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[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 29
- Subject: [Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 29
- From: Centro di ricerca per la pace Centro di ricerca per la pace <centropacevt at gmail.com>
- Date: Sun, 29 Jan 2023 07:55:48 +0100
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 29 del 29 gennaio 2023
In questo numero:
1. Pace, disarmo, smilitarizzazione: non c'e' altro modo per fermare le stragi
2. One Billion Rising: Iniziative 2023
3. Una lettera all'ambasciata dell'Iran in Italia
4. Tre tesi
5. Ripetiamo ancora una volta...
6. Scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere la liberazione di Leonard Peltier
7. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
8. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
9. Alcuni riferimenti utili
10. Farian Sabahi: Nasrin uccisa a manganellate. Lo sport iraniano si ribella
11. Farian Sabahi: L'allarme Usa e' poco credibile: "Teheran vuole colpire i Saud"
12. Farian Sabahi: Iran, sedicenne bastonata a morte. Processi pubblici ai dissidenti
13. Farian Sabahi: L'Iran non ascolta l'ultimatum dei pasdaran
14. Farian Sabahi: 40 giorni dall'omicidio di Mahsa. Migliaia in marcia al cimitero
15. Giuliana Sgrena: La sfida delle donne al potere talebano (2021)
1. L'ORA. PACE, DISARMO, SMILITARIZZAZIONE: NON C'E' ALTRO MODO PER FERMARE LE STRAGI
Abolire le guerre, gli eserciti, le armi.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
2. INIZIATIVE. ONE BILLION RISING: INIZIATIVE 2023
[Dal Coordinamento Italia One Billion Rising (e-mail: obritalia at gmail.com) riceviamo e diffondiamo]
Carissime amiche e amici di One Billion Rising, ci siamo quasi.
E' straordinario immaginare quest'anno di poter tornare nelle piazze, nelle strade, nei luoghi pubblici delle citta', insieme, per tornare a danzare in sostegno e solidarieta' e ad alta voce rivendicare la fine delle molteplici atrocita' perpetrate sulle donne e sulle bambine nel mondo. Tentano di recidere, annientare la forza vitale del pianeta, non ci riusciranno.
Parlare con ragazzi e ragazze, studenti, professori, leggere, commentare i fatti di violenza, dare i nomi alle cose, questi sono i primi passi della rivoluzione di cui tutte e tutti noi portiamo la bandiera.
Le forme di arte che accompagnano l'evento OBR nel mondo si prestano ad un gioioso coinvolgimento, ma non vogliamo far mancare anche un momento di preparazione e di formazione.
Per questo motivo chiediamo di partecipare ad OBR 2023, coinvolgendo anche i giovani e le scuole, a cui poter proporre:
- un incontro, anche on line, con una o piu' classi sul tema della violenza maschile sulle donne, della durata minima di due ore
- la preparazione della coreografia del brano musicale Break the Chain
- l'esecuzione della coreografia nella settimana dal 12 al 19 febbraio 2023
- la lettura di alcuni pensieri/ componimenti realizzati dalle ragazze e dai ragazzi delle classi coinvolte
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Per facilitare l'organizzazione dell'evento vi inviamo alcune semplici indicazioni che potrete seguire:
Iscrizione al sito per segnalare il vostro evento: cliccate su http://bit.ly/Registra_il_t uo_evento_sulla_pagina_internazionale_OBR e invitate altre associazioni, gruppi, scuole, scuole di danza, amici a partecipare... piu' siamo, meglio e'!
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Attivita' sui social: vi chiediamo di pubblicare tanti contenuti (foto, video, ecc) sui social utilizzando gli hashtag ufficiali e di invitare i propri contatti a fare lo stesso, cosi' da diffondere anche li' il nostro messaggio. Seguite e taggate anche i profili social di One Billion Rising Italia cosi' potremo condividere i vostri post, stories, ecc.
Facebook https://www.facebook. com/obritalia
Instagram https://www.instagram.com/onebillionrisingitalia/
Hashtag ufficiali: #1BillionRising #RiseForFreedom #CreateTheNewCulture #RiseInSolidarity
A conclusione delle iniziative, vi chiediamo di inviare foto e video a: obritalia at gmail.com
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Loghi ufficiali: vi chiediamo, per le creativita' (locandine, cartelli) che realizzate, di utilizzare i loghi ufficiali che potete scaricare al seguente link
https://www.dropbox.com/scl/fo/lo9r4i06g268ow7x103sc/h?dl=0&rlkey=xfogpv7hpwlaup3vsxw5zsz1u
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Grafiche
In questa cartella abbiamo inserito le grafiche realizzate (cover facebook, grafiche per FB/IG) a cui ne aggiungeremo altre nei prossimi giorni allo stesso link.
Grafiche One Billion Rising
https://www.dropbox.com/scl/fo/mizfc1w1xl0nu1oywiups/h?dl=0&rlkey=c47347xou5ufqupm4jn90mv0w
Grafica t-shirt
https://www.dropbox.com/scl/fo/h2i75sias7o03r033pf25/h?dl=0&rlkey=ynxdi0h5jbjrgf3d20di36x0o
Grafica stickers
https://www.dropbox.com/scl/fo/4gt4ez978gne73gjwvnqx/h?dl=0&rlkey=4kbdd0091mchnaj1krvhzxoar
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Si puo' organizzare un flash mob durante l'evento One Billion Rising, seguendo la canzone Break the chain e il tutorial ufficiale che trovate qui http://youtu.be/_U5C ZfPydVA o creando una nuova coreografia. L'evento One Billion Rising puo' essere caratterizzato da performance artistiche di ogni genere e da momenti di lettura.
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Autorizzazione One Billion Rising
Al seguente link potete scaricare l'autorizzazione copyright per utilizzo materiali e brani musicali OBR
https://www.dropbox.com/s/d7ambb5ml22dvsj/OBR%20Copyright%20Authorization%202023.pdf?dl=0
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Per quanto riguarda le letture, oltre ai brani de I Monologhi della Vagina, di seguito troverete come suggerimento alcuni testi della fondatrice di One Billion Rising, Eve Ensler
"L'Ufficio della schiavitu' sessuale" http://bit.ly/ufficio_della_schiavitu_sessuale
"L'insurrezione" http://bit.ly /insurrezione
"La mia rivoluzione" http://bit.ly/la_mia_rivoluzione
"Preghiera di un uomo" http://bit.ly/preghiera_ di_un_uomo
"Fino a quando" http://bit.ly/fino_a_quando
"E poi saltavamo" http://bit.ly/e_poi_saltavamo
- la traduzione di M.G.Di Rienzo del brano musicale “Break the chain” credits Tena Clark - Musiche Tena Clark/Tim Heintz
http://bit.ly/traduzione_testo _BreakTheChain
- qui se volete potete trovare altre idee:
https://www.onebillionrising.org
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Per condividere con noi i vostri eventi e/o avere informazioni vi chiediamo di scriverci al seguente indirizzo: obritalia at gmail.com
Ovviamente qualunque aggiunta rispetto a questo "format base" non potra' che essere gradita.
Vi chiediamo se l'idea puo' piacervi e se pensate possa avere un buon riscontro presso le scuole del vostro territorio, le vostre comunita' di riferimento.
Ringraziamo quanti di voi ci hanno anticipato gli eventi in preparazione, la prossima settimana risponderemo singolarmente a chi ci ha scritto con tutti i dettagli. Vi ricordiamo che le magliette saranno pronte non prima del 25 gennaio.
Se avete altre meravigliose idee, noi non potremo Che essere felici!
Grazie per tutto quello che potrete fare! #RiseForFreedom #RiseInSolidarity
Un abbraccio
Nicoletta Billi (333.2432777), Luisa Rizzitelli (345.4767246), Silvia Palermo (339.5028904)
Coordinamento Italia One Billion Rising
3. REPETITA IUVANT. UNA LETTERA ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA
All'ambasciatore dell'Iran in Italia: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir,
Egregio ambasciatore,
le saremmo assai grati se volesse trasmettere al suo governo il seguente appello.
Tutte le tradizioni di pensiero dell'umanita', quali che siano le loro fonti, convengono su queste semplici verita':
- che ogni vita umana deve essere rispettata, onorata e protetta;
- che uccidere e' sempre e solo un male;
- che ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta';
- che rispettare e salvare le vite e' il primo dovere.
Certi del fatto che condividiate queste semplici considerazioni siamo quindi a chiedervi di impegnarvi:
- affinche' nel vostro paese, come in ogni parte del mondo, cessino finalmente le uccisioni e le persecuzioni;
- affinche' nel vostro paese, come in ogni parte del mondo, siano finalmente rispettati la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Vi chiediamo quindi:
- di riconoscere la dignita' e i diritti delle donne, che sono gli stessi degli uomini;
- di non piu' perseguitare, ma piuttosto ascoltare ed onorare, le donne che da mesi nel vostro paese stanno chiedendo "vita e liberta'".
Queste donne che non commettono alcuna violenza, e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela e a loro volta non commettono alcuna violenza, sono amiche ed amici dell'umanita' e del bene comune.
E' un crimine ed una follia perseguitare ed uccidere queste donne che non commettono alcuna violenza, e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela e a loro volta non commettono alcuna violenza.
Vi chiediamo pertanto di adempiere al dovere proprio di ogni ordinamento ed istituto giuridico legittimo: rispettare e proteggere le vite, la dignita' e i diritti di tutte le persone.
Vi chiediamo pertanto di adempiere al dovere di far cessare persecuzioni ed uccisioni.
Sia pace, rispetto ed amicizia fra tutte le persone, i popoli, i paesi.
Distinti saluti dal
"Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 30 dicembre 2022
4. REPETITA IUVANT. TRE TESI
La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
5. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
6. REPETITA IUVANT. SCRIVERE AL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D'AMERICA PER CHIEDERE LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER
Proponiamo di scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente..
Di seguito una proposta di testo della lettera da inviare al Presidente degli Stati Uniti d'America recante la richiesta della grazia presidenziale per Leonard Peltier, e le istruzioni per inviarla attraverso il sito della Casa Bianca.
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: copiare e incollare il messaggio seguente:
Mr. President,
Although I reside far from your country, I am aware of the injustice that has persisted for 47 years against Leonard Peltier, who was denied a review of his trial even after exculpatory evidence emerged for the events of June 26, 1975 on the Pine Ridge (SD) reservation where two federal agents and a Native American lost their lives.
I therefore appeal to your supreme authority to pardon this man, now elderly and ill, after nearly half a century of imprisonment.
I thank you in advance for your positive decision, with best regards.
