenza e la guerra, sottraendosi alla sua logica. Stesso gesto di sottrazione degli obiettori di coscienza, di quanti dalla Russia sono emigrati pur di non andare a combattere, delle iraniane che si ribellano a mani nude.
Ha osservato Svetlana Aleksievic: "Vorrei scrivere di chi non spara, di chi non riesce a sparare a un altro essere umano, di qualcuno a cui l'idea stessa della guerra provoca dolore" e noi siamo chiamate a dare voce a chi compie queste scelte.
D'altronde, il coraggio non e' solo fisico e non si trova in un solo sesso.
Le ucraine fuggite in Europa, in Italia con bambini, nonne e maschi troppo vecchi per essere obbligati a combattere, in Italia possono essere accostate alle migranti nel tentativo di riconfigurare altrove i propri rapporti sociali.
Pero' l'Italia accoglie i perseguitati dall'invasione russa e non gli afghani, iracheni o siriani bombardati dai russi e dagli americani. "Aiutiamoli a casa loro" siriani, afghani, iracheni.
Quanto all'esodo, alla diserzione rimanda a una pratica di resistenza in relazione con il primum vivere della politica femminista: immaginiamo altre pratiche, impariamo a riconoscerle dove gia' esistono. Di qui l'esigenza di immaginare altre pratiche, di saperle riconoscere giacche' la contaminazione dell'ordine simbolico e del reale e' un lavoro di cui ci siamo fatte carico noi donne.
2. RIFLESSIONE. VITA COSENTINO: ILLUMINARE LE PRATICHE
[Dal sito della "Libreria delle donne" di Milano riprendiamo e diffondiamo]
Quando una donna dice la sua verita', illumina un mondo. Questo ho pensato mentre Daniela Santoro raccontava le difficolta' umane ed esistenziali attraversate nel suo tormentato percorso di presa di coscienza politica. Con lei risuonava la voce di tante altre giovani donne che, con accanto l'ombra della depressione, passano gran parte del tempo sui social.
Nelle sue parole mi ha colpito soprattutto l'immagine di "tutte le porte chiuse in faccia" a chi cercava di tenderle la mano. Rendendosi consapevole di questo atteggiamento, ha trovato poi la spinta per decidere di "farsi tirare fuori dal baratro". Questo mi pare oggi il punto spartiacque: ritrovare la fiducia nelle relazioni in carne e ossa. Cosa evidentemente difficile per una generazione nata digitale.
Non e' problema solo femminile. In questo momento di grave crisi delle forme della politica maschile il passaggio alla fiducia nelle relazioni in carne e ossa non riguarda solo le giovani donne come Daniela, ma tutti i giovani. Dopo le ultime elezioni regionali, Maurizio Ferrara, in un articolo comparso sul Corriere della sera dal titolo Giovani senza partito, esamina l'alto astensionismo dei giovani sostenendo, sulla base di inchieste approfondite, che non e' sinonimo di alienazione. I giovani si interessano alla politica, ma "non considerano il voto come uno strumento efficace per far sentire la propria voce". Preferiscono impegnarsi in movimenti di protesta e il canale privilegiato e' internet. Sono netizen, cittadini in rete che non vanno a votare e partecipano online ogni giorno (19/02/2023).
Senza per questo demonizzare i social, mi sembra forte il rischio di chiusura in una bolla virtuale se non si partecipa al mondo anche nella realta'. C'e' chi lo ha gia' capito e lo vuole comunicare alle altre, come le Compromesse quando scrivono: "Raccontandoci sulla nostra pagina Instagram, vogliamo trasmettere alle nostre coetanee e alle ragazze piu' giovani, la voglia di unirsi, di trovare piacere infrangendo la bolla dell'individualismo, alla ricerca di una liberta' che nasce dallo stare insieme, e non perde mai di vista la collettivita'" (AP n.1/2 2023).
Quello che posso offrire io a supporto di questo passaggio indispensabile sul piano esistenziale e politico e' una narrazione che viene dalla mia storia e dice: la vita e' fatta di incontri e poco piu'. Gli incontri sono piu' spesso casuali che cercati e alcuni determinano svolte esistenziali potenti. Anche la politica e' fatta essenzialmente di incontri e di relazioni. Io mi sono sempre regolata dando un'iniziale fiducia, pensando che dall'incontro potesse venire qualcosa di buono. Non sempre accade, ma il piu' delle volte si'. Per puro caso, al convegno sull'affidamento, negli anni '80, ero seduta vicino a Giannina Longobardi, come me insegnante, a Verona. Da li' e' nata un'amicizia umana e politica che ha prodotto pensiero sulla scuola e il coraggio di agire in grande con il Movimento di autoriforma gentile. Per parte mia, non mi sono mai voluta mettere in analisi, pensando che la politica fosse il modo migliore per affrontare anche i buchi personali: i miei problemi non sono solo miei e condividerli apre a trasformazioni.
Siamo in un tempo di cambiamento e, per fortuna, l'individualismo imposto sembra al tramonto, come mostra una recente ricerca pubblicata sul Domani, nella rubrica Il Cannocchiale - l'economia e la societa' attraverso i dati. Enzo Risso dice: "Dopo quaranta anni di sbornia liberista, di spinta a disinteressarsi della societa', degli altri, e di pensare solo a se stessi, ad arricchirsi senza badare alle conseguenze, la societa' sembra mutare la direzione del proprio timone". Dal suo osservatorio sui dati si vedono infatti percentuali altissime (tra 70% e 80%) di chi cerca nuove forme di scambio, di "legami caldi", nuove forme di collaborazione e condivisione (19/03/2023).
Al contempo assistiamo all'estrema crisi delle forme della politica maschile e alla crescita di un bisogno sempre piu' diffuso di nuove forme di convivenza. Le invenzioni politiche delle donne, il partire da se' e le pratiche di relazione sarebbero le politiche piu' rispondenti a questo tempo, pure, quasi per paradosso, sono come offuscate.
In Via Dogana Tre abbiamo deciso di lavorare sulle pratiche politiche e sulla loro nominazione proprio per l'esigenza di gettare nuova luce su una concezione della politica fondata sulle pratiche. E' infatti da nuove pratiche che possono venire nuove idee e nuove teorie. In questo momento non circola abbastanza, soprattutto tra le persone giovani, l'idea che le pratiche sono la strada maestra per fuoriuscire da un regime simbolico e anche dalle forme politiche maschili. Le teorie infatti, anche le piu' avanzate sono in qualche modo debitrici del sistema simbolico in cui nascono. Quando ne abbiamo discusso nella redazione ristretta di VD3, una giovane ha detto: "Solo ora con questa discussione ho capito cos'e' una pratica".
Ci sono delle ragioni per cui queste invenzioni della politica femminista sono offuscate, per non dire oscurate in questo momento. L'improvvisa comparsa di due donne in ruoli politici apicali, la presidente del consiglio dei ministri e la segretaria del maggior partito dell'opposizione, cattura lo sguardo, anche femminile, verso la scena del potere. E' forte il rischio di polarizzazione e tifoseria da schieramento. Inoltre i femminismi che attirano maggiormente le nuove generazioni adottano prevalentemente le forme politiche tradizionali della sinistra come scioperi, manifestazioni, obiettivi, e non veicolano le pratiche originali pensate dal femminismo.
Nella sua relazione iniziale Lia Cigarini ha messo in evidenza un passaggio importante quando ha parlato di "allargamento della politica". E' una notizia molto buona se le associazioni dicono di stare facendo "una politica sociale" e non "un lavoro nel sociale". Fino a poco tempo fa non succedeva. Segna un cambiamento nella concezione della politica. Ricordiamoci - e mi faceva impazzire - che fino a poco tempo fa dicevano della politica delle donne che era "prepolitica" o "impolitica".
Puo' venire un grande impulso dall'allargamento di cio' che si intende per politica e noi possiamo contribuire a queste nominazioni, avvistarle la' dove si producono nella societa', metterle in risalto, farle circolare, far sempre piu' nominare come politica cio' che e' politica. Se cambiano le parole, cambia anche la realta'.
3. REPETITA IUVANT. GIOBBE SANTABARBARA: BREVE UNA LETTERA ALLE PERSONE AMICHE - E AD ALTRE ANCORA - PER CHIEDERE LORO UNA COSA
Dico subito la cosa che vorrei chiedere a tutte e tutti voi: un nuovo o rinnovato impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
Sono un vecchio militante che ricorda vividamente - ero allora assai giovane - l'occupazione di Alcatraz sul finire degli anni Sessanta, il "Sentiero dei trattati infranti" culminato nell'occupazione del Bureau of Indian Affairs nel 1972, e soprattutto l'occupazione e l'assedio di Wounded Knee del 1973. E' da allora che anch'io sento il dovere di sostenere la lotta delle popolazioni native nordamericane contro il genocidio, l'etnocidio e l'ecocidio di cui sono vittima (e con loro l'umanita' intera e l'intero mondo vivente) da parte del potere razzista, stragista, rapinatore e devastatore bianco. Lungo oltre mezzo secolo non ho saputo fare granche', se non impegnarmi qui in Italia in iniziative che credo siano state almeno coerenti con quella lotta, nella convinzione che tutto si tiene, che tutto e' collegato, o per dirla con una luminosa espressione Lakota: "Mitakuye Oyasin".
Sono stato un lettore di "Akwesasne Notes", la bella, indimenticabile rivista che negli anni '70-'90 fu primario strumento d'informazione su quelle lotte, su quelle esperienze di pensiero e azione. E credo sia stato attraverso "Akwesasne Notes" che conobbi la vicenda di Leonard Peltier. Successivamente, come molte altre persone, lessi il libro di Edda Scozza, quello di Peter Matthiessen e la sua autobiografia.
Da un paio d'anni il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo si sta particolarmente impegnando nella mobilitazione nonviolenta internazionale per la liberazione di Leonard Peltier, ed io con esso.
Leonard Peltier e' detenuto innocente ormai da 47 anni, e la sua salute e' gravemente deteriorata. Dal carcere ha continuato a lottare con gli strumenti della testimonianza e della parola, della poesia e dell'arte, per i diritti dei popoli oppressi, per i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la Madre Terra.
Come e' noto la sua liberazione e' stata chiesta nel corso degli anni da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, come papa Francesco e il Dalai Lama, da istituzioni come il Parlamento Europeo, da associazioni umanitarie come Amnesty International, da milioni (si', milioni) di persone di tutto il mondo.
E come e' altrettanto noto la sua liberazione dipende unicamente dalla concessione della grazia presidenziale da parte del Presidente degli Stati Uniti d'America, a cui quotidianamente pervengono richieste a tal fine (tra le piu' recenti: quella della Commissione giuridica ad hoc dell'Onu; quella unanime del Comitato nazionale del Partito Democratico degli Stati Uniti - il partito cui lo stesso Presidente Biden appartiene).
Dalla provincia italiana non si puo' fare molto, ma quel poco che si puo' fare va fatto.
Cosa chiedo dunque in concreto alle persone amiche - ed alle altre ancora - cui indirizzo questa lettera? Tre cose.
La prima, far conoscere la vicenda di Leonard Peltier e diffondere l'appello per la sua liberazione.
La seconda, scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedergli di concedere la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
La terza, scrivere a Leonard Peltier e al comitato internazionale che lo sostiene, l'International Leonard Peltier Defense Committee, per esprimere loro il proprio sostegno.
Tutto qui.
