[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 36



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 36 del 5 febbraio 2023

In questo numero:
1. Salvare tutte le vite. E' il primo dovere
2. One Billion Rising: Iniziative 2023
3. Una lettera all'ambasciata dell'Iran in Italia
4. Tre tesi
5. Ripetiamo ancora una volta...
6. Scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere la liberazione di Leonard Peltier
7. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
8. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
9. Alcuni riferimenti utili
10. Giuliana Sgrena: Quegli ospedali di Emergency, luci nel buio delle guerre (2021)
11. Chiara Giorgi: Rosa Luxemburg, quella militanza saldamente umana
12. Laura Colombo: La questione maschile

1. L'ORA. SALVARE TUTTE LE VITE. E' IL PRIMO DOVERE

Ogni vittima ha il volto di Abele.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.

2. INIZIATIVE. ONE BILLION RISING: INIZIATIVE 2023
[Dal Coordinamento Italia One Billion Rising (e-mail: obritalia at gmail.com) riceviamo e diffondiamo]

Carissime amiche e amici di One Billion Rising, ci siamo quasi.
E' straordinario immaginare quest'anno di poter tornare nelle piazze, nelle strade, nei luoghi pubblici delle citta', insieme, per tornare a danzare in sostegno e solidarieta' e ad alta voce rivendicare la fine delle molteplici atrocita' perpetrate sulle donne e sulle bambine nel mondo. Tentano di recidere, annientare la forza vitale del pianeta, non ci riusciranno.
Parlare con ragazzi e ragazze, studenti, professori, leggere, commentare i fatti di violenza, dare i nomi alle cose, questi sono i primi passi della rivoluzione di cui tutte e tutti noi portiamo la bandiera.
Le forme di arte che accompagnano l'evento OBR nel mondo si prestano ad un gioioso coinvolgimento, ma non vogliamo far mancare anche un momento di preparazione e di formazione.
Per questo motivo chiediamo di partecipare ad OBR 2023, coinvolgendo anche i giovani e le scuole, a cui poter proporre:
- un incontro, anche on line, con una o piu' classi sul tema della violenza maschile sulle donne, della durata minima di due ore
- la preparazione della coreografia del brano musicale Break the Chain
- l'esecuzione della coreografia nella settimana dal 12 al 19 febbraio 2023
- la lettura di alcuni pensieri/ componimenti realizzati dalle ragazze e dai ragazzi delle classi coinvolte
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Per facilitare l'organizzazione dell'evento vi inviamo alcune semplici indicazioni che potrete seguire:
Iscrizione al sito per segnalare il vostro evento: cliccate su http://bit.ly/Registra_il_t uo_evento_sulla_pagina_internazionale_OBR e invitate altre associazioni, gruppi, scuole, scuole di danza, amici a partecipare... piu' siamo, meglio e'!
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Attivita' sui social: vi chiediamo di pubblicare tanti contenuti (foto, video, ecc) sui social utilizzando gli hashtag ufficiali e di invitare i propri contatti a fare lo stesso, cosi' da diffondere anche li' il nostro messaggio. Seguite e taggate anche i profili social di One Billion Rising Italia cosi' potremo condividere i vostri post, stories, ecc.
Facebook https://www.facebook. com/obritalia
Instagram https://www.instagram.com/onebillionrisingitalia/
Hashtag ufficiali: #1BillionRising  #RiseForFreedom #CreateTheNewCulture #RiseInSolidarity
A conclusione delle iniziative, vi chiediamo di inviare foto e video a: obritalia at gmail.com
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Loghi ufficiali: vi chiediamo, per le creativita' (locandine, cartelli) che realizzate, di utilizzare i loghi ufficiali che potete scaricare al seguente link
https://www.dropbox.com/scl/fo/lo9r4i06g268ow7x103sc/h?dl=0&rlkey=xfogpv7hpwlaup3vsxw5zsz1u
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Grafiche
In questa cartella abbiamo inserito le grafiche realizzate (cover facebook, grafiche per FB/IG) a cui ne aggiungeremo altre nei prossimi giorni allo stesso link.
Grafiche One Billion Rising
https://www.dropbox.com/scl/fo/mizfc1w1xl0nu1oywiups/h?dl=0&rlkey=c47347xou5ufqupm4jn90mv0w
Grafica t-shirt
https://www.dropbox.com/scl/fo/h2i75sias7o03r033pf25/h?dl=0&rlkey=ynxdi0h5jbjrgf3d20di36x0o
Grafica stickers
https://www.dropbox.com/scl/fo/4gt4ez978gne73gjwvnqx/h?dl=0&rlkey=4kbdd0091mchnaj1krvhzxoar
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Si puo' organizzare un flash mob durante l'evento One Billion Rising, seguendo la canzone Break the chain e il tutorial ufficiale che trovate qui http://youtu.be/_U5C ZfPydVA o creando una nuova coreografia. L'evento One Billion Rising puo' essere caratterizzato da performance artistiche di ogni genere e da momenti di lettura.
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Autorizzazione One Billion Rising
Al seguente link potete scaricare l'autorizzazione copyright per utilizzo materiali e brani musicali OBR
https://www.dropbox.com/s/d7ambb5ml22dvsj/OBR%20Copyright%20Authorization%202023.pdf?dl=0
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Per quanto riguarda le letture, oltre ai brani de I Monologhi della Vagina, di seguito troverete come suggerimento alcuni testi della fondatrice di One Billion Rising, Eve Ensler
"L'Ufficio della schiavitu' sessuale" http://bit.ly/ufficio_della_schiavitu_sessuale
"L'insurrezione" http://bit.ly /insurrezione
"La mia rivoluzione" http://bit.ly/la_mia_rivoluzione
"Preghiera di un uomo" http://bit.ly/preghiera_ di_un_uomo
"Fino a quando" http://bit.ly/fino_a_quando
"E poi saltavamo" http://bit.ly/e_poi_saltavamo
- la traduzione di M.G.Di Rienzo del brano musicale “Break the chain” credits Tena Clark - Musiche Tena Clark/Tim Heintz
http://bit.ly/traduzione_testo _BreakTheChain
- qui se volete potete trovare altre idee:
https://www.onebillionrising.org
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Per condividere con noi i vostri eventi e/o avere informazioni vi chiediamo di  scriverci al seguente indirizzo: obritalia at gmail.com
Ovviamente qualunque aggiunta rispetto a questo "format base" non potra' che essere gradita.
Vi chiediamo se l'idea puo' piacervi e se pensate possa avere un buon riscontro presso le scuole del vostro territorio, le vostre comunita' di riferimento.
Ringraziamo quanti di voi ci hanno anticipato gli eventi in preparazione, la prossima settimana risponderemo singolarmente a chi ci ha scritto con tutti i dettagli. Vi ricordiamo che le magliette saranno pronte non prima del 25 gennaio.
Se avete altre meravigliose idee, noi non potremo Che essere felici!
Grazie per tutto quello che potrete fare! #RiseForFreedom #RiseInSolidarity
Un abbraccio
Nicoletta Billi (333.2432777), Luisa Rizzitelli (345.4767246), Silvia Palermo (339.5028904)
Coordinamento Italia One Billion Rising

