[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 88



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 88 del 29 marzo 2023

In questo numero:
1. Occorre insorgere nonviolentemente contro la guerra, prima che la guerra divori l'umanita' intera
2. Giuliana Sgrena: Ue in aiuto a Tunisi se, come Tripoli, diventa gendarme dei migranti
3. Francesco M. Biscione: Angelica Balabanoff
4. Laura Schettini: Alma Sabatini

1. L'ORA. OCCORRE INSORGERE NONVIOLENTEMENTE CONTRO LA GUERRA, PRIMA CHE LA GUERRA DIVORI L'UMANITA' INTERA

Occorre insorgere nonviolentemente contro la guerra, prima che la guerra divori l'umanita' intera.
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Salvare le vite e' il primo dovere.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
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Occorre insorgere nonviolentemente contro la guerra, prima che la guerra divori l'umanita' intera.

2. DOCUMENTAZIONE. GIULIANA SGRENA: UE IN AIUTO A TUNISI SE, COME TRIPOLI, DIVENTA GENDARME DEI MIGRANTI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 marzo 2023 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Ue in aiuto a Tunisi se, come Tripoli, diventa gendarme dei migranti" e il sommario "Tunisia. Il Paese, appeso alle dure decisioni del Fmi, vive una grave crisi economica e politica dopo il 'golpe' del presidente Saied. Tajani agita il 'Piano Marshall' e il 'rischio islamizzazione'"]

Alla fine il presidente tunisino Kais Saied e' tornato sui suoi passi e ha incontrato il commissario europeo per l'economia Paolo Gentiloni, contrariamente a quanto annunciato in un primo tempo. Lo sgarro, che non avrebbe potuto permettersi in questo momento, era motivato dall'orgoglio di un presidente che incontra solo i suoi pari. Atteggiamento all'insegna dell'autoritarismo che guida il suo operato di presidente della repubblica che ha assunto tutti i poteri e accusa tutti coloro che sembrano credere agli allarmi occidentali sulla situazione fallimentare dell'economia tunisina di essere traditori.
Contro il "complotto" sono scatenati anche i social sostenitori del presidente.
Kais Saied, detentore della verita' assoluta, accusa i corrotti e gli speculatori di essere i responsabili di tutti i mali della Tunisia. Compreso quello dell'immigrazione di profughi provenienti dai paesi della regione subsahariana che utilizzano la Tunisia come passaggio verso l'Europa.
"Non vogliamo alimentare la polemica continua e non costruttiva sui molti temi che riguardano la Tunisia, tra cui quello dell'immigrazione clandestina e della situazione economica. Coloro che amano la Tunisia devono evitare le dichiarazioni negative che possono avere gravi ripercussioni sulla situazione turistica ed economica del paese", ha dichiarato a radio Mosaique Mohamed Trabelsi, capo della diplomazia e dell'informazione del ministero degli esteri.
L'irritazione contro le prese di posizioni europee espresse dal ministero degli esteri viene esorcizzata dal presidente che in tempo di Ramadan preferisce affrontare il problema dell'inflazione, tradizionale in questo periodo, che riguarda soprattutto i prezzi dei prodotti alimentari, discutendone con gli imam della moschea di al-Zeituna nella medina.
L'allarme europeo sulla situazione economica in Tunisia, che purtroppo si trascina da qualche mese provocando anche la scarsita' di beni di prima necessita' per la difficolta' nelle importazioni, coincide con l'ondata di emigrazioni in partenza dai porti della Tunisia, dove nei giorni scorsi e' avvenuta una delle tragedie cui purtroppo gli ultimi tempi ci hanno abituati. La crisi della Tunisia si e' indubbiamente aggravata dopo la sospensione del prestito del Fondo monetario internazionale di 1,9 miliardi di dollari, sulla cui concessione si concentrano ora le pressioni dei paesi europei, in particolare l'Italia e la Francia.
Ulteriori prestiti si fanno dipendere da quello piu' consistente del Fmi che e' pero' condizionato da riforme - soprattutto il risanamento delle imprese pubbliche - da parte del governo tunisino.
La crisi della Tunisia non e' solo economica ma anche decisamente politica dopo il "golpe" di Saied. Sebbene il parlamento europeo abbia approvato una risoluzione che condanna la violazione dei diritti umani da parte del regime tunisino con molti dissidenti in carcere, i governi europei, soprattutto quello italiano, tentano di ripetere con la Tunisia l'operazione anti-immigranti gia' fallita con la Libia e con la Turchia. Aiuti economici, fornitura di motovedette e sistemi di controllo, oltre al rimpatrio nei paesi di origine - gia' accettato da alcuni paesi - favoriscono la linea xenofoba di Saied, ma viene criticata da chi teme che si voglia fare della Tunisia il nuovo gendarme dell'Africa nel mar Mediterraneo.
E questo e' in effetti il vero obiettivo che si nasconde dietro le preoccupazioni e gli impegni di aiuti economici a Tunisi, etichettati come "piano Mattei" gia' riconvertito nel piu' scontato "piano Marshall" riproposto a ogni occasione senza che trovi mai una definizione precisa e tantomeno una realizzazione. Alla promozione dei vari "piani" tendono i vari messaggeri inviati a Tunisi.