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Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America: nel sito della Casa Bianca aprire la pagina attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Per scrivere a Leonard Peltier l'indirizzo e': Leonard Peltier, #89637-132, USP Coleman I, P.O. Box 1033, Coleman, FL 33521; trattandosi di un carcere di massima sicurezza possono essere inviate solo lettere postali, e nessun oggetto.
Per scrivere all'International Leonard Peltier Defense Committee: e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
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Grazie per l'attenzione, e un cordiale saluto da
Giobbe Santabarbara
4. MAESTRE. SIMONA CARANDO: VITTORIA GUERRINI (CRISTINA CAMPO)
[Dal sito www.treccani.it riproponiamo la voce "Vittoria Guerrini" apparsa nel Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 60 (2003)]
Vittoria Guerrini (Cristina Campo) nacque a Bologna il 28 aprile 1923, unica figlia di Guido e di Emilia Putti.
Crebbe in un ambiente colto e raffinato, circondata da persone adulte e senza rapporti con i coetanei; non segui' infatti un regolare corso di studi scolastici per una congenita malformazione cardiaca che rese precaria la sua salute per tutta la vita.
In uno scritto pubblicato postumo (La noce d'oro, in Sotto falso nome, a cura di M. Farnetti, Milano 1998, pp. 219-232) firmato Cristina Campo (il nom de plume da lei piu' amato tra i tanti che uso' e con cui e' soprattutto conosciuta) la G. rivive l'incanto di atmosfere e riti familiari che nella sua percezione si confondevano con situazioni e personaggi favolosi. Il modo di conoscere proprio dell'infanzia, per il quale la realta' si presenta allo sguardo priva di confini certi e molteplice nei significati, per la G. mantenne la sua validita' anche in eta' adulta, quando evoco' quel mondo come "l'orto concluso di cui si cerca piangendo l'entrata" (Gli imperdonabili, Milano 1999, p. 21).
Nel 1928 il padre, musicista, divenne direttore del conservatorio Cherubini a Firenze e poco dopo vi si trasferi' con la famiglia. Qui la G. visse gli anni dell'infanzia e della prima giovinezza, ampliando la sua cultura anche attraverso lo studio dell'inglese e del tedesco e iniziando poi l'attivita' di traduttrice. Importante fu in particolare l'incontro con L. Traverso, noto per la profonda conoscenza dei maggiori poeti tedeschi e in particolare di H. von Hofmannsthal; appunto tramite Traverso la G. scopri' questo scrittore, che divenne per lei un costante punto di riferimento.
La G. pubblico' le prime traduzioni durante la guerra: Conversazioni con Sibelius di B. von Toerne (Firenze 1943), Una tazza di te' e altri racconti di K. Mansfield (Torino 1944), cui seguirono le Poesie di E. Moerike (Milano 1948). A cominciare dal 1953 comincio' a tradurre e pubblicare alcune poesie e prose di Hofmannsthal, contribuendo alla sua diffusione in Italia.
La G. fu introdotta nell'ambiente dei letterati fiorentini da Traverso, della cui raffinata personalita' subi' l'influenza anche nella scrittura, tanto da sentire in seguito il bisogno di liberare il suo stile da tale influsso rendendolo piu' incisivo ed essenziale, spoglio da quelli che ormai considerava inutili preziosismi. A Firenze frequento' il salotto di Anna Banti e comincio' la collaborazione con la rivista Paragone. Letteratura, che dalla Banti era diretta. Insieme con G. Draghi creo' nel 1951 la Posta letteraria del Corriere dell'Adda, su cui pubblico' Diario d'agosto (1953), alcune traduzioni da Emily Dickinson, Simone Weil, Hofmannsthal, e scritti di amici come R. Fasani, Margherita Pieracci Harwell e M. Luzi, a lei particolarmente caro. Negli anni fiorentini due progetti elaborati dalla G. non andarono a compimento: "Il libro delle ottanta poetesse", annunciato in catalogo nel 1953 dall'editore Casini di Roma, e una rivista dal titolo weiliano, L'Attenzione.
La G., esile e delicata di salute, era capace tuttavia di un'attivita' instancabile; desiderosa di stabilire rapporti autentici intendeva l'amicizia come segno di una profonda corrispondenza spirituale e intellettuale. Aveva una visione elitistica e aristocratica dell'esistenza e, nella vita e nell'arte, aspirava, in senso sia etico sia estetico, a una perfezione cui riteneva potessero arrivare soltanto individui eccezionali. Quando lesse La pesanteur et la grace di Simone Weil (1947) trovo' nella scrittrice francese affinita' profonde e ne condivise l'inflessibile coerenza nel seguire una vocazione-destino, la ricerca attenta e paziente ("attenzione-attesa" sono due parole chiave nel linguaggio della G.) che consente di decifrare i segni e di intuire i misteri celati nella realta', il rifiuto del progresso solo "in orizzontale" caratteristico della civilta' contemporanea. La Weil rappresenta una tappa essenziale nel cammino della G. verso il sacro e il soprannaturale, estremo punto di arrivo dove la perfezione le apparve unione di bellezza e verita'. Di fatto l'uso di questi termini astratti a proposito della G. e' ineludibile e per l'esatta comprensione di essi non resta che l'approccio diretto all'opera. La sua personalita' era complessa e se taluni ne hanno evidenziato gli aspetti appassionati e impetuosi, altri ne hanno sottolineato l'ascetismo e la ricerca del silenzio interiore nella solitudine. Non meno difficile e' trovarle una collocazione nel panorama letterario del secolo XX. Farnetti, che ne ha studiato a fondo gli scritti, la ritiene "estranea ad ogni tradizione consacrata del nostro Novecento, non lasciando la sua scrittura intravedere alcun sensibile modello, mancando ancora il suo "caso" ampiamente di supporti bio-bibliografici, e rifuggendo la sua vita e opera da qualsiasi partizione "di regola"" (Per C. Campo, p. 7). Questa opinione e' condivisa da tutti i critici che si sono occupati di lei (tra gli altri: Luzi, G. Ceronetti, Pieracci Harwell) ed e' convalidata dal fatto che la G. e' rimasta per lo più fuori dai repertori letterari del Novecento italiano.
Nel 1955 la G. si trasferi' a Roma, seguendo il padre, che nel 1950 era stato nominato direttore del conservatorio di S. Cecilia, e con la famiglia abito' presso il Collegio di musica al Foro Italico fino al settembre 1965. Il distacco da Firenze rappresento' una vera cesura nella sua vita e il bisogno di cancellare le tracce di esperienze dolorose, di cui poco sappiamo ma che sicuramente si riferiscono a "un amore impossibile" (cfr. M. Dalmati, in Per C. Campo, p. 125), e' testimoniato dalla richiesta rivolta agli amici di distruggere ogni lettera anteriore al 1956-57 ed e' confermato dalla poesia Ora rivoglio bianche tutte le mie lettere, pubblicata in Passo d'addio (Milano 1956), raccolta che comprende undici liriche e due traduzioni da T.S. Eliot.
Attualmente il corpus delle poesie della G. (trenta in tutto) insieme con le ben piu' numerose traduzioni-interpretazioni poetiche, che spaziano dai romantici tedeschi ai mistici del Seicento, ai contemporanei anglo-americani, agli scrittori di lingua spagnola e che si collocano lungo l'intero arco della sua vita, e' riunito in un unico volume, La tigre assenza (Milano 1991 e 1997), a cura di M. Pieracci Harwell.
In questa selezione, come del resto in tutta la sua attivita' culturale, gli interessi della G. si rivelano vasti e determinati soltanto da una scelta personale, che non tiene in alcun conto il quadro storico ma solo l'individualita' dell'artista. L'intera produzione poetica rispecchia le fasi del suo cammino interiore: fino al 1957-58 (Passo d'addio, Quadernetto, Poesie sparse) si coglie dapprima il tema del distacco doloroso da un mondo e da quell'"amore impossibile", ai quali la memoria ritorna cogliendo e collocando nel paesaggio fiorentino le trame di una vita vissuta, ma irrecuperabile, anzi da cancellare; poi il tema dell'assenza, del vuoto in cui si attende l'illuminazione interiore senza piu' cercarla, in un alternarsi di angoscia e speranza. Quindi, dopo oltre dieci anni di silenzio, nel 1969 la G. torna alla poesia con componimenti di carattere religioso e liturgico ispirati da un misticismo in cui si fondevano il rito, il mito, il linguaggio sacrale del mistero e il tema della bellezza uccisa dall'odierna civilta'.
A Roma la G. aveva iniziato dal 1956 una collaborazione con la RAI, durata - a quanto risulta finora - fino al 1961. I copioni dei programmi che sono stati effettivamente ritrovati, e pubblicati in Sotto falso nome, sono soltanto tre, Una tragedia di S. Weil: "Venezia salva" del 1956 (pp. 51-57); Due saggi del 1960 (pp. 64-68) e Musiche di scena nel teatro di Shakespeare, redatto insieme con il padre nel 1961 (pp. 82-90); di altri lavori radiofonici si conoscono soltanto i titoli. Ambientarsi a Roma per la G. non fu facile, ma pote' frequentare alcuni vecchi amici fiorentini che vi si erano stabiliti e ne trovo' di nuovi.
Tra gli altri la clavicembalista e poetessa greca Maria Dalmati (pseudonimo di Maria-Nike Zoroghiannide), che le rimase legata per tutta la vita, C. Alvaro, I. Silone, i Bellonci e R. Bazlen. Del poeta W. C. Williams, alla cui opera la G. si dedico' a lungo, divenne amica attraverso uno scambio epistolare che rivela la loro profonda affinita'.
Tra le molte nuove conoscenze, un ruolo determinante ebbe E. Zolla, studioso di letteratura anglo-americana nonche' di filosofie orientali, di misticismo e di esoterismo. Cominciarono a frequentarsi nel 1958 e dal 1960 vissero insieme condividendo ricerche ed esperienze - anche se ciascuno mantenne certe peculiarita' individuali -: gli interessi comuni erano molti, cementati dalla volonta' di combattere la crisi dei valori spirituali e il dilagare della volgarita'; insieme, tra l'altro, lavorarono per tentare di fermare l'attuazione della riforma liturgica intrapresa dalla Chiesa dopo il concilio Vaticano II (1962-65).
Nel 1962 fu pubblicata a Firenze la prima raccolta di saggi della G., Fiaba e mistero, parzialmente confluita in Il flauto e il tappeto (Milano 1971), dove furono inseriti altri saggi gia' editi in riviste o inediti. Le due edizioni postume de Gli imperdonabili (ibid. 1987 e 1999) riunirono in volume sia le due opere citate, sia quanto della G. era apparso in varie occasioni (tra l'altro, le note introduttive alle traduzioni di poesie o di opere in prosa). Anche in questo caso si tratta di testi che e' difficile definire "saggi" nel senso convenzionale del termine: gli scritti della G. non seguono un procedimento dimostrativo, spesso sono divisi in paragrafi o frammentati da pause che rendono poco evidente il nesso che lega le varie parti: quasi annotazioni di un diario intimo, nascono da imprevedibili intuizioni che spetta al lettore mettere in relazione tra loro. Quando usci' Il flauto e il tappeto, Ceronetti defini' questa "raccolta di Cose Scritte [...] un fiore indefinibile e inclassificabile [...]. L'argomento e il risultato combaciano nell'inafferrabilita': la Perfezione" (C. Campo o della perfezione, p. 277).