3. REPETITA IUVANT. UNA LETTERA ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA

All'ambasciatore dell'Iran in Italia: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir,
Egregio ambasciatore,
le saremmo assai grati se volesse trasmettere al suo governo il seguente appello.
Tutte le tradizioni di pensiero dell'umanita', quali che siano le loro fonti, convengono su queste semplici verita':
- che ogni vita umana deve essere rispettata, onorata e protetta;
- che uccidere e' sempre e solo un male;
- che ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta';
- che rispettare e salvare le vite e' il primo dovere.
Certi del fatto che condividiate queste semplici considerazioni siamo quindi a chiedervi di impegnarvi:
- affinche' nel vostro paese, come in ogni parte del mondo, cessino finalmente le uccisioni e le persecuzioni;
- affinche' nel vostro paese, come in ogni parte del mondo, siano finalmente rispettati la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Vi chiediamo quindi:
- di riconoscere la dignita' e i diritti delle donne, che sono gli stessi degli uomini;
- di non piu' perseguitare, ma piuttosto ascoltare ed onorare, le donne che da mesi nel vostro paese stanno chiedendo "vita e liberta'".
Queste donne che non commettono alcuna violenza, e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela e a loro volta non commettono alcuna violenza, sono amiche ed amici dell'umanita' e del bene comune.
E' un crimine ed una follia perseguitare ed uccidere queste donne che non commettono alcuna violenza, e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela e a loro volta non commettono alcuna violenza.
Vi chiediamo pertanto di adempiere al dovere proprio di ogni ordinamento ed istituto giuridico legittimo: rispettare e proteggere le vite, la dignita' e i diritti di tutte le persone.
Vi chiediamo pertanto di adempiere al dovere di far cessare persecuzioni ed uccisioni.
Sia pace, rispetto ed amicizia fra tutte le persone, i popoli, i paesi.
Distinti saluti dal
"Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 30 dicembre 2022

4. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

5. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

6. REPETITA IUVANT. SCRIVERE AL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D'AMERICA PER CHIEDERE LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER

