[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 76



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 76 del 17 marzo 2023

In questo numero:
1. Il nostro programma
2. Un appello di donne: Addio alle armi. Nel mondo con uno sguardo femminile amorevole e irriducibile
3. Una lettera per la liberazione di Leonard Peltier
4. Alcuni riferimenti utili
5. Maria Grazia Giannichedda: Franca Ongaro Basaglia

1. L'ORA. IL NOSTRO PROGRAMMA

La testimonianza di Rosa Luxemburg.
Le tre ghinee di Virginia Woolf.
La testimonianza di Simone Weil.
La vita activa di Hannah Arendt.
La testimonianza di Wangari Maathai.
Il bene comune della Terra di Vandana Shiva.
La testimonianza di Luce Fabbri.
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Abolire tutte le guerre e tutti i fascismi.
Salvare tutte le vite.
Condividere fra tutte e tutti tutto il bene e tutti i beni.
Con volto e con voce di donna la nonviolenza e' in cammino.
Donna, vita, liberta'.

2. REPETITA IUVANT. UN APPELLO DI DONNE: ADDIO ALLE ARMI. NEL MONDO CON UNO SGUARDO FEMMINILE AMOREVOLE E IRRIDUCIBILE
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo e diffondiamo il seguente appello del 2 febbraio 2023]

Per un otto marzo memorabile facciamo parlare la lingua-ragione, la lingua madre, fonte della vita, contro le non-ragioni di tutte le guerre. Da anni scriviamo e ripetiamo che gli uomini "non sanno confliggere e fanno la guerra". Assistiamo in Ucraina a una guerra sanguinosa e temeraria. A farla non e' piu' il patriarcato come l'hanno conosciuto le nostre madri e le nostre nonne. Il mondo e' cambiato, grazie alle donne, ma non abbastanza: oggi il patriarcato non c'e' piu', ma gli e' subentrata la fratria, fatta di confraternite maschili che possono includere anche sorelle. La fratria fa la guerra e non ascolta la lingua-ragione, e popoli che parlano la stessa lingua si scannano col contributo delle armi di tutti i governi aderenti alla Nato. Diciamo basta all'invio di armi di qualsiasi tipo. Basta alla guerra per procura. Basta alla devastazione dell'Ucraina. Basta col nichilismo distruttivo che prende a bersaglio i corpi delle donne e dei loro figli in tutto il mondo. Basta coi vecchi potenti che mandano al macello giovani vite, in nome dell'identita', della "democrazia" e della sicurezza dei confini.
Noi non staremo nel coro degli uomini incolti e delle donne che li seguono e li imitano. E' tempo di dire addio alle armi, a tutte le armi e a tutte le guerre. In tempo di autentica pace si confligge con le armi della parola e l'intelligenza d'amore. E' tempo di gridare il nostro desiderio di vita e liberta'.
Liberta' dalla guerra, si', ma non solo: anche in luoghi apparentemente in pace, la fratria nella sua ricerca di nuovi orizzonti di profitto e nel suo disprezzo per la fonte della vita vuole cancellare tutte le differenze e rendere il mondo un deserto asessuato di surrogati e robot che sostituiscano la ricchezza delle relazioni di corpi sessuati. Noi che amiamo la vita diciamo no alla mercificazione dei corpi con le piu' sofisticate tecnologie. Poniamo fine alla pulsione mortifera dell'ultraliberismo.
Ci piace ricordare le parole che Rosa Luxemburg scrisse in una lettera dal carcere nel 1918:
C'e' ancora molto da vivere e tanto di grande da affrontare. Stiamo assistendo all'affondare del vecchio mondo, ogni giorno ne scompare un pezzo. E' un crollo gigantesco, e molti non se ne accorgono, pensano di essere ancora sulla terraferma.
Facciamo in modo che dal crollo del vecchio mondo, retto dai paradigmi della forza, del dominio, della violenza, nasca una nuova convivenza che abbia a fondamento l'attenzione, la cura, l'amore del vivente.
Diamo vita in questo 8 marzo 2023 a iniziative che vadano in questa direzione.
A Milano ne discutiamo sabato 11 marzo alle 11,00 in un'assemblea pubblica di donne alla Casa Rossa, v. Monte Lungo 2 (MM1 Turro).
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Per contatti: addioallearmi2023 at gmail.com
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Laura Minguzzi, Silvia Baratella, Cristina Gramolini, Stella Zaltieri Pirola, Lucia Giansiracusa, Daniela Dioguardi, Roberta Trucco, Daniela Danna, Paola Mammani, Flavia Franceschini, Marilena Zirotti, Danila Giardina, Rosi Castellese, Mariella Pasinati, Anna La Mattina, Agata Schiera, Fausta Ferruzza, Virginia Dessy, Daniela Musumeci, Anna De Filippi, Stefania Macaluso, Mimma Glorioso, Eliana Romano, Bice Grillo, Ida La Porta, Francesca Traina, Anna Marrone, Mimma Grillo, Luciana Tavernini, Pina Mandolfo, Nunziatina Spatafora, Maria Castiglioni, Giovanna Minardi, Rita Calabrese, Concetta Pizzurro, Giovanna Camertoni, Roberta Vannucci, Adele Longo, Katia Ricci, Anna Potito, Rosy Daniello, Isa Solimando, Franca Fortunato, Nadia Schavecher

3. REPETITA IUVANT. UNA LETTERA PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER

Di seguito una proposta di testo della lettera da inviare al Presidente degli Stati Uniti d'America recante la richiesta della grazia presidenziale per Leonard Peltier, e le istruzioni per inviarla attraverso il sito della Casa Bianca.
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: copiare e incollare il messaggio seguente:
Mr. President,
Although I reside far from your country, I am aware of the injustice that has persisted for 47 years against Leonard Peltier, who was denied a review of his trial even after exculpatory evidence emerged for the events of June 26, 1975 on the Pine Ridge (SD) reservation where two federal agents and a Native American lost their lives.
