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[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 30
- Subject: [Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 30
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Mon, 30 Jan 2023 06:22:22 +0100
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 30 del 30 gennaio 2023
In questo numero:
1. Le armi uccidono, il disarmo salva le vite
2. One Billion Rising: Iniziative 2023
3. Una lettera all'ambasciata dell'Iran in Italia
4. Tre tesi
5. Ripetiamo ancora una volta...
6. Scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere la liberazione di Leonard Peltier
7. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
8. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
9. Alcuni riferimenti utili
10. Farian Sabahi: Una rivolta di tutti, radicale e senza leader
11. Farian Sabahi: Beltepa', sarte in Uzbekistan
12. Farian Sabahi: Il destino negato di una giovane donna nell'Iran degli anni Ottanta
13. Farian Sabahi: "Eroina": la folla a Teheran acclama Elnaz Rekabi
14. Farian Sabahi: Liceale uccisa per un inno. Paura per l'atleta senza velo
15. Farian Sabahi: Hamed Esmailion: "Nella diaspora ci sono iraniani che possono guidare il paese"
1. L'ORA. LE ARMI UCCIDONO, IL DISARMO SALVA LE VITE
Salvare le vite e' il primo dovere.
2. INIZIATIVE. ONE BILLION RISING: INIZIATIVE 2023
[Dal Coordinamento Italia One Billion Rising (e-mail: obritalia at gmail.com) riceviamo e diffondiamo]
Carissime amiche e amici di One Billion Rising, ci siamo quasi.
E' straordinario immaginare quest'anno di poter tornare nelle piazze, nelle strade, nei luoghi pubblici delle citta', insieme, per tornare a danzare in sostegno e solidarieta' e ad alta voce rivendicare la fine delle molteplici atrocita' perpetrate sulle donne e sulle bambine nel mondo. Tentano di recidere, annientare la forza vitale del pianeta, non ci riusciranno.
Parlare con ragazzi e ragazze, studenti, professori, leggere, commentare i fatti di violenza, dare i nomi alle cose, questi sono i primi passi della rivoluzione di cui tutte e tutti noi portiamo la bandiera.
Le forme di arte che accompagnano l'evento OBR nel mondo si prestano ad un gioioso coinvolgimento, ma non vogliamo far mancare anche un momento di preparazione e di formazione.
Per questo motivo chiediamo di partecipare ad OBR 2023, coinvolgendo anche i giovani e le scuole, a cui poter proporre:
- un incontro, anche on line, con una o piu' classi sul tema della violenza maschile sulle donne, della durata minima di due ore
- la preparazione della coreografia del brano musicale Break the Chain
- l'esecuzione della coreografia nella settimana dal 12 al 19 febbraio 2023
- la lettura di alcuni pensieri/ componimenti realizzati dalle ragazze e dai ragazzi delle classi coinvolte
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Per facilitare l'organizzazione dell'evento vi inviamo alcune semplici indicazioni che potrete seguire:
Iscrizione al sito per segnalare il vostro evento: cliccate su http://bit.ly/Registra_il_t uo_evento_sulla_pagina_internazionale_OBR e invitate altre associazioni, gruppi, scuole, scuole di danza, amici a partecipare... piu' siamo, meglio e'!
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Attivita' sui social: vi chiediamo di pubblicare tanti contenuti (foto, video, ecc) sui social utilizzando gli hashtag ufficiali e di invitare i propri contatti a fare lo stesso, cosi' da diffondere anche li' il nostro messaggio. Seguite e taggate anche i profili social di One Billion Rising Italia cosi' potremo condividere i vostri post, stories, ecc.
Facebook https://www.facebook. com/obritalia
Instagram https://www.instagram.com/onebillionrisingitalia/
Hashtag ufficiali: #1BillionRising #RiseForFreedom #CreateTheNewCulture #RiseInSolidarity
A conclusione delle iniziative, vi chiediamo di inviare foto e video a: obritalia at gmail.com
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Loghi ufficiali: vi chiediamo, per le creativita' (locandine, cartelli) che realizzate, di utilizzare i loghi ufficiali che potete scaricare al seguente link
https://www.dropbox.com/scl/fo/lo9r4i06g268ow7x103sc/h?dl=0&rlkey=xfogpv7hpwlaup3vsxw5zsz1u
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Grafiche
In questa cartella abbiamo inserito le grafiche realizzate (cover facebook, grafiche per FB/IG) a cui ne aggiungeremo altre nei prossimi giorni allo stesso link.
Grafiche One Billion Rising
https://www.dropbox.com/scl/fo/mizfc1w1xl0nu1oywiups/h?dl=0&rlkey=c47347xou5ufqupm4jn90mv0w
Grafica t-shirt
https://www.dropbox.com/scl/fo/h2i75sias7o03r033pf25/h?dl=0&rlkey=ynxdi0h5jbjrgf3d20di36x0o
Grafica stickers
https://www.dropbox.com/scl/fo/4gt4ez978gne73gjwvnqx/h?dl=0&rlkey=4kbdd0091mchnaj1krvhzxoar
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Si puo' organizzare un flash mob durante l'evento One Billion Rising, seguendo la canzone Break the chain e il tutorial ufficiale che trovate qui http://youtu.be/_U5C ZfPydVA o creando una nuova coreografia. L'evento One Billion Rising puo' essere caratterizzato da performance artistiche di ogni genere e da momenti di lettura.
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Autorizzazione One Billion Rising
Al seguente link potete scaricare l'autorizzazione copyright per utilizzo materiali e brani musicali OBR
https://www.dropbox.com/s/d7ambb5ml22dvsj/OBR%20Copyright%20Authorization%202023.pdf?dl=0
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Per quanto riguarda le letture, oltre ai brani de I Monologhi della Vagina, di seguito troverete come suggerimento alcuni testi della fondatrice di One Billion Rising, Eve Ensler
"L'Ufficio della schiavitu' sessuale" http://bit.ly/ufficio_della_schiavitu_sessuale
"L'insurrezione" http://bit.ly /insurrezione
"La mia rivoluzione" http://bit.ly/la_mia_rivoluzione
"Preghiera di un uomo" http://bit.ly/preghiera_ di_un_uomo
"Fino a quando" http://bit.ly/fino_a_quando
"E poi saltavamo" http://bit.ly/e_poi_saltavamo
- la traduzione di M.G.Di Rienzo del brano musicale “Break the chain” credits Tena Clark - Musiche Tena Clark/Tim Heintz
http://bit.ly/traduzione_testo _BreakTheChain
- qui se volete potete trovare altre idee:
https://www.onebillionrising.org
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Per condividere con noi i vostri eventi e/o avere informazioni vi chiediamo di scriverci al seguente indirizzo: obritalia at gmail.com
Ovviamente qualunque aggiunta rispetto a questo "format base" non potra' che essere gradita.
Vi chiediamo se l'idea puo' piacervi e se pensate possa avere un buon riscontro presso le scuole del vostro territorio, le vostre comunita' di riferimento.
Ringraziamo quanti di voi ci hanno anticipato gli eventi in preparazione, la prossima settimana risponderemo singolarmente a chi ci ha scritto con tutti i dettagli. Vi ricordiamo che le magliette saranno pronte non prima del 25 gennaio.
Se avete altre meravigliose idee, noi non potremo Che essere felici!
Grazie per tutto quello che potrete fare! #RiseForFreedom #RiseInSolidarity
Un abbraccio
Nicoletta Billi (333.2432777), Luisa Rizzitelli (345.4767246), Silvia Palermo (339.5028904)
Coordinamento Italia One Billion Rising
3. REPETITA IUVANT. UNA LETTERA ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA
All'ambasciatore dell'Iran in Italia: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir,
Egregio ambasciatore,
le saremmo assai grati se volesse trasmettere al suo governo il seguente appello.
Tutte le tradizioni di pensiero dell'umanita', quali che siano le loro fonti, convengono su queste semplici verita':
- che ogni vita umana deve essere rispettata, onorata e protetta;
- che uccidere e' sempre e solo un male;
- che ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta';
- che rispettare e salvare le vite e' il primo dovere.
Certi del fatto che condividiate queste semplici considerazioni siamo quindi a chiedervi di impegnarvi:
- affinche' nel vostro paese, come in ogni parte del mondo, cessino finalmente le uccisioni e le persecuzioni;
- affinche' nel vostro paese, come in ogni parte del mondo, siano finalmente rispettati la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Vi chiediamo quindi:
- di riconoscere la dignita' e i diritti delle donne, che sono gli stessi degli uomini;
- di non piu' perseguitare, ma piuttosto ascoltare ed onorare, le donne che da mesi nel vostro paese stanno chiedendo "vita e liberta'".
Queste donne che non commettono alcuna violenza, e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela e a loro volta non commettono alcuna violenza, sono amiche ed amici dell'umanita' e del bene comune.
E' un crimine ed una follia perseguitare ed uccidere queste donne che non commettono alcuna violenza, e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela e a loro volta non commettono alcuna violenza.
Vi chiediamo pertanto di adempiere al dovere proprio di ogni ordinamento ed istituto giuridico legittimo: rispettare e proteggere le vite, la dignita' e i diritti di tutte le persone.
Vi chiediamo pertanto di adempiere al dovere di far cessare persecuzioni ed uccisioni.
Sia pace, rispetto ed amicizia fra tutte le persone, i popoli, i paesi.
Distinti saluti dal
"Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 30 dicembre 2022
4. REPETITA IUVANT. TRE TESI
La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
5. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
6. REPETITA IUVANT. SCRIVERE AL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D'AMERICA PER CHIEDERE LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER
Proponiamo di scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente..
Di seguito una proposta di testo della lettera da inviare al Presidente degli Stati Uniti d'America recante la richiesta della grazia presidenziale per Leonard Peltier, e le istruzioni per inviarla attraverso il sito della Casa Bianca.
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: copiare e incollare il messaggio seguente:
Mr. President,
Although I reside far from your country, I am aware of the injustice that has persisted for 47 years against Leonard Peltier, who was denied a review of his trial even after exculpatory evidence emerged for the events of June 26, 1975 on the Pine Ridge (SD) reservation where two federal agents and a Native American lost their lives.
I therefore appeal to your supreme authority to pardon this man, now elderly and ill, after nearly half a century of imprisonment.