Traduzione italiana del testo che precede:
Signor Presidente,
sebbene io risieda lontano dal Suo Paese, sono consapevole dell'ingiustizia che persiste da 47 anni nei confronti di Leonard Peltier, al quale e' stata negata la revisione del processo anche dopo che sono emerse prove a discarico per gli eventi del 26 giugno 1975 nella riserva di Pine Ridge (South Dakota) in cui persero la vita due agenti federali e un nativo americano.
Mi appello quindi alla Sua suprema autorita' affinche' conceda la grazia a questo uomo, ormai anziano e malato, dopo quasi mezzo secolo di detenzione.
La ringrazio fin d'ora per la Sua decisione positiva, con i migliori saluti.
7. L'ORA. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
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Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
*
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.
8. RIFERIMENTI. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE
Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it
9. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
10. IRAN. FARIAN SABAHI: NASRIN UCCISA A MANGANELLATE. LO SPORT IRANIANO SI RIBELLA
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'8 novembre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Nasrin uccisa a manganellate. Lo sport iraniano si ribella" e il sommario "Iran. Come Amini, la dottoranda era originaria del Kurdistan. Seppellita in tutta fretta. La nazionale di beach soccer appoggia la rivolta. E ora attende le conseguenze"]
Palla in rete! Said Piramoun fa goal nella finale del campionato di beach soccer degli Emirati a Dubai. La nazionale iraniana vince 2-1 contro il Brasile. Un attimo dopo aver segnato, il giocatore iraniano alza la mano e, con le dita, fa segno di tagliarsi i capelli.
Quel gesto, a sostegno delle proteste, viene ripreso dai telefonini e diventa virale. La nazionale iraniana di beach soccer ha gia' attirato l'attenzione delle autorita' di Teheran per non aver cantato l'inno nazionale, tant'e' che la direzione della televisione di Stato iraniana ha interrotto le trasmissioni in diretta. Poi, quando la squadra riceve la coppa, i giocatori restano a braccia conserte, senza festeggiare la vittoria.
Il campionato mondiale di calcio 2022 si avvicina e, approfittando dei riflettori accesi, i diritti delle iraniane saranno probabilmente in primo piano. In Iran le donne amano il calcio, ma nel 1981 l'ayatollah Khomeini vieto' loro di entrare allo stadio e impose una serie di altre misure che limitarono i loro diritti. Le iraniane non si scoraggiarono: come racconta Jafar Panahi nel suo lungometraggio Offside, tante si travestono da maschi per assistere alle partite.
E' dalla fine degli anni Novanta che il calcio e' pretesto per parlare di politica. E' in quel periodo che la nazionale iraniana ottiene i primi successi nell'Asian Cup e, il 21 giugno 1998, contro gli Stati Uniti nei Mondiali di Francia. Ma bisognera' attendere la meta' degli anni Duemila prima che le iraniane si rivolgano alle federazioni sportive internazionali, reclamando il diritto di entrare allo stadio.
Il gesto coraggioso di Said Piramoun non e' passato inosservato. "Questa partita e questa vittoria potranno essere dimenticate, ma questo gesto passera' alla Storia. L'onore che avete mostrato e' piu' importante del campionato". Cosi' ha twittato il vecchio giocatore iraniano Mehrdad Poouladi.
Di pari passo Ali Karimi, gia' nella nazionale iraniana e poi stella del Bayern Monaco, ha postato il video di Piramoun e la scritta: "Una nazionale iraniana che dimostra di avere onore". Di certo, la Federazione nazionale di calcio non gliela fara' passare liscia perche', si legge in un comunicato, "il regolamento impone di evitare un qualsiasi comportamento politico sul terreno di gioco". Da parte loro, gli Emirati Arabi non hanno preso alcuna misura nei confronti degli spettatori che dopo la partita, sugli spalti, hanno scandito slogan ostili alla Repubblica islamica.
In contemporanea alle manifestazioni di solidarieta' verso i manifestanti, continua la repressione di regime. Durante le proteste di venerdi' scorso la 35enne Nasrin Ghadri, dottoranda in filosofia, e' stata picchiata sulla testa con un manganello, e' entrata in coma ed e' morta. Come la 22enne Mahsa Amini, che il 13 settembre era stata arrestata dalla polizia morale ed era deceduta dopo tre giorni di coma. Nasrin e Mahsa erano entrambe cittadine iraniane di etnia curda. Mahsa era di Saghez, Nasrin era originaria di Marivan.
Entrambe le localita' sono nella provincia iraniana del Kurdistan. Come per Mahsa, anche nel caso di Nasrin i manifestanti hanno accusato il governo di aver forzato la sepoltura della donna in fretta e furia e di aver costretto il padre ad annunciare che la causa della morte della figlia era legata a una "malattia" o una "intossicazione".
Indignati da questo ennesimo omicidio, i manifestanti nella citta' curda di Marivan sono scesi in piazza e hanno bloccato alcune strade. Anche questa volta le forze di sicurezza hanno sparato sui dimostranti, e diverse persone sono state ferite.
Intanto, sono ventisei gli stranieri arrestati per il loro presunto coinvolgimento nell'attentato terroristico, rivendicato dall'Isis, dello scorso 26 ottobre nel mausoleo Shah Cheragh di Shiraz (13 morti). I terroristi avevano colpito in occasione del quarantesimo giorno di commemorazione della morte di Mahsa Amini e, per questo, il presidente iraniano Ebrahim Raisi lo aveva collegato alle proteste.
Secondo il comunicato del ministero dell'intelligence, i ventisei terroristi takfiri (un termine che si riferisce ai gruppi radicali sunniti) sarebbero originari di Azerbaigian, Tagikistan e Afghanistan. Sarebbero stati arrestati nelle province del Fars, Teheran, Alborz, Kerman, Qom e Razavi, nonche' lungo la frontiera orientale dell'Iran con Pakistan e Afghanistan.
L'attentatore Sobhan Komrouni era morto per le ferite riportate durante l'arresto e, secondo le autorita' iraniane, si sarebbe trattato di un cittadino tagiko noto con il nome di battaglia di Abu Aisha. A occuparsi del coordinamento dell'attentato sarebbe stato un cittadino della Repubblica dell'Azerbaigian entrato in Iran con un volo da Baku. Anche lui e' stato arrestato.
11. IRAN. FARIAN SABAHI: L'ALLARME USA E' POCO CREDIBILE: "TEHERAN VUOLE COLPIRE I SAUD"
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 novembre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "L'allarme Usa e' poco credibile: 'Teheran vuole colpire i Saud'" e il sommario "Iran. Washington: cosi' puo' inviare i giovani al fronte. Ma l'Iran non puo' permettersi la guerra. Parla il regista curdo Bahman Ghobadi: 'L'Iran e i paesi vicini hanno posto restrizioni al modo di vivere curdo e all'uso della nostra lingua, trattandoci come cittadini di seconda classe'"]
Togliere i ragazzi che protestano dalle strade iraniane e mandarli tutti al fronte, armi in pugno, a difendere la patria. Di certo ayatollah e pasdaran hanno pensato a creare un diversivo del genere per mettere fine alle proteste scatenate dalla morte di Mahsa Amini. Ma il rischio sarebbe troppo alto: aprire un altro fronte, militare, potrebbe voler dire la fine della Repubblica islamica.
Per questo non ha senso che Stati Uniti e Arabia Saudita sostengano di aver "condiviso informazioni di intelligence secondo cui l'Iran potrebbe pianificare un imminente attacco alle infrastrutture energetiche in Medio Oriente, in particolare in Arabia Saudita". A raccontarlo e' stato un funzionario statunitense alla Cnn.
Allo stesso tempo - viene specificato - i caccia F-22 statunitensi gia' in Arabia Saudita sarebbero disponibili per contrastare qualsiasi minaccia. Non ci sarebbe stato invece alcun aumento dei livelli di protezione militare statunitense nella regione: "Si ritiene che l'esercito americano non sia un obiettivo".
Il dato di fatto e' che sono almeno 288 i morti e 14.160 le persone arrestate nelle proteste. Le dimostrazioni continuano, nonostante le minacce dei pasdaran che fin da subito hanno preso a pretesto i disordini per colpire le postazioni dei separatisti curdi nell'Iran settentrionale, uccidendo almeno 16 persone tra cui un cittadino americano.
Non e' un caso che le proteste siano iniziate proprio in seguito all'uccisione di una ragazza curda: "Se non fosse stata curda, le proteste non si sarebbero infiammate cosi'", ci spiega il regista Bahman Ghobadi.
Attivo su Instagram nel sostenere il dissenso, e' autore di numerosi lungometraggi ambientati sulla frontiera tra Kurdistan iraniano e iracheno e del famoso film I gatti persiani che nel 2009 aveva vinto il premio speciale della regia nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes.
Come la 22enne Mahsa Amini, anche Ghobadi e' cittadino iraniano di etnia curda: "Se il suo vero nome era Jina, il mio e' Rebwar. In curdo vuol dire forte, indipendente, determinato. Ma le autorita' della Repubblica islamica impedirono ai miei genitori - come a quelli di Jina - di registrarmi all'anagrafe con un nome curdo e cosi' mio padre ripiego' su Bahman".
Ai curdi, "vengono negati i diritti di base. Non abbiamo un nostro rappresentante che abbia la possibilita' di diventare presidente. Le autorita' hanno sempre posto limiti sull'uso delle nostre lingue, della nostra cultura e della nostra religione. Facciamo paura, e non solo agli ayatollah. Anche lo scia' ci temeva. Vale per l'Iran ma anche per molti dei Paesi limitrofi, che hanno posto restrizioni e limiti al nostro modo di vivere, trattandoci come cittadini di seconda classe tant'e' che il budget piu' basso dello Stato e' sempre allocato al Kurdistan e, in seconda battuta, al Sistan e Balucistan (sud-est)".
Con Ghobadi ci eravamo conosciuti a Torino in occasione di una rassegna cinematografica. In quegli anni, il presidente della Repubblica islamica era il riformatore Muhammad Khatami: "Non stavamo meglio, ma sembrava ci fosse meno pressione e quindi che ci lasciassero respirare".
Il regista abitava a Sulaymaniyya, nel nord dell'Iraq. Ora, invece, "vivo in esilio, peregrino tra oltre undici Paesi. Ho lasciato le mie valigie a casa di amici. Non riesco a trovare pace".
Sul fatto che le dimostrazioni in corso non abbiano un leader, commenta: "I giovani sono alla guida del movimento di protesta, quando otterranno la vittoria organizzeranno elezioni libere e sceglieranno, da soli, qualcuno che sia competente e in grado di andare avanti".
