[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 87



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 87 del 28 marzo 2023

In questo numero:
1. Maria Kodama
2. "Noi donne" e Tiziana Bartolini ricordano Fortunata Dini
3. Maria Luisa Boccia: Carla Lonzi
4. Angelica Zazzeri: Cristina Trivulzio di Belgiojoso

1. LUTTI. MARIA KODAMA

E' deceduta Maria Kodama, scrittrice e benemerita presidente della "Fundacion Internacional Jorge Luis Borges".
Con gratitudine la ricordiamo.

2. LUTTI. "NOI DONNE" E TIZIANA BARTOLINI RICORDANO FORTUNATA DINI
[Dal sito di "Noi donne" riprendiamo e diffondiamo questo ricordo apparso il 24 marzo 2023 col titolo "Fortunata, l'amica discreta e luminosa"]

Fortunata Dini se n'e' andata, ci manchera' tutto di lei: la profonda umanita' e il dolce sorriso, le competenze e la pacatezza, la gentilezza e la tenacia.
Una brutta malattia, dopo anni, l'ha portata via troppo presto a chi l'amava e la apprezzava. Noi, tra questi, abbiamo accolto la notizia del suo decesso con un dolore immenso.
E' stata una perdita grande, perché tale e' stata per noi, e rimarra' sempre, Fortunata.
Grande nel suo saper essere mite e determinata, forte e lieve.
Capace di una straordinaria grazia dell'anima e allo stesso tempo di concretezza e perfetto senso pratico che dispiegava realizzando progetti complessi e visionari certamente utili per la collettivita'.
Sempre pacata, sempre gentile. Una donna attenta all'ascolto del prossimo, profondamente rispettosa nei confronti di chi voleva impegnarsi per contribuire a migliorare la societa'.
L'abbiamo incontrata anni fa, intrecciando la nostra voglia di fare, con il suo positivo modo di essere e di essere in relazione. Soprattutto con le donne che, come lei, cercano di dare un contributo autenticamente femminile la' dove decidono di lavorare.
Con Fortunata "Noi donne" ha condiviso la fatica e il piacere di un bellissimo percorso sui tanti temi legati alla salute delle donne, valorizzando le "buone pratiche" di cui in tante citta' le donne si fanno carico e sono protagoniste nelle strutture pubbliche. La sua idea, attraverso Donne&Salute, era informare sulla Medicina di Genere e andare oltre, puntando ad una vasta sensibilizzazione sul senso e valore della salute intesa come bene pubblico e a tutto campo. Un'idea alta e lungimirante, portata avanti con sempre rinnovata competenza e immutato entusiasmo. Dopo ogni incontro il suo orgoglio e la sua soddisfazione erano tangibili, contagiosi, rigeneranti.
E' stata una donna positiva, che ha saputo e voluto condividere con chi ha incontrato la capacita' di farsi luce.
Grazie, Fortunata, per aver seminato nel tuo cammino generosita', amicizia, passione, serenita', autenticita', dolcezza, amore.
Conoscerti, e naturalmente volerti bene, e' stato un dono prezioso che ha arricchito le nostre esistenze e le nostre anime.

3. MAESTRE. MARIA LUISA BOCCIA: CARLA LONZI
[Riproponiamo dal Dizionario biografico degli italiani (2015), nel sito www.treccani.it]

Carla Lonzi nacque a Firenze il 6 marzo 1931 da Agostino, artigiano, e Giulia Matteini, diplomata maestra, entrambi orfani. Era la prima figlia, accolta come "la creatura piu' attesa" (Lonzi, 1978, p. 18). Alla nascita di Lidia, seguita in pochi anni da Marta, Vittorio e Alfredo, Carla soffri' immensamente della perdita del privilegio di prima e unica figlia. Reagi' con una precoce ricerca di autonomia, scegliendo, a soli nove anni, il distacco dalla famiglia, andando a studiare al collegio di Badia di Rivoli, dove rimase fino al 1943. Fu un'esperienza formativa che rimase un riferimento significativo per tutta la vita. Nelle vite di sante, in particolare quelle di Therese Martin e Teresa d'Avila, avrebbe trovato rispecchiata quella esperienza. Nell'autunno del 1943 per decisione del padre lascio' il collegio, ma il ritorno a casa fu drammatico dal momento che non si accordava con l'autonomia a cui si era abituata.
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Gli studi, il matrimonio, la scrittura
Conclusi gli studi al liceo Michelangelo, nel 1950 si iscrisse alla facolta' di lettere. Nell'autunno 1952, a causa del riacuirsi del conflitto con la sorella Lidia, si trasferi' a Parigi, ma un'infiammazione polmonare la costrinse ad anticipare il ritorno a Firenze. Alle lezioni di Roberto Longhi conobbe Marisa Volpi, con la quale stabili' un rapporto intellettuale e umano, segnato dal fervore di fare e pensare insieme. Nel 1955 pubblicarono su Paragone un articolo su Ben Shan (n. 69, pp. 38-61). E' il primo scritto di Carla Lonzi sull'arte. Nel 1956 discusse la tesi I rapporti tra la scena e le arti figurative dalla fine dell'Ottocento. Un lavoro, molto apprezzato da Longhi, edito postumo da Olschki (Firenze 1996), avendo Lonzi rifiutato l'offerta di pubblicarlo e dare cosi' inizio alla professione accademica. Preferi' tornare a Roma, dove aveva soggiornato per la ricerca sulla tesi. Qui incontro' Mario Lena, chimico industriale, impegnato nel sindacato e nel Partito comunista (PCI). Dopo una breve convivenza nella capitale, si trasferirono in Toscana, e il 28 novembre 1958 si sposarono a Carrara. Carla era in attesa del figlio Battista che nacque a Viareggio l'8 giugno 1959.
Furono anni di grande isolamento, segnati da inquietudini e preoccupazioni economiche e professionali. Trovo' sostegno nella scrittura, come le era gia' accaduto da bambina. Dal 1958 al 1963 dedico' la maggior parte del suo tempo a scrivere poesie. Per Lonzi la scrittura fu sempre scavo nel vissuto e nell'animo, volto a cogliere "l'autenticita'" dell’io. "[...] all'interno di me una sconosciuta agonizzava. Tendevo l'orecchio per cercare di cogliere nella sua agonia la chiave di una verita' di cui mi accorgevo all'improvviso di essere priva. Mi fidavo solo di lei" (Lonzi, 1978, p. 1109).