Un primo tema, e dei piu' importanti, che la G. affronta riguarda le fiabe, di cui aveva subito il fascino fin dall'infanzia e che le fecero capire come "La caparbia, ininterrotta lezione delle fiabe e' la vittoria sulla legge di necessita'" (Parco dei cervi, p. 157: nuovo titolo dato a Diario d'agosto, ripreso e ampliato piu' volte, poi in Gli imperdonabili, pp. 143-163). Esse insegnano che vi e' un modo di guardare le cose opposto a quello suggerito dal comune giudizio degli uomini e che solo chi procede contro ogni logica, contro ogni speranza raggiunge la meta. Nella fiaba e' adombrato un cammino di iniziazione, misterioso per ciascuno, ma basta osservare la realta' con "attenzione" per cogliere i segni che ci rivelano il nostro destino e abbandonarsi a esso: lo stesso tipo di messaggio si trova nelle imprese degli antichi cavalieri, nelle parabole dei Vangeli, nelle vite di santi, monaci ed eremiti, in ogni testo sacro. Nei suoi saggi la G. tenta di reagire al "generale orrore" di un mondo che considera "imperdonabili" coloro che amano questa ardua perfezione e se sembra trattare argomenti diversi non diverso e' il fine da lei perseguito: affermare il valore delle forme in cui la bellezza si rivela e dedicare la sua opera a scrittori, poeti, musicisti che hanno espresso il "sapore massimo di ogni parola", "di ogni nota".
Nel 1963 la G. pubblico' la versione in italiano della tragedia incompiuta di S. Weil Venezia salva (Brescia 1963; Milano 1987), cui lavorava da tempo. Nel dicembre del 1964 le mori' la madre e nel giugno dell'anno seguente il padre, perdite che la segnarono profondamente.
Una sua poesia, La tigre assenza, che ha dato il titolo alla raccolta del 1991, e' l'espressione di un dolore divorante che provoco' un'ulteriore svolta nella sua vita sempre piu' solitaria - anche il legame con Zolla si attenuo' - e tormentata dalla malattia.
Dal 1965 si era trasferita all'Aventino che le era divenuto caro da quando aveva iniziato a frequentare l'abbazia di S. Anselmo, dove i monaci benedettini officiavano la messa in latino e mantenevano il canto gregoriano.
In questa fase della sua vita la religiosita' della G. assunse un carattere ben definito e negli ultimi componimenti la liturgia, con i suoi riti e i suoi simboli, divenne "poesia". Percio', quando anche i benedettini dovettero adeguarsi alle disposizioni postconciliari, che - secondo il suo modo di vedere - svuotavano di significato il sacro, decise di seguire le cerimonie del culto bizantino-slavo nella chiesa del Collegium Russicum laddove il forte misticismo implicito nella celebrazione corrispondeva al suo sentimento del divino.
Intanto nel 1963 era uscita, a cura di Zolla, l'antologia de I mistici, rielaborata dallo stesso curatore col titolo I mistici dell'Occidente in altre due edizioni successive (Milano 1976-80; ibid. 1997). A essa la G. collaboro' con varie traduzioni in poesia e in prosa; delle prime furono pubblicate in volume quelle da J. Donne, Poesie amorose. Poesie teologiche (Torino 1971); delle seconde, Detti e fatti dei padri del deserto (Milano 1975; a cura anche di P. Draghi).
Riguardo ad alcuni altri testi di questa antologia si pone il problema della loro oscillante attribuzione alla G.; infatti, come e' documentato in Sotto falso nome, la G. uso' altri pseudonimi oltre a quello di Cristina Campo: Puccio Quaratesi, Bernardo Trevisano, Giusto Cabianca, Benedetto P. d'Angelo. Nei Mistici, e nelle edizioni successive di quest'opera, le traduzioni firmate Giusto Cabianca vengono ora attribuite alla G., ora a lei e a Zolla insieme, ora al solo Zolla; lo stesso si verifica anche per altre traduzioni poetiche che furono poi inserite in La tigre assenza. Di fatto i due scrittori spesso non si preoccupavano di distinguere il lavoro dell'uno da quello dell'altra e si servivano dello stesso pseudonimo, come pure nel caso dei testi a firma di Bernardo Trevisano, sebbene sia certo che sono della G. alcuni articoli sottoscritti con questo nome sul Giornale d'Italia nel 1966.
Gli ultimi lavori della G. uscirono nella rivista Conoscenza religiosa, fondata e diretta nel 1969 da Zolla. Comprendono due liriche: Missa Romana e La tigre assenza (1969, ora entrambe in La tigre assenza, pp. 41-44); un saggio: Sensi soprannaturali (1971, ora in Gli imperdonabili, pp. 231-247); e, postumo, Diario bizantino e altre poesie (1977, ora in La tigre assenza, pp. 45-57).
Gli ultimi lavori della G. furono composti nel periodo della sua piu' intensa frequentazione del Russicum e mentre si dedicava allo studio dei mistici. Pur essendo di soggetto religioso e liturgico, sono lontani da ogni astrazione intellettualistica: il valore del rito e' nel fatto che esso ci conduce in un mondo diverso con la nostra intera forma umana e la G. parla di "sensualita' trascendente" (Gli imperdonabili, p. 236) ingiustamente condannata, poiche' e' il nostro corpo che deve entrare in contatto con Dio e passare dal naturale al soprannaturale. "Il rito e' per eccellenza questa esperienza di morte-rigenerazione attraverso la bellezza" (intervista apparsa in Il Tempo, 16 aprile 1972).
L'intensita' di affetti della G., unita al bisogno di eleganza e di leggerezza espressiva, si ritrova nella corrispondenza pubblicata postuma: Lettere a un amico lontano, a cura di V. Scheiwiller (Milano 1989 e 1998); "L'infinito nel finito" (lettere a P. Polito), a cura di G. Fozzer (Pieve a Nievole-Pistoia 1998); e Lettere a Mita (Milano 1999), a cura di M. Pieracci Harwell.
Il primo raccoglie le lettere ad A. Spina per il quale la G. curo' l'introduzione alla traduzione dall'arabo di La storia della citta' di rame (Milano 1963), tratta dalle Mille e una notte (ora in Gli imperdonabili, pp. 53-61). Lo scambio epistolare con P. Polito, scrittore e critico attivo a Firenze, e' limitato a poche lettere; piu' importanti le Lettere a Mita (240 lettere a M. Pieracci Harwell dal 1955 al 1975), che forniscono una quantita' di notizie preziose per ricostruire momenti di vita, stati d'animo, interessi letterari e religiosi della Guerrini.
La G. mori' a Roma il 10 gennaio 1977.
L'interesse prevalentemente postumo per la G. va attribuito in gran parte alla riedizione delle sue opere - ormai introvabili - per i tipi della casa editrice Adelphi, che ne ha promosso la diffusione.
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Fonti e Bibliografia: Firenze, Gabinetto G.P. Vieusseux, Archivio contemporaneo A. Bonsanti, Fondo C. Campo; M. Luzi, L'incanto dello scriba, in Id., Vicissitudine e forma, Milano 1974, pp. 21-30; M. Pieracci Harwell, C. Campo: della perfezione, in Id., Un cristiano senza chiesa e altri saggi, Roma 1991, pp. 135-149; P. Citati, Il viso di C. Campo, in Id., Ritratti di donne, Milano 1992, pp. 287-291; M. Farnetti, L'intelligenza nel cuore: sulle "Lettere a un amico lontano" di C. Campo, in Frammenti di un discorso amoroso nella scrittura epistolare moderna, a cura di A. Dolfi, Roma 1992, pp. 503-525; A. Spina, Conversazione in piazza S. Anselmo. Per un ritratto di C. Campo, Milano 1993; L. Villa, Saggismo e poesia. Gli imperdonabili di C. Campo, in Nuova Corrente, XLI (1994), 113, pp. 141-172; M. Farnetti, C. Campo, Ferrara 1996; C. Campo, in Citta' di vita, LI (1996), 6, a cura di M. Farnetti - G. Fozzer, pp. 467-601; M. Pieracci Harwell, Il sapore massimo di ogni parola, in C. Campo, La tigre assenza, a cura di M. Pieracci Harwell, Milano 1997, pp. 281-305; Per C. Campo, a cura di M. Farnetti - G. Fozzer, Milano 1998; M. Farnetti, Osservazioni sul metodo correttorio di C. Campo, in Studi novecenteschi, dicembre 1998, pp. 331-349; Id., Le ricongiunte, in C. Campo, Sotto falso nome, a cura di M. Farnetti, Milano 1998, pp. 245-263; M. Farnetti - F. Secchieri, Bibliografia, ibid., pp. 265-282; G. Ceronetti, Cristina, in C. Campo, Gli imperdonabili, Milano 1999, pp. XIII-XV; Id., C. Campo o della perfezione, ibid., pp. 277-282; M. Pieracci Harwell, Nota biografica, ibid. pp. 263-271; Id., C. Campo e i due mondi, in C. Campo, Lettere a Mita, 1999, cit., pp. 391-404; C. Campo, Tradurre S. Weil. Lettere all'editore, a cura di G. Fozzer, in Humanitas, n.s., LV (2000), pp. 174-200; A. Emo, Lettere a C. Campo, 1972-1976, a cura di G. Fozzer, Bologna 2001; W.C. Williams - C. Campo - V. Scheiwiller, Il fiore e' il nostro segno. Carteggio e poesie, a cura di M. Pieracci Harwell, Milano 2001; C. Campo, a cura di E. Bianchi - P. Gibellini, in Humanitas, n.s., LVI (2001), 3, pp. 329-457; C. De Stefano, Belinda e il mostro. Vita segreta di C. Campo, Milano 2002.
5. MAESTRE. CRISTINA CAMPO: LA TIGRE ASSENZA
[Da Cristina Campo, La Tigre Assenza, Adelphi, Milano 1991, 2001, p. 44]
Pro patre et matre
Ahi che la Tigre,
la Tigre Assenza,
o amati,
ha tutto divorato
di questo volto rivolto
a voi! La bocca sola
pura
prega ancora
voi: di pregare ancora
perche' la Tigre,
la Tigre Assenza,
o amati,
non divori la bocca
e la preghiera...
6. REPETITA IUVANT. ALCUNE POESIE DI EMILY DICKINSON TRADOTTE DA CRISTINA CAMPO
[Da Cristina Campo, La Tigre Assenza, Adelphi, Milano 1991, 2001, pp. 85-90, ma l'ordine in cui le abbiamo qui disposte e' quello dedotto dalla cronologia dell'opera dickinsoniana, ed utilizzato anche in Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, in cui le "versioni d'autrice" di Cristina Campo sono alle pp. 1643-1646.
Emily Dickinson - poetessa imprescindibile - visse ad Amherst, Massachusetts, tra il 1830 e il 1886; molte le edizioni delle sue poesie disponibili in italiano con testo originale a fronte (tra cui quella integrale, a cura di Marisa Bulgheroni: Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005; ma vorremmo segnalare anche almeno la fondamentale antologia curata da Guido Errante: Emily Dickinson, Poesie, Mondadori, Milano 1956, poi Guanda, Parma 1975, e Bompiani, Milano 1978; e la vasta silloge dei versi e dell'epistolario curata da Margherita Guidacci: Emily Dickinson, Poesie e lettere, Sansoni, Firenze 1961, Bompiani, Milano 1993, 2000); per un accostamento alla sua figura e alla sua opera: Barbara Lanati, Vita di Emily Dickinson. L'alfabeto dell'estasi, Feltrinelli, Milano 1998, 2000; Marisa Bulgheroni, Nei sobborghi di un segreto. Vita di Emily Dickinson, Mondadori, Milano 2002. Ebbe a scrivere della sua opera Luciano Bonfrate: "Mi capita di usare dei suoi versi / come fosser sentenze di sibilla / della mia vita specchio, e vi scintilla / cio' che trovai, che non trovai, che persi"]
Per sempre al suo fianco camminare,
la piu' piccola dei due,
cervello del suo cervello, sangue del suo sangue,
due vite, un Essere, ora.