Proponiamo di scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente..
Di seguito una proposta di testo della lettera da inviare al Presidente degli Stati Uniti d'America recante la richiesta della grazia presidenziale per Leonard Peltier, e le istruzioni per inviarla attraverso il sito della Casa Bianca.
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: copiare e incollare il messaggio seguente:
Mr. President,
Although I reside far from your country, I am aware of the injustice that has persisted for 47 years against Leonard Peltier, who was denied a review of his trial even after exculpatory evidence emerged for the events of June 26, 1975 on the Pine Ridge (SD) reservation where two federal agents and a Native American lost their lives.
I therefore appeal to your supreme authority to pardon this man, now elderly and ill, after nearly half a century of imprisonment.
I thank you in advance for your positive decision, with best regards.
Traduzione italiana del testo che precede:
Signor Presidente,
sebbene io risieda lontano dal Suo Paese, sono consapevole dell'ingiustizia che persiste da 47 anni nei confronti di Leonard Peltier, al quale e' stata negata la revisione del processo anche dopo che sono emerse prove a discarico per gli eventi del 26 giugno 1975 nella riserva di Pine Ridge (South Dakota) in cui persero la vita due agenti federali e un nativo americano.
Mi appello quindi alla Sua suprema autorita' affinche' conceda la grazia a questo uomo, ormai anziano e malato, dopo quasi mezzo secolo di detenzione.
La ringrazio fin d'ora per la Sua decisione positiva, con i migliori saluti.

7. L'ORA. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI

Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
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Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
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Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.

8. RIFERIMENTI. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it

9. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

10. MEMORIA. GIULIANA SGRENA: QUEGLI OSPEDALI DI EMERGENCY, LUCI NEL BUIO DELLE GUERRE (2021)
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 agosto 2021 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Quegli ospedali di Emergency, luci nel buio delle guerre" e il sommario "I nostri incontri. Dal Corno d'Africa, al Kurdistan iracheno, all'Afghanistan, a Baghdad"]

Essere contro la guerra coerentemente, senza se e senza ma, e' difficile, estremamente difficile. Ma questa e' stata la scelta di Gino Strada, una scelta che l'ha reso una icona sul fronte del no alla guerra. Gino conosceva bene le conseguenze dei conflitti, bastava frequentare gli ospedali di Emergency per averne contezza.
Con Gino ci conoscevamo dal '68, eravamo entrambi militanti del Movimento studentesco, la sede era in piazza Santo Stefano a Milano di fianco alla Statale, io mi occupavo delle pubblicazioni - Fronte popolare e supplementi - e il collettivo di medicina curava Medicina democratica. Erano anni di grande fermento politico e culturale.
E l'idea, o l'utopia, che si potesse cambiare il mondo era una suggestione che alimentava il nostro impegno politico. Chi ha vissuto quei momenti ha sempre mantenuto una sorta di affinita' elettiva che ti faceva ritrovare sulla stessa sponda anche dopo anni, perfino decenni. Cosi' e' stato con Gino. Lui sempre rigoroso, intransigente, a volte quasi scontroso, erano questi i lati del suo carattere che lo facevano apprezzare o disprezzare.
Ero nel Corno d'Africa cercando di entrare nel Somaliland, che aveva dichiarato l'indipendenza dalla Somalia, quando, a Gibuti, ho ritrovato Gino insieme a un gruppo di infermieri. Allora dirigeva l'ospedale e con un piccolo aereo si spostava per intervenire anche nel Somaliland. Nell'ospedale venivano curate e deinfibulate donne che avevano subito mutilazioni genitali devastanti, una piaga che ancora infesta molti paesi dell'area. Emergency non era ancora nata, sarebbe stata fondata nel 1994.
Una ong creata per curare le vittime delle guerre e sanare le loro ferite, con l'impegno ad abolire la guerra dal nostro pianeta. Utopia e/o miraggio che pero' ha fatto crescere ospedali come centri di eccellenza sanitaria in diversi paesi interessati da conflitti.
A meta' degli anni '90 mi trovavo nel Kurdistan iracheno per seguire gli scontri scoppiati tra Partito democratico del Kurdistan di Barzani e l'Unione patriottica del Kurdistan di Talabani. L'entrata attraverso il confine turco era stata un po' rocambolesca, ero stata poi scaricata da un furgoncino a Shaqlawa, al quartier generale del Fronte democratico di Barzani, in pieno coprifuoco.
Avevo poi deciso di spingermi fino a Sulaymania, poco distante dal confine iraniano, sotto il controllo di Talabani, per visitare il Centro di riabilitazione e reintegrazione sociale costruito da Emergency per curare le vittime delle mine e garantire loro un futuro. L'appuntamento con Gino Strada - fissato con l'aiuto di Teresa Strada - mi avrebbe permesso di avere anche il polso della situazione.
Quando arrivai al centro pero' stavano evacuando Gino perche' aveva avuto un infarto, era forse il primo campanello d'allarme di quei disturbi che mal si conciliavano con la vita stressante in luoghi estremamente difficili in cui si trovava ad operare.
E poi l'Afghanistan, dove forse si e' svolto, e continua a svolgersi, il lavoro piu' impegnativo di Emergency, con un ospedale molto efficiente in tempo di guerra. All'arrivo, nel dicembre del 2001, non ero riuscita a trovare un posto per dormire, si faceva buio, la situazione era piuttosto inquietante.
A chi rivolgersi? Gino Strada era a Kabul, riusci' a darmi ospitalita' per una notte, il tempo per trovarmi un albergo, in realta' una stamberga, perche' la casa di Emergency, giustamente, doveva ospitare solo il personale di Emergency.
Ero a Kabul senza un satellitare, "ma ti mandano in giro senza nemmeno un satellitare?" mi redarguiva Gino. E quando alla fine ho trovato ospitalita' nello stesso quartiere, andavo da lui tutte le sere per spedire il mio pezzo e a volte rimediavo anche un bel piatto di pasta.
Il lavoro nell'ospedale di Kabul, che ho visitato molte volte e in periodi diversi, e' senza dubbio straordinario, anche perche' svolto in una situazione estremamente complicata, come quando dominavano i talebani. Emergency era attiva anche nel Panshir, controllato dall'Alleanza del nord di Massud e piu' tardi a Lashkar-Gah, la citta' nelle ultime ore caduta nelle mani dei Taleban.
Nel 2003 ero a Baghdad quando vi giunse una "missione" di Emergency - recapitandomi un po' di risorse inviate dal manifesto per permettermi di sopravvivere in Iraq - che voleva esaminare la possibilita' di intervenire sul terreno. Un terreno minato in tutti i sensi.
E poi l'Africa - con centri pediatrici e di cardiochirurgia a Kartum - e perfino l'Italia, dove il terremoto, i migranti, i piu' fragili hanno reso necessario l'intervento di Emergency.
Ma Gino se ne va pensando e scrivendo sull'Afghanistan e ricordando quegli "eroi di guerra" che stanno soffrendo mentre il paese sta sprofondando in un nuovo baratro.
Per ricordare Gino senza retorica non resta che continuare il suo impegno, che e' anche il nostro, contro la guerra.