I therefore appeal to your supreme authority to pardon this man, now elderly and ill, after nearly half a century of imprisonment.
I thank you in advance for your positive decision, with best regards.
Traduzione italiana del testo che precede:
Signor Presidente,
sebbene io risieda lontano dal Suo Paese, sono consapevole dell'ingiustizia che persiste da 47 anni nei confronti di Leonard Peltier, al quale e' stata negata la revisione del processo anche dopo che sono emerse prove a discarico per gli eventi del 26 giugno 1975 nella riserva di Pine Ridge (South Dakota) in cui persero la vita due agenti federali e un nativo americano.
Mi appello quindi alla Sua suprema autorita' affinche' conceda la grazia a questo uomo, ormai anziano e malato, dopo quasi mezzo secolo di detenzione.
La ringrazio fin d'ora per la Sua decisione positiva, con i migliori saluti.
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Allegati:
1. una minima notizia biografica su Leonard Peltier;
2. una minima notizia bibliografica su Leonard Peltier.
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1. una minima notizia biografica su Leonard Peltier
Leonard Peltier nasce a Grand Forks, nel North Dakota, il 12 settembre 1944.
Nell'infanzia, nell'adolescenza e nella prima giovinezza subisce pressoche' tutte le vessazioni, tutte le umiliazioni, tutti i traumi e l'emarginazione che il potere razzista bianco infligge ai nativi americani. Nella sua autobiografia questo processo di brutale alienazione ed inferiorizzazione e' descritto in pagine profonde e commoventi.
Nei primi anni Settanta incontra l'American Indian Movement (Aim), fondato nel 1968 proprio per difendere i diritti e restituire coscienza della propria dignita' ai nativi americani; e con l'impegno nell'Aim riscopre l'orgoglio di essere indiano - la propria identita', il valore della propria cultura, e quindi la lotta per la riconquista dei diritti del proprio popolo e di tutti i popoli oppressi.
Partecipa nel 1972 al "Sentiero dei trattati infranti", la carovana di migliaia di indiani che attraversa gli Stati Uniti e si conclude a Washington con la presentazione delle rivendicazioni contenute nel documento detto dei "Venti punti" che il governo Nixon non degna di considerazione, e con l'occupazione del Bureau of Indian Affairs.
Dopo l'occupazione nel 1973 da parte dell'Aim di Wounded Knee (il luogo del massacro del 1890 assurto a simbolo della memoria del genocidio delle popolazioni native commesso dal potere razzista e colonialista bianco)  nella riserva di Pine Ridge - in cui Wounded Knee si trova - si scatena la repressione: i nativi tradizionalisti ed i militanti dell'Aim unitisi a loro nel rivendicare l'identita', la dignita' e i diritti degli indiani, vengono perseguitati e massacrati dagli squadroni della morte del corrotto presidente del consiglio tribale Dick Wilson: uno stillicidio di assassinii in cui i sicari della polizia privata di Wilson (i famigerati "Goons") sono favoreggiati dall'Fbi che ha deciso di perseguitare l'Aim ed eliminarne i militanti con qualunque mezzo.
Nel 1975 per difendersi dalle continue aggressioni dei Goons di Wilson, alcuni residenti tradizionalisti chiedono l'aiuto dell'Aim, un cui gruppo di militanti viene ospitato nel ranch della famiglia Jumping Bull in cui organizza un campo di spiritualita'.
Proprio in quel lasso di tempo Dick Wilson sta anche trattando in segreto la cessione di una consistente parte del territorio della riserva alle compagnie minerarie.
Il 26 giugno 1975 avviene l'"incidente a Oglala", ovvero la sparatoria scatenata dall'Fbi che si conclude con la morte di due agenti dell'Fbi, Jack Coler e Ronald Williams, e di un giovane militante dell'Aim, Joe Stuntz, e la successiva fuga dei militanti dell'Aim superstiti guidati da Leonard Peltier che riescono ad eludere l'accerchiamento da parte dell'Fbi e degli squadroni della morte di Wilson.
Mentre nessuna inchiesta viene aperta sulla morte della giovane vittima indiana della sparatoria, cosi' come nessuna adeguata inchiesta era stata aperta sulle morti degli altri nativi assassinati nei mesi e negli anni precedenti da parte dei Goons, l'Fbi scatena una vasta e accanita caccia all'uomo per vendicare la morte dei suoi due agenti: in un primo momento vengono imputati dell'uccisione dei due agenti quattro persone: Jimmy Eagle, Dino Butler, Leonard Peltier e Bob Robideau.
Dino Butler e Bob Robideau vengono arrestati non molto tempo dopo, processati a Rapid City ed assolti perche' viene loro riconosciuta la legittima difesa.
A quel punto l'Fbi decide di rinunciare a perseguire Jimmy Eagle e di concentrare le accuse su Leonard Peltier, che nel frattempo e' riuscito a riparare in Canada; li' viene arrestato ed estradato negli Usa sulla base di due affidavit di una "testimone" che lo accusano menzogneramente del duplice omicidio; la cosiddetta "testimone" successivamente rivelera' di essere stata costretta dall'Fbi a dichiarare e sottoscrivere quelle flagranti falsita'.
Peltier viene processato non a Rapid City come i suoi compagni gia' assolti per legittima difesa ma a Fargo, da una giuria di soli bianchi, in un contesto razzista fomentato dall'Fbi.
Viene condannato a due ergastoli nonostante sia ormai evidente che le testimonianze contro di lui erano false, estorte ai testimoni dall'Fbi con gravi minacce, e nonostante che le cosiddette prove contro di lui fossero altrettanto false.
Successivamente infatti, grazie al Freedom of Information Act, fu possibile accedere a documenti che l'Fbi aveva tenuto nascosti e scoprire che non era affatto il cosiddetto "fucile di Peltier" ad aver ucciso i due agenti.
In carcere, si organizza un tentativo di ucciderlo, che viene sventato in modo rocambolesco; ma anche se riesce a salvarsi la vita Leonard Peltier viene sottoposto a un regime particolarmente vessatorio e le sue condizioni di salute ben presto si aggravano.