I thank you in advance for your positive decision, with best regards.
Traduzione italiana del testo che precede:
Signor Presidente,
sebbene io risieda lontano dal Suo Paese, sono consapevole dell'ingiustizia che persiste da 47 anni nei confronti di Leonard Peltier, al quale e' stata negata la revisione del processo anche dopo che sono emerse prove a discarico per gli eventi del 26 giugno 1975 nella riserva di Pine Ridge (South Dakota) in cui persero la vita due agenti federali e un nativo americano.
Mi appello quindi alla Sua suprema autorita' affinche' conceda la grazia a questo uomo, ormai anziano e malato, dopo quasi mezzo secolo di detenzione.
La ringrazio fin d'ora per la Sua decisione positiva, con i migliori saluti.
7. L'ORA. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
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Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
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Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.
8. RIFERIMENTI. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE
Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it
9. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
10. IRAN. FARIAN SABAHI: UNA RIVOLTA DI TUTTI, RADICALE E SENZA LEADER
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 ottobre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Una rivolta di tutti, radicale e senza leader" e il sommario "I giorni dell'Iran. Le differenze rispetto all'Onda verde del 2009"]
All'inizio delle proteste iraniane l'appello "Hamvatan! Bia ba ham harf bezanim!" ("Compatrioti, parliamoci!") era stato pubblicato dall'agenzia Fars legata ai pasdaran. Parole che, agli iraniani, ricordano quelle usate dal paciere nelle liti di coppia.
Queste sei settimane di proteste e repressione dimostrano pero' che per i vertici di Teheran non sara' facile mettere a tacere il dissenso: parlarsi non serve, cercare un compromesso con la leadership della Repubblica islamica nemmeno. A dimostrarne l'inutilita' sono le vicende di una serie di personaggi che hanno dapprima avuto un ruolo di primo piano nella Rivoluzione del 1979 ma, nel momento in cui hanno assunto un atteggiamento piu' critico, sono stati perseguitati ed estromessi. I casi eclatanti sono quello del Grande ayatollah Montazeri e quello del filosofo Abdolkarim Soroush.
L'ayatollah Montazeri era stato uno dei fedelissimi di Khomeini fin dal tempo delle proteste del 1963 e del suo esilio l'anno successivo. Con la Rivoluzione del 1979, i suoi uomini avevano portato avanti le esecuzioni di massa a Isfahan e lui si era guadagnato il diritto alla successione a capo della Repubblica islamica. Quando aveva osato criticare ulteriori massacri di regime, era stato costretto a rassegnare le dimissioni. Considerato un difensore dei diritti umani, era stato messo agli arresti domiciliari ed e' morto nel 2009, poco dopo le proteste del movimento verde di opposizione che aveva sostenuto.
Un ulteriore caso e' quello del filosofo Abdolkarim Soroush: all'indomani della Rivoluzione del 1979 era stato membro del Consiglio rivoluzionario incaricato delle purghe e dell'islamizzazione delle universita', per poi trasformarsi in una sorta di Martin Luther King dei riformisti ed essere obbligato ad andare in esilio.
Quella in corso non si puo' ancora definire "rivoluzione". I moti di protesta contro lo scia' necessitarono di tredici mesi prima di ottenerne la fuga, il 16 gennaio 1979. Di certo non possiamo etichettarla come "rivoluzione delle donne", perche' in prima linea ci sono tanti uomini. E non e' nemmeno la "rivoluzione dei giovani" perche' a protestare sono anche anziani. E' il caso dell'ottantenne Gohar Eshghi: madre del blogger Sattar Beheshti, arrestato dalla polizia informatica e ucciso in prigione nel 2012, si e' tolta il velo davanti alla telecamera e quel video e' subito diventato virale. Per ora sappiamo che si tratta di proteste che coinvolgono generazioni diverse, dagli adolescenti agli anziani, in molteplici aree dell'Iran, dalla provincia del Kurdistan nell'ovest fino al Sistan e Balucistan nel sudest, passando per le citta'.
Le differenze rispetto al movimento verde del 2009 sono evidenti. Innanzi tutto, a quel tempo c'erano tre leader: Mir Hossein Musavi, sua moglie Zahra Rahnavard, e Mehdi Karrubi. Restarono agli arresti domiciliari per anni. Di loro e' apparsa qualche immagine sui social, invecchiati e senza il carisma di un tempo. In secondo luogo, in quella occasione a protestare era il ceto medio in contesti urbani. Terzo, chiedevano dove fosse finito il loro voto, visto che l'ultraconservatore Mahmoud Ahmadinejad si era aggiudicato un secondo mandato presidenziale. Motivate dai brogli, le rivendicazioni erano in primis politiche. Quarto: la leadership dell'Onda verde invocava la memoria di Khomeini, citava testi ratificati dalle istituzioni della Repubblica islamica e chiedeva, invano, il sostegno dei vertici del clero sciita. Quinto: simbolo di protesta era il velo verde, colore simbolico per l'Islam.
Oggi, tutto e' cambiato, a cominciare dal foulard che viene bruciato come atto di ribellione. I riformisti di un tempo non sono in prima linea e, se interpellati, chiedono di evitare gesti di rottura con il passato. Non ci sono leader e quindi il movimento di protesta non puo' essere decapitato. Le proteste sono partite dalla provincia iraniana del Kurdistan e non dalla capitale. Per scendere in strada, gli iraniani non hanno bisogno di internet, che le autorita' hanno rallentato e, in certi orari, bloccano del tutto. A protestare sono tutte le generazioni e i ceti sociali. La differenza principale, rispetto al 2009, e' che la gente che scende in strada non cerca un qualche compromesso perche' e' ben consapevole che non serve a niente. Ed e' proprio questo il senso dello slogan "Boro gom shod!" ("Andate a quel paese!") rivolto alle autorita' e scandito dalle liceali in diverse localita'.
11. UZBEKISTAN. FARIAN SABAHI: BELTEPA', SARTE IN UZBEKISTAN
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 ottobre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Beltepa', sarte in Uzbekistan" e il sommario "La storia. Un’azienda di donne, il magico intreccio tra due paesi sulla Via della seta"]
Margilan (Uzbekistan) - "Nigora era una giovane sarta uzbeka. Viveva in due locali spogli a Beltepà, un quartiere molto povero all'estrema periferia di Tashkent. Era una brava modellista, si manteneva cucendo abiti. La suocera l'aveva ripudiata, e lei era stata costretta ad andarsene con i suoi due bambini piccoli. Una decina di anni fa, in Uzbekistan se facevi un torto alla madre di tuo marito, lei poteva punirti. Ora il Paese e' molto cambiato". Cosi' racconta Antonella Alotto, ospite del prestigioso Festival Atlas Bayrami che si e' tenuto dal 20 al 22 ottobre a Margilan, il centro di produzione tessile nella fertile Valle della Ferghana.
Nel 2015 la designer torinese ha dato avvio a un'attivita' di produzione e commercio di cappotti, giacche e abiti estivi utilizzando i tessuti tradizionali dell'Uzbekistan: ikat di seta e velluto di seta, e anche qualche stoffa mista di seta e cotone. "L'altezza e' di soli 40 centimetri, sono quindi molto difficili da lavorare. Anche per questo motivo, ho sempre collaborato con le sarte in Uzbekistan, per poi ultimare i capi a Torino. Inizialmente mi appoggiavo a un grande laboratorio a Tashkent, nel quartiere Chilanzar. Quella sartoria era diretta da Lina, cittadina uzbeca di etnia russa con un diploma in moda a Mosca. Con lei lavoravano sette donne, per lo piu' uzbeche ma anche appartenenti alla minoranza tatara qui deportata da Stalin: la popolazione dell'Uzbekistan e' una mescolanza di genti".
"Per la tessitura mi appoggiavo a un gruppo di donne di Margilan che lavoravano in un capannone dove portavano con se' i bambini, consumavano insieme i pasti e cantavano. Li' quelle donne - che avevano il permesso del marito di uscire di casa - avevano qualche spazio tutto loro. Con la pandemia di Covid-19 il gruppo di Margilan si e' dovuto sciogliere, e anche a Tashkent Lina ha dovuto abbandonato il laboratorio di cui non era piu' in grado di sostenere i costi. Ora Lina taglia i tessuti, le donne passano a ritirare da lei e poi cuciono a casa propria. Quei momenti di liberta' sono venuti meno", commenta Alotto che al Festival di Margilan ha organizzato una sfilata e discusso di "The magic mix of Uzbekistan and Italy on the Silk Road" nell'ambito dell'incontro con altri designer provenienti da Olanda, Stati Uniti, Turchia, Corea, Mongolia e Cina.
Sono settemila le aziende che, in Uzbekistan, operano nel settore tessile creando il 4,7 percento del Pil. Pur non essendo cosi' importante rispetto al Pil, il settore artigianale e' comunque rilevante per l'immagine del Paese e quindi per il turismo. Per questo, le autorita' lo promuovono e l'evento di Margilan, patrocinato anche dall'Unesco, ne e' la prova. Ad avvicinarsi ai tessuti ikat, tipici di questo Paese dell'Asia centrale, sono stati anche grandi stilisti come Giorgio Armani, ma hanno rinunciato perche' il materiale a disposizione sul mercato e' limitato: "Sono tessuti a mano, con filati naturali. Ogni donna riesce a tesserne al massimo un metro al giorno. Troppo poco per soddisfare la domanda di un grande brand. Per far conoscere in Occidente questi tessuti occorre costruire un mercato di nicchia, selezionare il materiale migliore e disegnare modelli di uno stile che ne valorizzi la bellezza e sia facilmente proponibile sul mercato internazionale".
Il marchio di Antonella Alotto si chiama Beltepa', come il quartiere di Tashkent, la capitale uzbeca dove viveva Nigora. Si trova nei pressi del mercato Chorsu, caratterizzato da cupole azzurre che richiamano quelle delle madrase, le scuole religiose. E' il mercato all'ingrosso e al dettaglio piu' grande dell'Asia centrale, dove si comprano alimentari e prodotti di artigianato.