Per sempre del suo fato gustare,
se dolore, la piu' larga parte,
se gioia, mettere il mio pezzo in disparte
per quel diletto cuore.
Tutta la vita conoscersi l'un l'altro
senza poterci mai imparare,
e piu' tardi un mutamento chiamato "Paradiso" -
rapito vicinato d'uomini
che appena scoprono cio' che ci inquietava
senza il vocabolario!
*
Che tedio attendere
se non vicino a te,
l'ho saputo iersera
quando si volle avvincermi
forse vedendomi
affaticata o sola
o per cedere quasi
alla pena silente.
Io mi volsi, ducale -
a te solo spettava
quel gesto - un porto solo
vale a questa nave.
Nostra la ventura
per un selvaggio mare
meglio che un ancoraggio
non diviso da te.
A noi piu' tosto il carico
di un perenne viaggio
che le Odorose Isole
desolate di te.
*
Imparai finalmente che cosa la casa poteva essere,
come sarei stata ignorante
dei graziosi modi del costume,
come goffa all'inno
intorno al nostro nuovo focolare, se non per questo,
questa mappa del cammino
la cui memoria mi annega, come il battesimo
di un celestiale mare.
Quali mattine nel nostro giardino, immaginate,
quali api per noi a ronzare,
con solo uccelli a interrompere
il mormorio del nostro tema.
E un compito per ciascuno quando il gioco sia finito,
il tuo problema della mente,
il mio qualche effetto piu' frivolo,
un pizzo o una canzone.
Il pomeriggio insieme trascorso
e il crepuscolo per i sentieri
qualche soccorso a piu' povere vite
viste piu' povere attraverso i nostri doni.
E poi ritorno, e notte e casa,
una nuova e piu' divina cura,
finche' l'aurora ci richiami in scena
trasmutati, piu' vividi.
Questa sembra una casa e casa non e'
ma cio' che quel luogo potrebb'essere
mi affligge come un sole calante
dove l'aurora sa che cosa essere!
*
Che faro' io quando turba l'estate,
quando la rosa e' matura?
Quando le uova svolino in melodia
da un carcere d'acero: - che faro' io?
Che faro' io quando dai cieli in gorgheggio
cada su me una canzone?
Quando al ranuncolo dondoli tutto il meriggio
l'ape sospesa - che mai faro' io?
E quando lo scoiattolo si colmera' le tasche
e guarderanno le bacche...
Resistero' io a quelle candide facce
se tu da me sei lontano?
Al pettirosso non sarebbe gran pena:
volano tutti i miei beni.
Io non ho ali: a che servono, dimmi,
i miei tesori perenni?
*
Tocca leggero la dolce
chitarra della natura
se non conosci ancora
la canzone.
O d'ogni uccello
ti accusera' lo sguardo
che ti facesti bardo
innanzi l'ora.
*
Morte e' il pieghevole corteggiatore
che vince alla fine.
E' un vagheggiare furtivo
condotto sulle prime
per pallide insinuazioni
e oscuri avvicinamenti:
magnifico alfine di trombe
e un equipaggio a due posti
che ti rapisce in trionfo
a nozze sconosciute -
a parentele vibranti
come le porcellane.
7. REPETITA IUVANT. CRISTINA CAMPO TRADUCE FRIEDRICH HOELDERLIN
Poco sapere, ma di gioia molto
ai mortali e' concesso.
O bel sole, perche' me non appaga
- tu, fiore dei miei fiori - nominarti
in un giorno di maggio? So io forse
cosa piu' alta?
Oh fossi piuttosto un fanciullo!
e come gli usignuoli, in canti senza affanno,
la mia gioia cantassi!
8. REPETITA IUVANT. CRISTINA CAMPO TRADUCE EDUARD MOERIKE
Scioglie il suo nastro azzurro primavera
nuovamente nell'aria.
Dolci, noti profumi,
rigano di presagi la campagna.
Trasognate viole
chiedono di sbocciare. -
Ascolta: un tocco d'arpa, chissa' dove!
Primavera, sei giunta! E' la tua voce!
9. REPETITA IUVANT. CRISTINA CAMPO TRADUCE HECTOR MURENA
Chi puo' guardare due volte
le scarpe di una creatura
qualunque
senza mettersi a piangere?
Dio, col suo sguardo
infinitamente abbattuto
che non si stacca mai
dalle scarpe degli uomini.
10. REPETITA IUVANT. CRISTINA CAMPO TRADUCE WILLIAM CARLOS WILLIAMS
L'imperatore impotente
si ottunde a scrivere
poemi in un giardino
e intanto i suoi eserciti
uccidono e bruciano. Ma noi,
poveri e senza amore,
serbiamo qualche intesa
con quella verita' che e' la tristezza
dell'uomo: diciamo -
i tardi fiori, intoccati
dagli insetti e in attesa
solo del gelo.
11. REPETITA IUVANT. CRISTINA CAMPO TRADUCE JOHN DONNE
Morte, non andar fiera se anche t'hanno chiamata
possente e orrenda. Non lo sei.
Coloro che tu pensi rovesciare non muoiono,
povera morte, e non mi puoi uccidere.
Dal riposo e dal sonno, mere immagini
di te, vivo piacere, dunque da te maggiore,
si genera. E piu' presto se ne vanno con te
i migliori tra noi, pace alle loro ossa,
liberazione all'anima. Tu, schiava
della sorte, del caso, dei re, dei disperati,
hai casa col veleno, la malattia, la guerra,
e il papavero e il filtro ci fan dormire anch'essi
meglio del tuo fendente. Perche' dunque ti gonfi?
Un breve sonno e ci destiamo eterni.
Non vi sara' piu' morte. E tu, morte, morrai.
12. REPETITA IUVANT. CRISTINA CAMPO TRADUCE SIMONE WEIL
[Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stante la persecuzione antiebraica). Tra le raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil. Biografia di un pensiero, Garzanti, Milano 1981, 1990; Eadem, Simone Weil. Una donna assoluta, La Tartaruga edizioni, Milano 1991, 2009; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna 1997; Eadem, Simone Weil. Un'intima estraneita', Citta' Aperta, Troina (Enna) 2006; Wanda Tommasi (a cura di), Weil, Rcs, Milano 2014; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994]
Giorno che sorgi puro, sorridere sospeso
Sulla citta' d'un tratto e i suoi mille canali,
Quanto agli umani che accolgono la tua pace
Vedere il giorno e' soave!
Il sonno mai mi aveva colmato
Come stanotte e dissetato il cuore.
Ma il giorno dolce ai miei occhi e' venuto,
Dolce piu' del mio sonno!
Ecco, il richiamo del giorno tanto atteso
Tocca la citta' tra le acque e la pietra.
Un fremito nell'aria ancora muta
Sorge per ogni dove.
Vieni e vedi, citta', la tua gioia ti attende,
Sposa dei mari, vedi, lontano e piu' vicino,
Tanti flutti rigonfi di sussurri felici
Benedirti al risveglio.
Sul mare si distende lentamente la luce.
Tra un attimo la festa colmera' i nostri voti.
Il mare calmo attende. O bellezza sul mare
Dei raggi dell'aurora!
13. REPETITA IUVANT. UNA MINIMA NOTIZIA SU CRISTINA CAMPO
Una delle voci piu' profonde e segrete, preziose e schiudenti, della letteratura e della spiritualita' del Novecento, Cristina Campo, pseudonimo di Vittoria Guerrini (Bologna, 1923 - Roma, 1977), fu scrittrice, straordinaria traduttrice e finissima critica.
Tra le opere di Cristina Campo: Gli imperdonabili, Adelphi, Milano 1987; La Tigre Assenza, Adelphi, Milano 1991; Sotto falso nome, Adelphi, Milano 1998; Lettere a un amico lontano, Scheiwiller, Milano 1998; L'infinito nel finito. Lettere a Piero Polito, Via col Vento edizioni, Pieve a Fievole 1998; Lettere a Mita, Adelphi, Milano 1999.
Tra le opere su Cristina Campo: Alessandro Spina, Conversazione in Piazza Sant'Anselmo. Per un ritratto di Cristina Campo, Scheiwiller, Milano 1993; Monica Farnetti, Cristina Campo, Luciana Tufani Editrice, Ferrara 1996; M. Farnetti, G. Fozzer (a cura di), Per Cristina Campo, Scheiwiller, Milano 1998; Laura Boella, Le imperdonabili, Tre Lune Edizioni, Mantova 2000; Cristina De Stefano Belinda e il mostro, Adelphhi, Milano 2002; Margherita Pieracci Harwell, Cristina Campo e i suoi amici, Edizioni Studium, Roma 2005.
Le traduzioni da Hoelderlin, Moerike, Murena, Williams, Donne, sono tratte da Cristina Campo, La Tigre Assenza, Adelphi, Milano 1999, 2001. La traduzione da Simone Weil e' tratta da Simone Weil, Venezia salva, Adelphi, Milano 1987, 1994, p. 106 (e' il monologo di Violetta che conclude l'incompiuta tragedia weiliana).
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Postilla 2018
Segnaliamo anche l'ampio e prezioso saggio di Pasquale Di Palmo, riprodotto in "Notizie minime della nonviolenza in cammino" n. 548 del 15 agosto 2008.
Per la bibliografia aggiungiamo almeno: Cristina Campo, Se tu fossi qui. Lettere a Maria Zambrano 1961-1975, Archinto, Milano 2009.
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 97 del 7 aprile 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 97 del 7 aprile 2023
In questo numero:
1. Letizia Paolozzi: Il filo che lega le pratiche
2. Vita Cosentino: Illuminare le pratiche
3. Giobbe Santabarbara: Breve una lettera alle persone amiche - e ad altre ancora - per chiedere loro una cosa
4. Simona Carando: Vittoria Guerrini (Cristina Campo)
5. Cristina Campo: La Tigre Assenza
6. Alcune poesie di Emily Dickinson tradotte da Cristina Campo
7. Cristina Campo traduce Friedrich Hoelderlin
8. Cristina Campo traduce Eduard Moerike
9. Cristina Campo traduce Hector Murena
10. Cristina Campo traduce William Carlos Williams
11. Cristina Campo traduce John Donne
12. Cristina Campo traduce Simone Weil
13. Una minima notizia su Cristina Campo (2006)
1. L'ORA. LETIZIA PAOLOZZI: IL FILO CHE LEGA LE PRATICHE
[Dal sito della "Libreria delle donne" di Milano riprendiamo e diffondiamo]
Esistono pratiche politiche che hanno contiguita', corrispondenze, assonanze con quelle femministe. Eppure, l'occhio impigrito dei media, per abitudine o per opportunismo, non le guarda, anzi, le esclude dal proprio campo visivo comportandosi come i "retroscenisti" che puntano a scoprire magagne, a prevedere ribaltoni nel modesto perimetro dei partiti in crisi e in questo modo dimenticano tutto cio' che significa politica legata alla vita.