Tuttavia anche dal carcere, anche in condizioni di particolare durezza, Leonard Peltier riesce a svolgere un'intensa attivita' di testimonianza, di sensibilizzazione, di militanza, finanche di beneficenza; un'attivita' non solo di riflessione e d'impegno morale, sociale e politico, ma anche artistica e letteraria; nel corso degli anni diventa sempre piu' un punto di riferimento in tutto il mondo, come lo fu Nelson Mandela negli anni di prigionia nelle carceri del regime dell'apartheid.
La sua liberazione viene chiesta da illustri personalita', ma e' costantemente negata da parte di chi ha il potere di concederla. Analogamente la richiesta di un nuovo pronunciamento giudiziario e' sempre respinta, cosi' come gli vengono negate tutte le altre guarentigie riconosciute a tutti i detenuti.
Nel 1983 e poi in seconda edizione nel 1991 viene pubblicato il libro di Peter Matthiessen che fa piena luce sulla persecuzione subita da Leonard Peltier.
Nel 1999 viene pubblicata l'autobiografia di Leonard Peltier (presto tradotta anche in francese, italiano, spagnolo e tedesco).
Ma nei primi anni Duemila il processo per la tragica morte di un'altra militante del'Aim, Anna Mae Aquash, viene strumentalizzato dall'Fbi per orchestrare una nuova squallida e grottesca campagna diffamatoria e persecutoria nei confronti di Leonard Peltier. E nel 2009 un agente speciale che aveva avuto un ruolo fondamentale nella "guerra sporca" dell'Fbi contro l'Aim, Joseph Trimbach, da' alle stampe un libro che e' una vera e propria "summa" delle accuse contro Leonard Peltier.
Tuttavia e' ormai chiarissimo che Peltier e' innocente, e la prova definitiva dell'innocenza la da' proprio il libro di Trimbach: in quest'opera il cui scopo dichiarato e' dimostrare che l'Aim e' nient'altro che un'organizzazione criminale e terroristica, e che Leonard Peltier e' nient'altro che un efferato assassino, l'autore non solo non presenta alcuna vera prova contro Peltier, ma di fatto conferma cosi' che prove contro Peltier non ci sono.
Ma gli anni continuano a passare e la solidarieta' con Leonard Peltier non riesce ad ottenerne la liberazione. Occlusa proditoriamente la via giudiziaria, resta solo la grazia presidenziale, ma quando alcuni presidenti statunitensi lasciano intendere di essere disposti a prendere in considerazione un atto di clemenza che restituirebbe la liberta' a Leonard Peltier la reazione dell'Fbi e' minacciosa. Clinton prima e Obama poi rinunciano. Pavidita' dinanzi alla capacita' di intimidazione anche nei confronti della Casa bianca da parte dell'Fbi?
E giungiamo ad oggi: Leonard Peltier, che e' gia' affetto da gravi patologie, alcuni mesi fa e' stato anche malato di covid: nuovamente chiediamo al presidente degli Stati Uniti che sia liberato e riceva cure adeguate. Non muoia in carcere un uomo innocente, non muoia in carcere un eroico lottatore per i diritti umani di tutti gli esseri umani e per la difesa del mondo vivente.
Leonard Peltier deve essere liberato non solo perche' e' anziano e malato, ma perche' e' innocente.
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2. una minima notizia bibliografica su Leonard Peltier
- Edda Scozza, Il coraggio d'essere indiano. Leonard Peltier prigioniero degli Stati Uniti, Erre Emme, Pomezia (Roma) 1996 (ora Roberto Massari Editore, Bolsena Vt).
- Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 e successive ristampe; in edizione italiana: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, Milano 1994.
- Leonard Peltier (con la collaborazione di Harvey Arden), Prison writings. My life is my sun dance, St. Martin's Griffin, New York 1999; in edizione italiana: Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, Roma 2005.
- Jim Messerschmidt, The Trial of Leonard Peltier, South End Press, Cambridge, MA, 1983, 1989, 2002 (disponibile in edizione digitale nel sito dell'"International Leonard Peltier Defense Committee": www.whoisleonardpeltier.info)-
- Bruce E. Johansen, Encyclopedia of the American Indian Movement, Greenwood, Santa Barbara - Denver - Oxford, 2013 e piu' volte ristampata.
- Ward Churchill e Jim Vander Wall, Agents of Repression: The FBI's Secret Wars Against the Black Panther Party and the American Indian Movement, South End Press, Boulder, Colorado, 1988, 2002, Black Classic Press, Baltimore 2022.
- Ward Churchill e Jim Vander Wall, The COINTELPRO Papers: Documents from the FBI's Secret Wars Against Dissent in the United States, South End Press, Boulder, Colorado, 1990, 2002, Black Classic Press, Baltimore 2022.
- Joseph H. Trimbach e John M. Trimbach, American Indian Mafia. An FBI Agent's True Story About Wounded Knee, Leonard Peltier, and the American Indian Movement (AIM), Outskirts Press, Denver 2009.
- Roxanne Dunbar-Ortiz, An Indigenous Peoples' History of the United States, Beacon Press, Boston 2014.
- Dick Bancroft e Laura Waterman Wittstock, We Are Still Here. A photographic history of the American Indian Movement, Minnesota Historical Society Press, 2013.
- Michael Koch e Michael Schiffmann, Ein leben fur Freiheit. Leonard Peltier und der indianische Widerstand, TraumFaenger Verlag, Hohenthann 2016.

4. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

5. MAESTRE. MARIA GRAZIA GIANNICHEDDA: FRANCA ONGARO BASAGLIA
[Riproponiamo dal Dizionario biografico degli italiani (2016), nel sito www.treccani.it]

Franca Ongaro Basaglia nacque a Venezia il 5 settembre 1928, seconda di quattro figli: Alberto, il maggiore, Cecilia e Luisa. La madre, Carolina Trevisan, faceva la casalinga, il padre Agostino, che lavorava a Murano nell'amministrazione delle fabbriche di perle di vetro, mori' nel 1945, quando Franca faceva l'ultimo anno al liceo classico Foscarini. Dovette, dunque, rinunciare all'universita' e ando' a lavorare come segretaria in una societa' di impianti elettrici, la Sade. Sempre in quell'anno, Franca Ongaro conobbe Franco Basaglia, che aveva 21 anni, studiava medicina a Padova ed era diventato amico di suo fratello Alberto nei mesi passati in carcere, accusati entrambi di attivita' antifascista.
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Alla radice
Franca Ongaro e Franco Basaglia si sposarono nel 1953 e nel giro di pochi anni ebbero due figli, Enrico nel 1954 e l'anno successivo Alberta. Vivevano tra Venezia e Padova: Basaglia lavorava come assistente nella clinica neuropsichiatrica dell'universita' di Padova, Franca si occupava dei figli, coltivava la passione per la letteratura e seguiva il percorso di suo marito nella filosofia e nella psichiatria fenomenologica. Erano interessi non facili da coltivare in una clinica il cui cattedratico, Giovanni Battista Belloni, seguiva l'organicismo dominante nella psichiatria italiana dell'epoca. Erano anche interessi inusuali, condivisi con gli amici piu' vicini: il regalo dei testimoni di nozze Hrayr e Giuliana Terzian erano state le opere complete di Jean-Paul Sartre in francese. L'immagine di Franca Ongaro e Franco Basaglia in quegli anni era quella di una giovane coppia borghese che cercava di andare oltre le regole – si erano sposati in chiesa, ad esempio, ma non avevano battezzato i figli, con grande disappunto della madre di Franca – e oltre i ruoli codificati: Ongaro scrisse piu' tardi pagine molto acute sulle difficolta' del rapporto privato uomo-donna in quella fase di mutamenti sociali ancora sottotraccia, e sul rischio, per la donna, di ritrovarsi "relegata a preparare il latte caldo ai rivoluzionari" (Confessione sbagliata, 1968, in F. Ongaro, Una voce. Riflessioni sulla donna, Milano 1982, p. 133). Intanto scriveva racconti per bambini, alcuni pubblicati dal Corriere dei Piccoli a cui collaboravano suo fratello Alberto, giornalista e piu' tardi scrittore, e l'amico Hugo Pratt. Per il Corriere Franca scrisse anche una riduzione del romanzo di Louisa May Alcott Piccole donne e i testi di Le avventure di Ulisse, una versione dell'Odissea disegnata da Hugo Pratt, che usci' a puntate tra il 1963 e il 1964, quando la vita e gli interessi di Franca Ongaro erano ormai profondamente cambiati. Nel 1961, infatti, era entrata anche lei, per la prima volta, in un ospedale psichiatrico poiche' Franco Basaglia era diventato direttore di quello di Gorizia. L'impatto con quel luogo rappresento' per entrambi un punto di non ritorno. Basaglia ricordo' molte volte come per lui era stato forte, reale, nei primi mesi a Gorizia, l'impulso di andare via, con il solo sostegno di sua moglie, che maturava e condivideva con lui la scelta di restare e di accettare la sfida rappresentata dal manicomio.
Ongaro si impegno' da subito, come volontaria, nel lavoro di trasformazione: lavorava nei reparti e partecipava alle assemblee generali diventando in breve parte integrante dell'equipe che si allargava, comincio' a studiare sociologia, miglioro' il suo inglese e ando' per alcune settimane a Digleton, in Scozia, nell'ospedale psichiatrico diretto da Maxwell Jones, che conduceva il primo esperimento di gestione di un intero ospedale in forma di comunita' terapeutica. Anche la vita familiare si trasformo', continuamente attraversata dalle discussioni sul lavoro in manicomio, dalle persone che arrivavano a Gorizia e ne restavano colpite, dagli stessi ricoverati con cui anche i bambini avevano a che fare. Dal 1961 al 1968 Ongaro partecipo' al lavoro in ospedale psichiatrico mentre studiava e scriveva, ma quando Basaglia si dimise da Gorizia, lei non lo segui' a Parma e a Trieste. Dal 1969 rimase a vivere nella casa di Venezia con i figli adolescenti e da quel momento fece soprattutto lavoro di studio e di scrittura. Il rapporto coniugale si era fatto piu' teso, difficile: Ongaro vi accenno' in un testo, Congedo (in Una voce, cit., pp. 147-149 ), scritto subito dopo la morte di suo marito. Tuttavia, resto' sempre molto forte, sostanziale tra i due la condivisione di idee, ricerche, progetti politico-culturali. Negli anni Settanta, nella casa di Venezia dove Basaglia tornava quasi ogni fine settimana presero corpo molte iniziative a cui Ongaro partecipo' da protagonista: fu tra i fondatori dell'associazione Psichiatria Democratica e del Reseau internazionale di psichiatria alternativa, collaboro' all'impostazione del programma Epidemiologia e prevenzione delle malattie mentali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), diresse tra il 1972 e il 1977 il Centro internazionale di studi e ricerche Critica delle istituzioni che ebbe sede a Venezia e realizzo' il volume collettivo Crimini di pace (a cura di F. Basaglia - F. Ongaro, Torino 1973). I numerosi scritti di quegli anni a doppia firma nacquero mentre si sviluppavano queste e altre iniziative e cresceva a Trieste il lavoro di "de-istituzionalizzazione", per usare un concetto dell'epoca. Tutto questo alimentava le lunghe discussioni tra loro, nelle quali venivano coinvolti anche i collaboratori. Quando si era formata una massa critica di idee e argomenti, Ongaro si chiudeva per settimane nel suo studio con la macchina da scrivere e con i fogli su cui Basaglia aveva tracciato appunti da decifrare, poi si facevano altre discussioni sui testi in progress sino alla versione definitiva. Risulta quindi impossibile, oltre che sterile, cercare di distinguere i contributi dell'uno e dell'altra ai libri e saggi pensati e firmati insieme, seppure scritti soprattutto da Ongaro, tra il 1968 e il 1978. Come sarebbe impossibile, e anche fuorviante, leggere quei testi come indipendenti dal lavoro di trasformazione dell'istituzione psichiatrica che Basaglia e il suo gruppo portavano avanti a Trieste e dal movimento che si sviluppava in Italia e non solo.