Beltepa' e' il nome di una piccola azienda al femminile, a cui collaborano le figlie Giulia e Cecilia. Una realta' in crescita: il 18 novembre (ore 18) saranno al Circolo dei Lettori di Torino e dal 5 al 12 dicembre presenteranno la collezione nello showroom Apropo Studio di New York (13-15 West 28th Street). Beltepa' e' anche un omaggio a una persona che ha lasciato il segno: "A presentarmi Nigora era stata una studentessa di mio marito Andrea De Marchi, professore di fisica al Politecnico di Torino e Rettore della sede di Tashkent. Dal 2014 al 2018 abitavamo in pianta stabile a Tashkent. Nigora era piccola e bruna, non portava mai il velo. Quando l'ho vista con il capo coperto le chiesi che cosa fosse successo. Pensavo avesse fatto un voto, talvolta succede. E invece si era ammalata di tumore al seno, aveva perso i capelli con la chemio. Per questo aveva scelto di indossare il foulard. E' mancata nel 2018, i bambini sono andati a vivere con i nonni materni".
12. LIBRI. FARIAN SABAHI: IL DESTINO NEGATO DI UNA GIOVANE DONNA NELL'IRAN DEGLI ANNI OTTANTA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 ottobre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Il destino negato di una giovane donna nell'Iran degli anni Ottanta" e il sommario "Narrativa. "L'ultimo gioco di Banu", un romanzo di Belgheis Soleymani, per Brioschi Editore"]
Ambientato negli anni Ottanta in un villaggio sperduto dell'Iran, il romanzo L'ultimo gioco di Banu e' quanto mai attuale perche' narra le vicende di una ragazza di provincia, vittima di un sistema patriarcale in cui anche le donne possono avere il ruolo di carnefici. A salvarla dagli intrighi del destino saranno l'intelligenza e la determinazione.
Orfana di padre, Banu vive con la madre e il fratellino. A cambiarle la vita sono i libri che riceve in dono da Akhtar, una militante nei Fedayeen del Popolo (un gruppo armato di opposizione al governo), appartenente alla famiglia dove la madre fa le pulizie. Sono quei volumi a farle immaginare un futuro diverso, lontano dal matrimonio combinato con un cugino scapestrato. In Iran la scuola e' gratuita e obbligatoria. Fin da piccola, tutto l'impegno di Banu viene rivolto allo studio: e' la prima della classe. A turbarle l'esistenza e' pero' la morte violenta della giovane Akhtar.
Alle soglie dell'adolescenza, Banu si innamora di un ragazzo cresciuto a Teheran in una famiglia ricca, con il padre colonnello che comanda e ruba a destra e manca. Lui si sente in debito di fronte alla massa indigente e sventurata e, per questo, decide "insieme ai suoi compagni di universita' di andare a lavorare per i diseredati. "Prima facevamo lavoretti al sud (della capitale), nei quartieri poveri, come aggiustare i tetti, pulire le strade, fare riparazioni e cosi' via. Poi siamo passati ai villaggi per aiutare i contadini nel periodo della raccolta". Infine, "dopo la rivoluzione del 1979 e la chiusura delle universita', un amico che veniva da Kerman ha proposto di provare con le attivita' culturali. Diceva: "L'attivita' didattica vuol dire istruire la popolazione". E' stato lui a procurarmi un posto come insegnante presso gli uffici del ministero dell'Istruzione. Ho scelto un villaggio di nomadi, non c'era ne' acqua ne' luce, era pieno di ragazzini analfabeti".
Dopo un periodo nel paesino dove vive Banu, il giovane torna a Teheran. Svaniscono cosi' le speranze di sposarsi con un laureato di buona famiglia. Passano le stagioni. I buoni voti a scuola non sono sufficienti a cambiare il destino di un'orfana, anche perche' nell'Iran degli anni Ottanta non sono le ragazze a decidere. Ed e' cosi' che la madre accetta - per conto della figlia - l'offerta di matrimonio di un uomo di regime, benestante. Un signore maturo, con il turbante del clero sciita e, sullo scaffale, solo libri di teologia, non romanzi. E' lui il responsabile della morte di Akhtar. Banu non ha scelta: in cambio della verginita' della figlia, la madre intasca il denaro indispensabile alla sopravvivenza e finanche al benessere. In Iran funziona cosi': si chiama mehrieh ed e' il "prezzo della sposa".
Opera della scrittrice Belgheis Soleymani, nata nella provincia di Kerman nel 1963 e attualmente residente in Iran, questo bel romanzo e' suddiviso in capitoli narrati da voci diverse. E' stato ristampato una dozzina di volte, nel 2006 ha vinto il prestigioso premio Mehregan nella sezione miglior romanzo. Nello stesso anno, ha avuto la menzione speciale al premio letterario di Isfahan. Tradotto in inglese e in arabo, in italiano e' disponibile nella traduzione dal persiano di Faezeh Mardani, docente di Lingua e letteratura persiana contemporanea all'Universita' di Bologna. E' pubblicato dall'editore milanese Francesco Brioschi nella collana Gli Altri. L'ultimo gioco di Banu (pp. 248, euro 18) sara' presentato alla Casa delle donne di Milano il 3 novembre alle 18:30 nell'ambito di un evento dedicato alle proteste in Iran.
13. IRAN. FARIAN SABAHI: "EROINA": LA FOLLA A TEHERAN ACCLAMA ELNAZ REKABI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 ottobre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "'Eroina': la folla a Teheran acclama Elnaz Rekabi" e il sommario "Iran. L'atleta iraniana ha gareggiato a Seul senza velo. "Mi e' scivolato nell'arrampicata". Khamenei si fa fotografare con delle studentesse universitarie velate da capo a piedi. Intanto Teheran ricorre alla sorveglianza digitale contro la rivolta"]
"Hai fatto bene Elnaz! Sei la nostra eroina!". Cosi' un migliaio di amici e parenti ha accolto l'arrampicatrice Elnaz Rekabi al suo arrivo all'aeroporto di Teheran alle 4 del mattino. In segno di solidarieta' con le proteste innescate dalla morte della ventiduenne curda Mahsa Amini, ha gareggiato a Seul senza velo, obbligatorio per le atlete iraniane in patria e all'estero.
La International Federation of Sport Climbing (IFSC) ha recuperato il video della sua arrampicata: inizia la competizione con una bandana per poi indossare, nell'ultima parte della scalata su una parete impervia, soltanto una fascia per capelli. Amici e parenti hanno temuto per la sua vita: e' partita da Seul con 48 ore di anticipo, ed erano giorni che non era raggiungibile al telefono. Tra le ammiratrici presenti agli arrivi, tante avevano il cappellino con la visiera al posto del foulard.
Per salvare la pelle, propria e del marito rimasto a Teheran, l'atleta ha provato a scusarsi dapprima su Instagram: se e' stata vista senza velo, e' soltanto perché le sarebbe "scivolato accidentalmente" durante la performance sportiva. In aeroporto, davanti alle telecamere, ha aggiunto: "Sono stata chiamata per gareggiare quando non me l'aspettavo, mi sono ritrovata impigliata nella mia attrezzatura tecnica. Per questo non ho fatto attenzione al velo che avrei dovuto indossare".
Non le ha creduto nessuno, e infatti e' stata convocata dal ministro dello Sport: ci sara' un'inchiesta. Scusandosi, Elnaz ha cercato di usare a proprio vantaggio la dissimulazione tipica dello sciismo: da sempre minoritari, anche nel mondo islamico, gli sciiti hanno il dovere di mentire laddove puo' salvare la vita a loro stessi e al loro entourage. Se l'atleta rilascia dichiarazioni del tipo "va tutto bene" e' perche', fin dai tempo dello scia', le autorita' iraniane esercitano pressione affinche' si salvino le apparenze.
Intanto, nel disperato tentativo di contrastare le immagini di donne svelate, il leader supremo ayatollah Khamenei si e' fatto fotografare con una classe di studentesse universitarie velate da capo a piedi con il chador e... con la mascherina utilizzata durante la pandemia. Un'immagine bizzarra, perche' in aula le ragazze indossano di solito pantaloni, spolverino e maghnae (il velo che assomiglia a quello delle suore, con la cucitura per non farlo scivolare).
A negare la realta', e quindi anche il dissenso, e' stato il deputato di Ardebil, la citta' azerbaigiana dove la sedicenne Esra Panahi era stata uccisa a scuola il 12 ottobre. "Che *** me ne frega se Esra Panahi s'e' presa una pillola ed e' morta!".
Ha esordito cosi' l'hojatoleslam Kazem Musavi, insinuando che la sedicenne non andasse "nemmeno a lezione" e si sia "suicidata". Anche lei, come tante altre vittime della repressione di regime. Ha poi aggiunto che coloro che in queste cinque settimane sono scesi in strada nelle province dell'Azerbaigian non sono "gente del posto".
Il deputato Musavi e' un membro del clero sciita con il rango di hojatoleslam, e quindi uno scalino sotto quello di ayatollah. Al tempo dello scia', erano stati alcuni membri del clero sciita - tra cui l'ayatollah Khomeini - a mettersi dalla parte del popolo che protestava contro un sistema politico che non li rappresentava.
Ora, mentre l'ayatollah Khamenei da' ordine di reprimere il dissenso, il clero sciita nella citta' santa di Qum preferisce astenersi dal dare opinioni sulla politica, anche perche' il dissenso viene punito con severita'.
Nel caso dell'assassinio di Mahsa Amini, a rompere il silenzio sono stati soltanto il Grande ayatollah Asadollah Bayat Zanjani e il Grande Ayatollah Mohammad Javad Alavi Boroujerdi. In pubblico, hanno espresso rammarico per la morte di Amini e hanno osato criticare il comportamento di alcune forze di sicurezza. Zanjani e Boroujerdi sono figure teologiche di rilievo: continuano a pubblicare testi religiosi e non accettano di rientrare nell'elenco degli ayatollah promossi d'ufficio, in cambio di lealta' al regime.
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Postilla della redazione esteri del "Manifesto": App, droni e telecamere per spiare la rivolta
Teheran potrebbe vietare la vendita dei Vpn, le reti virtuali private usate nel paese per bypassare i blocchi a internet. Lo ha prospettato ieri il ministro delle telecomunicazioni Issa Zarepour. Sul tavolo una legge che prevede il carcere nel caso di violazioni.