Ieri si e' aggiunta una nuova preoccupazione - ripresa dai giornali tunisini - del "pericolo islamizzazione" sollevata dal ministro degli esteri italiano Tajani. "Non possiamo abbandonare la Tunisia - ha detto ancora il ministro - perche' se cade questo governo, rischiamo di avere i Fratelli musulmani dentro casa. Non possiamo permetterci una islamizzazione del Mediterraneo. Ecco perche' occorre agire subito". I Fratelli musulmani, rappresentati dal partito En-nahdha, sono gia' stati al potere in Tunisia e sebbene il presidente Saied abbia contrastato il partito di Rachid Ghannouchi, la sua visione del ruolo della religione e' ancora piu' radicale: "lo Stato deve operare per il raggiungimento degli obiettivi dell'Islam e della Sharia". E forse Tajani non si e' accorto che organizzazioni che fanno riferimento ai Fratelli musulmani sono presenti nel Consiglio d'Europa e fanno campagne pubblicitarie finanziate anche dall'Unione europea, come quella bloccata dalla Francia: "La mia liberta' e' nell'hijab". Ma si sa che la vera preoccupazione di Tajani e di tutta la destra e' quella di salvaguardare l'identita' cristiana dell'Europa.

3. MAESTRE. FRANCESCO M. BISCIONE: ANGELICA BALABANOFF
[Dal sito www.treccani.it riproponiamo il seguente profilo pubblicato nel Dizionario biografico degli italiani, volume 34 (1988)]

Angelica Balabanoff (Anzelika Isaakovna Balabanova) nacque a Cernigov, nei pressi di Kiev, il 4 agosto 1877 da famiglia ebraica benestante (il padre, Isaak, era proprietario terriero e uomo d'affari), ultima di sedici figli.
Spirito indipendente e ribelle, donna di grande vivacita' intellettuale, studio' in una scuola di Charkov dove imparo' varie lingue europee e con la famiglia ebbe modo di fare frequenti viaggi attraverso l'Europa. Attorno al 1895 abbandono' la famiglia e la Russia per iscriversi all'Universite' nouvelle di Bruxelles dove studio' filosofia e segui' corsi di sociologia, economia, criminologia, ecc., e partecipo', anche in contatto con esuli politici russi, dell'ambiente radicale e socialista belga particolarmente vivace sul piano politico e culturale in quel periodo. Votata fin da giovanissima ad ideali umanitari ed egualitari, a Bruxelles abbraccio' il socialismo, aderi' al marxismo sulla scorta delle opere di Georgij Plechanov e si laureo' in filosofia e letteratura. In Germania alla fine del secolo, a Lipsia e poi a Berlino, studio' economia politica e strinse rapporti di amicizia con Rosa Luxemburg, August Bebel e Clara Zetkin. Finalmente a Roma (1900) pote' seguire uno degli ultimi corsi universitari di Antonio Labriola, che rese piu' profonda ed articolata la sua formazione marxista, ed entro' in contatto, per tramite di Leonida Bissolati, con il movimento socialista italiano al quale, con delle interruzioni, sarebbe restata legata per tutta la vita.
La Balabanoff non aveva vissuto questi anni di "apprendistato" socialista come un'emigrata, ma si era profondamente radicata nello spirito del socialismo europeo maturando un internazionalismo che si sarebbe dimostrato incancellabile. Persona di vasta cultura, di grande vitalita' e di profonda umanita', la sua formazione politica appare coerente con le idee e la tradizione secondinternazionalista, delle quali sarebbe stata a lungo un'interprete "di sinistra" ed alle quali sarebbe restata fedele anche quando, dalla guerra in poi, quella tradizione e quelle idee avrebbero subito un inarrestabile declino.
Militante dei Partito socialista italiano dal 1900, su posizioni "intransigenti" e particolarmente vicina a Giacinto Menotti Serrati, fu impegnata nell'attivita' organizzativa e di propaganda nella Svizzera italiana dai primi del secolo fino al 1910, a San Gallo e poi a Lugano, dove fu per vari anni membro dell'esecutivo del Partito socialista italiano in Svizzera, imprese l'edizione dei giornale "Su, compagne" (che sarebbe poi confluito in "La Difesa delle lavoratrici" diretto da Anna Kuliscioff) ed acquisi' larga fama come conferenziera. Fu attorno al 1904, in Svizzera, che conobbe Benito Mussolini, allora su posizioni anarco-socialiste, al quale sarebbe restata legata da un'amicizia durata un decennio.
Su Mussolini la Balabanoff torna ripetutamente nelle autobiografie ed in alcuni scritti sul "traditore". La sottolineatura dei tratti nevrotici del futuro capo del fascismo, tratti che trovano del resto significativi riscontri, e la funzione di guida che ella ebbe sia nel cercare di "spingerlo sulla strada del marxismo e, in generale, di un maggior approfondimento culturale del socialismo" (De Felice, p. 40), sia nella leadership politica che a lungo esercito' su di lui, tutto cio' lascia pensare che, oltre al ruolo di maestra, vada tenuto presente, per la comprensione del rapporto, un suo coinvolgimento di tipo "materno".
Durante la rivoluzione russa del 1905, fu protagonista di un'accesa campagna di solidarieta' e tenne conferenze e comizi in molte citta' italiane ed anche in seguito, in Svizzera come in Italia, mantenne stretti contatti con vari dirigenti socialdemocratici russi in esilio quali Plechanov, Lenin, Zinov'ev, Trockij ed altri. Contribui' all'organizzazione del V congresso del Partito operaio socialdemocratico russo (Londra, aprile 1907) e vi partecipo' come delegata evitando di prendere posizione per una delle due frazioni (bolscevichi e menscevichi) che, seppur riunificate nel partito, si fronteggiarono duramente.