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Lonzi critica d'arte: dagli esordi al rifiuto
Nell'autunno del 1959 si trasferi' a Milano, che divenne la sua citta' elettiva. Ma e' a Torino, presso la galleria Notizie che allesti' la prima mostra: La Gibigianna di Pinot Gallizio, nel giugno 1960. Da allora la professione di critica inizio' a rafforzarsi, mentre il matrimonio con Lena si deteriorava. A determinarne la conclusione fu l'incontro con Pietro Consagra nella primavera 1961. Il loro rapporto, destinato a durare, nonostante crisi e conflitti, fino alla morte di Lonzi, si consolido' nel 1964.
Tra il 1962 e il 1967 Lonzi curo' mostre dei piu' importanti artisti italiani e stranieri, principalmente alla galleria Notizie, ma anche a Milano, Firenze, Venezia. Tra le piu' significative la presentazione di Carla Accardi, alla XXXII Biennale di Venezia; le mostre di Jannis Kounellis e di Consagra, rispettivamente nel maggio e nel giugno 1967, alla galleria Ariete di Milano. Lonzi era una firma abituale di L'Approdo letterario, periodico della Rai, e di Marcatre', sulla quale pubblicava i Discorsi, dialoghi con artisti. Sempre in questi anni scrisse la monografia di Henri Rousseau (n. 148), e di George Seurat (n. 178), nella collana "Maestri del colore", dei Fratelli Fabbri Editori.
Nel dicembre 1967 ando' a vivere per sei mesi a Minneapolis con Consagra. Il soggiorno negli Stati Uniti fu dedicato al montaggio dei colloqui con 13 dei maggiori artisti attivi in Italia: Carla Accardi, Getulio Alviani, Enrico Castellani, Consagra, Luciano Fabro, Lucio Fontana, Jannis Kounellis, Mario Nigro, Giulio Paolini, Pino Pascali, Mimmo Rotella, Salvatore Scarpitta, Giulio Turcato, Cy Twombly. Prima di rientrare in Italia Lonzi fu operata a Boston per un tumore alla tiroide.
Autoritratto fu pubblicato da Di Donato nell'autunno 1969. E' il testo piu' importante di Lonzi critica, uno dei piu' belli ed originali sull'arte degli anni Sessanta. L'uso del registratore, all'epoca una assoluta novita', le consenti' di restituire la voce autentica dell'artista, senza il filtro linguistico del critico. L'attenzione alla soggettivita' femminile connota con forza il dialogo tra Lonzi e Accardi nel libro.
Dell'arte le interessava non l'opera, il prodotto, ma il manifestarsi dell'autenticita' dell'artista. E' questo il filo comune al suo lavoro di critica, alla scrittura poetica, al femminismo. Con la presa di coscienza femminista, Lonzi maturo' la convinzione che tra autenticita' e creativita' vi fosse una distinzione. L'affermazione della creativita' di alcuni, tramite un sistema culturale, produce, secondo Lonzi, proiezione e passivizzazione in chi ne fruisce come spettatore, spettatrice. Per questo mettere in discussione il ruolo del critico e' il passaggio necessario per sottrarre l'arte al "mito culturale" nel quale e' imbrigliata, e per permettere alla creativita' di ognuno/a di entrare in rapporto con il nucleo di autenticita' che vi e' nell'esperienza artistica.
Anche se l'ultimo articolo, La critica e' potere, e' del dicembre 1970 (in NAC. Notiziario d'arte contemporanea, n. 3, pp. 5-6), con Autoritratto Lonzi di fatto concluse la sua attività di critica, con un giudizio radicale: "L'atto critico completo e verificabile e' quello che fa parte della creazione artistica" (Lonzi, 1969, p. 3); per questo e' necessario negare il ruolo del critico, in quanto potere ed ideologia sull'arte e sugli artisti.
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L'incontro con il femminismo e la nascita di Rivolta femminile
Nello stesso periodo Lonzi diede forma ad una nuova, intensa, esperienza.
Nella primavera del 1970 si incontro' a Roma, per piu' giorni, con Accardi ed Elvira Banotti, per condividere l'emozione suscitata dall'insorgere del femminismo nel mondo. Ne scaturi' il Manifesto di Rivolta femminile, pubblicato a luglio, che sanciva la nascita dei primi gruppi femministi italiani. Lo scrisse Lonzi, e nello stesso anno scrisse Sputiamo su Hegel, un invito a prendere congedo dalla cultura patriarcale, rivolto innanzitutto alle donne, femministe e militanti politiche, che davano piu' credito alle teorie e alle forme di lotta degli uomini che non all'esperienza e alla storia del proprio sesso.
Per Lonzi il congedo fu una scelta di vita radicale. Interruppe la professione e rifiuto' ogni altra forma di attivita' e di vita pubblica, per dedicarsi interamente ai gruppi di Rivolta femminile, nati in molte citta', alla scrittura e alla cura della collana "Scritti di Rivolta femminile". Il segno di questa scelta fu il rifiuto dell'emancipazione, tratto comune alla generazione femminista degli anni Settanta che in essa vedeva una promessa mancata, perche' non liberava dall'identita' di genere tradizionale e non dava risposte alla ricerca di un differente modo di essere donna, non uomo.
Cio' che distinse Rivolta femminile da altri gruppi che si formarono in quegli anni fu l'estraneita' ai movimenti politici della sinistra. Nessuna di loro apparteneva alla generazione del Sessantotto, che costituiva l'area principale del femminismo e sui rapporti tra movimenti giovanili e femminismo Lonzi si espresse esplicitamente dieci anni dopo, in una lettera a L'Espresso del 5 febbraio 1978: "Si continua a dare per scontato che esista un rapporto diretto tra '68 e femminismo, questo sulla linea di far apparire sempre il femminismo come il reparto-donne di ideologie, rivoluzioni e rivolte degli uomini. [...] Ma il femminismo non e' un movimento giovanile, in particolare Rivolta femminile [...] che e' nata come gruppo nel luglio del '70, all'inizio ha espresso donne dai trenta ai trentacinque anni in avanti che con il ’68 non avevano niente a che vedere. D’altra parte per entrare in uno spirito femminista le giovani hanno dovuto scardinare non poco le parole d'ordine, i modi e i miti sessantotteschi. E' stato malgrado il '68 e non grazie al '68 che hanno potuto farlo" (Lonzi, 1985, p. 50).