A proposito di chi nella diaspora cerca di alimentare il dissenso, il regista segnala due personaggi: "La giornalista e attivista Masih Alinejad e' molto coraggiosa e farebbe qualsiasi cosa per il suo popolo; e poi c'e' lo scrittore Hamed Esmaelion che ha perso la moglie e la figlia nell'incidente aereo dell’'8 gennaio 2020, quando i pasdaran abbatterono per errore un aereo delle linee aeree ucraine appena decollato dall'aeroporto di Teheran. Siamo tutti insieme in questa battaglia e spero vinceremo".
12. IRAN. FARIAN SABAHI: IRAN, SEDICENNE BASTONATA A MORTE. PROCESSI PUBBLICI AI DISSIDENTI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 novembre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Iran, 16enne bastonata a morte. Processi pubblici ai dissidenti" e il sommario "Medio Oriente. 16 curdi uccisi nelle proteste della settimana scorsa. Arrestato l'ex calciatore Ali Daei"]
Parmis Hamnava e' stata uccisa a bastonate a Iranshahr, una cittadina di centomila abitanti nella provincia del Sistan e Baluchistan, nel sudest dell'Iran al confine con il Pakistan dove in queste settimane gli scontri sono stati particolarmente cruenti. Aveva sedici anni e frequentava la scuola superiore intitolata a Parvin Etesami (1907-41), la famosa poetessa persiana che nel 1935 aveva accolto con favore il divieto, imposto da Reza Shah Pahlavi, di indossare il velo e nei suoi versi metteva in guardia da quegli ipocriti che usano la religione come strumento politico.
Per la giovane Parmis, e per tante altre iraniane, la poetessa era un esempio. Per questo, ha strappato dai libri di scuola le immagini dell'ayatollah Khomeini, il carismatico leader religioso che nel 1979 aveva fondato la Repubblica islamica.
Sono ormai 253 le persone uccise dalle forze di sicurezza della Repubblica islamica in questi 45 giorni di proteste. Parmis Hamnava e' tra i 34 minori uccisi.
Secondo il sito IranWire, durante le manifestazioni della settimana scorsa nella provincia iraniana del Kurdistan sono stati uccisi almeno 16 curdi nelle citta' di Mahabad, Sanandaj, Baneh, Qasr-e-Shirin e Piranshahr. Si tratterebbe di 15 cittadini iraniani e di un iracheno che si era recato a Baneh per partecipare a un funerale. Di questi, tre sono donne e tre adolescenti. 14 persone sono morte per il fuoco delle forze di sicurezza, mentre un uomo e' morto soffocato per i lacrimogeni.
Sono diverse migliaia gli individui arrestati tra cui Ali Daei, l'ex bomber che con la maglia dell'Iran aveva messo a segno 109 gol in 149 presenze tra il 1993 e il 2006. Dopo il ritiro dal calcio giocato, ha allenato la nazionale iraniana tra il 2008 e il 2009. Ora, e' colpevole di aver appoggiato la causa delle donne.
Tra i giornalisti, a finire in cella e' anche Vahid Shamsoddinezhad. Diplomato lo scorso settembre alla Scuola superiore di giornalismo di Lille, nel nord della Francia, il 28 settembre era stato fermato a Saghez, nel Kurdistan iraniano, mentre lavorava per l'emittente televisiva franco-tedesca Arte.
Quattro giorni prima aveva depositato la lettera di accredito presso le autorita' di Teheran. Dopodiche' era riuscito a realizzare due interviste telefoniche e un video per la redazione di Arte Journal. Se e' stato arrestato, sebbene avesse un accredito giornalistico, e' perche' il sistema iraniano e' schizofrenico: ti rilascia il permesso per lavorare come reporter straniero, ma un qualsiasi altro organo di potere puo' metterti in carcere.
Con Vahid Shamsoddinezhad restano in carcere altri 43 giornalisti. Tra questi, le giornaliste Nilofar Azmoun e Elahe Mohammadi, accusate di spionaggio perche' quando e' morta Mahsa Amini sono state le prime fonti di notizie, anche per la stampa straniera.
Che cosa succedera' alle migliaia di persone arrestate? In concomitanza con la quarantacinquesima notte consecutiva di proteste, lunedi' la magistratura ha annunciato che la capitale Teheran sara' teatro di processi pubblici che coinvolgeranno un migliaio di persone accusate di avere avuto un ruolo chiave nelle proteste di queste settimane. Finiranno sotto processo per aver commesso "azioni sovversive", tra cui l'aver aggredito le forze di sicurezza e l'aver appiccato il fuoco a proprieta' pubbliche.
Il capo della magistratura Gholam-Hossein Mohseni Ejei ha precisato che sara' fatta differenza tra coloro che si sono limitati a "lamentarsi per strada" e coloro che volevano invece rovesciare la Repubblica islamica. E ha lasciato intendere che alcuni dimostranti saranno condannati per aver collaborato con governi stranieri.
A finire sotto processo per primo e' stato il ventiduenne Mohammad Ghobadlo. Secondo quanto riferito dalla madre a IranWire, era stato arrestato con l'accusa di "corruzione sulla terra" per aver partecipato a un raduno antigovernativo. Non ha avuto diritto a un avvocato ed e' stato subito condannato a morte.
Il reato di "corruzione sulla terra" e' il piu' grave previsto dal Codice penale iraniano e serve a mascherare ogni forma di dissenso nei confronti della Repubblica islamica.
Intanto, sta diventando un caso sui social una vecchia foto, del 2011, che ritrarrebbe il ministro dei Trasporti iraniano in vacanza con la compagna con il capo scoperto vicino alle Petronas Towers a Kuala Lumpur in Malesia.
"Le donne vengono uccise in Iran per non aver indossato l'hijab, ma guarda come Rostam Qasemi il principale generale delle Guardie rivoluzionarie e attuale ministro dei Trasporti, gode della liberta' con la sua ragazza senza velo in Malesia. Il regime ipocrita sta uccidendo adolescenti perche' camminano per le strade senza velo". Cosi' scrive su Twitter la giornalista e attivista Masih Alinejad, residente negli Stati Uniti. E la poetessa persiana Parvin Etesami le metterebbe il like.
13. IRAN. FARIAN SABAHI: L'IRAN NON ASCOLTA L'ULTIMATUM DEI PASDARAN
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 30 ottobre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "L'Iran non ascolta l'ultimatum dei pasdaran" e il sommario "Medio Oriente. Il comandante delle Guardie rivoluzionarie intima ai manifestanti di lasciare le piazze, ma ieri la protesta e' proseguita ovunque. Alla repressione il regime aggiunge i ricatti economici: espropri dei beni degli attivisti"]
"Oggi deve essere l'ultimo giorno dei disordini. Non venite in piazza. Nessuno vi lascera' ribellare in questa terra! Non lasciatevi ingannare dai nemici. Le proteste sono frutto dei complotti di Usa, Gran Bretagna, regime sionista e regime marcio dell'Arabia Saudita".
E' con queste parole che il comandante dei pasdaran Hossein Salami ha minacciato i manifestanti. Le sue invettive non sono pero' servite. Ieri, nel primo giorno lavorativo della settimana in Iran, gli studenti hanno protestato nei campus di Teheran, Kerman (sud-est) e Kermanshah (nord-ovest). In quest'ultima localita' le forze di sicurezza hanno sparato contro gli universitari, due sarebbero in condizioni critiche.
"Vergogna! Vergogna!", hanno urlato gli studenti che si sono scontrati con il personale di sicurezza di un ateneo ad Ahvaz (sud-ovest).
"Morte al dittatore!" e' uno degli slogan scanditi nel quarantesimo giorno di lutto per la morte di Mohsen Mohammadi, il ventottenne di Divandarreh, nella provincia iraniana del Kurdistan, colpito da un proiettile e morto il 19 settembre nell'ospedale Kowsar nel capoluogo Sanandaj.
Venerdi' sera, le forze dell'ordine iraniane hanno sparato contro la folla davanti a questo stesso ospedale, con il pretesto di voler "proteggere" un altro dimostrante ferito.
Secondo il gruppo di difesa dei diritti umani Hengaw con sede in Norvegia, le forze dell'ordine avrebbero sparato anche contro il dormitorio degli studenti di Medicina, non lontano dall'ospedale Kowsar.
In queste settimane alla repressione e alle minacce verbali si aggiungono i ricatti economici: il regime ha preso di mira i beni di famiglia di chi ha preso posizione a favore dei dimostranti.
E' successo a Elnaz Rekabi, la campionessa di arrampicata che a Seul ha gareggiato senza velo in segno di solidarieta': la casa della sua famiglia, assai benestante, e' a rischio esproprio e cosi' e' obbligata a tacere.
Non e' una novita' del governo dell'ultraconservatore Raisi: le stesse misure intimidatorie erano state prese negli scorsi anni nei confronti del filosofo Ramin Jahanbegloo, rilasciato su cauzione, e di tanti altri intellettuali che avevano criticato il sistema politico iraniano e avanzato l'ipotesi di una qualche riforma.
In merito alle interferenze straniere, ieri il capo dei pasdaran si e' rivolto cosi' al presidente statunitense: "Signor Biden, ti abbiamo cacciato via dall'Iran e mandato via dalla regione e seppelliremo il tuo sogno sulle proteste in questa terra".
Parole non casuali: gli iraniani hanno a mente di come i servizi segreti statunitensi e britannici unirono le forze nel 1953 per rovesciare il premier Mossadeq che aveva nazionalizzato il petrolio iraniano, togliendo agli inglesi una fonte importante di reddito.
Grazie a quel colpo di stato, lo scia' torno' a Teheran e il percorso democratico dell'Iran si fermo'. Ieri il capo dei pasdaran si e' rivolto anche ai Saud: "Verremo da voi per aver provocato il nostro popolo e seminato discordia. Immaginate solo cosa potrebbe succedervi. Fareste meglio a non sentirvi calmi, poiche' vi toglieremo la calma".
Se a lanciare minacce e invettive e' il capo dei pasdaran, e non il leader supremo, e' perche' ormai l'Iran non e' piu' in mano agli ayatollah ma delle Guardie rivoluzionarie.
In assenza di un passaggio generazionale tra ayatollah, a comandare e' quella generazione che si e' formata negli anni Ottanta, durante la guerra scatenata dal dittatore iracheno Saddam Hussein il 22 settembre 1980. Per gli iraniani quella fu la "guerra imposta" e i loro morti oltre un milione.
Di fronte alla minaccia esterna, Khomeini riusci' a coagulare il consenso attorno a se' e colse l'occasione per reprimere ogni forma di dissenso all'interno nel Paese.
Di fatto, in questi 43 anni di Repubblica islamica il clero sciita non e' riuscito a formare una nuova generazione di teologi a cui passare il testimone. Non e' riuscito, o forse non ha voluto per non essere - un giorno - scalzato: la Storia insegna che in Iran i padri che comandano hanno paura dei figli.