Ormai italiana per adozione, pur conservando la cittadinanza russa, per molti anni funse da tramite - anche per la vasta conoscenza delle persone e delle situazioni, oltre che delle lingue - tra il Partito socialista italiano e il socialismo europeo, prima che questo venisse lacerato dalla guerra. Sul piano del socialismo internazionale era particolarmente vicina alle posizioni di Bebel e della Luxemburg e fu per varie sessioni membro del Bureau socialiste international, l'esecutivo della II Internazionale.
Delegata italiana al congresso di Basilea, l'ultimo dell'Internazionale socialista (novembre 1912), nel luglio dello stesso anno aveva partecipato al congresso straordinario del partito socialista che si svolse a Reggio Emilia, ed aveva avuto in quell'occasione una funzione di rilievo nel preparare la mozione, presentata da Mussolini e votata a larga maggioranza, che chiedeva l'espulsione dei dirigenti dell'ala riformista (Bissolati, Cabrini, Bonomi e Podrecca). Durante i lavori dello stesso congresso la Balabanoff venne eletta per la prima volta nel comitato esecutivo del partito e, allorche' Costantino Lazzari propose Mussolini quale direttore dell'"Avanti!", questi si riservo' di accettare a condizione che la Balabanoff figurasse quale segretaria di redazione (lo scopo della richiesta di Mussolini - ipotizza il De Felice, p. 139 - era di coinvolgere tutta la sinistra del partito nella gestione del quotidiano ed allontanare alcuni redattori riformisti). Pur con qualche riluttanza, la Balabanoff si trasferi' a Milano; la sua collaborazione con Mussolini all'"Avanti!" duro' comunque solo pochi mesi.
Fu presente alla riunione dell'Internazionale a Bruxelles (28-29 luglio 1914) - vi erano anche Victor Adler, la Luxemburg, Hugo Haase, Jean Jaures, Jules Guesde ed altri -, ma risulto' minoritaria la sua proposta di indire uno sciopero generale contro la guerra, che col suo profilarsi stava gia' erodendo le fondamenta del socialismo europeo (Jaures sarebbe stato assassinato di li' a qualche giorno).
Tornata a Milano la Balabanoff (che al congresso socialista di Ancona dell'aprile 1914 era stata confermata nella segreteria del partito) continuo' a sostenere quella che del resto era la linea del Partito socialista italiano, cioe' la politica della neutralita' e dell'opposizione all'intervento (scontrandosi anche con Plechanov, a Ginevra, che parteggiava apertamente per gli alleati). Allorche' avvenne il repentino passaggio di Mussolini su posizioni interventiste (ottobre 1914), la Balabanoff condivise senza riserve l'unanime decisione dell'esecutivo di espellerlo dall'organismo stesso e dalla direzione dell'"Avanti!" sostituendolo con Serrati.
Nel 1915 si trasferi' nuovamente in Svizzera, a Berna, per organizzare il movimento di opposizione alla guerra, con lo scopo altresi' di arginare il generale crollo del movimento socialista europeo e ricucire i frammenti sparsi dell'intemazionalismo. Su invito della Zetkin fu tra le organizzatrici di una conferenza femminile internazionale contro la guerra, che ebbe luogo a Berna nella primavera, alla quale parteciparono lavoratrici socialiste dei paesi belligeranti e neutrali (nella conferenza la Balabanoff ebbe anche un vivace diverbio con Lenin e le donne bolsceviche che sostenevano la necessita' di gettare subito le basi di una nuova internazionale). Ma, soprattutto, fu tra gli organizzatori e i protagonisti delle conferenze di Lugano (settembre 1914), di Zimmerwald (settembre 1915), nella quale venne rieletta nel Bureau socialiste international, e di Kienthal (aprile 1916), divenendo il piu' noto punto di riferimento europeo dell'opposizione socialista alla guerra.
L'evolversi della situazione bellica in Europa, col montare della protesta popolare contro la guerra e la dissoluzione della II Internazionale, spingeva nella direzione - auspicata dalla sinistra zimmerwaldiana e, in particolare, da Lenin e dai bolscevichi - della costruzione di un nuovo internazionalismo rivoluzionario. E' pertanto del tutto comprensibile che le posizioni della Balabanoff e di altri (Serrati in particolare), pur non essendo direttamente assimilabili alla sinistra, venissero sempre piu' ad avere con questa importanti e significative convergenze.
Allorche' si diffuse la notizia della rivoluzione russa di febbraio e della caduta dello zar, la Balabanoff fu con i marxisti russi di tendenza menscevica e socialrivoluzionaria (Martov, Aksel'rod, ecc.; non Lenin che con i bolscevichi li aveva preceduti di circa un mese) i quali attraversarono la Germania con un treno speciale autorizzato dal governo tedesco che a maggio giunse a Pietrogrado. Pur non condividendo molte delle posizioni di Lenin (ed anzi, non avendo allora per il personaggio un'alta considerazione), la Balabanoff era convinta della necessita' del compimento in senso socialista della rivoluzione, pena il suo soffocamento, ed era favorevole ad una pace separata russo-tedesca ed alla ripresa del movimento di Zimmerwald. Pertanto, nel luglio, quando si scateno' la campagna della stampa russa che accusava i bolscevichi, e piu' in generale gli internazionalisti, di essere agenti al servizio dei tedeschi (e in particolare a seguito dello "scandalo" Grinun che marginalmente la coinvolse), la Balabanoff si reco' a Stoccolma quale segretaria del Bureau socialiste international per organizzarvi il terzo convegno zimmerwaldiano che, per motivi di polizia e di politica internazionale, non pote' aver luogo prima di settembre (nel convegno le tesi internazionaliste e rivoluzionarie dei bolscevichi, caldeggiate da Karl Radek, prevalsero decisamente). In questa situazione politica, con il governo Kerenskij impegnato nella continuazione della guerra, la Balabanoff sciolse gli indugi e nell'estate - quasi contemporaneamente a Lev Trockij, anch'egli rivoluzionario senza partito, col quale in quel periodo aveva avuto frequenti contatti - aderi' al Partito comunista (bolscevico) russo.