Ma la tecnologia puo' essere "amica": pochi giorni fa il Wall Street Journal ha ricostruito alcune tecniche usate dalle forze di sicurezza iraniane nelle piazze: accanto ai classici agenti in borghese, Teheran ricorre a sorveglianza digitale tramite telecamere apposte nelle universita' e nelle piazze, app di delivery e droni per individuare gli attivisti che, per evitare arresti di massa, stanno preferendo azioni brevi di piccoli gruppi alle mobilitazioni molto partecipate. (red. esteri).
14. IRAN. FARIAN SABAHI: LICEALE UCCISA PER UN INNO. PAURA PER L'ATLETA SENZA VELO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 19 ottobre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Liceale uccisa per un inno. Paura per l'atleta senza velo" e il sommario "Iran. La 16enne Asra Panahi picchiata a morte per aver rifiutato di cantare. Studenti in corteo a Teheran. Dopo la gara a Seul, la scalatrice Elnaz Rekabi sarebbe diretta nel temuto carcere di Evin"]
Nella Repubblica islamica dell'Iran alle donne e' vietato cantare in pubblico. Paradossalmente, in certe circostanze sono invece obbligare a cantare e, se rifiutano, rischiano di essere uccise.
E' successo alla liceale Asra Panahi, 16 anni, assassinata dalle forze di sicurezza: l'hanno picchiata a sangue perche', con altre compagne di classe, si era rifiutata di cantare un inno dedicato alla Guida suprema, l'ayatollah Khamenei.
Lo denuncia su Telegram il Consiglio di Coordinamento del sindacato iraniano degli insegnanti, secondo cui varie ragazze sono state trasferite in ospedale dopo il pestaggio in una scuola nella citta' azerbaigiana di Ardebil (nord ovest), teatro di proteste di larga portata.
Ed e' proprio qui, nelle province dell'Azerbaigian, che i vertici di Teheran temono il fermento, dopo i disordini nelle province iraniane del Kurdistan (ovest) e Sistan e Balucistan (sud est).
Avvocato e vicepresidente della Commissione per i diritti umani dell'Ordine degli avvocati nella provincia dell'Azerbaigian orientale, giovedi' scorso Sina Yousefi aveva dichiarato che le persone arrestate nel capoluogo Tabriz sono oltre 1.700 e nulla si sa del loro destino.
Tra questi, lo studente Aysan Adibek e sua sorella Siddika Adibek: spariti la settimana scorsa, non hanno contattato la famiglia e non hanno un avvocato. Yousefi aveva quindi dato avvio a un comitato di difesa per i manifestanti arrestati, ma venerdi' e' stato fermato dalle forze di sicurezza e non si sa dove sia finito.
Se ieri pomeriggio a Teheran su viale Enqelab, il viale della Rivoluzione, c'erano cortei pacifici di studenti che camminavano in gruppo, passando davanti alle forze di sicurezza, a preoccupare e' Elnaz Rekabi.
Domenica pomeriggio la scalatrice iraniana ha gareggiato in una competizione di arrampicata a Seul senza velo. Per questo motivo - scrive IranWire, sito di giornalisti dissidenti iraniani - sara' trasferita direttamente da Seul nella famigerata prigione di Evin a Teheran.
La giovane sarebbe stata ingannata dal capo della Federazione di arrampicata iraniana: obbedendo agli ordini dei pasdaran, l'avrebbe condotta dall'albergo di Seul all'ambasciata iraniana.
Ieri pomeriggio l'atleta ha scritto un post su Instagram per dire che il copricapo le e' caduto "inavvertitamente": "Mi scuso per avervi fatto preoccupare, sto tornando a Teheran insieme alla squadra". Se Elnaz Rekabi torna in Iran, senza chiedere asilo politico, e' perche' suo marito e' li'.
Il suo caso e' stato sollevato dalle Nazioni Unite con le autorita' iraniane: "Seguiremo la vicenda da molto vicino - ha dichiarato Ravina Shamdasani, portavoce dell'Ufficio dell'Alto commissariato Onu per i diritti umani con sede a Ginevra - Le donne non dovrebbero mai essere perseguite per cio' che indossano e non dovrebbero mai essere sottoposte a violazioni come la detenzione arbitraria o altre violenze per come sono vestite".
In Iran, le donne praticano sport fin dai tempi dello scia' quando, in pantaloncini corti o minigonna, servivano a dare l'immagine di un paese moderno: erano un tassello nella propaganda di regime.
Nella Repubblica islamica, praticare sport rispettando le regole non e' facile: il velo e' sempre obbligatorio, cosi' come un abbigliamento che copra il corpo e ne nasconda le forme.
Per le iraniane, lo sport e' stato e resta uno strumento di emancipazione, ma non tutte le storie sono a lieto fine: campionessa nei 20 km rana femminile in acque aperte, quando Elham Asghari decise di fare il giro dell'isola di Kish, nel Golfo persico - dandosi tre giorni di tempo - venne investita da una barca della polizia. Un trauma fisico e psicologico. A convincerla a non mollare era stato il padre, ex lottatore olimpico.
La speranza e' che - in questa battaglia per maggiori diritti - gli uomini siano accanto alle donne.
15. IRAN. FARIAN SABAHI: HAMED ESMAILION: "NELLA DIASPORA CI SONO IRANIANI CHE POSSONO GUIDARE IL PAESE"
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 18 ottobre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Hamed Esmailion: 'Nella diaspora ci sono iraniani che possono guidare il paese'" e il sommario "Iran. Intervista al portavoce dell'Associazione delle vittime del volo PS752 in vista del raduno globale a Berlino del 22 ottobre e della petizione inviata ai paesi del G7. Intanto sale a otto il numero di morti nel carcere di Evin"]
"Per rieducare le bad-hejabi' (le mal velate) non basta un seminario di orientamento sul velo con la polizia morale, della durata di due ore. Per far capire a queste ragazze come comportarsi dovremmo farle sposare con dei mullah".
Dopo la morte di Mahsa Amini, aveva esordito cosi' Ansieh Khazali, vicepresidente per gli affari femminili e della famiglia nel governo dell'ultraconservatore Ebrahim Raisi. La proposta era stata subito smentita, ma intanto la vicepresidente era stata criticata perché suo figlio e' emigrato in Canada, dove sviluppa software per i VPM Betternet: la nomenclatura della Repubblica islamica manda i figli all'estero, in Paesi reputati nemici di Teheran.
Secondo il sito KhabarOnline che cita Hajer Cenarani, rappresentante in parlamento per la citta' di Nishabur, "5.400 figli di dipendenti governativi lavorano e vivono in America, Canada e in Europa". A tal proposito il deputato ha chiesto provocatoriamente: "Come potete definire questi Paesi nemici della Repubblica Islamica se poi mandate i vostri figli a viverci?".
Intanto, nelle strade iraniane si continua a morire. In queste cinque settimane sono almeno 23 i minori uccisi e centinaia di altri feriti, detenuti e torturati nella repressione del movimento di contestazione che sta attraversando il Paese.
Un comitato delle Nazioni Unite ha fatto appello all'Iran affinche' metta fine a queste gravi violazioni. Ed e' salito a otto il numero di detenuti morti per soffocamento sabato notte nel famigerato carcere di Evin, a Teheran nord, in seguito a un incendio e a una sparatoria, e ulteriori 61 detenuti sono feriti. In questa prigione sono rinchiusi molti dei dimostranti arrestati nonché prigionieri politici, attivisti, rappresentanti dei gruppi etnici e religiosi, i sindacalisti, ostaggi stranieri e quelli con doppia nazionalita'.
In solidarieta' con le proteste in Iran, sabato 22 ottobre ci sara' una grande manifestazione a Berlino organizzata da Hamed Esmailion, portavoce dell'Associazione Vittime PS752 che rappresenta le famiglie dei morti del volo PS752 delle linee aeree ucraine abbattuto per errore dai pasdaran l'8 gennaio 2020 sui cieli di Teheran poco dopo il decollo.
Le autorita' iraniane negarono di avere un qualche ruolo. 176 i morti, molti iraniani e tanti altri iraniani naturalizzati canadesi. Avrebbero fatto scalo a Kiev per tornare in Nord America dopo le vacanze natalizie. Su quel volo, si erano imbarcate anche la moglie e la figlia di Hamed Esmailion.
"Eravamo dentisti e abitavamo nei pressi di Toronto. Nel 2014 mio padre si era ammalato e siamo tornati in Iran. Varcata la frontiera, mi hanno confiscato il passaporto: su Facebook ero stato critico nei confronti della Repubblica islamica. Finii in lista nera. All'inizio del 2020 siamo stati invitati al matrimonio di mia cognata in Canada ma, non potendo uscire dall'Iran, a partire furono solo mia moglie e nostra figlia".
Hamed Esmailion e' tra coloro che hanno lanciato la petizione in cui si chiede al G7 - e quindi ai ministri degli Esteri di Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Giappone, Canada e Stati Uniti - "di esigere in modo deciso e inequivocabilmente il rilascio di tutti i prigionieri di coscienza in Iran, e di dichiarare personae non gratae gli ambasciatori e gli altri rappresentanti del regime islamico nei vostri Paesi, alle dipendenze delle ambasciate o di istituzioni internazionali e chiedere la loro rimozione dagli incarichi in protesta al trattamento illegale e inumano di coloro che protestano in Iran".
La petizione serve a fare pressione, ma cacciare i diplomatici iraniani puo' essere un'arma a doppio taglio: i vertici di Teheran farebbero altrettanto con la diplomazia occidentale e questo potrebbe danneggiare i manifestanti.
Nella petizione si chiede inoltre "ai Paesi del G7 di congelare i beni della leadership iraniana all'estero", sulla falsariga di quanto fatto con gli oligarchi russi. E si chiede di garantire l'accesso a internet agli abitanti dell'Iran: "E' assurdo che un Paese possa essere disconnesso dal resto del mondo".
Un intervento militare contro la Repubblica islamica e' pero' escluso dalle richieste degli attivisti: "Ho gia' perso la mia famiglia in guerra". I vertici di Teheran accusano l'Occidente di interferenze: "Non ha senso, a protestare sono anche le liceali, non hanno legami con Paesi stranieri". Le contestazioni in corso non hanno un leader: "Se la Repubblica islamica dovesse cadere, nella diaspora ci sono persone competenti".