Rivolta femminile fu il primo gruppo a praticare il separatismo. "Comunichiamo solo con donne", con questo annuncio si chiude il Manifesto. L'invenzione della pratica dell'autocoscienza, centrata sui rapporti tra donne, sulla presa di parola a partire dal vissuto, sulla costruzione di autonomia, nel privato e nel pubblico e' il contributo essenziale di Lonzi e Rivolta femminile al femminismo contemporaneo. Diversamente da altri gruppi, Rivolta non abbandono' questa pratica in rapporto alle circostanze. Piuttosto l'affino' ed approfondi', ad esempio attraverso la scrittura e la circolazione di testi. Fu anche il primo gruppo a cimentarsi con la necessita' di fare impresa, per garantirsi autonomia economica, creando una casa editrice.
Nella prima meta' degli anni Settanta l'espansione del femminismo si intreccio' con importanti mutamenti: la vittoria del No al referendum sul divorzio, i processi e le manifestazioni sull'aborto, la riforma del diritto di famiglia. Contemporaneamente, la sua espansione produsse un mutamento significativo nel femminismo, rappresentato dal passaggio dalla prolificazione dei gruppi e delle pratiche originali al recupero di modalita' piu' tradizionali della politica: la manifestazione, la rivendicazione della legge, il rapporto con le istituzioni, sia pure conflittuale. Rivolta femminile non si riconobbe nel movimento femminista di massa, anzi prese esplicitamente distanza, nei contenuti come nelle forme politiche.
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Gli scritti sulla sessualita' e l'autocoscienza
Nel luglio 1971 Lonzi scrisse un secondo testo, firmato dal gruppo, Sessualita' femminile e aborto (in Lonzi, 1974, pp. 67-75). Dopo un esplicito rifiuto di richiedere agli uomini di potere, ai legislatori, la decadenza del reato, sanzionata di fatto dagli aborti clandestini, nel testo Lonzi metteva in questione il nesso procreazione-sessualita', costruito dalla cultura patriarcale. "Libera maternita' e libera sessualita' devono trovare i loro significati all'interno della nostra presa di coscienza". In assenza di questo lavoro politico, anche la "libera scelta" di abortire non ha un contenuto liberatorio. (Lonzi, 1974, p. 69).
In La donna clitoridea e la donna vaginale (in Lonzi, 1974, pp. 77-140), a cui stava lavorando quell'estate, Lonzi elaboro', a partire dal suo vissuto, una lettura originale della sessualita' femminile, quella del piacere clitorideo. Nella Premessa esplicita le domande di fondo. "Perche' la donna non ha la risoluzione nell'orgasmo assicurata come l'uomo? Qual e' il suo funzionamento fisico-sessuale? E quello pschico-sessuale? Qual e' infine il suo sesso? Esistono donne clitoridee e donne vaginali. Chi sono? Chi siamo?" (Ivi, p. 9).
Come il Manifesto, questo scritto suscito' discussioni e polemiche, anche nei gruppi di Rivolta femminile. E apri' al confronto sulle differenze tra donne nel femminismo. In Rivolta femminile porto', in particolare, ad un approfondimento sull'autocoscienza (Significato dell'autocoscienza nei gruppi femministi (1972) in Lonzi, 1974, pp. 141-147): l'esigenza di mettere in questione il sistema patriarcale aveva fatto emergere "il senso di se'", il desiderio e la possibilita' di essere soggetto, senza identificarsi nella "Donna", ma senza dover negare la differenza dall'uomo.
In questo passaggio cruciale cambiarono anche i rapporti di Carla Lonzi dentro Rivolta femminile. Dal gennaio al giugno 1973 lascio' il gruppo, nel quale si sentiva troppo investita di un ruolo. Con l'acquisto di Turicchi, un podere nel Chianti, Carla trovo' un luogo che senti' "casa propria", dove trovare anche la "dimora per sempre» (Lonzi, 1978, p. 439).
Nel maggio del 1974 usci', nella collana "libretti verdi", la ristampa dei suoi scritti, inclusi i testi firmati da Rivolta femminile (Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale e altri scritti). L'anno dopo il libro fu tradotto in Argentina (Escupamos sobre Hegel) e in Germania (Die lust Frau zu sein). Nel giugno 1976 Michele Causse dell'Editions des femmes chiese un'intervista a Carla Lonzi sull'esperienza di Rivolta femminile, mostrando come essa fosse considerata un punto di riferimento, non solo in Italia, soprattutto in ragione degli scritti di Lonzi. Nel 1981 usci' l'edizione spagnola di Escupamos sobre Hegel presso Anagrama (Barcellona 1981). Questo riconoscimento all'estero contrasta con quanto avveniva in Italia. Il femminismo faceva notizia, ma l'interesse si fermava agli slogan e l'immagine che ne veniva restituita era quella dei cortei in gonne a fiori e zoccoli. Nei casi migliori era rappresentato come ideologia, volta all'affermazione di un sesso contro l'altro, riconducendolo nello schema della lotta politica centrata sul potere. Come denuncio' Lonzi, questo "conferma, e non mette in crisi cio' che noi vogliamo sovvertire" (in Chianese et al., 1977, p. 104).
Rivolta femminile presto' grande attenzione al discorso pubblico sul femminismo e in piu' occasioni provo' ad interloquire, senza riuscirvi. Nel gennaio 1975 Pier Paolo Pasolini su Il corriere della sera critico' il movimento per non aver affrontato il nodo della sessualita' e la correlazione coito-aborto. Lonzi invio' al giornale lo scritto Sessualita' femminile e aborto, con una lettera a Pasolini. Il giornale non pubblico' e Pasolini non rispose.
L'esigenza di far conoscere il pensiero e l'esperienza femminista porto' ad intensificare l'attivita' della casa editrice. Tra il 1977 e 1979 pubblico' oltre a testi individuali, due volumi di scritti collettivi, E' gia' politica e La presenza dell'uomo nel femminismo; nel 1980 inauguro' la nuova collana "Prototipi" con Vai pure, dialogo tra Lonzi e Consagra sul loro rapporto. Lonzi ne fu non solo autrice, ma anche curatrice editoriale.