Prendiamo quanto accaduto dopo il naufragio nella notte del 26 febbraio a venti chilometri da Crotone. Il 9 marzo il Consiglio dei ministri va in trasferta e si riunisce nel municipio di Cutro. Strade blindate, schieramento di polizia, qualche orsetto di peluche scagliato contro le auto blu. Intanto i corpi - sono 71, diventeranno 90 dopo un mese - degli afghani, siriani, iraniani, iracheni giacciono in fila nelle bare al Palamilone di Crotone. Il governo riparte senza fermarsi al Palamilone.
L'11 marzo migliaia in corteo camminano silenziosamente verso il mare di Steccato di Cutro sollevando croci fatte con le assi consumate del caicco Summer Love che si e' inabissato a pochi metri dalla riva. Ascoltano il racconto di un superstite afghano; piantano fiori sulla spiaggia.
Il sesso femminile conosce la spinta a partecipare al lutto con un gesto di condivisione, la pietas che diventa ricchezza umana e politica.
Nel bel film "Gli spiriti dell'isola" di Martin Mc Donagh che gira intorno alla nascita dei conflitti, viene portata ad esempio l'amicizia tra due uomini - Colm e Padraic - troncata brutalmente. E' Colm a dire a Padraic, sodale di bevute al pub e di chiacchiere sulla cacca del pony: "Non voglio piu' parlare con te, mi annoio. Devo comporre una musica; voglio essere ricordato quando scompariro'". L'altro non si da' pace, insiste, tampina. La cosa scivola nell'horror mostrando il mistero terribile della brutalita' delle azioni umane; l'impulso vendicativo impossibile da contenere e la spirale della lotta fratricida dalla quale si salva solo la sorella di Padraic. La quale, per difendere il proprio desiderio - leggere libri - sceglie di esiliarsi. "Me ne vado. Siete tutti pazzi". Combatte cosi' la violenza e la guerra, sottraendosi alla sua logica. Stesso gesto di sottrazione degli obiettori di coscienza, di quanti dalla Russia sono emigrati pur di non andare a combattere, delle iraniane che si ribellano a mani nude.
Ha osservato Svetlana Aleksievic: "Vorrei scrivere di chi non spara, di chi non riesce a sparare a un altro essere umano, di qualcuno a cui l'idea stessa della guerra provoca dolore" e noi siamo chiamate a dare voce a chi compie queste scelte.
D'altronde, il coraggio non e' solo fisico e non si trova in un solo sesso.
Le ucraine fuggite in Europa, in Italia con bambini, nonne e maschi troppo vecchi per essere obbligati a combattere, in Italia possono essere accostate alle migranti nel tentativo di riconfigurare altrove i propri rapporti sociali.
Pero' l'Italia accoglie i perseguitati dall'invasione russa e non gli afghani, iracheni o siriani bombardati dai russi e dagli americani. "Aiutiamoli a casa loro" siriani, afghani, iracheni.
Quanto all'esodo, alla diserzione rimanda a una pratica di resistenza in relazione con il primum vivere della politica femminista: immaginiamo altre pratiche, impariamo a riconoscerle dove gia' esistono. Di qui l'esigenza di immaginare altre pratiche, di saperle riconoscere giacche' la contaminazione dell'ordine simbolico e del reale e' un lavoro di cui ci siamo fatte carico noi donne.
2. RIFLESSIONE. VITA COSENTINO: ILLUMINARE LE PRATICHE
[Dal sito della "Libreria delle donne" di Milano riprendiamo e diffondiamo]
Quando una donna dice la sua verita', illumina un mondo. Questo ho pensato mentre Daniela Santoro raccontava le difficolta' umane ed esistenziali attraversate nel suo tormentato percorso di presa di coscienza politica. Con lei risuonava la voce di tante altre giovani donne che, con accanto l'ombra della depressione, passano gran parte del tempo sui social.
Nelle sue parole mi ha colpito soprattutto l'immagine di "tutte le porte chiuse in faccia" a chi cercava di tenderle la mano. Rendendosi consapevole di questo atteggiamento, ha trovato poi la spinta per decidere di "farsi tirare fuori dal baratro". Questo mi pare oggi il punto spartiacque: ritrovare la fiducia nelle relazioni in carne e ossa. Cosa evidentemente difficile per una generazione nata digitale.
Non e' problema solo femminile. In questo momento di grave crisi delle forme della politica maschile il passaggio alla fiducia nelle relazioni in carne e ossa non riguarda solo le giovani donne come Daniela, ma tutti i giovani. Dopo le ultime elezioni regionali, Maurizio Ferrara, in un articolo comparso sul Corriere della sera dal titolo Giovani senza partito, esamina l'alto astensionismo dei giovani sostenendo, sulla base di inchieste approfondite, che non e' sinonimo di alienazione. I giovani si interessano alla politica, ma "non considerano il voto come uno strumento efficace per far sentire la propria voce". Preferiscono impegnarsi in movimenti di protesta e il canale privilegiato e' internet. Sono netizen, cittadini in rete che non vanno a votare e partecipano online ogni giorno (19/02/2023).
Senza per questo demonizzare i social, mi sembra forte il rischio di chiusura in una bolla virtuale se non si partecipa al mondo anche nella realta'. C'e' chi lo ha gia' capito e lo vuole comunicare alle altre, come le Compromesse quando scrivono: "Raccontandoci sulla nostra pagina Instagram, vogliamo trasmettere alle nostre coetanee e alle ragazze piu' giovani, la voglia di unirsi, di trovare piacere infrangendo la bolla dell'individualismo, alla ricerca di una liberta' che nasce dallo stare insieme, e non perde mai di vista la collettivita'" (AP n.1/2 2023).
Quello che posso offrire io a supporto di questo passaggio indispensabile sul piano esistenziale e politico e' una narrazione che viene dalla mia storia e dice: la vita e' fatta di incontri e poco piu'. Gli incontri sono piu' spesso casuali che cercati e alcuni determinano svolte esistenziali potenti. Anche la politica e' fatta essenzialmente di incontri e di relazioni. Io mi sono sempre regolata dando un'iniziale fiducia, pensando che dall'incontro potesse venire qualcosa di buono. Non sempre accade, ma il piu' delle volte si'. Per puro caso, al convegno sull'affidamento, negli anni '80, ero seduta vicino a Giannina Longobardi, come me insegnante, a Verona. Da li' e' nata un'amicizia umana e politica che ha prodotto pensiero sulla scuola e il coraggio di agire in grande con il Movimento di autoriforma gentile. Per parte mia, non mi sono mai voluta mettere in analisi, pensando che la politica fosse il modo migliore per affrontare anche i buchi personali: i miei problemi non sono solo miei e condividerli apre a trasformazioni.
Siamo in un tempo di cambiamento e, per fortuna, l'individualismo imposto sembra al tramonto, come mostra una recente ricerca pubblicata sul Domani, nella rubrica Il Cannocchiale - l'economia e la societa' attraverso i dati. Enzo Risso dice: "Dopo quaranta anni di sbornia liberista, di spinta a disinteressarsi della societa', degli altri, e di pensare solo a se stessi, ad arricchirsi senza badare alle conseguenze, la societa' sembra mutare la direzione del proprio timone". Dal suo osservatorio sui dati si vedono infatti percentuali altissime (tra 70% e 80%) di chi cerca nuove forme di scambio, di "legami caldi", nuove forme di collaborazione e condivisione (19/03/2023).
Al contempo assistiamo all'estrema crisi delle forme della politica maschile e alla crescita di un bisogno sempre piu' diffuso di nuove forme di convivenza. Le invenzioni politiche delle donne, il partire da se' e le pratiche di relazione sarebbero le politiche piu' rispondenti a questo tempo, pure, quasi per paradosso, sono come offuscate.
In Via Dogana Tre abbiamo deciso di lavorare sulle pratiche politiche e sulla loro nominazione proprio per l'esigenza di gettare nuova luce su una concezione della politica fondata sulle pratiche. E' infatti da nuove pratiche che possono venire nuove idee e nuove teorie. In questo momento non circola abbastanza, soprattutto tra le persone giovani, l'idea che le pratiche sono la strada maestra per fuoriuscire da un regime simbolico e anche dalle forme politiche maschili. Le teorie infatti, anche le piu' avanzate sono in qualche modo debitrici del sistema simbolico in cui nascono. Quando ne abbiamo discusso nella redazione ristretta di VD3, una giovane ha detto: "Solo ora con questa discussione ho capito cos'e' una pratica".
Ci sono delle ragioni per cui queste invenzioni della politica femminista sono offuscate, per non dire oscurate in questo momento. L'improvvisa comparsa di due donne in ruoli politici apicali, la presidente del consiglio dei ministri e la segretaria del maggior partito dell'opposizione, cattura lo sguardo, anche femminile, verso la scena del potere. E' forte il rischio di polarizzazione e tifoseria da schieramento. Inoltre i femminismi che attirano maggiormente le nuove generazioni adottano prevalentemente le forme politiche tradizionali della sinistra come scioperi, manifestazioni, obiettivi, e non veicolano le pratiche originali pensate dal femminismo.
Nella sua relazione iniziale Lia Cigarini ha messo in evidenza un passaggio importante quando ha parlato di "allargamento della politica". E' una notizia molto buona se le associazioni dicono di stare facendo "una politica sociale" e non "un lavoro nel sociale". Fino a poco tempo fa non succedeva. Segna un cambiamento nella concezione della politica. Ricordiamoci - e mi faceva impazzire - che fino a poco tempo fa dicevano della politica delle donne che era "prepolitica" o "impolitica".
Puo' venire un grande impulso dall'allargamento di cio' che si intende per politica e noi possiamo contribuire a queste nominazioni, avvistarle la' dove si producono nella societa', metterle in risalto, farle circolare, far sempre piu' nominare come politica cio' che e' politica. Se cambiano le parole, cambia anche la realta'.
3. REPETITA IUVANT. GIOBBE SANTABARBARA: BREVE UNA LETTERA ALLE PERSONE AMICHE - E AD ALTRE ANCORA - PER CHIEDERE LORO UNA COSA
Dico subito la cosa che vorrei chiedere a tutte e tutti voi: un nuovo o rinnovato impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
Sono un vecchio militante che ricorda vividamente - ero allora assai giovane - l'occupazione di Alcatraz sul finire degli anni Sessanta, il "Sentiero dei trattati infranti" culminato nell'occupazione del Bureau of Indian Affairs nel 1972, e soprattutto l'occupazione e l'assedio di Wounded Knee del 1973. E' da allora che anch'io sento il dovere di sostenere la lotta delle popolazioni native nordamericane contro il genocidio, l'etnocidio e l'ecocidio di cui sono vittima (e con loro l'umanita' intera e l'intero mondo vivente) da parte del potere razzista, stragista, rapinatore e devastatore bianco. Lungo oltre mezzo secolo non ho saputo fare granche', se non impegnarmi qui in Italia in iniziative che credo siano state almeno coerenti con quella lotta, nella convinzione che tutto si tiene, che tutto e' collegato, o per dirla con una luminosa espressione Lakota: "Mitakuye Oyasin".
Sono stato un lettore di "Akwesasne Notes", la bella, indimenticabile rivista che negli anni '70-'90 fu primario strumento d'informazione su quelle lotte, su quelle esperienze di pensiero e azione. E credo sia stato attraverso "Akwesasne Notes" che conobbi la vicenda di Leonard Peltier. Successivamente, come molte altre persone, lessi il libro di Edda Scozza, quello di Peter Matthiessen e la sua autobiografia.
Da un paio d'anni il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo si sta particolarmente impegnando nella mobilitazione nonviolenta internazionale per la liberazione di Leonard Peltier, ed io con esso.
