[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 89



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 89 del 30 marzo 2023

In questo numero:
1. Pace, disarmo, smilitarizzazione
2. Simonetta Soldani: Anna Maria Mozzoni
3. Giuliana Sgrena: La rassegnazione di Baghdad: "La guerra e' gia' qui"
4. Giuliana Sgrena intervista Hanaa Edwar: "L'Iraq libero e laico nella lotta dei giovani"

1. L'ORA. PACE, DISARMO, SMILITARIZZAZIONE

Salvare le vite e' il primo dovere.

2. MAESTRE. SIMONETTA SOLDANI: ANNA MARIA MOZZONI
[Dal Dizionario biografico degli italiani (2012), nel sito www.treccani.it]

Marianna (Anna Maria) Mozzoni nacque a Milano il 5 maggio 1837 da Giuseppe e da Delfina Piantanida, appartenenti entrambi a famiglie con ascendenze nobili e proprieta' di terre nella pianura a ovest di Milano (a Cuggiono la madre, a Rescaldina il padre).
A cinque anni entro' nel collegio "per le fanciulle nobili e povere" della Guastalla a Milano, dove rimase fino al 1851 ricevendovi una "educazione ultraclericale" (cit. in Masini, 1978, p. 279), destinata a lasciare piu' di un segno nella sua cultura e nella sua scrittura, nonostante il precoce rifiuto di quelle idee e la condivisione degli orientamenti laici e progressisti propri dei genitori e delle persone che essi amavano frequentare, a partire dalla cerchia cui faceva riferimento il padre, dottore in fisica e matematica, sperimentatore e inventore multiforme attratto dalla teosofia e dallo spiritismo.
Affamata di attualita' e di letture che le permettessero di comprenderne il retroterra e il senso, attribui' sempre particolare valore formativo a due esperienze della sua prima giovinezza: la vista in piazza Castello a Milano, nel 1853, dei sette patiboli del "cartolaio Sciesa" e dei suoi compagni operai ("da quel giorno io ebbi convinzioni in politica, benche' donna", scrisse nel 1880) e la lettura ne La Ragione di Ausonio Franchi, fra il 1855 e il 1857, degli articoli di Jenny d'Hericourt, fieramente avversa alle tesi proudhoniane sull'organica inferiorita' mentale e morale della donna e della sua polemica con Giulia Molino Colombini, critica dell'egualitarismo fra i sessi propugnato dalla francese. Quali fossero i punti di riferimento ideali e politici della sua formazione rivelo' lei stessa nel suo primo scritto importante (La donna e i suoi rapporti sociali, Milano 1864), ripubblicato a puntate (gennaio 1865) da L'Unita' italiana di Maurizio Quadrio.
In quello scritto Mozzoni citava Giuseppe Mazzini, Salvatore Morelli e Ausonio Franchi, ma anche Charles Fourier e Henry de Saint-Simon e la sua scuola; sottolineava i meriti di Cesare Beccaria, di Condorcet e del pensiero illuminista; ringraziava le "donne del progresso" (fra cui le francesi del 1848), che avevano affermato "col fatto l'attitudine e la capacita' femminile" a occuparsi di politica (ibid., cit. in La liberazione della donna, 1975, p. 90). Dedicato alla madre ("A Te, che il comun pregiudizio non dividesti che alla donna interdice il libero pensiero"), il saggio si rivolgeva "Alle Giovani Donne" della nuova Italia, esortate a prendere coscienza della secolare oppressione delle donne "di qualunque rango" esercitata dall'opinione, dalla religione, dalla famiglia, dalla societa', dalla scienza, dal diritto, e le sollecitava a impegnarsi in prima persona per cambiare questo stato di cose, perche' "l'iniziativa d'ogni redenzione incombe all'oppresso medesimo" (pp. 33-35).
Subito dopo, diede alle stampe un'appassionata denuncia della trama di pregiudizi, interdizioni e contraddizioni che caratterizzava le norme sulle donne presenti nel testo del codice civile uscito dal Senato (La donna in faccia al progetto del nuovo Codice civile italiano, Milano 1865), oggetto anche della sua prima conferenza pubblica (il 2 aprile 1865, la prima in assoluto di una abitante del Regno) e ispirata alla convinzione, infrequente anche nell'ala piu' avanzata della Democrazia, che "il dovere, fonte del diritto, e' cosa santa ed equa; ma il dovere da solo e' schiavitu' e oppressione" (ibid., p. 36). Non a caso le sue polemiche degli anni successivi in tema di concezione della donna ebbero come obiettivo prediletto scritti di persone appartenenti a quell'ambiente, come risulta dalla Risposta di Annamaria Mozzoni all'Opuscolo della Signora Elvira Ostacchini (ibid. 1866) o da quella rivolta "Al Signor Mastriani" (in La Donna, 1868, nn. 19-22), che in un volumetto di lezioni sui Doveri della donna (Napoli 1866) aveva definito "pervertitrice" ogni donna e ogni teoria emancipazionista.
Negli stessi anni il primo periodico femminile italiano laico e progressista, La Voce delle donne (edito a Parma da Giovannina Bertola Garcea), pubblicava a puntate il saggio di Mozzoni sul codice civile (febbraio-marzo 1865), ospitava sue Lettere intorno a temi di attualita' e rassegne di Bibliografia, fino all'intervento su L'istruzione nelle campagne che occupava gran parte dell'ultimo numero del periodico (22 gennaio 1867), evidenziando uno snodo cruciale di quella "battaglia per l'istruzione" che Mozzoni porto' avanti per tutta la vita e che l'anno prima si era concretizzata nelle pagine di Un passo avanti nella cultura femminile. Tesi e progetto (Milano 1866).
Fondato su una colta rassegna delle "donne eccellenti" vissute in Europa e negli Stati Uniti, e dei recenti progressi dell'istruzione femminile, il saggio aveva un obiettivo pratico immediato: la creazione a Milano, per opera di una "societa' di azionisti", di un Istituto internazionale femminile che contribuisse a "sollevare la ragione e la coscienza della donna alla cognizione dei suoi doveri e dei suoi diritti [...] come essere intelligente e progressivo verso se stessa, come associata nel civile consorzio, come cittadina nella citta', come operaia nel laboratorio sociale, come sposa e come madre di famiglia, nel qual posto soltanto la sua situazione si specializza da quella del suo compagno" (ibid., p. 99).