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 30 del 30 gennaio 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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Numero 30 del 30 gennaio 2023
In questo numero:
1. Le armi uccidono, il disarmo salva le vite
2. One Billion Rising: Iniziative 2023
3. Una lettera all'ambasciata dell'Iran in Italia
4. Tre tesi
5. Ripetiamo ancora una volta...
6. Scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere la liberazione di Leonard Peltier
7. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
8. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
9. Alcuni riferimenti utili
10. Farian Sabahi: Una rivolta di tutti, radicale e senza leader
11. Farian Sabahi: Beltepa', sarte in Uzbekistan
12. Farian Sabahi: Il destino negato di una giovane donna nell'Iran degli anni Ottanta
13. Farian Sabahi: "Eroina": la folla a Teheran acclama Elnaz Rekabi
14. Farian Sabahi: Liceale uccisa per un inno. Paura per l'atleta senza velo
15. Farian Sabahi: Hamed Esmailion: "Nella diaspora ci sono iraniani che possono guidare il paese"
1. L'ORA. LE ARMI UCCIDONO, IL DISARMO SALVA LE VITE
Salvare le vite e' il primo dovere.
2. INIZIATIVE. ONE BILLION RISING: INIZIATIVE 2023
[Dal Coordinamento Italia One Billion Rising (e-mail: obritalia at gmail.com) riceviamo e diffondiamo]
Carissime amiche e amici di One Billion Rising, ci siamo quasi.
E' straordinario immaginare quest'anno di poter tornare nelle piazze, nelle strade, nei luoghi pubblici delle citta', insieme, per tornare a danzare in sostegno e solidarieta' e ad alta voce rivendicare la fine delle molteplici atrocita' perpetrate sulle donne e sulle bambine nel mondo. Tentano di recidere, annientare la forza vitale del pianeta, non ci riusciranno.
Parlare con ragazzi e ragazze, studenti, professori, leggere, commentare i fatti di violenza, dare i nomi alle cose, questi sono i primi passi della rivoluzione di cui tutte e tutti noi portiamo la bandiera.
Le forme di arte che accompagnano l'evento OBR nel mondo si prestano ad un gioioso coinvolgimento, ma non vogliamo far mancare anche un momento di preparazione e di formazione.
Per questo motivo chiediamo di partecipare ad OBR 2023, coinvolgendo anche i giovani e le scuole, a cui poter proporre:
- un incontro, anche on line, con una o piu' classi sul tema della violenza maschile sulle donne, della durata minima di due ore
- la preparazione della coreografia del brano musicale Break the Chain
- l'esecuzione della coreografia nella settimana dal 12 al 19 febbraio 2023
- la lettura di alcuni pensieri/ componimenti realizzati dalle ragazze e dai ragazzi delle classi coinvolte
*
Per facilitare l'organizzazione dell'evento vi inviamo alcune semplici indicazioni che potrete seguire:
Iscrizione al sito per segnalare il vostro evento: cliccate su http://bit.ly/Registra_il_t uo_evento_sulla_pagina_internazionale_OBR e invitate altre associazioni, gruppi, scuole, scuole di danza, amici a partecipare... piu' siamo, meglio e'!
*
Attivita' sui social: vi chiediamo di pubblicare tanti contenuti (foto, video, ecc) sui social utilizzando gli hashtag ufficiali e di invitare i propri contatti a fare lo stesso, cosi' da diffondere anche li' il nostro messaggio. Seguite e taggate anche i profili social di One Billion Rising Italia cosi' potremo condividere i vostri post, stories, ecc.
Facebook https://www.facebook. com/obritalia
Instagram https://www.instagram.com/onebillionrisingitalia/
Hashtag ufficiali: #1BillionRising #RiseForFreedom #CreateTheNewCulture #RiseInSolidarity
A conclusione delle iniziative, vi chiediamo di inviare foto e video a: obritalia at gmail.com
*
Loghi ufficiali: vi chiediamo, per le creativita' (locandine, cartelli) che realizzate, di utilizzare i loghi ufficiali che potete scaricare al seguente link
https://www.dropbox.com/scl/fo/lo9r4i06g268ow7x103sc/h?dl=0&rlkey=xfogpv7hpwlaup3vsxw5zsz1u
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Grafiche
In questa cartella abbiamo inserito le grafiche realizzate (cover facebook, grafiche per FB/IG) a cui ne aggiungeremo altre nei prossimi giorni allo stesso link.
Grafiche One Billion Rising
https://www.dropbox.com/scl/fo/mizfc1w1xl0nu1oywiups/h?dl=0&rlkey=c47347xou5ufqupm4jn90mv0w
Grafica t-shirt
https://www.dropbox.com/scl/fo/h2i75sias7o03r033pf25/h?dl=0&rlkey=ynxdi0h5jbjrgf3d20di36x0o
Grafica stickers
https://www.dropbox.com/scl/fo/4gt4ez978gne73gjwvnqx/h?dl=0&rlkey=4kbdd0091mchnaj1krvhzxoar
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Si puo' organizzare un flash mob durante l'evento One Billion Rising, seguendo la canzone Break the chain e il tutorial ufficiale che trovate qui http://youtu.be/_U5C ZfPydVA o creando una nuova coreografia. L'evento One Billion Rising puo' essere caratterizzato da performance artistiche di ogni genere e da momenti di lettura.
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Autorizzazione One Billion Rising
Al seguente link potete scaricare l'autorizzazione copyright per utilizzo materiali e brani musicali OBR
https://www.dropbox.com/s/d7ambb5ml22dvsj/OBR%20Copyright%20Authorization%202023.pdf?dl=0
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Per quanto riguarda le letture, oltre ai brani de I Monologhi della Vagina, di seguito troverete come suggerimento alcuni testi della fondatrice di One Billion Rising, Eve Ensler
"L'Ufficio della schiavitu' sessuale" http://bit.ly/ufficio_della_schiavitu_sessuale
"L'insurrezione" http://bit.ly /insurrezione
"La mia rivoluzione" http://bit.ly/la_mia_rivoluzione
"Preghiera di un uomo" http://bit.ly/preghiera_ di_un_uomo
"Fino a quando" http://bit.ly/fino_a_quando
"E poi saltavamo" http://bit.ly/e_poi_saltavamo
- la traduzione di M.G.Di Rienzo del brano musicale “Break the chain” credits Tena Clark - Musiche Tena Clark/Tim Heintz
http://bit.ly/traduzione_testo _BreakTheChain
- qui se volete potete trovare altre idee:
https://www.onebillionrising.org
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Per condividere con noi i vostri eventi e/o avere informazioni vi chiediamo di scriverci al seguente indirizzo: obritalia at gmail.com
Ovviamente qualunque aggiunta rispetto a questo "format base" non potra' che essere gradita.
Vi chiediamo se l'idea puo' piacervi e se pensate possa avere un buon riscontro presso le scuole del vostro territorio, le vostre comunita' di riferimento.
Ringraziamo quanti di voi ci hanno anticipato gli eventi in preparazione, la prossima settimana risponderemo singolarmente a chi ci ha scritto con tutti i dettagli. Vi ricordiamo che le magliette saranno pronte non prima del 25 gennaio.
Se avete altre meravigliose idee, noi non potremo Che essere felici!
Grazie per tutto quello che potrete fare! #RiseForFreedom #RiseInSolidarity
Un abbraccio
Nicoletta Billi (333.2432777), Luisa Rizzitelli (345.4767246), Silvia Palermo (339.5028904)
Coordinamento Italia One Billion Rising
3. REPETITA IUVANT. UNA LETTERA ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA
All'ambasciatore dell'Iran in Italia: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir,
Egregio ambasciatore,
le saremmo assai grati se volesse trasmettere al suo governo il seguente appello.
Tutte le tradizioni di pensiero dell'umanita', quali che siano le loro fonti, convengono su queste semplici verita':
- che ogni vita umana deve essere rispettata, onorata e protetta;
- che uccidere e' sempre e solo un male;
- che ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta';
- che rispettare e salvare le vite e' il primo dovere.
Certi del fatto che condividiate queste semplici considerazioni siamo quindi a chiedervi di impegnarvi:
- affinche' nel vostro paese, come in ogni parte del mondo, cessino finalmente le uccisioni e le persecuzioni;
- affinche' nel vostro paese, come in ogni parte del mondo, siano finalmente rispettati la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Vi chiediamo quindi:
- di riconoscere la dignita' e i diritti delle donne, che sono gli stessi degli uomini;
- di non piu' perseguitare, ma piuttosto ascoltare ed onorare, le donne che da mesi nel vostro paese stanno chiedendo "vita e liberta'".
Queste donne che non commettono alcuna violenza, e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela e a loro volta non commettono alcuna violenza, sono amiche ed amici dell'umanita' e del bene comune.
E' un crimine ed una follia perseguitare ed uccidere queste donne che non commettono alcuna violenza, e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela e a loro volta non commettono alcuna violenza.
Vi chiediamo pertanto di adempiere al dovere proprio di ogni ordinamento ed istituto giuridico legittimo: rispettare e proteggere le vite, la dignita' e i diritti di tutte le persone.
Vi chiediamo pertanto di adempiere al dovere di far cessare persecuzioni ed uccisioni.
Sia pace, rispetto ed amicizia fra tutte le persone, i popoli, i paesi.
Distinti saluti dal
"Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 30 dicembre 2022
4. REPETITA IUVANT. TRE TESI
La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
5. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
6. REPETITA IUVANT. SCRIVERE AL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D'AMERICA PER CHIEDERE LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER
Proponiamo di scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente..
Di seguito una proposta di testo della lettera da inviare al Presidente degli Stati Uniti d'America recante la richiesta della grazia presidenziale per Leonard Peltier, e le istruzioni per inviarla attraverso il sito della Casa Bianca.
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: copiare e incollare il messaggio seguente:
Mr. President,
Although I reside far from your country, I am aware of the injustice that has persisted for 47 years against Leonard Peltier, who was denied a review of his trial even after exculpatory evidence emerged for the events of June 26, 1975 on the Pine Ridge (SD) reservation where two federal agents and a Native American lost their lives.
I therefore appeal to your supreme authority to pardon this man, now elderly and ill, after nearly half a century of imprisonment.