Ongaro persegui' sempre e difese questo legame tra il suo lavoro teorico e i contesti in cui si giocavano le questioni su cui lei studiava e scriveva. Anche dopo la morte di Basaglia si mantenne costantemente in contatto con i servizi pubblici e con i movimenti sociali, lavoro' alla formazione degli operatori, sostenne le associazioni di familiari e utenti, frequento' instancabilmente convegni, dibattiti, incontri, prima e dopo i quasi dieci anni come senatore dal 1983 al 1992.
Questi due aspetti, il lavoro teorico e l'impegno culturale e politico, nella professione e nella vita di Franca Ongaro si integrarono sempre perche' nascevano dalla stessa ispirazione, avevano la stessa origine e radicalita'.
Negli ultimi anni, lei usava spesso questo concetto: radicalita'. Era convinta che per capire la riforma psichiatrica e valutare i cambiamenti avvenuti nella psichiatria e non solo, si dovesse essere radicali, si dovesse cioe' tornare alla radice delle questioni, che poi sta nella concreta condizione degli umani, nei loro corpi ed esperienze, nelle diversita' e disuguaglianze da cui sono segnati. "E' necessario un cambio radicale dei corpi professionali e dei fondamenti culturali delle diverse discipline" concludeva in quello che fu il suo ultimo saggio, la lezione per la laurea ad honorem in Scienze politiche all'universita' di Sassari il 27 aprile del 2001. "Le discipline, che agiscono essenzialmente su parti separate dei corpi, dovrebbero invece misurarsi con i bisogni di cui questi corpi sono intrisi", e dovrebbero "porsi il problema prioritario della disuguaglianza e del conflitto che essa produce come radice con cui confrontarsi". Quel confronto per Franca Ongaro era iniziato a Gorizia, davanti ai corpi offesi dal manicomio, e si potrebbe dire gran parte del suo lavoro e' stato dedicato a capire, spiegare e combattere cio' che allora aveva visto.
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Corpo e istituzione
Nelle prime pagine di un suo libro per ragazzi pubblicato nel 1982, Manicomio, perche'? (Milano 1982; II ed. Roma 1991), Ongaro ricorda "le prime immagini del manicomio". Esse rivelano una cultura comune al gruppo di Gorizia ma che caratterizzo' lei in modo speciale. Dimostrano dimestichezza con i meccanismi istituzionali, abilita' nel cogliere e decodificare i rapporti di potere attraverso i dettagli e i riti del quotidiano, capacita' di leggere il linguaggio dei corpi, degli oggetti, degli spazi. Questa cultura si coglie nel contributo, il primo che Ongaro firmo' individualmente, al volume che presentava il lavoro di Gorizia e che usci' nel 1967 con un titolo esplicitamente sartiano, Che cos'e' la psichiatria? (a cura di F. Basaglia, II ed. Parma 1967; III ed.Torino 1969; IV ed. Milano 1997). A quel libro, che nella prima edizione aveva in copertina un autoritratto di Hugo Pratt in divisa da internato, Ongaro partecipo' con un saggio che commentava La carriera morale del malato di mente, un capitolo del libro Asylums del sociologo americano Erving Goffman che lei stava traducendo e che usci' l'anno seguente con un'introduzione di Basaglia e Ongaro (Torino 1968 e 2003). Asylums fu la prima opera di Goffman pubblicata in Italia. Del sociologo americano Ongaro tradusse anche Il comportamento in pubblico (Torino 1971) firmando con Basaglia la prefazione.
Nel frattempo, partecipava all'elaborazione di L'istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico (a cura di F. Basaglia, Torino 1968; II ed. Milano 1998). Nel suo contributo – Rovesciamento istituzionale e finalita' comune (pp. 323-335) – si riconoscono alcuni dei temi che Ongaro sviluppo' negli anni successivi: il nesso tra liberta' e responsabilita', la vitalita' e l'inevitabilita' del conflitto. "Mettere in questione i ruoli istituzionali induce una problematizzazione della situazione, una messa in crisi generale e individuale insieme" nella quale si oscilla continuamente "tra il bisogno di un'autorita' che elimini o diminuisca l'ansia prodotta dalla dimensione in cui l'intera istituzione tende a muoversi, la responsabilizzazione, e il bisogno di conquistare una liberta' che pero' passa inevitabilmente attraverso la conquista della propria responsabilita'. Questo vale per i malati e vale per i medici". La prospettiva non puo' essere una semplice "democratizzazione di rapporti, che rischierebbe di essere fine a sé stessa" riproponendo un gioco fisso di ruoli. La prospettiva e' la continua ricerca di "andare oltre la suddivisione dei ruoli", "in un movimento dialettico che non presume di risolvere i conflitti ma di affrontarli a un altro livello" (pp. 333-34).
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Trasformare le istituzioni e la cultura sulla follia
Tra i molti lavori scritti o curati da Ongaro e Basaglia negli anni Settanta, su due e' necessario soffermarsi perche' rappresentano temi rimasti centrali nell'opera di lei.