Poco dopo Mozzoni pubblico' un impegnativo pamphlet, Il Bonapartismo in Italia. Memoria (ibid. 1867), acuta analisi dell'equilibrio instabile di forze e di principi su cui si reggeva il Secondo Impero e della sua natura bifronte, inconciliabile con l'esito del "rivolgimento italiano", di cui si sottolineava il "carattere assolutamente rivoluzionario e radicale" (p. 10). Gia' allora era chiaro quali fossero i cardini delle sue convinzioni politico-culturali: adesione ai fondamenti egualitari e laici di un Ottantanove declinato secondo un'ottica che prevedeva liberta' e giustizia per tutti, tanto sul piano individuale quanto su quello collettivo; indiscussa fedelta' all'ideale di indipendenza e unita' di una patria retta da istituzioni rappresentative; primato della ragione e dell'indagine razionale contro ogni dogmatismo di scuola e ogni formalismo dottrinario; centralita' teorica, politica e pratica della "questione della donna", vera e propria cartina di tornasole delle contraddizioni e delle ambiguita' di un'epoca che pretendeva di parlare il linguaggio universale dei diritti escludendone a priori meta' del genere umano. Di tutto questo, pero', negli anni seguenti Mozzoni avrebbe preferito parlare attraverso articoli di giornale, lezioni e conferenze, che permettevano un intervento piu' diretto nella formazione dell'opinione.
Fra il 1868 e il 1872, dunque, si impegno' in un'intensa attivita' pubblicistica su La Donna, periodico emancipazionista diretto da Gualberta Alaide Beccari, tenendovi fra l'altro due rubriche – "Lettere lombarde" e "Fisica sintetica" – dedicate a temi di polemica filosofico-politica e di divulgazione scientifica. Ma collaboro' anche con La Riforma del secolo XIX di Milano, "organo bimestrale dei Liberi Pensatori Cristiani", pubblicandovi nel 1870 la sua documentata risposta alla richiesta di informazioni "sugli effetti del regolamento sanitario della prostituzione" giuntale dall'Inghilterra (Lettera a Mrs. Josephine Butler, 15 agosto 1870), e nel 1871 con La Roma del popolo di Luigi Pianciani, discutendo della Questione dell'emancipazione femminile, definita cuore della "questione sociale", visto che essa riguardava solo "una parte degli uomini e invece la massa delle donne" (7 giugno 1871), e riflettendo in piena autonomia sulla Comune di Parigi, definita "apocalisse" e "lurido spettro", ma prima di tutto esito "putrido e sanguinante" di governi militaristi e fomentatori di immoralita', sordi e ciechi di fronte alla drammaticita' della questione sociale (14 giugno 1871). Nel frattempo (1870), aveva pubblicato la traduzione di The subjection of women di John Stuart Mill, nitida denuncia della gravita' teorica, politica e sociale della sottrazione della donna al diritto comune, e tenuto lezioni sul ruolo delle scienze morali nell'educazione delle donne al liceo femminile aperto a Milano da Vincenzo De Castro e all'istituto Pietrasanta della stessa citta': temi che sarebbero stati ripresi nel tour di conferenze a Genova, Firenze e Bologna intrapreso nel marzo 1871 con Maria Antonietta Torriani (futura Marchesa Colombi).
Segui' un lungo periodo di stasi. Nel 1872 e nei primi mesi del 1873 firmo' ancora qualche pezzo per La Donna, come le recensioni a Mogli e mariti di Malvina Frank (10 agosto 1872) e a un volume di Carlo Gallini, che le permetteva di rilevare le drammatiche conseguenze del divieto di ricerca della paternita' (25 maggio 1873). Ma da allora fino alla primavera del 1876 il suo nome scompare dalle cronache. L'ipotesi (avanzata da Franca Pieroni Bortolotti nell'introduzione all'antologia La liberazione della donna, 1975, p. 15) di una relazione decennale con Gaspare Stampa, che potrebbe essere sfociata nell'inverno 1873-74 nella nascita di una figlia, Beatrice, resa piu' drammatica dalla morte di lui pochi mesi dopo, resta priva di riscontri documentari diretti, perche' Mozzoni preferi' che a lei si guardasse come a una figlia adottiva, tardivamente naturalizzata dalla nonna dopo i tentativi (fieramente avversati dagli zii Lucio Ottavio e Giacomo) di farla riconoscere come coerede e membro ufficiale della famiglia. Forse fu proprio quella congiuntura a tenerla lontana sia dal Congresso pedagogico di Bologna dove avrebbe dovuto tenere una relazione (La Donna del 25 agosto 1874 addebitava la sua impossibilita' a parteciparvi a un "grave lutto") sia dalla tournee italiana di Butler, giunta nella Penisola per lanciarvi – auspici mazziniani come Giuseppe Nathan, Aurelio Saffi e Alberto Mario – la costituzione di una Federazione continentale britannica che combattesse il crescente coinvolgimento degli Stati nello sfruttamento legale della prostituzione. Nel Comitato italiano della Federazione, comunque, Mozzoni ricopri' fin dal 1876 un ruolo di rilievo, assumendo la responsabilita' organizzativa per l'area lombardo-veneta, organizzando assemblee e incontri, partecipando a convegni nazionali e internazionali.
Nel 1877 a Ginevra prese piu' volte la parola, in commissione e in seduta plenaria, specie per perorare l'abolizione del divieto di ricerca della paternita', fino a lasciarsi andare a una "violenta requisitoria" (Il Dovere di Roma, 3 ottobre 1877) e, come ricorda Butler nella sua autobiografia, a una incontenibile crisi di pianto. La prostituzione legalizzata e sfruttata dallo Stato si configurava ai suoi occhi come l'emblema non solo dell'ineguaglianza delle leggi fra uomo e donna, ma degli arbitri e dei mercanteggiamenti dello Stato sul corpo e sulla vita di donne che esso avrebbe avuto il dovere di trattare da cittadine (Alla signora Giuseppina Butler, in La Donna, 30 novembre 1877). Tanto piu' le sembrava urgente e possibile voltar pagina in quanto al governo c'erano ormai uomini della Democrazia, presso cui si poteva sperare che tali questioni trovassero ascolto, nel quadro di una riconsiderazione complessiva della posizione giuridica delle donne.