Nell'epica persiana non esiste un Edipo che uccide il padre, ma e' Rostam a uccidere il proprio figlio Sohrab, che non ha mai conosciuto. A raccontarne le tragiche vicende e' il poeta persiano Ferdusì nel suo Shahnameh.
Sull'altopiano iranico funziona cosi', da millenni: la generazione piu' grande non vuole cedere il testimone e per mantenere il potere usa violenza, schiacciando quella piu' giovane. A scombussolare un codice consolidato e' il fatto che se Sohrab era il figlio maschio, Mahsa Amini e le altre icone di queste proteste sono donne.
Sono il simbolo di tre generazioni di iraniane che in questi decenni si sono emancipate con gli studi universitari e il lavoro, anche online, e non vogliono piu' essere vittime.
14. IRAN. FARIAN SABAHI: 40 GIORNI DALL'OMICIDIO DI MAHSA. MIGLIAIA IN MARCIA AL CIMITERO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 ottobre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "40 giorni dall'omicidio di Mahsa. Migliaia in marcia al cimitero" e il sommario "I giorni dell'Iran. Strage terrorista fra i fedeli in preghiera a Shiraz: 15 vittime. Il regime iraniano ne approfitta per accusare i manifestanti"]
Ieri sera, poco prima delle 19:30 italiane, tre terroristi hanno aperto il fuoco sui fedeli in preghiera nel mausoleo di Shahcheragh a Shiraz. Quindici i morti, due le persone arrestate. Questo episodio terroristico potrebbe servire alle autorita' di Teheran a rafforzare la tesi, diffusa sui media di Stato, secondo cui le proteste di queste sei settimane, innescate dall'uccisione di Mahsa Amini, sarebbero istigate da potenze straniere. Ayatollah e pasdaran potrebbero quindi manipolare la strage di Shiraz per reprimere ulteriormente il dissenso e compattare l'opinione pubblica di fronte a una minaccia esterna.
Anche ieri le forze dell'ordine hanno obbedito agli ordini disperdendo la folla a Saghez, nella provincia iraniana del Kurdistan dove le autorita' hanno bloccato internet e chiuso tutte le scuole e le universita', ufficialmente per "un'ondata di influenza". Ostacolate dai miliziani basiji, migliaia di persone hanno comunque marciato verso il cimitero dov'e' sepolta la ventiduenne picchiata dalla polizia morale e morta dopo tre giorni di coma il 16 settembre. Non e' chiaro se a recarsi sulla tomba siano stati anche i suoi famigliari, perche' le autorita' hanno minacciato il fratello di Mahsa, di 17 anni. Come in altre occasioni, anche ieri "Donna vita liberta'" e "morte al dittatore" sono stati gli slogan scanditi dai dimostranti.
Finora sono almeno 234 i manifestanti uccisi, tra cui 29 minorenni. Le forze dell'ordine erano preparate alle manifestazioni di ieri nella provincia iraniana del Kurdistan perche' ricorrono i 40 giorni dalla morte di Mahsa Amini. E' tradizione, per i musulmani, commemorare i morti nel quarantesimo giorno e, per le iraniane, questa e' sempre stata l'occasione per uscire di casa e ritrovarsi. Gli sciiti celebrano il quarantesimo giorno della morte dell'Imam Hussein, quel giorno si chiama Arbaeen. Quaranta e' un numero mistico: dopo aver pregato 40 notti, Mose' fu in grado di sentire le parole di Dio; e nella tradizione islamica se un credente fa una buona azione per 40 giorni di seguito riceve la benedizione di Dio.
Nella giornata di ieri sono continuate le proteste nel Gran bazar di Teheran e negli atenei della capitale. Qui, nella scuola femminile Amirabad le allieve hanno espresso rivendicazioni e le forze di sicurezza hanno lanciato lacrimogeni. In subbuglio anche la citta' santa di Mashad (nordest) e Ahvaz (sudovest). Resta turbolenta la citta' di Zahedan, capoluogo della provincia del Sistan e Balucistan (sudest) a maggioranza sunnita. Qui l'imam del venerdì Moulavi Abdolhamid e' stato minacciato dal Ministro degli Interni e dai pasdaran perche' avrebbe accusato la Guida Suprema di essere responsabile del massacro di venerdì 7 ottobre: "Abdolhamid, ha incoraggiato i giovani e facendoli eccitare contro il sacro sistema della Repubblica islamica dell'Iran potrebbe costarti caro! Questo e' l'ultimo avvertimento". In un articolo sul quotidiano Hamshahri si legge che il generale Salami, capo dei pasdaran nel Sistan e Balucistan ha dichiarato che "c'era un piano da parte dell'Imam di far cadere tutta la citta' di Zahedan in mano ai rivoltosi".
E' con questo termine, "rivoltosi", che i vertici di Teheran continuano a definire i dimostranti. E' comunque ovvio che sono ben consapevoli che tra le cause dei disordini vi e' la grave crisi economica. Per questo motivo, alcuni parlamentari hanno chiesto l'impeachment di Reza Fatemi Amin, ministro dell'Industria e delle risorse minerarie. Secondo i deputati, l'economia non e' cresciuta per colpa di errori commessi dal ministro, che dovra' giustificarsi in parlamento. A difendere il suo operato e' invece il deputato Mohammad Safaei, secondo cui Fatemi Amin avrebbe "ottenuto significativi successi nel campo delle esportazioni nel secondo semestre dello scorso anno, e quest'anno, con l'attuazione di piani specifici per la creazione di unita' produttive, sono stati compiuti importanti passi che ha avuto effetti positivi sull'economia del paese".
Sempre a proposito di economia, numerosi parlamentari della fazione fondamentalista hanno dichiarato che "ci sono stati problemi nell'ambito dell'industria automobilistica a causa della mala gestione degli scorsi anni".
15. AFGHANISTAN. GIULIANA SGRENA: LA SFIDA DELLE DONNE AL POTETRE TALEBANO (2021)
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 settembre 2021 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "La sfida delle donne al potere talebano" e il sommario "Un coraggio del genere. Le afghane non hanno atteso l'annuncio del nuovo governo per scendere in piazza, l'orientamento dei taleban e' apparso chiaro quando sono state respinte dai luoghi di lavoro e le promesse di una possibile partecipazione femminile al governo sono state smentite"]
L'illusione che i nuovi taleban fossero diversi dai vecchi e' durata poco. Almeno nei confronti delle donne, vittime predestinate dei fondamentalisti islamici e dei loro regimi. Del resto le afghane lo hanno sempre saputo e provato.
E sulla propria pelle che i diritti se li devono conquistare e difendere. E cosi', coraggiosamente, decine di donne stanno sfidando gli studenti coranici in piazza, giovedi' a Herat e ieri a Kabul e in altre zone del paese.
Le afghane non hanno atteso l'annuncio del nuovo governo per scendere in piazza, l'orientamento dei taleban e' apparso chiaro quando le donne sono state respinte dai luoghi di lavoro e le promesse di una possibile partecipazione femminile al governo, secondo la sharia, sono state smentite: le donne potranno lavorare nelle istituzioni governative ma non ad alti livelli.
E' stato Mohammad Abbas Stanikzai un leader taleban, in una intervista alla Bbc pashto, ad affermare che nel prossimo governo "potrebbe non esserci posto per le donne". E lo ha piu' autorevolmente confermato il portavoce dei taleban, Zabiullah Mujahid, riconoscendo il ruolo delle donne come infermiere o per altri lavori di cura, ai quali potranno dedicarsi "seguendo i comandamenti del Corano e sotto la legge della sharia, ma non come ministro". Un Corano e una sharia fatta su misura per i taleban, non essendo com'e' noto la sharia una legge, ma un codice di comportamento che deve essere interpretato dalle diverse scuole giuridiche.
E comunque per ora le donne devono rimanere a casa "per motivi di sicurezza", questa giustificazione non e' nuova, anche il burqa negli anni '90 lo dovevano portare per motivi di sicurezza. Una sicurezza che non impediva che le donne venissero frustate e lapidate. E allora, come avevamo constatato, non e' stato facile per le donne, che avevano introiettato l’insicurezza predicata dai taleban, liberarsi dal burqa. Ma d'altra parte non sara' nemmeno facile per i taleban riportare le donne e tutti gli afghani al 1996.
"Noi rivendichiamo i nostri diritti" ha detto ad Al Jazeera Mariam Ebram, una delle organizzatrici della manifestazione di Herat, e comunque "un governo senza donne non durera'". "Dopo settimane in cui abbiamo cercato contatti con i taleban a tutti i livelli, le donne hanno deciso di far sentire la loro voce. Abbiamo cercato di parlare con loro ma abbiamo visto che, come con i taleban di 20 anni fa, non era possibile. Non c'e' nessun cambiamento", ha aggiunto Mariam. Dopo vent'anni e' duro riaprire la piaga prodotta dai taleban quando sono arrivati al potere la prima volta. Non che prima e anche dopo il regime dei taleban non ci siano state violenze contro le donne, ma almeno non erano costrette a vivere senza uscire di casa e se lo facevano, con il loro accompagnatore, il Mahram, da sotto il burqa vedevano solo il mondo a quadretti.
Le donne in piazza rivendicano soprattutto il diritto al lavoro, all'istruzione e alla liberta', perche', si leggeva su un cartello alla manifestazione di Kabul, "i diritti delle donne sono diritti universali". I messaggi equivoci mandati dai taleban al loro arrivo a Kabul e probabilmente diretti all'occidente per ottenere un riconoscimento hanno tratto molti in inganno. Nonostante le constatazioni successive tra le manifestanti di Herat e Kabul c'e' comunque chi preme per una partecipazione delle donne nel governo.
"Vogliamo lavorare come gli uomini sotto la legge islamica" ha detto Razia una delle attiviste di Kabul a Tolonews. E Shabana Tawana: "Dopo la formazione del governo dei taleban, tutte le donne devono tornare al lavoro. Non dobbiamo permettere a nessuno di sottrarci le conquiste degli ultimi venti anni".
Anche se i vent'anni di occupazione non hanno portato la liberta' e la democrazia perche' "non ci sara' pace finche' ci saranno truppe straniere in Afghanistan", come ci diceva Malalai Joya, ma non si nascondeva il pericolo del ritorno dei taleban. Ora che sono tornati non si arrende, continua a mandare messaggi attraverso i social diventando per molti un punto di riferimento nella resistenza al nuovo regime.
E, per una fatale coincidenza, e' uscito alla fine di agosto un docufilm sulla storia degli ultimi 40 anni dell'Afghanistan vista attraverso le vittime delle guerre con Malalai Joya, e Noam Chomsky, dal titolo "In nome del mio popolo".