Leonard Peltier e' detenuto innocente ormai da 47 anni, e la sua salute e' gravemente deteriorata. Dal carcere ha continuato a lottare con gli strumenti della testimonianza e della parola, della poesia e dell'arte, per i diritti dei popoli oppressi, per i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la Madre Terra.
Come e' noto la sua liberazione e' stata chiesta nel corso degli anni da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, come papa Francesco e il Dalai Lama, da istituzioni come il Parlamento Europeo, da associazioni umanitarie come Amnesty International, da milioni (si', milioni) di persone di tutto il mondo.
E come e' altrettanto noto la sua liberazione dipende unicamente dalla concessione della grazia presidenziale da parte del Presidente degli Stati Uniti d'America, a cui quotidianamente pervengono richieste a tal fine (tra le piu' recenti: quella della Commissione giuridica ad hoc dell'Onu; quella unanime del Comitato nazionale del Partito Democratico degli Stati Uniti - il partito cui lo stesso Presidente Biden appartiene).
Dalla provincia italiana non si puo' fare molto, ma quel poco che si puo' fare va fatto.
Cosa chiedo dunque in concreto alle persone amiche - ed alle altre ancora - cui indirizzo questa lettera? Tre cose.
La prima, far conoscere la vicenda di Leonard Peltier e diffondere l'appello per la sua liberazione.
La seconda, scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedergli di concedere la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
La terza, scrivere a Leonard Peltier e al comitato internazionale che lo sostiene, l'International Leonard Peltier Defense Committee, per esprimere loro il proprio sostegno.
Tutto qui.
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Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America: nel sito della Casa Bianca aprire la pagina attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Per scrivere a Leonard Peltier l'indirizzo e': Leonard Peltier, #89637-132, USP Coleman I, P.O. Box 1033, Coleman, FL 33521; trattandosi di un carcere di massima sicurezza possono essere inviate solo lettere postali, e nessun oggetto.
Per scrivere all'International Leonard Peltier Defense Committee: e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
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Grazie per l'attenzione, e un cordiale saluto da
Giobbe Santabarbara
4. MAESTRE. SIMONA CARANDO: VITTORIA GUERRINI (CRISTINA CAMPO)
[Dal sito www.treccani.it riproponiamo la voce "Vittoria Guerrini" apparsa nel Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 60 (2003)]
Vittoria Guerrini (Cristina Campo) nacque a Bologna il 28 aprile 1923, unica figlia di Guido e di Emilia Putti.
Crebbe in un ambiente colto e raffinato, circondata da persone adulte e senza rapporti con i coetanei; non segui' infatti un regolare corso di studi scolastici per una congenita malformazione cardiaca che rese precaria la sua salute per tutta la vita.
In uno scritto pubblicato postumo (La noce d'oro, in Sotto falso nome, a cura di M. Farnetti, Milano 1998, pp. 219-232) firmato Cristina Campo (il nom de plume da lei piu' amato tra i tanti che uso' e con cui e' soprattutto conosciuta) la G. rivive l'incanto di atmosfere e riti familiari che nella sua percezione si confondevano con situazioni e personaggi favolosi. Il modo di conoscere proprio dell'infanzia, per il quale la realta' si presenta allo sguardo priva di confini certi e molteplice nei significati, per la G. mantenne la sua validita' anche in eta' adulta, quando evoco' quel mondo come "l'orto concluso di cui si cerca piangendo l'entrata" (Gli imperdonabili, Milano 1999, p. 21).
Nel 1928 il padre, musicista, divenne direttore del conservatorio Cherubini a Firenze e poco dopo vi si trasferi' con la famiglia. Qui la G. visse gli anni dell'infanzia e della prima giovinezza, ampliando la sua cultura anche attraverso lo studio dell'inglese e del tedesco e iniziando poi l'attivita' di traduttrice. Importante fu in particolare l'incontro con L. Traverso, noto per la profonda conoscenza dei maggiori poeti tedeschi e in particolare di H. von Hofmannsthal; appunto tramite Traverso la G. scopri' questo scrittore, che divenne per lei un costante punto di riferimento.
La G. pubblico' le prime traduzioni durante la guerra: Conversazioni con Sibelius di B. von Toerne (Firenze 1943), Una tazza di te' e altri racconti di K. Mansfield (Torino 1944), cui seguirono le Poesie di E. Moerike (Milano 1948). A cominciare dal 1953 comincio' a tradurre e pubblicare alcune poesie e prose di Hofmannsthal, contribuendo alla sua diffusione in Italia.
La G. fu introdotta nell'ambiente dei letterati fiorentini da Traverso, della cui raffinata personalita' subi' l'influenza anche nella scrittura, tanto da sentire in seguito il bisogno di liberare il suo stile da tale influsso rendendolo piu' incisivo ed essenziale, spoglio da quelli che ormai considerava inutili preziosismi. A Firenze frequento' il salotto di Anna Banti e comincio' la collaborazione con la rivista Paragone. Letteratura, che dalla Banti era diretta. Insieme con G. Draghi creo' nel 1951 la Posta letteraria del Corriere dell'Adda, su cui pubblico' Diario d'agosto (1953), alcune traduzioni da Emily Dickinson, Simone Weil, Hofmannsthal, e scritti di amici come R. Fasani, Margherita Pieracci Harwell e M. Luzi, a lei particolarmente caro. Negli anni fiorentini due progetti elaborati dalla G. non andarono a compimento: "Il libro delle ottanta poetesse", annunciato in catalogo nel 1953 dall'editore Casini di Roma, e una rivista dal titolo weiliano, L'Attenzione.
La G., esile e delicata di salute, era capace tuttavia di un'attivita' instancabile; desiderosa di stabilire rapporti autentici intendeva l'amicizia come segno di una profonda corrispondenza spirituale e intellettuale. Aveva una visione elitistica e aristocratica dell'esistenza e, nella vita e nell'arte, aspirava, in senso sia etico sia estetico, a una perfezione cui riteneva potessero arrivare soltanto individui eccezionali. Quando lesse La pesanteur et la grace di Simone Weil (1947) trovo' nella scrittrice francese affinita' profonde e ne condivise l'inflessibile coerenza nel seguire una vocazione-destino, la ricerca attenta e paziente ("attenzione-attesa" sono due parole chiave nel linguaggio della G.) che consente di decifrare i segni e di intuire i misteri celati nella realta', il rifiuto del progresso solo "in orizzontale" caratteristico della civilta' contemporanea. La Weil rappresenta una tappa essenziale nel cammino della G. verso il sacro e il soprannaturale, estremo punto di arrivo dove la perfezione le apparve unione di bellezza e verita'. Di fatto l'uso di questi termini astratti a proposito della G. e' ineludibile e per l'esatta comprensione di essi non resta che l'approccio diretto all'opera. La sua personalita' era complessa e se taluni ne hanno evidenziato gli aspetti appassionati e impetuosi, altri ne hanno sottolineato l'ascetismo e la ricerca del silenzio interiore nella solitudine. Non meno difficile e' trovarle una collocazione nel panorama letterario del secolo XX. Farnetti, che ne ha studiato a fondo gli scritti, la ritiene "estranea ad ogni tradizione consacrata del nostro Novecento, non lasciando la sua scrittura intravedere alcun sensibile modello, mancando ancora il suo "caso" ampiamente di supporti bio-bibliografici, e rifuggendo la sua vita e opera da qualsiasi partizione "di regola"" (Per C. Campo, p. 7). Questa opinione e' condivisa da tutti i critici che si sono occupati di lei (tra gli altri: Luzi, G. Ceronetti, Pieracci Harwell) ed e' convalidata dal fatto che la G. e' rimasta per lo più fuori dai repertori letterari del Novecento italiano.
Nel 1955 la G. si trasferi' a Roma, seguendo il padre, che nel 1950 era stato nominato direttore del conservatorio di S. Cecilia, e con la famiglia abito' presso il Collegio di musica al Foro Italico fino al settembre 1965. Il distacco da Firenze rappresento' una vera cesura nella sua vita e il bisogno di cancellare le tracce di esperienze dolorose, di cui poco sappiamo ma che sicuramente si riferiscono a "un amore impossibile" (cfr. M. Dalmati, in Per C. Campo, p. 125), e' testimoniato dalla richiesta rivolta agli amici di distruggere ogni lettera anteriore al 1956-57 ed e' confermato dalla poesia Ora rivoglio bianche tutte le mie lettere, pubblicata in Passo d'addio (Milano 1956), raccolta che comprende undici liriche e due traduzioni da T.S. Eliot.
Attualmente il corpus delle poesie della G. (trenta in tutto) insieme con le ben piu' numerose traduzioni-interpretazioni poetiche, che spaziano dai romantici tedeschi ai mistici del Seicento, ai contemporanei anglo-americani, agli scrittori di lingua spagnola e che si collocano lungo l'intero arco della sua vita, e' riunito in un unico volume, La tigre assenza (Milano 1991 e 1997), a cura di M. Pieracci Harwell.
In questa selezione, come del resto in tutta la sua attivita' culturale, gli interessi della G. si rivelano vasti e determinati soltanto da una scelta personale, che non tiene in alcun conto il quadro storico ma solo l'individualita' dell'artista. L'intera produzione poetica rispecchia le fasi del suo cammino interiore: fino al 1957-58 (Passo d'addio, Quadernetto, Poesie sparse) si coglie dapprima il tema del distacco doloroso da un mondo e da quell'"amore impossibile", ai quali la memoria ritorna cogliendo e collocando nel paesaggio fiorentino le trame di una vita vissuta, ma irrecuperabile, anzi da cancellare; poi il tema dell'assenza, del vuoto in cui si attende l'illuminazione interiore senza piu' cercarla, in un alternarsi di angoscia e speranza. Quindi, dopo oltre dieci anni di silenzio, nel 1969 la G. torna alla poesia con componimenti di carattere religioso e liturgico ispirati da un misticismo in cui si fondevano il rito, il mito, il linguaggio sacrale del mistero e il tema della bellezza uccisa dall'odierna civilta'.
A Roma la G. aveva iniziato dal 1956 una collaborazione con la RAI, durata - a quanto risulta finora - fino al 1961. I copioni dei programmi che sono stati effettivamente ritrovati, e pubblicati in Sotto falso nome, sono soltanto tre, Una tragedia di S. Weil: "Venezia salva" del 1956 (pp. 51-57); Due saggi del 1960 (pp. 64-68) e Musiche di scena nel teatro di Shakespeare, redatto insieme con il padre nel 1961 (pp. 82-90); di altri lavori radiofonici si conoscono soltanto i titoli. Ambientarsi a Roma per la G. non fu facile, ma pote' frequentare alcuni vecchi amici fiorentini che vi si erano stabiliti e ne trovo' di nuovi.
Tra gli altri la clavicembalista e poetessa greca Maria Dalmati (pseudonimo di Maria-Nike Zoroghiannide), che le rimase legata per tutta la vita, C. Alvaro, I. Silone, i Bellonci e R. Bazlen. Del poeta W. C. Williams, alla cui opera la G. si dedico' a lungo, divenne amica attraverso uno scambio epistolare che rivela la loro profonda affinita'.