Furono le aperture presenti nella relazione della Commissione parlamentare sulla riforma della legge elettorale amministrativa e le disponibilita' emerse nelle discussioni sulla necessaria revisione di quella politica a spingerla a stilare la Petizione per il voto politico alle donne con cui chiedeva di guardare alle "italiane" per quello che erano "veramente: cittadine contribuenti e capaci, eppero' non passibili, davanti al diritto di voto, che di quelle limitazioni che sono o verranno sancite per gli altri elettori": un principio che – per potersi attuare – presupponeva la cancellazione degli articoli del codice civile relativi all'autorizzazione maritale. Quanto avvertiti fossero ormai quei temi lo dimostro' il primo Congresso internazionale per il diritto delle donne tenuto a livello europeo (Parigi, 25-27 luglio 1878), cui partecipo' sia come delegata dell'Associazione democratica di Milano, sia come inviata ufficiale del ministro della Pubblica Istruzione Francesco De Sanctis, che la incarico' di stendere un rapporto ufficiale sull'evento (1880).
Rispetto a dieci anni prima, gli interventi del periodo 1877-81 mostrano una piu' nitida attenzione alla dimensione storica del problema: di qui il ripetuto richiamo alla condivisione del movimento risorgimentale da parte delle donne italiane, all'importanza della loro accresciuta frequenza scolastica, alla valenza civile della sempre piu' folta schiera di maestre, artiste e scrittrici. Se ne ha conferma anche nel magistrale discorso al Comizio dei comizi della Democrazia (Roma, 10-13 febbraio 1881) con cui strappo' una renitente adesione dei presenti all'o.d.g. che reclamava l'ammissione delle donne all'elettorato politico, e nella sdegnata Lettera all'on. Zanardelli, relatore sul progetto di riforma della legge elettorale (Roma 1881), che si era opposto a ogni apertura tirando in ballo il "costume romano" e la "legge salica". E' significativo che a piu' riprese Mozzoni sottolineasse come le istituzioni parlamentari, fin quando fossero rimaste una "confraternita maschile", erano oggettivamente inabilitate a rappresentare la nazione, "canone fondamentale della costituzione italiana" (Delle condizioni civili e politiche delle italiane, Bergamo 1878, p. 56).
All'assemblea romana della Democrazia Mozzoni intervenne come delegata della neonata Lega promotrice degli interessi femminili, per la quale aveva scritto Programma e Statuto (dicembre 1880), a conclusione di un impegno piu' diretto nella Lega della Democrazia e di un anno di intensa attivita' pubblica, scandita dalla polemica con Matilde Serao in merito alla possibilita' che le donne avessero ragionate opinioni politiche; da una conferenza all'Universita' di Pavia per propugnare l'abolizione dei regolamenti sulla prostituzione (23 luglio) e dalle iniziative in Veneto per raccogliere consensi a quella campagna; dalla partecipazione al II Congresso internazionale della Federazione britannica continentale (Genova, 29 settembre) e a quello delle Societa' di mutuo soccorso tenutosi a Bologna nel novembre, quando ancora sembrava che la causa del voto alle donne avanzasse "come una vela nella quale soffi il vento" (La Donna, 10 gennaio 1881). La fine di quelle speranze le avrebbe suggerito parole amare nei confronti della Democrazia, che "non ha la donna, e non sa averla, la respinge, la brutalizza e non sa ne' darle ne' prometterle» (lettera ad Arcangelo Ghislieri, 10 aprile 1881, cit. in Diz. biografico delle donne lombarde, 1995, p. 61), nonostante le potenzialita' presenti nella "scuola sociale" mazziniana, che almeno sul piano dei principi non ammetteva "limitazione alcuna" ai diritti delle donne.
Amica di atei e massoni, durissima contro l'apparato dogmatico costruito nei secoli dalla Chiesa ma lontana da un anticlericalismo di maniera, Mozzoni appare in molti scritti attenta a rilevare le ragioni profonde dell'influenza clericale sull'universo femminile, radicate nei "titoli di benemerenza" ("reali" e "grandissimi") acquisiti dalla Chiesa sia sul piano dottrinario – con l'ammissione delle donne alla santita' e l'importanza data a Maria deipara – sia "nell'ordine pratico", grazie alla versatilita' della "parte illuminata del partito clericale", che richiamandosi a un pilastro fondativo della Chiesa, sorta chiedendo "liberta' per loro come per tutti", nel corso del Risorgimento aveva "unito la sua voce a quella dei liberali" (Del voto politico delle donne, Venezia 1887, p. 27). Piu' in generale, Mozzoni sembra convinta della necessita' di prestare grande attenzione alle strategie egemoniche messe in atto dalla Chiesa nel corso dei secoli a tutti i livelli: ne e' un esempio la dotta lezione Da Ildebrando a Pio IX tenuta alla Societa' filotecnica di Torino nel 1884, dove la comparazione fra il Dettato di Gregorio VII e il Sillabo di Pio IX viene usata per evidenziare la capacita' di interpretare lo spirito del tempo del primo di contro alla incapacita' del secondo di "stare nella storia".
Fra il 1881 e il 1886 gran parte dell'attivita' della Mozzoni fu rivolta alla mobilitazione e all'organizzazione di operaie e donne del popolo, di "fanciulle" dedite allo studio o a un lavoro senza fine tra campi, filande e opifici. Lo sgretolarsi del mondo contadino sotto i colpi di una industrializzazione in cerca di manodopera a basso prezzo, di cui aveva scritto a Salvatore Morelli nella Lettera sulla riforma delle scuole rurali (25 febbraio - 10 marzo 1876), aveva assunto ormai il ritmo di una frana: e il lavoro compiuto nei primi anni Ottanta al fianco e per conto di Agostino Bertani nell'inchiesta ufficiale sull'igiene delle popolazioni rurali le confermavano la centralita' della questione femminile anche nelle dinamiche dell'industrializzazione delle zone rurali, emblematiche delle nuove forme assunte dalla questione sociale. Il ruolo di Bertani nella sua vita fu del resto, nel decennio 1876-86, ben piu' profondo e pervasivo di quanto si sia detto finora.