I thank you in advance for your positive decision, with best regards.
Traduzione italiana del testo che precede:
Signor Presidente,
sebbene io risieda lontano dal Suo Paese, sono consapevole dell'ingiustizia che persiste da 47 anni nei confronti di Leonard Peltier, al quale e' stata negata la revisione del processo anche dopo che sono emerse prove a discarico per gli eventi del 26 giugno 1975 nella riserva di Pine Ridge (South Dakota) in cui persero la vita due agenti federali e un nativo americano.
Mi appello quindi alla Sua suprema autorita' affinche' conceda la grazia a questo uomo, ormai anziano e malato, dopo quasi mezzo secolo di detenzione.
La ringrazio fin d'ora per la Sua decisione positiva, con i migliori saluti.
7. L'ORA. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
*
Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
*
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.
8. RIFERIMENTI. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE
Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it
9. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
10. IRAN. FARIAN SABAHI: UNA RIVOLTA DI TUTTI, RADICALE E SENZA LEADER
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 ottobre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Una rivolta di tutti, radicale e senza leader" e il sommario "I giorni dell'Iran. Le differenze rispetto all'Onda verde del 2009"]
All'inizio delle proteste iraniane l'appello "Hamvatan! Bia ba ham harf bezanim!" ("Compatrioti, parliamoci!") era stato pubblicato dall'agenzia Fars legata ai pasdaran. Parole che, agli iraniani, ricordano quelle usate dal paciere nelle liti di coppia.
Queste sei settimane di proteste e repressione dimostrano pero' che per i vertici di Teheran non sara' facile mettere a tacere il dissenso: parlarsi non serve, cercare un compromesso con la leadership della Repubblica islamica nemmeno. A dimostrarne l'inutilita' sono le vicende di una serie di personaggi che hanno dapprima avuto un ruolo di primo piano nella Rivoluzione del 1979 ma, nel momento in cui hanno assunto un atteggiamento piu' critico, sono stati perseguitati ed estromessi. I casi eclatanti sono quello del Grande ayatollah Montazeri e quello del filosofo Abdolkarim Soroush.
L'ayatollah Montazeri era stato uno dei fedelissimi di Khomeini fin dal tempo delle proteste del 1963 e del suo esilio l'anno successivo. Con la Rivoluzione del 1979, i suoi uomini avevano portato avanti le esecuzioni di massa a Isfahan e lui si era guadagnato il diritto alla successione a capo della Repubblica islamica. Quando aveva osato criticare ulteriori massacri di regime, era stato costretto a rassegnare le dimissioni. Considerato un difensore dei diritti umani, era stato messo agli arresti domiciliari ed e' morto nel 2009, poco dopo le proteste del movimento verde di opposizione che aveva sostenuto.
Un ulteriore caso e' quello del filosofo Abdolkarim Soroush: all'indomani della Rivoluzione del 1979 era stato membro del Consiglio rivoluzionario incaricato delle purghe e dell'islamizzazione delle universita', per poi trasformarsi in una sorta di Martin Luther King dei riformisti ed essere obbligato ad andare in esilio.
Quella in corso non si puo' ancora definire "rivoluzione". I moti di protesta contro lo scia' necessitarono di tredici mesi prima di ottenerne la fuga, il 16 gennaio 1979. Di certo non possiamo etichettarla come "rivoluzione delle donne", perche' in prima linea ci sono tanti uomini. E non e' nemmeno la "rivoluzione dei giovani" perche' a protestare sono anche anziani. E' il caso dell'ottantenne Gohar Eshghi: madre del blogger Sattar Beheshti, arrestato dalla polizia informatica e ucciso in prigione nel 2012, si e' tolta il velo davanti alla telecamera e quel video e' subito diventato virale. Per ora sappiamo che si tratta di proteste che coinvolgono generazioni diverse, dagli adolescenti agli anziani, in molteplici aree dell'Iran, dalla provincia del Kurdistan nell'ovest fino al Sistan e Balucistan nel sudest, passando per le citta'.
Le differenze rispetto al movimento verde del 2009 sono evidenti. Innanzi tutto, a quel tempo c'erano tre leader: Mir Hossein Musavi, sua moglie Zahra Rahnavard, e Mehdi Karrubi. Restarono agli arresti domiciliari per anni. Di loro e' apparsa qualche immagine sui social, invecchiati e senza il carisma di un tempo. In secondo luogo, in quella occasione a protestare era il ceto medio in contesti urbani. Terzo, chiedevano dove fosse finito il loro voto, visto che l'ultraconservatore Mahmoud Ahmadinejad si era aggiudicato un secondo mandato presidenziale. Motivate dai brogli, le rivendicazioni erano in primis politiche. Quarto: la leadership dell'Onda verde invocava la memoria di Khomeini, citava testi ratificati dalle istituzioni della Repubblica islamica e chiedeva, invano, il sostegno dei vertici del clero sciita. Quinto: simbolo di protesta era il velo verde, colore simbolico per l'Islam.
Oggi, tutto e' cambiato, a cominciare dal foulard che viene bruciato come atto di ribellione. I riformisti di un tempo non sono in prima linea e, se interpellati, chiedono di evitare gesti di rottura con il passato. Non ci sono leader e quindi il movimento di protesta non puo' essere decapitato. Le proteste sono partite dalla provincia iraniana del Kurdistan e non dalla capitale. Per scendere in strada, gli iraniani non hanno bisogno di internet, che le autorita' hanno rallentato e, in certi orari, bloccano del tutto. A protestare sono tutte le generazioni e i ceti sociali. La differenza principale, rispetto al 2009, e' che la gente che scende in strada non cerca un qualche compromesso perche' e' ben consapevole che non serve a niente. Ed e' proprio questo il senso dello slogan "Boro gom shod!" ("Andate a quel paese!") rivolto alle autorita' e scandito dalle liceali in diverse localita'.
11. UZBEKISTAN. FARIAN SABAHI: BELTEPA', SARTE IN UZBEKISTAN
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 ottobre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Beltepa', sarte in Uzbekistan" e il sommario "La storia. Un’azienda di donne, il magico intreccio tra due paesi sulla Via della seta"]
Margilan (Uzbekistan) - "Nigora era una giovane sarta uzbeka. Viveva in due locali spogli a Beltepà, un quartiere molto povero all'estrema periferia di Tashkent. Era una brava modellista, si manteneva cucendo abiti. La suocera l'aveva ripudiata, e lei era stata costretta ad andarsene con i suoi due bambini piccoli. Una decina di anni fa, in Uzbekistan se facevi un torto alla madre di tuo marito, lei poteva punirti. Ora il Paese e' molto cambiato". Cosi' racconta Antonella Alotto, ospite del prestigioso Festival Atlas Bayrami che si e' tenuto dal 20 al 22 ottobre a Margilan, il centro di produzione tessile nella fertile Valle della Ferghana.
Nel 2015 la designer torinese ha dato avvio a un'attivita' di produzione e commercio di cappotti, giacche e abiti estivi utilizzando i tessuti tradizionali dell'Uzbekistan: ikat di seta e velluto di seta, e anche qualche stoffa mista di seta e cotone. "L'altezza e' di soli 40 centimetri, sono quindi molto difficili da lavorare. Anche per questo motivo, ho sempre collaborato con le sarte in Uzbekistan, per poi ultimare i capi a Torino. Inizialmente mi appoggiavo a un grande laboratorio a Tashkent, nel quartiere Chilanzar. Quella sartoria era diretta da Lina, cittadina uzbeca di etnia russa con un diploma in moda a Mosca. Con lei lavoravano sette donne, per lo piu' uzbeche ma anche appartenenti alla minoranza tatara qui deportata da Stalin: la popolazione dell'Uzbekistan e' una mescolanza di genti".
"Per la tessitura mi appoggiavo a un gruppo di donne di Margilan che lavoravano in un capannone dove portavano con se' i bambini, consumavano insieme i pasti e cantavano. Li' quelle donne - che avevano il permesso del marito di uscire di casa - avevano qualche spazio tutto loro. Con la pandemia di Covid-19 il gruppo di Margilan si e' dovuto sciogliere, e anche a Tashkent Lina ha dovuto abbandonato il laboratorio di cui non era piu' in grado di sostenere i costi. Ora Lina taglia i tessuti, le donne passano a ritirare da lei e poi cuciono a casa propria. Quei momenti di liberta' sono venuti meno", commenta Alotto che al Festival di Margilan ha organizzato una sfilata e discusso di "The magic mix of Uzbekistan and Italy on the Silk Road" nell'ambito dell'incontro con altri designer provenienti da Olanda, Stati Uniti, Turchia, Corea, Mongolia e Cina.
Sono settemila le aziende che, in Uzbekistan, operano nel settore tessile creando il 4,7 percento del Pil. Pur non essendo cosi' importante rispetto al Pil, il settore artigianale e' comunque rilevante per l'immagine del Paese e quindi per il turismo. Per questo, le autorita' lo promuovono e l'evento di Margilan, patrocinato anche dall'Unesco, ne e' la prova. Ad avvicinarsi ai tessuti ikat, tipici di questo Paese dell'Asia centrale, sono stati anche grandi stilisti come Giorgio Armani, ma hanno rinunciato perche' il materiale a disposizione sul mercato e' limitato: "Sono tessuti a mano, con filati naturali. Ogni donna riesce a tesserne al massimo un metro al giorno. Troppo poco per soddisfare la domanda di un grande brand. Per far conoscere in Occidente questi tessuti occorre costruire un mercato di nicchia, selezionare il materiale migliore e disegnare modelli di uno stile che ne valorizzi la bellezza e sia facilmente proponibile sul mercato internazionale".
Il marchio di Antonella Alotto si chiama Beltepa', come il quartiere di Tashkent, la capitale uzbeca dove viveva Nigora. Si trova nei pressi del mercato Chorsu, caratterizzato da cupole azzurre che richiamano quelle delle madrase, le scuole religiose. E' il mercato all'ingrosso e al dettaglio piu' grande dell'Asia centrale, dove si comprano alimentari e prodotti di artigianato.