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 29 del 29 gennaio 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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Numero 29 del 29 gennaio 2023
In questo numero:
1. Pace, disarmo, smilitarizzazione: non c'e' altro modo per fermare le stragi
2. One Billion Rising: Iniziative 2023
3. Una lettera all'ambasciata dell'Iran in Italia
4. Tre tesi
5. Ripetiamo ancora una volta...
6. Scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere la liberazione di Leonard Peltier
7. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
8. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
9. Alcuni riferimenti utili
10. Farian Sabahi: Nasrin uccisa a manganellate. Lo sport iraniano si ribella
11. Farian Sabahi: L'allarme Usa e' poco credibile: "Teheran vuole colpire i Saud"
12. Farian Sabahi: Iran, sedicenne bastonata a morte. Processi pubblici ai dissidenti
13. Farian Sabahi: L'Iran non ascolta l'ultimatum dei pasdaran
14. Farian Sabahi: 40 giorni dall'omicidio di Mahsa. Migliaia in marcia al cimitero
15. Giuliana Sgrena: La sfida delle donne al potere talebano (2021)
1. L'ORA. PACE, DISARMO, SMILITARIZZAZIONE: NON C'E' ALTRO MODO PER FERMARE LE STRAGI
Abolire le guerre, gli eserciti, le armi.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
2. INIZIATIVE. ONE BILLION RISING: INIZIATIVE 2023
[Dal Coordinamento Italia One Billion Rising (e-mail: obritalia at gmail.com) riceviamo e diffondiamo]
Carissime amiche e amici di One Billion Rising, ci siamo quasi.
E' straordinario immaginare quest'anno di poter tornare nelle piazze, nelle strade, nei luoghi pubblici delle citta', insieme, per tornare a danzare in sostegno e solidarieta' e ad alta voce rivendicare la fine delle molteplici atrocita' perpetrate sulle donne e sulle bambine nel mondo. Tentano di recidere, annientare la forza vitale del pianeta, non ci riusciranno.
Parlare con ragazzi e ragazze, studenti, professori, leggere, commentare i fatti di violenza, dare i nomi alle cose, questi sono i primi passi della rivoluzione di cui tutte e tutti noi portiamo la bandiera.
Le forme di arte che accompagnano l'evento OBR nel mondo si prestano ad un gioioso coinvolgimento, ma non vogliamo far mancare anche un momento di preparazione e di formazione.
Per questo motivo chiediamo di partecipare ad OBR 2023, coinvolgendo anche i giovani e le scuole, a cui poter proporre:
- un incontro, anche on line, con una o piu' classi sul tema della violenza maschile sulle donne, della durata minima di due ore
- la preparazione della coreografia del brano musicale Break the Chain
- l'esecuzione della coreografia nella settimana dal 12 al 19 febbraio 2023
- la lettura di alcuni pensieri/ componimenti realizzati dalle ragazze e dai ragazzi delle classi coinvolte
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Per facilitare l'organizzazione dell'evento vi inviamo alcune semplici indicazioni che potrete seguire:
Iscrizione al sito per segnalare il vostro evento: cliccate su http://bit.ly/Registra_il_t uo_evento_sulla_pagina_internazionale_OBR e invitate altre associazioni, gruppi, scuole, scuole di danza, amici a partecipare... piu' siamo, meglio e'!
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Attivita' sui social: vi chiediamo di pubblicare tanti contenuti (foto, video, ecc) sui social utilizzando gli hashtag ufficiali e di invitare i propri contatti a fare lo stesso, cosi' da diffondere anche li' il nostro messaggio. Seguite e taggate anche i profili social di One Billion Rising Italia cosi' potremo condividere i vostri post, stories, ecc.
Facebook https://www.facebook. com/obritalia
Instagram https://www.instagram.com/onebillionrisingitalia/
Hashtag ufficiali: #1BillionRising #RiseForFreedom #CreateTheNewCulture #RiseInSolidarity
A conclusione delle iniziative, vi chiediamo di inviare foto e video a: obritalia at gmail.com
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Loghi ufficiali: vi chiediamo, per le creativita' (locandine, cartelli) che realizzate, di utilizzare i loghi ufficiali che potete scaricare al seguente link
https://www.dropbox.com/scl/fo/lo9r4i06g268ow7x103sc/h?dl=0&rlkey=xfogpv7hpwlaup3vsxw5zsz1u
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Grafiche
In questa cartella abbiamo inserito le grafiche realizzate (cover facebook, grafiche per FB/IG) a cui ne aggiungeremo altre nei prossimi giorni allo stesso link.
Grafiche One Billion Rising
https://www.dropbox.com/scl/fo/mizfc1w1xl0nu1oywiups/h?dl=0&rlkey=c47347xou5ufqupm4jn90mv0w
Grafica t-shirt
https://www.dropbox.com/scl/fo/h2i75sias7o03r033pf25/h?dl=0&rlkey=ynxdi0h5jbjrgf3d20di36x0o
Grafica stickers
https://www.dropbox.com/scl/fo/4gt4ez978gne73gjwvnqx/h?dl=0&rlkey=4kbdd0091mchnaj1krvhzxoar
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Si puo' organizzare un flash mob durante l'evento One Billion Rising, seguendo la canzone Break the chain e il tutorial ufficiale che trovate qui http://youtu.be/_U5C ZfPydVA o creando una nuova coreografia. L'evento One Billion Rising puo' essere caratterizzato da performance artistiche di ogni genere e da momenti di lettura.
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Autorizzazione One Billion Rising
Al seguente link potete scaricare l'autorizzazione copyright per utilizzo materiali e brani musicali OBR
https://www.dropbox.com/s/d7ambb5ml22dvsj/OBR%20Copyright%20Authorization%202023.pdf?dl=0
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Per quanto riguarda le letture, oltre ai brani de I Monologhi della Vagina, di seguito troverete come suggerimento alcuni testi della fondatrice di One Billion Rising, Eve Ensler
"L'Ufficio della schiavitu' sessuale" http://bit.ly/ufficio_della_schiavitu_sessuale
"L'insurrezione" http://bit.ly /insurrezione
"La mia rivoluzione" http://bit.ly/la_mia_rivoluzione
"Preghiera di un uomo" http://bit.ly/preghiera_ di_un_uomo
"Fino a quando" http://bit.ly/fino_a_quando
"E poi saltavamo" http://bit.ly/e_poi_saltavamo
- la traduzione di M.G.Di Rienzo del brano musicale “Break the chain” credits Tena Clark - Musiche Tena Clark/Tim Heintz
http://bit.ly/traduzione_testo _BreakTheChain
- qui se volete potete trovare altre idee:
https://www.onebillionrising.org
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Per condividere con noi i vostri eventi e/o avere informazioni vi chiediamo di scriverci al seguente indirizzo: obritalia at gmail.com
Ovviamente qualunque aggiunta rispetto a questo "format base" non potra' che essere gradita.
Vi chiediamo se l'idea puo' piacervi e se pensate possa avere un buon riscontro presso le scuole del vostro territorio, le vostre comunita' di riferimento.
Ringraziamo quanti di voi ci hanno anticipato gli eventi in preparazione, la prossima settimana risponderemo singolarmente a chi ci ha scritto con tutti i dettagli. Vi ricordiamo che le magliette saranno pronte non prima del 25 gennaio.
Se avete altre meravigliose idee, noi non potremo Che essere felici!
Grazie per tutto quello che potrete fare! #RiseForFreedom #RiseInSolidarity
Un abbraccio
Nicoletta Billi (333.2432777), Luisa Rizzitelli (345.4767246), Silvia Palermo (339.5028904)
Coordinamento Italia One Billion Rising
3. REPETITA IUVANT. UNA LETTERA ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA
All'ambasciatore dell'Iran in Italia: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir,
Egregio ambasciatore,
le saremmo assai grati se volesse trasmettere al suo governo il seguente appello.
Tutte le tradizioni di pensiero dell'umanita', quali che siano le loro fonti, convengono su queste semplici verita':
- che ogni vita umana deve essere rispettata, onorata e protetta;
- che uccidere e' sempre e solo un male;
- che ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta';
- che rispettare e salvare le vite e' il primo dovere.
Certi del fatto che condividiate queste semplici considerazioni siamo quindi a chiedervi di impegnarvi:
- affinche' nel vostro paese, come in ogni parte del mondo, cessino finalmente le uccisioni e le persecuzioni;
- affinche' nel vostro paese, come in ogni parte del mondo, siano finalmente rispettati la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Vi chiediamo quindi:
- di riconoscere la dignita' e i diritti delle donne, che sono gli stessi degli uomini;
- di non piu' perseguitare, ma piuttosto ascoltare ed onorare, le donne che da mesi nel vostro paese stanno chiedendo "vita e liberta'".
Queste donne che non commettono alcuna violenza, e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela e a loro volta non commettono alcuna violenza, sono amiche ed amici dell'umanita' e del bene comune.
E' un crimine ed una follia perseguitare ed uccidere queste donne che non commettono alcuna violenza, e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela e a loro volta non commettono alcuna violenza.
Vi chiediamo pertanto di adempiere al dovere proprio di ogni ordinamento ed istituto giuridico legittimo: rispettare e proteggere le vite, la dignita' e i diritti di tutte le persone.
Vi chiediamo pertanto di adempiere al dovere di far cessare persecuzioni ed uccisioni.
Sia pace, rispetto ed amicizia fra tutte le persone, i popoli, i paesi.
Distinti saluti dal
"Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 30 dicembre 2022
4. REPETITA IUVANT. TRE TESI
La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
5. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...
... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
6. REPETITA IUVANT. SCRIVERE AL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D'AMERICA PER CHIEDERE LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER
Proponiamo di scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente..
Di seguito una proposta di testo della lettera da inviare al Presidente degli Stati Uniti d'America recante la richiesta della grazia presidenziale per Leonard Peltier, e le istruzioni per inviarla attraverso il sito della Casa Bianca.
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: copiare e incollare il messaggio seguente:
Mr. President,
Although I reside far from your country, I am aware of the injustice that has persisted for 47 years against Leonard Peltier, who was denied a review of his trial even after exculpatory evidence emerged for the events of June 26, 1975 on the Pine Ridge (SD) reservation where two federal agents and a Native American lost their lives.
I therefore appeal to your supreme authority to pardon this man, now elderly and ill, after nearly half a century of imprisonment.
I thank you in advance for your positive decision, with best regards.