La lettera di Mozzoni a Diego Martelli del 19 giugno 1886 per ringraziarlo delle condoglianze inviatele per la morte del "comune ed ottimo amico" (Bertani era deceduto il 30 aprile) lascia pochi dubbi sul carattere e sulla forza del loro rapporto: "Pensi qual vuoto mi ha lasciato nella vita e quanto doloroso ingombro nella memoria, a me che lavoravo con Lui, e per Lui, da anni e che avevo comune con Lui la vita del pensiero e spesso la convivenza!", per concludere: "Se si potesse rivedersi!", e tornare piu' volte sugli ultimi giorni trascorsi con lui a Pisa, fino a 24 ore prima della morte, testimone impotente del "quotidiano precipitare delle sue forze» e dello "spaventoso e fatale progredire della paralisi".
Quella comunanza di vita e di pensiero non aveva peraltro impedito che negli ultimi anni le loro traiettorie politiche divergessero. Attraverso la Lega promotrice degli interessi femminili Mozzoni si era infatti venuta avvicinando all'operaismo lombardo e alle posizioni sempre piu' insofferenti delle cautele e delle transazioni parlamentari dell'Estrema che esso esprimeva e che lo condussero alla rottura con l'ala rappresentata da Bertani (novembre 1884), alla costituzione del Partito operaio italiano (aprile 1885), alla sua "fusione" con la Confederazione operaia lombarda e con la Lega socialista milanese (dicembre 1885 - aprile 1886), fino alle aspre tensioni elettorali con la Democrazia di Felice Cavallotti della primavera 1886. Seppure con qualche distinguo, Mozzoni condivise quel percorso, scandito dalla lotta contro le leggi Berti, dalla campagna – con Anna Kulisciov – a sostegno dei russi e delle russe in fuga dalla repressione zarista, dalla solidarieta' con i braccianti mantovani in sciopero, dall'appello Alle operaie uscito nel Fascio operaio del 30-31 gennaio 1885, e siglato dall'intensa attivita' da lei svolta nell'estate 1886 a sostegno del Partito operaio, accusato da Cavallotti di illeciti amministrativi e fatto oggetto di una durissima campagna intimidatoria da parte della questura milanese (Anzi, 1946, pp. 47 s.).
Emblematiche di questo percorso le due conferenze del 1884 rivolte Alle fanciulle che studiano (riedita nel 1891) e Alle figlie del popolo perche', consapevoli dell'impossibilita' di preparare un futuro diverso senza una drastica svolta, si unissero a quanti si stavano organizzando in vista di "una rivoluzione che non lasci pietra dell'attuale organismo sociale" (Alle fanciulle, p. 17): parole che evidenziano una marcata radicalizzazione politica e ideale, resa esplicita dall'invito a "ribellarsi al dogma", a ripudiare "il vincolo autoritario del matrimonio", a ridimensionare il ruolo della famiglia, "divinita' convenzionale alla quale si immola l'umanita' reale", a chiedersi che cosa davvero rappresentasse la patria per le donne in generale e per le donne del popolo in particolare (cfr. pp. 14 s., 10, 23). In parallelo, si accentuava la disillusione per le scelte grettamente utilitariste di uomini di governo il cui passato e le cui idee avevano fatto sperare in ben altre scelte, e per quelle istituzioni parlamentari che Mozzoni aveva fin li' considerato una preziosa leva di progresso.
L'estate del 1886 segno' l'inizio di un altro cono d'ombra, difficile da decifrare. Sappiamo che proprio allora accetto' di unirsi in matrimonio con Francesco Simoni, nato nel 1847, procuratore legale e figlio adottivo del conte Malatesta Covo, e che lo fece in chiesa, a Rescaldina, forse nella speranza di "normalizzare" la posizione di Bice e i propri rapporti con la madre e i fratelli. Nemmeno la ripresa del dibattito sul voto alle donne la spinse a uscire dal silenzio. Il suo nome torno' a circolare, nel 1890, quando il matrimonio doveva essere gia' in difficolta'. Certo e' che a partire da quell'anno la Mozzoni militante del Partito operaio si impegno' a fondo nella costruzione di un soggetto politico piu' aperto alle ragioni del socialismo: firmo' il Saluto dei socialisti italiani ai socialdemocratici tedeschi riuniti a Halle, inauguro' con Filippo Turati la Casa del popolo di Milano, fece parte del ristretto drappello incaricato dal Congresso del partito operaio dell'agosto 1891 di preparare per l'anno dopo la nascita del Partito dei lavoratori italiani (L. Cortesi, La costituzione del Partito socialista italiano, Milano 1961, pp. 18, 252-256).
Di questo scrisse su L'Italia del popolo in Lettere domenicali di cui Turati raccomandava la lettura ad Antonio Labriola, pur precisando che "anche lei, a metterla coi socialisti, mi pare che bisogna storpiare il senso delle parole" (cit. in Pieroni Bortolotti, 1963, p. 227). Quegli appuntamenti settimanali servivano pero' alla Mozzoni anche per tornare su temi a lei cari: dalla polemica con Alexandre Dumas e Osvaldo Gnocchi Viani sul divieto di ricerca della paternita' dell'agosto 1890 alla denuncia della "opposizione tutta di parole", "tanto per dire che c'e'", fatta in parlamento dalla Sinistra di ogni sfumatura (19 settembre 1890); dall'appello al re contro l'"infamia senza nome" perpetrata ai danni di Giovanni Passanante (26 maggio 1891) all'esortazione a favorire percorsi scolastici comuni per giovani donne e uomini (23-25 aprile 1890), come gia' aveva fatto dieci anni prima in un interessante carteggio con De Sanctis e in una Memoria contro l'istituzione dei Magisteri femminili inviata nel 1882 al Parlamento a nome della Lega (cfr. Murari, 2011, pp. 169-172), fino all'appassionato appello alle operaie – "non accettate protezione, esigete giustizia!" – perche' si opponessero al consolidarsi anche nel movimento operaio organizzato di tendenze volte a sollecitare la loro "tutela" per via legislativa (26-27 novembre 1890).