11. MAESTRE. CHIARA GIORGI: ROSA LUXEMBURG, QUELLA MILITANZA SALDAMENTE UMANA
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo originariamente apparso su "Il manifesto" del 21 gennaio 2023]

Rosa Luxemburg e' stata piu' volte ricordata come una delle piu' importanti figure del socialismo internazionale, come donna straordinaria assassinata brutalmente, come una Cassandra moderna. Ma al di la' di questo atto di memoria, e' possibile oggi rileggere con nuovo sguardo la sua figura nell'interezza e complessita' che la caratterizzarono? Questo e' l'intento del convegno promosso dalla Scuola Normale Superiore e dall'Universita' di Pisa. Tornare a ragionare su tutti gli aspetti che ne distinsero il rilievo umano, politico e teorico e' una sfida di grande interesse, non solo da un punto di vista scientifico, ma soprattutto politico, tanto piu' alla luce delle trasformazioni del capitalismo globale e di una guerra, come quella in Ucraina, che ci rimette di fronte alle logiche della militarizzazione.
Agli inizi degli anni Settanta, a rilanciare l'attualita' del pensiero di Luxemburg era stato Lelio Basso - figura eretica del socialismo italiano, antifascista, dirigente del Psiup, interprete raffinato di Marx, ideatore del principio di uguaglianza sostanziale nella Costituzione. Il progetto era quello di affrontare lo studio dell'opera luxemburghiana, la cui importanza, scriveva, non era di certo sfuggita ai suoi contemporanei, ma la cui messa al bando nel corso del Novecento ne rendeva necessario un approfondimento teorico. L'intento era quello di riportare alla luce gli elementi piu' vitali del "marxismo rivoluzionario" di Luxemburg. Basso fu nel panorama della sinistra italiana del secondo dopoguerra uno dei primi e pochi intellettuali ispirati da Luxemburg, la cui figura riemerse rapidamente nella nuova stagione dei conflitti del Sessantotto.
A campeggiare nella biografia di entrambi furono i processi di costituzione del soggetto di classe, l'acquisizione di consapevolezza del ruolo storico della classe operaia, in conflitto con quella dominante, capace di agire sui processi materiali ai fini di una radicale trasformazione. La loro interpretazione dialettica e materialistica del processo storico nella sua totalita' fondava una pratica politica in grado di individuare le forze in movimento, le tendenze a venire, la stessa "necessita' storica obiettiva del socialismo". Nella lettura di Basso, quello di Luxemburg era il punto di vista della totalita' concreta, ovvero dell'insieme dei rapporti che costituiscono la societa' capitalistica, il quale le aveva consentito di contrastare le posizioni moderate della socialdemocrazia tedesca, di confutare le illusioni di Eduard Bernstein - conservare i "lati buoni" del capitalismo, correggendone quelli cattivi -, di recuperare la rivoluzione come fine del socialismo. Contro ogni riformismo e revisionismo, Luxemburg aveva inteso quest'ultima come un fatto che si collocava all'interno dello sviluppo capitalistico stesso, nelle tensioni da esso generate. Si trattava del crescente conflitto fra la logica socializzante dello sviluppo delle forze produttive e la logica del profitto, lo sfruttamento della classe operaia, il carattere privatistico dei rapporti di produzione; dell'antagonismo tra tendenze e controtendenze di socializzazione.
L'accento batteva allora sulla necessita' di tenere insieme le condizioni obiettive della rivoluzione, lo sviluppo delle contraddizioni in seno al modo di produzione capitalistico e l'organizzazione del movimento operaio. La lotta di classe e la politica organizzata svolgevano qui una funzione decisiva, compreso il ruolo da lei assegnato ai consigli, istituzioni unitarie di autogoverno della classe, forme di democrazia permanente, aspetto essenziale del rapporto tra il partito e l'esperienza delle lotte.