Il primo e' Morire di classe. La condizione manicomiale fotografata da Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin (a cura di F. Basaglia - F. Ongaro, Torino 1969; II ed. Trieste 2009). Uscito un anno dopo L'istituzione negata e qualche mese dopo il documentario di Sergio Zavoli su Gorizia, I giardini di Abele (RAI, TV7, autunno 1968), Morire di classe divenne uno strumento centrale della campagna per la trasformazione della cultura sulla follia e per la riforma della legge psichiatrica. I fotografi, invitati o meno, entrarono negli ospedali psichiatrici, come pure la televisione mentre i grandi quotidiani nazionali prima e quelli locali poi iniziarono vere e proprie campagne di informazione su questi istituti. Certo, gli anni Settanta furono caratterizzati da una mobilizzazione sociale eccezionale, che avveniva anche in altri Paesi europei, dove pero' i gruppi che in psichiatria cercavano strade nuove rimanevano piuttosto chiusi nelle loro esperienze elitarie, fondamentalmente scettici sulla possibilita' di introdurre elementi critici nel senso comune. Il movimento italiano invece si sviluppo' nei manicomi pubblici, costrui' i nuovi servizi in un rapporto magari conflittuale ma forte con le comunita' locali, cerco' di entrare nei processi di formazione del senso comune. L'idea di fondo era che i meccanismi di esclusione avrebbero potuto essere messi in questione solo se il problema del manicomio fosse uscito dall'ambito degli specialisti, che andavano pressati dall'esterno, costretti da domande nuove a diventare diversi, a fare una "psichiatria democratica". Ongaro era convinta che questa fosse una questione cruciale. Scrisse Manicomio, perche'? nel 1982, in tempi molto difficili per la riforma psichiatrica, con la morte improvvisa di Basaglia, i problemi della sanita' in transizione, il movimento dei familiari che sembrava voler tornare al manicomio. Cerco' con questo libro la comunicazione con l'opinione pubblica e in particolare con le famiglie delle persone con disturbi mentali: nel corso degli anni Novanta, Manicomio, perche'?, fu riedito molte volte dal Centro Franco Basaglia di Roma che lo diffuse nel circuito delle associazioni di familiari e utenti che Ongaro frequento' e sostenne fin dal loro nascere.
Il secondo libro da richiamare e' Crimini di pace, che coinvolse intellettuali come Michel Foucault, Robert Castel, Noam Chomsky, Roland Laing, Erving Goffman in una discussione sul "ruolo degli intellettuali e dei tecnici come addetti all'oppressione", come diceva il sottotitolo. Ongaro era molto legata al lungo saggio introduttivo, che volle includere in quello che fu il suo ultimo lavoro, l'antologia L'utopia della realta' (2005, pp. 208-74). Il saggio ricostruisce l'origine e i passaggi del percorso di Basaglia e di Ongaro, partito dalle "speranze del dopoguerra di poter costruire un mondo diverso da quello contro cui si era lottato". Speranze rapidamente deluse: "nel momento in cui ci si accingeva a costruire qualcosa che tenesse conto dei bisogni e dei diritti di tutti i cittadini, ci si scontrava con la realta' della lotta di classe e con la conferma della divisione del lavoro che manteneva intatti i ruoli e le regole del gioco. [...] In questo gioco ambiguo, dove la distanza tra cio' che si e' e cio' che si vuole essere e' anche subordinata all'impossibilita' di agire e di trasformare la realta'", l'intellettuale e il tecnico militante nei partiti di sinistra poteva accettare e nascondere la propria impotenza "prendendo le parti delle classi oppresse" ma portando avanti, nello stesso tempo, "una vita professionale o intellettuale totalmente aderente ai valori e alle ideologie dominanti trasmessi sotto i crismi dell'oggettivita' della scienza. [...] Dopo anni di polemiche sull'intellettuale impegnato", la consapevolezza di questa condizione comincio' a manifestarsi in quelli che vivevano piu' direttamente lo scontro tra ideologia e pratica, cioe' in quei "tecnici del sapere pratico esecutori materiali delle ideologie e dei crimini di pace". Alcuni di questi "intellettuali di serie C" cominciarono a "mettere in discussione il proprio ruolo e l'ideologia scientifica di cui erano portatori", aprendo una serie di "interrogativi che, nati dallo scontro pratico con la realta'", inducevano "una lenta opera di corrosione delle verita' scientifiche, la messa in discussione del rapporto tra queste e la struttura sociale", e infine la ricerca delle condizioni che possono consentire al tecnico di "uscire dalla sua condizione di alienazione rompendo la condizione di oggettivazione in cui vive l'oppresso" (L'utopia della realta', cit., pp. 208-11).
Negli anni successivi Franca Ongaro continuo' a lavorare su questi temi. Sulla trasformazione delle istituzioni e del ruolo istituzionale, in particolare, torno' con un libro che ebbe vita difficile: Vita e carriera di Mario Tommasini, burocrate proprio scomodo narrate da lui medesimo (Roma 1991). Il libro racconta le invenzioni generose e originali di Tommasini, operaio e partigiano comunista, che aveva conosciuto il manicomio quando era diventato assessore della Provincia di Parma, aveva cercato Basaglia a Gorizia e aveva promosso il suo arrivo come direttore dell'ospedale psichiatrico di Colorno. Ma dopo neppure un anno Basaglia aveva lasciato Parma, valutando che non vi erano le condizioni per realizzare il programma che aveva in mente. Tommasini invece aveva continuato il suo impegno di assessore portando avanti una trasformazione radicale delle politiche sociali della citta' e impegnandosi in prima persona per la riconquista della cittadinanza da parte di coloro che ne erano di fatto esclusi. Ongaro ricostrui' nel libro, attraverso le parole di Tommasini e di molti altri testimoni, il percorso dalla chiusura degli istituti per minori e per anziani alla creazione della rete di cooperative sociali, con il coinvolgimento di buona parte della citta', ma con conflitti ricorrenti con il Partito comunista, che aveva gia' cambiato nome quando il libro usci' con gli Editori riuniti, che piu' volte ne avevano rinviato la pubblicazione, mentre Tommasini lasciava il partito poco dopo.