Tra le molte nuove conoscenze, un ruolo determinante ebbe E. Zolla, studioso di letteratura anglo-americana nonche' di filosofie orientali, di misticismo e di esoterismo. Cominciarono a frequentarsi nel 1958 e dal 1960 vissero insieme condividendo ricerche ed esperienze - anche se ciascuno mantenne certe peculiarita' individuali -: gli interessi comuni erano molti, cementati dalla volonta' di combattere la crisi dei valori spirituali e il dilagare della volgarita'; insieme, tra l'altro, lavorarono per tentare di fermare l'attuazione della riforma liturgica intrapresa dalla Chiesa dopo il concilio Vaticano II (1962-65).
Nel 1962 fu pubblicata a Firenze la prima raccolta di saggi della G., Fiaba e mistero, parzialmente confluita in Il flauto e il tappeto (Milano 1971), dove furono inseriti altri saggi gia' editi in riviste o inediti. Le due edizioni postume de Gli imperdonabili (ibid. 1987 e 1999) riunirono in volume sia le due opere citate, sia quanto della G. era apparso in varie occasioni (tra l'altro, le note introduttive alle traduzioni di poesie o di opere in prosa). Anche in questo caso si tratta di testi che e' difficile definire "saggi" nel senso convenzionale del termine: gli scritti della G. non seguono un procedimento dimostrativo, spesso sono divisi in paragrafi o frammentati da pause che rendono poco evidente il nesso che lega le varie parti: quasi annotazioni di un diario intimo, nascono da imprevedibili intuizioni che spetta al lettore mettere in relazione tra loro. Quando usci' Il flauto e il tappeto, Ceronetti defini' questa "raccolta di Cose Scritte [...] un fiore indefinibile e inclassificabile [...]. L'argomento e il risultato combaciano nell'inafferrabilita': la Perfezione" (C. Campo o della perfezione, p. 277).
Un primo tema, e dei piu' importanti, che la G. affronta riguarda le fiabe, di cui aveva subito il fascino fin dall'infanzia e che le fecero capire come "La caparbia, ininterrotta lezione delle fiabe e' la vittoria sulla legge di necessita'" (Parco dei cervi, p. 157: nuovo titolo dato a Diario d'agosto, ripreso e ampliato piu' volte, poi in Gli imperdonabili, pp. 143-163). Esse insegnano che vi e' un modo di guardare le cose opposto a quello suggerito dal comune giudizio degli uomini e che solo chi procede contro ogni logica, contro ogni speranza raggiunge la meta. Nella fiaba e' adombrato un cammino di iniziazione, misterioso per ciascuno, ma basta osservare la realta' con "attenzione" per cogliere i segni che ci rivelano il nostro destino e abbandonarsi a esso: lo stesso tipo di messaggio si trova nelle imprese degli antichi cavalieri, nelle parabole dei Vangeli, nelle vite di santi, monaci ed eremiti, in ogni testo sacro. Nei suoi saggi la G. tenta di reagire al "generale orrore" di un mondo che considera "imperdonabili" coloro che amano questa ardua perfezione e se sembra trattare argomenti diversi non diverso e' il fine da lei perseguito: affermare il valore delle forme in cui la bellezza si rivela e dedicare la sua opera a scrittori, poeti, musicisti che hanno espresso il "sapore massimo di ogni parola", "di ogni nota".
Nel 1963 la G. pubblico' la versione in italiano della tragedia incompiuta di S. Weil Venezia salva (Brescia 1963; Milano 1987), cui lavorava da tempo. Nel dicembre del 1964 le mori' la madre e nel giugno dell'anno seguente il padre, perdite che la segnarono profondamente.
Una sua poesia, La tigre assenza, che ha dato il titolo alla raccolta del 1991, e' l'espressione di un dolore divorante che provoco' un'ulteriore svolta nella sua vita sempre piu' solitaria - anche il legame con Zolla si attenuo' - e tormentata dalla malattia.
Dal 1965 si era trasferita all'Aventino che le era divenuto caro da quando aveva iniziato a frequentare l'abbazia di S. Anselmo, dove i monaci benedettini officiavano la messa in latino e mantenevano il canto gregoriano.
In questa fase della sua vita la religiosita' della G. assunse un carattere ben definito e negli ultimi componimenti la liturgia, con i suoi riti e i suoi simboli, divenne "poesia". Percio', quando anche i benedettini dovettero adeguarsi alle disposizioni postconciliari, che - secondo il suo modo di vedere - svuotavano di significato il sacro, decise di seguire le cerimonie del culto bizantino-slavo nella chiesa del Collegium Russicum laddove il forte misticismo implicito nella celebrazione corrispondeva al suo sentimento del divino.
Intanto nel 1963 era uscita, a cura di Zolla, l'antologia de I mistici, rielaborata dallo stesso curatore col titolo I mistici dell'Occidente in altre due edizioni successive (Milano 1976-80; ibid. 1997). A essa la G. collaboro' con varie traduzioni in poesia e in prosa; delle prime furono pubblicate in volume quelle da J. Donne, Poesie amorose. Poesie teologiche (Torino 1971); delle seconde, Detti e fatti dei padri del deserto (Milano 1975; a cura anche di P. Draghi).
Riguardo ad alcuni altri testi di questa antologia si pone il problema della loro oscillante attribuzione alla G.; infatti, come e' documentato in Sotto falso nome, la G. uso' altri pseudonimi oltre a quello di Cristina Campo: Puccio Quaratesi, Bernardo Trevisano, Giusto Cabianca, Benedetto P. d'Angelo. Nei Mistici, e nelle edizioni successive di quest'opera, le traduzioni firmate Giusto Cabianca vengono ora attribuite alla G., ora a lei e a Zolla insieme, ora al solo Zolla; lo stesso si verifica anche per altre traduzioni poetiche che furono poi inserite in La tigre assenza. Di fatto i due scrittori spesso non si preoccupavano di distinguere il lavoro dell'uno da quello dell'altra e si servivano dello stesso pseudonimo, come pure nel caso dei testi a firma di Bernardo Trevisano, sebbene sia certo che sono della G. alcuni articoli sottoscritti con questo nome sul Giornale d'Italia nel 1966.
Gli ultimi lavori della G. uscirono nella rivista Conoscenza religiosa, fondata e diretta nel 1969 da Zolla. Comprendono due liriche: Missa Romana e La tigre assenza (1969, ora entrambe in La tigre assenza, pp. 41-44); un saggio: Sensi soprannaturali (1971, ora in Gli imperdonabili, pp. 231-247); e, postumo, Diario bizantino e altre poesie (1977, ora in La tigre assenza, pp. 45-57).
Gli ultimi lavori della G. furono composti nel periodo della sua piu' intensa frequentazione del Russicum e mentre si dedicava allo studio dei mistici. Pur essendo di soggetto religioso e liturgico, sono lontani da ogni astrazione intellettualistica: il valore del rito e' nel fatto che esso ci conduce in un mondo diverso con la nostra intera forma umana e la G. parla di "sensualita' trascendente" (Gli imperdonabili, p. 236) ingiustamente condannata, poiche' e' il nostro corpo che deve entrare in contatto con Dio e passare dal naturale al soprannaturale. "Il rito e' per eccellenza questa esperienza di morte-rigenerazione attraverso la bellezza" (intervista apparsa in Il Tempo, 16 aprile 1972).
L'intensita' di affetti della G., unita al bisogno di eleganza e di leggerezza espressiva, si ritrova nella corrispondenza pubblicata postuma: Lettere a un amico lontano, a cura di V. Scheiwiller (Milano 1989 e 1998); "L'infinito nel finito" (lettere a P. Polito), a cura di G. Fozzer (Pieve a Nievole-Pistoia 1998); e Lettere a Mita (Milano 1999), a cura di M. Pieracci Harwell.
Il primo raccoglie le lettere ad A. Spina per il quale la G. curo' l'introduzione alla traduzione dall'arabo di La storia della citta' di rame (Milano 1963), tratta dalle Mille e una notte (ora in Gli imperdonabili, pp. 53-61). Lo scambio epistolare con P. Polito, scrittore e critico attivo a Firenze, e' limitato a poche lettere; piu' importanti le Lettere a Mita (240 lettere a M. Pieracci Harwell dal 1955 al 1975), che forniscono una quantita' di notizie preziose per ricostruire momenti di vita, stati d'animo, interessi letterari e religiosi della Guerrini.
La G. mori' a Roma il 10 gennaio 1977.
L'interesse prevalentemente postumo per la G. va attribuito in gran parte alla riedizione delle sue opere - ormai introvabili - per i tipi della casa editrice Adelphi, che ne ha promosso la diffusione.
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Fonti e Bibliografia: Firenze, Gabinetto G.P. Vieusseux, Archivio contemporaneo A. Bonsanti, Fondo C. Campo; M. Luzi, L'incanto dello scriba, in Id., Vicissitudine e forma, Milano 1974, pp. 21-30; M. Pieracci Harwell, C. Campo: della perfezione, in Id., Un cristiano senza chiesa e altri saggi, Roma 1991, pp. 135-149; P. Citati, Il viso di C. Campo, in Id., Ritratti di donne, Milano 1992, pp. 287-291; M. Farnetti, L'intelligenza nel cuore: sulle "Lettere a un amico lontano" di C. Campo, in Frammenti di un discorso amoroso nella scrittura epistolare moderna, a cura di A. Dolfi, Roma 1992, pp. 503-525; A. Spina, Conversazione in piazza S. Anselmo. Per un ritratto di C. Campo, Milano 1993; L. Villa, Saggismo e poesia. Gli imperdonabili di C. Campo, in Nuova Corrente, XLI (1994), 113, pp. 141-172; M. Farnetti, C. Campo, Ferrara 1996; C. Campo, in Citta' di vita, LI (1996), 6, a cura di M. Farnetti - G. Fozzer, pp. 467-601; M. Pieracci Harwell, Il sapore massimo di ogni parola, in C. Campo, La tigre assenza, a cura di M. Pieracci Harwell, Milano 1997, pp. 281-305; Per C. Campo, a cura di M. Farnetti - G. Fozzer, Milano 1998; M. Farnetti, Osservazioni sul metodo correttorio di C. Campo, in Studi novecenteschi, dicembre 1998, pp. 331-349; Id., Le ricongiunte, in C. Campo, Sotto falso nome, a cura di M. Farnetti, Milano 1998, pp. 245-263; M. Farnetti - F. Secchieri, Bibliografia, ibid., pp. 265-282; G. Ceronetti, Cristina, in C. Campo, Gli imperdonabili, Milano 1999, pp. XIII-XV; Id., C. Campo o della perfezione, ibid., pp. 277-282; M. Pieracci Harwell, Nota biografica, ibid. pp. 263-271; Id., C. Campo e i due mondi, in C. Campo, Lettere a Mita, 1999, cit., pp. 391-404; C. Campo, Tradurre S. Weil. Lettere all'editore, a cura di G. Fozzer, in Humanitas, n.s., LV (2000), pp. 174-200; A. Emo, Lettere a C. Campo, 1972-1976, a cura di G. Fozzer, Bologna 2001; W.C. Williams - C. Campo - V. Scheiwiller, Il fiore e' il nostro segno. Carteggio e poesie, a cura di M. Pieracci Harwell, Milano 2001; C. Campo, a cura di E. Bianchi - P. Gibellini, in Humanitas, n.s., LVI (2001), 3, pp. 329-457; C. De Stefano, Belinda e il mostro. Vita segreta di C. Campo, Milano 2002.
5. MAESTRE. CRISTINA CAMPO: LA TIGRE ASSENZA
[Da Cristina Campo, La Tigre Assenza, Adelphi, Milano 1991, 2001, p. 44]
Pro patre et matre
Ahi che la Tigre,
la Tigre Assenza,
o amati,
ha tutto divorato
di questo volto rivolto
a voi! La bocca sola
pura
prega ancora
voi: di pregare ancora
perche' la Tigre,
la Tigre Assenza,
o amati,
non divori la bocca
e la preghiera...