Nel luglio 1917 le posizioni espresse dalla Balabanoff - che nel frattempo collaborava all'"Avanti!" inviandovi corrispondenze e manteneva l'incarico nella direzione del partito socialista - diedero luogo anche ad una polemica tra Filippo Turati (che non la stimava e non ne condivideva le posizioni) e Serrati, a proposito della sua rappresentativita' come dirigente socialista italiana.
Dopo la Rivoluzione d'ottobre, la Balabanoff, convinta che il movimento di Zimmerwald avesse esaurito la propria funzione, lo sciolse e lo spinse all'adesione all'internazionalismo sovietico. Per incarico di Lenin e del partito, rimase circa un anno in Svezia dove redasse un bollettino in varie lingue allo scopo di controbattere la campagna internazionale di stampa contro la rivoluzione bolscevica, curando altresi' parte dei rapporti economici e politici con l'estero per conto del governo sovietico.
Tornata in Russia nell'autunno 1918, dopo aver rivisto Lenin, riparti' per la Svizzera per raccogliere informazioni sul movimento rivoluzionario in Europa, venendo pero' espulsa dalle autorita' elvetiche nel novembre, insieme con gli addetti all'ambasciata sovietica. Di nuovo a Mosca, dove gia' si profilava l'ipotesi della fondazione della III Internazionale, nel febbraio 1919 fu inviata da Lenin a Kiev per ricoprire la carica di commissario agli Esteri della Repubblica dell'Ucraina (cio' le avrebbe permesso piu' facili contatti con l'Europa centrale), ma ben presto - dato che per Lenin la presenza della Balabanoff era indispensabile al fine di sottolineare la continuita' tra la nuova Internazionale e il movimento di Zimmerwald e, piu' in generale, con la sinistra socialista europea - le fu affidata la segreteria del comitato esecutivo dell'Internazionale comunista, incarico che la Balabanoff accetto' con qualche perplessita' dovuta sia ai metodi autoritari e senza scrupoli dei dirigenti bolscevichi nel condurre le battaglie politiche, sia alla presenza di Zinov'ev alla presidenza.
Impegnata strenuamente nella propaganda durante la guerra civile, entro' presto in urto con Zinov'ev e subi' una sostanziale emarginazione dai vertici dell'Internazionale, fino a dover rinunciare, nel 1921, ad ogni incarico ed a lasciare, alla fine di quell'anno e non senza un tentativo di dissuasione da parte di Lenin, la Russia. La Balabanoff, che a lungo non avrebbe rinnegato la validita' dell'esperimento rivoluzionario dei bolscevichi, fu forse la prima militante ad esprimere un dissenso profondo e radicale con gli esiti della rivoluzione.
Se coerente appare l'approdo della Balabanoff al bolscevismo dall'internazionalismo zimmerwaldiano, altrettanto meditato - anche attraverso un'esperienza personale lacerante - ne appare il distacco. Per quanto i motivi della rottura col bolscevismo (quali traspaiono dalle autobiografie) si presentino essenzialmente legati all'ambiente politico del Comintern, divenuto per lei insopportabile, emerge altresi' un atteggiamento critico verso le degenerazioni della burocrazia sovietica che per piu' versi anticipa il Leitmotiv della critica da sinistra allo stalinismo; ne' e' casuale, da questo punto di vista, la considerazione che la Balabanoff mostra per personalita' quali Aleksandra Kollontaj o Emma Goldmann, giungendo a sostenere che, proprio in quanto donne, costoro avanzassero le prime critiche allo statalismo socialista. Alla base del dissenso della Balabanoff, quale emerge dalle sue vivide pagine, c'e', in definitiva, quella situazione che di li' a qualche anno avrebbe spaccato il partito bolscevico e che sarebbe stato l'oggetto della battaglia politica e dell'analisi della societa' post-rivoluzionaria di Trockij.
Altro motivo di divergenza, legato questo alla politica internazionale, furono gli attacchi violenti e ingiustificati a Serrati ed il tentativo di spaccare il Partito socialista italiano. Piu' in generale, la Balabanoff contestava la pratica della scissione dei partiti socialisti - attuata spesso a suon di rubli e senza una reale conoscenza delle situazioni locali - che esponeva a gravi rischi i movimenti operai europei nell'affievolirne la capacita' di resistenza e nel dar vita a partiti comunisti meccanicamente controllati da Mosca.
Particolarmente interessante il giudizio su Lenin. La Balabanoff, con la quale Lenin non avrebbe mai rotto i rapporti personali neanche allorche' ella decise di abbandonare l'Unione Sovietica, sottolinea come i metodi talora brutali del leader bolscevico fossero all'origine di molte delle degenerazioni (oltre che del successo) del partito. Ma mostra anche come per Lenin l'uso spregiudicato del potere era uno strumento della rivoluzione (e non un fine come invece, secondo la Balabanoff, sarebbe stato per Stalin), e descrive altresi' il capo rivoluzionario presago e preoccupato dell'evolversi della situazione interna dal punto di vista delle degenerazioni del partito e dello stato.
Fu a Stoccolma, convalescente per deperimento, e poi a Vienna dove lavoro' come insegnante di lingue, aiuto' Antonio Gramsci ad ottenere il permesso di soggiorno nella capitale austriaca e ricevette, nell'agosto 1924, il decreto di espulsione dal partito bolscevico.