Non si trattava di determinismo, ne' di spontaneismo, ma di rintracciare il nesso tra il momento oggettivo e quello soggettivo, nesso che conteneva, scriveva Luxemburg, due elementi essenziali: quello "dell'analisi e della critica" e quello "della volonta' attiva della classe operaia come fattore rivoluzionario". In principio era l'azione amava ripetere Luxemburg, contro tutti i fatalismi di una vittoria sicura del socialismo. Ma al contempo, era l'analisi del capitalismo, delle sue antinomie, a fondare il presupposto di un suo rovesciamento, possibile soltanto tramite le battaglie del proletariato internazionale, cosciente dei propri scopi.
La sua condanna contro la svolta prima revisionista e poi nazionalista della Spd di fronte alla prima guerra mondiale fu nettissima. Mentre il capitalismo si avviava infatti alla guerra imperialista, la socialdemocrazia perdeva la visione complessiva dei rapporti sociali, diventando subalterna al capitalismo. Come scrisse in La crisi della socialdemocrazia (1915): la nostra necessita' del socialismo "entra in gioco con pieno diritto nel momento in cui il predominio borghese di classe cessa di essere portatore del progresso storico per divenire un pericolo per lo sviluppo ulteriore della societa'. Questo ha rivelato l'odierna guerra mondiale".
Fondamentali le sue analisi sull'imperialismo e, con esso, sull'avvento della guerra. L'accumulazione del capitale - aveva scritto nella sua opera piu' importante apparsa nel 1913 - presa nel suo insieme come processo storico ha due lati diversi. Il primo si compie nei luoghi di produzione del plusvalore e sul mercato, l'altro ha per arena la scena mondiale. Dominano qui come metodi la politica coloniale, il sistema dei prestiti internazionali, la politica delle sfere di interesse, le guerre. Luxemburg era cosi' giunta ad afferrare il legame tra le due dinamiche dell'accumulazione, tra il processo di sviluppo capitalistico nei paesi industrializzati e l'aggressione ad "ambienti" non capitalistici, il mondo coloniale e l'economia contadina, cogliendo sia il dinamismo del capitalismo, sia le cause dell'immane tragedia della Grande guerra.
Ci furono errori di interpretazione sul crollo del capitalismo (e su alcuni passaggi del Capitale), ma gli studi di Rosa Luxemburg sull'imperialismo rappresentarono uno spartiacque per comprendere la fisionomia di un capitalismo in espansione, che allargava i propri confini fino a comprendere il militarismo come "campo di accumulazione". Centrale, nel riferimento al concetto di totalita', il nesso che doveva unire la lotta quotidiana allo scopo finale. Le singole azioni, gli obiettivi parziali, le riforme sociali avevano senso solo se non erano disgiunti dalla visione piu' generale della lotta medesima, dalla prospettiva rivoluzionaria. Luxemburg aveva riformulato questo rapporto in polemica con le proposte di integrazione del movimento operaio nella societa' borghese, con la strategia riformista che aveva abbandonato l'obiettivo dell'"abolizione del sistema salariale".
La dimensione dell'umano, del libero sviluppo delle potenzialita' umane fu un tratto saliente di Rosa Luxemburg. La sua esperienza e' quella di una militanza profondamente "umana", di una donna che non smise mai di essere in sintonia con l'universo, in tutte le sue manifestazioni vitali, di una donna in cui si diedero dolore e speranza, intelligenza e sentimenti, io e mondo ricomposti, come ha osservato Rossana Rossanda nella prefazione alla biografia di Paul Froelich e a proposito del celebre film del 1986 di Margarethe von Trotta (riproiettato all'apertura del convegno).
Il suo fu un afflato per la vita dai tratti speciali di una rivoluzionaria assai lontana dal modello del militante tradizionale, mossa da un sentimento di reciprocita', relazione e condivisione accompagnato da passione e ragione trasformatrici. E' in questa direzione che il pensiero e l'attivita' di Luxemburg possono continuare a parlarci, se restiamo capaci di cogliere le possibilita' alternative nel divenire della storia, di puntare a quell'obiettivo che per lei, come per Basso, ebbe un significato concreto: la liberazione, la realizzazione delle istanze di uguaglianza e liberta'.