All'attività giornalistica si accompagno' come sempre quella di conferenziera. Se a Bologna, parlando nel 1890 de La donna nella famiglia, nella citta' e nello Stato, Mozzoni fini' per replicare con pochi aggiustamenti il testo del 1877 sul Voto politico delle donne, a Cremona, chiamata dal Comitato operaio socialista a celebrare il Maggio 1891, focalizzo' le sue considerazioni sulla necessita' di dar vita al piu' presto a un quotidiano che fosse "centro di pensiero e di azione", nazionale nell'impostazione e nella diffusione, ma attento anche a fornire informazioni dall'estero, antidottrinario e gradualista in nome di un socialismo democratico, plurale ed eclettico. Turati commentava, toccando un tasto caro all'autrice: "L'ingegno della donna! Chi ha detto mai che e' retorico, vago, sentimentale, inadatto al raziocinio, alle cose pratiche e salde?" (Critica sociale, 1891, n. 9, p. 149). In effetti, quel discorso era fatto per piacergli, col suo richiamo alla "tolleranza civile" contro ogni "bizantinismo dottrinario", e l'invito a potenziare il movimento attraverso "un'azione paziente", senza imporre ai proseliti "un credo da confessare, un solenne patto da giurare" (L'organizzazione dei lavoratori, Cremona 1891, rispett. pp. 20, 21, 16). Mozzoni non mancava di riflettere sulla problematicita' dell'innesto dell'emancipazione femminile sulla questione operaia, sottolineando con Costantino Lazzari che "la formazione di un sistema sociale in cui non si conoscano monopolii ne' padroni" non implicava la scomparsa di "quel monopolista e [di] quel padrone che si trova nella pelle di tutti i maschi" (ibid.): ma il registro era ben diverso da quello usato pochi anni prima per rivolgersi Alle fanciulle, nonostante si ribadisse la valenza emancipativa del lavoro, e in particolare del "lavoro collettivo dell'opificio", che amplia gli orizzonti e spinge ad associarsi, tanto da esortare le operaie a non abbandonarlo, e semmai a impegnarsi per migliorare la propria condizione, respingendo "ogni legge inopportunamente [...] protettrice", essendo tutte le donne fin "troppo tutelate, protette, custodite, difese" (ibid., pp. 25-27).
Preoccupazioni analoghe emergevano nella conferenza del 1892 "alle Sorelle del Lavoro" di Alessandria (I socialisti e l'emancipazione della donna, in Scrittrici dell'Ottocento, a cura di F. Sanvitale, Roma 1997, pp. 1039-1050), dove il ricordo degli uomini del Risorgimento fieri della liberta' e del diritto di voto conquistati per se', ma sordi alla richiesta di far partecipare a quelle conquiste anche le donne, serviva a Mozzoni per spostare il discorso sui socialisti, per lo piu' ostili – sull'onda di Pierre-Joseph Proudhon, Jules Michelet e Auguste Comte – all'emancipazione della donna, e comunque convinti che la risoluzione della questione economica portasse automaticamente con se' "la redenzione della donna", quasi che essa non fosse anche una "questione di dignita', di liberta', di moralita', d'indipendenza, di legittima influenza nella famiglia e nella societa'" (p. 1047).
La speranza che i socialisti potessero essere la forza organizzata capace di assumere la "questione della donna" e la sua risoluzione come parte decisiva e peculiare della "moderna questione sociale" tramonto' in breve volger di tempo. La partecipazione nel 1893 al Congresso internazionale operaio socialista di Zurigo con Rosa Genoni fu l'ultimo evento vissuto da Mozzoni in veste semiufficiale all'interno del movimento socialista. Negli anni successivi i suoi (rari) interventi in consessi e testate socialiste – dagli articoli sull'Avanti! del 1898 e del 1902 a quelli del 1899 sulla Rivista critica del socialismo fino al contraddittorio con Anna Kuliscioff e Oda Olberg Lerda al Congresso socialista di Roma del 1900, cui Mozzoni partecipo' come semplice invitata – avevano ormai il sapore della outsider scettica, troppo ancorata alle ragioni di una vita per misurarsi con altre pagine di storia: il suo silenzio sulla drammatica congiuntura di fine secolo e' in questo senso esemplare.
A rendere piu' netta la cesura seguita al suo allontanamento dalla politica attiva contribui' il trasferimento da Milano a Roma, dove ormai viveva l'ex marito e dove nel 1894 lei stessa si stabili' con la figlia, che si laureo' in giurisprudenza a Roma nel 1897. A partire dai primi anni del secolo la sua attenzione torno' semmai a volgersi verso luoghi e aggregazioni dei nuovi movimenti femminili, iscrivendosi all'associazione "Per la donna" e partecipando attivamente alle sue iniziative; collaborando a periodici femminili minori (Il Corriere delle donne italiane, L'educazione delle donne, Eva moderna); dialogando con Maria Montessori sulla possibilita' di utilizzare la Vergine come modello di "maternita' sociale" (cit. da Babini e Lama, 2000, p. 188); partecipando alla pubblicazione Operosita' femminile italiana. Esposizione di arte e di lavori femminili – curata da Rosy Amadori in occasione della mostra organizzata nel 1902 dalla Federazione romana delle opere femminili – con il saggio La donna nelle industrie, negli studi, nelle professioni e negli impieghi in Italia (pp. 195-215): un saggio che si apriva polemicamente con una parola in via di divenire desueta, "emancipazione", ma che metteva al centro del quadro le eccezionali difficolta' di autosostentamento delle donne borghesi, cui il codice civile aveva tolto privilegi senza dar loro diritti. Tema, questo, che aveva gia' costituito il Leitmotiv di un suo intervento nella Rivista critica del socialismo, centrato appunto sulle drammatiche ricadute della rivoluzione industriale nella vita della donna borghese, che "sembra un parassita ed e' un paria" (n. 2, p. 159).