"Anzelika Balabanova, prima segretaria dell'esecutivo dell'Internazionale comunista, le cui obiezioni morali avevano spesso esasperato Lenin e Zinov'ev - racconta Victor Serge, rivoluzionario belga che aveva avuto un'analoga evoluzione politica -, era appena stata esclusa dalla Terza Internazionale. Abitava a volte a Vienna, a volte alla periferia, trasportando da una camera ammobiliata all'altra il suo materiale da perpetua studentessa povera, il fornello ad alcool per il te', la stufetta per la frittata, tre tazze per gli invitati; e il grande ritratto di Filippo Turati, il ritratto maschio e raggiante di Matteotti, dei pacchi dell'"Avanti!", la corrispondenza del partito massimalista italiano, dei quaderni di poesie. Piccola, bruna, sul principio della vecchiaia, Anzelika continuava una vita entusiasta di militante, in ritardo, per fiamma romantica, di tre buoni quarti di secolo".
Nel 1926 riprese l'attivita' militante. Trasferitasi a Parigi, assunse la segreteria del movimento fondato dal marxista francese Paul Louis, movimento che si proponeva la costruzione di una nuova internazionale dei partiti socialisti rivoluzionari che evitasse sia il riformismo sia il bolscevismo (l'"Internazionale Balabanoff" o "Internazionale due e tre quarti", come venne ironicamente definito).
Ristabiliti stretti contatti con i socialisti italiani (in tutti quegli anni di lontananza era restata membro del partito socialista), assunse la direzione dell'"Avanti!" dal 1926 al 1931. Nel partito italiano la sua politica fu orientata ad ostacolare quella di Pietro Nenni, favorevole all'unificazione con i riformisti del Partito socialista dei lavoratori italiani (si ebbe tra i due una vivace polemica sull'"Avanti!" nel gennaio 1928), ma, mentre il convegno di Grenoble (luglio 1928) la eleggeva segretaria del partito ponendo Nenni in minoranza, le posizioni espresse dal IV congresso dell'Internazionale comunista, con la teoria del socialfascismo, avrebbero spinto oggettivamente nella direzione della fusione tra Psi e Psli. Di qui la rottura (convegno di Grenoble del marzo 1930) dei massimalisti guidati dalla Balabanoff con i nenniani e la successiva unificazione di questi con il partito guidato da Giuseppe Saragat (Parigi, luglio 1930), unificazione che avrebbe eroso la base del Psi fino a rendere precaria ed irregolare l'uscita dell'"Avanti!".
In questo periodo la politica della Balabanoff e' improntata ad un atteggiamento nostalgico piu' che ad un'analisi critica della situazione. Sull'"Avanti!" massimalista (ormai contrapposto a quello unificazionista che, a Zurigo, era diretto da Nenni) la Balabanoff "ricorda in articoli intrisi di accorata nostalgia le grandi figure del mondo rivoluzionario da lei conosciute nel corso della sua errabonda esistenza. Bebel e Kautsky, Liebknecht e la venerata Rosa Luxemburg, Klara Zetkin e la Krupskaja, Lenin e Trotski e molti altri personaggi minori dell'olimpo rivoluzionario appaiono in questi scritti, vicini, visti nei loro aspetti ignoti, nei loro tratti profondamente umani, nella luce di un passato che si va spegnendo e il cui ricordo deve alimentare la fede nell'immancabile ripresa della rivoluzione liberatrice" (Arfe').
Diminuito lo spazio politico sia per motivi generali (l'avanzata dei fascismi) sia per la continua emorragia di militanti dal campo massimalista verso le aree comunista e riformista, la Balabanoff si trasferi' nel 1936 negli Stati Uniti d'America dove sarebbe restata per un decennio. In contatto con i gruppi antifascisti italiani, riprese la sua instancabile attivita' di propaganda socialista ed antimussoliniana. E' a questo periodo che probabilmente si puo' far risalire la sua riconsiderazione dell'esperienza comunista in Russia, riconsiderazione che l'avrebbe portata su posizioni socialdemocratiche ed anticomuniste. Ci sono infatti testimoniati da una lettera a Trockij, il cui contenuto e' stato reso noto dal Deutscher, lo sgomento e l'incredulita' per i processi di Mosca che in pochi anni liquidarono la vecchia guardia bolscevica.
Rientrata in Italia dopo la Liberazione, nuovamente nel partito socialista, aderi' nel congresso di Roma del gennaio 1947 alla scissione di palazzo Barberini, polemizzando fortemente con l'Urss ed il Partito comunista italiano. Sarebbe restata legata fino alla fine alla socialdemocrazia italiana.
La Balabanoff mori' a Roma il 25 novembre 1965.
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Fonti e bibliografia: Le fonti principali sono le stesse memorie della Balabanoff, edite in varie lingue ed edizioni: Erinnerungen und Erlebnisse, Berlin 1927; Memorie, Milano-Parigi 1931 (una prima stesura, dattiloscritta e inedita, dal titolo Le mie memorie, trovasi a Roma, Archivio centrale dello Stato, Mostra della rivoluzione fascista, fondo G. M. Serrati, b. 141, f. 31); My Life as a Rebel, New York 1938 e 1968 (trad. it. La mia vita di rivoluzionaria, Milano 1979); Il traditore (The Traitor). Benito Mussolini and His "Conquest" of Power, New York 1942-1943 (bilingue in otto dispense mensili; riedito come Il traditore, a cura di G. Galzerano, Roma 1973); Ricordi di una socialista, Roma 1946; Note autobiografiche, in I buoni artieri, a cura di A. Schiavi, I, Roma 1957, pp. 7-56; Lenin visto da vicino, Roma 1959; si veda altresi' il volume documentario, da lei curato, Die Zimmerwalder Bewegung 1914-1919. Die Internationale und der Weltkrieg, Leipzig 1928. La produzione memorialistica della Balabanoff ha rilevanza anche sul piano documentario e ad essa hanno fatto ampio ricorso molti storici tenendola come fonte largamente attendibile. Per le autobiografie, eccezion fatta per l'edizione italo-francese delle Memorie, scritte in realta' a Mosca nel 1921, le edizioni americana, tedesca ed italiana del 1946 narrano anche della rottura con la III Internazionale.