12. RIFLESSIONE. LAURA COLOMBO: LA QUESTIONE MASCHILE
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo e diffondiamo la seguente trascrizione della lezione tenuta al Grande seminario di Diotima "Corpi esposti", in dialogo con Marco Deriu, Verona 21 ottobre 2022]

"Quello che stiamo mettendo in discussione non sono semplici connessioni teoriche, ma certi modi di vivere e relazionarci come uomini. Sono la nostra esperienza e le nostre relazioni, come uomini, a dover essere cambiate. E' importante comprendere come, al livello dell'esperienza personale e dell'impegno nelle relazioni, l'invisibilita' degli uomini a se stessi, risultante dal potere che detengono e dalla propensione a spersonalizzare e a universalizzare la propria esperienza, li porti costantemente alla tentazione di parlare per gli altri, presentandosi nel contempo come la voce neutrale della ragione"
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Inizio questa mia relazione citando le parole di Victor J. Seidler che, in un saggio uscito in Italia nel 1992 dal titolo Riscoprire la mascolinita' (1), con incredibile precisione e lucidita' evidenzia il cuore della cosiddetta "questione maschile". Secondo Seidler, la cultura occidentale ha creato le condizioni di oppressione del genere femminile e contemporaneamente l'invisibilita' a se stesso di quello maschile. Le radici sono da ricercare nel primato dato al pensiero a partire da Cartesio, ovvero nella riduzione dell'essere umano al solo pensiero che espunge i sensi, i sentimenti, le emozioni, gli istinti, in altri termini il corpo. Le creature piu' prossime alla natura sono inferiori perche' non raggiungono la piena potenza della ragione. Le donne, legate alla maternita', sono inferiori e seconde per destino al maschile, d'altra parte la donna deriva da una costola di Adamo. Il punto sottolineato da Seidler nel suo libro e' che il soggetto e' solo maschile. Per spezzare la monolitica unita' del soggetto bisognera' attendere il pensiero di Luce Irigaray.
Tuttavia, Seidler, partendo da se', sottolinea il peso che la cultura basata sull'universalita' dell'uno pone in capo agli uomini: "La nostra vita diventa una serie di decisioni e di progetti distinti. In questo modo ci sentiamo a posto con noi stessi, incapaci di dare significato e importanza ai nostri rapporti, alle emozioni e ai desideri. Ci abituiamo a tal punto a non dare credito ai nostri sentimenti, ai desideri per fare la cosa "giusta", che siamo a malapena consci di quanto tutto cio' ci estranei da noi stessi". E' la performance che conta: la conquista di donne, potere, soldi, la capacita' di risolvere problemi e di raggiungere obiettivi. Con un salto di vent'anni, questa consapevolezza si e' allargata e ne possiamo leggere anche su riviste e quotidiani. Per esempio, Manolo Farci, commentando il fatto di cronaca dei fratelli Bianchi, scrive su Doppiozero che la mascolinita' e' vista "come un progetto virile ed eroico di affermazione nello spazio pubblico. Non importa che questo spazio pubblico sia il territorio del proprio quartiere, il consiglio di amministrazione di una multinazionale, lo scranno della politica, o una cattedra universitaria: quello che e' comune e' che l'arena pubblica e' il posto che i maschi devono colonizzare, occupare, conquistare e controllare. E' il luogo dove gli uomini arrivano a essere uomini" (2).
Via Dogana e' la rivista della Libreria delle donne di Milano che dal 1991 al 2014 e' stata pubblicata in cartaceo e ora e' solo online, ospitata sul sito della Libreria delle donne. E' un laboratorio di pensiero politico delle donne, promuove un lavoro relazionale e collettivo di ricerca per captare i cambiamenti della realta' e trovare le parole per raccontarli, per non far cadere nell'oblio quello che capita di significativo e ancora non ha parole o e' interpretato malamente. Ho in mente una cosa che mi e' capitata recentemente. Ero alla presentazione di un libro appena uscito, Ho scritto questo libro invece di divorziare, e l'autrice interpretava la presa di coscienza dei limiti della sua emancipazione come conquista della parita', invece che come una ricerca e una pratica della possibilita' di un'esistenza libera, cosa che di fatto e' il suo percorso raccontato nel libro. Il femminismo stesso, che ha rivoluzionato il rapporto tra i sessi, e' spesso interpretato nel senso di una raggiunta parita' delle donne con gli uomini, rendendo questa mediazione, la parita', a facile portata di tutte e tutti. Cito Via Dogana perche' il numero 21/22 del settembre 1995 si intitolava proprio "La questione maschile" e preparando questo incontro mi sono stupita di quanto fossero lungimiranti e in anticipo sui tempi le autrici del numero: come si nomina la realta' e' essenziale, ne va del senso del nostro