Traduzione italiana del testo che precede:
Signor Presidente,
sebbene io risieda lontano dal Suo Paese, sono consapevole dell'ingiustizia che persiste da 47 anni nei confronti di Leonard Peltier, al quale e' stata negata la revisione del processo anche dopo che sono emerse prove a discarico per gli eventi del 26 giugno 1975 nella riserva di Pine Ridge (South Dakota) in cui persero la vita due agenti federali e un nativo americano.
Mi appello quindi alla Sua suprema autorita' affinche' conceda la grazia a questo uomo, ormai anziano e malato, dopo quasi mezzo secolo di detenzione.
La ringrazio fin d'ora per la Sua decisione positiva, con i migliori saluti.
7. L'ORA. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
*
Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
*
Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.
8. RIFERIMENTI. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE
Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it
9. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
10. IRAN. FARIAN SABAHI: NASRIN UCCISA A MANGANELLATE. LO SPORT IRANIANO SI RIBELLA
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'8 novembre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Nasrin uccisa a manganellate. Lo sport iraniano si ribella" e il sommario "Iran. Come Amini, la dottoranda era originaria del Kurdistan. Seppellita in tutta fretta. La nazionale di beach soccer appoggia la rivolta. E ora attende le conseguenze"]
Palla in rete! Said Piramoun fa goal nella finale del campionato di beach soccer degli Emirati a Dubai. La nazionale iraniana vince 2-1 contro il Brasile. Un attimo dopo aver segnato, il giocatore iraniano alza la mano e, con le dita, fa segno di tagliarsi i capelli.
Quel gesto, a sostegno delle proteste, viene ripreso dai telefonini e diventa virale. La nazionale iraniana di beach soccer ha gia' attirato l'attenzione delle autorita' di Teheran per non aver cantato l'inno nazionale, tant'e' che la direzione della televisione di Stato iraniana ha interrotto le trasmissioni in diretta. Poi, quando la squadra riceve la coppa, i giocatori restano a braccia conserte, senza festeggiare la vittoria.
Il campionato mondiale di calcio 2022 si avvicina e, approfittando dei riflettori accesi, i diritti delle iraniane saranno probabilmente in primo piano. In Iran le donne amano il calcio, ma nel 1981 l'ayatollah Khomeini vieto' loro di entrare allo stadio e impose una serie di altre misure che limitarono i loro diritti. Le iraniane non si scoraggiarono: come racconta Jafar Panahi nel suo lungometraggio Offside, tante si travestono da maschi per assistere alle partite.
E' dalla fine degli anni Novanta che il calcio e' pretesto per parlare di politica. E' in quel periodo che la nazionale iraniana ottiene i primi successi nell'Asian Cup e, il 21 giugno 1998, contro gli Stati Uniti nei Mondiali di Francia. Ma bisognera' attendere la meta' degli anni Duemila prima che le iraniane si rivolgano alle federazioni sportive internazionali, reclamando il diritto di entrare allo stadio.
Il gesto coraggioso di Said Piramoun non e' passato inosservato. "Questa partita e questa vittoria potranno essere dimenticate, ma questo gesto passera' alla Storia. L'onore che avete mostrato e' piu' importante del campionato". Cosi' ha twittato il vecchio giocatore iraniano Mehrdad Poouladi.
Di pari passo Ali Karimi, gia' nella nazionale iraniana e poi stella del Bayern Monaco, ha postato il video di Piramoun e la scritta: "Una nazionale iraniana che dimostra di avere onore". Di certo, la Federazione nazionale di calcio non gliela fara' passare liscia perche', si legge in un comunicato, "il regolamento impone di evitare un qualsiasi comportamento politico sul terreno di gioco". Da parte loro, gli Emirati Arabi non hanno preso alcuna misura nei confronti degli spettatori che dopo la partita, sugli spalti, hanno scandito slogan ostili alla Repubblica islamica.
In contemporanea alle manifestazioni di solidarieta' verso i manifestanti, continua la repressione di regime. Durante le proteste di venerdi' scorso la 35enne Nasrin Ghadri, dottoranda in filosofia, e' stata picchiata sulla testa con un manganello, e' entrata in coma ed e' morta. Come la 22enne Mahsa Amini, che il 13 settembre era stata arrestata dalla polizia morale ed era deceduta dopo tre giorni di coma. Nasrin e Mahsa erano entrambe cittadine iraniane di etnia curda. Mahsa era di Saghez, Nasrin era originaria di Marivan.
Entrambe le localita' sono nella provincia iraniana del Kurdistan. Come per Mahsa, anche nel caso di Nasrin i manifestanti hanno accusato il governo di aver forzato la sepoltura della donna in fretta e furia e di aver costretto il padre ad annunciare che la causa della morte della figlia era legata a una "malattia" o una "intossicazione".
Indignati da questo ennesimo omicidio, i manifestanti nella citta' curda di Marivan sono scesi in piazza e hanno bloccato alcune strade. Anche questa volta le forze di sicurezza hanno sparato sui dimostranti, e diverse persone sono state ferite.
Intanto, sono ventisei gli stranieri arrestati per il loro presunto coinvolgimento nell'attentato terroristico, rivendicato dall'Isis, dello scorso 26 ottobre nel mausoleo Shah Cheragh di Shiraz (13 morti). I terroristi avevano colpito in occasione del quarantesimo giorno di commemorazione della morte di Mahsa Amini e, per questo, il presidente iraniano Ebrahim Raisi lo aveva collegato alle proteste.
Secondo il comunicato del ministero dell'intelligence, i ventisei terroristi takfiri (un termine che si riferisce ai gruppi radicali sunniti) sarebbero originari di Azerbaigian, Tagikistan e Afghanistan. Sarebbero stati arrestati nelle province del Fars, Teheran, Alborz, Kerman, Qom e Razavi, nonche' lungo la frontiera orientale dell'Iran con Pakistan e Afghanistan.
L'attentatore Sobhan Komrouni era morto per le ferite riportate durante l'arresto e, secondo le autorita' iraniane, si sarebbe trattato di un cittadino tagiko noto con il nome di battaglia di Abu Aisha. A occuparsi del coordinamento dell'attentato sarebbe stato un cittadino della Repubblica dell'Azerbaigian entrato in Iran con un volo da Baku. Anche lui e' stato arrestato.
11. IRAN. FARIAN SABAHI: L'ALLARME USA E' POCO CREDIBILE: "TEHERAN VUOLE COLPIRE I SAUD"
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 novembre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "L'allarme Usa e' poco credibile: 'Teheran vuole colpire i Saud'" e il sommario "Iran. Washington: cosi' puo' inviare i giovani al fronte. Ma l'Iran non puo' permettersi la guerra. Parla il regista curdo Bahman Ghobadi: 'L'Iran e i paesi vicini hanno posto restrizioni al modo di vivere curdo e all'uso della nostra lingua, trattandoci come cittadini di seconda classe'"]
Togliere i ragazzi che protestano dalle strade iraniane e mandarli tutti al fronte, armi in pugno, a difendere la patria. Di certo ayatollah e pasdaran hanno pensato a creare un diversivo del genere per mettere fine alle proteste scatenate dalla morte di Mahsa Amini. Ma il rischio sarebbe troppo alto: aprire un altro fronte, militare, potrebbe voler dire la fine della Repubblica islamica.
Per questo non ha senso che Stati Uniti e Arabia Saudita sostengano di aver "condiviso informazioni di intelligence secondo cui l'Iran potrebbe pianificare un imminente attacco alle infrastrutture energetiche in Medio Oriente, in particolare in Arabia Saudita". A raccontarlo e' stato un funzionario statunitense alla Cnn.
Allo stesso tempo - viene specificato - i caccia F-22 statunitensi gia' in Arabia Saudita sarebbero disponibili per contrastare qualsiasi minaccia. Non ci sarebbe stato invece alcun aumento dei livelli di protezione militare statunitense nella regione: "Si ritiene che l'esercito americano non sia un obiettivo".
Il dato di fatto e' che sono almeno 288 i morti e 14.160 le persone arrestate nelle proteste. Le dimostrazioni continuano, nonostante le minacce dei pasdaran che fin da subito hanno preso a pretesto i disordini per colpire le postazioni dei separatisti curdi nell'Iran settentrionale, uccidendo almeno 16 persone tra cui un cittadino americano.
Non e' un caso che le proteste siano iniziate proprio in seguito all'uccisione di una ragazza curda: "Se non fosse stata curda, le proteste non si sarebbero infiammate cosi'", ci spiega il regista Bahman Ghobadi.
Attivo su Instagram nel sostenere il dissenso, e' autore di numerosi lungometraggi ambientati sulla frontiera tra Kurdistan iraniano e iracheno e del famoso film I gatti persiani che nel 2009 aveva vinto il premio speciale della regia nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes.
Come la 22enne Mahsa Amini, anche Ghobadi e' cittadino iraniano di etnia curda: "Se il suo vero nome era Jina, il mio e' Rebwar. In curdo vuol dire forte, indipendente, determinato. Ma le autorita' della Repubblica islamica impedirono ai miei genitori - come a quelli di Jina - di registrarmi all'anagrafe con un nome curdo e cosi' mio padre ripiego' su Bahman".
Ai curdi, "vengono negati i diritti di base. Non abbiamo un nostro rappresentante che abbia la possibilita' di diventare presidente. Le autorita' hanno sempre posto limiti sull'uso delle nostre lingue, della nostra cultura e della nostra religione. Facciamo paura, e non solo agli ayatollah. Anche lo scia' ci temeva. Vale per l'Iran ma anche per molti dei Paesi limitrofi, che hanno posto restrizioni e limiti al nostro modo di vivere, trattandoci come cittadini di seconda classe tant'e' che il budget piu' basso dello Stato e' sempre allocato al Kurdistan e, in seconda battuta, al Sistan e Balucistan (sud-est)".
Con Ghobadi ci eravamo conosciuti a Torino in occasione di una rassegna cinematografica. In quegli anni, il presidente della Repubblica islamica era il riformatore Muhammad Khatami: "Non stavamo meglio, ma sembrava ci fosse meno pressione e quindi che ci lasciassero respirare".
Il regista abitava a Sulaymaniyya, nel nord dell'Iraq. Ora, invece, "vivo in esilio, peregrino tra oltre undici Paesi. Ho lasciato le mie valigie a casa di amici. Non riesco a trovare pace".
Sul fatto che le dimostrazioni in corso non abbiano un leader, commenta: "I giovani sono alla guida del movimento di protesta, quando otterranno la vittoria organizzeranno elezioni libere e sceglieranno, da soli, qualcuno che sia competente e in grado di andare avanti".