Beltepa' e' il nome di una piccola azienda al femminile, a cui collaborano le figlie Giulia e Cecilia. Una realta' in crescita: il 18 novembre (ore 18) saranno al Circolo dei Lettori di Torino e dal 5 al 12 dicembre presenteranno la collezione nello showroom Apropo Studio di New York (13-15 West 28th Street). Beltepa' e' anche un omaggio a una persona che ha lasciato il segno: "A presentarmi Nigora era stata una studentessa di mio marito Andrea De Marchi, professore di fisica al Politecnico di Torino e Rettore della sede di Tashkent. Dal 2014 al 2018 abitavamo in pianta stabile a Tashkent. Nigora era piccola e bruna, non portava mai il velo. Quando l'ho vista con il capo coperto le chiesi che cosa fosse successo. Pensavo avesse fatto un voto, talvolta succede. E invece si era ammalata di tumore al seno, aveva perso i capelli con la chemio. Per questo aveva scelto di indossare il foulard. E' mancata nel 2018, i bambini sono andati a vivere con i nonni materni".
12. LIBRI. FARIAN SABAHI: IL DESTINO NEGATO DI UNA GIOVANE DONNA NELL'IRAN DEGLI ANNI OTTANTA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 ottobre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Il destino negato di una giovane donna nell'Iran degli anni Ottanta" e il sommario "Narrativa. "L'ultimo gioco di Banu", un romanzo di Belgheis Soleymani, per Brioschi Editore"]
Ambientato negli anni Ottanta in un villaggio sperduto dell'Iran, il romanzo L'ultimo gioco di Banu e' quanto mai attuale perche' narra le vicende di una ragazza di provincia, vittima di un sistema patriarcale in cui anche le donne possono avere il ruolo di carnefici. A salvarla dagli intrighi del destino saranno l'intelligenza e la determinazione.
Orfana di padre, Banu vive con la madre e il fratellino. A cambiarle la vita sono i libri che riceve in dono da Akhtar, una militante nei Fedayeen del Popolo (un gruppo armato di opposizione al governo), appartenente alla famiglia dove la madre fa le pulizie. Sono quei volumi a farle immaginare un futuro diverso, lontano dal matrimonio combinato con un cugino scapestrato. In Iran la scuola e' gratuita e obbligatoria. Fin da piccola, tutto l'impegno di Banu viene rivolto allo studio: e' la prima della classe. A turbarle l'esistenza e' pero' la morte violenta della giovane Akhtar.
Alle soglie dell'adolescenza, Banu si innamora di un ragazzo cresciuto a Teheran in una famiglia ricca, con il padre colonnello che comanda e ruba a destra e manca. Lui si sente in debito di fronte alla massa indigente e sventurata e, per questo, decide "insieme ai suoi compagni di universita' di andare a lavorare per i diseredati. "Prima facevamo lavoretti al sud (della capitale), nei quartieri poveri, come aggiustare i tetti, pulire le strade, fare riparazioni e cosi' via. Poi siamo passati ai villaggi per aiutare i contadini nel periodo della raccolta". Infine, "dopo la rivoluzione del 1979 e la chiusura delle universita', un amico che veniva da Kerman ha proposto di provare con le attivita' culturali. Diceva: "L'attivita' didattica vuol dire istruire la popolazione". E' stato lui a procurarmi un posto come insegnante presso gli uffici del ministero dell'Istruzione. Ho scelto un villaggio di nomadi, non c'era ne' acqua ne' luce, era pieno di ragazzini analfabeti".
Dopo un periodo nel paesino dove vive Banu, il giovane torna a Teheran. Svaniscono cosi' le speranze di sposarsi con un laureato di buona famiglia. Passano le stagioni. I buoni voti a scuola non sono sufficienti a cambiare il destino di un'orfana, anche perche' nell'Iran degli anni Ottanta non sono le ragazze a decidere. Ed e' cosi' che la madre accetta - per conto della figlia - l'offerta di matrimonio di un uomo di regime, benestante. Un signore maturo, con il turbante del clero sciita e, sullo scaffale, solo libri di teologia, non romanzi. E' lui il responsabile della morte di Akhtar. Banu non ha scelta: in cambio della verginita' della figlia, la madre intasca il denaro indispensabile alla sopravvivenza e finanche al benessere. In Iran funziona cosi': si chiama mehrieh ed e' il "prezzo della sposa".
Opera della scrittrice Belgheis Soleymani, nata nella provincia di Kerman nel 1963 e attualmente residente in Iran, questo bel romanzo e' suddiviso in capitoli narrati da voci diverse. E' stato ristampato una dozzina di volte, nel 2006 ha vinto il prestigioso premio Mehregan nella sezione miglior romanzo. Nello stesso anno, ha avuto la menzione speciale al premio letterario di Isfahan. Tradotto in inglese e in arabo, in italiano e' disponibile nella traduzione dal persiano di Faezeh Mardani, docente di Lingua e letteratura persiana contemporanea all'Universita' di Bologna. E' pubblicato dall'editore milanese Francesco Brioschi nella collana Gli Altri. L'ultimo gioco di Banu (pp. 248, euro 18) sara' presentato alla Casa delle donne di Milano il 3 novembre alle 18:30 nell'ambito di un evento dedicato alle proteste in Iran.
13. IRAN. FARIAN SABAHI: "EROINA": LA FOLLA A TEHERAN ACCLAMA ELNAZ REKABI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 ottobre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "'Eroina': la folla a Teheran acclama Elnaz Rekabi" e il sommario "Iran. L'atleta iraniana ha gareggiato a Seul senza velo. "Mi e' scivolato nell'arrampicata". Khamenei si fa fotografare con delle studentesse universitarie velate da capo a piedi. Intanto Teheran ricorre alla sorveglianza digitale contro la rivolta"]
"Hai fatto bene Elnaz! Sei la nostra eroina!". Cosi' un migliaio di amici e parenti ha accolto l'arrampicatrice Elnaz Rekabi al suo arrivo all'aeroporto di Teheran alle 4 del mattino. In segno di solidarieta' con le proteste innescate dalla morte della ventiduenne curda Mahsa Amini, ha gareggiato a Seul senza velo, obbligatorio per le atlete iraniane in patria e all'estero.
La International Federation of Sport Climbing (IFSC) ha recuperato il video della sua arrampicata: inizia la competizione con una bandana per poi indossare, nell'ultima parte della scalata su una parete impervia, soltanto una fascia per capelli. Amici e parenti hanno temuto per la sua vita: e' partita da Seul con 48 ore di anticipo, ed erano giorni che non era raggiungibile al telefono. Tra le ammiratrici presenti agli arrivi, tante avevano il cappellino con la visiera al posto del foulard.
Per salvare la pelle, propria e del marito rimasto a Teheran, l'atleta ha provato a scusarsi dapprima su Instagram: se e' stata vista senza velo, e' soltanto perché le sarebbe "scivolato accidentalmente" durante la performance sportiva. In aeroporto, davanti alle telecamere, ha aggiunto: "Sono stata chiamata per gareggiare quando non me l'aspettavo, mi sono ritrovata impigliata nella mia attrezzatura tecnica. Per questo non ho fatto attenzione al velo che avrei dovuto indossare".
Non le ha creduto nessuno, e infatti e' stata convocata dal ministro dello Sport: ci sara' un'inchiesta. Scusandosi, Elnaz ha cercato di usare a proprio vantaggio la dissimulazione tipica dello sciismo: da sempre minoritari, anche nel mondo islamico, gli sciiti hanno il dovere di mentire laddove puo' salvare la vita a loro stessi e al loro entourage. Se l'atleta rilascia dichiarazioni del tipo "va tutto bene" e' perche', fin dai tempo dello scia', le autorita' iraniane esercitano pressione affinche' si salvino le apparenze.
Intanto, nel disperato tentativo di contrastare le immagini di donne svelate, il leader supremo ayatollah Khamenei si e' fatto fotografare con una classe di studentesse universitarie velate da capo a piedi con il chador e... con la mascherina utilizzata durante la pandemia. Un'immagine bizzarra, perche' in aula le ragazze indossano di solito pantaloni, spolverino e maghnae (il velo che assomiglia a quello delle suore, con la cucitura per non farlo scivolare).
A negare la realta', e quindi anche il dissenso, e' stato il deputato di Ardebil, la citta' azerbaigiana dove la sedicenne Esra Panahi era stata uccisa a scuola il 12 ottobre. "Che *** me ne frega se Esra Panahi s'e' presa una pillola ed e' morta!".
Ha esordito cosi' l'hojatoleslam Kazem Musavi, insinuando che la sedicenne non andasse "nemmeno a lezione" e si sia "suicidata". Anche lei, come tante altre vittime della repressione di regime. Ha poi aggiunto che coloro che in queste cinque settimane sono scesi in strada nelle province dell'Azerbaigian non sono "gente del posto".
Il deputato Musavi e' un membro del clero sciita con il rango di hojatoleslam, e quindi uno scalino sotto quello di ayatollah. Al tempo dello scia', erano stati alcuni membri del clero sciita - tra cui l'ayatollah Khomeini - a mettersi dalla parte del popolo che protestava contro un sistema politico che non li rappresentava.
Ora, mentre l'ayatollah Khamenei da' ordine di reprimere il dissenso, il clero sciita nella citta' santa di Qum preferisce astenersi dal dare opinioni sulla politica, anche perche' il dissenso viene punito con severita'.
Nel caso dell'assassinio di Mahsa Amini, a rompere il silenzio sono stati soltanto il Grande ayatollah Asadollah Bayat Zanjani e il Grande Ayatollah Mohammad Javad Alavi Boroujerdi. In pubblico, hanno espresso rammarico per la morte di Amini e hanno osato criticare il comportamento di alcune forze di sicurezza. Zanjani e Boroujerdi sono figure teologiche di rilievo: continuano a pubblicare testi religiosi e non accettano di rientrare nell'elenco degli ayatollah promossi d'ufficio, in cambio di lealta' al regime.
*
Postilla della redazione esteri del "Manifesto": App, droni e telecamere per spiare la rivolta
Teheran potrebbe vietare la vendita dei Vpn, le reti virtuali private usate nel paese per bypassare i blocchi a internet. Lo ha prospettato ieri il ministro delle telecomunicazioni Issa Zarepour. Sul tavolo una legge che prevede il carcere nel caso di violazioni.