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Il personale e' politico: da Diario di una femminista a Vai pure
Taci anzi parla. Diario di una femminista  (Milano 1978) raccoglie in 1300 pagine le annotazioni di fatti, letture, pensieri, emozioni, dal 1972 al 1977, l'arco temporale in cui si svilupparono l'autocoscienza e l'esperienza di Rivolta femminile. La decisione di pubblicarlo fu difficile, per la consapevolezza che "pubblicare un diario e' svelare se stessi al di fuori delle convenzioni e trascinare altri in questa operazione. [...] Da qualche parte bisogna pur cominciare a demolire le false identita' che stanno appiccicate alle donne come un sudario" (in Lonzi, 1985, p. 51). Per Lonzi scrivere e' arricchire l'esistenza di possibilita', e la scrittura di un diario le fu particolarmente congeniale: "e' un libro che ho scritto senza pause come ho vissuto senza pause e che si e' concluso solo quando il periplo attorno alla mia identita' mi e' parso esaurito" (Ivi, p. 53).
Quando usci' il diario il rapporto con Consagra attraversava una crisi profonda, che si acui' quando Consagra le propose di accettare la presenza di un'altra donna nella sua vita, disposta a prendersi cura di lui e del suo studio. Carla non oppose un rifiuto immediato, per affrontare la nuova situazione si affido', come sempre, alla scrittura. Del diario che tenne in quel periodo si conosce solo il titolo, Gelosia. Nella sua situazione vide riproporsi una costante del rapporto uomo donna: l'impossibilita' di andare a fondo, perché l'uomo trova appoggio in un'altra donna.
Per comprenderla inizio' una ricerca storico-letteraria, trovando un antecedente nelle commedie di Moliere. A colpirla in Les femmes savantes fu la messa in ridicolo delle donne intellettuali – les precieuses ridicules – che non si affidano all'uomo per pensare. Questa rappresentazione le risulto' vera ed attuale: "Il mondo delle Precieuses mi interessa e mi riguarda [...] aver espresso pubblicamente il desiderio di rifiutare o ritardare l'amore fisico, quindi una sospensione del gradimento del pene, e dall'aver preteso di giudicare le opere degli autori, quindi una intromissione nel mondo del fallo. Queste sono state due mosse autentiche e strategiche [...]. In fondo i miei scritti teorici toccano gli stessi due punti, con Sputiamo su Hegel e La donna clitoridea e la donna vaginale" (Lonzi, 1992, p. 14).
Nel maggio del 1980 Carla e Pietro si incontrarono per chiarire la loro situazione di coppia. Carla registro' i colloqui, come faceva sempre per le persone a cui teneva. L'intesa si rivelo' impossibile e Carla chiuse l'incontro con l'invito a Pietro: Vai pure. Ai primi di giugno parti' per Parigi, per continuare la sua ricerca sulle preziose. Poi trascorse l'estate a Turicchi. "Per me era proprio una rottura desiderata [...]. Ero veramente felice" (Lonzi, 1981, pp. 18-19). A fine estate su proposta di Consagra il loro rapporto riprese. Per Lonzi tuttavia la separazione non era stata una parentesi, non solo aveva messo a nudo le ragioni, insolute, di un contrasto, ma l'aveva caricata di nuove energie, mettendo fine all'antagonismo con l'uomo. Per questo decise di pubblicare il dialogo, con il consenso di Consagra.
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Epilogo
Poco dopo la pubblicazione del libro cominciarono forti dolori al viso. Non vi presto' molta attenzione, perche' era immersa nel lavoro. Alla ricerca sulle preziose si era infatti aggiunta la richiesta di scrivere un testo per il catalogo della mostra Identite' italienne, prevista al Centre Georges Pompidou di Parigi, a giugno. Lonzi esito' ad accettare, a tornare su un argomento che considerava per lei concluso. Decise di farlo, per il riconoscimento della qualita' del suo lavoro di critica e per riprendere, al presente, la questione di fondo: il processo autentico tra se' e l'opera che connota la creativita'. Nelle righe finali defini' la sua presenza in quel mondo: "una futura coscienza e non una complice negli anni '60 faceva il suo ingresso come critica d'arte nel campo della creativita'" (Lonzi, 1981, p. 31). Ne era uscita, avendo trovato nel femminismo l'espressione della sua creativita'; poteva riprendere parola sull'arte, forte di questo.
Per tutta l'estate la malattia non miglioro', ed in autunno accetto' di sottoporsi ai controlli. Fu operata di cancro al Canton hospital di Zurigo il 15 dicembre 1981. Torno' a Milano nel febbraio, ma non si riprese. A giugno le sue condizioni peggiorarono e venne ricoverata alla clinica Capitanio di Milano.
Mori' il 2 agosto 1982. Il suo corpo e' sepolto nel cimitero di Turicchi.
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Opere
Oltre a quelle citate si segnalano La solitudine del critico, in L'Avanti!, 13 dicembre 1963; C. Lonzi - T. Trini - M. Volpi, Tecniche e materiali, in Marcatre', 1968, n. 37-40, pp. 165-185; Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale e altri scritti, Scritti di Rivolta femminile, Milano 1974; M.G. Chianesi et al, E' gia' politica, Scritti di Rivolta femminile, Milano 1977 (in partic. Intervista di Michelle Causse a Carla Lonzi, pp. 101-109; Itinerario di riflessioni, pp. 13-51); Mito della proposta culturale, in M. Lonzi - A. Jaquinta - C. Lonzi, La presenza dell'uomo nel femminismo, Scritti di Rivolta femminile, Milano 1978, pp. 137-154; Altro che riflusso! Il tifone femminista soffia da secoli, in Quotidiano donna, 30 settembre 1979; Con il problema dell'uomo alle spalle, in Ivi, 15 maggio 1981; Identite' italienne. L'art en Italie depuis 1959, a cura di Germano Celant, Centre Pompidou, Paris 1981, p. 31; Scacco ragionato. Poesie dal '58 al '63, Scritti di Rivolta femminile (postumo 1985); Armande sono io!, Scritti di Rivolta femminile (postumo 1992); I rapporti tra la scena e le arti figurative dalla fine dell'Ottocento, (postumo 1996).