A proposito di chi nella diaspora cerca di alimentare il dissenso, il regista segnala due personaggi: "La giornalista e attivista Masih Alinejad e' molto coraggiosa e farebbe qualsiasi cosa per il suo popolo; e poi c'e' lo scrittore Hamed Esmaelion che ha perso la moglie e la figlia nell'incidente aereo dell’'8 gennaio 2020, quando i pasdaran abbatterono per errore un aereo delle linee aeree ucraine appena decollato dall'aeroporto di Teheran. Siamo tutti insieme in questa battaglia e spero vinceremo".
12. IRAN. FARIAN SABAHI: IRAN, SEDICENNE BASTONATA A MORTE. PROCESSI PUBBLICI AI DISSIDENTI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 novembre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Iran, 16enne bastonata a morte. Processi pubblici ai dissidenti" e il sommario "Medio Oriente. 16 curdi uccisi nelle proteste della settimana scorsa. Arrestato l'ex calciatore Ali Daei"]
Parmis Hamnava e' stata uccisa a bastonate a Iranshahr, una cittadina di centomila abitanti nella provincia del Sistan e Baluchistan, nel sudest dell'Iran al confine con il Pakistan dove in queste settimane gli scontri sono stati particolarmente cruenti. Aveva sedici anni e frequentava la scuola superiore intitolata a Parvin Etesami (1907-41), la famosa poetessa persiana che nel 1935 aveva accolto con favore il divieto, imposto da Reza Shah Pahlavi, di indossare il velo e nei suoi versi metteva in guardia da quegli ipocriti che usano la religione come strumento politico.
Per la giovane Parmis, e per tante altre iraniane, la poetessa era un esempio. Per questo, ha strappato dai libri di scuola le immagini dell'ayatollah Khomeini, il carismatico leader religioso che nel 1979 aveva fondato la Repubblica islamica.
Sono ormai 253 le persone uccise dalle forze di sicurezza della Repubblica islamica in questi 45 giorni di proteste. Parmis Hamnava e' tra i 34 minori uccisi.
Secondo il sito IranWire, durante le manifestazioni della settimana scorsa nella provincia iraniana del Kurdistan sono stati uccisi almeno 16 curdi nelle citta' di Mahabad, Sanandaj, Baneh, Qasr-e-Shirin e Piranshahr. Si tratterebbe di 15 cittadini iraniani e di un iracheno che si era recato a Baneh per partecipare a un funerale. Di questi, tre sono donne e tre adolescenti. 14 persone sono morte per il fuoco delle forze di sicurezza, mentre un uomo e' morto soffocato per i lacrimogeni.
Sono diverse migliaia gli individui arrestati tra cui Ali Daei, l'ex bomber che con la maglia dell'Iran aveva messo a segno 109 gol in 149 presenze tra il 1993 e il 2006. Dopo il ritiro dal calcio giocato, ha allenato la nazionale iraniana tra il 2008 e il 2009. Ora, e' colpevole di aver appoggiato la causa delle donne.
Tra i giornalisti, a finire in cella e' anche Vahid Shamsoddinezhad. Diplomato lo scorso settembre alla Scuola superiore di giornalismo di Lille, nel nord della Francia, il 28 settembre era stato fermato a Saghez, nel Kurdistan iraniano, mentre lavorava per l'emittente televisiva franco-tedesca Arte.
Quattro giorni prima aveva depositato la lettera di accredito presso le autorita' di Teheran. Dopodiche' era riuscito a realizzare due interviste telefoniche e un video per la redazione di Arte Journal. Se e' stato arrestato, sebbene avesse un accredito giornalistico, e' perche' il sistema iraniano e' schizofrenico: ti rilascia il permesso per lavorare come reporter straniero, ma un qualsiasi altro organo di potere puo' metterti in carcere.
Con Vahid Shamsoddinezhad restano in carcere altri 43 giornalisti. Tra questi, le giornaliste Nilofar Azmoun e Elahe Mohammadi, accusate di spionaggio perche' quando e' morta Mahsa Amini sono state le prime fonti di notizie, anche per la stampa straniera.
Che cosa succedera' alle migliaia di persone arrestate? In concomitanza con la quarantacinquesima notte consecutiva di proteste, lunedi' la magistratura ha annunciato che la capitale Teheran sara' teatro di processi pubblici che coinvolgeranno un migliaio di persone accusate di avere avuto un ruolo chiave nelle proteste di queste settimane. Finiranno sotto processo per aver commesso "azioni sovversive", tra cui l'aver aggredito le forze di sicurezza e l'aver appiccato il fuoco a proprieta' pubbliche.
Il capo della magistratura Gholam-Hossein Mohseni Ejei ha precisato che sara' fatta differenza tra coloro che si sono limitati a "lamentarsi per strada" e coloro che volevano invece rovesciare la Repubblica islamica. E ha lasciato intendere che alcuni dimostranti saranno condannati per aver collaborato con governi stranieri.
A finire sotto processo per primo e' stato il ventiduenne Mohammad Ghobadlo. Secondo quanto riferito dalla madre a IranWire, era stato arrestato con l'accusa di "corruzione sulla terra" per aver partecipato a un raduno antigovernativo. Non ha avuto diritto a un avvocato ed e' stato subito condannato a morte.
Il reato di "corruzione sulla terra" e' il piu' grave previsto dal Codice penale iraniano e serve a mascherare ogni forma di dissenso nei confronti della Repubblica islamica.
Intanto, sta diventando un caso sui social una vecchia foto, del 2011, che ritrarrebbe il ministro dei Trasporti iraniano in vacanza con la compagna con il capo scoperto vicino alle Petronas Towers a Kuala Lumpur in Malesia.
"Le donne vengono uccise in Iran per non aver indossato l'hijab, ma guarda come Rostam Qasemi il principale generale delle Guardie rivoluzionarie e attuale ministro dei Trasporti, gode della liberta' con la sua ragazza senza velo in Malesia. Il regime ipocrita sta uccidendo adolescenti perche' camminano per le strade senza velo". Cosi' scrive su Twitter la giornalista e attivista Masih Alinejad, residente negli Stati Uniti. E la poetessa persiana Parvin Etesami le metterebbe il like.
13. IRAN. FARIAN SABAHI: L'IRAN NON ASCOLTA L'ULTIMATUM DEI PASDARAN
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 30 ottobre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "L'Iran non ascolta l'ultimatum dei pasdaran" e il sommario "Medio Oriente. Il comandante delle Guardie rivoluzionarie intima ai manifestanti di lasciare le piazze, ma ieri la protesta e' proseguita ovunque. Alla repressione il regime aggiunge i ricatti economici: espropri dei beni degli attivisti"]
"Oggi deve essere l'ultimo giorno dei disordini. Non venite in piazza. Nessuno vi lascera' ribellare in questa terra! Non lasciatevi ingannare dai nemici. Le proteste sono frutto dei complotti di Usa, Gran Bretagna, regime sionista e regime marcio dell'Arabia Saudita".
E' con queste parole che il comandante dei pasdaran Hossein Salami ha minacciato i manifestanti. Le sue invettive non sono pero' servite. Ieri, nel primo giorno lavorativo della settimana in Iran, gli studenti hanno protestato nei campus di Teheran, Kerman (sud-est) e Kermanshah (nord-ovest). In quest'ultima localita' le forze di sicurezza hanno sparato contro gli universitari, due sarebbero in condizioni critiche.
"Vergogna! Vergogna!", hanno urlato gli studenti che si sono scontrati con il personale di sicurezza di un ateneo ad Ahvaz (sud-ovest).
"Morte al dittatore!" e' uno degli slogan scanditi nel quarantesimo giorno di lutto per la morte di Mohsen Mohammadi, il ventottenne di Divandarreh, nella provincia iraniana del Kurdistan, colpito da un proiettile e morto il 19 settembre nell'ospedale Kowsar nel capoluogo Sanandaj.
Venerdi' sera, le forze dell'ordine iraniane hanno sparato contro la folla davanti a questo stesso ospedale, con il pretesto di voler "proteggere" un altro dimostrante ferito.
Secondo il gruppo di difesa dei diritti umani Hengaw con sede in Norvegia, le forze dell'ordine avrebbero sparato anche contro il dormitorio degli studenti di Medicina, non lontano dall'ospedale Kowsar.
In queste settimane alla repressione e alle minacce verbali si aggiungono i ricatti economici: il regime ha preso di mira i beni di famiglia di chi ha preso posizione a favore dei dimostranti.
E' successo a Elnaz Rekabi, la campionessa di arrampicata che a Seul ha gareggiato senza velo in segno di solidarieta': la casa della sua famiglia, assai benestante, e' a rischio esproprio e cosi' e' obbligata a tacere.
Non e' una novita' del governo dell'ultraconservatore Raisi: le stesse misure intimidatorie erano state prese negli scorsi anni nei confronti del filosofo Ramin Jahanbegloo, rilasciato su cauzione, e di tanti altri intellettuali che avevano criticato il sistema politico iraniano e avanzato l'ipotesi di una qualche riforma.
In merito alle interferenze straniere, ieri il capo dei pasdaran si e' rivolto cosi' al presidente statunitense: "Signor Biden, ti abbiamo cacciato via dall'Iran e mandato via dalla regione e seppelliremo il tuo sogno sulle proteste in questa terra".
Parole non casuali: gli iraniani hanno a mente di come i servizi segreti statunitensi e britannici unirono le forze nel 1953 per rovesciare il premier Mossadeq che aveva nazionalizzato il petrolio iraniano, togliendo agli inglesi una fonte importante di reddito.
Grazie a quel colpo di stato, lo scia' torno' a Teheran e il percorso democratico dell'Iran si fermo'. Ieri il capo dei pasdaran si e' rivolto anche ai Saud: "Verremo da voi per aver provocato il nostro popolo e seminato discordia. Immaginate solo cosa potrebbe succedervi. Fareste meglio a non sentirvi calmi, poiche' vi toglieremo la calma".
Se a lanciare minacce e invettive e' il capo dei pasdaran, e non il leader supremo, e' perche' ormai l'Iran non e' piu' in mano agli ayatollah ma delle Guardie rivoluzionarie.
In assenza di un passaggio generazionale tra ayatollah, a comandare e' quella generazione che si e' formata negli anni Ottanta, durante la guerra scatenata dal dittatore iracheno Saddam Hussein il 22 settembre 1980. Per gli iraniani quella fu la "guerra imposta" e i loro morti oltre un milione.
Di fronte alla minaccia esterna, Khomeini riusci' a coagulare il consenso attorno a se' e colse l'occasione per reprimere ogni forma di dissenso all'interno nel Paese.
Di fatto, in questi 43 anni di Repubblica islamica il clero sciita non e' riuscito a formare una nuova generazione di teologi a cui passare il testimone. Non e' riuscito, o forse non ha voluto per non essere - un giorno - scalzato: la Storia insegna che in Iran i padri che comandano hanno paura dei figli.