6. REPETITA IUVANT. ALCUNE POESIE DI EMILY DICKINSON TRADOTTE DA CRISTINA CAMPO
[Da Cristina Campo, La Tigre Assenza, Adelphi, Milano 1991, 2001, pp. 85-90, ma l'ordine in cui le abbiamo qui disposte e' quello dedotto dalla cronologia dell'opera dickinsoniana, ed utilizzato anche in Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, in cui le "versioni d'autrice" di Cristina Campo sono alle pp. 1643-1646.
Emily Dickinson - poetessa imprescindibile - visse ad Amherst, Massachusetts, tra il 1830 e il 1886; molte le edizioni delle sue poesie disponibili in italiano con testo originale a fronte (tra cui quella integrale, a cura di Marisa Bulgheroni: Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005; ma vorremmo segnalare anche almeno la fondamentale antologia curata da Guido Errante: Emily Dickinson, Poesie, Mondadori, Milano 1956, poi Guanda, Parma 1975, e Bompiani, Milano 1978; e la vasta silloge dei versi e dell'epistolario curata da Margherita Guidacci: Emily Dickinson, Poesie e lettere, Sansoni, Firenze 1961, Bompiani, Milano 1993, 2000); per un accostamento alla sua figura e alla sua opera: Barbara Lanati, Vita di Emily Dickinson. L'alfabeto dell'estasi, Feltrinelli, Milano 1998, 2000; Marisa Bulgheroni, Nei sobborghi di un segreto. Vita di Emily Dickinson, Mondadori, Milano 2002. Ebbe a scrivere della sua opera Luciano Bonfrate: "Mi capita di usare dei suoi versi / come fosser sentenze di sibilla / della mia vita specchio, e vi scintilla / cio' che trovai, che non trovai, che persi"]
Per sempre al suo fianco camminare,
la piu' piccola dei due,
cervello del suo cervello, sangue del suo sangue,
due vite, un Essere, ora.
Per sempre del suo fato gustare,
se dolore, la piu' larga parte,
se gioia, mettere il mio pezzo in disparte
per quel diletto cuore.
Tutta la vita conoscersi l'un l'altro
senza poterci mai imparare,
e piu' tardi un mutamento chiamato "Paradiso" -
rapito vicinato d'uomini
che appena scoprono cio' che ci inquietava
senza il vocabolario!
*
Che tedio attendere
se non vicino a te,
l'ho saputo iersera
quando si volle avvincermi
forse vedendomi
affaticata o sola
o per cedere quasi
alla pena silente.
Io mi volsi, ducale -
a te solo spettava
quel gesto - un porto solo
vale a questa nave.
Nostra la ventura
per un selvaggio mare
meglio che un ancoraggio
non diviso da te.
A noi piu' tosto il carico
di un perenne viaggio
che le Odorose Isole
desolate di te.
*
Imparai finalmente che cosa la casa poteva essere,
come sarei stata ignorante
dei graziosi modi del costume,
come goffa all'inno
intorno al nostro nuovo focolare, se non per questo,
questa mappa del cammino
la cui memoria mi annega, come il battesimo
di un celestiale mare.
Quali mattine nel nostro giardino, immaginate,
quali api per noi a ronzare,
con solo uccelli a interrompere
il mormorio del nostro tema.
E un compito per ciascuno quando il gioco sia finito,
il tuo problema della mente,
il mio qualche effetto piu' frivolo,
un pizzo o una canzone.
Il pomeriggio insieme trascorso
e il crepuscolo per i sentieri
qualche soccorso a piu' povere vite
viste piu' povere attraverso i nostri doni.
E poi ritorno, e notte e casa,
una nuova e piu' divina cura,
finche' l'aurora ci richiami in scena
trasmutati, piu' vividi.
Questa sembra una casa e casa non e'
ma cio' che quel luogo potrebb'essere
mi affligge come un sole calante
dove l'aurora sa che cosa essere!
*
Che faro' io quando turba l'estate,
quando la rosa e' matura?
Quando le uova svolino in melodia
da un carcere d'acero: - che faro' io?
Che faro' io quando dai cieli in gorgheggio
cada su me una canzone?
Quando al ranuncolo dondoli tutto il meriggio
l'ape sospesa - che mai faro' io?
E quando lo scoiattolo si colmera' le tasche
e guarderanno le bacche...
Resistero' io a quelle candide facce
se tu da me sei lontano?
Al pettirosso non sarebbe gran pena:
volano tutti i miei beni.
Io non ho ali: a che servono, dimmi,
i miei tesori perenni?
*
Tocca leggero la dolce
chitarra della natura
se non conosci ancora
la canzone.
O d'ogni uccello
ti accusera' lo sguardo
che ti facesti bardo
innanzi l'ora.
*
Morte e' il pieghevole corteggiatore
che vince alla fine.
E' un vagheggiare furtivo
condotto sulle prime
per pallide insinuazioni
e oscuri avvicinamenti:
magnifico alfine di trombe
e un equipaggio a due posti
che ti rapisce in trionfo
a nozze sconosciute -
a parentele vibranti
come le porcellane.
7. REPETITA IUVANT. CRISTINA CAMPO TRADUCE FRIEDRICH HOELDERLIN
Poco sapere, ma di gioia molto
ai mortali e' concesso.
O bel sole, perche' me non appaga
- tu, fiore dei miei fiori - nominarti
in un giorno di maggio? So io forse
cosa piu' alta?
Oh fossi piuttosto un fanciullo!
e come gli usignuoli, in canti senza affanno,
la mia gioia cantassi!
8. REPETITA IUVANT. CRISTINA CAMPO TRADUCE EDUARD MOERIKE
Scioglie il suo nastro azzurro primavera
nuovamente nell'aria.
Dolci, noti profumi,
rigano di presagi la campagna.
Trasognate viole
chiedono di sbocciare. -
Ascolta: un tocco d'arpa, chissa' dove!
Primavera, sei giunta! E' la tua voce!
9. REPETITA IUVANT. CRISTINA CAMPO TRADUCE HECTOR MURENA
Chi puo' guardare due volte
le scarpe di una creatura
qualunque
senza mettersi a piangere?
Dio, col suo sguardo
infinitamente abbattuto
che non si stacca mai
dalle scarpe degli uomini.
10. REPETITA IUVANT. CRISTINA CAMPO TRADUCE WILLIAM CARLOS WILLIAMS
L'imperatore impotente
si ottunde a scrivere
poemi in un giardino
e intanto i suoi eserciti
uccidono e bruciano. Ma noi,
poveri e senza amore,
serbiamo qualche intesa
con quella verita' che e' la tristezza
dell'uomo: diciamo -
i tardi fiori, intoccati
dagli insetti e in attesa
solo del gelo.
11. REPETITA IUVANT. CRISTINA CAMPO TRADUCE JOHN DONNE
Morte, non andar fiera se anche t'hanno chiamata
possente e orrenda. Non lo sei.
Coloro che tu pensi rovesciare non muoiono,
povera morte, e non mi puoi uccidere.
Dal riposo e dal sonno, mere immagini
di te, vivo piacere, dunque da te maggiore,
si genera. E piu' presto se ne vanno con te
i migliori tra noi, pace alle loro ossa,
liberazione all'anima. Tu, schiava
della sorte, del caso, dei re, dei disperati,
hai casa col veleno, la malattia, la guerra,
e il papavero e il filtro ci fan dormire anch'essi
meglio del tuo fendente. Perche' dunque ti gonfi?
Un breve sonno e ci destiamo eterni.
Non vi sara' piu' morte. E tu, morte, morrai.
12. REPETITA IUVANT. CRISTINA CAMPO TRADUCE SIMONE WEIL
[Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stante la persecuzione antiebraica). Tra le raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil. Biografia di un pensiero, Garzanti, Milano 1981, 1990; Eadem, Simone Weil. Una donna assoluta, La Tartaruga edizioni, Milano 1991, 2009; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna 1997; Eadem, Simone Weil. Un'intima estraneita', Citta' Aperta, Troina (Enna) 2006; Wanda Tommasi (a cura di), Weil, Rcs, Milano 2014; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994]
Giorno che sorgi puro, sorridere sospeso
Sulla citta' d'un tratto e i suoi mille canali,
Quanto agli umani che accolgono la tua pace
Vedere il giorno e' soave!
Il sonno mai mi aveva colmato
Come stanotte e dissetato il cuore.
Ma il giorno dolce ai miei occhi e' venuto,
Dolce piu' del mio sonno!
Ecco, il richiamo del giorno tanto atteso
Tocca la citta' tra le acque e la pietra.
Un fremito nell'aria ancora muta
Sorge per ogni dove.
Vieni e vedi, citta', la tua gioia ti attende,
Sposa dei mari, vedi, lontano e piu' vicino,
Tanti flutti rigonfi di sussurri felici
Benedirti al risveglio.
Sul mare si distende lentamente la luce.
Tra un attimo la festa colmera' i nostri voti.
Il mare calmo attende. O bellezza sul mare
Dei raggi dell'aurora!
13. REPETITA IUVANT. UNA MINIMA NOTIZIA SU CRISTINA CAMPO
Una delle voci piu' profonde e segrete, preziose e schiudenti, della letteratura e della spiritualita' del Novecento, Cristina Campo, pseudonimo di Vittoria Guerrini (Bologna, 1923 - Roma, 1977), fu scrittrice, straordinaria traduttrice e finissima critica.
Tra le opere di Cristina Campo: Gli imperdonabili, Adelphi, Milano 1987; La Tigre Assenza, Adelphi, Milano 1991; Sotto falso nome, Adelphi, Milano 1998; Lettere a un amico lontano, Scheiwiller, Milano 1998; L'infinito nel finito. Lettere a Piero Polito, Via col Vento edizioni, Pieve a Fievole 1998; Lettere a Mita, Adelphi, Milano 1999.
Tra le opere su Cristina Campo: Alessandro Spina, Conversazione in Piazza Sant'Anselmo. Per un ritratto di Cristina Campo, Scheiwiller, Milano 1993; Monica Farnetti, Cristina Campo, Luciana Tufani Editrice, Ferrara 1996; M. Farnetti, G. Fozzer (a cura di), Per Cristina Campo, Scheiwiller, Milano 1998; Laura Boella, Le imperdonabili, Tre Lune Edizioni, Mantova 2000; Cristina De Stefano Belinda e il mostro, Adelphhi, Milano 2002; Margherita Pieracci Harwell, Cristina Campo e i suoi amici, Edizioni Studium, Roma 2005.
Le traduzioni da Hoelderlin, Moerike, Murena, Williams, Donne, sono tratte da Cristina Campo, La Tigre Assenza, Adelphi, Milano 1999, 2001. La traduzione da Simone Weil e' tratta da Simone Weil, Venezia salva, Adelphi, Milano 1987, 1994, p. 106 (e' il monologo di Violetta che conclude l'incompiuta tragedia weiliana).
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Postilla 2018
Segnaliamo anche l'ampio e prezioso saggio di Pasquale Di Palmo, riprodotto in "Notizie minime della nonviolenza in cammino" n. 548 del 15 agosto 2008.
Per la bibliografia aggiungiamo almeno: Cristina Campo, Se tu fossi qui. Lettere a Maria Zambrano 1961-1975, Archinto, Milano 2009.
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 97 del 7 aprile 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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