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Salute/malattia
Quando organizzava Crimini di pace, Franca Ongaro aveva anche lavorato a un saggio, Il concetto di salute e malattia (con F. Basaglia e M.G. Giannichedda, in F. Basaglia, Scritti, II, Torino 1982, pp. 362-380) in cui si cominciava a dirigere verso la medicina l'approccio critico esercitato sulla psichiatria. All'epoca si era aperto nel mondo della medicina un dibattito ricco di idee ed esperienze innovative, in particolare sui temi del lavoro, dell'ambiente, del corpo e della salute delle donne. Figura chiave era Giulio Maccacaro, che nel 1972 aveva fondato Medicina Democratica e partecipava, tra l'altro, al programma di ricerca Epidemiologia e prevenzione delle malattie mentali guidato dall'Istituto di psicologia del Cnr diretto da Raffaello Misiti. Il progetto era decollato nel 1975 e Ongaro aveva collaborato al disegno della ricerca con Basaglia, Maccacaro e Misiti. Ma il 15 gennaio del 1977 Maccacaro mori' improvvisamente e la sua assenza impoveri' molto la riflessione critica sulla medicina che era appena iniziata. In quel periodo arrivo' dall'editore Einaudi, che aveva avviato una Enciclopedia che voleva essere innovativa, la proposta di scrivere alcune voci, otto relative alla medicina, una dedicata alla donna. Franca Ongaro affronto' questa fatica nuova e di grande respiro sostanzialmente da sola: Basaglia firmo' con lei la voce Follia/delirio e Giorgio Bignami la voce Medicina/medicalizzazione. Le diverse voci uscirono nell'Enciclopedia tra il 1978 e il 1979 e quelle sulla medicina furono poi raccolte nel libro Salute/Malattia. Le parole della medicina (Torino 1982; II ed. aggiornata a cura di M.G. Giannichedda, Merano 2012).
Nelle prime pagine del capitolo Clinica Ongaro esplicita l'orientamento del suo lavoro: non "una ricerca archeologica sull'organizzazione del sapere medico, sui mutamenti della scienza e della malattia" ma il tentativo di "vedere la malattia, oltre che come fenomeno naturale, come prodotto storico-sociale, il cui valore e significato mutano con il mutare di cio' che e' – per l'organizzazione sociale in cui si trova inserito – l'uomo che ne e' il portatore". Cio' che secondo Ongaro "occorre vedere e' in quale misura il mutare del rapporto medicina/malattia risulti legato a cio' che e' l'uomo sano/malato in un dato momento storico, alla sua figura sociale, a cio' che rappresenta nel gruppo di cui e' parte; e a cio' che e', come figura sociale, il medico" (p. 32). Questa chiave di lettura risulta particolarmente attuale in questo inizio di secolo. Il mercato delle tecniche mediche ha infatti prodotto una medicalizzazione della vita di straordinaria portata e pervasivita', che sta facendo trionfare quello che Ongaro defini' nell'introduzione "il mito della salute assoluta, che propone come unica identita' l'uomo sano, efficiente, produttivo" (p. 24) e giovane anche da vecchio. In questo quadro, si rivela una previsione quella che Ongaro indica come conseguenza possibile di una cosi' abnorme censura della malattia e della morte. "Per noi la malattia e' un alienarsi totale, perche' affidarsi come malato al tecnico della salute significa perdere ogni controllo sul proprio corpo, sulla propria vita, quando non comporta perdere cio' che garantisce la sopravvivenza: il lavoro; per noi e' angoscia dell'ignoto perche' il solo detentore dei segreti della vita e' il medico, il cui lessico incomprensibile ci lascia in balia di un corpo sconosciuto e di una vita che non e' mai nostra. Ma, insieme, la malattia resta – nella nostra vita morta – l'unica possibilita' di sopravvivenza soggettiva, di interesse, di cura, di sollecitudine, di rapporto in un'esistenza che ne e' ormai completamente priva" (p. 27).
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Essere donna
Un altro tema e' stato centrale nella ricerca e nell'impegno di Franca Ongaro: il significato dell'essere donna e il rapporto tra i generi. L'inizio era stato emblematico. Aveva scritto "nel '68, quando si parlava di rivoluzione come se ne fossimo alla vigilia, un articolo, un po' sfasato rispetto alla politicita' del momento, sulle difficolta' del rapporto privato uomo-donna". L'articolo, che anticipa un tema-chiave del femminismo, "poneva l'accento sulla coerenza necessaria, in chi tenta di lottare contro ogni tipo di sopraffazione, fra il privato e il pubblico". L'articolo venne pubblicato da Che fare?, una rivista milanese con cui il gruppo di Gorizia collaborava, ma "la redazione evidentemente perplessa di fronte a un testo ambiguo, che tentava di parlare, al di la' della lotta di classe, della politicita' del quotidiano attraverso una storia di subordinazione della donna, si dissocio' con un titolo inequivocabile: Confessione sbagliata" (Una voce, cit., p. 59).
Per alcuni anni Franca non scrisse su questi temi, o meglio scrisse due testi brevi, Grillo parlante (1970) e Il soldato e la spada (1972), che pubblico' solo nel 1982 nell'antologia Una voce, in un capitolo intitolato Monologhi, che si conclude con un testo, Congedo, scritto nel 1980, poco dopo la morte di suo marito. Qui i temi che le sono cari – "l'utopia di un rapporto che per ora si realizza solo nel conflitto, come l'utopia dell'eguaglianza si realizza solo nella lotta per raggiungerla" (p. 147) – si mescolano con un accenno diretto, il solo, al suo rapporto con Basaglia. "Ora che la mia lunga lotta con e contro l'uomo che ho amato si e' conclusa, so che ogni parola scritta in questi anni era una discussione senza fine con lui, per far capire, per farmi capire. Talvolta era un dialogo. Talvolta l'interlocutore svaniva, e io restavo sola, sotto il peso di una verita' che si riduce a un'arida resa dei conti con il bilancio in pareggio, se l'altro non la fa anche sua" (p. 148).