stare al mondo, per questo le parole sono importanti. In quegli anni usci' anche un numero intitolato "La fine del patriarcato", era il numero successivo alla questione maschile, sono temi che ora vediamo legati, ma allora solo la fine del patriarcato venne molto discussa, mentre la questione maschile e' rimasta in sospeso, non e' stata assunta veramente dagli uomini, quindi rimane in qualche modo una sorta di novita' ogni volta che viene nominata. Una decina di anni dopo i tempi erano piu' maturi, il numero 79 di Via Dogana, intitolato "Parla con lui" (dicembre 2006), e' interamente dedicato alla parola di uomini che riflettono a partire dalla loro parzialita' e dalle loro relazioni con le donne. Un altro numero di Via Dogana del 2006 dal titolo "Appuntamenti" (n. 78, settembre 2006) ospita un articolo di Marco Deriu che scriveva, a commento di un ennesimo efferato omicidio: "Si potrebbe dire che molti uomini preferiscono cancellare l'alterita' piuttosto che riconoscere e accettare così la propria parzialita'" e continua "Non si tratta di prendere le distanze da una violenza che sta fuori di noi [...], ma di fare i conti con una possibilita' che e' iscritta nella cultura comune". E' stato un anno in cui, possiamo dire, c'e' stato un passaggio simbolico importante, legato alla presa di posizione pubblica di qualche migliaio di uomini, a partire dall'appello del gruppo Maschile Plurale "La violenza contro le donne ci riguarda", una risposta maschile pubblica, con una risonanza a livello nazionale sulla stampa e altri mass media, che apriva a una relazione politica differente tra uomini e donne. C'e' stato un fiorire di iniziative politiche legate a questo accadimento, con gruppi in tutta Italia che facevano ricerca, cui anche io e Marco Deriu abbiamo attivamente partecipato.
In questi gruppi c'era in gioco il desiderio di confronto e scambio, e la voglia di creare uno spazio praticabile per la relazione e il conflitto: niente a che vedere con la pretesa che gli uomini si assumessero colpe o chiedessero perdono "in quanto uomini", ma con la precisa richiesta da parte delle donne che gli uomini facessero una mossa a partire da una presa di coscienza della propria parzialita', dalla prospettiva di una soggettivita' maschile che ha preso atto che c'e' una sessualita', un simbolico, un modo di relazionarsi, un modo di lavorare, un modo di pensare differente. Per parte nostra, "in quanto donne", la sfida era di assumerci la relazione politica di differenza con gli uomini, lasciando da parte la tentazione di posizionarci come le discriminate (e quindi abbandonando qualsiasi residuo di vittimismo) o di stare nel separatismo, nel tra donne, in una societa' parallela dove c'e' possibilita' di vivere con agio.
Essere qui oggi, seduta a fianco di Marco Deriu, parlando della cosiddetta "questione maschile", significa mettere in scena precisamente questo spazio simbolico/relazionale.
Qualche mese fa e' stato riedito il libro di Lia Cigarini La politica del desiderio, ampliato da un'intervista fatta da Riccardo Fanciullacci a Cigarini. Ci aiuta a capire di cosa stiamo parlando quando nominiamo la questione maschile: "c'e' una resistenza speciale degli uomini a interrogare la loro differenza, ad accettare la loro parzialita'. E' la questione maschile che converrebbe a loro, ma non solo a loro, mettere all'ordine del giorno". Si tratta dell'identificazione di se' con un punto di vista universale, che comprende in se' tutto e tutti, e rende ciechi e sordi verso la donna che e' li' accanto, la compagna di vita, di scuola, di lavoro, di riunione politica. Lia Cigarini ha nominato la questione maschile proprio come mera questione, non perche' non sappia o non veda o non conosca uomini che agiscono in modo differente, ma perche' non c'e' una presa di coscienza degli uomini "in quanto uomini" in rapporto alle donne, nella societa' non e' senso comune che ci sia una presa di coscienza degli uomini, della loro parzialita'.
Oggi possiamo aggiungere altri elementi, dettati da una realta' che negli ultimi due anni ci ha messo alla prova, perche' ha svelato in modo chiaro dinamiche che prima erano rese opache dall'accelerazione della curva emancipatoria femminile. Nei primi giorni duri del lockdown del 2020 Hellen Lewis, giornalista di The Atlantic, scrive: "Uno degli effetti piu' sorprendenti del coronavirus sara' quello di rimandare molte coppie negli anni Cinquanta. In tutto il mondo, l'indipendenza delle donne sara' la vittima silenziosa della pandemia" (l'articolo si intitola significativamente "The Coronavirus Is a Disaster for Feminism"). E' incredibile come il cinema capti e interpreti i segnali che arrivano dalla realta' e ce li restituisca potenti attraverso le immagini. E' il caso di un recente film, Don't warry darling della regista Olivia Wilde, che propone la storia patinata e surreale di una giovane coppia nell'America degli anni Cinquanta, per raccontare in realta' l'incapacita', da parte di un uomo, di cogliere e accettare la liberta' femminile (un nome questo che sta per tante cose: l'indipendenza, la scelta, il desiderio, i talenti coltivati, le passioni da seguire...) e la violenza che lui usa per rinchiudere la donna (e se stesso) in uno stereotipo ormai consunto. Questo film e' lo specchio di una maschilita' deteriorata, unita all'incapacita' dell'uomo di assumere questa crisi, per rifugiarsi in un altrove mortifero. E' la rappresentazione su grande schermo della questione maschile.