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Fonti e bibliografia
I movimenti femministi in Italia, a cura di R. Spagnoletti, Roma 1971; Femminismo e lotta di classe in Italia (1970-1973), a cura di B. Frabotta, Roma 1975; J. Kristeva, Donne cinesi, Milano 1975; L. Melandri, L'infamia originaria, Milano 1977; La politica del femminismo, a cura di B. Frabotta, Roma 1978; A. Calabro' - L. Grasso, Dal movimento femminista al femminismo diffuso, Milano 1985; M. Lonzi - A. Jaquinta, Biografia, in C. Lonzi, 1985, pp. 9-73; M.L. Boccia, Per una teoria dell'autenticità, in Memoria, 1987, n.19-20, pp. 85-108; Diotima, Il pensiero della differenza sessuale, Milano 1987; Libreria delle donne di Milano, Non credere di avere dei diritti, Torino 1987, pp. 29-35; M. L. Boccia, L'io in rivolta. Vissuto e pensiero di C. L., Milano 1990; Ead., Carla e Pietro, in Tuttestorie, 1996, n. 5, pp. 31-33; M. Bucci, C. L.: un ribaltamento di scena, in C. Lonzi, 1996, pp. V-XX; A. Piccirillo, La presenza di coscienza, in Femminismi a Torino, a cura di P. Zumaglino, Milano 1996; F. Lussana, Le donne e la modernizzazione: il neofemminismo degli anni Settanta, in Storia dell'Italia repubblicana, III, 2, Torino 1997, pp. 471-565; F. Restaino - A. Cavarero, Le filosofie femministe, Torino 1999, pp. 101-110; D. Spadaccini, Scrittura politica e scrittura mistica, in Dwf, 1999, n. 2-3, pp. 56-75; Centro studi e documentazione pensiero femminile, 100 titoli. Guida ragionata al femminismo degli anni Settanta, Ferrara 1998 (in partic. M.L. Boccia, Manifesto, pp. 58-64; E. Baeri, Sputiamo su Hegel, pp. 64-70); Lessico politico delle donne. Teorie del femminismo, a cura di M. Fraire, Milano 2002; A. Bravo - G. Fiume, Genesis, III (2004), n. 1: monografico: Anni Settanta, 2004; Il femminismo degli anni Settanta, a cura di T. Bertilotti - A. Scattigno, Roma 2005; A. Buttarelli, Me stessa non io. C. L. scrive il suo Diario, in Mancarsi. Assenza e rappresentazione del se' nella letteratura del Novecento, a cura di L. Graziano, Verona 2005, pp. 152-162; L. Jamurri, Un "mestiere fasullo": note su Autoritratto di C. L., in Donne d'arte. Storie e generazioni, a cura di M.A. Trasforini, Roma 2006, pp. 113-132; G. Providenti, Passaggi di esperienza. Autenticita' e liberazione in Carla Lonzi, 2006, http://host.uniroma3.it/dipartimenti/filosofia/culturali/simposio.htm (20 giugno 2015); M. Baldini, Le arti figurative all'"Approdo". C. L. un'allieva dissidente di Roberto Longhi, in Italianistica, XXXVIII (2009), 3, pp. 115-130; G. Zanchetti, Premessa e profezia. Crisi della creativita', crisi della critica e relazione secondo C. L., in Anni '70: l'arte dell'impegno, a cura di C. Casero - E. Di Raddo, Milano 2009, pp. 33-48; L. Conti - V. Fiorini - V. Martini, C. L. la duplice radicalita'. Dalla critica militante al femminismo di Rivolta, Pisa 2011; Ti darei un bacio. C. L., il pensiero dell'esperienza, a cura di M. Farneti, Ferrara 2011; Collettivo femminista Benazir, Frammenti di autocoscienza. Il percorso politico sulla sessualita' di un gruppo di giovani femministe, Roma 2012; A. Buttarelli, Sovrane. L'autorita' femminile al governo, Milano 2013, pp. 168-174; M. L. Boccia, Con C. L.. La mia opera e' la mia vita, Roma 2014.

4. MAESTRE. ANGELICA ZAZZERI: CRISTINA TRIVULZIO DI BELGIOJOSO
[Riproponiamo dal Dizionario biografico degli italiani (2020), nel sito www.treccani.it]

Cristina Trivulzio nacque il 28 giugno 1808 a Milano, dal marchese Gerolamo Trivulzio e da Vittoria Gherardini, dama d'onore della viceregina Amalia di Beauharnais.
Quando aveva quattro anni il padre mori' e la madre si sposo' in seconde nozze con il marchese Alessandro Visconti d'Aragona. Da questa seconda unione nacquero Alberto, Teresa, Virginia e Giulia. Cristina ricevette l'istruzione riservata alle giovani aristocratiche e crebbe in un ambiente ricco di idee liberali e nazionalpatriottiche. All'eta' di tredici anni il suo patrigno fu arrestato per il presunto coinvolgimento nei moti del 1820-21, mentre la sua maestra di disegno, Ernesta Bisi, alla quale rimase legata per tutta la vita, era vicina agli ambienti della carboneria. Nel 1824 sposo' il principe Emilio Barbiano di Belgiojoso d'Este, contravvenendo alle resistenze opposte dalla famiglia che avrebbe preferito si unisse al cugino Giorgio Trivulzio. Il matrimonio fu infelice a causa delle continue infedelta' di Emilio e della sua dissipatezza. Gia' nel 1828 i due si separarono consensualmente e Cristina accetto' di estinguere i debiti del marito.
L'evento suscito' scandalo e pettegolezzi e la principessa attraverso' un periodo difficile, dal quale si riprese grazie alla sua passione politica e all'impegno per la causa patriottica.
Nel novembre dello stesso anno ottenne un passaporto per lasciare Milano e inizio' a viaggiare. Si reco' a Genova e si avvicino' alla marchesa Teresa Doria e a Bianca Milesi Moyon, gia' nota alla polizia per le sue attivita' cospirative tra le Giardiniere. Nel 1829 si sposto' tra Livorno, Roma, Napoli, Firenze e Lucca, strinse rapporti con Ortensia di Beauharnais, conobbe il principe Napoleone Luigi Bonaparte e Niccolo' Tommaseo, e frequento' il circolo di Giovan Pietro Vieusseux. I suoi continui spostamenti le assicuravano i contatti con le reti cospirative ed erano formalmente giustificati dalla sua salute cagionevole. Cristina soffriva infatti di periodici attacchi di epilessia, una malattia che la debilito' per tutta la vita e che le richiedeva frequenti visite mediche e cambiamenti di clima. Purtuttavia i suoi viaggi e le sue frequentazioni attirarono ben presto i sospetti e la principessa divenne una delle principali indiziate seguite dal funzionario austriaco Carlo Giusto de Torresani Lanzfeld, direttore della polizia di Milano. Nell'estate del 1830 si reco' a Ginevra, poi a Lugano, una delle mete privilegiate di esuli e patrioti. La polizia le intimo' il rientro a Milano, che riusci' ad aggirare grazie al passaporto e alla cittadinanza della Repubblica liberale del Ticino. Falli' anche un secondo tentativo di arresto, compiuto nel novembre, al suo rientro a Genova. Consapevole dei rischi che ormai correva, decise di riparare in Francia e il 17 novembre fuggi'. Raggiunse Nizza e prosegui' per Carqueiranne, dove conobbe lo storico Augustin Thierry, che divento' uno dei suoi amici piu' fidati. Confrontandosi con lui approfondi' la filosofia di Giambattista Vico e si appassiono' alle teorie di Henri de Saint-Simon.