Per una bibliografia dei suoi scritti si veda The National Union Catalog. Pre-1956 Imprints, 31, Mansell 1969, pp. 563 s.
Per gli scritti italiani si veda: Ente per la storia del socialismo e del movimento operaio italiano, Bibliografia del socialismo e del movimento operaio italiano, I (Periodici), 1-2, Roma-Torino 1956, ad Indicem; II (Libri), 1-4, ibid. 1962-1968, ad nomen, ad Indicem; II, Supplemento 1953-1967, 1-3, Roma 1975-1980, ad nomen, ad Indicem.
Sul periodo italo-svizzero dai primi del Novecento allo scoppio della prima guerra mondiale, si veda: R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario 1883-1920, Torino 1965, ad Indicem; L. Cortesi, Il socialismo italiano tra riforme e rivoluzione. Dibattiti congressuali del P.S.I. 1892-1921, Bari 1969, ad Indicem; A. Rosada, G. M. Serrati nell'emigrazione (1899-1911), Roma 1972, pp. 82, 87, 91s., 95, 98, 105 s., 114; A. Tamborra, Esuli russi in Italia dal 1905 al 1917, Roma-Bari 1977, ad Indicem.
Per il periodo dalla mobilitazione contro la guerra fino alla rottura con la III Internazionale, si veda: I. Deutscher, Il profeta armato. Trotsky 1879-1921, Milano 1956, ad Indicem; V. Serge, Memorie di un rivoluzionario 1901-1941, Firenze 1956, ad Indicem; Storia dell'"Avanti!" 1896-1926, a cura di G. Arfe', Milano-Roma 1956, pp. 120, 123, 158; C. Landatier, European Socialism, I-II, Berkeley-Los Angeles 1959, ad Indicem; L. Ambrosoli, Ne' aderire ne' sabotare 1915-1918, Milano 1961, ad Indicem; Protocollo della conferenza italo-svizzera di Lugano (27 settembre 1914), a cura di A. Romano, in Rivista storica del socialismo, VI (1963), n. 18, pp. 81, 89, 105, 110, 112, 114; E. H. Carr, La rivoluzione bolscevica 1917-1923, Torino 1964, ad Indicem; Contributions a' l'histoire du Comintern, a cura di J. Freymond, Geneve 1965, ad Indicem (contiene anche il saggio della Balabanoff Lenine et la creation du Comintern); P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano, I, Torino 1967, ad Indicem; Die Zimmerwalder Bewegung. Protokolle und Correspondenz, a cura di H. Lademacher, I-II, The Hague-Paris 1967, ad Indicem (contiene anche un carteggio tra la Balabanoff e Robert Grimm); J. Humbert-Droz, Le origini dell'Internazionale comunista. Da Zimmerwald a Mosca, Parma 1968, pp. 103, 108, 110, 138, 147, 155 s., 164 s., 259, 268 s.; H. Konig, Lenin e il socialismo italiano 1915-1921, Firenze 1972, ad Indicem; Storia dell'Internazionale comunista attraverso i documenti ufficiali, a cura di J. Degras, I, Milano 1975, pp. 13, 18, 29, 119; L. Valiani, Il Partito socialista italiano nel periodo della neutralita' 1914-1915, Milano 1977, ad Indicem; E. Ragionieri, Il socialismo italiano e il movimento di Zimmerwald, in La Terza Internazionale e il Partito comunista italiano, Torino 1978, ad Indicem; A. Venturi, Rivoluzionari russi in Italia 1917-1921, Milano 1979, ad Indicem; L'Internazionale operaia e socialista tra le due guerre, a cura di E. Collotti, in Annali della Fondazione G. Feltrinelli, XXIII (1983-84), ad Indicem.
Per gli anni dal 1926 in poi, si veda: Storia dell'"Avanti!" 1926-1940, a cura di G. Arfe', Milano-Roma 1958, ad Indicem; I. Deutscher, Il profeta esiliato. Trotsky 1929-1940, Milano 1965, ad Indicem; P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano, II, Torino 1969, ad Indicem; P. Moretti, I due socialismi. La scissione di palazzo Barberini e la nascita della socialdemocrazia, Milano 1975, ad Indicem; S. Colarizi, L'antifascismo all'estero, in Storia dell'Italia contemporanea, V, Napoli 1979, p. 18; G. Galli, Storia del socialismo italiano, Bari-Roma 1980, ad Indicem; F. Pedone, Novant'anni di pensiero e azione socialista attraverso i congressi del PSI, I-III, [Venezia] 1983, ad Indicem (nel V vol.).
In generale sulla Balabanoff si vedano: B. Lazitch, Biographical Dictionary of the Comintern, Standford (California) 1973, ad vocem; F. Turati-A. Kuliscioff, Carteggio, II-IV, VI, Torino 1977, ad Indices.
Sulla Balabanoff e il movimento di liberazione della donna vedi: F. Pieroni Bortolotti, Femminismo e partiti politici in Italia 1919-1926, Roma 1978, ad Indicem; R. Stites, The Women's Liberation Movement in Russia, Princeton (New Jersey) 1978, ad Indicem.