Ho fino ad ora dipinto una situazione che, devo confessarlo, mi fa provare rabbia e frustrazione, anche per il mondo che stiamo consegnando alle ragazze che crescono oggi. E' come se vivessi un'intima contraddizione: so, a partire dalla mia esperienza e quella delle donne che mi sono vicine, che il rapporto tra i sessi e' profondamente cambiato, so che molti uomini abbracciano un modo di stare al mondo lontano dal patriarcato, e contemporaneamente vedo nella societa' un maschile ancorato a una posizione egocentrica, quella che, per esempio, chiede disperatamente conferme femminili fino alle molestie e alla morte. La reazione a questa contraddizione e' la pretesa che vi sia una presa di coscienza maschile iscritta nel sociale, non solo un gesto individuale o una mossa che resti confinata in piccoli gruppi. Pretesa che puo' suscitare reazioni anche molto feroci o, al contrario, un'interlocuzione dialogante, come il recente intervento sul sito della Libreria delle donne di Umberto Varischio (3), che da un lato sottolinea come le prese di posizione pubbliche e collettive maschili non bastano, non sono un dispositivo che genera di per se' consapevolezza, dall'altro opera una distinzione anagrafica: gli uomini nati e cresciuti nel patriarcato possono consapevolmente riconoscere i condizionamenti e cercare di controllarli, i giovani uomini ne sono gia' affrancati, cosi' il lavoro sulla maschilita' e sul rapporto con le donne puo' partire da altri presupposti.
Ecco che allora scelgo di volgere lo sguardo verso quei cambiamenti resi possibili dal crollo del sistema simbolico patriarcale, e vedo nella paternita' il cambiamento piu' radicale e duraturo. Nel gia' citato numero di Via Dogana "Parla con lui", nell'articolo-intervista di una donna al suo compagno lui afferma: "al di fuori dell'ambito sessuale, e' proprio la paternita' l'unica autentica espressione di virilita' dopo la fine del patriarcato". Lo posso vedere nei gesti di cura di mio fratello verso il figlio nato da poco e verso la madre della creatura. Lui e' poco piu' che trentenne, ed e' molto impegnato nell'accudimento, lo desidera ed e' felice di farlo, prende il tempo che serve anche dal lavoro (aiutato in questo da una politica aziendale che mette in primo piano le cosiddette diversity e favorisce il congedo parentale paterno - la differenza maschile e' riconosciuta nella paternita'). Sono cose che nostro padre fatica a comprendere, afferma che e' "troppo", un'eccedenza per lui, che si sarebbe vergognato a spingere una carrozzina, gesto che minava la sua virilita' agli occhi della comunita' dei maschi. Se parto dalla mia esperienza, posso dire che dare spazio al padre di mia figlia e' stata una conquista di liberta' per entrambi perche' lui, forte della fiducia che gli davo, ha compreso che era in grado di compiere i gesti di cura che desiderava e di cui era terrorizzato.
La paternita', quindi, e' uno spazio relazionale privilegiato, in cui accade un doppio movimento: la donna, che e' madre, riconoscendo il padre lascia spazio a lui nel rapporto con la creatura, e lui, come dice Luisa Muraro, riconosce l'autorita' femminile e sente che "la differenza femminile lo aiuta a ritrovarsi, a essere se stesso" (4). Far si' che la differenza femminile diventi una mediazione necessaria per una maschilita' diversa mi sembra moneta corrente nella genitorialita'. Che possa diventare realta' anche al di la' dell'ambito familiare, amoroso, amicale, questa mi pare la sfida del nostro tempo.
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Note
1. Victor J. Seidler, Riscoprire la mascolinità. Sessualità ragione linguaggio, Editori Riuniti, Roma 1992
2. www.doppiozero.com/i-maschi-di-colleferro-e-noi
3. www.libreriadelledonne.it/puntodivista/contributi/la-questione-maschile-vista-da-un-uomo/
4. www.libreriadelledonne.it/puntodivista/il-rapporto-con-la-madre-gli-uomini-la-guerra-lautorita-femminile/

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 36 del 5 febbraio 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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