Allo scoppio dei moti di Modena si trovava a Marsiglia e mise a disposizione le sue risorse per sostenere gli esuli che partivano per andare a combattere. La sua situazione finanziaria si fece sempre piu' grave: il 19 aprile 1831 le autorita' austriache le intimarono con un decreto di rientrare a Milano entro tre mesi, pena la morte civile, la confisca delle proprieta' e il blocco delle fonti di reddito. Decise di non consegnarsi, affitto' invece un'umile mansarda nei sobborghi di Parigi e si reco' da François Mignet, direttore degli archivi del ministero degli Affari esteri, con una lettera di presentazione di Thierry. Mignet la introdusse nella societa' parigina e nel suo entourage, presentandole Adolphe Thiers e il generale di La Fayette, che fu uno dei suoi piu' grandi benefattori.
Nei primi anni a Parigi frequento' il famoso salotto di madame Juliette Recamier, partecipo' con passione alle riunioni dei gruppi sansimoniani, segui' alcune lezioni alla Sorbona e all'Institut de France e lesse i classici della storiografia italiana e francese. Si interesso' anche a questioni di carattere sociale e religioso trovando un valido interlocutore nell'abate Pierre-Louis Coeur, con il quale discusse del complesso rapporto tra Chiesa e potere. Forte delle sue nuove reti, Cristina si impegno' con rinnovato fervore per la causa italiana: fece pressioni per liberare i patrioti imprigionati ad Ancona e sostenne il Comitato di aiuto per gli emigranti italiani presieduto da Charles Lasteyrie du Saillant. Intanto si guadagnava da vivere dipingendo e collaborando con il Constitutionnel alla redazione di articoli che riguardavano le vicende italiane. Il suo tenore di vita miglioro' sensibilmente grazie agli aiuti finanziari ricevuti dalla madre e nel 1835 entro' di nuovo in possesso dei suoi beni. Si trasferi' quindi in una villa in rue d'Anjou, dove apri' un salotto attirando personaggi di primo piano del panorama politico e culturale, come Heinrich Heine, Honore' de Balzac, Frederic Chopin, George Sand, Vincenzo Bellini, Camillo Benso di Cavour, Giuseppe Ferrari, Terenzio Mamiani, Giuseppe Massari, Pellegrino Rossi. La sua singolare vicenda le guadagno' il ruolo di ambasciatrice del movimento nazionale italiano in Francia, anche se una parte degli immigrati italiani non nutriva particolari simpatie nei suoi confronti. In quegli anni non solo Cristina criticava la politica di Giuseppe Mazzini, ma la sua personalita' dirompente e affascinante la pose al centro di numerosi pettegolezzi. Era giovane, era bella, indipendente e aveva molti ammiratori: suscito' cosi' le invidie delle nobildonne e le vennero attribuite numerose avventure sentimentali, anche se l'unico uomo importante in questo periodo della sua vita fu Mignet. Alcuni storici (tra cui Beth Archer Brombert) hanno attribuito proprio a lui la paternita' della sua unica figlia, Maria, nata il 23 dicembre 1838. La principessa affermo' sempre che il padre legittimo era il suo ex marito, ma sappiamo che i due si videro sporadicamente ed Emilio rifiuto' di riconoscere la bambina. Dopo vari e infruttuosi confronti tra i due, la questione fu portata al tribunale di Milano, che nel dicembre del 1860 attribui' la paternita' a Emilio, morto due anni prima di sifilide.
Gli anni Trenta furono intensi anche dal punto di vista intellettuale. A partire dal 1835 lavoro' a un'opera sulla storia della Chiesa, edita nel 1842 con il titolo Essai sur la formation du dogme catholique. Il volume ricostruiva la genesi dei dogmi religiosi, analizzandoli come fatti storici definiti di volta in volta da diatribe interne al cristianesimo. La scelta del soggetto le era stata suggerita da una curiosita' scientifica e dalla riscoperta di uno spiritualismo interiore che la sollecitava a riflettere con distacco critico sulla societa'. Fu questo spirito alla base dell'esperimento socioeconomico che mise in atto nella sua tenuta di Locate, dove fece ritorno nel 1839. Ispirandosi al modello del falansterio fourierista, Cristina rielaboro' in chiave personale le teorie sansimoniane per migliorare le condizioni di vita dei contadini. Costrui' uno scaldatoio pubblico nel suo palazzo, assicuro' assistenza agli ammalati e ipotizzo' nuove forme di gestione della proprieta' basate sull'associazione e sulla cooperazione. Benche' non mancassero le critiche, la fondazione di un asilo infantile, di un ospizio per gli orfani e di scuole elementari le conquistarono i plausi di Ferrante Aporti.
Man mano che le sue idee si concretizzavano, si persuase che il miglioramento sociale e politico fosse imprescindibile dal progresso morale ed economico. La conoscenza di Victor Considerant, segretario di Charles Fourier, rafforzo' queste sue convinzioni, che riaffiorarono anche nell'impegno letterario degli anni seguenti. Nel 1844 pubblico' l'introduzione alla Science nouvelle, traduzione francese dell'opera di Vico, in cui affermo' risolutamente la necessita' di studiare il passato con distacco critico. Condanno' ogni tendenza a mitizzare i modelli dell'antichita' e si dichiaro' favorevole alla repubblica democratica per i principi di trasparenza, partecipazione e inclusione su cui si fondava. Un anno piu' tardi inizio' a lavorare a un libro sulla storia lombarda e intraprese l'attivita' giornalistica. Sostenne finanziariamente il giornale politico parigino la Gazzetta italiana, collaboro' con Il Nazionale e nel 1846 fondo' e diresse personalmente l'Ausonio, una rivista di letteratura, arte e storia che usci' dal primo marzo. Anche se cambio' piu' volte formato e periodicita', il giornale mantenne l'obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica alla causa nazionale italiana, promuovendo il progresso civile e politico, la fratellanza e l'educazione. Tra le firme piu' note la testata vantava quelle di Cesare Balbo, Ruggiero Bonghi, Angelo Brofferio, Gino Capponi, Alessandro Manzoni, Massimo D'Azeglio e Terenzio Mamiani.