Riprese a scrivere sulle donne nel 1977, introducendo i libri di Phyllis Chesler Le donne e la pazzia (Torino 1977) e di Giuliana Morandini E allora mi hanno rinchiusa (Milano 1977). L'anno successivo scrisse la voce Donna per l'Enciclopedia Einaudi e curo' la ripubblicazione del testo di un neurologo tedesco, Paul Julius Moebius, che era uscito nel 1900 ed era stato introdotto in Italia da Ugo Cerletti, l'inventore dell'elettrochoc. Il testo, senza ambivalenze come il suo titolo, L'inferiorita' mentale della donna, "puo' trarre in inganno", avvertiva Franca Ongaro nell'introduzione, "e indurre commenti pesantemente ironici" che possono sottovalutare quanto invece "sia ancora presente nella nostra cultura, seppure mascherato, trasformato, tradotto in linguaggi diversi" l'argomentare positivista di Moebius che "ricorre alla creazione di una natura che, di volta in volta, assume la faccia piu' adeguata all'uso che si vuol farne" (Torino 1978, p. XV).
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In Senato
Nel 1983 il Partito comunista propose a Franca Ongaro la candidatura come indipendente al Senato, dove fu eletta per due legislature (la IX e la X, complessivamente dal 1983 al 1992) e aderi' al gruppo parlamentare Sinistra indipendente. Furono anni di lavoro intenso: fece parte della Commissione sanita' e si occupo' di temi diversi – trapianti, bisogni e consumi sanitari, disposizioni sul fine vita, tossicodipendenze, carcere, violenza sessuale – ricoprendo un ruolo leader nella battaglia parlamentare per l'applicazione della riforma psichiatrica. Il suo impegno, e certamente il suo successo principale, fu il disegno di legge di attuazione della "legge n. 180", che era stata approvata il 13 maggio del 1978 ed era confluita sei mesi dopo nella legge di riforma sanitaria n. 833, negli articoli 33, 34, 35 sui trattamenti sanitari obbligatori e nell'art. 64 che fissava le "norme transitorie per il graduale superamento degli ospedali psichiatrici". Nella seconda meta' degli anni Ottanta, erano presenti in Parlamento una decina di disegni di legge che tendevano a scardinare in vari modi la riforma psichiatrica. Da parte dei ministri della sanita' che si erano succeduti non era arrivato alcun gesto di governo ne' della riforma sanitaria ne' di quella psichiatrica, le Regioni facevano leggi a volte buone che tuttavia disattendevano, e non si aveva idea di quante e quali fossero le vecchie e nuove istituzioni psichiatriche. A livello locale, tuttavia, amministratori e gruppi di operatori di orientamenti culturali e politici diversi, mettevano in piedi servizi di salute mentale, mentre il gruppo storico di Trieste aveva gia' organizzato l'intero sistema dei servizi di salute mentale. Quella che all'epoca fu chiamata "la 180 bis" o "la 181" nacque in questa situazione, e prese corpo attraverso un lavoro di studio e di consultazione che Ongaro condusse con esperti, operatori, familiari, utenti e che conflui' in parte nel volume Psichiatria, tossicodipendenze, perizia. Ricerche su forme di tutela, diritti, modelli di servizio (a cura di M. G. Giannichedda - F. Ongaro, Milano 1987). Il disegno di legge Ongaro sulla salute mentale fu presentato per la prima volta nel 1987 con le firme di tutta la Sinistra indipendente ma non divenne mai legge, cosa che del resto non si voleva affatto. Riusci' pero' a conseguire l'obiettivo per cui era nato: stimolare interventi di programmazione e finanziamento dei servizi di salute mentale a livello nazionale e regionale. Il primo Progetto obiettivo salute mentale fu infatti messo in opera dal ministro della Sanita' Carlo Donat Cattin nel 1989, due anni dopo il disegno di legge Ongaro, e lo ricalco' in gran parte.
Franca Ongaro mori' nella sua casa di Venezia il 13 gennaio 2005, senza riuscire a vedere pubblicata l'antologia L'utopia della realta', cit., a cui aveva lavorato durante la lunga malattia.
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Fonti e bibliografia
La Fondazione Franca e Franco Basaglia (Venezia, isola di San Servolo) conserva l'Archivio Basaglia che raccoglie libri, documenti, lettere, appunti, dossier, foto, audiovisivi, manifesti che vanno dagli anni Cinquanta al 1992, in parte gia' ordinati da Franca Ongaro stessa. L'inventario e' on line in www.fondazionebasaglia.it
Sulla vita e la cultura della famiglia Basaglia Ongaro negli anni Sessanta si veda A. Basaglia, Le nuvole di Picasso (Milano 2014).
Nei diversi lavori monografici su Franco Basaglia (e nella stessa biografia di Basaglia in questo Dizionario) si menziona in forma generale l'apporto di Ongaro al pensiero di Basaglia e ai suoi scritti. La prima biografia intellettuale di Ongaro e' stata predisposta in occasione del conferimento della laurea ad honorem in Scienze politiche all'universita' di Sassari (M.G. Giannichedda, Presentazione della candidata Franca Ongaro Basaglia, in Fogli di informazione, XXIX (2001), n. 188) ed e' stata successivamente arricchita nel 2012 (M.G. Giannichedda, La voce di Franca Ongaro Basaglia, in F. Ongaro Basaglia, Salute/malattia. Le parole della medicina, II ed., pp- 7-18). Nello stesso volume, alle pp. 265-272, si trova la bibliografia completa delle opere di F. O., consultabile anche in www.fondazionebasaglia.it
John Foot riporta alcune notizie biografiche su Franca Ongaro in La "Repubblica dei matti". Franco Basaglia e la psichiatria radicale in Italia, 1961-1978, Milano 2014 (pp. 56-59). David Fogarcs in Italy's Margins. Social Exclusion and Nation Formation since 1861 (Cambridge 2014, trad.it. Margini d'Italia. L'esclusione sociale dall'unita' a oggi, Roma-Bari 2015) nel capitolo Manicomi dedica una parte a Donne e follia citando e commentando i lavori di Ongaro sul tema (pp. 244-55 ed. italiana).
Molti dei saggi firmati da F. O. con F. Basaglia si trovano in L'utopia della realta', Torino 2005.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 76 del 17 marzo 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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