Ma la tecnologia puo' essere "amica": pochi giorni fa il Wall Street Journal ha ricostruito alcune tecniche usate dalle forze di sicurezza iraniane nelle piazze: accanto ai classici agenti in borghese, Teheran ricorre a sorveglianza digitale tramite telecamere apposte nelle universita' e nelle piazze, app di delivery e droni per individuare gli attivisti che, per evitare arresti di massa, stanno preferendo azioni brevi di piccoli gruppi alle mobilitazioni molto partecipate. (red. esteri).
14. IRAN. FARIAN SABAHI: LICEALE UCCISA PER UN INNO. PAURA PER L'ATLETA SENZA VELO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 19 ottobre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Liceale uccisa per un inno. Paura per l'atleta senza velo" e il sommario "Iran. La 16enne Asra Panahi picchiata a morte per aver rifiutato di cantare. Studenti in corteo a Teheran. Dopo la gara a Seul, la scalatrice Elnaz Rekabi sarebbe diretta nel temuto carcere di Evin"]
Nella Repubblica islamica dell'Iran alle donne e' vietato cantare in pubblico. Paradossalmente, in certe circostanze sono invece obbligare a cantare e, se rifiutano, rischiano di essere uccise.
E' successo alla liceale Asra Panahi, 16 anni, assassinata dalle forze di sicurezza: l'hanno picchiata a sangue perche', con altre compagne di classe, si era rifiutata di cantare un inno dedicato alla Guida suprema, l'ayatollah Khamenei.
Lo denuncia su Telegram il Consiglio di Coordinamento del sindacato iraniano degli insegnanti, secondo cui varie ragazze sono state trasferite in ospedale dopo il pestaggio in una scuola nella citta' azerbaigiana di Ardebil (nord ovest), teatro di proteste di larga portata.
Ed e' proprio qui, nelle province dell'Azerbaigian, che i vertici di Teheran temono il fermento, dopo i disordini nelle province iraniane del Kurdistan (ovest) e Sistan e Balucistan (sud est).
Avvocato e vicepresidente della Commissione per i diritti umani dell'Ordine degli avvocati nella provincia dell'Azerbaigian orientale, giovedi' scorso Sina Yousefi aveva dichiarato che le persone arrestate nel capoluogo Tabriz sono oltre 1.700 e nulla si sa del loro destino.
Tra questi, lo studente Aysan Adibek e sua sorella Siddika Adibek: spariti la settimana scorsa, non hanno contattato la famiglia e non hanno un avvocato. Yousefi aveva quindi dato avvio a un comitato di difesa per i manifestanti arrestati, ma venerdi' e' stato fermato dalle forze di sicurezza e non si sa dove sia finito.
Se ieri pomeriggio a Teheran su viale Enqelab, il viale della Rivoluzione, c'erano cortei pacifici di studenti che camminavano in gruppo, passando davanti alle forze di sicurezza, a preoccupare e' Elnaz Rekabi.
Domenica pomeriggio la scalatrice iraniana ha gareggiato in una competizione di arrampicata a Seul senza velo. Per questo motivo - scrive IranWire, sito di giornalisti dissidenti iraniani - sara' trasferita direttamente da Seul nella famigerata prigione di Evin a Teheran.
La giovane sarebbe stata ingannata dal capo della Federazione di arrampicata iraniana: obbedendo agli ordini dei pasdaran, l'avrebbe condotta dall'albergo di Seul all'ambasciata iraniana.
Ieri pomeriggio l'atleta ha scritto un post su Instagram per dire che il copricapo le e' caduto "inavvertitamente": "Mi scuso per avervi fatto preoccupare, sto tornando a Teheran insieme alla squadra". Se Elnaz Rekabi torna in Iran, senza chiedere asilo politico, e' perche' suo marito e' li'.
Il suo caso e' stato sollevato dalle Nazioni Unite con le autorita' iraniane: "Seguiremo la vicenda da molto vicino - ha dichiarato Ravina Shamdasani, portavoce dell'Ufficio dell'Alto commissariato Onu per i diritti umani con sede a Ginevra - Le donne non dovrebbero mai essere perseguite per cio' che indossano e non dovrebbero mai essere sottoposte a violazioni come la detenzione arbitraria o altre violenze per come sono vestite".
In Iran, le donne praticano sport fin dai tempi dello scia' quando, in pantaloncini corti o minigonna, servivano a dare l'immagine di un paese moderno: erano un tassello nella propaganda di regime.
Nella Repubblica islamica, praticare sport rispettando le regole non e' facile: il velo e' sempre obbligatorio, cosi' come un abbigliamento che copra il corpo e ne nasconda le forme.
Per le iraniane, lo sport e' stato e resta uno strumento di emancipazione, ma non tutte le storie sono a lieto fine: campionessa nei 20 km rana femminile in acque aperte, quando Elham Asghari decise di fare il giro dell'isola di Kish, nel Golfo persico - dandosi tre giorni di tempo - venne investita da una barca della polizia. Un trauma fisico e psicologico. A convincerla a non mollare era stato il padre, ex lottatore olimpico.
La speranza e' che - in questa battaglia per maggiori diritti - gli uomini siano accanto alle donne.
15. IRAN. FARIAN SABAHI: HAMED ESMAILION: "NELLA DIASPORA CI SONO IRANIANI CHE POSSONO GUIDARE IL PAESE"
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 18 ottobre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Hamed Esmailion: 'Nella diaspora ci sono iraniani che possono guidare il paese'" e il sommario "Iran. Intervista al portavoce dell'Associazione delle vittime del volo PS752 in vista del raduno globale a Berlino del 22 ottobre e della petizione inviata ai paesi del G7. Intanto sale a otto il numero di morti nel carcere di Evin"]
"Per rieducare le bad-hejabi' (le mal velate) non basta un seminario di orientamento sul velo con la polizia morale, della durata di due ore. Per far capire a queste ragazze come comportarsi dovremmo farle sposare con dei mullah".
Dopo la morte di Mahsa Amini, aveva esordito cosi' Ansieh Khazali, vicepresidente per gli affari femminili e della famiglia nel governo dell'ultraconservatore Ebrahim Raisi. La proposta era stata subito smentita, ma intanto la vicepresidente era stata criticata perché suo figlio e' emigrato in Canada, dove sviluppa software per i VPM Betternet: la nomenclatura della Repubblica islamica manda i figli all'estero, in Paesi reputati nemici di Teheran.
Secondo il sito KhabarOnline che cita Hajer Cenarani, rappresentante in parlamento per la citta' di Nishabur, "5.400 figli di dipendenti governativi lavorano e vivono in America, Canada e in Europa". A tal proposito il deputato ha chiesto provocatoriamente: "Come potete definire questi Paesi nemici della Repubblica Islamica se poi mandate i vostri figli a viverci?".
Intanto, nelle strade iraniane si continua a morire. In queste cinque settimane sono almeno 23 i minori uccisi e centinaia di altri feriti, detenuti e torturati nella repressione del movimento di contestazione che sta attraversando il Paese.
Un comitato delle Nazioni Unite ha fatto appello all'Iran affinche' metta fine a queste gravi violazioni. Ed e' salito a otto il numero di detenuti morti per soffocamento sabato notte nel famigerato carcere di Evin, a Teheran nord, in seguito a un incendio e a una sparatoria, e ulteriori 61 detenuti sono feriti. In questa prigione sono rinchiusi molti dei dimostranti arrestati nonché prigionieri politici, attivisti, rappresentanti dei gruppi etnici e religiosi, i sindacalisti, ostaggi stranieri e quelli con doppia nazionalita'.
In solidarieta' con le proteste in Iran, sabato 22 ottobre ci sara' una grande manifestazione a Berlino organizzata da Hamed Esmailion, portavoce dell'Associazione Vittime PS752 che rappresenta le famiglie dei morti del volo PS752 delle linee aeree ucraine abbattuto per errore dai pasdaran l'8 gennaio 2020 sui cieli di Teheran poco dopo il decollo.
Le autorita' iraniane negarono di avere un qualche ruolo. 176 i morti, molti iraniani e tanti altri iraniani naturalizzati canadesi. Avrebbero fatto scalo a Kiev per tornare in Nord America dopo le vacanze natalizie. Su quel volo, si erano imbarcate anche la moglie e la figlia di Hamed Esmailion.
"Eravamo dentisti e abitavamo nei pressi di Toronto. Nel 2014 mio padre si era ammalato e siamo tornati in Iran. Varcata la frontiera, mi hanno confiscato il passaporto: su Facebook ero stato critico nei confronti della Repubblica islamica. Finii in lista nera. All'inizio del 2020 siamo stati invitati al matrimonio di mia cognata in Canada ma, non potendo uscire dall'Iran, a partire furono solo mia moglie e nostra figlia".
Hamed Esmailion e' tra coloro che hanno lanciato la petizione in cui si chiede al G7 - e quindi ai ministri degli Esteri di Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Giappone, Canada e Stati Uniti - "di esigere in modo deciso e inequivocabilmente il rilascio di tutti i prigionieri di coscienza in Iran, e di dichiarare personae non gratae gli ambasciatori e gli altri rappresentanti del regime islamico nei vostri Paesi, alle dipendenze delle ambasciate o di istituzioni internazionali e chiedere la loro rimozione dagli incarichi in protesta al trattamento illegale e inumano di coloro che protestano in Iran".
La petizione serve a fare pressione, ma cacciare i diplomatici iraniani puo' essere un'arma a doppio taglio: i vertici di Teheran farebbero altrettanto con la diplomazia occidentale e questo potrebbe danneggiare i manifestanti.
Nella petizione si chiede inoltre "ai Paesi del G7 di congelare i beni della leadership iraniana all'estero", sulla falsariga di quanto fatto con gli oligarchi russi. E si chiede di garantire l'accesso a internet agli abitanti dell'Iran: "E' assurdo che un Paese possa essere disconnesso dal resto del mondo".
Un intervento militare contro la Repubblica islamica e' pero' escluso dalle richieste degli attivisti: "Ho gia' perso la mia famiglia in guerra". I vertici di Teheran accusano l'Occidente di interferenze: "Non ha senso, a protestare sono anche le liceali, non hanno legami con Paesi stranieri". Le contestazioni in corso non hanno un leader: "Se la Repubblica islamica dovesse cadere, nella diaspora ci sono persone competenti".
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 30 del 30 gennaio 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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