Uno dei collaboratori piu' preziosi della principessa fu Gaetano Stelzi, suo segretario personale. Gaetano era figlio di Teresa Regondi e di Gioachino, uno dei contabili della tenuta Trivulzio a Locate. Laureato in legge, molto meticoloso e dotato di un'ottima erudizione, Cristina lo aveva scelto come precettore della figlia Maria. In breve tempo riusci' a conquistarsi la sua fiducia, divenendone confidente e stretto collaboratore, fino ad affiancarla nel lavoro preparatorio per una storia dei municipi lombardi che era interessata a scrivere. Per lei, Gaetano consulto' libri e fonti dalla biblioteca di casa, selezionando con cura il materiale piu' utile. Il suo aiuto si rivelo' cosi' prezioso che da allora Cristina lo volle con se' in ogni impresa giornalistica. Dapprima come collaboratore alla Gazzetta italiana, poi nel comitato direttivo del Nazionale, infine all'Ausonio, dove si occupo' delle mansioni redazionali e segui' ogni fase della stampa. Gaetano era sconosciuto alla polizia e cio' gli assicurava un grande vantaggio, permettendogli di viaggiare indisturbato in tutta la penisola, intessendo contatti e reti, raccogliendo informazioni e guadagnando importanti collaborazioni alle testate della principessa. Grazie alla sua mediazione, Cristina prese contatto con Luciano Scarabelli, Francesco Manfredini, Gioacchino Pompili e Giuseppe Montanelli. Stelzi fu con lei in ogni trasferta: l'ultima volta le fu accanto a Milano, dove mori' di tisi il 16 giugno 1848, mentre ancora non si erano spenti gli echi dei tumultuosi avvenimenti legati allo scoppio delle Cinque giornate. Per espressa volonta' di Cristina la sua salma fu trasportata nella villa Trivulzio di Locate e tumulata in una tomba all'interno del parco. Il ritrovamento casuale del corpo da parte dalle autorita' austriache, unito al fatto che per un disguido il decesso di Gaetano non era stato immediatamente registrato, alimento' fantasiose leggende su cadaveri imbalsamati e presunti amori segreti.
Il 1848 fu un anno importante per il movimento nazionalpatriottico, e la vide attivissima nei principali teatri di guerra. Gia' dalla primavera del 1846 Cristina aveva ripreso a spostarsi tra Parigi e Milano. Tocco' anche Firenze e Roma, dove tenne comizi presso club e caffe'. Risale ad allora un suo studio sulla Lombardia intitolato Etude sur l'histoire de la Lombardie dans les trente dernieres annees ou les causes du defaut d'energie chez les Lombards (1846) e l'incontro con Luigi Napoleone e Carlo Alberto, che sperava di convertire alla causa italiana. Alla notizia dello scoppio dell'insurrezione delle Cinque giornate si trovava a Napoli. Noleggio' un piroscafo e parti' per Genova alla volta di Milano, imbarcando sul Virgilio duecento volontari pronti a schierarsi a fianco degli insorti. Nel maggio, in una Milano solo temporaneamente liberata dagli austriaci, fondo' la Societa' dell'Unita' d'Italia, che raccoglieva sottoscrizioni per equipaggiare i soldati.
Gli avvenimenti di quei mesi furono descritti e commentati sulle pagine del Crociato, la sua nuova testata, nata come supplemento dell'Ausonio e pubblicata per quattro mesi a partire dal 18 marzo. L'orientamento del giornale rispecchiava quello della sua fondatrice: era monarchico e attribuiva a Casa Savoia il ruolo di guida dell'Unita'. Le posizioni politiche di Cristina erano in quel tempo piuttosto complesse: sebbene continuasse a identificare nella repubblica la perfetta forma di governo, riteneva che la monarchia e l'esercito sabaudo fossero lo strumento migliore per conquistare l'indipendenza. Animata da queste convinzioni, il 13 aprile scrisse una lettera a Carlo Alberto in cui chiese l'appoggio per creare un partito che avrebbe riunito la classe media sotto la bandiera dell'unificazione della Lombardia con il Piemonte. I suoi progetti furono pero' travolti dal precipitare degli eventi e ai primi di agosto rientro' a Parigi, dove accetto' di collaborare con la Revue des deux mondes, curando una serie di quattro articoli sulla storia delle rivoluzioni d'Italia per confutare le falsita' della stampa filoaustriaca. Proprio gli eventi del 1848 la convinsero a prendere le distanze da Casa Savoia e ad avvicinarsi alle posizioni democratiche e mazziniane. Un anno piu' tardi la troviamo a fianco di Mazzini nella Repubblica Romana, dove si adopero' per soccorrere i feriti. Lavoro' con Enrichetta di Lorenzo, Giulia Paulucci, padre Alessandro Gavazzi e Margaret Fuller e fu nominata direttrice generale delle ambulanze militari. La situazione era cosi' critica che l'intero comitato sottoscrisse un appello Alle donne romane per reclutare nuove infermiere.
Con la caduta della Repubblica, Cristina fu accusata di alto tradimento e i suoi beni vennero sequestrati. Abbandonata Roma si diresse a Malta, meta comune a molti esuli, ma trovo' l'isola inospitale e poco vivace. Decise quindi di proseguire il suo viaggio prima in direzione di Atene, attratta dal luogo e dalla storia della citta', e poi verso Costantinopoli, dove sperava di avere una maggiore liberta' d'azione per dare sostegno agli esuli italiani. In Asia Minore acquisto' alcuni terreni nella valle di Ciaq Maq Oglu' e organizzo' un'azienda agricola. Visito' la Siria e la Palestina, raggiunse Gerusalemme, Alessandretta, Ankara, Damasco e Aleppo. In quei viaggi fu colpita soprattutto dalle condizioni di vita delle donne e dall'harem, che descrisse come un luogo sporco e opprimente, molto diverso dal rifugio lussurioso immaginato dagli occidentali. Questi aspetti riemersero in alcuni racconti poi pubblicati sulla Revue des deux mondes e nelle opere ispirate al suo esilio Souvenirs dans l'exil (1850) e Asie Mineure et Syrie, souvenirs de voyage (1858). Intanto Cristina coltivava ancora la sua passione per la storia scrivendo un'opera sull'epoca romana rivolta ai bambini, Premieres notions d'histoire a' l'usage de l'enfance. Histoire romaine (1850).