4. MAESTRE. LAURA SCHETTINI: ALMA SABATINI
[Riproponiamo dal Dizionario biografico degli italiani (2017), nel sito www.treccani.it]

Alma Sabatini, figlia unica di Carlo Alberto e di Gilda Biondi, nacque a Roma il 6 settembre 1922.
Il padre, ex magistrato, fu responsabile del segretariato del Consiglio nazionale delle corporazioni e collaboratore di Giuseppe Bottai. Crebbe in una famiglia agiata, di diplomatici e professionisti, risiedendo quasi tutta la vita nella casa romana di via Giuseppe Ferrari, nel quartiere Prati. La prematura e improvvisa morte del padre, nel 1930, segno' profondamente la sua infanzia e giovinezza, attraversata anche dalle sofferenze causate da alcuni disturbi alimentari. Ebbe con la madre un legame particolarmente stretto e, sotto la sua guida attenta, si dedico' agli studi con diligenza e ottimi risultati, diplomandosi al liceo Mamiani nel 1940 e continuando per tutti gli anni della scuola a coltivare poche e selezionate amicizie (cfr. Roma, Archivio della Casa internazionale delle donne, Fondo Alma Sabatini, FAS, Diari e appunti, f. 2).
Iscritta al corso di laurea in lettere moderne all'Universita' degli studi di Roma La Sapienza, dal 1941 al 1943 presto' servizio volontario presso la Biblioteca Alessandrina, dove fu sorpresa dai bombardamenti alleati che colpirono il quartiere San Lorenzo (luglio 1943), una delle rare occasioni in cui i "grandi eventi" di quegli anni (il fascismo, la guerra) deviarono il normale corso della sua vita, per il resto trascorsa in un ambiente protetto e ovattato.
Laureatasi con lode, discutendo una tesi su La musica nel pensiero di Diderot nel gennaio del 1945, si dedico' all'insegnamento della lingua inglese, che aveva approfondito durante gli anni precedenti anche grazie a una borsa di studio che l'aveva portata a Liverpool nel 1943. Insegno' dapprima alla scuola media Visconti (1945-52) e poi, avendo vinto la cattedra per l'insegnamento della lingua negli istituti tecnici e commerciali, presso l'istituto Cola di Rienzo (fino al 1954), il Galileo Galilei (fino al 1973) e il Pantaleoni, dove rimase fino al 1979. Si distinse, ben prima del 1968, per un approccio inconsueto, in polemica con le insufficienze della scuola e inguaribile ottimista verso le possibilita' degli studenti, per lei mai irrecuperabili (cfr. il necrologio di M. Sanfilippo, in Il Messaggero, 14 aprile 1988).
A meta' degli anni Cinquanta inizio' a interessarsi di linguistica e nel 1956 frequento' un corso di metodologia e linguistica alla Cornell University (Ithaca, NY). Dal 1958, ritornata in Italia, inizio' a collaborare con il Centro studi americani.
Con il nuovo decennio, se per un verso si impegno' come assistente volontaria presso la facolta' di scienze politiche dell'Universita' di Roma (1960-63), per l'altro inizio' a insegnare lingua italiana agli anglofoni: nel 1961 fu lettrice di italiano presso l'English Language Institute all'Universita' del Michigan e, dal 1960 al 1964, lavoro' all'Universita' per stranieri di Perugia.
Frutto di tale impegno furono i manuali e le antologie pubblicate nel giro di pochi anni: Cosi' si parla inglese: grammatica, conversazioni, esercizi (Firenze 1965); Civilta' anglosassone. Antologia di letture inglesi e americane (Firenze 1966); Corso d'inglese per la scuola media (Firenze 1969, con F. A. Hall).
Nel 1967 partecipo' alla fondazione della Societa' di linguistica italiana, del cui comitato redazionale fece parte fino al 1970. Intanto, a partire dal 1963 si avvicino' al Partito radicale, sposando la causa antirazzista, anticolonialista, libertaria: a lei si devono la traduzione e la diffusione in Italia di numerosi documenti della New left, del movimento studentesco e di quello dei neri statunitensi. Membro della direzione nazionale del partito, fu dal suo interno che si avvicino' ai temi legati alla "repressione sessuale", inizialmente attraverso i dibattiti e le discussioni che fiorirono intorno alla battaglia per il divorzio, allora al centro dell'agenda politica radicale. Fu tra le promotrici di una serie di appuntamenti di discussione sulla sessualita' e il nascente movimento femminista nordamericano (sui suoi testi, e in particolare su quello di Anne Koedt, The myth of the vaginal orgasm del 1968, che addito' in seguito come l'occasione del suo "risveglio femminista", cfr. FAS, Diari e appunti, f. 3) che culminarono nell'autunno del 1970 nella creazione del Movimento di liberazione della donna (MLD), di cui Sabatini fu anche prima presidente, federato al Partito radicale.
Sempre a far tempo dal 1970 avverti' la necessita' di formare dei gruppi di presa di coscienza riservati alle donne, all'interno dei quali discutere di sessualita' lontane dallo sguardo e dalla parola maschile. Di fronte al rifiuto espresso dall'assemblea nazionale del partito di legittimare tale pratica, si dimise con altre 6-7 donne. Nacque cosi' un gruppo di autocoscienza che si riuni' con regolarita' per tutto l'inverno e fino alla primavera del 1972, cui partecipo' anche la giornalista-scrittrice Gabriella Parca che, da questa esperienza, maturo' l'idea di lanciare il primo rotocalco femminista italiano, Effe, che vide anche Sabatini coinvolta come redattrice per qualche anno.