A ridarle la carica era stata probabilmente la presentazione, nel 1902, del progetto di legge sul suffragio universale maschile e femminile presentato dal deputato repubblicano Roberto Mirabelli: progetto che la spinse a promuovere, con Teresita Sandeschi Scelba, una Alleanza femminile per il suffragio cui sarebbe seguita una vivace trama associativa in varie citta' italiane. Fu appunto in quel clima, reso effervescente dalle notizie provenienti dall'estero, che nacque la Petizione delle donne italiane al Senato del Regno e alla Camera dei Deputati, ai sensi dell'art. 57 dello Statuto fondamentale del Regno (Roma 1906, ripubblicata in Il voto alle donne. Le donne dall'elettorato alla partecipazione politica, Roma 1965) alla cui scrittura sembra collaborasse Maria Montessori. La Petizione affermava il diritto delle donne al voto non solo perche' "cittadine" che pagavano "tasse ed imposte", ma anche perche' "produttrici di ricchezza" economica e cooperatrici "coll'opera e col denaro" al buon "funzionamento dello stato", e si concludeva con un inedito richiamo alla "imposta del sangue" pagata dalle donne "nei dolori della maternita'" e alla loro «"speciale missione" di "amore e tutela dell'umanita' nella vita pubblica". Sappiamo della presenza di Mozzoni alla seduta parlamentare del 25 febbraio 1907 che discusse l'argomento e che termino' rinviando tutto a una apposita commissione di indagine, a conferma di quella strutturale renitenza dello Stato a considerare le donne cittadine soggette al diritto comune che Mozzoni veniva denunciando da una vita e stava sperimentando anche nell'estenuante vertenza con il ministero dell'Interno avviata al cader del secolo per vedersi riconosciuto il lavoro svolto e le spese sostenute per l'inchiesta Bertani.
La vertenza si sarebbe conclusa nel 1910 con una sentenza della Cassazione di Roma a lei favorevole e con un compenso monetario risibile: ormai, pero', il tempo di Anna Maria Mozzoni era finito. Le parole con cui aveva salutato il primo Congresso delle donne italiane del 1908, dicendosi fiera di quella "eletta folla di donne italiane" in cui ravvisava la sua "spirituale eredita'", affondarono nell'indifferenza generale. Da allora e per altri lunghi anni la sua voce tacque, riemergendo flebile solo allo scoppio della Grande Guerra, sul versante di un interventismo di stampo mazziniano che la spinse a unirsi a Beatrice Sacchi, Irma Melany Scodnik e Anita Pagliari per dar vita a un giornale, L'Unita' d'Italia, che cerco' invano di salvaguardare qualche timbro democratico-risorgimentale nel mare del dilagante nazionalismo della stampa fatta da e per le italiane acculturate e borghesi. Indicativa della sua indomita volonta' di "stare in campo", quell'ultima esperienza la vide tornare a ragionare, con sempre minori certezze e un evidente rimpianto per il mondo perduto, degli effetti dell'industrializzazione sui contadini-operai, della "alterazione di valori" e degli "squilibri fra luogo e luogo" che ne erano derivati, della difficolta' di rendere efficace e fruttuoso l'impegno a dare "la terra ai contadini" (primo settembre e primo ottobre 1918).
Solo la conquista di Gerusalemme sembro' risuscitare in lei una impennata di entusiasmi antichi e di antichi linguaggi: quelli dei testi sacri cosi' presenti negli scritti giovanili, ma anche quelli della richiesta di "eguaglianza civile e politica per tutti gli abitanti" della Palestina, che sognava impegnati "senza distinzione di razza, di sesso e di religione" a costruire una societa' fondata su una rete di cooperative di produttori chiamate a gestire terre e risorse naturali opportunamente nazionalizzate (ibid., supplemento al n. 4 del 1919). E' l'ultimo scritto noto di Mozzoni, quasi la summa di una vita.
Mori' il 14 giugno 1920, nella solitudine del Policlinico di Roma: una solitudine resa ancor piu' emblematica dai pochi necrologi del momento e dal lungo oblio che li segui'.
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Opere: alcuni degli scritti piu' significativi sono antologizzati, con tagli talora consistenti, in La liberazione della donna, a cura di F. Pieroni Bortolotti, Milano 1975, e in R. Macrelli, L'indegna schiavitu'. A.M. M. e la lotta contro la prostituzione di Stato, Roma 1981. Oltre agli scritti citati nel testo si ricordano: La Masque de fer (commedia), Milano 1855; Il Congresso internazionale per i diritti delle donne in Parigi, in Il Dovere, 30 giugno 1878 (riedito in Genesis, 2002, n. 1, pp. 108 s.); Parole di A.M. M. rappresentante la Lega promotrice degli interessi femminili al Comizio di Roma nei giorni 11 e 12 febbraio 1881, Roma 1881; Lasciate che le ragazze vadano al liceo con i ragazzi, in L'Italia del popolo, 21-22 settembre 1890; Ricordi e note dell'isola d'Elba, in Critica sociale, 15 gennaio - 10 maggio 1891.
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Fonti e bibliografia: La lettera a Martelli e' conservata (sotto l'erronea indicazione: Anna Maria Mazzoni) nel Fondo Martelli della Biblioteca Marucelliana di Firenze, Carteggi, b. 327. Per la vertenza sul compenso richiesto per la collaborazione nell'inchiesta Bertani cfr. Atti parlamentari, Camera dei deputati, Documenti, ddl 15 marzo 1911 n. 831 e n. 831-A (Relazione della Giunta generale del bilancio, 24 giugno 1911). La bibliografia piu' completa (ma con errori e omissioni) e' quella pubblicata in appendice a S. Murari, L'idea piu' avanzata del secolo. Anna Maria M. e il femminismo italiano, Roma 2011, pp. 265-272. Numerose indicazioni anche in F. Pieroni Bortolotti, Alle origini del movimento femminile in Italia. 1848-1892, Torino 1962 e nelle citate antologie La liberazione della donna e L'indegna schiavitu'. Per le testimonianze dei contemporanei cfr. M.A. Torriani, Dietro le scene, in Il Passatempo, 1871, nn. 12-15 e 18-19 e F. Anzi, Il movimento operaio socialista italiano (1882-1894), Milano-Roma 1946, pp. 47 s. Fra i dizionari biografici i meno sommari sono O. Greco, Bibliobiografia femminile italiana del XIX secolo, Venezia 1875, pp. 346-352; Il movimento operaio italiano. Diz. biografico 1853-1943, a cura di F. Andreucci - T. Detti,  Roma 1977, III ad nomen (F. Pieroni Bortolotti); Dizionario biografico delle donne lombarde, a cura di R. Farina,  Milano 1995 (Id.). Tutti i saggi sulle donne e sul movimento femminile postunitario parlano di Mozzoni, a partire da E. Garin, La questione femminile nelle varie correnti ideologiche negli ultimi cento anni, in L'emancipazione femminile in Italia. Un secolo di discussioni 1861-1961, Atti del convegno ..., Torino ... 1961, Firenze 1963, che segno' il riaprirsi dell'attenzione per l'argomento. Tra gli scritti che le dedicano un'attenzione specifica, oltre a quelli gia' citati, cfr. P.C. Masini, Matilde Serao e Anna Maria M.: una polemica sull'emancipazione femminile, in Id., Eresie dell'Ottocento. Alle sorgenti laiche, umaniste e libertarie della democrazia italiana, Milano 1978, pp. 277-284; A. Buttafuoco, Apolidi. Suffragismo femminile e istituzioni politiche dall'Unita' al fascismo, in Cittadine. La donna e la costituzione, Atti del convegno ... 1988, Roma, 1989, pp. 5-53; F. Taricone, Salvatore Morelli e Anna Maria M., in Salvatore Morelli. Emancipazionismo e democrazia nell'Ottocento, a cura di G. Conti Odorisio, Napoli 1992, pp. 169-186; V.P. Babini - L. Lama, Una donna nuova. Il femminismo scientifico di Maria Montessori, Milano 2000, ad ind.; R. Farina, Politica, amicizie e polemiche lungo la vita di Anna Maria M., in Politica e amicizia. Relazioni, conflitti e differenze di genere (1860-1915), a cura di E. Scaramuzza, Milano 2010, pp. 55-72.