Nell'estate del 1853 un incidente segno' gravemente la sua salute: uno dei suoi lavoratori la accoltello' ripetutamente per essersi intromessa nel suo legame d'amore con l'istitutrice di Maria, miss Parker, che lamentava continue violenze da parte dell'uomo. Due anni dopo Cristina rientro' in possesso dei suoi beni in Europa dietro condizione di non pubblicare alcuno scritto di interesse politico e lascio' l'Oriente. Fece quindi ritorno a Parigi, poi fu di nuovo a Locate. Allo scoppio della seconda guerra di indipendenza promosse in Francia una colletta a favore dei Cacciatori delle Alpi di Giuseppe Garibaldi e appoggio' Cavour.
Per lei si aprirono altri anni intensi, segnati da coinvolgenti vicende personali, come il matrimonio della figlia Maria con Ludovico Trotti Bentivoglio, nel gennaio del 1861, e da una rinnovata passione politica. La sua adesione al fronte moderato fu ribadita con alcuni articoli che pubblico' sul periodico francese l'Italie e con un'opera encomiastica dedicata a Casa Savoia, l'Histoire de la Maison de Savoie (1860). Inizio' cosi' una nuova fase del suo impegno letterario, sociale e politico. Nel 1866 denuncio' lo stato di soggezione delle donne nelle societa' moderne con un lungo articolo intitolato Della presente condizione delle donne e del loro avvenire apparso sulla Nuova Antologia. Due anni dopo pubblico' Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire, in cui condanno' il localismo come il principale ostacolo alla realizzazione dell'Unita'. Riconobbe quindi a Mazzini il merito di aver diffuso il patriottismo tra il popolo e infine avanzo' una serie di proposte per migliorare il neonato Stato unitario, come la costruzione di scuole popolari statali, di cooperative, di ferrovie e strade, di banche popolari e casse rurali. Nel 1869 con l'opera Sulla moderna politica internazionale auspico' l'avvento di un nuovo panorama mondiale fondato sul diritto, sulla giustizia e sull'equilibrio tra gli Stati.
Il 5 luglio 1871 Cristina mori'. La sua salma fu sepolta a Locate.
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Opere
Oltre a quelle gia' citate nella voce: Essai sur Vico, chez Charle Turati, Milano 1844; La science nouvelle, Vico et ses oeuvres, traduite par M.me C. Belgiojoso, Milano 1844; Ai suoi concittadini. Parole di Cristina Trivulzio di Belgiojoso, Milano 1848; L'Italia e la rivoluzione italiana nel 1848, Lugano 1849; La rivoluzione e la repubblica di Venezia, Palermo 1849; La rivoluzione italiana del 1848, a cura di A. Ghisleri, Milano 1904; La rivoluzione lombarda del 1848, a cura di A. Bandini Buti, Milano 1950.
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Fonti e bibliografia
R. Barbiera, La principessa Belgiojoso, i suoi amici e nemici, il suo tempo. Da memorie mondane inedite o rare e da archivi segreti di Stato, Milano 1902; Id., Passioni del Risorgimento. Nuove pagine sulla principessa Belgiojoso e il suo tempo con documenti inediti e illustrazioni, Milano 1903; H. Remsen Whitehouse, A revolutionary princess: Christina Belgiojoso Trivulzio. Her life and times, 1808-1871, London 1906; A. Thierry, La princesse Belgiojoso. Une heroine romantique, Paris 1926; A. Gasparinetti, Quattro anni di attivita' giornalistica della principessa C. T. di Belgiojoso (1845-48), in Rassegna storica del Risorgimento, XVII (1930), 1, pp. 72-104; A. Malvezzi, La principessa Cristina di Belgiojoso, I-III, Milano 1936-1937; L. Severgnini, La principessa di Belgiojoso. Vita ed opere, Milano 1972; C. N. Gattey, Cristina di Belgiojoso, Firenze 1974; B. A. Brombert, Cristina Belgiojoso, Milano 1981; E. Cazzulani, Cristina di Belgioioso, Lodi 1982; L. Incisa - A. Trivulzio, Cristina di Belgioioso. La principessa romantica, Milano 1984; A. Petacco, La principessa del nord. La misteriosa vita della dama del Risorgimento: Cristina di Belgioioso, Milano 1993; M. Grosso - L. Rotondo, Sempre tornero' a prendere cura del mio paese e a rivedere te. C. T. di Belgiojoso, in E. Doni et al., Donne del Risorgimento, Bologna 1997, pp. 65-94; C. Marrone, C. T. di Belgiojoso's western feminism. The Poetics of a Nineteenth-Century Nomad, in Italian Quarterly, XXXIV (1997), 133-134, pp. 21-32; M. Rossi, C. T. principessa di Belgiojoso. Il pensiero politico, Brescia 2002; P. Brunello, C. T. di Belgiojoso. Patrizia, patriota, donna, in M. Isnenghi - E. Cecchinato, Fare l'Italia: unita' e disunita' nel Risorgimento, Torino, 2008, pp. 281-287; G. Conti Odorisio - C. Giorcelli - G. Monsagrati, Cristina di Belgiojoso. Politica e cultura nell'Europa dell'Ottocento, Napoli 2010; M. Fugazza - K. Roerig, La prima donna d'Italia. C. T. di Belgiojoso tra politica e giornalismo, Milano 2010; G. Proia, Cristina di Belgiojoso. Dal salotto alla politica, Roma 2010; K. Roerig, C. T. di Belgiojoso (1808- 1871). Geschichtsschreibung und Politik im Risorgimento, Koeln 2013; F. Caporuscio, La narrazione dell'Oriente e la svolta letteraria di C. T. Belgiojoso: il testo-laboratorio dei "Souvenir dans l'exil", in Altrelettere, 18 marzo 2015.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 87 del 28 marzo 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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