Trascorsa una prima fase molto raccolta di confronto e identificazione tra le partecipanti, il gruppo si oriento' verso la ricerca di collegamenti con altri collettivi e l'intervento politico "all'esterno". Alma Sabatini curo' in particolare i rapporti con Lotta femminista, scrivendo sul bollettino del gruppo e partecipando all'organizzazione di una delle prime manifestazioni pubbliche del femminismo italiano, il sit-in dell'8 marzo 1972 in piazza Campo de' Fiori, duramente caricato dalle forze dell'ordine e durante il quale "l'insegnante Alma Sabatini" venne ferita alla testa, finendo su tutti i principali quotidiani italiani. Di li' a qualche mese Lotta femminista, dopo aver accolto diverse donne provenienti dal MLD, dal Fronte italiano di liberazione femminile e singole, cambio' nome in Movimento femminista romano. Il gruppo, di cui Sabatini fu attiva esponente, mise in cantiere campagne sulla pubblicita' oltraggiosa dell'immagine femminile, sulla prostituzione, sull'aborto. Di quest'ultima campagna la mobilitazione cresciuta intorno al processo a Gigliola Pierobon (accusata di aborto clandestino commesso da minorenne) determino' una grossa accelerazione. Alma Sabatini fu tra quante, pur non avendo mai abortito, si autodenuncio' in Aula nel giugno 1973. In quegli anni continuo' a viaggiare ripetutamente negli Stati Uniti, diventando elemento di collegamento tra il femminismo italiano e quello nordamericano, prendendo contatti con il Feminist Women's Health Center e la National Organization of women, grazie alle quali favori' la diffusione in Italia delle pratiche e delle riflessioni del self-help (cfr. Self-help clinic. Riscopriamo il nostro corpo e contestiamo la medicina tradizionale, in Effe, dicembre 1973; http://efferivistafemminista. it/2014/07/self-help-clinic/, 2 marzo 2017).
Ormai totalmente immersa nel femminismo separatista, al principio del 1975 usci' con altre dal collettivo redazionale di Effe, da poco apertosi a esponenti del femminismo marxista e ormai vissuto da lei come troppo subalterno al calendario politico della sinistra e al riformismo. Riprese l'impegno in una testata femminista dal 1979, quando inizio' a scrivere regolarmente per il settimanale Quotidiano donna (nato nel 1978), nel quale dal 1981 curo' una rubrica, Che ne pensi?, con cui propose riflessioni sul carattere sessista della lingua italiana.
Se dal 1978 aveva iniziato a insegnare inglese alla Camera dei deputati, abbandonando poco dopo l'insegnamento scolastico, nel 1979 si ammalo' e venne operata per un tumore al colon, da cui usci' con un intervento di stomia definitiva. Visse con coraggio e a tratti leggerezza questa nuova condizione, non rinunciando alla militanza, al lavoro e ai viaggi (tra cui quello di poco successivo in Turchia).
Al principio degli anni Ottanta si spese nella campagna per la legge di iniziativa popolare contro la violenza sessuale, per la quale fu attiva raccoglitrice di firme e oratrice in assemblee pubbliche e incontri istituzionali, portando il suo contributo di analisi degli insulti e del linguaggio sessuale.
Nel 1984 venne chiamata a far parte della neoistituita Commissione per la parita' tra uomo e donna della Presidenza del consiglio dei Ministri, che avvio' una poderosa ricerca sulla parita' tra i sessi nella lingua, nei mass media e nelle istituzioni scolastiche.
Oltre che in un seminario di tre giorni, a giugno del 1985, il lavoro svolto dalla Commissione conflui' nella pubblicazione delle Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana per la scuola e l'editoria scolastica (Roma 1986), curate da Sabatini, con le quali si proponevano indicazioni e suggerimenti per "dare visibilita' linguistica alle donne e pari valore linguistico a termini riferiti alle donne", come recitavano le prime righe del fascicolo. Approdo di questo percorso fu, infine, il volume Il sessismo nella lingua italiana (Roma 1987), con cui Sabatini mise al centro l'intreccio tra pregiudizi e discriminazioni sociali delle donne e lingua, considerando questa strumento e agente al tempo stesso di pratiche di svalorizzazione e penalizzazione delle donne e della loro posizione sociale.
Soprannominata dalle sue compagne Tazio Nuvolari, mori' in un incidente d'auto a Roma il 12 aprile 1988.
Nell'incidente peri', insieme con lei, Robert Braun, professore di inglese all'Universita' LUISS di Roma, che aveva sposato dopo una relazione ventennale. I funerali laici della coppia vennero celebrati presso la Casa internazionale delle donne, che lo stesso anno le intitolo' il proprio centro di documentazione.
Alla vita di Alma Sabatini e' dedicato il documentario Mi piace vestirmi di rosso (2012) diretto da Laura Valle.
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Fonti e bibliografia: Roma, Universita' degli studi di Roma La Sapienza, Sez. storica studenti, Verbale delle sedute di laurea della facolta' di lettere, vol. 50, a.a. 1943-1945; Archivio della Casa internazionale delle donne, Fondo Alma Sabatini (FAS). Nel fondo sono conservati diari e appunti autografi di Sabatini, curriculum e materiali di lavoro, testi di interventi, relazioni, articoli, volantini; carte personali, fotografie e, naturalmente, ampia documentazione della sua vita politica, una ricca rassegna stampa relativa al suo impegno nella Commissione per la parita' tra uomo e donna, nonche' una raccolta dei necrologi pubblicati dopo la sua morte.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 88 del 29 marzo 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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