3. DOCUMENTAZIONE. GIULIANA SGRENA: LA RASSEGNAZIONE DI BAGHDAD: "LA GUERRA E' GIA' QUI"
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 marzo 2023 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "La rassegnazione di Baghdad: 'La guerra e' gia' qui'" e il sommario "Hanno fatto un deserto. Le marce pacifiste globali viste dalla capitale irachena. Il peso dell'embargo aveva stremato il paese, le sanzioni Onu completato l'isolamento. "Vinceremo": uno slogan ripetuto senza convinzione"]

Non era facile ottenere un visto per l'Iraq, alla vigilia della seconda guerra del Golfo.
A offrirci una scappatoia era stata la delegazione di "Un ponte per..." (l'unica ong italiana presente in Iraq) che partecipava alla manifestazione contro la guerra del 15 febbraio a Baghdad. Come in tutto il mondo anche in Iraq si era manifestato contro la minaccia di guerra. Lo spirito era sicuramente diverso da quello delle piazze occidentali, l'ostentazione di forza voluta da Saddam Hussein non riusciva a cancellare il sentimento di drammaticita' che lo spettro della guerra imminente - la seconda del Golfo - suscitava. Anche se Baghdad, dopo i bombardamenti del 1991, era stata completamente ricostruita le lacerazioni della guerra non si rimarginano facilmente. Le immagini delle manifestazioni irachene e quelle di tutto il mondo erano state trasmesse ossessivamente per tutto il giorno dalla tv irachena. La decisa opposizione alla guerra era pero' l'unico punto in comune tra le manifestazioni militaresche di regime e quella dei pacifisti giunti a Baghdad da tutto il mondo.
Ero stata nella capitale irachena anche alla vigilia della prima guerra del Golfo, quando si scandivano i rintocchi dell'ultimatum lanciato da Bush padre, il clima era completamente diverso anche se le immagini si potevano sovrapporre: bandiere americane bruciate, donne velate con chador neri e veli bianchi, uomini e bambini che esibivano striscioni contro la guerra. Gli iracheni non avevano altra scelta che difendere Saddam contro l'aggressione esterna ma la parola d'ordine del regime "Combatteremo il nemico e vinceremo" era piu' una consolazione che una convinzione. L'embargo in vigore dal 1990 aveva avuto effetti devastanti sulla popolazione - le sanzioni non colpiscono i dittatori ma la popolazione - soprattutto sui bambini.
Negli ospedali madri consumate dal dolore assistevano i figli malati senza nessuna possibilita' di salvezza perche' mancavano le medicine. Assistere al dramma che si nascondeva dietro lo sguardo assente delle madri e la disperazione dignitosa di queste donne era straziante. Molti dei bambini erano malati di cancro, soprattutto leucemia, effetto dei bombardamenti all'uranio impoverito della prima guerra del Golfo. Malaria e altre malattie causate da punture di insetti avrebbero potuto essere facilmente curate se i cocktail per la terapia fossero stati disponibili, ma alcuni prodotti necessari erano considerati di doppio uso - usati anche per la produzione di armi! - quindi non importabili. Le sanzioni dell'Onu avevano comportato l'isolamento non solo economico ma anche psicologico: gli iracheni non avevano piu' la possibilita' di uscire dal paese.
L'ostentato orgoglio del popolo iracheno mal celava una sorta di fatalismo e rassegnazione, che nessuno spiraglio, nemmeno le dichiarazioni degli ispettori dell'Aiea o il messaggio del papa potevano scalfire.
La macchina della guerra era gia' in moto e gli iracheni non si facevano piu' illusioni: "se la guerra deve cominciare cominci", mi diceva una donna mentre gettava l'ultimo sguardo sui libri di Mutanabbi Street.

4. DOCUMENTAZIONE. GIULIANA SGRENA INTERVISTA HANAA EDWAR: "L'IRAQ LIBERO E LAICO nELLE LOTTE DEI GIOVANI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 marzo 2023 riprendiamo e diffondiamo la seguente intervista dal titolo "'L'Iraq libero e laico nella lotta dei giovani'" e il sommario "Hanno fatto un deserto. Intervista a Hanaa Edwar, femminista e fondatrice dell'associazione Amal: 'Bush e Blair hanno spartito il potere su base etnica. Il movimento di ottobre lottava per un paese senza interferenze straniere con una nuova visione politica, economica e sociale'"]

Hanaa Edwar, pacifista, femminista, costretta all'esilio durante la dittatura di Saddam, fondatrice dell'associazione Amal, una ong che promuove progetti a favore delle donne, "donna araba dell'anno" nel 2013, e' una militante instancabile.
A vent'anni dall'invasione ci da' un'immagine cruda della realta'. Ha perso l'ottimismo suscitato dalla "rivoluzione d'ottobre", quando in piazza Tahrir, il 25 ottobre 2019, aveva manifestato un milione di iracheni, soprattutto giovani, ma non si arrende.