Nell'epica persiana non esiste un Edipo che uccide il padre, ma e' Rostam a uccidere il proprio figlio Sohrab, che non ha mai conosciuto. A raccontarne le tragiche vicende e' il poeta persiano Ferdusì nel suo Shahnameh.
Sull'altopiano iranico funziona cosi', da millenni: la generazione piu' grande non vuole cedere il testimone e per mantenere il potere usa violenza, schiacciando quella piu' giovane. A scombussolare un codice consolidato e' il fatto che se Sohrab era il figlio maschio, Mahsa Amini e le altre icone di queste proteste sono donne.
Sono il simbolo di tre generazioni di iraniane che in questi decenni si sono emancipate con gli studi universitari e il lavoro, anche online, e non vogliono piu' essere vittime.
14. IRAN. FARIAN SABAHI: 40 GIORNI DALL'OMICIDIO DI MAHSA. MIGLIAIA IN MARCIA AL CIMITERO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 ottobre 2022 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "40 giorni dall'omicidio di Mahsa. Migliaia in marcia al cimitero" e il sommario "I giorni dell'Iran. Strage terrorista fra i fedeli in preghiera a Shiraz: 15 vittime. Il regime iraniano ne approfitta per accusare i manifestanti"]
Ieri sera, poco prima delle 19:30 italiane, tre terroristi hanno aperto il fuoco sui fedeli in preghiera nel mausoleo di Shahcheragh a Shiraz. Quindici i morti, due le persone arrestate. Questo episodio terroristico potrebbe servire alle autorita' di Teheran a rafforzare la tesi, diffusa sui media di Stato, secondo cui le proteste di queste sei settimane, innescate dall'uccisione di Mahsa Amini, sarebbero istigate da potenze straniere. Ayatollah e pasdaran potrebbero quindi manipolare la strage di Shiraz per reprimere ulteriormente il dissenso e compattare l'opinione pubblica di fronte a una minaccia esterna.
Anche ieri le forze dell'ordine hanno obbedito agli ordini disperdendo la folla a Saghez, nella provincia iraniana del Kurdistan dove le autorita' hanno bloccato internet e chiuso tutte le scuole e le universita', ufficialmente per "un'ondata di influenza". Ostacolate dai miliziani basiji, migliaia di persone hanno comunque marciato verso il cimitero dov'e' sepolta la ventiduenne picchiata dalla polizia morale e morta dopo tre giorni di coma il 16 settembre. Non e' chiaro se a recarsi sulla tomba siano stati anche i suoi famigliari, perche' le autorita' hanno minacciato il fratello di Mahsa, di 17 anni. Come in altre occasioni, anche ieri "Donna vita liberta'" e "morte al dittatore" sono stati gli slogan scanditi dai dimostranti.
Finora sono almeno 234 i manifestanti uccisi, tra cui 29 minorenni. Le forze dell'ordine erano preparate alle manifestazioni di ieri nella provincia iraniana del Kurdistan perche' ricorrono i 40 giorni dalla morte di Mahsa Amini. E' tradizione, per i musulmani, commemorare i morti nel quarantesimo giorno e, per le iraniane, questa e' sempre stata l'occasione per uscire di casa e ritrovarsi. Gli sciiti celebrano il quarantesimo giorno della morte dell'Imam Hussein, quel giorno si chiama Arbaeen. Quaranta e' un numero mistico: dopo aver pregato 40 notti, Mose' fu in grado di sentire le parole di Dio; e nella tradizione islamica se un credente fa una buona azione per 40 giorni di seguito riceve la benedizione di Dio.
Nella giornata di ieri sono continuate le proteste nel Gran bazar di Teheran e negli atenei della capitale. Qui, nella scuola femminile Amirabad le allieve hanno espresso rivendicazioni e le forze di sicurezza hanno lanciato lacrimogeni. In subbuglio anche la citta' santa di Mashad (nordest) e Ahvaz (sudovest). Resta turbolenta la citta' di Zahedan, capoluogo della provincia del Sistan e Balucistan (sudest) a maggioranza sunnita. Qui l'imam del venerdì Moulavi Abdolhamid e' stato minacciato dal Ministro degli Interni e dai pasdaran perche' avrebbe accusato la Guida Suprema di essere responsabile del massacro di venerdì 7 ottobre: "Abdolhamid, ha incoraggiato i giovani e facendoli eccitare contro il sacro sistema della Repubblica islamica dell'Iran potrebbe costarti caro! Questo e' l'ultimo avvertimento". In un articolo sul quotidiano Hamshahri si legge che il generale Salami, capo dei pasdaran nel Sistan e Balucistan ha dichiarato che "c'era un piano da parte dell'Imam di far cadere tutta la citta' di Zahedan in mano ai rivoltosi".
E' con questo termine, "rivoltosi", che i vertici di Teheran continuano a definire i dimostranti. E' comunque ovvio che sono ben consapevoli che tra le cause dei disordini vi e' la grave crisi economica. Per questo motivo, alcuni parlamentari hanno chiesto l'impeachment di Reza Fatemi Amin, ministro dell'Industria e delle risorse minerarie. Secondo i deputati, l'economia non e' cresciuta per colpa di errori commessi dal ministro, che dovra' giustificarsi in parlamento. A difendere il suo operato e' invece il deputato Mohammad Safaei, secondo cui Fatemi Amin avrebbe "ottenuto significativi successi nel campo delle esportazioni nel secondo semestre dello scorso anno, e quest'anno, con l'attuazione di piani specifici per la creazione di unita' produttive, sono stati compiuti importanti passi che ha avuto effetti positivi sull'economia del paese".
Sempre a proposito di economia, numerosi parlamentari della fazione fondamentalista hanno dichiarato che "ci sono stati problemi nell'ambito dell'industria automobilistica a causa della mala gestione degli scorsi anni".
15. AFGHANISTAN. GIULIANA SGRENA: LA SFIDA DELLE DONNE AL POTETRE TALEBANO (2021)
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 settembre 2021 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "La sfida delle donne al potere talebano" e il sommario "Un coraggio del genere. Le afghane non hanno atteso l'annuncio del nuovo governo per scendere in piazza, l'orientamento dei taleban e' apparso chiaro quando sono state respinte dai luoghi di lavoro e le promesse di una possibile partecipazione femminile al governo sono state smentite"]
L'illusione che i nuovi taleban fossero diversi dai vecchi e' durata poco. Almeno nei confronti delle donne, vittime predestinate dei fondamentalisti islamici e dei loro regimi. Del resto le afghane lo hanno sempre saputo e provato.
E sulla propria pelle che i diritti se li devono conquistare e difendere. E cosi', coraggiosamente, decine di donne stanno sfidando gli studenti coranici in piazza, giovedi' a Herat e ieri a Kabul e in altre zone del paese.
Le afghane non hanno atteso l'annuncio del nuovo governo per scendere in piazza, l'orientamento dei taleban e' apparso chiaro quando le donne sono state respinte dai luoghi di lavoro e le promesse di una possibile partecipazione femminile al governo, secondo la sharia, sono state smentite: le donne potranno lavorare nelle istituzioni governative ma non ad alti livelli.
E' stato Mohammad Abbas Stanikzai un leader taleban, in una intervista alla Bbc pashto, ad affermare che nel prossimo governo "potrebbe non esserci posto per le donne". E lo ha piu' autorevolmente confermato il portavoce dei taleban, Zabiullah Mujahid, riconoscendo il ruolo delle donne come infermiere o per altri lavori di cura, ai quali potranno dedicarsi "seguendo i comandamenti del Corano e sotto la legge della sharia, ma non come ministro". Un Corano e una sharia fatta su misura per i taleban, non essendo com'e' noto la sharia una legge, ma un codice di comportamento che deve essere interpretato dalle diverse scuole giuridiche.
E comunque per ora le donne devono rimanere a casa "per motivi di sicurezza", questa giustificazione non e' nuova, anche il burqa negli anni '90 lo dovevano portare per motivi di sicurezza. Una sicurezza che non impediva che le donne venissero frustate e lapidate. E allora, come avevamo constatato, non e' stato facile per le donne, che avevano introiettato l’insicurezza predicata dai taleban, liberarsi dal burqa. Ma d'altra parte non sara' nemmeno facile per i taleban riportare le donne e tutti gli afghani al 1996.
"Noi rivendichiamo i nostri diritti" ha detto ad Al Jazeera Mariam Ebram, una delle organizzatrici della manifestazione di Herat, e comunque "un governo senza donne non durera'". "Dopo settimane in cui abbiamo cercato contatti con i taleban a tutti i livelli, le donne hanno deciso di far sentire la loro voce. Abbiamo cercato di parlare con loro ma abbiamo visto che, come con i taleban di 20 anni fa, non era possibile. Non c'e' nessun cambiamento", ha aggiunto Mariam. Dopo vent'anni e' duro riaprire la piaga prodotta dai taleban quando sono arrivati al potere la prima volta. Non che prima e anche dopo il regime dei taleban non ci siano state violenze contro le donne, ma almeno non erano costrette a vivere senza uscire di casa e se lo facevano, con il loro accompagnatore, il Mahram, da sotto il burqa vedevano solo il mondo a quadretti.
Le donne in piazza rivendicano soprattutto il diritto al lavoro, all'istruzione e alla liberta', perche', si leggeva su un cartello alla manifestazione di Kabul, "i diritti delle donne sono diritti universali". I messaggi equivoci mandati dai taleban al loro arrivo a Kabul e probabilmente diretti all'occidente per ottenere un riconoscimento hanno tratto molti in inganno. Nonostante le constatazioni successive tra le manifestanti di Herat e Kabul c'e' comunque chi preme per una partecipazione delle donne nel governo.
"Vogliamo lavorare come gli uomini sotto la legge islamica" ha detto Razia una delle attiviste di Kabul a Tolonews. E Shabana Tawana: "Dopo la formazione del governo dei taleban, tutte le donne devono tornare al lavoro. Non dobbiamo permettere a nessuno di sottrarci le conquiste degli ultimi venti anni".
Anche se i vent'anni di occupazione non hanno portato la liberta' e la democrazia perche' "non ci sara' pace finche' ci saranno truppe straniere in Afghanistan", come ci diceva Malalai Joya, ma non si nascondeva il pericolo del ritorno dei taleban. Ora che sono tornati non si arrende, continua a mandare messaggi attraverso i social diventando per molti un punto di riferimento nella resistenza al nuovo regime.
E, per una fatale coincidenza, e' uscito alla fine di agosto un docufilm sulla storia degli ultimi 40 anni dell'Afghanistan vista attraverso le vittime delle guerre con Malalai Joya, e Noam Chomsky, dal titolo "In nome del mio popolo".
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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 29 del 29 gennaio 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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