"Dopo vent'anni dall'invasione dell'Iraq da parte dagli Stati Uniti e di altre truppe occidentali, il rovesciamento del regime dittatoriale di Saddam Hussein con il pretesto del possesso di armi di distruzione di massa e della violazione dei diritti umani, il sogno di un paese libero dalla dittatura e con un regime democratico non si e' realizzato. Da vent'anni siamo governati da un regime molto debole che basa il proprio potere su una divisione etnico-religiosa: sciiti, sunniti e curdi. Ci avevano promesso un regime democratico ma il potere rimane nelle mani di forze conservatrici che hanno confiscato la democrazia dopo l'invasione. Si sono accordate per la spartizione del potere, senza opposizione, non c'e' mai stata una transizione a un sistema democratico. In questi anni, tuttavia, la societa' civile ha approfittato della liberta' di espressione - giornali, tv e internet - per promuovere campagne in difesa dei diritti umani, di sostegno alle ong e per ottenere una quota di presenza delle donne in parlamento".
- Questo ha portato dei cambiamenti nel regime?
- La politica del regime continua a essere basata su una divisione settaria: gli sciiti sono la maggioranza della popolazione e pretendono di gestire il potere. La debolezza degli apparati dello stato ha agevolato l'infiltrazione del sistema tribale nella gestione della giustizia: quando gli iracheni hanno contenziosi, persino assassinii, non si rivolgono alla giustizia ma all'autorita' tribale, questo indebolisce il sistema giudiziario.
- E per quanto riguarda la sicurezza?
- La prima decisione dopo l'occupazione e' stata quella di ricostruire l'’esercito e gli apparati di sicurezza su basi etnico-religiose, i componenti sono stati scelti per la loro appartenenza e non per la loro competenza. Questo sistema ha alimentato la corruzione con la distribuzione di soldi da parte degli occupanti. Fin dai primi giorni dell'invasione i soldati statunitensi, invece di proteggere gli edifici pubblici, hanno permesso i saccheggi delle banche e dei ministeri. La corruzione e la mancanza di sicurezza hanno favorito il proliferare di milizie e del terrorismo. Le milizie rispondono a potenze straniere e non difendono gli interessi degli iracheni; peggio ancora i gruppi terroristi come al Qaeda, evoluta in Daesh, che nel 2014 occupava un terzo del paese. Daesh si e' accanito soprattutto contro le minoranze: ezidi, cattolici, turkmeni, shabeki, con massacri e genocidi. La schiavitu' sessuale e' stata denunciata da donne ezide coraggiose, molte di loro sono scomparse.
- L'Iraq e' uno stato federale ma i rapporti tra Baghdad e Erbil sono sempre tesi.
- Gli Stati Uniti subito dopo l'occupazione hanno premuto per l'elaborazione di una nuova costituzione, una provvisoria da loro scritta nel 2004 e' stata in parte ripresa in quella del 2005 elaborata dagli iracheni. Allora non c'erano ancora le condizioni per elaborare la costituzione, noi donne avevamo chiesto un rinvio ma Stati Uniti e sciiti premevano per accelerare i tempi. Il risultato e' una costituzione ambigua che necessitava di emendamenti che non sono mai stati approvati. L'Iraq e' uno stato federale, al Kurdistan sono attribuiti dei poteri ma non e' chiara la gestione delle risorse come il petrolio e il gas. Nel 2017 il governo regionale curdo ha organizzato un referendum per l'indipendenza, naturalmente la maggioranza dei curdi ha votato a favore e questo ha provocato una crisi profonda non ancora risolta, il governo centrale non manda al governo curdo le competenze del bilancio che gli spettano e i curdi trattengono tutte le entrate da esportazione di petrolio. Il Kurdistan e' semi-indipendente dall'Iraq.
- Non e' l'unica contraddizione della costituzione irachena.
- Nella costituzione non e' chiaro se l'Iraq sia uno stato laico o religioso. Per l'articolo 2, "L'islam e' la religione ufficiale dello stato e base della legislazione", ma poi aggiunge: "non puo' essere promulgata una legge contro la sharia, ne' contro i principi della democrazia, ne' contro diritti e liberta' stabilite dalla costituzione". Quale legislazione e' dunque possibile in Iraq?
- Nella costituzione vi e' anche un articolo contro il quale si sono mobilitate le donne...
- L'articolo 41. Secondo lo statuto personale del 1959 tutti gli iracheni erano cittadini, solo alcune minoranze potevano seguire la loro appartenenza religiosa. Questa legge e' stata abolita per introdurre uno statuto personale (che riguarda matrimonio, divorzio, eredita', etc.) basato sulla diversa appartenenza religiosa, le donne si sono opposte a questo articolo e finora sono riuscite a bloccarlo.
- Le donne, soprattutto le giovani, sono state protagoniste della cosiddetta "rivoluzione di ottobre". Esiste ancora il movimento esploso nel 2019?
- Il movimento di ottobre affrontava tutti i problemi della nostra societa': corruzione, disoccupazione, sovranita', dignita'. I giovani in piazza lottavano per un Iraq libero da interferenze straniere, con una nuova visione politica, economica e sociale. La repressione e' stata pesante: durante le proteste del 2019 e del 2020 piu' di 700 persone uccise, assassinate, molte scomparse... Tutti i comitati che dovevano indagare su questi crimini non hanno concluso niente. L'impunita' e' un altro dei gravi problemi dell'Iraq. Il movimento e' ancora vivo ma e' piu' concentrato sui vari problemi del paese. Molte delle manifestazioni che si svolgono in Iraq sono contro la disoccupazione, che per i giovani raggiunge il 25 per cento. Il 98 per cento delle entrate deriva dal petrolio. Piu' del 70 per cento del bilancio serve per pagare gli stipendi di quattro milioni di dipendenti pubblici. Quando il prezzo del petrolio scende il governo non paga gli stipendi. Non esiste un settore produttivo, le decine di industrie dei tempi di Saddam sono state bloccate dagli Stati Uniti e la produzione non e' mai ripresa. Questo e' il prodotto dell'invasione di Bush, Blair e degli altri. Hanno occupato e distrutto il paese, la nostra sicurezza e l'economia, hanno accettato la spartizione del potere su base etnica e poi hanno abbandonato l'Iraq nel caos. Ma la responsabilita' e' anche delle Nazioni Unite che hanno sostenuto l'embargo e l'invasione dell'Iraq.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 89 del 30 marzo 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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